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CAPITOLO 2 INFORMAZIONE MUTUA DEL CANALE NON LINEARE

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(1)

CAPITOLO 2

INFORMAZIONE MUTUA DEL

CANALE NON LINEARE

Introduzione

Il sistema OFDM riesce a controbattere la selettività in frequenza del canale grazie alla ripartizione dell’intero flusso informativo su più sottoportanti. Tuttavia nei canali satellitari si utilizzano molto comunemente gli amplificatori di potenza di tipo TWT, che introducono delle distorsioni non lineari se pilotati in punti di lavoro vicini alla saturazione. Per poter riuscire a trovare una curva di capacità del canale OFDM, comprensivo anche del TWT, siamo dovuti ricorrere alla stima dell’informazione mutua che viene fatta passare attraverso il suddetto canale.

2.1 Introduzione all’Information Theory

La formulazione della Teoria dell’Informazione si deve a Shannon. Inizialmente si riteneva che il problema, nei sistemi di telecomunicazione, fosse quello di riprodurre fedelmente una funzione continua nel tempo. Invece, con Shannon, ci si accorse che, essendo l’informazione più limitata, era sufficiente trasmettere un insieme finito di dati per avere lo stesso contenuto informativo. Inoltre, e questo è il secondo teorema fondamentale di Shannon, "ogni volta che elaboriamo dei dati, diminuiamo la quantità di informazione". Il problema che restava aperto era relativo all’interpretazione dell’informazione.

Per cominciare diamo subito qualche definizione delle grandezze che vengono utilizzate in questo ambito.

(2)

valori possibili realizzando pertanto un certo evento A. Si definisce informazione associata all’evento A:

{ }

    = A P A I( ) log2 1 (2.1)

Come si può notare, tale valore d’informazione gode di tre proprietà:

1. I(A) ≥ 0. Infatti, essendo 0 ≤ P{A} ≤ 1, il valore dell’informazione è compreso tra 0 ≤ I{A} ≤ ∞.

2. Se la probabilità dell’evento A aumenta, la sua informazione diminuisce. In altre parole più che un evento è raro e più che ha un carico informativo maggiore, si pensi per esempio a quanta informazione possa portare un evento certo.

3. se A e B sono due eventi indipendenti allora I(A+B) = I(A) + I(B).

Per caratterizzare una sorgente ci basta quindi conoscere le probabilità dei suoi eventi. Si definisce pertanto entropia della sorgente S:

=      = M m m m p p S H 1 2 1 log ) ( (2.2)

che si misura in [bit/simbolo]. Anche l’entropia gode di tre proprietà:

1. H(S) è simmetrica. 2. H(S) ≥ 0.

3. H(S)≤Hmax =log2

( )

M .

Quando trasmettiamo un segnale attraverso un canale, come mostrato in figura 2.1, ci chiediamo quanta informazione riesce a passare e quanta invece viene persa a causa delle distorsioni e dai disturbi introdotti dal suddetto mezzo.

(3)

Fig. 2.1 schema a blocchi della trasmissione di un segnale

A tale scopo utilizziamo l’informazione mutua che è definita nel seguente modo:

) | ( ) ( ) , (S C H S H S C IM = − (2.3)

Dove con H(S|C) si è indicata l’equivocazione, ossia l’informazione persa all’interno del canale. L’entropia, infatti, può essere considerata anche come un indicatore dell’incertezza che abbiamo sul valore assunto da una determinata sorgente. Nel caso di H(S|C) si indica l’incertezza che si ha sul valore assunto dalla sorgente S una volta osservato il segnale all’uscita del canale C.

Va osservato che l’informazione mutua può assumere valori compresi tra 0 (canale estremamente rumoroso H(S|C)=H(S) ) e H(S) (canale perfetto

0 ) | (S C =

H ).

