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LE GRANDEZZE DI SINTESI DELLA GESTIONE AZIENDALE E LA CONDIZIONE DI ECONOMICITÀ

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LE GRANDEZZE DI SINTESI DELLA GESTIONE AZIENDALE E LA CONDIZIONE DI ECONOMICITÀ

di Stefano Adamo

SOMMARIO: 1. Il contributo dei fattori produttivi nella formazione e determinazione del risultato periodico. – 2. Le fondamentali grandezze di sintesi nell’economia dell’impresa. – 3. Le rilevazioni per la determinazione e la rappresentazione del- le grandezze di sintesi. – 4. Le condizioni di esistenza dell’impresa: perdurabilità ed economicità. – 5. I fattori costitutivi dell’economicità aziendale: gli equilibri gestionali.– 5,1. L’equilibrio economico-reddituale. – 5.2. Le grandezze e i para- metri di riferimento dell’equilibrio economico. – 5.3. Profitto e vantaggio com- petitivo. – 5.4. Il punto di equilibrio e la razionale determinazione del prezzo di vendita. – 6. L’equilibrio patrimoniale e l’equilibrio finanziario. – 6.1. Struttura e flussi. – 6.2. Le correlazioni fonti-impieghi e il ciclo monetario.

1. Il contributo dei fattori produttivi nella formazione e determi- nazione del risultato periodico

Come precedentemente evidenziato, i risultati economici costitui- scono il riflesso della gestione, ossia delle operazioni aziendali nello svolgimento delle quali confluiscono le forze personali, i mezzi azien- dali e la componente organizzativa.

È, tuttavia, evidente come alla fine di ogni periodo amministrativo la possibilità di ‘utilizzo’ solo parziale delle utilità acquisite appaia fenomeno frequente, se non proprio ordinario, nell’economia delle aziende.

Ora, l’evidenziata esigenza di pervenire a dati intervalli di tempo ad una misurazione della ricchezza prodotta mediante i consumi e gli utilizzi della combinazione produttiva, comporta la necessità di procedere secondo uno schema atto a favorire l’analisi del percorso secondo cui l’incremento del capitale precedentemente richiamato si forma.

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In definitiva, data una combinazione produttiva iniziale e indivi- duato un intervallo di tempo convenzionale, si cercherà di capire come si forma l’incremento/decremento di valore generato dallo svolgimen- to del processo produttivo.

Quindi, atteso che la ricchezza prodotta da un’azienda in un dato periodo non deriva normalmente dall’integrale utilizzo della dotazio- ne di mezzi che l’azienda può presentare all’inizio del periodo, ai fini del calcolo economico in oggetto, si rende necessario correlare la do- tazione utilizzata e consumata (costi) con i benefici (ricavi) ottenuti grazie a tali utilizzi/consumi.

consumi fattori ĺbenefici ĺproduzione ricchezza costi ĺricavi ĺreddito

In buona sostanza, data una struttura iniziale (M0) costituita dai fattori produttivi acquisiti, la relativa utilità sarà ceduta, parzialmente o totalmente (utilizzi/consumi), per l’ottenimento di beni/servizi desti- nati alla vendita, grazie alla quale il ciclo economico-produttivo avrà completato il proprio percorso con il ritorno (totale e parziale) sotto forma finanziaria dei fattori produttivi impiegati (M1). Ovviamente, in caso di utilizzi a cui non fa seguito la vendita si parlerà di produzione ottenuta, ma non ancora venduta.

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STRUTTURA

(STOCK)

EFFETTIMOVIMENTO DELLASTRUTTURA (FLUSSI) Mezzi0

(Elementi patrimoniali) CONSUMI

BENEFICI DIPRODUZIONE

EDIVENDITA Fattori produttivi fecondità ripetuta

(FPFR)

(fabbricati, impianti, attrezzature, automezzi)

Fattori produttivi fecondità sempli- ce (FPFS)

(materie prime e di consumo, fatto- re lavoro, servizi industriali e com- merciali)

Utilizzo combinato fattori produt- tivi

Porzioni fattori utilizzati

Produzione ottenuta non ancora venduta

(Benefici di produzione) Semilavorati

Prodotti in corso di lav.

Prodotti finiti non venduti

Vendita prodotti finiti

Produzione ottenuta e venduta

(Benefici di vendita)

Prezzo prodotti finiti venduti Mezzi1

FPFR (parte non utilizzata) FPFS (non ancora utilizzati) BENEFICIDIPRODUZIONE (FPFS) (semilavorati, prodotti in corso di lav, prodotti finiti non ancora venduti) Fattori produttivi finanziari genera- ti dalle vendite

(Cassa/crediti commerciali)

Un semplice esempio servirà a chiarire quanto appena illustrato. Si consideri un artigiano che fabbrica mobili e che in nel primo periodo amministrativo di attività procede con le seguenti operazioni di ge- stione volte a dotare l’azienda di un’idonea struttura (per semplicità espositiva non si considera l’iva):

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– costi per acquisizione macchinari del valore complessivo di €.

20.000;

– costi per acquisizione materia prima legno per un valore di €.

30.000;

– costi per acquisizione materie sussidiarie e di consumo per un valore di €. 2.000;

– costi per acquisizione prestazioni lavorative a tempo determinato (1 anno) di un operaio per un compenso complessivo annuo lor- do, corrisposto in via anticipata, per €. 6.000.

Gli investimenti iniziali necessari per la ‘struttura artigiana’ hanno comportato un impiego finanziario iniziale in fattori produttivi com- plessivamente pari a €. 58.000, la cui provvista è derivata da risorse fi- nanziarie interamente apportate dall’artigiano che, inoltre, dota l’atti- vità anche di un fondo cassa pari a €. 2.000, per un totale di €. 60.000.

Volendo raffigurare il patrimonio aziendale dell’artigiano in questa fase, sostanzialmente corrispondente all’inizio del periodo n, si avrà il seguente fondo di valori:

STRUTTURA PATRIMONIALE INIZIALE

MEZZI

(Elementi patrimoniali attivi)

FONTIDIFINANZIAMENTO PROPRIEEDITERZI

(Elementi patrimoniali passivi-Netto) Macchinari 20.000

Materie prime 30.000 Materiali di consumo 2.000 Prestazioni lavorative 6.000 Denaro in cassa 2.000

Capitale di apporto 60.000

Totale 60.000 Totale 60.000

Supponiamo che durante il periodo amministrativo n si utilizzino le materie prime ed i materiali di consumo con un consumo pari all’80%

del totale dei mezzi stessi, mentre la prestazione lavorativa dell’ope- raio risulta interamente ceduta con il trascorrere dell’anno di riferi- mento, come da pattuizione a tempo determinato. Quindi, alla fine del periodo in questione si saranno avuti consumi pari all’80% dei relativi costi di dotazione, ossia 80% di 32.000, più il compenso complessivo dell’operaio (24.000 + 1.600 + 6.000) = 31.600.

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Dal lato del macchinario, avente natura di fattore produttivo a fe- condità ripetuta, il relativo utilizzo per la fabbricazione dei mobili ha comportato una cessione parziale dell’utilità posseduta dallo stes- so (complessivamente misurata al momento dell’acquisizione in €.

20.000). Tale cessione parziale viene stimata nella misura del 10% di

€. 20.000 (pari a €. 2.000), che rappresenta il consumo (costo-imputa- zione) del fattore impianto ai fini della lavorazione effettuata. Sempre per la produzione si utilizzeranno ulteriori fattori la cui acquisizione è concomitante alla lavorazione. Si tratta di fattori del tipo dei servizi in- dustriali (acqua, energia elettrica, ecc.) in cui le fasi dell’acquisizioni e del consumo tendono ad essere contestuali o, più precisamente, di- rettamente correlate (in sostanza si acquisisce quanto si è consumato).

