L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
S C I E N Z A E C O N O M I C A F I N A N Z A , C O M M E R C I O , B A N C H I , F E R R O V I E , I N T E R E S S I P R I V A T I
Anno XLIII - Voi. XLYII Firenze-Roma, 7 maggio 1916 { K S f S
N. 2192
Anche nell'anno 1916 1' Economista uscirà con otto pagine in più. Avevamo progettato, per rispondere specialmente alle richieste degli abbonati esteri di portare a 12 l'aumento delle pagine, ma l'essere il Direttore del periodico mobilitato non ha consentito per ora di affrontare un maggior lavoro, cui occorre accudire con speciale diligenza. Rimandiamo perciò a guerra finita questo nuovo vantaggio che intendia-mo offrire ai nostri lettori.
Il prezzo di abbonamento è di !.. so annue anticipate, per l'Italia e Colonie. Per l'Estero (unione postale) !.. ss. Per gli altri paesi si aggiungono le spese postali. Un fasci-colo separato i.. «.
SOMMARIO: PARTE ECONOMICA.
JÈ possibile l'unione doganale degli alleati ? Germanofili ed Anglofili, LUIGI EINAUDI NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.
Il movimento internazionale dei concimi chimici durante il secondo semestre del 1915 — Le caase della guerra : la lotta pel ferro — Il commercio d'Italia coll'estero e la produzione interna —, Banca Italiana di sconto : Relazione del Consiglio d'Ammini-strazióne.
EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA.
Il numero indice dell' « Economist » — Il cotone e i suoi prezzi.
FINANZE DI STATO.
La situazione del Tesoro (31 marzo 1916) — Il bilancio in-glese — L'impiego dei capitali inglesi — L'oro nei paesi scan-dinavi — Gli utili della Banca Nazionale svizzera — Il bilancio russo nel 1916 — La riserva aurea delle grandi potenze europee — Il Debito pubblico al 31 marzo 1916 — Il nuovo prestito au-striaco — 1 nuovi capitali impiegati in Russia nel 1915 — II prestito italiano in Argentina.
IL PENSIERO DEGLI ALTRI.
La orisi economica dei paesi neutrali dopo la guerra, ALBERTO
ZORLI — A che cosa servono le riserve auree?, LUIGI EINAUDI —
Rinascenza economica: l'azione dello Stato: UGO ANCONA — Per lo sviluppo industriale d'Italia, R. DALLA VOLTA — L e lotte di do-mani, FILIPPO CARLI.
LEGISLAZIONE DI GUERRA.
Un decreto per gl'impiegati privati richiamati sotto le armi — Restrizioni di traffico coi paesi nemici — Un decreto che au-torizza misure di rappresaglie contro i sudditi di Stati nemici. NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.
La presente situazione dell'industria conciaria — La fiera di Lione — li movimento commerciale del Brasile — Commercio giapponese — Le esportazioni americane in Europa — La metal-lurgia agli Stati Uniti — Quanto grano si risparmia con la fa-rina all'85 per cento? — La produzione di carbone in Inghil-terra. — La Germania si provvede in Olanda — Platino russo e giacimenti platiniferi spagnuoli — Il rialzo dell'argento — Il materiale da guerra americano per l'Intesa — La proprietà fon-diaria nell'Argentina — La produzione laniera degli Stati Uniti — La produzione dei fosfati in Tunisia.
Situazione degli Istituti di Credito mobiliare, Situazione degli Istituti di emissione italiani, Situazione degli Istituti Nazio-nali Esteri, Circolazione di Stato nel Regno Uuito, Situazione dei Tesoro italiano, Tasso dello sconto ufficiale, Debito Pubblico italiano, Riscossioni doganali, Riscossione dei tributi nell'eser-cizio 1914-15, Commercio coi principali Stati nel 1915. Espor-tazioni ed imporEspor-tazioni riunite, Importazione (per categorie e per mesi), Esportazione (per categorie e per mesi). Prodotti delle Ferrovie dello Stato, Quotazioni di valori di Stato
italiani, Stanze di compensazione, Borsa di Parigi, Borsa di Londra, Tasso per i pagamenti dei dazi doganali, Prezzi del-l'argento.
Cambi in Italia, Cambi all'Estero, Media ufficiale dei cambi agli effetti dell'art. 39 del Cod. tonni., Corso medio dei cambi accertato in Roma, Rivista dei cambi di Londra, Rivista dei cambi di Parigi.
Indici economici italiani. Valori industriali. Credito dei principali Stati.
Numeri indici annuali di varie nazioni. Pubblicazioni ricevute.
PARTE ECONOMICA
I manoscritti, le pubblicazioni per recensioni, le comunicazioni di redazione devono esser dirette (rìl'avv. M. ]. de Johannis, 56, Via Gregoriana,
fvo ma.
È possibile l'unione doganale degli Alleati?
Affermava il T o o k e :. « Il sistema di acquistare
nel mercato meno caro e di vendere in quello più
caro, che regola i contratti individuali di ogni mer-cante è strettamente applicabile all'intera nazione ».
Di contro il manifesto della Lega del libero scam-bio affermava di recente : « Non sono gli Stati che fanno gli scambi, sono gli individui ».
Ed il Guyot concludeva brevemente alcune con-siderazioni sulla preoccupazione di prevenire nuo-ve guerre e sui" bisogni immediati che impongono di ritornare ai trattati di commercio a lungo ter-mine, con un orientamento assoluto verso il libero scambio, affermando che « il libero scambio,
di-venuto ormai norma degli scambi interni delle na-zioni più evolute, deve divenire la regola degli scambi internazionali ». .
Eppure mai prima d'ora si è avuta così profonda incertezza e titubanza sulla tendenza che sarà da seguirsi nei futuri regimi doganali, sia degli Stati alleati fra loro, sia di questi avverso gli attuali ne-mici.
E che la questione si presenti irta di difficoltà e pericolosa per le stesse reciproche posizioni degli alleati, lo prova il fatto che nella recente confe-renza interparlamentare da poco tenutasi a Parigi e che doveva essere introduttiva della conferenza economica che avrà luogo fra i rappresentanti delle varie nazioni nel mese corrente, lo scottante argo-mento non fu .trattato. E d infatti vediamo sfuggire la possibilità di un accordo preventivo e collettivo quando il ragionamento di uno solo degli alleati, per b o c c a di un alto consesso opportunamente con-vocato, così ragiona :
L a Francia dovrà dunque per l'avvenire mante-nere il suo diritto alla libertà, alla disponibilità as-soluta delle tariffe; è d'altra parte da presumere che il meccanismo dei nuovi diritti, ben studiato e di efficace applicazione, permetterà di difendersi contro i tentativi i più indiretti, di concorrenza eco-nomica, da parte dei nostri rivali, e specialmente dei nostri nemici, sslvo a concludere coi nostri alleati diversi trattati nel mutuo interesse. Ma la adozione di misure doganali, per quanto severe esse siano, rischierebbero di mostrarsi insufficienti in pratica se i nostri nemici potessero, dopo la guerra, conservare, presso di loro, la libertà di fal-sare i prezzi sul mercato mondiale e impunemente coli' aiuto di procedimenti e di organizzazioni di-verse, che noi conosciamo già troppo! L a prima misura da prendere e da fare adottare dai nostri alleati, dovrà dunque consistere nel rafforzare con-siderevolmente i diritti doganali, ogni volta che si tratterà di combattere il dumping, procedimento che consiste, come è noto, nel .vendere a prezzo vile, anche al disotto del costo, allo scopo di rovi-nare ì concorrenti dei paesi esteri per impadro-nirsi così del loro mercato, salvo a rialzare i prezzi quando questo sia conquistato.
del-le tariffe di trasporto più edel-levate per del-le merci pro-venienti dai paesi nemici o neutri, nelle condizioni più sopra dette, e sopra tutto quando sarà noto che determinati articoli godono di premi di espor-tazione o premi di fabbricazione, o di vendita o di trasporto o di miglioramento o di perfezionamen-to, ecc.
Queste, secondo i francesi, dovrebbero essere le principali misure di difesa che potrebbero esse-re studiate, al di fuori dei diritti di dogana, che potessero essere suscettibili di divenire oggetto di una tariffa a quattro colonne :
Tariffe minime per gli alleati; Tariffe massime per i neutri; Tariffe rinforzate per i nemici;
Tariffe d'anti-dumping, in ogni circostanza. Ciò conduce alla questione da noi proposta, di sapere se una unione economica tra gli alleati è possibile in riguardo alla natura delle loro diverse industrie, più o meno antiche, più o meno impor-tanti, o più o meno ben piazzate. L a questione è grave perchè una unione doganale può presentare alcuni vantaggi, ma avrà indubbiamente dei reali inconvenienti e urterà contro probabili imponibi-bilità.
Se tra l'Inghilterra e la Francia, dicono i france-si, vi sono pochi articoli manufatti per i quali la nostra azione può essere turbata, ve ne sono non-dimeno altri nei riguardi del Belgio e dell'Italia. In questi paesi specialmente vi sono degli interessi particolari preesistenti che sono rivali dei nostri (nei commerci dei tessili e della seta, per esempio) i quali non potrebbero essere conciliati in una unio-ne doganale.
