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Tra gli strumenti finanziari tipici ai sensi dell’art. 1, comma II, T

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Academic year: 2021

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(1)

L

EZIONE

11 L

E AZIONI

Tra gli strumenti finanziari tipici ai sensi dell’art. 1, comma II, T

UF

, come novellato dall’art. 1, comma I, lett. g) del D. Lgs. n. 164/2007, adottato in attuazione della Direttiva 2004/39/CE (c.d. “M

IFID

”), sono ora inseriti – con un nuovo art. 1, comma 1/bis – i valori mobiliari, all’interno dei quali e tra gl’investimenti possibili sui mercati italiani (ad es. sul M

TA

ma anche sul M

IV1

), strumenti finanziari corrispondenti ad azioni e warrants su azioni di peculiari categorie di emittenti. Si tratta, in particolare, dioé quelle di S

ICAF

, vale a dire società d’investimento a capitale fisso, conformi al Reg. Emittenti, quotate sia sul M

IV

che sul M

TA

(o in uno dei comparti in cui esso è suddiviso, come l'A

IM

I

TALIA

-M

AC

, dove sono quotate società come Arc R.E., Methorios Capital e Mc Link, mentre titoli come Munich R.E. provano la loro collocazione ottimale sull'M

TA

Internazional), o il segmento "investiment companies" nel c.d, "Super Sector" dell'M

TA

(come, del resto, anche Nova R.E., "Beni Stabili" e I

GD

S

IIQ

), entrambi mercati regolamentati istituiti e gestiti da Borsa Italiana S.p.A.) sia delle quote di

1 Dov’e possibile negoziare non solo quote di fondi comuni d’investimento – aperti e chiusi – sia le azioni delle SICAV (cioè, delle società d’investimento a capitale variabile) e quelle relative ad “Investiment Companies” (come tutte quelle quotate nell'AIM ITALIA

di BORSA ITALIANA, ad es., ARC R.E, e ma anche Cape Live, Ergycapital) che quelle – anche in tal caso, azioni e warrants – delle “Real Estate Investiment Companies” (ad es.

M&C, Meridie, Mid Industry Capital e Warr Ergycapital 2016).

È da evidenziare, però, che sussistono anche R.E. Investiment Companies negoziate attualmente solo sull'MTA, come Munich R.E. o IGD (Sigla che sta per immobiliare grande distribuzione). Anche le altre società emittenti quotate sul mercato azionario appartengono a buon diritto sia all'ambito immobiliare che a quello finanziario, come ad es., Gabetti o Prelios (denominazione in cui si ritrova quella che in precedenza era Pirelli R.E. e controlla anche Azimuth Holding).

Diverse società sono quotate sia sull' MTA, che sul MIV, probabilmente perché i due mercati si rivolgono l'uno anche agli investitori al dettaglio, l'altro principalmente agli investitori professionali. Attraverso la diversificazione tra gli strumenti finanziari trattati nei vari mercati, borsa italiana consegue il risultato di intercettare la maggiore quantità possibile nella domanda dei servizi di mercato.

(2)

alcuni degli O

ICR

, come le S

ICAV

, che pure collocano sul mercato (e negoziano con l'investitori al fine di garantire la liquidità dell'investimento) proprie azioni.

È da sottolineare ed evidenziare in particolare l'esenzione dall'obbligo di comunicare le partecipazioni rilevanti nel capitale del i soggetti emittenti azioni quotate di cui godono una serie di "gestori" come le S

ICAV

, le S

GR

e le S

GA

(cioè tutte quelle che sulla base dell'art. 116-terdecies, comma I, lettera e), debbono essere considerate come società di gestione ] nonché, ai sensi dell'art. 119-bis, commi VII e VIII, Reg. Emittenti, non essere considerati tra le partecipazioni rilevanti se ricompresi - sul piano quantitativo – tra il 2% e il 5%, nonché riferibili a investitori qualificati da includere tra gli O

ICR

, in base all'art. 1, comma I, lett. m), T

UF

.

Devono essere annoverate (oltre alle obbligazioni, ai warrants e covered w., già trattati) anche le azioni quotate (cioè, negoziate su mercati regolamentati), quelle diffuse ai sensi dell’art. 2325/bis c.c.

2

, nonché gli

2 Nonché l’art. 116, comma I, TUF e reg. CONSOB n. 11971 del 14 maggio 1999 e successive modificazioni (in particolare, all’art. 2-bis del predetto Regolamento Emittenti).