Nel caso specifico supponiamo che tali consumi determinino spese per

€. 1.500.

Una volta ottenuti dalla lavorazione i mobili si è proceduto alla loro vendita che si suppone avvenga ad un prezzo di cessione pari a €.

55.000 (di cui contanti per €. 53.000, incassati complessivamente da vari clienti, e €. 2.000 a credito. Giunto, quindi il 31/12/n, si arriva al momento in cui il periodo amministrativo n perviene al termine.

Ora, nel momento in cui si rendesse opportuno determinare il risul- tato del periodo n, si dovrà confrontare la ricchezza derivata dalla ven- dita dei mobili fabbricati (€. 55.000), con i fattori consumati per l’ot- tenimento e vendita dei prodotti. In effetti, non è corretto confrontare tale ricchezza con tutti i fattori acquisiti (ossia con i costi sostenuti per la relativa acquisizione: €. 60.000), poiché di questi deve considerarsi solo la parte utilizzata (o consumata) per l’ottenimento e la vendita del prodotto. Ossia:

Determinazione risultato di periodo COSTI

(consumi attribuiti all’esercizio)

RICAVI

(benefici attribuiti all’esercizio)

Materie prime 24.000

Materie consumo/suss 1.600 Prestazioni lavorative 6.000 Servizi industriali 1.500

Macchinari 2.000

Vendite mobili 55.000

Consumi totali 35.100 Benefici totali 55.000 Eccedenza benefici su consumi 19.900

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Quindi:

– €. 59.500 Costi totali del periodo (acquisizioni fattori produttivi) di cui:

• €. 35.100 Costi trasformati in ricavi (consumi fattori produt- tivi)

• €. 24.400 Costi non ancora trasformati in ricavi (residui fat- tori produttivi

La gestione aziendale ha favorito i seguenti risultati del processo produttivo:

– €. 55.000 Ricavi generati dalle vendite (benefici) di cui:

• €. 35.100 Costi trasformati in ricavi (consumi singole utilità economiche)

• €. 19.900 Maggior valore utilità complessa (premio proprietà e impresa)

Giova, al riguardo, evidenziare come il flusso finanziario connes- so alle acquisizioni complessive di fattori produttivi (€. 59.500) sia tornato sotto forma finanziaria solo per la parte connessa ai consumi/

costi che hanno generato le vendite (€. 35.100), denotando anche la presenza di un maggior valore di ritorno economico e finanziario (€.

19.900) connesso al valore incrementativo che l’utilità complessa ri- vela rispetto alla sommatoria dei consumi delle singole utilità sempli- ci. Tale maggior costituisce il risultato economico di periodo.

Non si manca, peraltro, di evidenziare come, sempre alla fine del periodo in questione, residuino ancora utilità disponibili per l’attività produttiva rappresentate:

– sia dalla consistente utilità residua del macchinario che potrà essere impiegato per ulteriori produzioni (€. 20.000 - 2.000 = 18.000).

– sia dalle ‘rimanenze’ di materie prime non ancora utilizzate (€.

30.000 - 24.000 = €. 6.000

– sia dalle ‘rimanenze’ di materie sussidiarie e di consumo (€.

1.600 - 1.200 = €. 400)1.

A questi occorre aggiungere, i valori finanziari in cassa e sotto for- ma di crediti provenienti dal ritorno sotto forma finanziaria dei fattori produttivi che hanno generato il prodotto venduto (rispettivamente €.

53.500 e €. 2.000) a cui si somma il residuo del fondo cassa iniziale

1 Sul fronte delle prestazioni lavorative non si saranno ovviamente residui ancora da utilizzare, così come per i servizi industriali.

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pari €. 500 (€. 2.000 meno €. 1.500 per servizi industriali) (cassa to- tale 2.000+53.000-1.500 = €. 53.500 e crediti da incassare v/clienti €.

2.000). Quindi, volendo raffigurare il patrimonio aziendale (fondo di valori) dell’artigiano alla fine del periodo amministrativo n, si avrà:

STRUTTURA PATRIMONIALE FINALE

MEZZI

(Elementi patrimoniali attivi)

FONTIDIFINANZIAMENTO PROPRIEEDITERZI

(Netto ed elementi patrimoniali passivi) Macchinari 18.000

Materie prime 6.000

Materiali di consumo 400 Crediti v/clienti 2.000 Denaro in cassa 53.500

Capitale di apporto 60.000

Beneficio lordo periodo n 19.900

Totale 79.900 Totale 79.900

Il risultato economico di periodo è rappresentativo di una grandez- za che non sconta ancora tra i consumi (costi) quelli connessi ai fattori produttivi figurativi che hanno partecipato alla produzione dei mobili.

Si tratta del fattore lavoro eventualmente prestato dall’artigiano e del fattore capitale monetario inizialmente investito dallo stesso artigia- no per gli acquisiti dei fattori produttivi tecnici. Essi non compaiono tra i costi in quanto sono stati ‘apportati’ dall’artigiano senza ricorso ad economie esterne. Tuttavia, è chiaro che la disponibilità/uso degli stessi rende necessario la loro considerazione ai fini del calcolo econo- mico di periodo, in quanto è evidente che se i mobili sono stati ottenuti e venduti ciò è avvenuto anche grazie a tali utilità che si possono de- nominare fattori produttivi a riflesso economico figurativo (più comu- nemente noti come oneri figurativi).

Trattandosi di fattori non acquisiti a titolo oneroso (da cui appunto l’espressione figurativi), si renderà comunque necessario individuare una misura congrua di remunerazione, poiché la ricchezza ottenuta dalla vendita dei mobili è stata ottenuta anche grazie all’opera lavora- tiva del proprietario e alla disponibilità della somma di denaro dello stesso investita in azienda che si riflettono rispettivamente in termini di salario direzionale e interesse sul capitale di rischio.

Rinviando oltre per l’opportuno approfondimento dei parametri corretti da utilizzare per l’individuazione di remunerazioni congrue

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degli oneri figurativi, procediamo adesso con l’esempio proposto, ipotizzando che il salario direzionale spettante all’artigiano/proprieta- rio sia quantificato in €. 16.000 annui, mentre l’interesse sul capitale apportato dallo stesso artigiano sia congruamente remunerato con un interesse del 4% annuo e, quindi, (4% su 60.000 x 1 anno = €. 2.400).

Complessivamente €. 18.400 costituiranno la remunerazione dell’arti- giano per i fattori a riflesso figurativo prestati all’economia dell’azien- da (opera lavorativa e capitale di apporto)

2. Le fondamentali grandezze di sintesi nell’economia dell’impresa Da quanto fin qui esposto è emerso, ad ogni evidenza, come la di- namica gestionale dell’impresa determini un sostanziale movimento della struttura patrimoniale aziendale (fondo di valori) che attraverso l’incessante svolgimento delle operazioni aziendali (determinate da componente personale e componente organizzativa) subisce continui mutamenti generativi di aumenti o diminuzioni dello stesso patrimo- nio (valori flusso dei costi e dei ricavi)2.

Gli incrementi del patrimonio denotano la capacità della combina- zione aziendale di produrre ricchezza, ossia di favorire:

– sia la rigenerazione, in termini monetari, delle utilità economi- che consumate per la produzione ottenuta e venduta (reintegra- zione dei costi connessi);

– sia la generazione, sempre in termini monetari, di ulteriori utilità incrementative (surplus denominato profitto) rispetto a quelle di partenza (auto-potenziamento)

Viceversa i decrementi del patrimonio, in linea di principio, de- notano la tendenza dell’impresa, non solo di non produrre il surplus poc’anzi richiamato, ma addirittura di realizzare perdite del patrimo- nio che evidenziano la distruzione di ricchezza economica.

