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Le infezioni come comorbilità della BPCO

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Academic year: 2022

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Le infezioni come comorbilita ` della BPCO

Fabrizio Luppi, Bianca Beghe `, Pietro Roversi

Ruolo dell’infezione acuta e cronica

In condizioni normali, l’albero tracheobronchiale e il paren- chima polmonare dei soggetti sani sono in grado di mantenere

— nonostante la comunicazione con l’esterno che, attraverso la microaspirazione e l’inalazione, comporta la presenza di microbi — una condizione di sterilita`. Tuttavia, nei pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) l’immunita` innata del polmone risulta deficitaria, quale conseguenza dell’esposizione al fumo di sigaretta e ad altri

irritanti ambientali. Il deficit dell’immunita` innata comporta due diversi tipi di infezione, l’acuta e la cronica, che potreb- bero contribuire alla progressiva perdita funzionale dei pazienti affetti da BPCO (fig. 1).

L’infezione acuta e` caratterizzata dal fatto che il polmone dei pazienti affetti da BPCO diviene suscettibile a ripetute infezioni acute della mucosa bronchiale, a opera sia di virus sia di batteri patogeni, che determinano un’episodica accen- tuazione dell’infiammazione a livello della mucosa bron- chiale e un conseguente peggioramento dei sintomi: tali episodi vengono clinicamente diagnosticati come riacutizza- zioni della malattia.

L’infezione cronica si associa, viceversa, a colonizzazione microbica, che determina quindi una persistente infiamma- zione cronica e la distruzione del parenchima polmonare.

Questa ipotesi si fonda sul principio che il fumo di sigaretta determini un deficit dell’immunita` innata, con conseguente persistente colonizzazione delle vie aeree da parte di diversi agenti patogeni, i quali determinano un ulteriore deficit della clearance mucociliare e delle difese polmonari, causato dall’aumentata secrezione mucosa, dall’inefficiente attivita` delle ciglia vibratili presenti a livello bronchiale e dal danno arrecato alla componente epiteliale della mucosa bron- chiale. Pertanto, la colonizzazione microbica delle basse vie aeree in pazienti con BPCO puo` automantenersi e la cronica presenza di batteri a tale livello non puo` essere considerata innocua, in quanto induce un’infiammazione che puo` contribuire alla progressiva ostruzione bronchiale e al danno polmonare caratteristici della malattia.

Ruolo delle infezioni nelle riacutizzazioni della BPCO

Le riacutizzazioni della BPCO secondarie a infezioni batteri- che e/o virali insorgono in quasi tutti i pazienti affetti da BPCO. Sono ormai disponibili molteplici evidenze che dimo- strano l’importanza delle riacutizzazioni nel determinare la qualita` di vita, la progressione della malattia e la sopravvi- venza dei pazienti affetti da BPCO. Inoltre, gli episodi di

Messaggi chiave

 Il polmone normale presenta diversi meccanismi di difesa nei confronti dei microrganismi che colonizzano le vie aeree. In assenza di patologie broncopolmonari, le infezioni delle basse vie aeree sono piuttosto rare rispetto alla frequenza con la quale insorgono a carico delle alte vie aeree.

 Nei pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), le infezioni sia acute sia croniche delle basse vie aeree insorgono con aumentata fre- quenza rispetto ai soggetti sani.

 Poiche´ la comparsa di infezioni in pazienti affetti da BPCO contribuisce in modo significativo al decorso clinico della malattia, esse costituiscono un’impor- tante comorbilita` della BPCO.

 Si ritiene che le infezioni acute causate da patogeni batterici e/o virali siano correlate alla comparsa di episodi di riacutizzazione della malattia.

 L’insorgenza di polmoniti in pazienti affetti da BPCO e` a tutt’oggi motivo di dibattito, poiche´ potrebbe essere favorita dall’assunzione di steroidi inalatori.

 Il ruolo delle infezioni croniche nella patogenesi della BPCO costituisce un’importante area di ricerca, con diversi patogeni potenzialmente implicati.

d i s p o n i b i l e s u w w w. s c i e n c e d i r e c t . c o m

j o u r n a l h o m e p a g e : w w w. e l s e v i e r. c o m / l o c a t e / i t j m

1877-9344/$ — see front matter ß 2011 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.

doi:10.1016/j.itjm.2011.01.019

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riacutizzazione assorbono il 35-45% delle risorse sanitarie destinate alla BPCO.

