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il frutto dell’ intelligenza e dell’abilità dell’uomo.

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Academic year: 2021

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CONCLUSIONI

Nel terzo millennio la carta rappresenta ancora uno dei mezzi più diffusi per creare benessere e diffondere cultura. Essa fa parte da sempre del nostro vivere quotidiano e per questo ci limitiamo ad utilizzarla senza riflettere che di fatto non esiste in natura ma è

il frutto dell’ intelligenza e dell’abilità dell’uomo.

Giuseppe Fredigoni

Dopo aver lavorato su una serie di immagini, descrivendole in modo dettagliato, lo scopo del mio lavoro diventa l’analisi delle stesse. Questo percorso di ricerca mi ha portato a fotografare collocazioni geografiche, momenti storici, aspetti tecnici e sociali che si sono o meno modificati nel tempo. Le immagini reperite provengono da manuali tecnici, da testi sulla storia della carta e delle cartiere, da testi enciclopedici, da internet.

Al contrario di quanto si crede, eccezion fatta per testi come l’ Encyclopedie 1 o l’ Art de faire le papier 2 , le raffigurazioni delle cartiere e delle fasi del lavoro svolto al loro interno non sono così numerose. La relativa esiguità numerica è, però, compensata dalla notevole precisione nella resa grafica delle fasi salienti del processo di fabbricazione della carta a mano. Ciò ha consentito di sviluppare la ricerca in due direzioni:

1. da un lato chiarire le fasi del processo produttivo, ovvero definire, con maggior precisione, l’articolazione e lo svolgimento di operazioni che, per lungo tempo, sono state descritte solo in modo sommario;

2. dall’altro verificare se, nel corso del tempo, la percezione che si ha del processo di produzione della carta a mano cambia oppure è abbastanza conservatrice. Si è cercato di verificare, in sostanza, quali di queste operazioni, nel tempo, sono state maggiormente rappresentate, e quali trascurate, per indagare se la considerazione del mestiere di cartaio abbia subito delle modifiche con il passare dei secoli.

Il primo elemento da evidenziare è quello della distribuzione geografica, che vede una sensibile prevalenza di immagini di provenienza francese. Su ventotto immagini ventuno sono, infatti, di origine francese

3

, cinque tedesche

4

, una olandese

5

ed una

1

D. Diderot & J.B. D’Alembert. Illustrations de Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, arts et métiers, Tome 5 . Paris, Panckoucke, Stoupe et Brunet, 1777-1779.

2

J.J. De La Lande. L’art de faire le papier. Parigi, Chez J. Moronval, 1820.

3

H/I/L/M/N/O/P/Q/R/S/T/U/V/Z/AA/BB/CC/DD/EE/FF/GG

4

A/B/D/E/F

5

C

(2)

spagnola

6

. In particolare a partire dalla metà del XVIII secolo, tutte le immagini reperite provengono dalla Francia. Tutto ciò è sicuramente una conseguenza del fatto che l’industria italiana, tra fine XVII e inizi XVIII secolo, è in declino; al contrario, le cartiere francesi, grazie all’aggiornamento di alcune tecniche di lavorazione (uso di incollaggi più dolci, perfezionamento delle carte per la stampa, per il disegno etc.), si impongono sul mercato con prodotti più competitivi e qualificati. A ciò deve sommarsi il fatto che queste immagini, come vedremo meglio successivamente, provengono da testi tecnico/enciclopedici. L’Enciclopedismo è un elemento caratterizzante dell’Illuminismo francese; è, dunque, assolutamente normale che in quest’area geografica ci sia una maggiore produzione di opere di questo tipo. Utilizzando un criterio di analisi storico/cronologico, si nota come la maggior parte delle raffigurazioni appartengano al periodo compreso tra XVIII e XIX secolo

7

; oltre a queste, due sono del XVI secolo

8

, quattro del XVII

9

, due del XX

10

, una, invece, pur essendo inserita in un testo del XX secolo ha però una matrice ottocentesca

11

. Risalta altresì, come si diceva precedentemente, che la maggioranza di raffigurazioni provenga da testi tecnici ed enciclopedici; solamente due appartengono ad opere di carattere storico