Le grandezze fondamentali idonee ad analizzare la struttura azien- dale e l’andamento gestionale frutto della combinata organizzazione di mezzi e componete personale sono riconducibili alle seguenti con- figurazioni:

– il capitale di funzionamento, che dimostra la struttura del pa- trimonio aziendale in un dato momento della vita dell’impresa.

2 G. CATTURI, La teoria dei flussi e degli stocks ed il «Sistema dei valori» d’impresa. Conversa- zioni con gli studenti sulla «Creazione del valore», Cedam Padova, 1994.

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Esso costituisce una rappresentazione statica (una sorta di fo- tografia) riferita ad una specifica data (per convenzione gene- ralmente il 31/12 di ogni anno). Gli elementi costitutivi di tale patrimonio (le attività/mezzi e le fonti di finanziamento proprie e di terzi/debiti) sono monetariamente ‘misurati’ (fondo di va- lori) tenendo conto della prospettiva di regolare funzionamento dell’impresa in un’ottica di continuità.

– il risultato di periodo (denominato anche reddito di esercizio) che rappresenta la sintesi algebrica dei costi/consumi e dei ricavi/

benefici derivanti dall’utilizzo dei mezzi aziendali, discendenti, più in generale, dalla dinamica del patrimonio (valori flusso).

Per certi versi, può dirsi che il risultato di periodo rappresenti gli effetti dei ‘movimenti’ della struttura patrimoniale (proseguendo nel- la metafora, una sorta di filmato dei movimenti che si verificano tra le due ‘fotografie’ patrimoniali)3. Quindi, il risultato di periodo può essere inteso come la risultante dei movimenti (di consumo e di bene- ficio - costi e ricavi) che la struttura patrimoniale/finanziaria rivela tra l’inizio (1/1/n) e la fine 31/12/n) di un dato periodo amministrativo.

Stato Patrimoniale > Gestione (operazioni) > acquisizioni/vendite > consumi/benefici > Stato Patrimoniale

1/1/n 31/12/n

M1 M2

La differenza (incrementativa o decrementativa) del Patrimonio tra i due estremi (M1 e M2) trova espressione e sintesi nel risultato econo- mico di periodo che illustra il flusso dinamico avvenuto nel passaggio dalla struttura iniziale M1 (all’1/1/n) alla struttura di fine periodo M2 (al 31/12/n)

Al riguardo, è opportuno segnalare immediatamente che diversa- mente dal risultato totale, che come abbiamo visto assume (date cer- te condizioni) significato oggettivo, il risultato di periodo deriva in buona parte da determinazioni soggettive, connesse a stime, giudizi e apprezzamenti da parte di chi procede al relativo calcolo. Tali valu- tazioni soggettive risultano inevitabili per il semplice fatto che ogni volta che ci si pone al termine di quello che si è denominato periodo amministrativo, l’attività aziendale si interrompe solo idealmente, poi- ché in tali momenti vi sono normalmente processi produttivi in corso di svolgimento, con operazioni che devono ancora completarsi e con

3 Come già ricordato ‘il reddito esprime il movimento, o la corrente, o il flusso di valori, accer- tato in relazione al tempo che intercorre tra due rilevazioni della grandezza di quel fondo, o stock di valori, che è il capitale’. G. ZAPPA, Il reddito, cit., p. 279.

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fattori produttivi in corso di utilizzo o ancora da utilizzare: fenomeni dei quali non si può conoscere l’esito definitivo. In effetti4:

– dal lato dei fattori produttivi a fecondità ripetuta (fabbricati, impianti, attrezzature, automezzi, ecc.), è chiaro che alla fine del periodo amministrativo, sarà stata utilizzata solo una parte dell’utilità posseduta da tali beni, ossia quella parte necessaria per l’ottenimento e vendita dei beni finali (i prodotti dell’impre- sa industriale, le merci dell’impresa mercantile);

– dal lato dei fattori produttivi a fecondità semplice (materie pri- me, merci, servizi industriali, servizi finanziari e amministrativi, ecc.), pur trattandosi di fattori la cui utilità si cede con l’utilizzo ai fini produttivi, è evidente la possibilità che alla fine di un periodo amministrativo il fattore non abbia ancora completato li ciclo produttivo. Si pensi ad una materia prima acquisita da un’impresa industriale per ottenere il prodotto finito da vendere sul mercato. Alla fine del periodo amministrativo, tale materia prima potrebbe essere stata utilizzata ed incorporata in un pro- dotto finito non ancora ceduto sul mercato, e quindi ancora pre- sente in azienda quale ‘mezzo’ da utilizzare o ancora potrebbe essere stata utilizzata ed incorporata in un bene che non ha anco- ra completato il ciclo di lavorazioni (cosiddetti semilavorati) che a maggior ragione costituisce ancora un ‘mezzo’ da utilizzare in un successivo periodo amministrativo.

È chiaro come, nei casi appena riportati, il calcolo economico con- sumi/benefici (rappresentato dai costi e ricavi attribuibili all’esercizio) da cui scaturisce il risultato economico di periodo (che sintetizza il movimento del patrimonio aziendale) risenta di inevitabile soggettivi- tà. Ne deriva la conseguente incertezza che pone limiti all’attendibilità delle espressioni di periodo, risultando le stesse tanto meno attendibili quanto più crescono le valutazioni soggettive che hanno contribuito al relativo calcolo5.

4 Sulla partecipazione dei fattori produttivi alla formazione del reddito di impresa, si veda: N. DI CAGNO,’ La fase del funzionamento’, cit., p. 176 e ss.

5 In relazione a ciò, la scienza ragioneristica (e sul piano formale il legislatore) indica dei pro- cessi valutativi economicamente ‘razionali’ entro i quali ricondurre le ‘misurazioni’ dei fenomeni aziendali Sul punto, si rinvia agli studi di: P.E. CASSANDRO, Le rilevazioni, cit., p. 122 e ss.; G.

MAZZA, Problemi di assiologia aziendale, IV ed., Giuffrè, Milano, 1997, p. 213 e ss.; F. SUPERTI FURGA, Reddito e capitale nel bilancio di esercizio, II ed., Giuffrè, Milano, 1991, p. . In ordine alla vigente disciplina normativa, tra gli altri: R. DI PIETRA-G. IANNIELLO-A. PARIS, Il bilancio d’impre- sa, Cedam, Padova 2017; E. SANTESSO-U. SOSTERO, I principi contabili per il bilancio d’esercizio, Egea, Milano, 2016; S. SARCONE, La formazione del bilancio annuale. Disciplina civilistica e principi contabili nei loro tratti più significativi, II ed., Cedam, Padova, 2016.

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3. Le rilevazioni per la determinazione e la rappresentazione delle grandezze di sintesi

Ai fini della determinazione delle grandezze di sintesi atte a fornire informazioni sugli andamenti gestionali, si rende necessaria l’adozio- ne di strumenti e metodi idonei a ciò. A tal proposito, è noto che sin dal momento in cui le attività economiche hanno iniziato ad assume- re caratteri di complessità in connessione alle variegate relazioni di ordine spazio-temporale, si è reso necessario il ricorso a strumenti e metodi di rilevazione idonei a fornire supporto a vari livelli, tra cui la razionalità amministrativa dei processi decisionali aziendali, il con- trollo economico-finanziario, la rendicontazione e l’informativa verso l’esterno.

Nello specifico, le determinazioni e rappresentazioni delle sintesi periodiche rappresentate dal Prospetto del Patrimonio (Stato Patrimo- niale) e dal Panel di controllo (Conto Economico) discendono dalla combinazione di due procedimenti di rilevazione contabile fondamen- tali6:

1) le Rilevazioni Inventariali, per la ricognizione e valutazione del capitale di fine esercizio;

2) le Rilevazioni di esercizio, per la rilevazione e il controllo delle operazioni svolte durante l’esercizio stesso.