Per decenni, e` stato studiato il ruolo delle infezioni batteriche in pazienti affetti da BPCO senza raggiungere un consenso. Studi condotti in passato, basati sulla coltura delle secrezioni respiratorie e sui test sierologici, hanno dimostrato che circa un terzo delle riacutizzazioni era determinato da infezioni batteriche. Tuttavia, nei restanti casi, l’eziologia rimaneva incerta; in particolare risultava oscuro il significato dell’isolamento di batteri nell’espetto- rato[1]. L’esecuzione di studi longitudinali, che mostravano tassi simili di isolamento di Streptococcus pneumoniae e di Haemophilus influenzae nell’espettorato di pazienti riacu- tizzati e di quelli in fase di stabilizzazione clinica, aveva portato a ridimensionare la relazione causale fra crescita di batteri nell’espettorato ed episodi di riacutizzazione[1—3].

Un’importante limitazione di questi studi era tuttavia da ricercarsi — data l’assenza della tecnologia necessaria — nel fatto che in essi non si differenziavano i diversi ceppi nel- l’ambito di una medesima specie batterica[1], con la con- seguente impossibilita` di rilevare la presenza di diversi ceppi batterici nel corso del tempo. Piu` recentemente, in parti- colare grazie alla fruibilita` della biologia molecolare, sono state introdotti nella pratica clinica nuovi metodi di tipiz- zazione delle specie batteriche, che hanno rivalutato l’inte- resse dei batteri quali potenziali agenti causali delle riacutizzazioni della BPCO.

Ruolo patogenetico delle infezioni batteriche nella BPCO

Nonostante gli isolati batterici siano del tutto sovrapponibili nei pazienti affetti da BPCO in fase di stabilizzazione clinica, rispetto a quelli che presentano una riacutizzazione della malattia, e` noto che le infezioni batteriche possono avere un importante ruolo nella patogenesi delle riacutizzazioni della malattia. In passato si riteneva che le riacutizzazioni indotte da batteri fossero da riferirsi all’aumentata carica batterica durante la riacutizzazione della malattia. Questa ipotesi non e

` stata tuttavia confermata dai dati empirici e oggigiorno si

ritiene che il contributo dell’aumentata carica batterica alle riacutizzazioni della BPCO sia discutibile; questo meccani- smo potrebbe forse essere operante solo per alcune specie batteriche (quali Enterobacteriaceae, Pseudomonas aerugi- nosa e Staphylococcus aureus). Si e` tuttavia osservato che la carica batterica e` anche un importante determinante di infiammazione bronchiale, in particolare di un aumentato reclutamento di neutrofili[4].

Un modello alternativo, oggigiorno molto piu` accreditato, si basa sull’acquisizione di nuovi ceppi batterici che risultano poi essere responsabili dell’episodio di riacutizzazione. In questo modello, l’acquisizione di nuovi ceppi batterici deter- mina un nuovo equilibrio fra l’incrementata virulenza del batterio e le difese immunitarie polmonari, che porta all’au- mento dell’infiammazione a livello sia polmonare sia siste- mico. L’aumentato grado di infiammazione a sua volta provoca un aggravamento dei sintomi, che si rendono per- tanto responsabili dell’episodio di riacutizzazione. Si instaura quindi una risposta immune di tipo adattativo nei confronti del nuovo ceppo batterico, la quale — possibil- mente favorita dalla terapia antibiotica — controlla ed even- tualmente elimina il ceppo batterico responsabile dell’infezione. Tuttavia, poiche´ la risposta immune e` speci- fica per il determinato ceppo batterico che ha causato la riacutizzazione, altri ceppi della stessa specie che presentino un diverso profilo antigenico e, a maggior ragione, diverse specie batteriche possono causare ulteriori episodi di riacu- tizzazione[5].