Lo stesso art. 2-bis, impone che a dati fattuali (la presenza di almeno 200 soci “esterni”

e il fatto che agli stessi sia complessivamente imputabile non meno del 5% del capitale sociale) si aggiunga, da un lato il requisito normativo di cui alla lett. b) della stessa norma, cioè che l’impresa sociale – non riscontrandosi i presupposti per l’applicazione dell’art. 2435-bis, comma 1, c.c. – non possa redigere il bilancio in forma abbreviata, mentre d’altro canto gli strumenti finanziari azionari emessi dalla società presentino almeno uno dei caratteri fattuali indicati dallo stesso art. 2-bis Reg. Emittenti come indicatori di una rilevanza “di mercato” dei medesimi titoli. Così, si tratta di caratteri degli strumenti finanziari azionari che possono sussistere alternativamente perché i titoli siano considerati diffusi in misura rilevante, qualora:

- siano stati oggetto di una sollecitazione all’investimento, o abbiano rappresentato il corrispettivo di una OPSC;

- abbiano costituito l’oggetto di un collocamento, anche se riservato solo agli investitori professionali di cui all’art. 100 T.U.F.;

- risultino negoziati su mercati regolamentati, con il consenso dell’emittente medesimo o del socio di controllo;

- siano emessi da banche ovvero acquistati o sottoscritti presso le sedi o dipendenze di queste.

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“altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario”.

Questi titoli sono da considerare valori mobiliari in quanto “normalmente negoziati”, ovvero non solo astrattamente, ma in concreto negoziabili su mercati regolamentati, in base a quanto previsto nel regolamento di mercato relativo agli stessi. Per di più, si tratta di valori mobiliari effettivamente negoziati se si guarda alla prassi concretamente riscontrabile nel comportamento degli operatori in Italia (cfr. la lett. w-quater, n. 1) dell’art. 1, comma I, T

UF

, lettera aggiunta dall’art. 1 del d.lgs. n. 195 del 6/11/2007).

Dunque, la questione è da risolvere in via di fatto cioè, da un lato, guardando ai possibili oggetti di negoziazione sui mercati regolamentati italiani (o, in quanto ammessi al mutuo riconoscimento, anche comunitari) e, d’altro canto, considerando il tenore testuale dei relativi regolamenti di mercato (in particolare, del l’M

TA

, ma anche del M

IV

guardando ai due segmenti dedicati alle Investiment Companies) e la prassi degli operatori (nella misura in cui essi agiscono come internalizzatori sistematici, ovvero come creatori e/o gestori di sistemi multilaterali di negoziazione di valori mobiliari, siano essi costituiti solo da azioni o non).

Se – con i valori mobiliari corrispondenti alle obbligazioni, agli altri titoli di debito – siano essi emessi dallo Stato, da altre amministrazioni pubbliche, o da banche ovvero pure da s.r.l. (ai sensi dell’art. 2483, comma I, c.c.) e persino da una s.p.a. non quotata (ai sensi degli artt. 2346, comma VI, 2349, comma II, 2351, comma IV e 2376, comma II, nonché 2411, II comma, 2447/ter, comma I, lett. c ed f, 2447/sexies, I comma, seconda parte, e infine 2447/octies, c.c., come pure ai patrimoni destinati costituiti in ambito bancario) – l’investitore

3

assume la posizione di creditore

3 Sia esso da ascrivere o meno (come, ad es., nel caso dei titoli di debito emessi da una s.r.l., ex art. 2483 c.c.) nella categoria dei risparmiatori.

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nell’ambito di un rapporto obbligatorio, sottoscrivendo o acquistando azioni questi si configura – per questa via, in modo opposto – come

“titolare di pretese residuali” (o residual claimant) in rapporto alla s.p.a.

emittente, perché partecipa (sia pure “in parte qua”, cioè nella misura del proprio investimento-conferimento

4

) al rischio dell’impresa sociale emittente. Infatti, il suo fallimento – ovvero, l’ammissione della società ad altra procedura concorsuale – fa sì che in generale l’attivo della società viene “vincolato” alla soddisfazione dei creditori concorrenti.

Su questo medesimo versante, se in termini generali la garanzia patrimoniale generica offerta dalla società ai propri creditori coincide – salva l’ipotesi dei patrimoni destinati

5

– con l’intero attivo dello stato patrimoniale, è possibile argomentare che (quanto meno rispetto agli azionisti) la garanzia delle loro pretese – sia come diritto al dividendo che riguardo al rimborso della quota di liquidazione – non può che essere riferito a quell’aliquota dell’attivo corrispondente al patrimonio netto (o passivo “ideale”), dal momento che l’altra parte risulta “fronteggiata” dal passivo reale, inteso come sommatoria del complesso dei debiti della società verso terzi.

In realtà, l’art. 2483 prevede esclusivamente una responsabilità solidale dell’intermediario con l’emittente per l’adempimento delle obbligazioni recate dal titolo, nell’ ipotesi che il sottoscrittore – titolare del credito – corrisponda ad un risparmiatore e non sia socio della s.r.l. che lo ha emesso.

Dunque, la disposizione risolve ogni difficoltà nella responsabilità solidale dell’intermediario – ex lege e non aquiliana, dunque da riferire più al 2741 che al 2048 c.c. – più che nel risarcimento di un danno per colpa o dolo (che poi dovrebbe presupporre la prova di un nesso di causalità.