In estrema sintesi, attraverso le rilevazioni inventariali si perviene alla conoscenza, in termini quali-quantitativi (fisici e/o monetari) e per determinati fini, di tutto o parte del patrimonio aziendale in un dato momento della vita aziendale7. Può dirsi che tale strumento di rileva- zione si colloca nell’ambito del procedimento di rilevazione aziendale più antico (l’inventariazione), precedendo abbondantemente il succes- sivo momento di sistemazione e regolamentazione tecnica in materia di scritture contabili.

Ordinariamente, tale attività di inventariazione si attua al termine di ogni periodo amministrativo dando vita ai cosiddetti inventari di esercizio per fornire notizie sulle modifiche e sulla composizione che il patrimonio ha subito. Nella pratica aziendale, assumono particolare rilievo proprio tali inventari che sono degli inventari a valori, ossia in- ventari che, oltre alle quantità fisiche (inventari fisici o non monetari),

6 A. CECCHERELLI, Il linguaggio dei bilanci. Formazione e interpretazione dei bilanci commer- ciali, Le Moniier, Firenze, 1939, cit., p. 186.

7 P.E. CASSANDRO, Le rilevazioni aziendali, III ed., Cacucci, Bari, 1979, p. 93.

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assegnano anche corrispondenti valori, espressi in un’unica quantità monetaria, ai beni costitutivi del patrimonio aziendale.

In proposito, è lo stesso Codice Civile (art. 2217) a stabilire che

“l’inventario deve redigersi all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno, e deve contenere l’indicazione e la va- lutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee alla mede- sima”.

Le Rilevazioni di esercizio trovano specifica espressione in scrittu- re tenute secondo modalità continuative, sistematiche e cronologiche delle operazioni della gestione aziendale effettuate in un determinato periodo amministrativo (scambi di acquisto e di vendita). Tali opera- zione sono rilevate attraverso scritture riportate in specifici libri con- tabili (Libro Giornale e Libro Mastro) che danno

vita al sistema di Contabilità Generale che, avvalendosi di uno spe- cifico metodo (la partita doppia), si applica ad un dato oggetto di os- servazione (nel nostro caso la determinazione delle due grandezze di sintesi: risultato di periodo e del connesso capitale di funzionamento)8.

Peraltro, si ribadisce come il sistema di contabilità generale (Co.

Ge.) riesca a pervenire a tale determinazione mediante la necessaria considerazione delle rilevazioni inventariali che a dati intervalli di tempo permettono di assestare periodicamente i dati rivenienti dalle rilevazioni di esercizio, mediante razionali processi di valutazione de- gli elementi patrimoniali.

L’effetto di tale combinazione di rilevazioni favorisce la pro- duzione di sintesi periodiche (i bilanci annuali di esercizio) atte a fornire informazioni in ordine alla situazione patrimoniale e finanzia- ria dell’impresa, nonché al suo andamento economico in termini di risultato di periodo9. In tal caso, le grandezze fondamentali del reddito di esercizio e del capitale di funzionamento risultano ordinariamente rappresentate attraverso specifici prospetti e cioè10:

1) le informazioni sulla struttura patrimoniale-finanziaria sono de- sumibili essenzialmente dal cosiddetto Stato Patrimoniale, in cui risultano elencati, da un lato, tutti i mezzi aziendali (eco- nomico-tecnici e finanziari) non ancora completamente utiliz-

8 F. BESTA, La Ragioneria, vol. II, Vallardi, Milano, 1910, p. 275,

9 Reddito e capitale di funzionamento rappresentano l’oggetto di rilevazione del bilancio che rivela una funzione conoscitiva, in termini di verifica degli andamenti gestionali. S. ADAMO, Le rilevazioni di esercizio delle imprese. Scritture complesse e sintesi periodiche, Cacucci, Bari, 2013, p. 537 e ss.

10 ALDO AMADUZZI, L’azienda, p. 703; P.E. CASSANDRO, Le rilevazioni, cit., p. 441

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zati (elementi attivi del patrimonio o attività patrimoniali) ai fini della generazione dei benefici/ricavi e, da altro lato le fonti ancora presenti (proprie e di terzi, rispettivamente patrimonio netto e passività patrimoniali) da cui i mezzi sono derivati e/o si correlano11.

2) Le informazioni attinenti l’andamento gestionale si esprimono mediante la determinazione dal cosiddetto Conto Economico che rappresenta i risultati ottenuti grazie alla dinamica della struttura patrimoniale-finanziaria. La grandezza di sintesi ottenibile dal Conto Economico (il risultato economico di periodo), scaturisce dalla correlazione/confronto tra consumi dei fattori produttivi utilizzati (costi attribuibili al periodo) ai fini dell’ottenimento, nello stesso intervallo temporale dei benefici (ricavi attribuibi- li al periodo). Attraverso opportune analisi delle grandezze ri- portate nel Conto Economico è possibile verificare, non solo i movimenti che il Patrimonio ha avuto per effetto della gestione nel periodo amministrativo considerato, ma anche il grado di efficienza della gestione manageriale.

Ciò evidenziato, richiamiamo adesso la struttura del capitale di fun- zionamento e quella dei consumi e benefici trasposte nei Prospetti di Stato Patrimoniale e di Conto Economico.

11 Le informazioni attinenti la dinamica strettamente finanziaria della gestione (flussi di cassa) possono riportarsi anche in un ulteriore prospetto (Rendiconto Finanziario) volto a raccogliere i

‘movimenti’ di specifici valori, intervenuti in due periodi amministrativi successivi.

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STATO PATRIMONIALE

MEZZI (Attività) FONTI DEI MEZZI (Netto + Passività) ZONA FINANZIARIA

– denaro e titoli rappresentativi – crediti commerciali

– crediti di finanziamento ZONA ECONOMICA

(TECNICAENONTECNICA)

– Fattori produttivi a fecondità semplice:

Magazzino fisico

• materie prime

• semilavorati prodotti in cdl

• prodotti finiti/merci

Residui altre utilità acquisite non consumate (servizi/disponibilità)

• locazioni

• assicurazioni

– Fattori produttivi a fecondità ripetuta:

• utilità immateriali di start-up

• beni immobili

• impianti, macchinari e attrezzature

• mobili e arredi

• automezzi

FONTIPROPRIE

– capitale di apporto – utile di esercizio FONTIDITERZI

– debiti di finanziamento – debiti commerciali

(di funzionamento)

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CONTO ECONOMICO Consumi

(componenti negativi)

Benefici

(componenti positivi) – Utilizzazioni fattori produttivi

f.s. materiali e immateriali – costi di utilizzazione fattori a

consumo immediato (effettivo e virtuale)

– costi di utilizzazione fattori produttivi f.r. materiali ed im- materiali (ammortamenti) – costi a futura manifestazione

finanziaria (misurati da ratei passivi e fondi rischi ed oneri futuri)

– imposte e tasse Utile di esercizio

– ricavi di competenza (rima- nenze iniziali passive + ricavi conseguiti – rimanenze finali passive)

– ricavi a futura manifestazione finanziaria (misurati da ratei attivi)

– altri ricavi e proventi

Per quanto finora esposto, giova evidenziare la profonda valenza segnaletica che le grandezze di sintesi denotano a vari livelli, poiché lo Stato Patrimoniale fornisce informazioni rilevanti sul piano della solidità strutturale dell’impresa e sulla sua gestione finanziaria, conte- nendo grandezze significative anche sul piano giuridico (attività, pas- sività e patrimonio netto).

