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Verifiche ai sensi delle NTC delle opere geotecniche per la copertura a giorno di una zona portuale

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Academic year: 2021

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(1)

i

S

OMMARIO

INTRODUZIONE ... 1

1 DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO ... 2

1.1 PTC della Provincia della Spezia ... 3

1.2 Piano di bacino ... 4

1.3 RPP: Piano Regolatore del Porto ... 5

2 DESCRIZIONE DEL PROGETTO ... 7

2.1 La copertura a giorno del diffusore Enel ... 8

2.1.1 L’impalcato della zona A ... 12

2.1.2 L’impalcato della zona B ... 16

2.2 La banchina a giorno prospicente il diffusore Enel ... 17

3 CARATTERIZZAZIONE DEL SOTTOSUOLO ... 21

3.1 Le indagini ... 22

3.1.1 Estensione dell’indagine ... 23

3.1.2 I mezzi di indagine ... 25

3.1.3 I sondaggi ... 26

3.1.4 Prelievo di campioni ... 27

3.1.5 Caratteristiche dei campionatori ... 28

3.2 Le prove in situ ... 33

3.2.1 Le prove pentrometriche dinamiche SPT ... 34

3.2.2 Le prove penetrometriche statiche (CPT) ... 36

3.2.3 Le prove con piezocono (CPTU) ... 39

3.3 Le prove eseguite ... 42

3.4 Stratigrafia dell’area di progetto ... 43

3.5 Indagini integrative ... 46

3.5.1 La stratigrafia rilevata con il nuovo sondaggio (S4) ... 48

3.5.2 Analisi delle prove SPT ... 51

3.5.3 Analisi delle prove CPTU ... 54

3.6 Le prove di laboratorio eseguite ... 63

(2)

ii

3.6.2 Limiti di consistenza ... 74

3.6.3 Le misure speditive di resistenza ... 81

3.6.4 Le prove triassiali ... 83

4 IL MODELLO GEOTECNICO DI CALCOLO... 94

4.1 La geometria del modello geotecnico ... 95

4.1.1 Le caratteristiche fisico-meccaniche degli strati ... 96

5 LE BANCHINE E I PONTILI PORTUALI... 105

5.1 Le banchine ... 105

5.2 I pontili ... 105

5.3 Sistemi e opere di ormeggio e di accosto ... 105

5.3.1 Le bitte ... 106

5.3.2 Gli anelli di ormeggio ... 106

5.3.3 Parabordi (fender) ... 106

6 ANALISI DEI CARICHI ... 109

6.1 Vita nominale e classe d’uso ... 110

6.2 Carichi permanenti ... 112

6.2.1 Carichi permanenti Zona A e B ... 112

6.2.2 Carichi permanenti della banchina a giorno ... 115

6.3 Carichi variabili ... 117

6.3.1 Carico Vento ... 117

6.3.2 Carico neve ... 119

6.3.3 Carichi variabili di esercizio ... 119

6.3.4 Urti dovuti all’attracco di piccole imbarcazioni ... 120

6.4 Azioni sismiche ... 123

6.4.1 Spettri di progetto ... 127

6.4.2 Periodo proprio copertura del diffusore ... 130

6.4.3 Periodo proprio banchina off-shore ... 132

6.5 Combinazioni di carico ... 134

6.5.1 Combinazioni per gli stati limite di progetto ... 135

6.6 Approcci di verifica ... 136

(3)

iii

6.6.2 SLE ... 138

7 CENNI TEORICI SUL CALCOLO DEI PALI ... 139

7.1 Generalità e tipologie costruttive ... 139

7.2 Capacità portante del palo singolo: approcci analitici ... 141

7.2.1 Resistenza laterale ... 143

7.2.2 Resistenza alla punta ... 145

7.2.3 Pali di grande diametro ... 147

7.2.4 Pali in gruppo ... 149

7.2.5 Calcolo dei cedimenti... 151

7.3 Pali soggetti a carico orizzontale ... 155

7.3.1 La resistenza offerta dal terreno ... 158

7.4 Pali liberi di ruotare in testa in terreni incoerenti ... 159

7.4.1 Efficienza di gruppo dei pali soggetti a carico orizzontale ... 162

7.4.2 Comportamento in esercizio dei pali caricati orizzontalmente ... 163

8 PROGETTO DEI PALI AD ELICA CONTINUA ... 170

8.1 Tecniche esecutive ... 170

8.1.1 Trivellazione ... 171

8.1.2 Estrazione dell’elica e getto di calcestruzzo ... 171

8.1.3 Posizionamento della gabbia di armatura ... 172

8.1.4 L’importanza dei materiali ... 173

8.2 Verifiche SLU ... 173

8.2.1 Verifica del singolo palo... 174

8.2.2 Verifiche di gruppo ... 176

8.2.3 Calcolo dei cedimenti... 180

9 PARATIE ... 181

9.1 Generalità ... 181

9.2 Analisi sismica pseudo statica ... 184

9.3 ParatiePlus 14.0 ... 184

9.4 Il risultato delle analisi ... 185

9.4.1 Momento sollecitante in condizioni di esercizio (SLU) ... 185

(4)