Se l’isolamento di un nuovo ceppo batterico risulta essere causa di una riacutizzazione della malattia, si dovrebbe apprezzare un diverso profilo infiammatorio, nel corso di tale riacutizzazione, rispetto a episodi di riacutizzazione che non si accompagnano all’acquisizione di nuovi ceppi batterici: nel caso dell’acquisizione di nuovi ceppi batterici in corso di riacutizzazione si osserva un’infiammazione neu- trofila sia bronchiale sia sistemica[6]. Inoltre, White et al.

hanno osservato che 10 giorni di trattamento antibiotico, somministrato in pazienti affetti da BPCO in cui si osservava la purulenza dell’espettorato, determinava un’attenuazione dell’infiammazione neutrofila; la persistenza dei batteri si associava invece a una persistenza dell’intensita` dell’infiam- mazione neutrofila[7].

Un altro possibile approccio che si puo` utilizzare per valutare il ruolo dei batteri quali agenti causali delle riacutizzazioni di BPCO consiste nello studiare lo sviluppo di una specifica risposta immune nei confronti di batteri patogeni che seguono una riacutizzazione. Sono state dimostrate — in particolare quando il ceppo batterico e` di nuova acquisizione — specifiche risposte immuni nei confronti di ceppi di Haemophilus influenzae, S. pneumo- niae e M. catarrhalis, a livello sistemico (immunoglobuline sieriche, IgG) e/o a livello della mucosa (IgA nell’espetto- rato). Inoltre, per quanto riguarda Haemophilus influen- zae, tale risposta immune presenta una notevole specificita` per ciascun ceppo, con potenziali, molteplici episodi di riacutizzazione derivanti da diversi ceppi di una stessa specie che presentino un diverso assetto antigenico.

Studi recenti hanno inoltre dimostrato che si osserva la coinfezione di virus e batteri in circa un quarto degli episodi di riacutizzazione; tale condizione conferisce mag- giore gravita`, sia clinica sia dal punto di vista della fun- zionalita` respiratoria.

Figura 1 Infezione acuta e cronica in pazienti affetti da BPCO.

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Trattamento antibiotico delle riacutizzazioni

Le metanalisi eseguite avvalendosi degli studi clinici rando- mizzati e controllati contro placebo, unitamente al risultato di recenti studi epidemiologici, supportano l’utilizzo degli antibiotici per il trattamento di alcune riacutizzazioni di BPCO [8,9]. Le attuali linee guida, infatti, raccomandano l’uso di antibiotici in caso di riacutizzazioni moderate o severe, cioe` quelle che richiedono l’ospedalizzazione o che si caratterizzano per la presenza di almeno due dei criteri di Anthonisen: peggioramento della dispnea, aumento di volume dell’espettorato e/o purulenza dello stesso[10].

Daniels et al.[11]hanno recentemente pubblicato i risultati di uno studio clinico randomizzato, controllato contro pla- cebo, che valuta la somministrazione di antibiotici (doxici- clina) in associazione a steroidi per via sistemica in pazienti affetti da riacutizzazione di BPCO che presentavano i criteri di Anthonisen. Tale studio ha dimostrato la sostanziale man- canza di efficacia della terapia antibiotica in questi pazienti, che costituiscono il sottogruppo per i quali le linee guida raccomandano anche la somministrazione di antibiotici nel trattamento degli episodi di riacutizzazione. Lo studio per- metterebbe quindi di ipotizzare un ruolo delle infezioni batteriche nel determinare un’infiammazione broncopolmo- nare, che verrebbe tuttavia dominata dalla somministrazione di steroidi per via sistemica[12].

I pazienti che presentano una riacutizzazione di BPCO possono essere distinti in pazienti ‘‘complicati’’, che presen- tano cioe` uno o piu` fattori di rischio (fra cui l’eta` avanzata, l’ostruzione bronchiale grave, le frequenti riacutizzazioni, la presenza di comorbilita` extrapolmonari), e ‘‘non complicati’’, che non presentano tali fattori di rischio. I pazienti ‘‘compli- cati’’ dovrebbero essere trattati con fluorochinoloni o amoxi- cillina/clavulanato, mentre per i pazienti ‘‘non complicati’’

viene considerata appropriata una terapia antibiotica con macrolidi, cefalosporine, tetracicline o trimetoprim/sulfame- tossazolo. La risposta alla terapia dovrebbe essere valutata a distanza di 48-72 ore dal suo inizio.