In conclusione i francesi sono di avviso che nes-sun principio generale di unione doganale tra loro e gli alleati debba essere proclamato in vista di re-golare solo i loro rapporti commerciali diretti e personali, ma di cercare di stabilire invece una regola uniforme nei procedimenti di difesa econo-mica, suscettibile di essere opposta ai nemici co-muni, specialmente in materia di dogana e di na-vigazione.
Non è meraviglia quindi se nelle palesi contra-dizioni fra i principi del Tooke, le aspirazioni del Guyot, le dichiarazioni della Commissione di studi economici, la conferenza interparlamentare abbia dovuto rinunciare a toccare l'argomento di una intesa doganale, la quale avrebbe potuto segnare l'inizio di un unico fronte economico, corrispon-dente al proclamato unico fronte militare.
Germanofili ed Anglofili
Vogliamo riprodurre nelle nostre colonne i vi-brati pensieri coi quali il prof. Einaudi (1) com-batte, in nome della nostra dignità nazionale, ogni malsana tendenza così germanofila come anglo-fila o francoanglo-fila. Abbiamo espresso più volte di sfuggita lo stesso concetto sul nostro Economista, e perciò aderiamo pienamente a quanto lucida-mente e brillantelucida-mente espone il chiaro professore, il quale ha come noi altamente a cuore che l'Italia non sia nè diventi una nazione mendicante amici-zie o favori di altre Potenze, ma si mantenga con-scia delle proprie forze e del proprio valore e mi-ri al raggiungimento di ideali suoi ed affini ad altmi-ri popoli, sia pure con aiuti e concorsi di Nazioni di più alta potenzialità, ma conseguiti per effetto di libera e dignitosa contrattazione.
Mario Borsa, il quale, essendo vissuto dodici anni in Inghilterra ha amato quel paese ed a differenza di quasi tutti i suoi colleghi corrispondenti dei giornali
(1) L . E I N A U D I - Germanofili ed Anglofili «Riforma
So-ciale » aprile 1916, pag. 300.
italiani, ha. cercato di penetrare dentro nella vita e nella storia del popolo britannico, si chiede, in uni suo recente opuscolo (« Italia ed Inghilterra, » Mila-no, Società Editoriale italiana, 1916) quale sia la ra-gione « di quello strano e sottile spirito di diffidenza « e di antipatia che si è infiltrato nel popolo nostro « contro l'Inghilterra ».
Mi sia consentito di aggiungere, a quelle acuta-mente osservate dal Borsa, un'altra ragione poten-tissima di antipatia; e sono gli « anglofili italiani ».
Credo di avere il diritto di parlar male di costoro, prima che la marea ci soffochi. Siamo stati dei po-chissimi in Italia, noi del gruppo degli scrittori di questa rivista, ad avere il culto dell'Inghilterra: non della ricchezza inglese e delle cifre grosse dei bilanci inglesi, ma delle idee inglesi e del modo di ragionare e del modo di concepire la vita, la libertà e la politi-ca che si usa in Inghilterra. E poiché, dopo .avere molto letto e studiato, eravamo persuasi di non sa-pere ancora nulla, ci sia lecito dire che quella dei nuovissimi ammiratori dell'Inghilterra è una fasti-diosa e velenosa fungaia.
Costoro minacciano di diventare una peste peg-giore dei tedescofili di non lontana memoria. Adesso, non si trova più uri tedescofilo a volerlo pagare un occhio. Ma se. si guarda bene, in fondo, si osserva senza meraviglia che essi si sono tutti tramutati in anglofili, e predicano la necessità di stringere intimi rapporti con quella che prima usavano chiamare « la perfida Albione ».
Erano già insopportabili in qualità di germanofili; ma'almeno non erano assurdi. Alcuni avevano viag-giato in Germania ed avevano « ammirato » la puli-zia, l'ordine, il rispetto alle autorità, i treni in orario, le birrerie e la birra. Altri erano andati a visitare le fabbriche tedesche, ed erano rimasti stupefatti di-nanzi alle enormi superfici occupate, alle macchine potenti, agli archivi sterminati dove tutte le espe-rienze. chimiche, elettriche, ecc. sono catalogate, .af-fincate e messe in ordine e s'erano persuasi che i tedeschi fossero i soli genii organizzatoli del mondo; e per poco non avevano immaginato che solo i tede-schi sapessero colla organizzazione costringere car-bone eininerali di ferro a cacciarsi nel loro sottosuo-lo, od i fiumi a scorrere placidamente attraverso a pianure artefatte. Altri era andato a spendere l'im-porto del premio di perfezionamento nelle università germaniche ed era rimasto commosso per l'onore fattogli di un invito a pranzo, da parte del direttore del laboratorio o di una collaborazione, col » celebre » professore tedesco in una prima monografia speri-. mentalesperi-. Tutti costoro erano germanofili nati ed era-; no perciò grotteschi. Ma almeno erano stati in Ger-j mania, ed erano divenuti ammiratori perchè c'era i qualcosa che aveva fatto colpo su di loro. S'erano
1 persuasi, vedendo tutto grosso, enorme,' colossale,
potente, che il popolo provvisto di tutto questo, ben di dio 'fosse destinato a dominare il mondo; ed, ani-me di servi, s'erano affrettati a predicare che gli ita-liani dovevano mettersi alla coda dei tedeschi, se volevano diventare anch'essi grossi, enormi, colos-sali, potenti ed avere, alla fine della guerra, Nizza, Corsica, Tunisia, Siria, e forse anche il Madagascar ed il Tonbhino.
*
Ma almeno i germanofili erano stati in Germania; od avevano fatti affari con dei commessi-viaggiatori tedeschi, od avevano comperato da essi buone mac-chine che lavorano magnificamente, od avevano ven-duto in Germania, con lucro, merci italiane.
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7 maggio 1916 - N. 2192 L'ECONOMISTA 435
gaglio letterario sono divenuti ammiratori ed amici del paese che oggi è nostro alleato.
L'animo del servo e lo stupore dell'asino non sono però venuti meno. Coloro che un tempo manifestava-no il loro servilismo e la loro igmanifestava-noranza citando il signor « Derselbe» nelle dotte note del titolo da con-corso, oggi che la guerra ha costretto anche i profes-sori a scendere in piazza ad evangelizzare i popoli, spropositano comicamente nel discorrere dei loro nuovi amici inglesi. V'è un modo rapido, poco costo-so, ma sicuro di individuare gli anglofili che non hanno mai letto nessun libro, inglese e non sono nep-pure arrivati a scalfire la pelle della coltura inglese; ed è l'uso dei prefissi «Mr., Sir, Lord». Gli anglofili reduci dalla germanofìlia non sospettano neppure che. lo scrivere «Lord Asquith »- invece di « Mr. As-quith » è un delitto .atto a far fremere nelle loro tom-be i custodi delle maggiori tradizioni politiche del partito liberale; e che un grammatico inglese potrà passar sopra ad un errore di sintassi, ma non per-donerà giammai a chi osi scrivere « Sir Grey » invece di « Sir Edward Grey ». Perchè chi commette questi errori, come pure chi nello scrivere premette al nome di un deputato, inglese l'adulatorio aggettivo italiano « on. » invece di far succedere al nome le lettere « M. P. » (member of parliament), o tratta correntemente con 1' « eccellenza » i ministri inglesi, dimostra di ignorare, oltreché la grammatica, parecchie cose le . quali non possono esser© rimaste ignote anche al più modesto conoscitore della storia, delle consuetudini e delle tradizioni politiche inglesi od al più distratto lettore di romanzi di Dickens e di Walter Scott. Di-mostrano "i nostri anglofili di ignorare, per citare solo qualche esempio<, che una grande tradizione vuole che il «premier» in un governo liberale, se già non appartenga per nascita alla nobiltà, non accetti titoli di nobiltà o cavallereschi: Gladstone volle sempre, rimanere un semplice « Mr. » o « signo-re » e l'Asquith ne segue l'esempio.
E, s'intende1, codesti anglofili, che. conoscono così
bene i caratteri più esteriori e noti della .vita politica inglese, pretendono, ad ogni altro giorno che. l'In-ghilterra debba in furia mettersi a studiare l'Italia. Poiché la caratteristica di codesti anglofili è la sma-nia di insegnare agli inglesi che cosa sia l'Italia. Vorrebbero che gli editori inglesi cambiassero le loro guide, cosicché i viaggiatori britannici potessero vi-sitare, oltreché le pinacoteche! ed i musei ed i ruderi, anche le opere «pulsanti» della vita moderna; a ri-schio di far 'fuggire inorriditi i forestieri, i quali in Italia cercano sensazioni riposanti e tranquille e diverse da quelle, dopotutto assai noiose estetica-mente, del fumo e dei camini e del baccano dei salo-ni delle moderne masalo-nifatture.
Sanno, anche, gli anglofili che l'Inghilterra è ricca. I discorsi del bilancio del signor Mae Kenna hanno dato loro alla testa. Vedono miliardi e sterline dap-pertutto. Al oul.to dell' « organizzazione » tedesca han-no sostituito il culto, della « sterlina » inglese.