Si può dimostrare [1] che essa può essere calcolata anche nel seguente modo:

(

)

( ) ( )

(

)

∑∑

= =      ⋅ ⋅ = K k M m m k k m k m M c p s p c s p c s p C S I 1 1 2 , log , ) , ( (2.4)

Dalla (2.4) si nota che IM(S,C)=IM(C,S) e pertanto

) , ( ) | ( ) ( ) | ( ) ( ) , (S C H S H S C H C H C S I C S IM = − = − = M (2.5) da cui ) | ( ) , ( ) | ( ) | ( ) ( ) (C H S H S C H C S I S C H C S H = − + = M + (2.6) C(n) S(n) CANALE

(4)

dove si è indicato con H(C|S) l’irrilevanza che indica l’incertezza residua sul segnale all’uscita del canale una volta osservato ciò che è stato trasmesso. Proprio per via dell’irrilevanza si può avere H(C)>H(S).

Tramite l’informazione mutua è possibile calcolare la capacità di canale che è definita come:

)

,

(

max

,.., 1 ) (

I

S

C

C

M M m s p m =

=

(2.7)

la quale individua la massima velocità di informazione R che può essere utilizzata con probabilità d’errore nulla, a patto di aver individuato un’opportuna codifica. A titolo d’esempio riportiamo l’espressione della capacità su canale gaussiano, illustrato in figura 2.2:

Fig. 2.2 Schema di canale gaussiano

      + = B N P B C s 0 2 1 log (2.8)

che, dopo alcuni passaggi, si può riportare nell’espressione dell’efficienza spettrale:       + = 0 2 1 log N E B C B C b [bit/sec/Hz] (2.9)

il cui andamento è riportato in figura 2.3, che rappresenta il cosiddetto Piano di Shannon.

(5)

-10 0 10 20 30 40 50 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 E ff ic ie n z a S p e tt ra le C /B ( b it /s e c /H z ) Eb/No (dB)

Fig. 2.3 Piano di Shannon

Va fatto notare che fino a questo momento abbiamo considerato un modello molto astratto di un canale di trasmissione discreto, cioè con sorgente finita e simboli di uscita scelti anch’essi da un alfabeto finito. Se usiamo un modello di canale meno astratto, riconosciamo che ciò che in realtà viene inviato per trasmettere l’informazione della sorgente è una forma d’onda continua nelle ampiezze e nel tempo ottenuta con un qualche metodo di codifica e modulazione.

La considerazione di una grandezza continua costringe ad un ripensamento della definizione di informazione da associare a tale grandezza, tale formulazione, infatti, non è più valida e va riadattata.

Per caratterizzare dunque il “contenuto informativo” della sorgente continua e, in particolare, per procedere poi a valutazioni di capacità di canale, si può usare la cosiddetta entropia differenziale:

ds s f s f S h S S

∞ ∞ −      = ) ( 1 log ) ( ) ( 2 (2.10)

con l’accortezza che questa, contrariamente al caso di sorgente discreta, non rappresenta direttamente l’informazione generata dalla sorgente.

(6)

) | ( ) ( ) , (S C h S h S C IM = − (2.11)

Anche qui si può dimostrare facilmente, come nel caso discreto, che l’informazione mutua è data dall’espressione:

0 ) ( ) ( ) , ( log ) , ( ) , ( , 2 ,  ≥      ⋅ =

∫ ∫

∞ ∞ − ∞ ∞ − dsdc c f s f c s f c s f C S I C S C S C S M (2.12)

che si misura in [bit/uso di canale] e la capacità è definita come:

)

,

(

max

) (

I

S

C

C

s fS

=

(2.13)

Adesso sarà descritto il simulatore di canale utilizzato per questo lavoro di tesi, descrivendo in particolare il metodo per implementare il calcolo dell’informazione mutua.

2.2

Struttura del simulatore OFDM

In questo paragrafo sarà descritto il simulatore realizzato in C++ del sistema OFDM su canale satellitare ed utilizzato in questo lavoro di tesi.

Fino a questo punto ci siamo occupati di descrivere come viene generato il segnale OFDM indicando quali sono le sue caratteristiche. Successivamente abbiamo dato una visuale delle non linearità introdotte dal canale, in particolar modo dal TWT. Adesso daremo una visione più globale dell’intero sistema, comprensivo anche del lato ricezione (figura 2.4).

Va osservato che il simulatore trattato in questo paragrafo non è a tempo di simbolo, ossia prevede la sagomatura dei segnali all’uscita del modulatore OFDM operando pertanto un opportuno sovracampionamento del segnale.