Polmonite acquisita in comunita ` in pazienti affetti da BPCO

Una delle piu` importanti cause di ospedalizzazione e una delle piu` comuni cause di morte in pazienti fumatori e/o affetti da BPCO e` rappresentata dall’insorgenza di polmoniti acquisite in comunita` (CAP) [13]. E` comunque oggetto di discussione se la prognosi delle CAP sia peggiore in pazienti affetti da BPCO rispetto ai pazienti che non presentano ostruzione bronchiale. Uno studio caso-controllo ha dimo- strato un elevato rischio di contrarre la polmonite da parte dei fumatori; tale rischio si riduce considerevolmente dopo 5 anni dalla sospensione dell’abitudine tabagica e ritorna del tutto analogo rispetto ai non fumatori dopo 10 anni[14].

Anche la terapia steroidea per via inalatoria, che viene praticata in pazienti affetti da BPCO, in genere di grado severo, puo` aumentare il rischio di contrarre una CAP. Tale dato e` risultato particolarmente evidente dai risultati dello studio TORCH (TOwards a Revolution in COPD Health), che ha evidenziato un significativo aumento nel tasso di polmoniti insorto nei due bracci dello studio, nei quali i pazienti assu- mevano steroidi inalatori, rispetto al gruppo che assumeva

placebo (19,6 e 18,3% vs 12,3%, rispettivamente; p = 0,001).

L’aumentato rischio di contrarre la polmonite non si e` tuttavia associato a un incremento del tasso di mortalita`[15].

Una recente metanalisi[16]ha valutato gli studi eseguiti con sufficiente rigore metodologico che riportavano i risultati relativi all’insorgenza di polmoniti in pazienti affetti da BPCO in terapia con steroidi inalatori: 7 sono stati gli studi — per un totale di 10.776 pazienti — che hanno valutato l’insorgenza di polmoniti in questi pazienti. Tali studi hanno compreso 777 eventi fra 5.405 pazienti che erano in trattamento con steroidi inalatori e 561 eventi fra 5.371 pazienti in tratta- mento con placebo. I pazienti in terapia con steroidi inalatori hanno presentato una piu` elevata incidenza di polmonite (RR 1,34; IC 95% 1,03-1,75; p = 0,03). In quest’analisi, si e` osser- vato un moderato grado di eterogeneita` (p < 0,001;

I2= 72%): tre singoli studi, che hanno riportato un’incidenza significativamente piu` elevata di polmoniti, costituivano il 61,9% del peso complessivo della metanalisi. Ciascuno di questi studi e` stato pubblicato dopo il 2006 (fig. 2).

Un’ulteriore recente metanalisi[17]ha compreso 18 studi randomizzati e controllati (per un totale di 16.996 pazienti) con un follow-up che oscillava fra 24 e 156 settimane. Anche in questa ulteriore metanalisi l’assunzione di steroidi inala- tori e` risultata associata a un significativo aumento del rischio di contrarre sia una polmonite indipendentemente dalla sua gravita` (RR 1,60; IC 95% 1,33-1,92; p < 0,001; I2= 16%) sia una polmonite grave (RR 1,71; IC 95% 1,46-1,99; p < 0,001;

I2= 0%), ma senza un aumentato rischio di morte, legato sia alla polmonite stessa (RR 1,27; IC 95% 0,80-2,03; p = 0,31;

I2= 0%) sia alla mortalita` globale (RR 0,96; IC 95% 0,86-1,08;

p = 0,51; I2= 0%). Gli steroidi inalatori sono inoltre risultati associati, per i pazienti che li assumevano, a un significativo rischio di contrarre una polmonite grave, rispetto ai pazienti che assumevano il placebo (RR, 1,81; IC 95% 1,44-2,29;

p < 0,001); tale rischio e` risultato altresı` aumentato in quei pazienti che assumevano la combinazione di steroidi inalatori e beta2-agonisti a lunga durata d’azione rispetto ai pazienti in terapia solo con beta2-agonisti a lunga durata d’azione (RR 1,68; IC 95%,20-2,34; p = 0,002). In conclusione, quindi, la somministrazione di steroidi inalatori per almeno 24 setti- mane in pazienti affetti da BPCO e` risultata associata a un significativo aumento del rischio di contrarre una polmonite, in assenza di un significativo aumento del rischio di morte.