Vorrebbero, perciò, codesti anglofili l'elemosina dall'Inghilterra. Si possono perdonare loro gli errori di grammatica, il seicentismo italo-tedesco nelle ti-tolature verbali, la smania di far visitare fabbriche e bonifiche a chi vuol vedere quadri e monumenti; ma non si può perdonare loro la miserabile figura di pezzenti che ci fanno fare dinanzi agli alleati.
Aumentano i noli, perchè il tonnellaggio marittimo è ridotto alla metà; e perchè da che mondo è mondo, quando una merce è rara, è impossibile impedire che. i prezzi aumentino, o che, a prezzi uguali, la quantità sia razionata colla forza e che quindi, nel caso del naviglio, molta minor merce sia trasportata? E subito si chiede- che l'Inghilterra debba assegn ire, il che vuol dire «regolare» prò tèmpore, navi all'I-talia a noli di favore.
Crescono, i cambi ed occorrono 32 lire italiane per comperare quella lira sterlina che prima si comprava con 25 lire? E subito- i soliti anglofili od adoratori della borsa inglese, come prima lo erano della borsa tedesca, gemono Sulla sconoscenza da parte dell'In-ghilterra della bontà della lira italiana; ed invocano
n°n si sa che, essendo il loro linguaggio
singolar-mente vago, ma in sostanza vogliono che l'Inghil-terra ci dia prova di amicizia accettando 25 lire sol-tanto in cambio della sua lira sterlina.
Il che, in lingua povera e chiara, è « un chiedere
l'elemosina »; ed è intollerabile per un paese come l'Italia il quale è entrato in guerra per il raggiun-gimento dei suoi ideali nazionali. Nessun popolo è capace di raggiungere un ideale quando nel tempo stesso si abbassa all'atto servile di chiedere l'elemo-sina di una merce- a sotto-prezzo. Noi dobbiamo, sì, chiedere all'Inghilterra di aiutarci con denaro e con navi e con carbone; noi abbiamo diritto di parteci-pare, insieme con gli altri alleati e « prò rata », al « limitato » fondo di denaro, di carbone -e di navi che gli Alleati, compresa l'Inghilterra, posseggono. E' augurabile che un modo si trovi per ripartire pron-tamente, efficacemente denaro. Carbone, navi fra gli Stati a norma dei loro bisogni militari; perchè ciò è necessario al successo della causa comune. L'Italia non deve pagare «nulla più» del minimo prezzo « corrente » delle cose ad essa necessarie; ed è ra-gionevole che « per scopi militari » si cerchi di otte-nere prezzi non superiori a quelli che possono essere considerati prezzi «normali» di costo. Ma l'Italia deve aver l'orgoglio di pagare, sui capitali ricevuti a prestito dall'Inghilterra, « nulla di meno » del tasso corrente di interesse; e di non accettare carboni e noli a prezzi « di favore ». L'Italia non sa che farsene degli anglofili che di volta in volta hanno bisogno di leccare gli stivali ad un nuovo padrone. L'amici-zia si cementa coll'opera comune, collo sforzo per raggiungere ideali -affini; si distrugge quando e ba-sata su mal chieste ed a stento concesse elemosine.
*
In realtà ad essere anglofili sul serio è cosa ar-i dìua, come era cosa ardua essere prar-ima veramente
germanofili. Ma quando lo si è, si rimane tali, guer-ra o non guerguer-ra, per tutta la vita, perchè l'essere germanofili od anglofili sul serio vuol dire soltanto etile si è riconosciuto che nel pensiero o nella vita di un altro paese vi era qualcosa che meritava di esisere appreso e meditato e trasformato in pensiero prorprio ed in forza modificatrice della vita del pro-prio paese.
Io non sono mai stato — d'accordo, d'el resto, in ciò con la maggior parte degli italiani di scienze eco-nomiche— germartofìlo. Ma non per odio irragionevo-le verso quel paese; o perchè disconoscessi quali gran-di contributi i tedeschi abbiano recato al progresso gran-di altri rami scientifici. Bensì perchè il contributo ger-manico al progresso delle scienze economiche è stato mediocrissimo, -assai inferiore a quello, per non parlar dell'Inghilterra, dell'Italia, della Francia ed oggi an-che degli Stati Uniti. Specialmente i massimi bacca-lari ufficiali viventi della scienza economica te-d'esca, i Wagner, gli Schomoller, a cui ora si può aggiungere il Sombart, mi erano sempre sembrati mediocrissimi economisti. Perciò la cultura tede-sca mi interesava poco ed i suoi scrittori più rimar-chevoli mi erano sempre sembrati quelli che gode-vano minor fama nella loro patria e recagode-vano meno spiccata l'impronta germanica. Ma comprendo per-fettamente che i giuristi ammirassero e studiassero il Savigny, lo Jehring. ed altri sommi, gli storici il Mommsen ed il Ranke, i filosofi la pleiade di menti sovrane fiorite nella Germania del passato. In che cosa la guerra ha potuto mutare questo atteggia-mento spirituale? I giuristi, almeno quelli degni di questo nome, se- non gli scimmiotti dei « Derselbe », seguiteranno a studiare ed a citare il S'avigny, gli storici il Ranke, i filosofi Kant ed Hegel, ed i chi-mici ed i fisici gli -scienziati cih-e hanno scoperto nuo-ve nuo-verità nel campo loro. O che gli italiani dovreb-bero diventare ignoranti, scrivere degli spropositi, reinventare le verità già scoperte solo perchè il po-polo, a cui quei grandi appartennero, si è reso col-pevole della guerra odierna? Io seguiterò a non stu-diare- ed a non citare i Wagner, gli Schmoller ed i Sombart; ma non perchè siano tedeschi, sibbfene perchè, a parer mio, scrissero cose di poco conto e fecero -dell'economia e della storia economica di quart'or-dine.
gerarchi-436
che, macchinose. Ma, in fatto di organizzazione po-litica centralizzata, qual cosa mai potevano i tede-schi aggiungere al meraviglioso organismo ricreato dalla mente geniale del primo Napoleone sulle trao-de trao-dell'opera trao-dei Re di Francia? La macchina te-desca delle assicurazioni sociali può tutt'al più sem-brare degna di interesse scientifico ad un amatore di regolamenti. Poiché, quando si sia deciso- di « obbli-gare » alcuni milioni di uomini a -fare certe cose, qualunque funzionario, che abbia una perizia tecni-ca del piccolo problema da risolvere, può elaborare gli articoli di regolamento necessari all'uopo; e con 'regolarità meccanica i milioni di assicurati sussi-diati, pensionati, indennizzati si allineano nelle co-lonne delle statistiche periodiche. Che cosa vi è di interessante in tutto ciò e di realmente utile al per-fezionamento interno dell'uomo?
Pei' contro, se anche la sventura avesse voluto che l'Italia dovesse trovarsi, per ipotesi assurda, o per potenza di triplicisti, in guerra con l'Inghilter-ra, avrei potuto .cessare di essere un lettore appas-sionato, quasi monomaniaco, di libri inglesi,, come sempre sono ' stato fino dai banchi dell'università? La guerra potrebbe forse far si -che non siano nati in Inghilterra 'Adamo Smith e David Riccardo e che insieme con e-ssd una pleiade di grandi economisti non abbia fatto pier il progresso della scienza econo-mica più di quanto non poterono fare tutti gli
scrittori delle altre nazioni presi insieme? Potreb-be forse la guerra distruggere la formazione storica della costituzione inglese e dell'impero britannico, di cui.nulla di ugualmente meraviglioso si vide nel mondò fuor dello sviluppo storico della costituzione e dell'Impero romano? E potrebbe forse la guerra distruggere il fatto che nessun paese può vantare, appunto a -causa della sùa formazione storica, una letteratura politica paragonabile a quella dell'In-ghilterra? Ed io dovrei, solo perchè capitassimo- ad essere in guerra, preferire alla lettura di quéi gran-di capolavori la noia -gran-di dovermi sorbire le -chiac-chierate imperialistiche is-eniza costrutto di qualche vanesio scrittorello italiano in cerca di novità? Di essere anglofili o germanofili o francofili non sii può far a meno quando l'esserlo risponda ad un intimo bisogno dello" spirito di conoscere e -dìi assimilare il pensiero degli -altri paesi. E' grottesca la germano-fìlia dea cannoni da 420, d'ella birra buona e delle fabbriche dì co-lori; come è ridicola l'anglofilia delle, miniere -di -carbone o delle dreadnoughts, o la fran-cofilia della torre Eiffel; ma l'amore delle idee vere e d'elle co-s-e belle non può essere distrutto neppure • in tempo di guerra. E sarebbe un danno lo fosse.
Perchè vorrebbe dire che saremmo meno ricchi de-gli altri nel mondo delle idee, da cui alla perfine provengono quelle cose passeggere e senza impor-tanza nella storia umana ohe sono le fabbriche di colori, le miniere di carbone e le torri Eiffel.
L U I G I E I N A U D I .
Ecco i -dati disponibili pei paesi produttori (in tonnellate metriche) :
1913 1914 1915
Stati Uniti:
Produzione (3 principali Stati) 3.141.750 2.626.085 —
Spedizioni della Florida. . . 1.992.951 1.604.289 906.933
Tunisia:
Produzione totale 2.284.678 1.443.767 1.389.074 Spedizioni 1.984.880 1.427.161 1.100.000
I soli dati disponibili per le scorie di
defosfora-zione sono quelli della Gran Bretagna e Irlanda che ne h a prodotte, nel 1914, 392.194 tonnellate e 386.098 tonnellate nel 1915.