iv

9.4.3 Spostamento in condizioni di esercizio (SLE RARA) ... 186

9.4.4 Momento dovuto alla combinazione sismica ... 187

9.4.5 Taglio dovuto alla combinazione sismica... 187

9.5 Verifica delle armature ... 188

9.6 Verifica allo stato limite di apertura delle fessure ... 194

10 PROGETTO DEI PALI OFF-SHORE... 197

10.1 Procedure esecutive ... 197

10.2 Metodi di vibro-infissione ... 198

10.2.1 Realizzazione del jet-grouting ... 199

10.2.2 I pali di progetto ... 202

10.2.3 Verifiche palo singolo e di gruppo in fase costruttiva... 204

10.2.4 Verifiche del palo singolo e di gruppo in condizioni di operatività ... 208

10.2.5 Verifiche del palo soggetto a forze orizzontali ... 210

10.3 Verifiche di resistenza del palo tubolare ... 211

10.4 Verifiche SLE ... 214

10.4.1 Verifiche dei cedimenti del palo singolo e di gruppo ... 214

10.5 Verifiche sotto l’azione sismica... 215

10.6 Modellazione su SAP2000 della banchina off-shore ... 216

10.6.1 Analisi modale ... 220

10.6.2 Verifiche agli spostamenti orizzontali... 221

10.7 Verifiche di durabilità e corrosione ... 221

11 CONCLUSIONI ... 224

BIBLIOGRAFIA ... 225

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1

I

NTRODUZIONE

Questo lavoro di tesi consiste nell’analisi del comportamento di palificate a sostegno di una copertura a giorno, situata in una zona portuale.

In primo luogo è stata definita la stratigrafia del terreno tramite l’utilizzo di prove CPTU e di sondaggi, poi sono stati realizzati modelli di simulazione tramite software (Sap2000 e Paratie Plus 14) basati su codici di calcolo ad elementi finiti e in cui ogni porzione di terreno è schematizzata da molle alla Winkler.

Le tipologie di palo soggetto di studio sono due: pali CFA (pali trivellati ad elica continua) e pali in acciaio trattati con bulbo jet-grouting.

Per ogni tipologia sono state descritte sia le caratteristiche che i diversi metodi di realizzazione. Una volta analizzato il comportamento, sia sotto carichi orizzontali che verticali per ogni tipologia di palo, il lavoro di tesi si è concluso con le verifiche geotecniche e strutturali delle opere.

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2

1 D

ESCRIZIONE DELL

INTERVENTO

I lavori in oggetto fanno parte del PRUSST (Programma di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio) dell’Area Centrale La Spezia.

Il progetto in esame prevede la realizzazione del banchinamento dell’aera compresa tra il terminal Ravano ed il terminal del Golfo, attualmente occupata dalla Marina di Fossamastra, come previsto dal Piano Regolatore Portuale. Il Piano Regolatore Portuale inquadra quest’area nell’Ambito 6 e prevede la realizzazione di una superficie di 10΄200 mq.

Le funzioni diportistiche della Marina di Fossamastra saranno trasferite nella nuova marina prevista in corrispondenza del Molo Pagliari.

L’area in oggetto è caratterizzata dalla presenza del diffusore Enel, ossia l’opera di recapito delle acque di raffreddamento della Centrale Eugenio Montale di La Spezia. Quest’opera ha condizionato ed influito sulla scelta costruttiva del banchinamento, infatti per consentire il libero deflusso delle acque provenienti dal sistema di raffreddamento della centrale è stata prevista una struttura prevalentemente a “giorno”, posta a copertura del diffusore delle acque di raffreddamento dell’impianto termoelettrico dell’Enel.

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3 1.1 PTC della Provincia della Spezia

Il Piano Territoriale di Coordinamento provinciale, colloca l’area in prossimità di una futura “stazione mare-terra” e conseguente parcheggio d’attestazione, e si trova attualmente nel complesso nel Sistema degli insediamenti produttivi, in particolare nelle aree produttive della Filiera del Mare ed Aree del Porto Commerciale.

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4 1.2 Piano di bacino

L’area di intervento è localizzata dalla Regione Liguria di competenza del Piano di Bacino dell’Ambito 20 relativo al Golfo della Spezia. L’area di intervento non è considerata a rischio idrogeologico, ma il diffusore delle acque di raffreddamento della centrale Enel, confina con un’area considerata a rischio idrogeologico di fascia “A”.

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5 1.3 RPP: Piano Regolatore del Porto

Figura 4:Stralcio del PRP dell'Autorità Portuale della Spezia

Il piano Regolatore del Porto della Spezia localizza l’area di intervento del diffusore nell’ambito 6: l’area è attualmente individuata come destinata ad aree turistico diportistiche. Nelle previsioni di piano, invece, l’area prevede la realizzazione di “nuove aree commerciali”, nelle tavole delle previsioni l’area in oggetto è individuata ed evidenziata come “progetto di conversione Marina di Fossamastra in funzioni commerciali”, e queste sono esattamente le finalità del presente progetto.