4 L’espressione – volutamente “doppia” – si riferisce al fatto che le azioni possono essere acquisite sul mercato primario (cioè in sede di prima sottoscrizione, e si tratta allora di conferimento da parte dell’investitore) o sul mercato secondario (quando l’investitore acquista azioni già in circolazione sul mercato dei capitali).

5 Che pure sussisteva in una delle società italiane quotate sull’MTA: Monti Ascensori (attualmente, però, non più presente perché fallita), infatti, ha costituito – al momento – ben 19 patrimoni destinati, per una cifra pari a circa il 3,5 del suo patrimonio netto.

(5)

Peraltro, finché la società è “in bonis”, le azioni attribuiscono al titolare

6

sia diritti patrimoniali che diritti di partecipazione, nonché diritti “altri”, cioè, a mezza strada tra quelli patrimoniali e quelli di partecipazione, come il diritto d’opzione (non quello di prelazione, dal momento che lo statuto delle società quotate non può prevedere limiti alla circolazione delle azioni) o di recesso, dotati sia di una componente patrimoniale che di una organizzativa (o partecipativa).

A queste categorie di azioni – effettivamente riscontrabili sui mercati regolamentati italiani – si dedica una parte dell’esposizione che segue (dove s’intrattiene sia su “novità” tratte dalla riforma del diritto societario che su figure ormai classiche nel diritto dei mercati finanziari), mentre nel prosieguo il discorso si allarga a categorie di strumenti finanziari del tutto innovativi, recati dalla riforma del diritto societario, che potrebbero pure trovare riscontro sui nostri mercati nazionali.

1. Categorie di azioni previste sui mercati regolamentati italiani.

Guardando ai mercati regolamentati italiani (e, in particolare, al M

TA

) e, considerando i principali indici azionari, si riscontrano solo tre categorie di azioni, corrispondenti, peraltro, a tre discipline differenti, cioè le previsioni del codice civile (specificamente, l’art. 2348 e l’art. 2376), quelle del T

UF

(in particolare, gli artt. 145-147/bis) e dei relativi regolamenti di attuazione:

le azioni ordinarie, le azioni privilegiate e quelle di risparmio.

Peraltro, se si considera sia – da un lato – le predette categorie di azioni e, dall’altro, l’ammontare del capitale e la sua ripartizione nelle azioni di varie categorie, si deduce che il legislatore non solo impone la sussistenza di un capitale minimo corrispondente ad azioni ordinarie, ma anche che le azioni di quella categoria rappresentino sempre – o, quanto meno, nella

6 Fatto salvo il caso che siano stati costituiti sulle stesse diritti parziari – come il pegno e l’usufrutto – o che sussistano varie categorie di azioni emesse dalla medesima società (v. infra, sub par. 1 e 2)

(6)

fisiologia dell’attività sociale – la maggioranza assoluta nell’investimento azionario sulla società. In particolare, fatto 100 il capitale sociale rappresentato da azioni ordinarie, le eventuali azioni privilegiate o di risparmio [come pure – ai sensi della rubrica della Sez. IV, Capo II, Titolo III, Parte IV, T

UF

– intitolata “Azioni di risparmio ed altre categorie di azioni

7

”, possono essere considerate incluse altre categorie, (come ad es. le cc. dd. “azioni correlate”), se effettivamente sussistenti; v. infra, al punto 2.] – in quanti riscontrabili sul mercato, perché emesse dalla società non possono ammontare a più di 50 (in base all’art. 145, IV comma – corrispondente all’originario V comma – T

UF

). Anzi, qualora – a seguito di una riduzione del capitale per perdite di cui all’art. 2446 c.c. – il rapporto si modifica (perché la somma delle azioni di risparmio e di quelle privilegiate – o, comunque – “a voto limitato” – supera la metà del capitale sociale rappresentato da azioni ordinarie), occorre ristabilirlo entro 2 anni. Ma qualora il “peso” dell’investimento corrispondente a capitale rappresentato da azioni ordinarie si riduce ancora, raggiungendo il valore del quarto del capitale sociale e scende al disotto, la proporzione deve essere riportata almeno al quarto entro sei mesi, fermo restando che entro 2 anni dev’essere ripristinato il rapporto di 1 a 2 (a favore delle azioni ordinarie) di cui all’art.

145, IV comma T

UF

.

Quanto ai diritti patrimoniali, il medesimo art. 145, al II comma, attribuiste all’atto costitutivo (o meglio allo statuto, anche come modificato, a seguito di delibera dell’assemblea straordinaria) la determinazione del contenuto del privilegio (ai sensi dell’art. 2350, I comma, c.c.), delle condizioni, i limiti, le modalità e i termini per il suo esercizio. In pratica, per le quotate il privilegio può concernere esclusivamente il diritto agli utili, intendendosi per privilegio sia un’eventuale maggiorazione rispetto al dividendo per le azioni ordinarie, sia una sorta di “prelazione”, per cui un eventuale