Quanto al ntrato di soda gli eventi che attraver-siamo ne avevano ristretto dapprincipio non solo le'spedizioni e le consegne, ma anche la produzione. Tuttavia quest'ultima manifesta ora una notevole ripresa in seguito a un forte aumento, di consumo del nitrato da parte dbgli stabilimenti industriali.
Diamo un riassunto del movimento del nitrato di soda in -questi ultimi tre armi (in tonnellate me-tri-che) :
1913 1914 1915
Produzione 2.773.552 2.464.427 1.763.630 Esportazione . - 2.739 530 1.847.586 2.031.38S Consegne per il consumo . 2.556.973 2.248.976 860.825 (a) Rimanenze visibili al 31 die. .1.772.161 1.190.078 (a) 991.394
(a) Dati incompleti allo stato attuale.
Circa il solfato ammonico, di cui pubblichiamo i dati principali che sono a disposizione del pubblico, osserviamo che le quantità lasciate per gli usi a-gri-coli sono meno importanti dell'ordinario e causa del -consumo da parte degli stab'-ilimenti industriali.
1913 1914 1615
in tonnellate metiiehe Germania (vendite).. . . . . 335 232 413.837 — Francia (produzione) . . . . 75.430 91.500 (a) 42.000 Gran Bretagna (id.) . . . . 438.930 433.235 429 768 Italia (id.) 13.428 14.323 15 000 Stati Uniti (id.). . . . 176 901 166.015 192.323
(a) Consumo.
La -stessa osservazione si addice ugualmente ai concimi azotati sintetici quali la calciocianamide. La potenzialità produttiva delle fabbri-che di tale concime è notevolmente aumentata dopo il 1913, e per ingrandimenti e per nuove costruzioni, come risulta -dalla tabella seguente relativa alla capacità produttiva :
Germania . . . Austria-Ungheria Italia
NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE
, """ | America Settentrionale .
II movimento internazionale dei concimi chimici
j « appone1913 1914 1915 in tonnellate metriche 24.000 36.000 7.500 24.000 — 14.980 30.000 30.000 22.100 69.000 69.000 48.000 64.000 64.000 7.000 7.500 24.000
durante il secondo semestre del 1915
-Sotto questo titolo- l'Istituto Intemazionale di A-gricoltura in Roma pubblica nel suo Bollettino eli statistica agraria e commerciale la rivista seme-strale sulla produzione, il commercio e i prezzi dei concimi e prodotti c-himic-i utili all'agricoltura. Riassumiamo le notizie e i d'ati più importanti.
I. — Produzione mondiale.
Riguardo alla produzione dei fosfati naturali, le condizioni specialissime dell'industria, in conse-guenza della situazione internazionale, lasciano di-sporre d'i pochi dati per gli anni 1914 e 1915. Al-cuni paesi hanno- persino sospeso l'estrazione dei foistfati. D'altronde il costo dei trasporti marittimi ha grandemente pregiudicato il movimento interna-zionale idi -questi prodotti particolarmente per le spedizioni transoceaniche.
Anche per lo zolfo si deve notare una depressione commerciale e una -diminuzione di produzione in
Italia, mentre negli Stati Uniti si è avuto un au-mento di produzione.
Ciò che vi è d'i più caratteristico nella passata campagna e in quella in corso per il solfato di rame, è l'impossibilità da parte dell'offerta locale di sod-disfare ai bisogni del mercato a prezzi convenienti. Tale- impossibilità è male compensata dall'importa-zione, inferiore alla normale, -dai principali paesi produttori, -quali la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.
II. Commercio internazionale.
Le importazioni e le esportazioni per quasi tutti i concimi e prodotti chimici utili alla agricoltura sono in continua decrescenza.
7 maggio 1916 - N. 2192 L'ECONOMISTA 437
Segnaliamo le diminuzioni più notevoli per gli altri paesi più importanti:
1913 1914 1915 in tonnellate metriche 940.761 661.429 325.114 331.283 285.097 135.800 .1.388.432 979.585 206.019 (a). 1.984.830 1.427.161 1.000.000 Fosfati naturali: Francia (importazione) . . Giappone (id.)
Stati Uniti (esportazione) Tunisia (id.)
Scorie di defosforazione:
Gran Bretagna (importazione) 51.954 16.838 — Italia (id.) (a) 119.257 23.224 1.180 Russia (id.) (a) . . . 186.410 118.495 3.260
Perfosfati di calcio:
Spagna (importazione) . . . 150.235 116.897 63.013 Francia (id.) 1C0.822 58.155 14.038 Russia (id.) (a) . . . 196.851 122.239 33
Sali potassici:
Stati Uniti (importazione) (a). 957.364 714.088 71.337 Solfato ammonico:
Giappone (importazione) . . 111.520 105.632 19.949 Solfo :
Francia (importazione) . . . 186 344 115.782 99.396 Solfato di rame:
Italia (importazione) (a). . . 30.450 21.906 13.840 (a) Dati incompleti.
Solo il movimento del nitrato di soda si presenta in questi due ultimi anni abbastanza sostenuto in confronto al 1913.
III. — Prezzi all'ingrosso.
I prezzi ol'i tutti i concimi e prodotti di cui ci occu-piamo hanno continuato ad aumentare in modo co-stante durante il -secondo semestre del 1915, tranne per i fosfati i cui corsi sono restati praticamente invariati. Al principio del 1916 tuttavia si nota una certa diminuzione in questo costante aumento e talora anche u:n arresto.
I corsi dei principali prodotti sui principali mer-cati^ al principio e alla fine del secondo semestre del 1915 e al principio del 1916 sono stati i seguenti :
Principio Fine Metà del del del 2°semes. 2° semes. l°trimes.
1915 1915 1916 in franchi-oro per quintale metrico Nitrato di goda :
Porti, frane. dell'Atlantico 34 26 37.35 37.35 Genova 37 40 47.35 38.83 Liverpool 30.41 37.86 43.07 New-York 28 61 38.25 42 79 Solfato ammonico : Parigi 39.97 4787 49.15 Hill 36.46 42.82 47.16 New-York 41.51 47.11 45.71 Solfato di rame :
Porti frane. dell'Atlantico 73.76 109.85 107.32 Londra 67.34 109.85 115.43 Genova 96.50 (a) 142.50 142.50 New-York 86.24 149.72 239.03
(a) Fine ottobre 1915.
Le cause della guerra: la lotta pel ferro
Togliamo da « L'Information » di Parigi questo interessante articolo :
E' pel ferro ch:e la Germania ha, in parte, dichia-rata la guerra. Essa ha una grande quantità del Prezioso metallo-; essa ne vorrebbe ancora di più.
'J.a l giorno in cui i suoi rappresentanti al trattato
T rancoforte non seppero indovinare che intorno a Briey -erano riunite immense ricchezze met&ilur-giche, la bramosia germanica si è portata -su que-sto bacino che ha così brillantemente assicurata la prosperità -della siderurgia francese.
Non si sono dimenticati i molteplici tentativi della germani a per esportare la maggior quantità di 'erro passibile francese. La Germania si conosce
mediocremente ferrifera. Sul -suo territorio, si tro-vano appena 710 milioni di tonnellate, cifra non bastevole al suo assorbimento industriale, divoran-te. E-ssa è ricorsa ai giacimenti, spagnuoli e svedesi. Nel 1880, essa traeva 4.245.000 tonnellate di ferro dalle sue "miniere e nel 1913, 28.807.000. Sottoiinea-mo bene il formidabile accrescimento. Esso non im-pedisce punto alla Germania di ricorrere ad impor-tazioni crescenti, le quali e-ranó di 4 milioni nel 1900 e dli 14 milioni nel 1913.
Dunque, il concorso dell'estero è indispensabile al funzionamento d'elle officine germaniche.
Come avrebbe potuto la Francia opporsi alle e-sportaz.io.ni? Il suo sviluppo metallurgico non era affatto in rapporto con le risorse in carbone. Al-lorché, dal 1880 al 1913, la produzione carbonifera della Germania ascendeva da 53 a 256 milioni, quel-la dell'Inghilterra da 149 e 264, quelquel-la degli Stati Uniti da 65 a 565 milioni, quella della Francia era cresciuta penosamente da 20 a 41 milioni.
Nel 1913, noi eravamo tributari dell'estero per quasi 20 milioni di tonn. Ora, siccome per una ton-nellata di ghisa ne occorrono una di minerale ed una e mezza di coke, si vede a quali spese di car-bone bisogna sottostare.
Più la metallurgia dell'Est loren-es-e si sviluppava, più essa si poneva nella dipendenza delle miniere carbonifere germaniche.
Evidentemente, la conquista di una parte della Lorena nel 187-1 fu per la Germania un bel succes-so metallurgico. Non si ripeterà mai troppo che nel 1913 su 28.807 mila tonnellate di minerale estratte dal suolo germanico, 21.136.000 lo furono -dall'an-nessa Lorena. Ammettendo — come è nostra ferma speranza — che l'Alsazia -e la Lorena ridivengano francesi, l'Impero germanico sarà privato di quasi 20 milioni di tonnellate di minerali di ferro.