12

ed altre due sono qualificabili come stampe singole, opere a se stanti che in quanto tali non nascono con la funzione di corredo ad alcun testo

13

. Tenendo, inoltre, conto del fatto che:

SECOLO N° TOT

IMMAGINI

N° IMMAGINI APPARTENENTI A TESTI TECNICO/ENCICLOPEDICI

XVI 2 1

XVII 4 2

XVIII 8 8

XIX 12 12

è assolutamente evidente come, con la metà del XVIII secolo e l’avvento dell’Illuminismo, si abbia un maggiore sviluppo e diffusione dei testi

6

G

7

G/H/I/L/M/N/O/P/Q/R/S/T/U/V/Z/AA/BB/CC/DD

8

A/B

9

C/D/E/F

10

FF/GG

11

EE

12

C/F

13

FF/GG

(3)

tecnico/enciclopedici e, di conseguenza, una maggiore quantità di informazioni e di immagini sulla cosiddetta “arte bianca”.

Utilizzando un criterio di analisi tecnica, si nota come in tutte le raffigurazioni più antiche (XVI/XVII secolo) si cerchi di rappresentare, in una sola immagine, i processi più salienti della fabbricazione della carta. Generalmente, i processi di feltrazione, di raffinazione e di pressatura sono presenti in quasi tutte le immagini; il tino compare, infatti, cinque volte su sei

14

, il mulino a magli cinque volte su sei

15

e la pressatura cinque su sei

16

. Sporadicamente viene aggiunto, anche, qualche altro processo come, ad esempio, la cernita

17

o l’asciugatura

18

. Diciamo, quindi, che in questo periodo le immagini sulla fabbricazione della carta sono come una sorta di “summa” di questa tipologia di lavoro; in un’unica immagine, non molto dettagliata, l’artista mira a rappresentare, attraverso quelli che sono considerati i passaggi più rilevanti, tutta l’arte di “fare la carta”. Al contrario, le immagini presenti nei testi dal XVIII secolo in poi sono molto più dettagliate; vi sono tavole in cui viene rappresentata in maniera minuziosa ogni singola fase del processo di fabbricazione. Questa descrizione è, nella maggior parte dei casi, corredata da veri e propri disegni tecnici (esplosi, planimetrie etc.) relativi agli strumenti necessari per lo svolgimento di ciascun processo. Il tutto è, poi, corredato da apposite legende. Menzione a parte meritano le immagini FF e GG in quanto, essendo come già detto stampe singole, cercano come accadeva in quelle più antiche, di rappresentare in un’unica raffigurazione quella che era “l’arte bianca”.

L’analisi in successione cronologica delle immagini che ritraggono singole fasi del processo produttivo, consente, inoltre, di ricavare alcuni elementi interessanti.

CERNITA E SFILACCIATURA

Per quanto riguarda il processo di cernita e sfilacciatura, si nota come, attraverso il passare degli anni, esso si avvii verso una maggiore meccanizzazione;

l’industrializzazione di tale fase di lavorazione è, infatti, facilmente visibile attraverso un’attenta analisi cronologica delle immagini. Tre sono i fattori da prendere in considerazione:

14

A/B2/D/E/F

15

A/B2/C/E/F

16

A/B2/C/D/E

17

B1/D

18

D

(4)

1) evoluzione della strumentazione utilizzata per lo svolgimento di tale processo, introduzione delle vasche da cernita e loro cambiamento nel tempo;

SECOLO PRESENZA VASCHE

VASCHE DRITTE

VASCHE A SCIVOLO

LAME (PARETE/PANCHE)

LUNGHI COLTELLI

XVI/XVII No X

XVIII Si X X

XIX Si X X

Si può affermare che nelle immagini più antiche come la B1 (1591) e la D (1658) non sono presenti le vasche di cernita; gli stracci sono gettati per terra e le donne lavorano in piedi. Le vasche faranno la loro apparizione a partire dal 1700

19

. Si nota un’evoluzione della loro forma nel tempo. Nella figura H (1777) le vasche sono diritte, ovvero non possiedono una superficie a scivolo; le donne cominciano a lavorare sedute su panche. Nelle figure Q (1820) ed EE1 (1850 ca.) nelle vasche compare una superficie a scivolo, nata probabilmente dalla difficoltà esistente nelle vecchie vasche di visualizzare il posizionamento degli stracci. Un’evoluzione si riscontra, anche, negli strumenti utilizzati per il taglio degli stessi; si passa da lunghe lame conficcate nelle pareti

20

o nelle panche

21

, a lunghi coltelli

22

.