Le due metanalisi sopraccitate hanno tuttavia importanti limitazioni, dovute al fatto che gli studi inclusi presentavano una notevole eterogeneita` in relazione sia al farmaco uti- lizzato sia alla durata del trattamento; tali differenze hanno probabilmente contribuito a determinare una notevole varia- bilita` nei risultati ottenuti.

In proposito, Sin et al. [18]hanno esaminato i risultati ottenuti da 7 studi clinici di vaste dimensioni, nei quali pazienti affetti da BPCO in fase di stabilizzazione clinica venivano trattati con un solo steroide inalatorio, la budeso- nide (320-1.280 mg/die), in associazione o no a un bronco- dilatatore a lunga durata d’azione, il formoterolo (in totale 7.042 pazienti, 3.801 dei quali in trattamento con budeso- nide e 3.241 in trattamento con placebo o formoterolo); tali pazienti venivano confrontati con pazienti che costituivano la popolazione di controllo (in trattamento con placebo o formoterolo) per almeno 6 mesi. Non si sono osservate significative differenze fra i due gruppi in termini di insor- genza di polmoniti (3%, N = 122 pazienti vs 3%, N = 103;

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adjusted hazard ratio 1,05; IC 95% 0,81-1,37) o come evento avverso grave (1%, N = 53 vs 2%, N = 50; adjusted hazard ratio 0,92; IC 95% 0,62-1,35). Solo l’eta` avanzata e un basso volume espiratorio massimo nel primo secondo (VEMS) sono risultati variabili associate in modo significativo all’insor- genza di polmonite.

In pazienti affetti da BPCO, i microrganismi responsabili di polmonite appaiono diversi rispetto a quelli presenti nei pazienti affetti da polmonite nei quali non e` preesistente una patologia cronica ostruttiva respiratoria. Nonostante Streptococcus pneumoniae rimanga la specie batterica pre- dominante, si e` osservata un’aumentata incidenza di Hae- mophilus influenzae e, occasionalmente, di Moraxella catarrhalis. La presenza di una BPCO molto grave (stadio GOLD IV) associata alla presenza di bronchiectasie, con la conseguente necessita` di somministrare al paziente ripetuti cicli di terapia antibiotica, lo predispone alla polmonite causata da Pseudomonas aeruginosa[19]. Tuttavia la diagnosi

eziologica di polmonite — che presuppone l’isolamento della specie patogena responsabile della polmonite stessa — risulta piu` difficile nei pazienti che presentano BPCO, poiche´ la colonizzazione cronica da parte dei germi costituisce un elemento che confonde l’interpretazione dell’esame micro- biologico dell’espettorato. La BPCO e il fumo di sigaretta aumentano inoltre i titoli anticorpali sierici di Chlamydia pneumoniae, rendendo la diagnosi sierologica di questa infe- zione difficile da interpretare, in particolare quando si ese- gue a scopo diagnostico una sola titolazione anticorpale[13].

Infezione cronica in pazienti affetti da BPCO

La presenza di microrganismi patogeni nelle vie aeree dei pazienti affetti da BPCO viene di solito definita come ‘‘colo- nizzazione’’, principalmente perche´ la presenza di tali pato- geni non si associa a sintomi acuti di infezione. La definizione Figura 2 Effetto degli steroidi inalatori sulla mortalita`, indipendentemente dalla causa che l’ha determinata, dopo un anno di follow-up, e rischio di contrarre una polmonite in pazienti affetti da BPCO[16].

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piu` appropriata di ‘‘colonizzazione’’ si riferisce tuttavia alla presenza di un patogeno che non danneggi direttamente l’ospite, o che non possa sollecitare in lui una reazione che a sua volta sia in grado di determinare un danno tissutale.

In realta`, diversi studi recenti sembrano dimostrare che tali patogeni si associno con una risposta infiammatoria e immu- nitaria nei pazienti affetti da BPCO in fase di stabilizzazione clinica[13]. Questa definizione suggerisce che l’applicazione del termine ‘‘colonizzazione’’ alle basse vie respiratorie dei pazienti affetti da BPCO sia impropria, poiche´ si ritiene molto probabile che tale infezione cronica, a bassa carica, deter- mini significative conseguenze in termini fisiopatologici. Sva- riati batteri patogeni sono stati coinvolti nell’infezione cronica dei pazienti affetti da BPCO, fra cui Haemophilus influenzae e Pseudomonas aeruginosa, i batteri atipici, quali Chlamydia pneumoniae, i virus, quali l’adenovirus e il virus respiratorio sinciziale, e recentemente anche un fungo, Pneumocystis jiroveci.