Per conseguenza, se la Germania non avesse di-chiarato la -guerra, essa non si esporrebbe a per-dere i ricchi giacimenti « ai quali vanno unite la sua prosperità industriale ed anche la sua prepa-razione militare tecnica ».
N-iuno contesta, infatti, che l'esistenza della Ger-mania dipenda d'alio stato della sua metallurgia. I Krupp e gli altri manifatturieri l'hanno ben capito ed hanno anche invertito la proposizione, -dimo-strando che la metallurgia è la loro suprema preoc-cupazione e che così ogni proposta di disarmo in-contrerebbe la loro feroce ostilità. Forse, togliendo il ferro alla Germania « le si toglierà con ciò se non il .pretesto, per lo meno il mezzo d'intensivi arma-menti ».
Ma il fatto si è che, nei motivi che l'hanno spin-ta a scatenare l'orribile guerra attuale, vi entra per molto la, premura di assicurarsi sempre più di giacimenti di ferro. Quando essa cercava dispute nel Marocco, essa sperava di avere una larga parte nello sfruttamento .delle miniere. Essa bramava non solo i nostri minerali lorene-si e marocchini, ma eziandio quelli dell'Ouenza. Alcuni economisti avevano -da molto tempo la convinzione che sarebbe per una questione mineraria che la Germania trar-rebbe presto o tardi la s-ua spada.
Si comprende facilmente che la cura dei suoi strateghi fu di assicurarsi il libero ed indiscusso possesso del bacino di Briey, d'onde Ja Francia traeva i nove decimi del suo minerale. Dopo l'inva-sione di agosto 1914, la Francia era priva -del 90 per c-ento della sua produzione di minerale e -del 68 per cento della sua produzione carbonifera. Fu una meravigliosa riorganizzazione quella c-on cui potè colmare sì largo defì-cit.
Il Cancelliere di Germania proclamava così, nel maggio 1915, l'importanza del vettovagliamento in minerale.
La fabbricazione degli obici ha bisogno di quan-tità di ferro e di acciaio come un tempo non si ave-va la più lontana idea. Per gli obici di ghisa gri-gia soltanto che rimpiazzano, in quantità inferiore gli obici in ghisa -d'acciaio e quelli in acciaio stria-to si è avustria-to bisogno negli ultimi mesi di quantità di ferro grezzo c;he ascendono per lo meno a 4.000 tonnellate al giorno.
Si è ben detto. Se le armate del Kronprinz non avessero brutalmente invaso la regione di Briey, le loro probabilità di resistenza sarebbero considere-volmente in seguito diminuite.
Per diirla diversamente: Dopo la battaglia di Ver-dun, .se le nostre armate, spinte da un soffio subli-me, arrivano a respingere il nemico fino ad oltre la Mosella, ricupereremo immediatamente i giaci-menti ferriferi. Se, con un colpo di spalla oltrepas-siamo la Sarra e se respingiamo le truppe germa-niche fino al Palatinato, il bacino carbonifero della Sarra ci sarà restituito, permettendoci di trattare utilmente il ferro che estraiamo a Briey.
Noi sapremo e potremo lottare con efficacia sul terreno economico -come facciamo su quello milita-re. Scorgeremo, infine, tutta la complessività del problema internazionale. Con la conquista del ferro, toglieremo ai nostri nemici i mezzi di armarsi contro
di noi e contro la pace del mondo.
E, secondo la profezia biblica, faremo servire questo ferro non più alla distruzione dell'umanità, ma al frutto d'el loro paziente sforzo ed allo svilup-po magnifico delle arti della pace.
Il commercio d'Italia coll'estero e la produzione Interna
Il commerci» delTtalia. con l'estero nel 1915 si può ricostruire in base all'ultima statistica del Ministero delle Finanze. Se dividiamo quell'anno in due perio-di, quello della nostra neutralità e quello della en-trata nel conflitto, possiamo stabilire col biennio precedente il seguente raffronto (in milioni di lire):
1915 1914 1913 Diff. nel 1915 1915 1914 1913 rispetto al 1914 rispetto al 1913 1826.0 2005.5 1528.8 1400.5 2109.6 1536.0 — ri6.8 + 605.0 — 210.1 — 104.1 8331.6 2923 3 3645.0 + 408.2 — 814.1 1085 3 1131 1 1040 1 11VO. 3 1521.5 990 1 4- 45.2 — 39.2 - f 95.2 — 890.4 2216.4 2210 4 2511 6 -4- 6.0 — 295.2 Importazione : Gennaio-Maggio Giugno-Dicembre Totale Esportazione : Gennaio-Maggio Giugno-Dicembre Totale
I valori del 1915 sono calcolati su quelli del 1914: quindi le cifre, specialmente dell'importazione, rie-sciranno grandemente alterate, quindi vi si appli-cheranno i prezzi del 1915, così superiori sopratutto pel carbone e per le materie prime. Però il sistema adottato dalla statistica ufficiale ci permette di sta-bilire meglio il confronto 'fra l'anno di guerra e i due precedenti. Come era da prevedere, la nostra esportazione, che -aveva preso un buono slancio du-rante la neutralità, è dopo andata riducendosi. Tale riduzione è dovuta esclusivamente alla chiusura dei mercati tedesco e austro-ungarico, come si rileva da queste cifre- (in milioni di lire):
Importazioni Esportazioni Paesi 1915 1914 1915 1914 Austria-Ungheria . . 034.1 233.8 104.9 136.7 Germania . . . . . 155.7 503.2 184.1 319.1 Francia . . . . 177.9 205.5 369.4 174.2 Inghilterra . . . . 487.8 504.9 337.7 305.7 Argentina . . . . , 323.0 39.8 114.6 115.9 Stati Uniti. . . 1238.0 442.8 256.7 262.4
Il quale quadro ci dimostra: 1° La diminuzione precipitosa dei nostri scambi con le potenze centrali, che si annullano nel periodo giugno-dicembre; 2° Lo aumento -discreto -delle nostre esp-o-rtazioni verso le due maggiori potenze dell'Intesa, dalle quali invece comperiamo di meno; 3° L'incremento enorme dei no-stri acquisti nelle- Americhe, per cui l'importazione dell'Argentina è quasi decuplicata e quella degli Stati Uniti è cresciuta del 285 per cento.
Questo- ci dice già quali sono- i generi della nostra maggiore importazione. Su 421.000 tonn. di grano duro, 322.000 ci giunsero dagli Stati Uniti: i quali rappresentano anche 1.247.000 tonn. di grano tenero, su un totale importato di 1.828.000, mentre- -altre I 522.000 tonn. ci pervennero dall'Argentina. Così pure, su 2,9 milioni di quintali di cotone- grezzo-, 2,1 mi- ! lioni li comperammo dagli Stati Uniti; e su 554.000 !
quintali di lane naturali, 250.000 ci vennero venduti dall'Argentina. E gli Stati Uniti figurano anche fra i primissimi posti come mostri fornitori di macchine-utensili, di macchine a vapore-, agricole, strumenti scientifici.
La nostra -esportazione, in lire, si suddivide così: materie prime L. 198.620.336 materie semi-lavorate » 638.994.667 prodotti fabbricati » 8S5.235.040 generi alimentari e animali vivi . . . » 493.560.842 L'esportazione industriale rappresenta quindi circa il 46 per cento dell'intera -esportazione-. E fra essa più che mai primeggia la seta, per 544 milioni.
Malgrado lo sviluppo preso dalle nostre vendite all'estero, noi ci manteniamo pur sempre debitori per oltre 1 miliardo di lire: e, come avvertimmo, il debita -apparirà nella sua vera entità ben maggiore, quando- applicheremo al commercio del 1915 i prezzi di tale anno. -Se per una parte questo disavanzo commerciale è inevitabile, almeno fino a quando use-remo con la larghezza, attuale il carbone fossile, è indiscutibile- che esso dovrebbe e potrebbe diminuire considerevolmente, sopratutto quando noi modificas-simo la nostra bilancia agricola. E' assurdo che un paese come l'Italia importi per 796 milioni di pro-dotti del suolo e animali vivi ed esporti per soli 493 milioni. Una parte di questo squilibrio dipende dalla viziata produzione interna del grano-, e si tratta di un difetto più che riparabile, ove gli agricoltori for-temente lo vogliano. Per di più l'esportazione dei vini, degli oli, delle verdure, dei fiori potrebbe- assu-mere ben -altra e più -adeguata importanza, ove la lavorazione diventasse- tecnicamente più scientifica e la vendita venisse organizzata con metodi commer-ciali più razionali.
Prima della guerra, l'afflusso dei risparmi degli emigrati e le tratte dei forestieri viaggianti nel no-stro paese ci permettevano così agevolmente di sal-dare- lo sbilancio- commerciale-, che non potremmo farci un'idea di quali sarebbero divenuti i pesi di questa situazione ove — con una moneta non risa-nata — avessimo affrontato lo sbilancio senza, quei due elementi compensatori. Oggi la condizione che si è venuta creando deve farci più che- mai convinti che- il progresso economico del paes-e riposa su un grande e continuato- sforzo produttivo, condotto- da energie organizzate e conscie- dei mezzi che si devono usare -e d-ei fini che all'interno -e- -all'estero si vogliono raggiungere. E' questo esame di coscienza so-pratutto che si deve- compiere, prima di decidere quale dovrà essere- il nostro atteggiamento doganale -alla fine del conflitto e quali accordi ,a noi convenga prendere, o riprendere- coni le altre nazioni d'Europa.
