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BIBL.
NAZIONALE
CENTRALE-FIRENZB670
14
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CARME
DI
GIUSEPPE POLVERINI
FIRENZE
TIPOGUAFIA ALL’INSEGNADIS.ANTONINO Viadel(,'aslellaccio,N.*8
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Carme
1È
lavita deiruom
qual fiorche nasce Nelle affricane lande, ove non spiega Placido zeffiretto ivanni suoi.Esposto ognora all’infocata sferza Egli è del sole: 1’uom, della calunnia, Dell’odio, del livore e diquant’altri V'izi nefandi dall’inferno emersero, Bersaglio è sempre a’velenosi strali.
Raro avvien chedel fiorla piova asperga
Lo
illanguidito calice: se tanto Benefica natura alui consente,L’astro maggior sì ardenti al nuovo giorno Vibrasovr’esso iraggi suoi, che alfine In sullo stelo si ricurvae muore.
’Lettodall’autore alla Società dei Filodidaci,il dì8dicembre1853.
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—
4 Del mortale cosila fragil vita Velocemente scorre,e s’unqua l’almaBea
deltapino un’alba diletizia,Doman
la dea dalla volubil ruota Disventure lo colma, e nell’abisso Della miseria disdegnosa il piomba.Ma
Coluiche d’un guardo il tuttovede,Come
de’fiori a temperar 1’arsu^aLa
rugiada prepose; all’uom
pur diede NellaDonna un
sollievo aitanti affanni.In Essa lapiù bella,la più cara.
La
più sublimedelle sue fatture.Quando ilSignor d’ognicreata cosa
Da
molle argilla il primopadre,trasse, *E
delDivo suo Spirto un lieve soffio Inspirandogli in volto, ^ il destinavaAd
abitarquesta terrena mole;Ben
Ei sapeache in unimmenso
mare,E
di sirti edi scogliovunque ingombro, Debile navicella commetteaChe
raramente pervenuta al lito,Senzatutto provar delle tempeste
Il tremendo furor,ella sarebbe.
Ben
Eisapealo, perocché ilpassato‘FormavitigiturDominus Deushominera de limo terree.
—
Gen.,Gap.II,v.'7.*Etinspiravit infaciem ejus spiraculuravitae.
—
Ib.5
—
Quanto ilpresente e Tavvenir si stanno Entro laonnipossente idea racchiusi.
E
presoda pietà (chè lapietateImmensa
è in Lui), per Tesser immortaleChe
a propriaimagoEi fattoavea, ’ più lene Volle rendergli ilduolo;e dal suo corpo (Mentre in dolce sopor giaceasi immerso), * Picciola particella sottraendo.Lo Spirtoacceso dal più Santo Amore, L’opra piùbella Eife’: creò laDonna,
E
alTuom
la die’dolcissima compagna. ^Donna!
nome
soave in che siacchiude Quantoin sèdi gentileha l’universo;Che
figlia, amante, sposa, madre, amica.Sempre e dovunqueporgesi al pensiero Siccomeuna dilettarimembranza;
Tanto graditaall’uom, quanto è la luce
A
quel, che tutti ne gustando i beni.Orbato funne, e per industre
mano
Torna di nuovo a rivedere il sole.Che
fòra T uom, senza laDonna, in terra?‘EtcreavitDeushominemadimaginem suara.
—
Gen.,Gap.I,V.27.
*Immisit ergoDominus Deus soporeminAdam.
—
Ib.,Gap.II,V.21.
*EtEediflcavitDominus Deuscostam,quamtulerat deAdam,in mulierem: et adduxit eamad Adam.
—
Ib.,V.22.
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_
6—
Un
infelice all’esule simile, Cui nullo accento di natia favella Molce le orecchie, nè lambisceil crineLa
tepid’aura, nè ricrean la vista L’erbe, le piante e ifior de’patricolli.E
pur v’ba loco ancora, ovelaDonna Come
vii servatiensi; ove l’uflBcio Piùin altrui dispregiato è suo retaggio.Ivi r uom, non 1’amico ed il
compagno E
de’suoi giorni,ma un
padron crudele.Che
quandoè sazio de’suoi cari amplessi.Quando
il fior dibellezza inlei vien meno.Come
ilvillan fariad’una giumenta.La
baratta, lavende, oppur la dona.Ma’ve
diCristo la parola santa Suona, e rifulge di sua Diva luce.Ella sista nella”^verace altezza
Percui’l Signor creolla e all’
uom
ladiede.Apregli occhi allaluce, e,oh qualdiletto Infonde in quel che le donò lavita!