L’ipotesi del circolo vizioso rappresenta un utile modello che dimostra come le infezioni croniche possano contribuire alla progressione della malattia (fig. 1), determinando l’infiammazione broncopolmonare nei pazienti affetti da BPCO secondo due meccanismi: come stimolo infiammatorio diretto e, indirettamente, influenzando la risposta immuni- taria dell’ospite al fumo di tabacco.

La colonizzazione batterica quale stimolo infiammatorio in pazienti affetti da BPCO in fase di stabilizzazione clinica

Molteplici studi hanno dimostrato che la colonizzazione bat- terica dell’albero tracheobronchiale puo` rappresentare uno stimolo infiammatorio a livello bronchiale e, potenzial- mente, anche contribuire alla progressione clinica della malattia [20]. Uno studio osservazionale che arruolava 67 pazienti affetti da BPCO in fase di stabilizzazione clinica ha dimostrato che i pazienti che presentavano microrganismi potenzialmente patogeni mostravano nel loro espettorato un piu` elevato numero e una maggiore capacita` chemiotattica da parte dei neutrofili, nonche´ livelli piu` elevati di interleu- china IL-8, leucotriene B4, tumor necrosis factor-alfa (TNF- alfa) ed elastasi neutrofila, rispetto ai soggetti che non presentavano colonizzazione batterica[21].

In un altro studio, pazienti fumatori con e senza ostru- zione bronchiale sono stati sottoposti a lavaggio bronchiolo- alveolare (BAL) per valutare il pattern di infiammazione e la sua relazione con la colonizzazione microbica bronchiale [22]: il 40% dei controlli fumatori e un terzo dei pazienti affetti da BPCO presentavano colonizzazione dell’albero bronchiale. Quando i pazienti che presentavano colonizza- zione bronchiale da parte di microrganismi patogeni (di entrambi i gruppi) venivano confrontati con quelli privi di colonizzazione, la presenza di microrganismi potenzial- mente patogeni si associava significativamente alla neutro- filia bronchiale e a concentrazioni piu` elevate di TNF-alfa [21].

Per confermare l’ipotesi di un ruolo da parte della colo- nizzazione batterica nel determinare l’infiammazione bron- copolmonare che caratterizza il paziente affetto da BPCO in fase di stabilizzazione clinica, in un ulteriore studio sono stati sottoposti a BAL 3 gruppi di pazienti: ex fumatori con BPCO

stabile, ex fumatori senza BPCO e soggetti sani non fumatori [20]; i pazienti affetti da BPCO ‘‘colonizzati’’ da germi potenzialmente patogeni mostravano un aumento significa- tivo dei neutrofili, di IL-8, di metallopeptidasi-9 (MMP-9) e dei livelli di endotossina nel liquido di BAL, in confronto a quelli che non presentavano una colonizzazione con germi potenzialmente patogeni. Sempre nel liquido di BAL si osser- vava, nei pazienti con BPCO ‘‘colonizzati’’, un aumento significativo di diverse molecole infiammatorie rispetto agli ex fumatori e ai non fumatori. Questi risultati forniscono un ulteriore sostegno all’ipotesi che la colonizzazione batterica guidi l’infiammazione delle vie aeree distali in pazienti affetti da BPCO[20].

L’infezione latente da adenovirus si e` dimostrata in grado di amplificare la risposta infiammatoria indotta dal fumo di tabacco[23]. Utilizzando metodiche di biologia molecolare, e

` stata provata la presenza nel tessuto polmonare di diversi altri virus, fra cui il virus respiratorio sinciziale, il virus di Epstein-Barr e altri germi patogeni (Pneumocystis e Chlamy- dia, per esempio). Il significato di tali osservazioni non e` chiaro, ma questi patogeni potrebbero avere un significato nella patogenesi della BPCO, almeno in selezionati gruppi di pazienti.