B a n c a I t a l i a n a e l i S c o n t o
Relazione del Consiglio d'Amministrazione Signori Azionisti,
Il nostro Istituto, costituitosi tra l'infuriare del conflitto europeo ed' ingranditosi per effetto della fusione, ch-e Voi -dellbe'rast-e e ohe noi attuammo- in ogni sua parte, ha svolto in eccezionali condizioni di ambiente la rinnovata operosità sua.
L a singolarità dell'attuale guerra, che non ha forse pre-cedenti nella istoria d'el mondo, impose alle banch-e, sin dall'inizi» e poi in tutto il -suo tragico svolgimento, compiti a-sisai complessi e faticosi.
Non appena aperte le ostilità, si ebbe la completa mobilitazione delle risorse finanziarie ed economi-che di ogni paese. Tutto fu asservito alla guerra: l'indùstria in ogni parte, la terra nelle maggiori -delle sue produzioni minerarie ed agricole, e finan-co la scienza, che apprestò allo spirito inventivo dell'uomo ignorati mezzi di distruzione.
7 maggio 1916 - N. 2192 L'ECONOMISTA 439
La domanda delle mèrci e dei servigi s'ingigantì con rapidissimo moto, oltrepassando di gran lunga l'offerta di essi. Peggiorarono i sistemi dì. paga-mento, s'inasprirono- i -cambi, divennero pericolosi e difficili i trasporti, in guisa che i prezzi di tutte le merci raggiunsero altezze che parvero inverosi-mili. Il numero indice di The Economist da 2565, che era nel luglio del 1914, cioè alla vigilia della guerra, salì a . 3281 un anno- dopo e poi ancora a 3136 nel dicembre del 1915 e a 4008 nel febbraio del 1016. Rare volte l'economia europea avea dovuto subire gli effetti di simile fenomeno.
Com'era da attendersi, le correnti monetarie, già costanti nelle periodi-che variazioni, non rimasero insensibili dinanzi a tanto mutare di co-se. Crebbe, è vero, la produzione d'ell'oro, ma il saggio ufficiale dello sconto rimase fermo al 5,50 per cento in Ita-lia, 5 per cento in Inghilterra, in Francia e in Germania, e al 6 per cento in Russia.
-Contemporaneamente, come effetto del rotto equi-librio nel bilancio internazionale del dare e dell'a-vere, l'Unione Nord-Americana, divenuta la grande fornitrice dell'Europa, ride il suo -dollaro crescere di valore rispetto alla moneta degli Stati bellige-ranti. L'Inghilterra e la Francia, ad onta, dei pre-stiti collocati al di là dell'Atlantico e delle grosse vendite di titoli americani, d'i cui si fece financo coattiva requisizione, videro rinvilire la sterlina e il franco, mentre il marco e* la -corona precipitavano sotto il peso di una situazione--economico-finanziaria assai compromessa.
Ma se si ebbero rami di attività c-h-e fortemente soffrirono, altri ve ne -furono c-h-e trassero dalla guerra nuova virtù di ardimenti e inattese fonti di rigoglio.
In così gravi moment-i, le grandi banche disimpe-gnarono un ufficio collettivo di sostegno e di sti-molo. Sorressero il mercato, ren-dendo men difficili le compensazioni internazionali, facendo più am-pio uso d'i sconto, partecipando con lodevole lar-ghezza ai prestiti di Stato. Questa -condotta, prov-vida ai fini stessi d'ella guerra, riuscì loro assai fruttuosa. Ma esse non s'illusero sulla prosperità presente, non volsero ad esclusivi fini di godimento il profitto conseguito: valutarono invece con ragio-nevole diffidenza le incertezze dell'avvenire e ade-guatamente vi provvidero.
Del resto, non mancano motivi di preoccupazione per il lontano domani. Se anche la guerra dovesse volgere- presto verso il suo -epilogo, le Nazioni u-scirebbero ugualmente indebolite dalla spaventosa lo-tta, a cui oggi partecipano con sì grande acca-nimento.
I prestiti pubblici fruttarono oltre 100 miliardi, che la guerra inghiottì in poco più di un anno. Pa-recchi milioni di uomini furono falciati tra la po-polazione economicamente più produttiva. Ora tan-to disparire di capitale -e di lavoro renderà più len-to il ritmo della vita economica, più la-borioso il suo compito, meno abbondante e facile la produzio-ne di altra ricchezza.
In Italia, i primi mesi del 1915 trascorsero fra impazienze patriottiche e trepidanti attese. L'inter-vento nostro era reso inevitabile dagli improroga-bili doveri che ci venivano dalla storia. Per fortu-na, quei giorni -di perplessità ci consentirono una febbrile preparazione di armi e d'i spiriti, -di modo che quando suonò l'ora suprema innumerevoli le-gioni agguerrite e disciplinate affrontarono, con magnifico slancio, il duro cimento.
Quasi come lieto auspicio, -alla vigilia' della nostra entrata in campagna il meccanismo del credito
ave-• h pP.r e s o s u o normale cammino con la definitiva
'i z ione della moratoria, avutasi nel marzo del
1915.
Tanto il periodo della neutralità, quanto quello della guerra, non furono senza vantaggio per alcuni rami della produzione italiana. Le industrie mecca-niche, e in particolare le automobilistiche, grazie alle copiose ordinazioni di casa e dell'estero, erano ri-fiorite di vitalità e cresciute di sviluppo. La siderur-gia, non ancora uscita dal faticoso periodo del rior-dinamento finanziario, libera ormai da ogni mole-sta competizione, si avviò rapida, verso il suo assetto
ennitivp. Anche le industrie tessili, e fra esse prima
la cotoni-era, benché non del tutto guarite dalla so-praproduzione, trovarono modo di vendere a buon patto gli « stocks » che tanto ne avevano appesantito 10 stato finanziario e allentato il ciclo- della produ-zione. Non più, in questo campo", fusi inattivi, orari ridotti e officine inoperose. La guerra, con 1-e pre-menti ed improvvise sue richieste, guarì situazioni non facili, e ridestò energie manifatturiere soffe-renti e sopite.
Ma a tanto- rigoglio industriale facea penoso- ri-scontro la stasi determinatasi nell'industria alber-ghiera -e in quella edilizia, nonché una produzione agraria del tutto inadeguata. Mancarono i principali raccolti della terra, con danno diretto pei consumi, con obblighi nuovi per lo- Stato, che- dovette colmare le minacciose lacune prodottesi nelle provviste na-zionali, con- nuovi effetti deprimenti sul nostro bilan-cio internazionale- e sui cambi. Il cambio, infatti, non tenuto- più in freno dalle esportazioni, già proi-bite in gran parte, dalle rimesse degli emigranti e dalle spese, dei 'forestieri, già mancate quasi del tutto, s'inasprì subito, mantenendosi poi ribelle ad ogni energia di rimedio. Del resto, anche altri paesi più ricchi del nostro e ben -altrimenti provvisti di crediti sull'estero, rimasero tormentati dallo stesso- male, al quale gl'Istituti italiani di -emissione ebbero l'i-nestimabile merito- di opporre una circolazione mo-netaria assolutamente e relativamente inferiore- a quella degl'Istituti- forestieri.
Ma, più .che l'asprezza del cambio, furono gli al-tissimi saggi dei noli marittimi che ebbero contrac-colpi immediati e persistenti sui prezzi delle mate-rie prime e sulle merci di diretto consumo.
Nondimeno il Paese, benché percosso dagli effetti economici della guerra, ad essa non soltanto dedica-va il sangue dei suoi eroici figli, ma pure i frutti mi-gliori del suo sudato risparmio-,
I prestiti emessi dallo Stato, a condizioni certo non più onerose- che all'estero, fu-rono coperti con generosa larghezza.
E' degn-o di rilievo-che, nel momento dell'emissio-ne, -era appena avvertita urna discesa nei depositi fi-duciari, i quali p.erò, ad operazione compiuta, pre-sto si riavvicinaVano al perduto livello-. Quepre-sto flusso e riflusso di depositi è sintomo sicuro che- il capitale di nuova formazione, fidente e copioso, è venuto a colmare i vuoti lasciati dai prestiti di guerra. Né i nuovi titoli ebbero la'forza di deprimere molto i vec-chi. Il nostro consolidato 3,50 per cento si mantenne relativamente- più sostenuto dei principali fondi este-ri. Così, al termine del 1915, il suo effettivo rendi-mento fu del 4,20 per cento, quand'era, del 4,70 per 11 3 francese, del 4,25 per il 2 e mezzo inglese e- del 5,19 per il 4 russo.
La sostenutezza del maggior titolo di Stato e la facilità nel collocamento dei prestiti furono -anche causa di ben giustificato- orgoglio per un paese co-me il nostro, a cui erano mancati i principali pro-dotti agrari, a cui la guerra avea tolto tanta copia di produttivo lavoro, a cui la finanza pubblica ar-mata di nuovi rigori fiscali, ave-a falciato- ogni for-ma di reddito-.