(7)

Fig. 2.4 Schema a blocchi del simulatore

Da una rapida analisi, si può osservare subito che tale simulatore è dimensionato dal settaggio di alcuni parametri importanti. Si nota subito, infatti, che i simboli generati vengono subito scalati di un fattore scala, al fine di normalizzare la loro potenza. Successivamente i simboli all’uscita della IFFT vengono scalati nuovamente, ma non per motivi di normalizzazione, ma bensì per ottenere un determinato ibo che ci siamo prefissati. Altro parametro, ma non meno importante, è il rapporto Es/ N0, o in alternativa Eb/ N0, che va a settare il valore della varianza del rumore e di conseguenza anche la sua potenza.

Si rimanda, tuttavia, ai paragrafi successivi per approfondire tali dettagli.

2.2.1 Generatore di simboli

I simboli 16-QAM, una volta generati, vengono opportunamente scalati del loro valore di autocorrelazione nell’origine RC(0) che sappiamo essere [6]:

(8)

(

)

2 (0) 1 3 C R = ⋅ M − (2.14) M = 16

in modo da renderli a potenza unitaria.

Nelle figure 2.5 e 2.6 si possono osservare gli scatter plot prima e dopo tale normalizzazione rispettivamente. -4 -2 0 2 4 Im -4 -2 0 2 4 Re

(9)

-1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 Im -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 Re

Fig 2.6 Scatter plot dopo la normalizzazione

Dopo averli scalati, i simboli vengono immessi nel modulatore OFDM.

2.2.2 Traslazione delle portanti

La prima operazione del blocco OFDM è l’inserzione delle portanti virtuali.

Come descritto nel §1.1 ogni blocco OFDM è costituito da N portanti che si realizza raggruppando N simboli in ingresso alla volta. L’inserzione di portanti virtuali prevede l’annullamento di alcune di queste, semplicemente ponendo a zero il corrispettivo simbolo, in altre parole si provvede ad inserire in testa ed in coda al blocco OFDM Nv/ 2 simboli nulli che andranno a costituire delle portanti assenti nello spettro. Un esempio si può vedere in figura 2.7 (a) e (b).

(10)

(a)

(b)

Fig 2.7 Spettro del segnale OFDM in presenza di portanti virtuali (a) e confronto tra lo spettro con e senza portanti virtuali (b)

(11)

Il motivo di questa inserzione è abbastanza semplice. Per le nostre simulazioni si è utilizzato un filtro sagomatore di tipo RRCR(α). Lo spettro di questo filtro pertanto non è costante su tutta la sua banda, ma la presenza di questo roll-off fa sì che sia leggermente “smussato” agli estremi di banda, introducendo pertanto una certa distorsione sulle portanti più esterne che vengono filtrate in maniera diversa rispetto a quelle centrali, cosa che invece vogliamo evitare. Inoltre lo spettro del segnale OFDM non è centrato attorno alla frequenza nulla, ma bensì attorno a

(

)

1/ 2

f = ⋅T . Al fine di riportarla centrata attorno a f = si è operato una 0 traslazione dopo la IFFT, come si può vedere in figura 2.4.

2.2.3 IFFT e scalatura

Come già ampiamente descritto nel capitolo 1, per operare la modulazione OFDM bisogna applicare una IFFT ai simboli che arrivano in ingresso. Affinché la sequenza ( )x n in uscita da tale blocco abbia la stessa potenza media statistica della sequenza dei simboli di sorgente c , cioè unitaria, la IFFT viene riformulata come n segue: 1 (0) 2 / 0 1 [ ] N j kn N k k x n c e N π − = =

(2.15)

In seguito, sui campioni della sequenza ( )x n , viene effettuata un’operazione di scalatura in trasmissione, che serve ad ottenere l’input backoff imposto nella simulazione.