2) aumento del numero delle lavoranti e delle vasche;

SECOLO N° LAVORANTI N°VASCHE N°LAVORANTI PER

VASCA

XVI/XVII 2/3 / /

XVIII 2/3 3 ca. 1 per vasca

XIX 3+ 3+ 2 per vasca

Evidente è un aumento del numero delle lavoranti e delle vasche. Due/tre è il numero massimo di lavoranti previste per la cernita nel periodo compreso tra XVI e XVII secolo (B1/D); le vasche non sono ancora utilizzate. Si passa al XVIII secolo con un numero

19

H/Q/Z/EE1

20

B

21

H

22

Q/EE1

Evoluzione strumentazione 1 Evoluzione strumentazione 2

(5)

uguale di lavoranti; le vasche sono, però, state introdotte e grosso modo ad ogni vasca corrisponde il lavoro di un’operaia (H). Nel XIX secolo il numero delle vasche aumenta e, con esso, anche il numero delle operaie adibite alle stesse; adesso sono, infatti, due le donne addette ad ogni vasca (Q/EE1).

3) differenziazione del lavoro che comporta una maggiore meccanizzazione dello stesso e, conseguentemente, una velocizzazione dei tempi di produzione.

SECOLO 1 DONNA: SFILACCIATURA+CERNITA 1 DONNA SFILACCIATURA 1 DONNA CERNITA

XVI/XVII X

XVIII X

1°meta XIX X

2°metà XIX X

Intorno alla metà del XIX secolo, comincia ad essere attuata una differenziazione del lavoro. Nelle immagini B1/D/H/Q notiamo che ogni singola donna svolge, indistintamente, sia il processo di sfilacciatura che quello di cernita. Per fornire una collocazione di tipo temporale, possiamo dire che questo metodo di lavoro è stato usato fino al 1820 ca., data relativa all’ultima immagine a nostra disposizione (Q). Le cose mutano a partire dalla metà del XIX secolo; è facile notare come in immagine EE1 (1850 ca.) ad una donna spetta il compito di sfilacciare gli stracci, mentre l’altra è addetta alla cernita. Menzione a parte merita l’immagine Z (1873), la più moderna tra tutte le rappresentazioni relative al processo di cernita. Le vasche tornano ad essere diritte, le donne lavorano nuovamente in piedi. Tutto ciò farebbe pensare ad un inversione di tendenza rispetto a quanto già detto ma, in realtà, così non è. Guardando l’immagine, ci si rende immediatamente conto di come ci si trovi di fronte alla raffigurazione di un processo, quello di cernita, che ha perso tutto ciò che aveva di manuale per diventare sempre più industriale. Basti, a conferma di quanto detto, notare il numero smisurato di vasche ed operaie presenti in immagine. Tutto in questa raffigurazione, compresa la posizione eretta delle donne, richiama la meccanizzazione del lavoro e, conseguentemente, la riduzione dei tempi di lavorazione. È importante sottolineare, altresì, i fattori spazio e luce. Mentre in immagine B1 (1591) gli spazi sono angusti ed ingombri, in H/Q/Z/EE1 (1700/1800) essi si ampliano sempre più. Inoltre, mentre in B1 l’ambiente è caratterizzato da piccole finestre, in tutte le altre immagini

23

le aperture

23

H/Q/Z/EE1

(6)

sono di grandi dimensioni. Per di più, le vasche di cernita sono posizionate proprio in prossimità di tali aperture. Ciò ci porta a dedurre che, ad un certo momento, compreso presumibilmente tra la fine del XVI e gli inizi del XVIII secolo, ci si renda conto di quanto importante sia la luce per lo svolgimento di tale fase di lavorazione. Va, inoltre, notato che il processo di cernita e sfilacciatura viene svolto esclusivamente dal sesso femminile; tutte le immagini ritraggono, infatti, operaie a lavoro. È ipotizzabile che questo dipenda dal fatto che:

1) questo lavoro veniva considerato come prettamente femminile sia perché non richiedeva il possesso di una grande forza fisica ma anche perché le donne erano ritenute più inclini a questo tipo di attività;

2) queste operazioni, che erano evidentemente considerate come preparatorie alle fasi di fabbricazione vera e propria, non potevano avere costi troppo alti. Impiegare le donne, i cui salari erano molto più bassi di quelli degli uomini, diventava, quindi, la soluzione più economica ed anche la preferita.

Tutte le immagini raffiguranti il processo di cernita testimoniano, inoltre, come tale fase di lavorazione avvenisse in locali chiusi. È, spesso, difficile stabilire se si tratti di locali situati o meno a piano terra. Solo in immagine Q ed EE1 si intuisce che si tratta di un piano sopraelevato per la presenza di una botola che lo collega al piano sottostante, ove avveniva il processo di lavaggio e fermentazione.

LAVAGGIO, FERMENTAZIONE E TAGLIO

Anche la fase di lavaggio, fermentazione e taglio subisce processi di modernizzazione.

Nel XVIII secolo deduciamo che esista un locale adibito alla fermentazione anche se esso non è raffigurato in nessuna immagine; tale deduzione si basa sul fatto che la figura I (1777) illustra il processo di “ derompoir ”, termine tecnico utilizzato per identificare la fase di taglio degli stracci usciti dal marcitoio. Si ipotizza, altresì, che lo spazio dedicato alla fase di fermentazione non fosse direttamente collegato né ai locali di cernita, figura H (1777), né a quelli del derompoir (I). A partire dal XIX secolo, probabilmente per velocizzare i tempi di produzione, gli spazi adibiti alla cernita e alla fermentazione risultano, invece, collegati tramite una caditoia

24

.

RAFFINAZIONE

Per quanto concerne il processo di raffinazione tramite mulino a magli, si nota immediatamente come nelle immagini più antiche

25

i locali in cui si svolge tale fase di lavorazione risultano attigui a quelli in cui avviene il processo di feltrazione, ovvero di

24

Q/EE1/EE2

25

A/B2/C/E/F

(7)

formazione del foglio di carta al tino. Ciò ci porta a dedurre che, già fin dal XVI secolo, vi fosse una logica nella dislocazione degli spazi di una cartiera, o meglio che la disposizione degli ambienti della cartiera seguisse la naturale logica del susseguirsi delle fasi di lavorazione. Tutto questo non si evidenzia in immagini più recenti, quali quelle relative al XVIII e al XIX secolo. Ognuna di queste immagini si sofferma sull’analisi dettagliata di una precisa fase di lavorazione; non si riesce quindi, nella stragrande maggioranza dei casi, a scorgere ciò che vi è nei locali attigui. Si possono, al massimo, fare solo delle ipotesi basandosi su alcuni dettagli. Tra le immagini risalenti al XVI/XVII secolo nelle quali viene raffigurato il processo di raffinazione, una in particolar modo è degna di nota. Si tratta dell’immagine C (1600). Essa ritrae una parte della cartiera di Fabriano nella quale, in primo piano, è raffigurato il mulino a magli multipli. Non si tratta, a mio avviso, di una casualità. Furono, infatti, i fabrianesi ad introdurre i magli come sistema sostitutivo ai mezzi più grossolani utilizzati dagli arabi (cfr. cap.2). Il mulino a magli multipli introdotto a Fabriano permise a questa cartiera, fiorente già dalla seconda metà del 1200, di creare un prodotto di alta qualità che le garantì un grande successo consentendole di imporsi, per molti anni, su altre cartiere nazionali ed estere. Tutto ciò riesce anche a spiegare il perché del fatto che, in un’incisione olandese del XVII secolo quale quella appena presa in considerazione, venga ritratta proprio la cartiera di Fabriano; essa è, evidentemente, nel 1600 ancora sulla cresta dell’onda.