7 Rubrica così sostituita dall’art. 6 del d. lgs. n. 37 del 6.2.2004.

(7)

dividendo spetterà anzitutto ai titolari di azioni privilegiate (e, solo dopo che la loro pretesa sia stata soddisfatta, alle azioni ordinarie). Invece – a proposito delle azioni di risparmio – non c’è solo il privilegio, ma viene previsto addirittura un vero e proprio diritto al dividendo, talché l’assemblea generale dei soci (cui partecipano i titolari di azioni ordinarie) può optare tra la distribuzione di parte dell’utile

8

e l’accantonamento a riserva facoltativa (o statutaria), ma solo per la parte eccedente quel dividendo minimo. Non solo, ma questo spetta anche quando l’esercizio non abbia prodotto utili, bensì sia in pareggio o addirittura in perdita, a condizione che sussistano riserve disponibili in misura tale da consentire sia la copertura delle eventuali perdite che il pagamento di un dividendo agli azionisti di risparmio, lì dove il mancato pagamento di quel dividendo consente comunque agli azionisti di risparmio di estendere la propria aspettativa fino a tre esercizi successivi. Invece, si vedrà – sub n. 2. – che per le non quotate il privilegio, rispetto ad un diritto patrimoniale dell’azionista può concernere anche il diritto alla quota di liquidazione, intesa sia come quota di capitale che come esposizione alle perdite (v. la c.d. clausola di postergazione e cfr., per le quotate, la disciplina delle azioni di risparmio).

Per ciò che attiene ai diritti partecipativi, invece, a differenza delle azioni ordinarie quelle privilegiate conferiscono solo il diritto di partecipare all’assemblea straordinaria (per cui non incidono né sul quorum costitutivo né su quello deliberativo di quella ordinaria), mentre i titolari delle azioni di risparmio possono partecipare esclusivamente all’eventuale assemblea speciale

9

convocata per approvare il deliberato dell’assemblea

8 Quella che non va obbligatoriamente a riserva legale ai sensi dell’art. 2430, I comma, c.c. – finché questa non risulta integralmente costituita – o a riserva statutaria, se questa viene prevista originariamente o viene inserita successivamente dall’assemblea straordinaria – che ne ha sempre facoltà - - nell’atto costitutivo della società..

9 In proposito, è il caso di sottolineare che l’art. 146 TUF ha opportunamente previsto un quorum deliberativo – in prima convocazione – del 20%, mentre in seconda

(8)

straordinaria che – modificando in proposito lo statuto – abbia inciso un loro diritto di soci.

È da dire, peraltro, che lo stesso avviene anche per i diritti dei soci titolari di azioni privilegiate: anche la modifica dei loro diritti – quando venga deliberata dall’assemblea straordinaria della società – può produrre effetti solo con l’approvazione dell’assemblea speciale degli azionisti privilegiati, che implica l’applicazione degli artt. 146-147 T

UF

.

2. Le altre categorie previste dal codice civile (e osservabili nella prassi).

Le società non quotate – quando il loro statuto lo preveda – possono emettere azioni di varie categorie (ulteriori rispetto a quelle appena menzionate nel par. 1.) ed è da sottolineare come già disposizioni del codice civile prevedono effettivamente una tipologia di modelli ulteriori rispetto a quelli desumibili dalle disposizioni sulle società quotate nei mercati regolamentati.

Azioni riscattabili (ai sensi dell’art. 2437/sexies c.c.) corrispondono a quelle categorie (è possibile, infatti, che lo statuto consenta diverse “serie”

di azioni riscattabili, ciascuna caratterizzata da peculiari diritti patrimoniali, in termini di diritto al dividendo e alla quota di liquidazione) per le quali lo statuto sociale prevede un potere di riscatto esercitabile dalla società oppure dai soci.

convocazione il quorum deliberativo scende al 10%. In terza convocazione, poi, non c’è quorum costitutivo – dal momento che l’assemblea speciale delibera qualunque sia il numero degl’intervenuti – con la magg0ioranza semplice dei presenti (v. l’art. 146, III comma, TUF.

Quest’insieme di previsioni sembra fornire un’indiretta conferma alla tesi del disinteresse alla partecipazione – o, quanto meno, del ridotto interesse a partecipare all’assemblea – degli azionisti di risparmio, anche nei pochi casi in cui essi sono chiamati a pronunciarsi per titolari di un interesse potenzialmente inciso dalla deliberazione medesima.

(9)

In realtà, mentre nel secondo caso ci si riferisce ad un potere esercitabile da ciascun socio, in una situazione che – pur senza presentare necessariamente i presupposti di fatto dell’esercizio del diritto di recesso – effettivamente presenta un carico di problemi del tutto analoghi (talché risulta del tutto congruo il richiamo delle disposizioni di cui agli artt.

2437/ter e 2437/quater, rispettivamente in tema di criteri per la determinazione di valore delle azioni e di procedimento per il recesso), nel caso in cui sia la società ad azionare il riscatto delle azioni non pare così.