Avendo applicato le (2.14) e (2.15), sappiamo che la sequenza ( )x n è a potenza statistica unitaria, pertanto, ricordandoci della (1.27), per ottenere il valore voluto di potenza in ingresso al TWT basta moltiplicare per

Pin ibo Pin gam ⋅ = max (2.16) 1 max = Pin

(12)

2.2.4 TWT

Per simulare il comportamento dell’amplificatore di potenza ci siamo riferiti alle (1.22) (1.23) che riportiamo qui di seguito per comodità [14]:

2 9945 . 0 1 9638 . 1 ) ( r r r A + = (2.17) 2 2 8168 . 2 1 5293 . 2 ) ( r r r + =

φ

(2.18)

dove r= x n

[ ]

. In questo modo, come già descritto nel §1.4.1, l’uscita dell’amplificatore risulta essere:

{ } arg [ ] [ ]

[ ]

[ ]

j x n x n d

s n

= 

A x n

e

 + φ  (2.19)

2.2.5 Rumore AWGN

Durante le nostre simulazioni abbiamo introdotto del rumore AWGN (Additive White Gaussian Noise). Va fatto notare che il suo valore di varianza, che determina la sua potenza, dipende direttamente dall’Eb/N0 o dall’Es/N0 che vogliamo ottenere per la simulazione. Tale valore di varianza, infatti, viene calcolato mediante la seguente formula [15]:

0 2 2 / log ( ) s sa w b P N E N M

σ

= ⋅ ⋅ ⋅ (2.20) oppure 0 2 / s sa w s P N E N

σ

= ⋅ ⋅ (2.21)

(13)

dove con Ps/ 2 si è indicato la potenza del segnale all’uscita del TWT riportato a radio frequenza e con Nsa il numero di campioni per intervallo di segnalazione.

2.2.6 Recupero della rotazione della costellazione

ricevuta (AGC)

Come già accennato nei paragrafi 2.2.4 e 1.4.2, l’amplificatore di potenza introduce una rotazione nella costellazione dei simboli. Questo dispositivo, sviluppato in [17], si prefigge di recuperare questa rotazione cercando di stimare l’angolo α con il quale sono stati rotati i simboli. In pratica stima la distanza:

[ ] n

err=r n − c (2.22)

cercando di compensarla tramite un vettore di correzione che viene aggiornato ad ogni simbolo ricevuto.

(14)

-0.2 0.0 0.2 Im 0.4 0.2 0.0 -0.2 -0.4 Re

Fig 2.8 Scatter plot all’ingresso dell’AGC per N=512 e obo=9,5dB

0.6 0.4 0.2 0.0 -0.2 -0.4 -0.6 Im -0.6 -0.4 -0.2 0.0 0.2 0.4 0.6 Re Primi 200 Simboli

(15)

1.0 0.5 0.0 -0.5 Im -0.5 0.0 0.5 Re Secondi 200 simboli

Fig 2.10 Scatter Plot all’uscita dell’AGC dopo i successivi 200 simboli del blocco

1.0 0.5 0.0 -0.5 Im 1.0 0.5 0.0 -0.5 -1.0 Ultimi 112 simboli

(16)

3 2 1 0 -1 -2 -3 Im -3 -2 -1 0 1 2 3 Re Dopo 50 blocchi

Fig 2.12 Scatter Plot all’uscita dell’AGC dopo 50 blocchi

Come si può vedere dalle figure precedenti, l’AGC ha un periodo di transitorio e dopo 50 blocchi si è stabilizzato.

2.3

Implementazione del calcolo della Mutual

Information

Come già annunciato, lo scopo di questo lavoro di tesi è il calcolo dell’informazione mutua che passa attraverso il canale descritto precedentemente. In questo paragrafo si descriverà il metodo utilizzato per calcolare tale valore. In precedenza (§2.1) si è già data la definizione di informazione mutua, che riportiamo per comodità qui di seguito:

) , ( ) | ( ) ( ) | ( ) ( ) , (S C H S H S C H C H C S I C S IM = − = − = M (2.23)

(

)

( ) ( )

(

)

∑∑

= =      ⋅ ⋅ = K k M m m k k m k m M c p s p c s p c s p C S I 1 1 , log , ) , ( (2.24)

(17)

Come si può notare vi è più di un modo per poterla calcolare.

Si deve notare che la (2.24) è riferita a canali di tipo BIBO (Binary Input Binary Output), mentre invece nel nostro caso si tratta di un canale BISO (Binary Input Soft Output), in quanto è nostra intenzione calcolarla tra i simboli in ingresso al blocco OFDM e quelli in uscita dall’AGC.