Anche la fase di raffinazione subisce, con il passare degli anni, un processo di modernizzazione che prevede non solo un’evoluzione della strumentazione utilizzata ma anche, come conseguenza, un aumento del numero dei lavoranti.

SECOLO N°VASCHE MULINO N° LAVORANTI VASCHE DEPOSITO

XVI ½ / /

XVII 2/3 / X

XVIII 3 / X

XIX 3/6 1/2 X

Si passa da un mulino dotato di una/due vasche nel XVI secolo (A/B2), a due/tre vasche nel XVII (E/F), a tre nel XVIII (L), fino alle tre/sei vasche del XIX secolo (R/AA/EE3).

Va, di conseguenza, notato come, nelle immagini più antiche, non vi sia traccia di

operaio che soprintenda al funzionamento dei magli. Ciò si riscontra in A/B2 (1500), in

E/F (1600) e perfino in L (1700). Unica eccezione è C; al centro della scena sono, infatti,

raffigurati due uomini, uno probabilmente identificabile come il proprietario della

cartiera, l’altro come un possibile operaio. Si ipotizza che quest’ultimo possa essere, data

(8)

la sua posizione, l’addetto al funzionamento del mulino; non abbiamo però dati che possano confermare la fondatezza di tale tesi. Al contrario, nelle immagini del XIX secolo, ai magli è sempre ritratto almeno un operaio. In R (1820) ed EE3 (1850 ca.) un uomo trasporta una carriola con un mastello contenente la polpa di carta raffinata al mulino; essa veniva così trasportata fino alle casse di deposito. In figura AA (1873) sono rappresentati, invece, due uomini; uno soprintende al funzionamento dei magli, l’altro è chino sulla cassa di deposito. È probabile, che anche le casse di deposito vengano inserite da un certo periodo in poi; non se ne riscontra traccia, infatti, in A e B2. Esse cominciano, invece, a comparire intorno alla metà del XVII secolo. La prima immagine che raffigura tali vasche è E (1658). Si trovano poi anche in L/R/AA/EE3. Va, infine, sottolineato come siano solo uomini, ove ritratti, a soprintendere a tale tipo di lavorazione.

FELTRAZIONE E PRESSATURA

Per quanto riguarda il processo di feltrazione, va notato come esso sia quasi sempre associato alla fase di pressatura. I due processi avvenivano nello stesso locale; la quasi totalità delle immagini (tutte tranne F) testimonia quanto appena detto. Si trattava, infatti, di processi consequenziali e per di più, il passaggio dalla formazione del foglio alla pressatura dello stesso, doveva essere svolto nel più breve tempo possibile; non deve, quindi, sorprendere se feltrazione e pressatura avvenissero nello stesso locale. La figura del mastro cartaio è, ovviamente, presente in ogni immagine. Egli viene sempre raffigurato come un uomo maturo, simbolo dell’esperienza necessaria per lo svolgimento di tale processo. Le figure che affiancano il mastro cartaio, invece, si moltiplicano.

SECOLO MASTRO +/- PROTO

MASTRO + PONITORE +/-

PROTO

MASTRO + PONITORE +

LEVAFOGLI

MASTRO + PONITORE + LEVAFOGLI +

LEVAFELTRI

1500/1650 ca. X

1650/1750 ca. X

1750/1820 ca. X

dal 1820 X

Fino al 1650 ca. il cartaio è sempre ritratto o da solo

26

o in compagnia di un proto

27

, un giovane aiutante alle prime armi. Dal 1658 ca. egli comincia, invece, ad essere

26

D

(9)

affiancato da una nuova figura, il ponitore

28

(cfr. cap.2). In F (1689) troviamo sia il ponitore che un giovane aiutante addetto ad interporre i feltri ai fogli. In M (1777) è ritratta una nuova figura, il levatore o levafogli (cfr. cap.2). Nelle immagini relative al XIX secolo troviamo ancora un nuovo operaio; al ponitore ed al levatore si aggiunge il levafeltri