La vostra Banca contribuì ai prestiti di guerra con efficace- e calorosa opera, sia partecipando ai con-sorzi bancari appositamente costituiti, sia stimo-lando alla sottoscrizione la sua benemerita clientela la quale rispose- con memorabile slancio di patriot-tismo all'appello del Governo. La « B a n c a r i a » e la « Pro-bank », allora disunite, avevano raccolto 52 mi-lioni del secondo prestito di guerra: ma la « Banca Italiana di Sconto » ne ha raccolti 208 di quello- te-sté chiuso. Questo- risultato, quattro volte superiore al precedente, sta lì a dimostrare che i benefici ef-fetti della fusione non hanno tardato a manifestarsi e che da essi molto dovrà attendersi di produttività e di prestigio il nostro- Istituto-,
Giusta, le- intelligenze passate al momento della sione-, il capitale della nostra Banca, che dalla fu-sione stessa risultò in L. 65.000.000, v-e-nne arroton-dato- sino alla, cifra statutaria di L. 70.000 000 me-diante emissione- di 10.000 nuove azioni, che furon tutte collocate, malgrado le difficoltà di mercato- a voi note, e-, sono ora in corso di versamento.
depositi fiduciari ed i conti dei corrispondenti credi-tori si accrebbero con graduale e rapido moto sino a-raggiungere, al 31 dicembre p. p., rispettivamente le. somme di L. 117.961.185,28 e di L. 236.765.793,17 con un sensibile progresso in confronto alle situa-zioni delle tre- banche-, al momento della loro- fusione. Aumentate così le disponibilità, si ebbe modo d'im-primere un maggiore slancio -a tutte le forme della
nostra opera, in guisa che; l'Istituto presto- conquistò un onorevole postò tra i maggiori organi della fi-nanza nazionale. Potemmo quindi sorreggere e sti-molare intraprese di vario genere, utili non soltanto all'economia, m a anche alla difesa del Paese. Nè tra-scurammo i rapporti coll'estero, la cui importanza si accrebbe dopo lo- scoppio della guerra. Potemmo pure- facilitare notevoli transazioni sui cambi, di cui la nostra clientela trasse molto- giovamento- e che co-stituirono in- pari tempo u n a cospicua fonte di utili per la B a n c a .
Altro non trascurabile benefizio derivò dall'assun-zione, a prezzo- conveniente, delle azioni della « So-cietà Telefonica I t a l i a n a », dall'aumentato capitale della socie-tà stessa, per l'incorporazione- dei .« Tele-foni dell'Italia centrale » e dal collocamento della m a s s i m a parte di questo -affare.
Lo « stock » di valori di proprietà comprende le no-stre- cointeressenze- residue ai prestiti 4,50 p e r cento, gennaio e luglio, nei sindacati gestiti con t a n t a -au-torità e accorgimento dal Direttore generale della B a n c a d'Italia. Il prestito di luglio è ora liquidato. Quello, di gennaio venn-e invece convertito nel nuovo 5 pe-r cento, raddoppiandone l'ammontare, giusta il p r o g r a m m a della nuova emissione.
Tutti i titoli vennero valutati ai prezzi del 31 di-cembre 1915. Essi sono, per l a quasi totalità, valori di Stato o dallo Stato garantiti, cartelle fondiarie e-d obbligazioni diverse, tutte rimborsabili alla pari, co-sicché in progresso di tempo ci compenseremo di quei sacrifici che il conto dei valori è sinora costato alle Banche- da noi incorporate.
Il bilancio al 31 dicembre p. p., sul quale siete chia-mati a dare il giudizio, h a soddisfatto il vostro Con-sigli di amministrazione e-d abbiamo fiducia che tale soddis'fazion-e sarà da voi condivisa. L a cifra di utili n-e-tti in L. 5.104.804,71 avrebbe consentito una distri-buzione di dividendo più elevata di quella che vi proponiamo. Ma non volendo astrarre- dalle incer-tezze che l'avvenire potrebbe riservarci, sicuri che il vostro consenso non m a n c h e r à a queste nostre prò-poste, vi sottoponiamo il seguente progetto di ri-parto:
Utile netto . . , L. 5.104.804,71 5 °/o alla Riserva statutaria » 255.240,23
L. 4.849.564,48 4°/o al Capitale di 15.000.000 prò rata L. 400.000 4 % al Capitale di 50.000.000 («Ban-caria » e « Probank » ). . » 2.000.000 » 2.400.000,— L. 2.449.56L48 8 % al Consiglio d'Amministrazione . . . . » 195.965,15 L. 2.253.599,33 1,40% al Cap. di L. 15.000.000 prò rata L. 140.000 1,40% al Cap. di L. 50.000.000. . » 700.000 ~ » 840.000,— L. 1.413.599,33 In aumento della riserva statutaria
portan-dola così a L. 1.500.000 » 1.244.759,77 A conto nuovo L. 168.839,56 Con tali assegnazioni, tenendo conto delle epoche dei versamenti, il dividendo r i m a n e determinato in L. 18 — per ognuna delle 30.000 azioni originarie della nostra B a n c a ed in L. 27 — per ognuna delle 100.000 azioni provenienti dal cambio dei titoli della « B a n c a r i a » e della « P r o b a n k ».
L a cedola N. 1 delle azioni sociali s a r à pagabile a partire dal 1° aprile p. v. presso le nostre Casse e presso gli altri Istituti e Ditte a ciò autorizzate.
Oltre alla suddetta cospicua riserva di L. 1.500.000 osserverete che un'altra riserva, non meno doverosa e relativamente importante, è già inscritta in bilan-cio p-e-r il deprezzamento degli immobili, in conside-razione della n a t u r a e della destinazione degl'im-mobili stessi. E s s a venne costituita con L. 200.000 prelevate dagli utili e con altre- L. 150.000 provenienti da-equivalente- risèrva destinataci dalla « P r o b a n k » , al momento della fusione. E' nostro intendimento di accrescere annualmente tale fondo, con quella
eroga-zione di utili che ci s a r à permessa dai futuri bilanci, nonché coll'-aggiunta dei suoi frutti, capitalizzandoli. Abbiamo fiducia di meritare, anche in- ciò, la vostra approvazione.
Non potevamo restare insensibili di fronte al rela-tivo disagio che la g u e r r a ha prodotto a l nostro per-sonale, -a causa dei richiami alle armi e dell'aumen-tato- costo della vita. P e n s a m m o così di non privare dello stipendio, salvo .alcune- eque riduzioni, gli im-piegati e i funzionari oggi in servizio, militare, ed aumentammo del 10 per cento- i piccoli e i medi emo-lumenti per coloro che son-o- rimasti nei nostri uffici. In tal guisa abbiamo creduto di premiare l a lodevole opera di tutti coloro che, con umili od elevate- fun-zioni, lavora per l'incremento e il successo del no-stro Istituto. E' anche doveroso per noi ricordare l'eroica morte- che .alcuni impiegati della banca han-no incontrata combattendo contro i nemici d'Italia. V a d a a loro il memore saluto del commosso a n i m o nostro! Pensiamo intanto di giòvare al personale u-nificando i fondi di previdenza degli Istituti incorpo-rali; ed abbiamo fiducia che il nuovo ordinamento, già -allo- studio, risponderà alle giuste aspettative di ognuno.
Sottoponiamo alla vostra approvazione un nuovo testo di statuto, modificante l'antico, specie in al-cune disposizioni che al Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, non parvero del tutto confor-mi al nostro codice di commercio. P e r motivi -di deli-catezza l'intero Consiglio di amministrazione- della « B a n c a I t a l i a n a di Sconto », eletto quando il suo capitale e r a di L. 15.000.000, si presenta dimissiona-rio, ora che l'Istituto h a elevato- il capitale -a L. 70 milioni.
Vorrete procedere alle nomine dei n-uovi ammini-stratori, non escluso- il consigliere delegato. Vi com-piacerete anche- di nominare il- collegio- sindacale, determinandone la retribuzione.
Chiudiamo questa nostra rassegna fornendovi al-cuni dati statistici sul movimento dei principali conti.
Rimanenza al 31 dicembre 1914 L. 29.718.824,76 incassi fatti durante l'anno 1915 » 4.335.055.391,11
L. 4.364.774.215,87 pagamenti effettuati durante l'anno 1915 . » 4.327.876.562,58 Rimanenza al 31 dicembre 1915 L. 36.897.653,29
Portafoglio Italia ed Estero.
Rimanenza al 31 dicembre 1914 L. 147.401.423,62 carico dell'anno 1915 » 2.466.573.789,99
L. 2.613.975.213.61 . . . » 2.449.232.694,88 scarico dell'anno 1915 . . . .
Rimanenza al 31 dicembre 1915. Effetti
n. 75.903 per : L. 164.742.518,73
Banche e Corrispondenti « Debitori e Creditori ».