Per questo motivo non ci siamo basati sul conto delle masse di probabilità, come indica la (2.24), ma abbiamo approssimato la (2.12), che riportiamo di seguito

0 ) ( ) ( ) , ( log ) , ( ) , ( , 2 ,  ≥      ⋅ =

∫ ∫

∞ ∞ − ∞ ∞ − dsdc c f s f c s f c s f C S I C S C S C S M (2.25)

stando bene attenti che questa formula è riferita a sorgenti di tipo SISO (Soft Input Soft Output). Secondo la (2.25), infatti, si riuscirebbe teoricamente a trasmettere un numero illimitato di bit d’informazione per Eb/N0 sempre più grandi ad ogni uso di canale. Tuttavia nel nostro caso utilizziamo una costellazione 16-QAM, quindi non possiamo avere più di 4 bit informativi per uso di canale.

Nel nostro simulatore abbiamo approssimato le densità di probabilità con gli istogrammi, opportunamente normalizzati, dei simboli. L’algoritmo utilizzato è il seguente [18]: N B F A F B A F B A F N C S I B A M 2 log2 ) ( ) ( ) ( log ) ( 1 ) , ( +      ⋅ × × =

× (2.26)

dove N è il numero di simboli utilizzati per il calcolo e F( X) è l’istogramma di X. A titolo d’esempio, nelle figure 2.13-2.15, si riporta alcuni istogrammi ottenuti tramite l’implementazione della suddetta formula che rappresentano la densità di probabilità congiunta fC R, ( , )s r per differenti valori di obo.

(18)

(a)

(b)

Fig 2.13 Densità di probabilità congiunta della parte reale (a) e immaginaria (b) tra cn e r[n] per obo=9.5dB

(19)

(a)

(20)

(a)

(b)

Fig 2.15 Densità di probabilità congiunta della parte reale (a) e immaginaria (b) tra cn e r[n] per obo=2.5dB

(21)

Come si può vedere dalle figure precedenti, la varianza delle distribuzioni aumenta all’avvicinarsi del punto di lavoro alla saturazione dell’amplificatore.

2.4

Risultati delle simulazioni

In questo paragrafo riportiamo i risultati delle simulazioni fatte al calcolatore per il calcolo dell’informazione mutua e della BER (Bit Error Rate) del sistema.

Per le nostre simulazioni abbiamo utilizzato Nb =2000 simboli OFDM comprensivi di N =512 sottoportanti, ossia ogni simbolo OFDM raggruppa N simboli 16-QAM alla volta. Il filtro sagomatore utilizzato è di tipo RRCR(0.2) di cui ne riportiamo un grafico nelle seguenti figure:

1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 0.0 -0.2 g (n ) 15 10 5 0 nT (a) 0 0.5 1 1.5 G t( f)

(22)

Nei seguenti paragrafi saranno illustrati i risultati ottenuti per il simulatore di canale senza l’inserzione di portanti virtuali (§2.4.1) e con l’inserzione di portanti virtuali (§2.4.2).

2.4.1 Sistema OFDM senza portanti virtuali

Nelle figure 2.17 (a) e (b) sono riportati gli andamenti dell’informazione mutua tra i simboli immessi nel modulatore OFDM e quelli in uscita dall’AGC, ossia tra i simboli c e i valori assunti da [ ]n' r n in figura 2.4. d

Tali valori d’informazione sono stati ricavati mantenendo fissato il valore di

0

/

s

E N , cioè calcolando per ogni valore di ibo o di obo la potenza media del segnale in uscita al TWT e calibrando il rumore di conseguenza tramite l’utilizzo della (2.21). 4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 In fo rm a z io n e M u tu a 20 15 10 5 0 IBO (dB) Es/No=5dB Es/No=10dB Es/No=15dB Es/No=20dB Es/No=25dB (a)

(23)

4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 In fo rm a z io n e M u tu a 14 12 10 8 6 4 2 OBO (dB) Es/No=5dB Es/No=10dB Es/No=15dB Es/No=20dB Es/No=25dB (b)

Fig 2.17 Valori di informazione mutua ingresso-uscita sistema OFDM al variare dell’ibo (a) e dell’obo (b) per alcuni valori dell’Es/ N0