29

. Fuori dal coro la figura C. In essa vengono già ritratti, pur essendo collocabile nel XVII secolo, sia il levafogli che il levafeltri. Come già accennato, la cartiera di Fabriano era nel 1600 sulla cresta dell’onda; essa si imponeva su cartiere nazionali ed estere, quindi non bisogna sorprendersi se in essa fossero già all’opera nuove figure professionali. I locali adibiti ai processi di feltrazione e pressatura, con il passare del tempo, si ampliano a dismisura. Ciò è constatabile dando anche solo una rapida occhiata ad alcune immagini

30

. Va, inoltre, considerato che, non solo si amplia la superficie dei locali ma, via via, si assiste alla volontà di attuare, all’interno di questi, una maggiore distinzione tra lo spazio destinato alla fase di feltrazione e quello destinato al processo di pressatura. Se mentre, infatti, nella maggior parte delle immagini più antiche

31

il torchio è spesso addossato al tino, nelle altre

32

è il torchio stesso, grazie alla sua posizione all’interno del locale, a dividere il momento della feltrazione dai momenti successivi, ovvero quelli in cui il foglio viene prima pressato e poi distaccato dai feltri. Un’evoluzione verso la modernizzazione investe anche il tino.

Come visibile dalle immagini più antiche

33

, i tini sono ancora rudimentali. Dalla metà circa del XVII secolo, qualcosa comincia a cambiare:

1) cominciano ad essere provvisti di calderetta (cfr. cap.2);

2) la loro superficie si amplia e la struttura comincia a diventare più complessa;

3) cominciano ad essere dotati di tavolozza (cfr. cap.2).

1500/1650 ca. 1650/1700

• Tini rudimentali X

• Introduzione calderetta X

• Introduzione tavolozza X

• Introduzione alloggiamenti X

27

A/B2

28

E

29

S/BB/EE4

30

A/B2/D/E/F/M/S/BB/EE4

31

A/B2/D/E

32

M/S/BB/EE4

33

A/B2/D

(10)

Si può ipotizzare che la calderetta nasca intorno alla metà del XVII secolo. La prima raffigurazione in cui essa è visibile è E (1658). L’immagine E proviene dallo stesso testo di un’altra figura, la D. In D (1658), però, il tino non è ancora provvisto di calderetta.

Ciò non deve stranizzare poiché è abituale che al subentro di qualunque innovazione tecnica non ne corrisponda un uso immediato e diffuso. Nelle immagini successive essa è, invece, presente in ogni tino

34

. Sempre a partire dalla seconda metà del XVII secolo, molti tini cominciano ad avere una struttura più complessa che prevede alloggiamenti per il ponitore

35

, per il mastro cartaio

36

o per entrambi

37

; molti cominciano, inoltre, ad essere dotati di tavolozza. Il suo uso può essere attestato a partire, grosso modo, dalla fine del XVII secolo. La prima immagine a nostra disposizione, in cui viene ritratta la tavolozza, è F (1689). Successivamente a tale data, anche altre immagini le ritraggono

38

. La modernizzazione della strumentazione investe anche il processo di pressatura. Le immagini del XVI/XVII secolo, ritraggono una sola pressa

39

; si passa, invece, a due torchi dal XVIII

40

.

XVI/XVII XVIII/XIX

1 torchio X

2 torchi X

Un’immagine in particolare, merita un commento a parte. Si tratta dell’immagine E (1658), importantissima perché, tra tutte le figure a nostra disposizione, è l’unica a mostrare le cosiddette pizze, ovvero l’impasto conservato per i tempi di magra (cfr.cap.2).

COLLATURA

Come la raffinazione, la feltrazione e la pressatura, anche il processo di collatura è un lavoro di pertinenza esclusivamente maschile. Tutte le immagini a nostra disposizione ritraggono, infatti, sempre e soltanto uomini; evidentemente si trattava di un lavoro per il quale era richiesta prestanza fisica e abitudine agli sforzi. Su ventotto immagini solo

34

F/M/S/EE4

35

F

36

S/EE4

37

M

38

M/S/EE

39

A/B2/C/D/E

40

M/S/BB/EE4

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tre raffigurano il processo di collatura

41

. Esse provengono da testi enciclopedici o manuali, quindi da scritti prettamente tecnici che mirano a descrivere in modo minuzioso i singoli passaggi dell’arte di “fare carta”. L’esiguità delle immagini a nostra disposizione, ci porta a dedurre che tale fase di lavorazione non fosse considerata come fondamentale nella rappresentazione dell’intero processo di fabbricazione della carta.