Il risultato di periodo si presenta come una grandezza polivalente sul piano informativo, in quanto:

– esprime, sulla base di regole di determinazione stabilite dalla legge e dalla prassi aziendale, il risultato attribuibile al periodo (utile/perdita) e, quindi, in caso di misura positiva, la ricchezza distribuibile ai proprietari/soci (utile);

– rappresenta, attraverso opportune elaborazioni, uno strumento di verifica del grado di efficienza dell’impresa (redditività);

– costituisce la base (imponibile) per il calcolo del prelievo fiscale.

Da ciò discende che le espressioni utile, reddito e risultato imponi- bile non sono sinonimi, poiché:

– utile è la denominazione contabile del risultato di periodo nel momento in cui lo stesso assume valore contabilmente positivo (perdita in caso di valore negativo);

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– reddito è la denominazione del risultato di periodo, allorquando la relativa misura ne integra le condizioni minime di equilibrio;

– risultato imponibile è la denominazione che si attribuisce alla base di calcolo per la determinazione delle imposte, Come poc’anzi detto il risultato imponibile viene determinato partendo dal risul- tato contabile di periodo (utile/perdita) a cui si apportano.

Da ciò discende che vi può essere un risultato contabilmente posi- tivo (utile) che, tuttavia, non integra la misura economica di equilibrio (reddito). Ancora vi può essere un risultato contabilmente negativo (perdita) che, dopo le variazioni determinate dalle regole fiscali, risul- ta positivo in termini di risultato imponibile.

GRANDEZZA REGOLEDICALCOLO SFERA

Utile/perdita Codice Civile

Principi Contabili Giuridico-tecnica

Reddito Ragioneria Economico-tecnica

Risultato imponibile Leggi fiscali Giuridica

4. Le condizioni di esistenza dell’impresa: perdurabilità ed econo- micità

Nei capitoli precedenti, le aziende di produzione (imprese) sono state considerate quali sistemi complessi volti allo svolgimento di un’attività produttiva al fine della creazione di valore.

Ora, si potrebbe anche affermare che l’impresa rappresenta lo «stru- mento» mediante il quale l’uomo esercita l’attività di soddisfacimento dei bisogni secondo modalità economiche (attività economica), ossia svolgendo processi produttivi organizzati fondati su percorsi ammini- strativamente razionali12.

12 «L’impresa è uno strumento di forze economiche che operano per fini economici collegati ai fini ultimi del consumo, uno strumento che si compone a sistema in relazione alle condizioni del mercato, ed alle cui variazioni deve adattarsi con trasformazioni delle forze e delle collegate opera- zioni attuate». ALDO AMADUZZI, Il sistema, cit., p. 13. Sull’azienda quale «strumento dell’operare umano in campo economico». G. FERRERO, Istituzioni d’azienda, Giuffrè, Milano, 1968, p. 4. L’in- terpretazione dell’azienda-strumento favorisce una visione in cui si opera la distinzione tra l’azien- da, in quanto istituto per lo svolgimento adeguato dell’attività economica, e l’azienda strumento per la realizzazione di singoli progetti aziendali rappresentati, in linea di principio, dall’oggetto dell’attività economica che si intende svolgere.

(17)

In ogni caso, si è già evidenziato che la creazione del valore diviene finalità preminente dell’impresa, in quanto connessa sia alla produzione di beni e servizi atti a soddisfare i bisogni del mercato e dei consumatori in genere, sia alla generazione della ricchezza rimuneratrice della com- ponente personale tutta (lavoratori dipendenti, manager, proprietari).

Si è pure precisato come tale finalità istituzionale si ponga in re- lazione circolare con la perdurabilità dell’azienda nel tempo (che si fonda sulla continuità aziendale) e con il rispetto della condizione di economicità che si concreta nella capacità dell’azienda di produrre ricchezza in misura congrua (rispetto ai fattori produttivi impiegati) e nell’equa distribuzione della stessa tra coloro che, a vario titolo, hanno concorso alla sua produzione13.

Giova nuovamente ribadire la connotazione temporale di lungo pe- riodo che caratterizza la condizione/obiettivo di economicità. In ef- fetti, sul piano istituzionale, una volta avviata un’attività aziendale, è evidente come il funzionamento del sistema aziendale si proietti, in linea di principio, lungo periodi di tempo indeterminati, ciò al fine di consentire il perseguimento delle finalità, sia istituzionali sia naturali, poste alla base dell’azienda stessa14.

Quindi, prescindendo dagli scopi personali di ciascuno dei pro- motori dell’iniziativa imprenditoriale, è indubbio che, se lo strumen- to adottato per il perseguimento di tali finalità è l’azienda, è alle sue regole e principi di funzionamento che occorre fare riferimento per favorire il corretto funzionamento dell’attività. Quindi, se da un lato l’azienda può considerarsi strumento per il perseguimento di fini per- sonali degli individui, da altro lato, l’azienda vive e si sviluppa in fun- zione di fini ed obiettivi di istituto che solo indirettamente favoriscono gli scopi individuali.

Nel momento in cui obiettivo istituzionale è il funzionamento nel tempo, si deve conseguentemente parlare di capacità dell’azienda di operare nel contesto economico di appartenenza, garantendosi, in pri- mo luogo, la sopravvivenza e, in un’ottica prospettica, lo sviluppo. Pe- raltro, è chiaro che in una economia il cui dinamismo è elevatissimo, ne deriva che la necessità di perseguire percorsi di sviluppo assume valore preminente rispetto ad una condizione di semplice esistenza che rischierebbe di essere superata dalle accelerazioni dell’ambiente15.

13 P. ONIDA, Economia d’azienda, cit., p. 78 e ss.

14 In effetti, la distinzione tra azienda e progetto aziendale consente di riferire ad un tempo più o meno determinato ogni singolo progetto e ad un tempo indeterminato il funzionamento dello strumento-azienda.

15 G. ZAPPA, Il reddito, cit., p. 12.

(18)

Quindi, l’obiettivo di sopravvivenza può meglio essere considerato quale fase propedeutica ad una successiva fase di sviluppo o tempo- ranea (in particolari momenti della vita aziendale), rappresentando un primo obiettivo dell’azienda nel senso di ricerca di una propria «di- mensione», in termini di adeguato posizionamento sul mercato16. Solo dopo una corretta stabilizzazione dell’attività aziendale, è, invero, pos- sibile (oltre che necessario) procedere alla realizzazione di percorsi di sviluppo, da intendere ovviamente non semplice crescita dimensionale dell’impresa, bensì capacità di essere sempre più competitiva17.

5. I fattori costitutivi dell’economicità aziendale: gli equilibri ge- stionali

Come appena ricordato, la continuità nel tempo del sistema azien- dale, rappresentando l’obiettivo preminente da raggiungere, richiede la capacità costante nel tempo di pervenire al raggiungimento delle condizioni atte a favorire ciò, prima fra tutte la condizione di economi- cità, configurabile sinteticamente nella capacità aziendale di congrua produzione ed equa distribuzione della ricchezza.

Ne discende che la struttura aziendale e la conseguente gestione devono essere funzionali al raggiungimento di tale condizione/obietti- vo18 che può essere analizzata sotto vari profili, strettamente interrela- ti, riconducibili ai seguenti equilibri19:

– equilibrio economico in senso lato (o efficienza economico- amministrativa);

– equilibrio tecnico (o efficienza tecnico-produttiva).

16 Peraltro, appare chiaro come anche l’obiettivo di sopravvivenza richieda un comportamento aziendale volto, seppure in minima parte, a presentare caratteri di sviluppo. Evidentemente, ciò può accadere soprattutto per aziende già in funzionamento, il cui obiettivo, in periodi di fluttuazione negativa o di crisi, può essere rappresentato dalla sopravvivenza, da intendere come adozione di correttivi ed accorgimenti al sistema aziendale che, per quanto spesso volti a ridimensionare prece- denti combinazioni, dovrebbero rappresentare un miglioramento rispetto al passato e, quindi, uno sviluppo. L. GUATRI, Turnaround. Declino, crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995.