Come si può vedere dalle figure 2.17 (a) e (b), man mano che l’ibo o l’obo aumentano anche l’informazione mutua tende ad aumentare, fino ad arrivare ad un valore asintotico che dipende nei vari casi dall’Es/N utilizzato. Questo è un 0 risultato congruo con ciò che ci aspettavamo. Se manteniamo, infatti, il rapporto

0

/

s

E N costante per tutta la simulazione, quindi anche al variare della potenza del segnale in uscita dal TWT, logicamente le prestazioni del sistema potranno variare solo con l’aumento o la diminuzione delle distorsioni introdotte da quest’ultimo, che sappiamo essere dipendenti dalla distanza del punto di lavoro dalla sua saturazione.

Per valori grandi di ibo o di obo l’amplificatore, praticamente, non introduce più alcuna distorsione e le prestazioni del sistema, in tal caso, dipendono esclusivamente dal rumore introdotto.

(24)

-0.2 0.0 0.2 Im 0.4 0.2 0.0 -0.2 -0.4 Re OBO=9.5dB (a) -0.6 -0.4 -0.2 0.0 0.2 0.4 0.6 Im -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 0.2 0.4 0.6 Re OBO=5dB (b)

(25)

1.0 0.5 0.0 -0.5 -1.0 Im 1.0 0.5 0.0 -0.5 -1.0 Re OBO=2.5dB (c)

Fig. 2.18 Costellazione dei simboli ricevuti per obo=9.5dB (a), obo=5dB (b) e obo=2.5dB (c) con Eb/No=10dB

(26)

In figura 2.19, invece, riportiamo l’andamento della BER al variare dell’obo utilizzato. 10-5 10-4 10-3 10-2 10-1 B E R 20 18 16 14 12 10 8 6 Es/No (dB) OBO=2.5dB OBO=5dB OBO=9.5dB Ideale

Fig 2.19 BER per vari valori di obo

Anche qui, come si può notare dalle figure, le prestazioni del sistema variano a seconda del punto di lavoro che scegliamo. Se utilizziamo, infatti, punti di lavoro vicini alla saturazione dell’amplificatore si può vedere che la BER ha un floor all’aumentare dell’Es/N , mentre se ci allontaniamo da tale punto essa tende a 0 seguire il suo valore ideale che si avrebbe in assenza di non linearità del TWT. Meritano attenzione i grafici di figura 2.20 (a) e (b) dove si è calibrato il rumore in base all’

E

s

/

N

0 sat, che sarebbe il rapporto Es/N che si avrebbe all’uscita del 0 TWT se fosse fatto funzionare nel punto di saturazione. A differenza del caso di figura 2.17, qui non si è mantenuto costante il rapporto Es/N per tutta la 0 simulazione, bensì si è scelto di mantenere la potenza del rumore fissata ad un certo valore, calcolato, come già detto, nella suddetta maniera.

(27)

4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 In fo rm a z io n e M u tu a 20 15 10 5 0 IBO (dB) Es/Nosat=10dB Es/Nosat=15dB Es/Nosat=20dB Es/Nosat=25dB (a) 4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 In fo rm a z io n e M u tu a 14 12 10 8 6 4 2 OBO (dB) Es/Nosat=10dB Es/Nosat=15dB Es/Nosat=20dB Es/Nosat=25dB (b)

(28)

Come si può notare da queste figure, l’informazione mutua ha, in principio, un andamento crescente fino ad assumere un valore massimo, che dipende nei vari casi dalla potenza del rumore utilizzata, per poi assumere un andamento decrescente. Questo comportamento è spiegato dal fatto che per bassi valori di ibo o di obo, le prestazioni del sistema sono limitate dalle non linearità introdotte dal TWT. Per valori alti di questi due parametri, invece, le distorsioni introdotte dall’amplificatore sono minime, tuttavia il segnale risulta poco amplificato e pertanto il rumore limita tali prestazioni, facendo diminuire, di conseguenza, l’informazione mutua trasmessa dal sistema.