Possiamo affermare con certezza, che la collatura si svolgesse in spazi chiusi; tutte e tre le immagini lo testimoniano. Possiamo, altresì, asserire che tale fase si svolgesse in un locale adibito solo ed esclusivamente ad essa

42

. Dato, tra l’altro, il numero degli utensili e delle attrezzature utilizzate per tale tipo di processo, non poteva essere altrimenti.

Eccezione alla regola, sembra essere l’immagine EE4, dove per la prima volta troviamo la secchia del collaro (cfr. cap.2) vicino al tino del mastro cartaio. La cosa sembra destabilizzarci, perché mai, in nessuna raffigurazione, tali processi erano stati associati.

Ad un più attento esame si nota, però, che siamo in presenza di un errore. La collatura è stata rappresentata in EE4 ma, probabilmente, doveva essere raffigurata in EE5.

Quest’ultima immagine presenta, infatti, la titolazione “ collage du papier ” ma ritrae, invece, i processi di asciugatura ed apparecchiatura (cfr. cap.2). È, dunque, a mio avviso, probabile che l’artista avesse previsto nel riquadro EE5 la raffigurazione del processo di collatura; successivamente, essendosi reso conto del fatto che bisognava inserire anche stenditura ed apparecchiatura decise, in un secondo momento, di ritoccare la matrice inserendo la secchia del collaro in immagine EE4 e di dedicare il quinto ed ultimo riquadro alle operazioni di stenditura ed apparecchiatura. Si suppone, comunque, che gli spazi adibiti alla collatura fossero adiacenti a quelli destinati alla feltrazione/pressatura sia per il fatto, già precedentemente accennato, della disposizione logica degli spazi all’interno di una cartiera, sia perché in immagine T un ragazzo, probabilmente un proto, sta entrando nel locale di collatura, recando in mano un fascio di fogli ben stesi, quindi, con grande probabilità, appena usciti dal torchio.

ASCIUGATURA

Le immagini in cui viene ritratto il processo di asciugatura sono otto; due risalgono al XVII secolo

43

, due al XVIII

44

, tre al XIX

45

, una al XX

46

. In G e O, risalenti allo stesso periodo, si nota immediatamente come l’asciugatura fosse praticata con metodi

41

N/T/EE4

42

N/T

43

D/E

44

G/O

45

U/C/EE5

46

GG

(12)

differenti; in G i fogli di carta venivano stesi all’aperto, mentre in O l’asciugatura avveniva in locali semiaperti. Tenendo conto che in D ed E (XVII secolo), cronologicamente anteriori a G ed O, l’asciugatura avveniva in spazi coperti, si può, dunque, ipotizzare che la differenza di metodo utilizzata per l’asciugatura non dipendesse da fattori cronologici bensì da fattori geografici e stagionali. Non vi è, quindi, a mio avviso un’evoluzione del metodo di asciugatura; ovvero non si passa dall’asciugatura in spazi aperti a quella in spazi semichiusi. La differenza è, invece, da associare a fattori stagionali e geografici: probabilmente in Spagna, luogo di provenienza dell’immagine G, si prediligeva, ancora nel 1700, un’asciugatura all’aperto;

in Francia, invece, luogo di provenienza dell’immagine O, si prediligevano locali semichiusi. Anche se l’asciugatura avveniva in ambienti coperti, si trattava, comunque di spazi areati