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6

Figura 5: Previsioni dell'ambito 6 del PRP

Il Piano Regolatore del Porto consente ampliamenti funzionali di banchina proporzionali all’incremento atteso dei traffici. Razionalizza gli spazi a servizio delle funzioni commerciali prevedendo l’acquisizione di aree artigianali quali la Marina di Fossamastra interessata dal progetto in esame, con conseguente trasferimento delle attività in aree esterne all’ambito portuale e consente, in accordo con le Amministrazioni Locali, eventuali ampliamenti aggiuntivi in caso di conversione ad uso urbano di aree portuali a confine con la città.

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7

2 D

ESCRIZIONE DEL PROGETTO

Il progetto riguarda la realizzazione di una banchina a giorno in corrispondenza del diffusore Enel all’interno del Golfo del Porto di La Spezia, data la presenza del canale adibito al deflusso delle acque di raffreddamento con cui non è possibile interferire, le scelte progettuali adottate possono raggrupparsi in tre macro soluzioni strutturali, a seconda che l’opera possa costituire un’interferenza con l’area occupata dal diffusore.

Possiamo individuare:

 La realizzazione di un impalcato metallico in soluzione mista acciaio calcestruzzo, posta a copertura del diffusore Enel;

 Una banchina a giorno prospicente il diffusore costituita da una soletta mista in travi di calcestruzzo armato precompresso e getto di completamento realizzata su pali off-shore;

 Una banchina in palancole metalliche con tiranti di supporto per il contenimento dei rinterri interposti in continuità tra la struttura del diffusore ed il terminal Tarros. In particolare questa tesi si occuperà della progettazione delle opere di fondazione dell’impalcato misto posto a copertura del diffusore e della banchina a giorno su pali prospicente il diffusore.

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8

L’area soggetta ad intervento presenta notevoli interferenze con le strutture ed infrastrutture esistenti, la principale e della quale ci occuperemo nel progetto della tesi è costituita dal diffusore Enel, che non deve subire alcun intervento od alterazione strutturale e deve essere comunque garantita l’operatività durante le fasi di costruzione e di esercizio della nuova banchina.

Esistono poi anche altre interferenze di vario tipo e di carattere “ordinario” (che comunque esulano dalla tesi), come ad esempio:

 Impianti delle fognature nere, impianti di raccolta delle acque meteoriche;  Acquedotti;

 Reti di distribuzione dei principali servizi come acqua, gas, telefono, elettricità;  Interferenze con infrastrutture come strade e ferrovia;

 Interferenze con opere esistenti come gli edifici posti in continuità ai due terminal e le quote del piano campagna che sono diverse tra i due terminal.

L’interferenza con il diffusore della centrale elettrica, è stata risolta con la scelta della tipologia di intervento. La copertura del diffusore, tramite un impalcato misto acciaio-calcestruzzo, offre la possibilità di scavalcare totalmente la struttura del diffusore e scaricare i carichi permanenti e di esercizio su delle opere di fondazione adiacenti allo scatolare in calcestruzzo del canale artificiale, senza intervenire o portare un aggravio dei carichi sullo stesso e al contempo consentire le normali operazioni di ispezione e manutenzione del diffusore.

L’interferenza però non è solamente di carattere strutturale, ma anche idraulico, infatti deve essere garantito il deflusso libero delle acque di raffreddamento della centrale Eugenio Montale, questo viene garantito con la realizzazione della banchina prospicente il diffusore sorretta da pali off-shore vibro infissi nel fondale marino, disposti in modo tale da minimizzare la restrizione della sezione di deflusso.

2.1 La copertura a giorno del diffusore Enel

Il diffusore rappresenta l’emissario di un canale artificiale sotterraneo proveniente dalla vicina centrale elettrica. È realizzato con lastre prefabbricate in calcestruzzo armato ed unite in opera con getto di completamento, in modo da costruire uno scatolare in calcestruzzo su tre lati, soletta inferiore e muri contro terra laterali, formando così l’alveo artificiale di forma rettangolare del canale. La struttura in pianta ha una forma trapezia con il lato corto a monte e che si apre gradualmente verso il mare nella direzione del deflusso.

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9

Figura 7: pianta della struttura del diffusore delle acque di raffreddamento della centrale Enel

Una peculiarità di questa opera è costituita dal piano inferiore che risulta in contropendenza rispetto alla direzione di deflusso, infatti possiamo osservare che a monte il tirante idraulico è pari a circa 5.80 m, mentre la zona a mare è caratterizzata da una profondità massima pari a 2.00 m.

Figura 8: sezione longitudinale del diffusore

In virtù della maggiore profondità presente nella sezione di monte rispetto alla sezione di valle, risultano superiori anche le sollecitazioni causate dalle spinte del terreno situate tergo dei muri di contenimento, perciò come si può notare dalla Figura 9, nella zona dove tali spinte risultavano eccessive sono state realizzate delle travi in calcestruzzo armato che collegano in sommità i due muri laterali, realizzando di fatto dei puntoni collaboranti.