E
quanto allor che1’innocente labbro Balbettandolo apella, ovvero informi.Ma
soaviqual favo, ibaci imprime Piovra l’ispidaguancia, e lo carezza,0
lo bead’unangelico sorriso.7
—
Volge ranno, e da’fragililegami Disciolta, incerto va
muovendo
ilpiedeVer
esso, allorcheallamagion
ritorna,E
leginocchia garrulagli abbraccia.Compie
un
lustro, e la teneramanina L’ago imprende atrattar, perchè divenga In tutte r opre femminili esperta;Mentrelamente a ritener si avvezza Semplici favolettc, edinni, e canti Oh’ Ella al padre ripete edaccompagna
Con
atti e moti d’ognivezzo adorni.Non
perauco decenne, a lui prepara, Conscia lamadre, inaspetto dono.Il bianco lin,che a lui le
membra
avvolgere Dovrà il dì delsuo nome, Ella ha compitoE
ricco è di finissimo lavoro.Sorge raurora, il genitorsi desta,
E
scorge steso su le molli piumeIl gradito presente.
Oh
chi ridire Può mai lagioia che il suo cùoreinonda?N’è
sì grande la piena, chedagli occhi Dolce pianto gli scorre per le gote.Intanto appar lafiglia e losaluta,
E
ansiosa attende dalle care labbra D’encomioun
detto, a suagentil fatica Largo e in un accettissimocompenso.Nè un
dettosol,ma
mille e mille baciDigilizedbyGoogle
—
8Il genito!’ le dice e insiem ledona.
Nè
i donneschi lavorioccupan soliLa
giovinetta; che gli ameni studjHan
del giorno, pur essi, una gran parte.La
patria istoria, lanatia favella,La
postura del suolo ov’Ella nacqueCon
indefessoamore e studiae apprende,E
ne fabella mostrain faccia alpadreChe
di giubilo esultain ascoltarla.Scorrono glianni e con attenta cura Dalla dilettagenitrice impara
A
regger dellacasa i varj uffici;Non
lieve incarco a sostener, qualora Vuoisi condur, qual vera madre ildeve!Pel moltozelo in brevi istanti dotta In arte sì difficile, governa, Vigilandola madre, lafamiglia;
Sì chenulla dimentica, ed iltutto
Con
ordine procede econ ragione.Ma
queir etade in cui, siccome pianta Divegetar son paghe,ornai trascorse.Coldolce affettodifigliuola,
un
altroBen
più possente nel suocuor germoglia:Amore;
quell’incanto irresistibile.Quella secretaaffinitàche attrae Gli esserituttiein un gliunisce
; quella Celeste fiamma chegli rende eterni.
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—
.9 Gentilgarzone, di virtù studioso, Il genitor leha destinato; ed Ella, Obbediente, da sue na.an Vaccetta, Certa, chescelto dacolui che l’ama Piùdi se stesso, lafarà beata.In essoche l’amico edil
compagno
Esserdee de’suoi giorni, Ellaconchiude Tutto l’amore, tranne quel di Dio,Amor
più santo, più sublime e puro.Solo per esso vive, e sol per esso D’esistersente, d’aver moto e vita.
Ma
ilfausto dì che coronar suoi voti Tuttideve, è già sorto; al sacroTempio Ove
’l ministro delSignor l’attende Per istringere ilvincolo, chemorte Solo ha virtùd’infrangere, vien tratta.Lieta vi corre, chè sinceroamore Giàla conduce, nonistolta
brama
Di titol vanoo d’auro cupidigia.Fonti perennidi sventure e colpe!
Ecco, Ella è
Donna
; unanovella via Percorrer 1’è mestier; difficil via.
Perchè partitain duplice sentiero.
Che
run
porta a virtù 1’altro aldelitto.Ma
de’materni insegnamenti piena, SecuraElla v’incede, ed in fiorito Calle si cangiala scabrosa via.DigiiizedbyGoogle
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10—
Come
airamato sposo i dì ridenti Render cerca amorosa! Ogni pensiero Per esso egliè, peresso, eh’ oltreIddioNon
v’ha per Lei piùcaro oggetto in terra.S’egli la mentedalle gravi cure Ingombra, all’amor suo non corrisponde Siccome brama,
non
fia che crucciosaNe
lo rampogni, no: tacitaattendeChe
si dilegui laleggera nube,E
allor con maggior festa e tuttarisoLe
bracciaavvolge delmarito al collo.Se mai sarà cherio malor 1’assalga, L’origlier non nelascia, e attentapende Dal più lieve suo moto, e ne previene Sollecita ilpiù picciolo desio.