47

, situati solitamente ai piani superiori, come visibile in U e GG. I piani alti favorivano una maggiore ventilazione e, di conseguenza, una più rapida asciugatura dei fogli di carta. Strana, in tal senso, appare l’immagine EE5. Qui la stenditura si svolge in un locale adiacente a quello adibito alle operazioni di apparecchiatura (lisciatura, conteggio, imballaggio etc.) che, invece, avvenivano al piano terra proprio perché ciò facilitava il conseguente trasporto e smistamento. Un’ evoluzione verso la modernizzazione riguarda, invece, le attrezzature utilizzate per lo svolgimento di tale processo. Paragonando le immagini D ed E alle figure O/U/CC/EE5/GG si nota immediatamente come strutture e attrezzi siano ancora rudimentali. Si evidenzia, infine, come il processo di stenditura sia effettuato, per lo più da donne e bambini, come si evince da tre immagini su otto

48

. Solo due immagini ritraggono uomini

49

ed altre tre non raffigurano alcun lavoratore.

APPARECCHIATURA

Il processo di apparecchiatura consisteva, come descritto nel capitolo secondo di questa tesi, in una serie di operazioni quali rifilatura, levigatura, cernita, conteggio, pressatura finale, assemblaggio in risme e stoccaggio. Prima della seconda metà del XVIII secolo, non vi sono immagini che ritraggono tale processo. Unica immagine che, prima di tale data, può ricollegarsi ad esso è E; in essa è, infatti, raffigurato lo stoccaggio delle risme.

Il processo di apparecchiatura viene, invece, descritto nel dettaglio a partire dalla figura P (1777) cui seguono V (1820), EE5 (1850 ca) e DD (1873). In V/DD/EE5 vengono rappresentate tutte le fasi del processo di apparecchiatura tranne quella di pressatura

47

D/O/U/CC/EE4/GG

48

O/U/EE5

49

G/CC

(13)

finale; in P, al contrario, si predilige la rappresentazione della pressatura trascurando, invece, altri fasi quali l’assemblaggio in risme e lo stoccaggio delle stesse. A prescindere da queste differenze, va notato che una cosa non cambia mai: alle operazioni di apparecchiatura è sempre destinato un locale apposito

50

. Con il passare del tempo, però, si ampliano gli spazi e aumenta il numero degli addetti: si passa da quattro/cinque addetti alla fine del XVIII secolo

51

, a undici/dodici addetti nel XIX secolo

52

. Si trattava, comunque, di operazioni svolte sempre da donne; agli uomini erano riservati lavori quali pressatura

53

ed assemblaggio risme

54

, operazioni per le quali era richiesta una particolare prestanza fisica.

In generale va, inoltre, sottolineato che, attraverso l’analisi di alcune immagini, riusciamo a trarre importanti dettagli sulla collocazione e sulla struttura delle cartiere. I paesaggi ritratti in alcune raffigurazioni, visibili, per ovvi motivi, soprattutto dalle figure in cui viene descritto il processo di raffinazione, confermano come le cartiere siano situate fuori dal centro cittadino, vicino a corsi d’acqua. Da alcune immagini si riesce, anche, ad intuire la struttura delle cartiere

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; si trattava, nella stragrande maggioranza dei casi, di grandi edifici su più livelli, i cui spazi interni, come è stato già osservato, erano articolati sulla base del logico susseguirsi delle varie fasi di lavorazione.

Evidente è, inoltre, una netta distinzione delle mansioni. Esse erano assegnate sulla base di tre fattori: esperienza, specializzazione, capacità fisiche. Ciò comportava, di conseguenza, anche una netta distinzione tra i compiti attribuiti ai lavoratori dell’uno o dell’altro sesso.

Importantissimo risulta, inoltre, evidenziare la presenza, in sole tre immagini

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, di una figura che, per postura ed abbigliamento, sembrerebbe essere il proprietario di una gualchiera. In B (1591), infatti, la figura viene rappresentata come un soldato di alto rango; in C (XVII secolo) e in G (XVIII secolo) il personaggio ha, invece, un abbigliamento ricercato ed è ritratto nell’atteggiamento di dare istruzioni. Da ciò possiamo dedurre che il possesso di una gualchiera, se questa era ben gestita, poteva essere, indubbiamente, fonte di grandi guadagni.

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P/V/EE5/DD

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P

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DD

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P

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DD

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H/G

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B/C/G

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