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10

La seconda metà del diffusore è caratterizzata da una profondità media inferiore, le spinte del terreno adiacente ai muri di contenimento non risultano eccessive, perciò la sezione non presenta le travi-puntone precedentemente descritte.

Figura 10:sezione trasversale del diffusore priva delle travi-puntone in sommità dei muri di contenimento

La copertura del cono rovescio del canale artificiale è stata realizzata con un impalcato a campata unica con sezione mista acciaio-calcestruzzo, che per geometrie, condizioni a contorno e carichi previsti, risulta la soluzione più performante ed economicamente vantaggiosa. La soletta di copertura può essere analizzata e verificata come la travata di un ponte in sezione mista. In questo caso la travata è costituita da 61 travi composte per saldatura di lamiere in acciaio tipo S355J0, disposte tra di loro parallelamente e con interasse variabile in funzione dei carichi competenti a ciascuna trave. Le travi inoltre sono stabilizzate sugli appoggi da traversi di testata realizzati con profili IPE laminati. La soletta in calcestruzzo armato è gettata in opera, previa disposizione di solette predalles prefabbricate che costituiscono al contempo parte integrante della soletta e il cassero necessario al contenimento del getto, garantendo velocità ed economicità di esecuzione, e soprattutto, lavorazioni da terra.

Le travi in acciaio sono ad altezza costante, ed in virtù dello schema statico a trave semplicemente appoggiata, sono state posizionate nella flangia di intradosso imbottiture saldate, atte ad aumentare l’inerzia resistente della sezione, al fine di soddisfare le richieste prestazionali aggiuntive ove necessario.

Le travi metalliche saranno prefabbricate in officina con una opportuna controfreccia, pari alla deformata del peso proprio della trave, della soletta in calcestruzzo e dei sovraccarichi permanenti. L’impalcato metallico è posizionato su appoggi in gomma armata dimensionati per il trasferimento dei carichi verticali e orizzontali e, nel contempo, consentire liberamente le dilatazioni termiche della struttura senza generare ingenti coazioni sulle strutture o fondazioni adiacenti.

La fondazione che dimensioneremo in questo elaborato è costituita da una trave di coronamento in calcestruzzo dotata di veletta paraghiaia laterale, che collega in testa la cortina di pali che si sviluppa longitudinalmente i fianchi del diffusore.

La copertura del diffusore geometricamente si presenta di una forma trapezia, con una lunghezza longitudinale di 126 m circa, ed una larghezza pari a 44,60 m alla foce del canale artificiale

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e di 8,30 m all’altezza del canale di immissione sotterraneo proveniente dalla centrale elettrica. Ne deriva che l’area interessata dall’intervento sul diffusore è di circa 3΄350 m2, e costruttivamente

(come indicato in Figura 11) può essere suddivisa in due zone tra loro differenti. Nello specifico si possono individuare:

 ZONA A: la soletta in sezione mista è continua tra i due appoggi e presenta una superficie di calpestio perfettamente continua ed utilizzabile;

 ZONA B: La zona è caratterizzata dalla soletta di calcestruzzo che risulta discontinua in corrispondenza della zona di mezzeria per una larghezza di circa 18,50m ed una lunghezza di 21.00 m. Tale zona lascerà l’impalcato metallico a vista e coperto con un semplice grigliato metallico pedonale: tale area sarà escluda dalle attività connesse all’uso di deposito dei piazzali di banchina, per motivi legati ai limiti strutturali di resistenza dell’impalcato stesso.

Figura 11:Definizione schema strutturale copertura diffusore - zone con caratteristiche omogenee

Come precedentemente affermato, l’impalcato metallico è costituito da 61 travi composte con lamiere saldate. Procedendo dalla foce verso la parte rastremata e numerando le travi in modo ordinato, otteniamo le travi metalliche da S1 a S7 costituenti l’impalcato metallico della zona B, e le travi da T1 a T54 costituenti l’impalcato metallico della zona A.

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Figura 12:planimetria di progetto delle carpenterie metalliche previste per la copertura del diffusore

2.1.1 L’impalcato della zona A

Le travi dell’impalcato della zona A, numerate dalla T1 alla T54, hanno una luce variabile decrescente, si parte da 37.70 m e si arriva a 8.05 m. In virtù dell’interasse variabile da 1 a 4 m in funzione di un’ottimizzazione e standardizzazione del processo di prefabbricazione e montaggio, le travi sono state divise in sottogruppi, i quali presentano travi con stesso interasse e con stesse geometrie della sezione, variando naturalmente la lunghezza dell’imbottitura se prevista o necessaria. Procedendo in questo modo, è stato possibile individuare cinque aree componenti l’impalcato della zona, dove l’interasse varia da 1 m a 4 m di lunghezza. In seguito, per l’analisi dei carichi faremo riferimento alla seguente immagine.

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Inoltre, in fase di dimensionamento, è stato ridotto al minimo l’effetto di deformazioni relative tra travi adiacenti generate dal carico di esercizio del piazzale, utilizzando una soletta di spessore 45 cm in calcestruzzo armato.