Si possono pertanto individuare dei punti di massimo trasferimento informativo che, come mostrano le figure 2.20 (a) e (b), tendono ad allontanarsi dal punto di saturazione dell’amplificatore al diminuire della potenza del rumore. Questo è un fatto concorde con ciò che potevamo aspettarci, infatti se abbiamo un rumore molto debole è sufficiente una bassa amplificazione del segnale, diminuendo di conseguenza le distorsioni introdotte dal TWT, per poter raggiungere determinate prestazioni in termini di BER.

Nel prossimo paragrafo saranno illustrate le prestazioni del sistema comprensivo anche delle portanti virtuali.

2.4.2 Sistema OFDM con portanti virtuali

In questo paragrafo illustreremo i risultati delle simulazioni ottenute dal sistema avendo introdotto anche le portanti virtuali nel segnale OFDM.

Si ricorda che l’introduzione delle portanti virtuali viene effettuata per diminuire eventuali sagomature ai limiti di banda dello spettro dovute al filtro RRCR(0.2) e non per controbattere le distorsioni introdotte dall’amplificatore (§2.2.2).

Nelle figure 2.21 (a)-(b) sono illustrati i valori di informazione mutua tra la generazione dei simboli e quelli in uscita dall’AGC, ossia tra i simboli c e i n' valori assunti da r n in figura 2.4, inserendo 104 portanti virtuali, che d[ ] corrispondo a poco più del 20% delle 512 sottoportanti utilizzate.

(29)

4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 In fo rm a z io n e M u tu a 20 15 10 5 0 IBO (dB) Es/No=5dB Es/No=10dB Es/No=15dB Es/No=20dB Es/No=25dB (a) 4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 In fo rm a z io n e M u tu a 16 14 12 10 8 6 4 2 OBO (dB) Es/No=5dB Es/No=10dB Es/No=15dB Es/No=20dB Es/No=25dB (b)

(30)

In figura 2.22 riportiamo invece i grafici riguardo alla BER del sistema sopra citato 10-5 10-4 10-3 10-2 10-1 B E R 20 18 16 14 12 10 8 6 Es/No (dB) OBO=2.5dB OBO=5dB OBO=9.5dB Ideale

Fig. 2.22 BER per vari valori di obo con 104 portanti virtuali

Nelle figure 2.23 (a)-(b) sono invece illustrati gli andamenti dell’informazione mutua al variare dell’ibo e dell’obo rispettivamente, tenendo fissato il valore di potenza del rumore come era stato fatto per il caso senza portanti virtuali.

(31)

4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 In fo rm a z io n e M u tu a 20 15 10 5 0 IBO (dB) Es/Nosat=10dB Es/Nosat=15dB Es/Nosat=20dB Es/Nosat=25dB (a) 4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 In fo rm a z io n e M u tu a 16 14 12 10 8 6 4 2 OBO (dB) Es/Nosat=10dB Es/Nosat=15dB Es/Nosat=20dB Es/Nosat=25dB (b)

(32)

Anche qui possiamo fare le stesse osservazioni fatte per il caso senza portanti virtuali, cioè che il punto di trasferimento massimo dell’informazione si allontana sempre più dalla saturazione dell’amplificatore quanto più piccola è la potenza del rumore.

In figura 2.24 invece è mostrato un confronto del trasferimento dell’informazione tra il sistema senza portanti virtuali e quello con 104 portanti virtuali.

3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 In fo rm a z io n e M u tu a 14 12 10 8 6 4 2 OBO (dB) Senza Portanti Virtuali

Con 104 Portanti Virtuali

Es/Nosat=10dB

Es/Nosat=15dB

Es/Nosat=25dB

Fig. 2.24 Confronto dell’andamento dell’informazione mutua tra il sistema senza portanti virtuali e quello con 104 portanti virtuali

Come si può osservare l’inserimento delle portanti virtuali apporta una miglioramento alle prestazioni del sistema, tuttavia questa differenza si fa sentire sempre meno con il diminuire della potenza del rumore. Si ha un miglioramento anche per quanto riguarda la BER, come si può vedere in figura 2.25.