E
allorche la saluteed il vigoreFan
ritorno allemembra
illanguidite Gode, eall’Eterno calde preci invia.Ma
ilcasto seno del bramato pondo Ella già sente carco e tuttaesulta.D’ amabile rossor dipintoil volto Al consorte confidail suo secreto
Che
inudirla beato già si sente.Ecco Ellaè madre; edabbenchè languente Per gli amati dolori, al caro sposo Vuolche siamostro l’innocente frutto Del santonodo che gli univa insieme.
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11-
Oh
! pera quel volger genio che gridaChe amor
converte in geloil sacro rito:La
suafacellanon si smorza o langueQuando
virtù, figlia delciel, lanutre!Madre;
nome
dolcissimo che tutto L’amorrivela chesichiudein Dio! D’ esercitarne il santo ministeroOh
com’è altera; invan altri consiglio Le dà di confidare a strania donnaIlcaro pargoletto; usocrudele Cuimolte madriinclinano, credendo
La
venustà dellecaduche forme Più lungamenteconserver, se ancora Di sanemembra
le dotò natura:Ondefanciullisquallidi,deformi, Cui lentatabe poi tregge alla tomba.
Ma
Essanellevene il proprio sangeLe
distillacol latte, e inun
v’infonde L’indole suamedesma
edil vigore.Allor cheil fantolin tranquilloposa, Ilconsorte appellando e lo traendo Colà
Ve
giace: « Ve’ben mio, » gli dice,« Ve’
come
bello è’l nostrofiglio; dimmi,«
Non
sembra un angeldall’Empireosceso?»Ed
eicommosso
dagli ingenui detti.Colmo
di gioiacontro ilsen la stringe.Ma
chi ridir glispasimi e le angosce—
12—
Può
delsuo cuor, se ladiletta prole Benché dalievemal, colpita giace?Le
notti ei giorni insonni Ella trascorre Fisamente vegliandonela culla,E
in bocca raccogliendone i respiri.Invan lo sposo con soavi detti Leconsiglia quietee instante prega;
E
sì forte l’amor pel carofiglioChe
volontier dimentica se stessa.Ma
come fiorche la tempestapiegaE
si rialza al comparirdel sole, Il parvolo risorge, e alla dolente Ritornail gaudio ad inondare ilcuore.Mondo
del corpo; con tranquillo latteE
sanissimicibi ognor nudrito;Discinto quasi; eicon vigor sì cresce
Che
in poche lune vamutando ipassi.Oh
!come
il carogenitor n’ esulta;Ma
più lamadre,che un istante soloNon
lo abbandonao adaltreman
Vaffida.Invan lescened’armoniosi canti Risuonano, e si allegrano dimimi;
Invannel circo l’animoso auriga Sovrabaldo corsier veloce corre;
Ella noi cura, e delsuo caro
un
riso Largamenteditutto la compensa.Quando
pronadinanzi alsanto aspettoDigitizedbyGoogle
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13—
Di Nostra Donna, alfanciulletto apprende
La
mattutina o vespertina prece,Che
dagli Angioliaccolta, alsoglioèaddotta Di Leiche a tutti gl’ infelici ò Madre;Tanto è sublime, chenon più mortale Creatura rassembra,
ma
divina.La
conoscenza delle lettre, è cosa Utile alfigliuoletto;Ella paziente Recandoseloin
grembo
e schiusoun
libro, Glie le addimostra e a pronunciarle insegna, Quindi a unirlee formarne la parola;E
perchè attento vi si porgae impari,A
lui promette(e lapromessa attiene).Su
d’un
prato ricchissimo difiori Trarlo a scherzar conaltri fanciulletti.Tripliceben daciò deriva ad esso: ' Apprende, si diletta e’lcorpo afforza.
Ma
tempo è che’l figliuol settenne ceda Al saggio genitor,che lo destinaAd uom
attoa informargli e mente e cuore Secondo che lasua natura chiede.Perchè a ritroso(come spesso avviene), Nel
cammin
della vita non proceda.Nè
quiviipregi dellaDonna
han fine;Uno
ancora ne avanza: l’amicizia;Affetto nobilissimo, qualora Altro non celi chedifuor non pare.
- 14
s'ella ò pura e dallo spirto emana, L’
uomo
sublima sì, che lo avvicina Delsuo Creatore allasovrana alte;jza.11 valor, la costanza, la virtude, In lui risveglia e dell’ingegno alluma Quella scintillache immortai lo rendei
Quel che la
Donna
può, con altro suonoChe
’lmio non è, lo diconoi famosi« Maestri e Duci di colorche sanno.
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