Infatti, qui le questioni sembrano essere, da un lato, l’atto endo-societario che rappresenta – in termini di procedimento – il presupposto del riscatto delle azioni su iniziativa della società (se debba trattarsi, o meno, di una delibera di riduzione del capitale sociale ai sensi dell’art. 2445 c.c.).

Sull’altro versante, poi, vale a dire per il rapporto tra la società che decide di riscattare le azioni – assumendo, allora, di non avere più bisogno del capitale di rischio corrispondente – e i soci sui quali la decisione incide (e che, al limite, potrebbero pure perdere del tutto la qualità di soci, senza volerlo affatto). È da rilevare, anzitutto, che questa soggezione dei titolari delle azioni riscattabili alle determinazioni della società sarebbe già stata

“esteriorizzata” dalla società nella delibera che ha modificato lo statuto prevedendo l’emissione di azioni riscattabili o, applicando una previsione pre-esistente, ha aumentato il capitale emettendo azioni di quella categoria.

Dunque, è chiaro che i soci sapevano – fin dal momento in cui hanno deciso di sottoscrivere quelle determinate azioni – che la loro posizione partecipativa era soggetta a essere “degradata” a mera posizione creditoria (anche se sostanzialmente differente da quella di altri finanziatori) con la semplice decisione – da parte dell’organo sociale competente – di riscattare quelle azioni.

È comunque da evidenziare che i soci titolari di azioni riscattabili debbono

approvare, in sede di assemblea speciale, la determinazione della società

(10)

relativa al rimborso, che quindi non può che assumere le forme della delibera di assemblea straordinaria.

Si parla, invece, delle azioni “di settore” o correlate (di cui all’art. 2350, II comma, c.c.), riferendosi ad una tipologia già nota alla prassi internazionale come “tracking stocks” e distante da altre ipotesi di segmentazione dell’attività d’impresa prese in considerazione dall’ordinamento parlando di patrimoni destinati (cfr. l’incipit dell’art.

2350, II comma: “fuori dai casi di cui all’art. 2447/bis ss. c.c.

10

, …”). Nel caso di società multi-divisionali, infatti, è possibile emettere azioni diverse, ciascuna categoria in funzione dell’attività svolta dalla società in un settore.

Si avranno, ad es., azioni Pincopallino Alfa, per l’attività svolta dalla società Pincopallino nel settore aeronautico, mentre le azioni Pincopallino Beta saranno relative alla produzione di barche, navi ed altri tipi di natanti, e le azioni Pincopallino Gamma, invece, potranno concernere l’attività della società di produzione e commercializzazione di giocattoli e prodotti per lo sport ed il tempo libero.

Il carattere delle azioni di settore è che, pur essendo in termini generali ancorati ai risultati del settore i diritti conferiti agli azionisti correlati, l’unitarietà dell’impresa sociale incide su un duplice profilo:

 Le azioni correlate possono distribuire dividendo solo se il settore produca un utile, ma questo non sia eroso dal risultato conseguito nel resto dell’impresa sociale;

 Analogamente, la consistenza della quota di liquidazione spettante agli azionisti correlati dipende dalla circostanza che siano stati già liquidati tutti i creditori sociali, indipendentemente dal fatto che la loro ragione di credito sia stata originata

10 Norma che ora trova uno specifico riscontro nel TUB, in particolare all’art. 114- terdecies (introdotto dall’art. 33 del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11,.a proposito degl’istituti di pagamento di cui al Titolo V-ter).

(11)

nell’ambito dell’attività svolta dalla società in quel settore o in un altro.

Circa le azioni di godimento, invece, è da notare anzitutto che non si tratta di una novità, dal momento che già la disciplina codicistica originaria prevedeva – fin dal 1942 – una fattispecie cui dedicava una previsione “ad hoc” (l’art. 2353). A fronte di un’operazione di riduzione del capitale sociale, cui consegua il rimborso di alcune azioni ed esso incida più su alcuni azionisti che su altri è possibile che – per conservare una parità di trattamento dei soci riguardo ai risultati dell’impresa sociale (per quanto attiene agli esercizi successivi a quello in cui è stato ridotto il capitale sociale) – la società emetta azioni di godimento in favore di coloro che hanno sofferto (in tutto o in parte) il rimborso delle proprie azioni. Quanto ai diritti degli azionisti di godimento, esso risulta “postergato” a quello degli azionisti ordinari le cui azioni non sono state rimborsate. In particolare, si prevede:

a) che sia pagato agli azionisti di godimento un dividendo uguale agli azionisti ordinari, ma solo dopo che a questi sia stato già pagato un dividendo pari all’interesse legale sulla quota di partecipazione al capitale sociale non rimborsato;

b) in sede di scioglimento e liquidazione della società, spetterà agli azionisti di godimento una quota di liquidazione dell’attivo sociale al netto delle passività in termini analoghi agli azionisti ordinari, ma solo dopo che a questi sia stata liquidata la loro quota di partecipazione al capitale sociale.

3. Le azioni di S

ICAV

, S

ICAF

e S

IIQ

.