Nei paragrafi seguenti riportiamo le sezioni delle cinque zone precedentemente descritte.

2.1.1.1 Le travi della zona A1

La zona A1 è composta da travi (T1_T19), che presentano tutte la stessa geometria trasversale ecceto la trave T1 che è composta da due travi identiche calastrellate, in quanto costituisce la trave di bordo tra la zona A e la zona B. L’interasse tra le travi in questa zona è pari ad 1 m, in virtù della notevole luce, e quindi del carico permanente e di esercizio che devono sostenere.

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Figura 15:sezione tipo travi T2-T42

2.1.1.2 Le travi della zona A2

La zona A2 è composta dalle travi numerate dalla T20 alla T35, esse sono caratterizzate da un interasse pari a 1.50 m. Le caratteristiche geometriche delle sezioni tipo possono essere desunte dall’immagine riportata in Figura 15.

2.1.1.3 Le travi della zona A3

La zona A3 è composta dalle travi numerate dalla T36 alla T42, esse sono caratterizzate da un interasse pari a 2.50 m. Le caratteristiche geometriche delle sezioni tipo possono essere desunte dall’immagine riportata in Figura 15.

2.1.1.4 Le travi della zona A4

La zona A4 è composta dalle travi numerate dalla T43 alla T50, esse sono caratterizzate da un interasse pari a 3.50 m. Le caratteristiche geometriche delle sezioni tipo possono essere desunte dall’immagine riportata in Figura 16.

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Figura 16:sezione tipo travi T43-T50

2.1.1.5 Le travi della zona A5

La zona A5 è composta dalle travi numerate dalla T51 alla T54, esse sono caratterizzate da un interasse pari 4.00 m.

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16 2.1.2 L’impalcato della zona B

L’impalcato metallico della zona B è costituito dalle travi da S1 a S7, ed hanno una lunghezza pari rispettivamente a 43.00 m e 37.80 m e con interasse tra loro costante pari a 3 m. La sezione resistente delle travi varia durante la loro estensione: la prima parte è in tipologia mista, e quindi composta acciaio calcestruzzo (in corrispondenza degli appoggi e della soletta carrabile), la seconda ha una sezione in acciaio di altezza maggiorata in corrispondenza del grigliato metallico precedentemente illustrato.

Figura 18:Vista longitudinale tipo travi S1-S7

L’impalcato metallico della zona B presenta trasversalmente travi sostanzialmente identiche, ma che longitudinalmente cambiano lunghezza, questo per avere una trave omogenea e idonea a sostenere la soletta di progetto (tramite l’ausilio dei pioli Nelson).

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2.2 La banchina a giorno prospicente il diffusore Enel

La banchina a mare situata a valle del diffusore Enel, ricopre una superficie di circa 2΄210 m², tale banchinamento è sorretto da tre file di pali vibro infissi nel fondale marino della lunghezza di 24.00 m, diametro pari a 1΄219 mm e spessore di 13 mm. La soletta che costituisce la banchina è realizzata con travi prefabbricate di tipo PAC dello spessore di 70 + 30 cm, le quali poggiano su travi saldate composte da lamiere in acciaio sempre di tipo S355J0. Le travi si presentano con una sezione chiusa torsiorigida, disposte longitudinalmente e collegate alle teste dei pali. L’interasse di ciascuna trave, e quindi dei pali, è pari a 12.60 m, mentre l’interasse trasversale dei pali è di 4.10 m.

Al fine di garantire una sufficiente portata verticale la base di ciascun palo e consolidata per mezzo di colonne di jet-grouting della lunghezza di 5 m e diametro nominale di 2.5 m. La lavorazione con jet-grouting, prosegue anche all’interno del palo infisso fino all’altezza del fondale di progetto.

Il piazzale della banchina viene terminato con la realizzazione di una soletta di completamento, dello spessore di 30 cm e resa solidale alle travi prefabbricate in calcestruzzo tramite i ferri di ripresa predisposti, mentre viene resa solidale alle travi longitudinali in acciaio tramite la presenza di pioli connettori di tipo Nelson.

Le travi tipo PAC, sono realizzati da una lastra di larghezza massima pari a 250 cm. La sezione trasversale è suddivisa longitudinalmente da 4 nervature di irrigidimento di cui le due centrali sono collegate superiormente da una soletta che realizza in tal modo una sezione scatolare chiusa. Il cassero interno di tali nervature è realizzato usando dei blocchi di EPS (poliestere espanso ad alta densità) di lunghezza e sezione variabile: in tal modo è possibile, in prossimità degli appoggi, aumentare la sezione di calcestruzzo armato modellando adeguatamente i blocchi di EPS. Inoltre è possibile realizzare dei travesi intermedi, ove necessario, con lo spessore ed armatura richiesta. Le lastre di base delle travi, posate in opera in accosto, realizzano un piano di intradosso che separa compiutamente le attività di cantiere sopra l’impalcato, dal servizio sottostante. I blocchi di polistirolo, accostati alla soletta superiore centrale, realizzano un piano di lavoro continuo per la posa del ferro e il getto della soletta, ad eccezione delle linee in corrispondenza delle nervature laterali, lasciate ad una quota inferiore, dove il getto integrativo ha la funzione di completare sia le nervature stesse, sia il collegamento tra traversi intermedi, riprendendo le armature lasciate sporgere in fase di prefabbricazione. Le superfici superiori delle nervature laterali non vengono lisciate per garantire l’aggrappo del getto in opera: il getto di completamento aggiunge rigidezza strutturale andando a realizzare altre sezioni chiuse tra quelle già presenti. I vantaggi che si ottengono con l’adozione di questa trave sono molteplici:

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 elevata velocità di posa in opera: per il cantiere in oggetto si garantisce il montaggio di una superficie di ca. 400 mq/giorno;

 monoliticità strutturale: la struttura finale è a doppia lastra internamente nervata nelle due direzioni principali. La funzione di ridistribuzione trasversale delle sollecitazioni è ottimizzata al massimo;

 massima protezione dagli agenti atmosferici: la superficie esposta è la minima possibile;  adattabilità: la sagomatura dei blocchi di polistirolo permette di adattare lastre, nervature e

traversi agli spessori richiesti dal calcolo;

 in prossimità degli appoggi e per la lunghezza necessaria, è possibile dilatare linearmente la larghezza delle nervature, fino ad ottenere al limite una sezione piena.

Figura 20:sezione tipo di lastra prefabbricata in soletta

Le travi in acciaio che costituiscono l’appoggio delle lastre prefabbricate sono disposte principalmente su tre file longitudinali e dispongono di pioli che rendono collaboranti la soletta di calcestruzzo con l’impalcato metallico. In corrispondenza dei pali sia la piattabanda superiore ed inferiore sono di dimensione ridotta per la presenza di un foro di 170 mm, poiché per la realizzazione del jet-grouting all’interno dei pali, è necessario inserire una tubazione guida per gli ugelli che iniettano a pressione aria e boiacca di cemento. Si osserva che la sezione risulta sovradimensionata per tenere conto della corrosione che si presenterà durante la vita utile

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dell’opera, infatti gli spessori delle anime e delle piattabande sono maggiorati di 5 mm (vedi par. 10.7: Verifiche di durabilità e corrosione). Le travi, inoltre, sono tutte realizzate con la stessa sezione resistente e con le stesse geometrie in modo da standardizzare la realizzazione in officina. Si riportano di schemi geometrici delle sezioni delle travi.

Figura 21:sezione tipo travi impalcato C banchina

I pali sono stati disposti su tre file longitudinali e perciò parallele alla direzione di deflusso dell’acqua di raffreddamento proveniente dalla centrale elettrica, in modo da minimizzare l’interferenza con il deflusso dell’acqua stessa, portando una riduzione minima della sezione. I pali previsti sono posti trasversalmente ad una distanza pari a 12.60 m e longitudinalmente ad una distanza pari a 4.10 m, le distanze reciproche sono superiori a tre volte il diametro previsto in questo modo si va a minimizzare l’interferenza reciproca ed ottimizzare il lavoro di gruppo. Le verifiche per il dimensionamento dei pali vibro infissi e le rispettive verifiche strutturali, argomento di questa tesi, saranno affrontate nei prossimi capitoli. La soletta di impalcato di forma indicativamente trapezia si estende per le dimensioni totali di 2΄210 m², risulta sostenuta dalle travi prefabbricate e dalle travi in acciaio poggiate sulle teste dei pali nella parte centrale del banchinamento, mentre poggia lateralmente sul ciglio di bordo dei due terminal esistenti. In particolare dalla parte del terminal Ravano, poggia parzialmente su un palancolato metallico realizzato con profili metallici AZ alternati a pali per una lunghezza di 21.85 m, mentre dalla parte del terminal Tarros la soletta della banchina poggia per l’intera lunghezza longitudinale pari a 45.20 m su un palancolato metallico precedentemente realizzato.

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Figura 22:Sezione tipo appoggio laterale

In virtù di questa condizione, la soletta della banchina sarà considerata sorretta dai pali e per le aree di competenza dai palancolati a lato, invece orizzontalmente sarà trascurato il contributo degli appoggi elastomerici posti sui cigli delle banchine adiacenti. Tali appoggi saranno considerati semplicemente dei vincoli verticali, il loro comportamento orizzontale sarà equiparato a dei carrelli multidirezionali, ne consegue che il tutto carico trasversale dovuto al sisma, al vento, o ad eventuali urti con navi in manovra del Porto, sarà affidato esclusivamente ai pali. In questo caso particolare attenzione sarà posta alla progettazione dei pali che risulteranno equiparabili a delle mensole a sbalzo di 13.00 m, in quanto una volta realizzata la banchina, il fondale sarà dragato fino ad ottenere un pescaggio di 12.50 m.