17 È, dunque, opportuno distinguere il concetto di crescita, inteso quale sviluppo dimensionale- quantitativo variamente riferibile al processo produttivo, alla struttura organizzativa o al mercato, dal concetto di sviluppo vero e proprio che, comportando normalmente anche la crescita dimen- sionale, riguarda l’aspetto qualitativo (vantaggio competitivo). Su tali concetti, si veda più diffu- samente: C. SORCI, Lezioni di economia aziendale, Giuffrè, Milano, 2002, p. 399 e ss. Inoltre: F.

GIACCARI, Principi e strumenti dell’economia aziendale, Cacucci, Bari, 2017, p. 152 e ss.

18 P.E. CASSANDRO, Le rilevazioni, cit., p. 568. Sui problemi di funzionalità delle imprese si veda, inoltre: A. PASTORE, La funzionalità economica dell’impresa, Cacucci, Bari, 1984.

19 P. ONIDA, Economia d’azienda, cit., p. 70. Si parla alternativamente di equilibri particolari, singole parti correlate del più ampio equilibrio generale. ALDO AMADUZZI, L’azienda, cit., p. 202.

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In linea di principio, un’impresa è economicamente efficiente nel momento in cui attraverso la propria attività produttiva riesce a pro- durre e distribuire ricchezza in misura congrua rispetto ai consumi operati, risultando quindi in grado di remunerare costantemente le uti- lizzazioni dei fattori utili allo svolgimento del processo produttivo, compresi gli elementi per i quali l’azienda non ha direttamente soste- nuto un impiego di ricchezza.

L’efficienza economico-amministrativa di un’impresa si apprezza attraverso l’esame di tre distinti, ma interconnessi equilibri, in prima approssimazione, riconducibili ai seguenti:

– Equilibrio economico-reddituale, espresso in termini di capaci- tà dell’impresa di produrre benefici economici idonei a rigene- rare i consumi dei fattori produttivi impiegati e ad auto-generare ulteriori fattori produttivi.

– Equilibrio patrimoniale, espresso dall’adeguata composizio- ne strutturale del patrimonio dell’impresa in termini, quindi, di mezzi aziendali (attività patrimoniali) e fonti dei mezzi (passivi- tà patrimoniali e fonti proprie).

– Equilibrio finanziario, rappresentato dalla capacità dell’azienda di dotarsi di una struttura finanziaria razionale e dinamicamente sincronica.

In definitiva, l’efficienza economica risulta funzione di tre equilibri strettamente interrelati tra loro.

Per altro verso, il giudizio inerente l’economicità dell’azienda non può non tenere conto anche dello svolgimento efficiente della com- binazione produttiva (efficienza tecnica) e cioè dell’adeguato rendi- mento fisico-tecnico dei diversi fattori produttivi. Si tratta di rendi- menti connessi con rapporti quantitativi non monetari, espressi dalla relazione tra quantità fisica del prodotto ottenuto in un dato tempo e quantità impiegata di un dato fattore (cosiddetta produttività), i quali, considerato il carattere sistemico dell’azienda, nonché la complemen- tarità dei vari fattori, devono valutarsi nell’ottica dell’intero comples- so aziendale.

In definitiva, l’esigenza per l’impresa di perseguire la condizione/

obiettivo di economicità, ponendosi alla base dell’esistenza di qualsi- voglia tipologia di azienda, seppur con precipue specifiche peculiarità, trova nella correttezza del processo di formazione della ricchezza e nella conseguente equa distribuzione la sua essenza.

Soddisfacimento

bisogni umani ĺ Attività aziendale ĺ Perdurabilità

nel tempo ĺ Economicità

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Al riguardo, osserviamo come già in fase di formazione della ric- chezza (coincidente con l’attività produttiva dell’azienda) sia possibi- le individuare effetti distributivi. Si pensi, invero, ai salari corrisposti ai lavoratori dipendenti o ai compensi (sotto forma di interessi) corri- sposti ai finanziatori esterni all’azienda (ad esempio banche). In ogni caso, è evidente l’interrelazione per via diretta o indiretta (politiche dei prezzi, politiche dei salari, politiche dei dividendi), tra i processi di distribuzione della ricchezza e la produzione della ricchezza stessa20. 5.1. L’equilibrio economico-reddituale

L’esposizione condotta in merito alla formazione del risultato eco- nomico di periodo è stata in precedenza operata, prescindendo dalla presenza di alcuni «caratteri» che i vari componenti economici devono presentare, al fine di favorire effetti positivi in direzione del raggiun- gimento degli equilibri aziendali. Ricordiamo, invero, come la soprav- vivenza e lo sviluppo di ogni azienda di produzione si leghino alla capacità degli istituti economici di perseguire condizioni durature di equilibrio.

Ricordando le caratteristiche fondamentali del sistema aziendale, si sottolinea la connessione tra perdurabilità, economicità ed autonomia economica che trova nel concetto di equilibrio economico evidenti punti di collegamento. Invero, questa (autonomia) costituisce un’e- splicitazione dell’equilibrio economico che, al fine di consentire la perdurabilità aziendale, deve essere anch’esso duraturo.

Al riguardo, appare fondamentale soffermarsi sulla nozione di equilibrio economico-reddituale21 che, basandosi sulla capacità dell’a- zienda di produrre durevolmente reddito, rappresenta il fattore fonda- mentale dell’economicità, coincidendo con questa, laddove risultano presenti determinate caratteristiche della grandezza stessa.

Nell’accezione tradizionale, l’equilibrio economico-reddituale si esprime mediante la capacità dell’impresa di remunerare (reinte- grare) costantemente tutti i fattori produttivi impiegati nell’attività dell’impresa, compresi i fattori con riflesso figurativo.

Quindi, ribadiamo che un’azienda si considera in equilibrio econo- mico nel momento in cui attraverso la propria attività produttiva riesce a stabilizzare la propria capacità ad ottenere risultati periodici in grado di reintegrare, non solo le utilizzazioni dei fattori che, ai fini dello svolgimento del processo produttivo, sono stati acquisiti in dotazione

20 P. ONIDA, Economia d’azienda, cit., p. 82 e ss.

21 ALDO AMADUZZI, L’azienda, cit., p. 197 e ss.

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dall’esterno, ma anche quei fattori che risultano conferiti all’impresa da parte dei proprietari sotto forma di denaro (fattori generici) ovvero di opera imprenditoriale (fattore lavoro). È evidente, invero, che anche per tali fattori si rende opportuno considerare l’esigenza di pervenire alla relativa remunerazione.

In buona sostanza, l’espressione della condizione di equilibrio eco- nomico si connette con la presenza di risultati di periodo rappresen- tativi di reddito. Quindi, solo laddove l’attività gestionale evidenzi l’attitudine a produrre un flusso di ricchezza (ricavi) tale da favorire la copertura di tutte le utilizzazioni/consumi (costi) dei fattori produt- tivi necessari per lo svolgimento dell’attività produttiva, compresi gli interessi sul capitale di rischio ed il salario direzionale, oltre il rischio di impresa (cosiddetti oneri figurativi)22. Con ciò ribadendo la stret- ta connessione esistente tra determinazione del reddito e necessità di mantenimento dell’integrità economica del capitale23.

Discende, quindi, che dal confronto tra componenti connessi alle utilizzazioni dei fattori impiegati e componenti di ricchezza correlata deve emergere non una semplice eccedenza di questi ultimi sui primi, bensì di una eccedenza di misura tale da remunerare anche quei con- sumi inerenti la disponibilità dei capitali conferiti dai soci (interessi di computo) e l’eventuale opera imprenditoriale prestata dal proprietario (salario direzionale).