Esistono particolari categorie di azioni previste da leggi speciali, come il

T

UF

e la L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria 2007).

(12)

Si tratta, in entrambi i casi, di un valore mobiliare da considerare fungibile rispetto ad uno strumento finanziario corrispondente, nel primo caso, ad una quota di un fondo comune d’investimento e, nell’altro, ad una quota di un fondo immobiliare.

Le azioni delle S

ICAV

possono, in generale essere sia nominative che al portatore, ma anche all’ordine o privilegiate, non già di risparmio. La S

ICAV

può essere “multi-comparto” [ai sensi dell’ art. 43, comma VIII, nonché dell’ art. 45, comma VI, lett. c), T

UF

] e così emettere diverse categorie di azioni del medesimo tipo (cioè, ordinarie o privilegiate), in quanto relative a ciascuno dei vari comparti. In tal caso lo statuto, oltre a prevedere questa caratteristica struttura, deve disciplinare appositamente la ripartuzuine dei costi comuni tra i comparti.

Una delle peculiarità proprie delle azioni delle S

ICAV

attiene alle

limitazioni poste dall’art. 45, comma VIII, T

UF

, alla impossibilità

d’implementare la “capacità di raccolta” di capitale di rischio e di capitale

di debito sul mercato, emettendo rispettivamente azioni di risparmio o

obbligazioni, o di modificare la propria struttura finanziaria e la propria

organizzazione patrimoniale acquistando azioni proprie [specificamente,

essendo comunque tenuta la medesima S

ICAV

(chiaramente, nei termini

previsti dal proprio statuto, ai sensi dell’art. 45, V comma e salvo il periodo

di sospensione di cui all’art. 48, II comma, T

UF

– nonché salvi gli speciali

poteri previsti dal successivo VI comma in ordine alla fase di liquidazione

– in capo alla banca depositaria ed ai liquidatori della stessa S

ICAV

) a

consentire a ciascun socio-investitore lo smobilizzo immediato del proprio

investimento, in termini analoghi a quanto previsto per un investimento in

fondi comuni aperti (ai sensi dell’art. 1, comma I, lett. k), T

UF

]. Dunque,

non potendo la società acquistare azioni proprie, dovrà necessariamente

provvedere al rimborso delle azioni di chi procede al disinvestimento, a

meno che non sussista la contemporanea richiesta d’investire in azioni della

(13)

medesima categoria da parte di altro risparmiatore/investitore. Come le quote di fondi comuni aperti, poi, le azioni di S

ICAV

possono essere quotate su un comparto dell’M

IV11

.

Attualmente accanto alle S

ICAV

sono previste anche le S

ICAF

, cioè società di investimento (o, in inglese, investiment companies) a capitale fisso. Si tratta di società emittenti quotate su mercati regolamentati come il M

IV

e l' M

TA

che operano nell'investimento mobiliare o immobiliare. Esempi del primo caso sono Cape Live, Ergycapital, Methorios; mentre M&C, Meridie, Mid Industry Capital operano l'investimento incidendo sul mercato immobiliare eventualmente anche attraverso appositi prodotti finanziari reperibili sul M

TA

.

La fattispecie delle azioni di S

IIQ12

, invece, si caratterizza per il fatto che le stesse debbono necessariamente risultare quotate sul mercato regolamentato dell’M

TA

, laddove le altre possono essere tranquillamente non quotate, e devono presentare una struttura partecipativa aperta almeno sotto alcuni profili:

 una partecipazione massima (sia come diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria che come diritto agli utili) che non superi il 51%;

 i soci “esterni” non devono possedere, singolarmente, più dell’1% e complessivamente la quota di capitale corrispondente alle loro partecipazioni non può essere inferiore al 35% (è evidente, allora, che i criteri per valutare la diffusione sul mercato delle azioni di una

11 La quotazione sul MIV – dove sussiste pure un segmento dedicato agli operatori professionali – ha l’evidente finalità di permettere la liquidazione della quota anche quando a ciò non provveda l’emittente.

12 Allo stato attuale sull’MTA è quotata solo una SIIQ, cioè l'IGD.

(14)

singola S

IIQ

risultano di fatto più rigorosi e stringenti rispetto alla previsione dell’art. 2-bis del Regolamento Emittenti C

ONSOB

(v.

supra, alla nota 1);

 sul piano dell’oggetto sociale, la S

IIQ

– per poter beneficiare di un trattamento fiscale più vantaggioso di quello applicato alle altre imprese d’investimento e agli altri prodotti del risparmio gestito – deve operare prevalentemente (ma non esclusivamente) attività di locazione immobiliare. Il criterio di prevalenza è sostanzialmente riferito a quanto risulta dal bilancio della società:

a. gli immobili di proprietà debbono costituire almeno l’80%

dell’attivo nello stato patrimoniale della società, mentre

b. i canoni di locazione devono rappresentare non meno dell’80% dei ricavi, ovvero delle entrate nel conto economico della società;

c. le S

IIQ

che rispettano i requisiti di cui ai precedenti punti a) e b) vengono esentate – a livello fiscale – sia dall’I

RES

che dall’I

RPEG

a condizione che distribuiscano (come dividendi) non meno dell’85% degli utili derivanti dall’attività immobiliare.