Infezione cronica e progressione della BPCO

Nelle fasi iniziali, una volta che il paziente con BPCO ha smesso di fumare, il declino della funzione polmonare risulta essere del tutto simile rispetto a quello dei soggetti non fumatori. Questa evoluzione potrebbe non essere la stessa nella malattia avanzata. Come abbiamo gia` detto, nei pazienti ex fumatori la persistente infiammazione broncopolmonare e` da porsi in relazione con la colonizza- zione microbica. Non e` tuttavia evidente se quest’ultima possa contribuire alla progressione della malattia. In un studio di piccole dimensioni, Wilkinson et al.[24] hanno tuttavia osservato che un incremento della carica batte- rica a livello bronchiale nel corso di un anno era da porsi in relazione a un declino della funzione ventilatoria. Sono pero` necessari studi di piu` ampie dimensioni per confer- mare il dato.

Utilizzo di antibiotici in pazienti affetti da BPCO in fase stabile

Un trattamento antibiotico profilattico o terapeutico e` stato utilizzato anche in un recente passato nel tentativo di debel- lare le infezioni batteriche nei pazienti affetti da BPCO[25].

In una serie di studi eseguiti prima del 1970, si era osservato un beneficio statisticamente significativo nei pazienti sotto- posti a profilassi antibiotica; tali trattamenti furono tuttavia sospesi poiche´ il beneficio era modesto e per il timore dell’insorgenza di resistenze batteriche. Attualmente sono in corso studi volti a valutare l’efficacia della terapia anti- biotica intermittente avvalendosi di fluorochinolonici som- ministrati per via inalatoria o orale, oppure utilizzando basse dosi di macrolidi in pazienti affetti da BPCO che sono soggetti a frequenti riacutizzazioni della malattia. Il risultato di questi studi valutera` l’efficacia e la sicurezza di tali tratta- menti.

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Ruolo dell’infezione da HIV in pazienti con BPCO

Diversi studi sembrano indicare che l’infezione da HIV sia da considerarsi come un fattore di rischio per l’insorgenza di BPCO [26]. Un’intrigante connessione fra HIV e BPCO e` l’infezione da Pneumocystis. La frequenza della colonizza- zione con Pneumocystis aumenta con la gravita` dell’ostru- zione bronchiale, suggerendo un possibile link patogenetico.

Inoltre diverse pubblicazioni segnalano che i soggetti HIV positivi — che presentino un’inveterata abitudine tabagica — sviluppano una forma accelerata di enfisema[27].

Ulteriori meccanismi contribuiscono sicuramente all’as- sociazione fra HIV e BPCO, fra cui un alto tasso di fumatori fra i pazienti HIV positivi, la presenza del virus dell’HIV a livello polmonare, l’aumentato stress ossidativo da porre in rela- zione alla carica retrovirale e l’insorgenza di polmoniti ricorrenti. Anche il grado di immunodepressione e l’utilizzo di terapia antiretrovirale possono spiegare — almeno in parte

— l’accelerata progressione della BPCO in pazienti affetti da HIV[26].

Conclusioni

E` probabile che le infezioni respiratorie — sia acute sia croniche — svolgano un importante ruolo, forse anche mag- giore di quello finora riconosciuto, nella patogenesi e nella storia naturale della BPCO. Questa e` una malattia eteroge- nea; e` pertanto probabile che le infezioni possano avere un diverso peso nelle varie forme in cui essa si manifesta, cosı`

come potrebbero avere una maggiore importanza nelle alte- razioni bronchiali e bronchiolari della malattia rispetto a quelle alveolari.

Le infezioni bronchiali e la BPCO sembrano avere una relazione reciproca e causale, configurando pertanto la pos- sibilita` che l’infezione costituisca una condizione di comor- bilita` della BPCO. La predisposizione alle infezioni —tipica dei pazienti affetti da BPCO — e` in parte legata al fumo di sigaretta, ma sembra peggiorare quando l’ostruzione bron- chiale si sviluppa in soggetti fumatori. Una migliore cono- scenza delle interazioni fra ospite e patogeno nei pazienti affetti da BPCO potra` portare all’elaborazione nuove stra- tegie per la prevenzione delle riacutizzazioni e a nuovi trattamenti per la prevenzione della progressione della BPCO.

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