Pertanto, solo nel momento in cui l’incremento periodico (conta- bilmente denominato utile) presenta i caratteri appena richiamati si sarà in presenza di reddito24. Ne deriva, pertanto, che all’espressione

‘utile’ si deve attribuire un semplice significato contabile di ecceden- za dei ricavi sui costi, senza cioè alcuna valutazione circa la misura e la congruità di tale eccedenza. Il reddito, invece, assume un signifi- cato propriamente economico, coincidendo con l’utile contabile, solo nel momento in cui l’eccedenza contabile è di misura tale da potersi considerare sufficiente a remunerare tutte le utilizzazioni dei fattori impiegati (comprese quelle riferite ai fattori a riflesso figurativo). Di conseguenza:

22 Non si manca, peraltro, di ricordare quanto più volte evidenziato, e cioè che il reddito è espres- sione dell’intera gestione aziendale al cui svolgimento partecipano non solo i mezzi aziendali e le forze personali, ma anche la componente organizzativa. P.E. CASSANDRO, Le aziende, cit., p. 179.

23 In argomento: R. FASIELLO, Il capitale e la conservazione della sua integrità, Rirea, Roma, 2010.

24 Si segnala come in ambito economico, la grandezza da noi denominata reddito risulta diver- samente identificata (con identico significato) mediante la diversa espressione profitto. M. LIE-

BERMAN-R. E. HALL, Principi di Economia (ed. orig. Introduction to Economics, South-Western, 2005), Apogeo, Milano, 2006, p. 199.

(22)

RICCHEZZA PRODOTTA (RICAVI VENDITE) CONSUMI FATTORI PRODUTTIVI A FECONDITÀ SEMPLICE –

• fattori tecnici materiali ed immateriali

• fattore lavoro

• risorse finanziarie (interessi passivi)

CONSUMI FATTORI PRODUTTIVI A FECONDITÀ RIPETUTA –

• fattori tecnici materiali ed immateriali (ammortamenti) = REDDITO = CONSUMI A RIFLESSO FIGURATIVO

5.2. Le grandezze e i parametri di riferimento dell’equilibrio econo- mico

È opportuno sottolineare come l’esposizione fin qui condotta si sia basata sulla correlazione tra consumi totali, indistintamente considera- ti, e ricchezza prodotta25, in un’ottica essenzialmente soggettiva, ossia riferita all’azienda intesa quale organismo riconducibile al soggetto proprietario.

Ciò, effettivamente emerge sia nell’ipotesi in cui il riferimento ri- sulti ristretto alla grandezza differenziale destinata alla remunerazione degli oneri figurativi (reddito dell’imprenditore), sia nel caso in cui la stessa, per quanto riferita all’azienda, appaia come un reddito lordo dello stesso imprenditore26.

È per questo motivo che, nel momento in cui il calcolo del reddito risulta operato secondo le modalità precedentemente viste, l’espres- sione reddito di impresa può apparire non appropriata se riferita alla sola grandezza differenziale che, come appena ricordato, si correla, invece, direttamente con la copertura delle utilizzazioni dei fattori pro- duttivi conferiti dall’imprenditore. Conseguentemente, laddove con l’espressione reddito si intendesse riferirsi all’intero organismo azien- dale, considerato a sé stante, ecco che risulta appropriata l’espressione reddito dell’impresa, con la relativa configurazione27.

Peraltro, laddove l’angolo di visualizzazione risultasse rivolto all’a- zienda quale entità in cui convergono gli interessi di più parti sociali (quindi oltre ai proprietari, anche i lavoratori dipendenti, i finanziatori

25 Si consideri tra questi anche il prelievo fiscale che pure, ricordiamo, genera un costo connesso ad un consumo di servizi, ossia i servizi pubblici che lo Stato dovrebbe garantire.

26 Tale interpretazione può correlarsi alla visione che inquadra l’azienda quale fattore di produ- zione. M.L. FRASER, Pensiero e linguaggio, cit., p. 343. In ambito aziendale: G. ZAPPA, Il reddito, cit., pp. 346-347.

27 P.E. CASSANDRO, Le aziende, cit., pp. 188-189.

(23)

esterni e lo Stato) la ricchezza prodotta potrà meglio configurarsi rife- rendosi ad una grandezza diversa dal reddito, identificabile nel valore aggiunto28.

Differentemente dalla configurazione del reddito, la grandezza va- lore aggiunto tende a confrontare la ricchezza prodotta (derivante dal- le vendite) con le utilizzazioni di fattori produttivi non direttamente ri- conducibili al fattore lavoro (sia esso dipendente o connesso all’opera imprenditoriale), alla struttura (consumi/ammortamenti) ed al fattore capitale (di fonte propria o di terzi), favorendo con ciò l’analisi della distribuzione della ricchezza prodotta dall’azienda tra le varie parti sociali direttamente coinvolte.

RICCHEZZA PRODOTTA (RICAVI VENDITE) CONSUMI FATTORI PRODUTTIVI A FECONDITÀ SEMPLICE –

• fattori tecnici materiali ed immateriali = VALORE AGGIUNTO

Riservando la nostra attenzione alla grandezza reddito, evidenzia- mo come la relativa definizione finora richiamata, connessa a quella di equilibrio economico, appaia essenzialmente basata sull’individuazio- ne dell’eccedenza derivante dal confronto tra il flusso di ricavi conse- guito ed il flusso di costi sostenuto in un dato periodo.

Al riguardo, si è già evidenziato che per essere in presenza di red- dito non è sufficiente un risultato economico positivo di semplice ec- cedenza dei ricavi sui costi (ciò che contabilmente si chiama utile di esercizio), ma occorre che tale eccedenza sia tale da remunerare ade- guatamente quelli che si sono denominati oneri figurativi, e cioè:

– la remunerazione del capitale investito;

– il premio per il rischio di impresa;

– il salario direzionale.

Da ciò discende l’esigenza di individuare i relativi parametri di ri- ferimento che consentano di attribuire al risultato economico il carat- tere di «congruità», ossia il significato di reddito.

28 Potrebbe parlarsi di una sorta di reddito globale del soggetto aziendale e dei dipendenti dell’a- zienda. P.E. CASSANDRO, Il profitto dell’impresa e la sua determinazione, in Rassegna Economica, Napoli, n. 5, 1967. Sul contenuto informativo e sulla portata sociale della grandezza ‘valore aggiun- to’: G. CATTURI. Lezioni di economia aziendale, Cedam, Padova, 1997, p. 616 e ss.

(24)

Partendo dalla remunerazione del capitale di rischio, si evidenzia come la stessa costituisca un calcolo di interesse, in termini di rendi- mento, quale compenso per l’utilizzo di un capitale29.

In proposito, alcune brevi considerazioni, si rendono opportune in ordine ai due elementi costitutivi del calcolo, ossia la base di riferi- mento (il capitale) ed il tasso di remunerazione.

Sotto il primo profilo, è da ritenere ragionevole una base che tenga conto anche di quella parte delle riserve costituita da ‘capitale degli azionisti’, quantunque siffatta impostazione si connetta maggiormente con la misurazione dell’efficienza spazio-temporale delle imprese, più che con la determinazione delle remunerazioni effettive da corrispon- dere agli azionisti30.

Passando al secondo elemento (tasso di remunerazione), il riferi- mento fondamentale per valutare la convenienza dell’imprenditore o dei soci ad investire nell’impresa specifica, è costituito dal tasso di rendimento degli investimenti privi di rischio e cioè dal rendimento che i capitali apportati avrebbero potuto avere se investiti in impieghi alternativi senza rischio o a rischio limitato, ciò ovviamente tenendo conto dai riflessi derivanti dall’effetto inflativo.