Analogamente al rapporto tra quote di fondi comuni e azioni di S

ICAV

, sussiste un’effettiva distanza tra le quote di fondi immobiliari e le azioni di S

IIQ

, da apprezzare sotto i seguenti aspetti:

1)

non v’è reciprocità di oggetto sociale, talché se naturalmente il fondo può investire anche in azioni di S

IIQ

, la stessa società non può investire in quote di fondi immobiliari;

2)

è differente la vigilanza che insiste sulle une (soggette

esclusivamente ai controlli della C

ONSOB

sulle quotate), rispetto a

quella – riferibile alla Banca d’Italia che vigila sia sulla S

GR

che

sulla banca depositaria, nonché sui prodotti finanziari

(15)

corrispondenti alle quote di fondi immobiliari, la cui circolazione sul M

TF

– comparto del M

IV

– è poi sottoposta al controllo della C

ONSOB

;

3)

analogamente alle azioni di S

ICAV

rispetto alle quote di fondi comuni d’investimento, le azioni di S

IIQ

presentano per i risparmiatori un problema rispetto alle quote di fondi immobiliari:

non godono della separazione patrimoniale, sicché i diritti degli azionisti – al dividendo, come al valore della quota corrispondente alle azioni possedute in sede di disinvestimento – in quanto derivanti dal valore del patrimonio netto della società, risultano di fatto “esposti” alle pretese dei creditori sociali, come non avviene ai titolari di quote di un fondo (che possono distinguere tra le pretese dei creditori del fondo – che sono loro opponibili – e quelle dei creditori di altri fondi o della S

GR

, da cui sono protetti).

4. Le categorie definite dallo statuto e le assemblee speciali.

Come s’è accennato in precedenza, il codice prevede che lo statuto possa – sia originariamente che in seguito a modifica introdotta successivamente – prevedere ulteriori categorie di azioni, dotate di appositi e specifici diritti, sia nei termini del privilegio nella ripartizione degli eventuali utili (con il solo limite, in tal caso, costituito dalla disciplina del patrimonio netto – per cui deve trattarsi di un effettivo surplus dei ricavi rispetto alle uscite necessarie a coprire i costi – nonché della regolazione, anche statutaria, dell’accantonamento degli utili a riserva) che di postergazione nella sopportazione delle perdite.

Oltre alle ipotesi espressamente previste dalla legge (come, ad es., le azioni

di risparmio per le quotate), e a quelle in cui la postergazione interessa il

diritto al dividendo o alla quota di liquidazione (ci si riferisce al caso delle

azioni di godimento di cui all’art. 2353 cc.), è possibile – ai sensi sempre

(16)

dell’art. 2353, nelle espressioni iniziali – che lo statuto preveda oltre o al posto di un privilegio, la postergazione delle azioni di una data categoria nella soggezione alle perdite

13

, il che finisce per tradursi in una sorta di

“privilegio negativo” per le azioni di altre categorie (e, in modo particolare, per le azioni ordinarie).

È da dire che la costituzione di nuove categorie di azioni, sia quando le stesse vengano dotate di un privilegio nella ripartizione degli utili che di un privilegio nella sopportazione delle perdite (cioè quella che abbiamo in precedenza identificato come postergazione) richiede non solo una decisione al livello dell’assemblea straordinaria della società emittente, ma anche una delibera conforme dell’assemblea speciale degli azionisti di quelle categorie sulle quali finisce per gravare l’effetto pregiudizievole (quello che abbiamo denominato in precedenza come “privilegio negativo”) legato all’istituzione della categoria di azioni assistite dal privilegio. Anche in tal caso la maggioranza richiesta per la deliberazione dell’assemblea speciale corrisponde a quella di un’assemblea straordinaria.

5. Il rendimento delle azioni.

Volendo indicare i diritti attribuiti dalle azioni che si possono tradurre in un effettivo rendimento per l’investimento in quei valori mobiliari è opportuno muovere da quello che rappresenta il tipico rendimento proprio delle azioni.

13 È quanto prevede – sugli intermediari finanziari di origine bancaria di cui all'art. 106, 107 e 115 TUB – la Circ. 216 5/8/1996 (9° aggiornamento, Sezione II, del Capitolo V) a proposito dei cc. dd. COFIDI. Essa indica tra gli elementi da valutare ai fini della stabilità patrimoniale la presenza di strumenti ibridi di patrimonializzazione e degli strumenti subordinati, chiarendo come si tratta di valutare il grado di subordinazione rispetto alle pretese degli altri creditori dei titolari dei vari strumenti emessi dalla società. In questo medesimo senso può essere comparata anche la posizione delle varie categorie di azionisti in sede di liquidazione della società, sia essa ordinaria che concorsuale.