(33)

10-4 10-3 10-2 10-1 B E R 20 18 16 14 12 10 8 6 Es/No (dB) Senza Portanti virtuali

Con 104 Portanti virtuali

OBO=2.5dB

OBO=9.5dB

Fig. 2.25 Confronto della BER tra il sistema senza portanti virtuali e quello con 104 portanti virtuali

Come si può vedere, infatti, con l’inserzione di 104 portanti virtuali, con un obo=9.5dB si riesce a guadagnare per una P(e)=10−3 circa 0.8dB nel rapporto

0

/

s

E N .

Da tenere in particolare attenzione sono i grafici delle figure 2.26 (a)-(b)-(c) dove si è riportato il valore dell’informazione mutua al variare dell’

E

s

/

N

0 sat per alcuni valori di ibo e di obo.

(34)

4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 In fo rm a z io n e M u tu a 40 35 30 25 20 15 10 5 0 -5 Es/No (dB) Es/No Es/Nosat OBO=11.22dB (a) 3.5 3.0 2.5 2.0 In fo rm a z io n e M u tu a 40 35 30 25 20 15 10 5 0 Es/No (dB) Es/No Es/Nosat OBO=5.3dB (b)

(35)

3.8 3.6 3.4 3.2 3.0 2.8 2.6 2.4 In fo rm a z io n e M u tu a 40 35 30 25 20 15 10 5 0 Es/No Es/No Es/Nosat OBO=3.4dB (c)

Fig 2.26 Andamento dell’Informazione Mutua al variare dell’

0 /

s sat

E N per obo=11.22dB (a), obo=5.3dB (b) e obo=3.4dB (c)

Questi grafici saranno molto utili nel prossimo capitolo per scegliere, in base al punto di lavoro del TWT, il rate del turbo codice, in quanto rappresenterebbero la capacità del canale OFDM con TWT, sotto l’approssimazione che le probabilità a priori che massimizzano l’informazione mutua su canale affetto da rumore di Bussgang, sono proprio quelle equiprobabili che abbiamo utilizzato.

In figura 2.27 mostriamo invece un confronto tra le tre curve illustrate precedentemente ed in figura 2.28 è raffigurato l’andamento tridimensionale dell’informazione mutua al variare sia dell’obo che dell’Es/N0sat.

(36)

4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 In fo rm a z io n e M u tu a 40 35 30 25 20 15 10 Es/Nosat OBO=3.4dB OBO=5.3dB OBO=11.2dB (a) 4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 In fo rm a z io n e M u tu a 28 24 20 16 12 8 4 0 Es/No OBO=3.4dB OBO=5.3dB OBO=11.2dB (b)

Fig 2.27 Confronto tra gli andamenti dell’informazione mutua al variare dell’Es/N0sat(a) e

(37)

(a)

(b)

Fig. 2.28 Andamento dell’informazione mutua al variare dell’obo e dell’

0 /

s sat

(38)

Questi risultati sono stati ottenuti prendendo un sistema OFDM che genera blocchi di 512 sottoportanti, tuttavia l’informazione mutua non cambia anche se utilizziamo dei blocchi di grandezza diversa come si può notare nella figura 2.29.

3.5 3.0 2.5 2.0 In fo rm a z io n e M u tu a 40 35 30 25 20 15 10 Es/Nosat 512 Sottoportanti 1024 Sottoportanti 2048 Sottoportanti OBO=5.4dB

Fig. 2.29 Confronto dell’informazione mutua al variare della grandezza del blocco OFDM

In figura 2.30 riportiamo invece l’andamento dell’informazione mutua per diverse costellazioni. Nelle nostre simulazioni, infatti, abbiamo sempre utilizzato una costellazione 16-QAM, nella suddetta figura si è voluto mostrare cosa succede se cambiamo la costellazione. Effettivamente per costellazioni ricche di più punti (64-QAM) l’informazione mutua riesce ad assumere valori più elevati, questo perché ci vogliono più bit per mappare i simboli, come descritto nel §2.3.

(39)

6 5 4 3 2 1 In fo rm a z io n e M u tu a 40 35 30 25 20 15 10 Es/Nosat QAM 16-QAM 64-QAM OBO=11.22dB

(40)

Figura

Fig. 2.1 schema a blocchi della trasmissione di un segnale
Fig. 2.3 Piano di Shannon
Fig. 2.4 Schema a blocchi del simulatore
Fig. 2.5 Scatter plot all’uscita del generatore
+7

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