In effetti, tale parametro, seppure non completamente privo di ri- schio, rappresenta, tuttavia, il riferimento che per durata e sicurezza appare come la migliore approssimazione della componente di cui trattasi. In sostanza, tale criterio, denominato del tasso-opportunità, si basa sulla convenienza per «l’investitore» ad impiegare capitali ad un tasso di rendimento non inferiore a quello derivante da investimenti alternativi riscontrabili sul mercato31.

Strettamente connesso con la determinazione dell’interesse di com- puto del capitale è l’elemento che considera il cosiddetto rischio di impresa e cioè del rischio economico riferibile all’attività intrapresa,

29 A ben vedere, più che di interesse è opportuno parlare di rendimento atteso che:

– l’interesse nasce da precise norme contrattuali concordate dai soggetti che procedono ad una operazione di finanziamento;

– il rendimento esprime la resa di un capitale investito in un’attività, non rivelando quindi alcuna predeterminazione.

Sulla differenza in questione: C. SORCI, Lezioni, cit., p. 485-486.

30 In relazione a tale evenienza, nelle società quotate sorge la necessità per il management di pro- cedere all’adozione degli opportuni accorgimenti al fine di fornire un’adeguata informazione agli azionisti in merito all’incidenza che tali rinunce generano o possono generare in termini di crescita del rispettivo valore azionario. Crescita non sempre agevolmente desumibile dai conti di bilancio e/o dalla quotazione di borsa. Per gli opportuni approfondimenti sul tema: L. GUATRI, La teoria di creazione del valore. Una via Europea, Egea, Milano, 1991.

31 L’opportunity cost consiste nel sacrificio connesso ad un risultato a cui si rinuncia nel momen- to in cui si opera una scelta operativa a scapito di un’altra alternativa immediatamente successiva per vantaggio. Sul punto, ci sia consentito il rinvio al nostro studio: Opportunity Cost e decisioni aziendali, Cacucci, Bari, 1996, p. 37 e ss.

(25)

quale rischio che l’incerto affluire dei ricavi non sia tendenzialmente atto a fronteggiare nel dinamismo dell’ambiente le esigenze di con- grua remunerazione dei fattori produttivi32. Tale rischio si manifesta, inoltre, con l’eventualità di non poter smobilizzare tempestivamente il capitale investito nell’azienda33.

Da tale complesso di elementi deriva che la partecipazione dei ri- schi ai processi produttivi avviene per mezzo delle operazioni conse- guenti le scelte aziendali che li contemplano e, benché tale parteci- pazione non produca alcun flusso di utilità essi possono considerarsi fattori sui generis, in quanto la loro presenza è ugualmente avvertita ed ha dei riflessi sugli andamenti economicofinanziari dell’azienda34. Conseguentemente, ne deriva l’esigenza di aumentare la remunerazio- ne del capitale di apporto appunto del cosiddetto «premio di rischio», la cui entità varierà in funzione del grado di rischio rivelato dalla spe- cifica attività esercitata35.

Circa il salario direzionale, è opportuno sottolineare che tale onere figurativo è un elemento presente sostanzialmente nelle sole imprese individuali e, in qualche misura, nelle società di persone. Esso è co- stituito dalla remunerazione che spetta per l’opera direzionale svolta dall’imprenditore nell’ambito della sua azienda, che si potrebbe para- metrare con i valori medi riscontrabili nei compensi corrisposti per at- tività direzionale svolta in aziende similari, per attività e dimensione36. Il ragionamento fin qui condotto, inerente la congruità della gran- dezza reddito, rischia di non apparire pienamente corretto, nel mo- mento in cui si prescindesse dalle modalità di formazione dei com- ponenti attraverso il cui confronto si perviene al risultato economico.

In sostanza, il concetto di reddito per essere correttamente inteso non può basarsi solo sulla congruità dell’eccedenza dei ricavi sui costi, ma dovrebbe anche considerare la congruità, nel senso di razionale formazione dei componenti da cui l’eccedenza stessa scaturisce, sen-

32 G. FERRERO, Impresa, cit., p. 117.

33 Ai fini applicativi la misura complessiva del rischio dovrebbe, quindi, fondarsi sull’analisi di vari fattori che, oltre a considerare aspetti puramente finanziari, attengano le caratteristiche della combinazione produttiva.

34 U. BERTINI, Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale, Giuffrè, Milano, 1987, p. 238.

35 Da una diversa angolazione si può sostenere che il rischio economico di impresa grava, sep- pure con diverse graduazioni, oltre che sull’imprenditore capitalista, anche su tutti coloro che par- tecipano all’attività aziendale conferendo lavoro e capitale (lavoratori dipendenti, finanziatori). G.

ZAPPA, Le produzioni, cit., pp. 226-228. Tuttavia, la previsione di una remunerazione «incrementa- le» riservata esclusivamente al rischio dell’imprenditore può spiegarsi con il carattere di residualità che la relativa remunerazione assume rispetto a quelle dei lavoratori dipendenti e dei finanziatori esterni.

36 P.E. CASSANDRO, Il profitto, cit.

(26)

za cioè distorsioni connesse variamente alla presenza di costi sottodi- mensionati o a ricavi sovradimensionati, ciò con possibili effetti nega- tivi a scapito di altre componenti sociali dell’azienda e dell’ambiente esterno alla stessa, ambiente inteso anche in senso ecologico. Solo, in tal caso, infatti, si sarà in presenza di una piena condizione di econo- micità37.

Quindi, il concetto di reddito per poter essere correttamente inteso, non deve basarsi solo sulla congruità dell’eccedenza dei ricavi sui co- sti, ma anche sulla congruità dei suoi componenti, senza cioè distor- sioni connesse ad esempio alla presenza di contenimenti di costi in relazione a salari sottodimensionati o ancora a ricavi di vendita elevati diretta conseguenza di situazioni di tipo monopolistico, ciò con pos- sibili effetti negativi a scapito delle altre componenti sociali dell’a- zienda (lavoratori, finanziatori, ecc.) e dell’economia delle famiglie di appartenenza degli individui penalizzati (ma anche di altre aziende di produzione), soprattutto nel momento in cui lo stipendio/salario de- gli stessi rappresenta l’unica fonte di reddito per il nucleo familiare.

In tal caso, si dovrebbe, invero, parlare di situazione di economicità parziale.

Anche dal lato dei ricavi, occorrerebbe a rigore considerarne la congruità, ciò avendo riguardo ovviamente ai clienti. Nel ricordare che i consumatori finali rappresentano la variabile fondamentale per il successo dell’azienda, si ribadisce come l’attività aziendale costituisca lo strumento attraverso cui si procede al soddisfacimento di bisogni, compresi quelli del consumatore che attraverso l’acquisizione del pro- dotto o del servizio offerto dall’azienda procede, infatti, al soddisfaci- mento del proprio bisogno.

5.3. Profitto e vantaggio competitivo

Un ulteriore breve cenno merita di essere rivolto, infine, alla gran- dezza denominata profitto che, come visto in precedenza, è rappre- sentativa dell’extra-reddito, e cioè dell’eccedenza di ricchezza che permane dopo la remunerazione di tutti i fattori produttivi compresi gli oneri figurativi, e che l’azienda è in grado di conseguire per varie motivazioni.

In effetti, la capacità di un’azienda di conseguire risultati economi- ci di misura tale non solo da remunerare i fattori produttivi impiegati (compresi quelli a riflesso figurativo), ma anche da evidenziare la pre-

37 P. ONIDA, Economia d’azienda, cit., p. 93; G. AIROLDI G. BRUNETTI V. CODA, Economia, cit.

p. 185.

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