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3 C

ARATTERIZZAZIONE DEL SOTTOSUOLO

Il progetto di una struttura, in particolare quella di un’opera di tale dimensione, è un processo in cui interagiscono esperienza, indagini ed analisi. Il progettista sulla base degli elementi acquisiti opera la schematizzazione della realtà fisica attraverso un modello, per formulare previsioni che consentano di operare le scelte progettuali decidendo la tipologia degli interventi ed effettuando un predimensionamento della stessa.

Le fondazioni sono elementi di fondamentale importanza perché costituiscono il collegamento tra il terreno e la struttura, e devono consentire il corretto trasferimento dei carichi con sufficienti margini di sicurezza. In particolar modo bisogna garantire:

 che ci sia una sufficiente sicurezza nei confronti della rottura dell’insieme fondazione-terreno;

 che lo stato di sforzo nella struttura di fondazione risulti compatibile con i requisiti strutturali riguardanti la resistenza dei materiali;

 la durabilità e che l’insorgere di stati di fessurazione sia minimo

 che i cedimenti assoluti e differenziali risultino compatibili sia con la statica sia con la funzionalità della struttura (spesso è questo l’elemento più vincolante e che determina il dimensionamento delle strutture di fondazione).

Di non minore importanza risulta anche il quadro economico e realizzativo, infatti deve essere garantito un progetto che sia tecnologicamente realizzabile, con fasi esecutive chiare, agevoli e realizzabili con una adeguata sicurezza operativa. Infine, senza venir meno ad alcuno dei requisiti sopra menzionati, la soluzione in progetto deve rispondere anche a criteri di sostenibilità economica.

La soluzione progettuale, pur rispettando tutti i requisiti generali sopra menzionati, conserva comunque un suo carattere di soggettività, infatti la scelta di una tipologia strutturale rispetto ad un’altra dipende da molti fattori esterni di notevole rilevanza:

 le specifiche condizioni del sito oggetto della realizzazione (accessibilità, presenza di altri edifici, vincoli imposti da servizi di varia natura, regolamenti urbanistici, interferenze con altre infrastrutture);

 quota della falda;

 le necessità temporali per la realizzazione e l’esecuzione dei lavori;

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E’ importante tener conto di tutte le valutazioni sin qui esplicitate, perciò il progetto ottimale deve essere configurato in una successione di fasi riportate in seguito:

a) Una campagna di indagini, mirate alla caratterizzazione geotecnica del terreno. Tali prove hanno l’obiettivo di escludere rischi di natura geologica e di consentire, attraverso i dati acquisiti, la costruzione di un modello geotecnico di riferimento con i relativi parametri atti a descrivere con un modello matematico il comportamento del sottosuolo interessato dalle fondazioni.

b) Sulla base dei dati acquisiti con la campagna di indagini e sulle esigenze funzionali della struttura si procede alla scelta della tipologia della fondazione ed a un predimensionamento della struttura. Le dimensioni della struttura di fondazione saranno poi affinate e modificate nella fasi successive, con lo scopo di assicurare i necessari requisiti di sicurezza, funzionalità ed economicità precedentemente discussi.

c) Lo studio della modalità esecutiva rappresenta una delle fasi più delicate nel campo delle strutture di fondazione, infatti essa comporta scelte importanti nell’organizzazione del lavoro come gli interventi di scavo, che possono comportare interferenze con la falda e con gli edifici esistenti adiacenti al sito. Particolare attenzione deve essere data allo studio delle fasi a breve ed a lungo termine delle lavorazioni, il terreno in condizioni drenate e non drenate ha dei comportamenti differenti che al variare della tipologia non sono sempre a favore di sicurezza.

3.1 Le indagini

Nell’ingegneria geotecnica è necessario caratterizzare dal punto di vista fisicomeccanico quella parte del sottosuolo che influenza il comportamento dell’opera. Come introdotto nel paragrafo precedente, lo scopo delle indagini è la raccolta di informazioni sufficienti a consentire la scelta del tipo di fondazione, di evidenziare i problemi che eventualmente possono sorgere in fase di realizzazione, di mettere in luce potenziali rischi di natura geologica e fornire dati meccanici per la modellazione del terreno interessato dall’azione della fondazione. A tal fine occorre considerare elementi assai vari: costituzione del sottosuolo e geometria delle stratificazioni in esso presenti, presenza e regime delle acque sotterranee, proprietà fisicomeccaniche dei terreni e stato tensionale (attuale e passato). Tutti questi elementi devono essere determinati attraverso un piano di indagini, che ci consentano di schematizzare la complessa situazione naturale in un modello geotecnico del terreno sottoponibile ad accurate analisi di calcolo.

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Le informazioni di carattere geologico, come pure quelle deducibili da un’ispezione visuale, risultano necessarie, ma non sono da sole sufficienti a soddisfare le esigenze del progettista. Le proprietà fisico-meccaniche dei terreni devono infatti essere tradotte in termini quantitativi e qualitativi per poter essere utilizzati in un modello geotecnico di calcolo del suolo. Le indagini geotecniche perciò devono essere realizzate con lo scopo di fornire il valore di ogni parametro ritenuto significativo con un adeguato grado di sicurezza ed affidabilità.