Questi conti diedero luogo, nel 1915, ad un movimento :
all'attivo di L. 3.897.686,045,07 al passivo di » 3.998.080.463,38 con una rimanenza passiva di . . L. 100.394.418,31 costituita da saldi creditori per . L. 236.765.793,17
» » debitori » . » 136.371.374,86
Depositi in Conto Corrente, Libretti di Bisparmio, Buoni fruttìferi.
Rimanenza al 31 dicembre 1914 L. 105.483,984,55 versamenti effettuati durante il 1915 . . » 352.591.372,97 L. 458.075.357,52 rimborsi eseguiti durante il 1915 . . . . » 340.114.172,24 Totale credito dei depositanti al 31
7 maggio 1916 - N. 2192 L'ECONOMISTA 441 Assegni in circolazione.
Al 31 die. 1914 erano in riman. 6.673 ass. per L. 6.236,638,41 emessi durante l'anno 1915 . 314.484 » » 577.644.678,46
n. 321.157 » L. 583.881.316,87 estinti » » s» 313.154 » » 573.520.948,18 In oircol. al 31 die. 1915 8.003 » L. 10.360.368,69 Conto Riporti,. Riporti nttivi . . . L. 40.346.392,77 » passivi, /.. • > 19.383.526,91 L. 20.962.865,86
EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA
Il numero indice dell' « Economist ». — Nel mese di marzo il numero ìndice dei prezzi delle merci calcolato dall'«Economist » mostra soltanto un lie-vissimo aumento in paragone degli enormi recenti rialzi. Tale aumento, ammonta .a soli 5 punti in con-fronto dei 168 registrati alla fine di febbraio e dei 206 registrati alla fine di gennaio. L'arresto è dovuto principalmente -alla diminuzione nei prezzi degli ali-menti e dei prodotti tessili, diminuzione però che è stata compensata dall'ulteriore aumento dei mine-rali e delle merci varie, come è mostrato- dal seguen-te 'specchietto: D A T A Cereal i e carn e Altr i aliment i Tessil i Mineral i Vari e Caucci ù legn o ecc . Total e - . '. 1 Media Gennaio 1914 563 , 355 642 491 572 2623 Dicembre. •. 1914 714 414.60 509 476 686.50 2800 Gennaio... . 1915 786 418 535 521 748 3003 Febbraio ,. 1915 845 411 552. 50 561 fO 761 3131 Marzo 1915 840 427 597 644 797 3305 Aprile 1915 847 489.50 694.60 630 816 3327 Maggio 1915 893 437 583 600 814 3327 Giugno 1915 818 428 601 624 779 3250 Luglio 1915 838.50 440 50 603 625 774 3281 Agosto ...'.. 1915 841 438.50 628 610.50 778 3296 Settembre . . . 1915 809.50 470.50 667 619. 50 769.60 3336 Ottobre 1915 834 443 50 681 631 50 781 3371 Novembre... 1915 871.50 444 691 667.50 826 3500 Dicembre . . 1915 897 446 731 711. 50 848 50 3634 Gennaio 1916 946.50 465 782 50 761 50 884.50 3840 Febbraio 1916 983 520.50 805 50 801.50 897.50 4008 Marzo 1916 949.50 503 796. 50 851 913 4013Il cotone e i suoi prezzi. — 11 cotone, che rappre-senta in tempo di guerra una parte considerevole nella fabbricazione degli esplosivi, è stato, com'è noto, dichiarato contrabbando- di guerra dai vari paesi belligeranti. All'epoca dello scoppio delle osti-lità il mercato del cotone, come pure quello del cauc-ciù, subì un forte ristagno. Si parlava di un even-tuale periodo di disoccupazione nelle- filande inglesi e francesi e, durante i primi mesi della guerra, la situazione divenne- anche peggiore. Dopo 5 mesi di guerra, alla fine cioè del 1914, il prezzo del cotone salì ,a New York da 6 doli, e 93 cent. (1 doli, equivale a L. 5.18) a 6 doli, e 95 cent, la libbra (una libbra equi-vale a 453 gr.).
Nel dicembre- 1915 il prezzo elei cotone da una me-dia di doli. 10.50 s'elevò a doli. 12.10. Il 24 marzo u. s il prezzo praticato -a New York era di doli. 12.05.
Dal « The Financial and Commercial Chronicle » ri-leviamo i prezzi degli ultimi 16 anni per ogni libbra praticati a New York.
19"0 . . cent. f.8i 1909 . . cent. 9.70
1(01 . • 8.38 IV10 . » 15.15 1P02 . » 8.88 1911 . * 14.60 1903 .
. »
10.15 1912 . » 10.65 1904 . » 14.50 IV13 . » 12.60 1906 .. »
11.75 1914 . » 13.50 1907 . • » I L - 1915 . » 9.30 1908 . » IO. 0 1916 . » 12.05FINANZE DI STATO
Nel primo- gruppo la diminuzione- è in principal modo dovuta ai cereali, mentre i prezzi della carne hanno subito sensibili aumenti. Per il grano, duran-te il mese di marzo-, gl'imbarchi dall'America e- le provviste- sono aumentate notévolmente, mentre vi è stata una diminuzione della richiesta. Si calcola che nella prima settimana di aprile la quantità to-tale del frumento- in viaggio per l'Europa fosse di
(•330.000 quarters contro i 6.650.000 nella corrispon-dente ottava del 1915.
Il prezzo della farina è pure diminuito in simpa-tia con quello del frumento.
I prezzi della carne di bue sono aumentati legger-mente e notevollegger-mente quelli della carne di intintone. Il prezzo della carne di maiale d'altra parte è sceso al livello di quello- di gennaio.
' Per ciò che- riguarda il secondo gruppo, il prezzo h thè e del caffè è salito lievemente; per lo zuc-chero, che era .assai rincarato in febbraio, i prezzi invece sono .ribassati.
Nel gruppo. tessili si nota che i prezzi del cotone sono diminuiti .a cagione della mancanza di richie-sta; che il mercato- della lana è rimasto tranquillo e che il prezzo della juta, non ha registrato varia-zioni. Quanto alla seta si nota un ulteriore rincaro di Prezzi che si spiega con l'aumentata richiesta da Parte dell'America. Passando, al gruppo dei mine-rali: i prezzi del ferro e dell'acciaio restano immu-' , . immu-' . mentre quelli del carbone, sono grandemente saliti. Vi è però da osservare che ai metalli minori si deve la maggior parte dell'aumento registrato in questo gruppo. Il pre-zzo- del rame è salito straordi-nariamente di fronte a quelli dello .stagno e del Piombo. , .
Nel gruppo delle merci varie, l'aumento è princi-palmente dovuto alla soda cristallizzata di cui si
sono avute in marzo forti richieste e al petrolio, che negli ultimi mesi era rimasto stazionario.
La s i t u a z i o n e del T e s o r o
(31 marzo 1916)Dall'agosto 1914 al marzo 1916 la guerra è costata all'erario italiano circa 7 miliardi; e tale costo viene attibuito per metà in parti uguali alla guerra euro-pea e-d alla guerra -dell'Italia. Dal pro-spetto che qui sotto pubblichiamo si ha la maggior spesa occor-sa ai ministeri d-ella guerra e della .marina in con-fronto al periodo prece-dente alla guerra, dal giugno 1915 al marzo 1916, e l'approssimazione del -calcolo si può ritenere la migliore, cih-e oggi sia dato rag-giungere. 1915 L. Giugno . Luglio . Agosto . Settembre . Ottobre. Novembre Dicembre Gennaio. Febbraio Marzo .
Spese della guerra . . L. 4.944.510.687 311.302.626 Spese della preparazione
dall'agosto 1914 al mag-gio 1915. . . . » 1.616.072.104 164.024.281 1916 » Guerra 335.463.998 380.937.976 379.748.682 386.849.995 430,593.845 415.212.146 600.978.168 732.388.975 569.035.378 613.301.524 Marina 30.265.818 32.468.201 54.316.556 28.222.504 29.730.874 25.445.259 32.412.454 21.640.259 23.753.123 33.047.977 Totale. L. 6.560.582.791 473.326.697
Il p-aragon-e pe-r grandi categorie delle entrate ef-fettive ordinarie del conto -del Tesoro nei rispettivi ; periodi -dell'ultimo triennio permette di vedere
co-j me si ebbe -diminuzione nel -periodo della nostra
neutralità per l'influenza della guerra europe,a spe-cialmente nei proventi dei dazi -doganali, ma. còme successivamente i provvedimenti tributari adottati dal Governo abbiano consentito non solo una ri-presa delle entrate, ma un notevole- aumento, occor-rente- del resto- per far fronte al servizio dei prestiti emessi. Ecco le cifre in milioni di I r e :
Entrate ordin. effettive
dal 1 luglio al 31 marzo o diminuzioni Aumenti nel 1915-916 in confronto al 1913-914 1913-914 1914-815 1915-916 Aumenti o diminuzioni nel 1915-916 in confronto al 1913-914 Redditi patrimoniali
Imposte dirette pei redditi Tassa sugli affari . Imposte sui consumi
Servizi pnbblici 24.8 356.9 221.2 473.0 407.4 151.3 19.8 378.6 223.5 356.0 421. 8 148.6 12.8 451.9 244 8 427.1 507.2 177-5 — 12 + 95 -F 23.6 — 45.9 4- 99.8 4- 26.2 Rimborsi, concorsi, ed