(17)

Infatti, se nelle obbligazioni gli interessi (ovvero i “dietimi”) rappresentano la tipica remunerazione dell’investimento in titoli di debito, il dividendo costituisce l’analoga forma di rendimento per l’investimento in azioni.

È da dire, però, che a differenza dell’altro – prefissato in contratto e pagato annualmente – il dividendo è un rendimento solo “eventuale”, in quanto condizionato alla previsione nel bilancio della società di utili distribuibili (cioè, non predestinati dalla legge o dallo statuto sociale all’accantonamento in apposita riserva) ovvero allo “scioglimento” delle stesse riserve disponibili (in quanto, appunto, riserve “di utili”).

Inoltre, il dividendo può essere ordinario o straordinario, secondo che sia originato dall’andamento “normale” dell’impresa sociale (e consegua anche al livello della tempistica ad una chiusura d’esercizio), ovvero da fatti corrispondenti ad “operazioni straordinarie” dell’impresa sociale, il che – anche sul piano della tempistica – implica una distribuzione del dividendo straordinario in momenti anche assai distanti (in quanto del tutto indipendenti) dalla chiusura dell’esercizio per l’impresa sociale.

Oltre ai dividendi ordinari e straordinari, non è dubbio che costituiscano rendimento delle azioni anche altri “diritti”, come le cc. dd. azioni gratuite (o “stock grants”), nonché il c. d. diritto di opzione

14

previsto genericamente dall’art. 2441 nell’ipotesi di aumento di capitale con nuovi conferimenti (ovvero “a titolo oneroso”). In sostanza, una società caratterizzata da un buon andamento dell’impresa sociale emette nuove azioni ad un “prezzo” che corrisponde sia al conferimento per la quota corrispondente del capitale sociale aumentato, sia al c.d. sovrapprezzo delle azioni, corrispondente alla quota delle riserve e degli utili “portati a nuovo”

che sussistono nel bilancio approvato per l’ultimo esercizio.

14 Solitamente i diritti sono negoziati sullo stesso mercato dove si scambia l’azione che ne rappresenta il sottostante (MTA o MIV).

(18)

Ciò che il bilancio non può esprimere, ma di fatto potrebbe determinare un

“apprezzamento” – un immediato capital gain acquisito rispetto ai prezzi del collocamento sull’M

TA

– ulteriore delle nuove azioni sul mercato potrebbe essere rappresentato dalla prospettiva di un positivo andamento dell’impresa sociale sul mercato, magari in funzione dell’operatività della stessa impresa in un ambito caratterizzato da rapida crescita e quindi da un positivo andamento delle azioni di un operatore particolarmente attivo e quindi interessante per il mercato.

Da ultimo, un ulteriore possibile rendimento delle azioni corrisponde alla eventualità di un “capital gain” conseguibile in caso di disinvestimento da parte dell’azionista. L’espressione designa la differenza positiva tra il prezzo di vendita e quello di acquisto (o di sottoscrizione) delle azioni.

È indubbio che il valore del capital gain non può prescindere dalla considerazione della durata dell’investimento, il che spiega, peraltro, già sul piano intuitivo, la sussistenza di un diverso trattamento fiscale di quel capital gain a seconda della durata del periodo d’investimento.

6. Gli strumenti finanziari partecipativi.

Dopo aver considerato le azioni (nonché, in precedenza, pure obbligazioni A

BS

e warrant) debbono essere annoverati altri strumenti finanziari nuovi previsti dal cod. civ. a partire dal 2003, ai sensi dell’artt. 2346, comma VI, come pure del seguente art. 2349, comma II, come anche dell’art. 2351, comma IV, e 2376, comma II, c.c.

Queste disposizioni hanno trovato riscontro in previsioni apposite inserite sia nel T

UF

, che nel Reg. Emittenti, rispettivamente nell’art. 1 comma VI- bis e artt. 98-bis, 122-bis, comma I, 130, comma I. In tutte le norme appena citate,rileva la circolazione quando “muove” anche diritti amministrativi

15

.

15 Il che resta molto improbabile per alcuni strumenti finanziari di partecipazione ai patrimoni destinati.

(19)

Accedendo, invece, a considerazioni più genericamente economiche e “di mercato”, si può sostenere che anche a proposito degli strumenti finanziari nuovi previsti nel cod. civ. siamo di fronte a qualcosa di simile ai derivati già considerati (es. covered warrant) nella misura in cui si tratta, probabilmente, di quei valori mobiliari – di cui all’art. 1, comma I/bis del T.U.F., come novellato di recente – cui si riferisce la lett. d), menzionando

“qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato

con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere",

comunemente denominati dalla prassi comune "certificates". Infine, è da

dire che le norme di cui al cod. civ. non si applicano alle S

ICAV

, secondo

quanto dispone l’art. 45, comma VI, T

UF

, né tanto meno quelle società

emittenti che qui abbiamo chiamato semplicemente S

ICAF

.

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