Le indagini possono avere vari gradi di approfondimento diversi in funzione dell’importanza dell’opera e dalle sue fasi di studio (ossia studio di fattibilità, progetto preliminare, progetto esecutivo, realizzazione, controlli in corso d’opera e collaudo). Per fasi preliminari o per strutture di modesta importanza, il progettista può semplicemente rifarsi all’esperienza acquisita sull’area tramite indagini realizzate per strutture limitrofe ed adottare cautelativi margini di sicurezza senza effettuare specifiche indagini, ma questo non ricade nel progetto oggetto di tesi.

Nella maggior parte dei casi, l’aspetto che condiziona maggiormente la tipologia, l’estensione, la qualità e la quantità dei dati acquisiti e quindi dell’indagine, è rappresentato dalla natura del terreno. In particolare, possono presentarsi casi estremi di depositi caratterizzati da variabilità spaziale e meccanica così marcata che anche un ampio e sofisticato programma di indagine può fornire solo una vaga stima delle proprietà medie del deposito: uno dei limiti delle indagini geotecniche è la puntualità dei dati raccolti, che vengono estesi in modo più o meno ampio a tutto il sottosuolo in base alla continuità ed affinità dei dati raccolti in punti di indagine più o meno distanti.

3.1.1 Estensione dell’indagine

Nel caso di strutture ordinarie quali le civili abitazioni, è raccomandata l’esecuzione di quattro sondaggi, ubicati in corrispondenza degli spigoli dell’area di impronta della fondazione.

Negli ultimi anni la prassi, spinta sempre dalla necessità di una maggiore economicità degli interventi, si è consolidata con l’esecuzione di un solo sondaggio di taratura affiancato da una prova penetrometrica in sito, ed i risultati validati ed estesi da ulteriori prove penetrometriche in sito realizzate sul perimetro dell’opera.

La profondità da indagare dipende dalle dimensioni della fondazione, dalla tipologia della stessa e dall’entità del carico unitario trasmesso al terreno. Generalmente i sondaggi vengono spinti fino ad una profondità pari ad 1.5 volte la larghezza della fondazione, questo perché a tale distanza l’incremento della tensione verticale è pari a circa 1/5 del carico unitario applicato direttamente in superficie.

Nel caso di fondazioni dirette sufficientemente distanti tra loro, tale profondità risulta modesta, mentre nel caso in cui vi sia iterazione tra le fondazioni, la profondità da indagare può raggiungere

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notevoli valori in quanto deve essere commisurata all’intera area caricata come se si trattasse di una fondazione unica.

Nel caso di fondazioni su pali invece, la profondità da indagare dipende dalla lunghezza di infissione del palo ed il loro comportamento globale: se costituiscono un gruppo di pali, la profondità da indagare può essere stimata facendo riferimento al concetto di fondazione equivalente, ossia immaginando che la fondazione su pali corrisponda a livello di comportamento e trasmissione dei carichi ad una fondazione diretta posta ad una profondità pari a 2/3 della lunghezza degli stessi, ed a tale fondazione si applicano i metodi precedentemente descritti.

Per effettuare stime più accurate della profondità si ricorre alle soluzioni basate sulla teoria dell’elasticità di Boussinesq, spingendoci a profondità corrispondenti ad un incremento della tensione verticale pari al 10% del carico unitario applicato in superficie.

Figura 23:bulbo delle pressioni sotto carico circolare uniforme

Uno dei metodi più semplici ed immediati per la valutazione dell’incremento della tensione verticale è quella di ipotizzare il terreno come un semispazio indefinito costituito da un materiale omogeneo ed isotropo, e considerare che il carico si diffonda uniformemente all’interno di un volume tronco-piramidale indefinito aventi superfici inclinate di 60° rispetto all’orizzontale: in questo modo l’impronta virtuale della fondazione cresce equamente nei due lati di un valore pari alla profondità virtuale.

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Figura 24:distribuzione approssimata delle tensioni verticali

Tali prescrizioni costituiscono comunque una linea guida e non un modo sistematico di procedere, infatti la presenza di terreni molto eterogenei o la presenza di strati profondi con qualità fisico-meccaniche scadenti deve indurre a procedere con cautela ed aumentare in corso d’opera le profondità di indagine. In questa fase risulta di fondamentale importanza l’esperienza e la capacità degli operatori qualificati che si occupano di eseguire le indagini.

3.1.2 I mezzi di indagine

Le metodologie e le attrezzature delle quali si dispone per le indagini geotecniche sono numerose ed assai varie, dalle più semplici alle più raffinate. Per il riconoscimento del terreno, e cioè per definire la costituzione del sottosuolo e la natura dei terreni in esso presenti, generalmente occorre eseguire una perforazione di sondaggio.

Per quanto riguarda invece la determinazione delle caratteristiche fisico-meccaniche dei terreni, occorre adottare contemporaneamente due tipi di indagine, che risultano tra loro complementari:

 Il prelievo di campioni indisturbati con successiva sperimentazione in laboratorio;  L’esecuzione di prove in sito.

Entrambi gli approcci presentano vantaggi ed inconvenienti.

La classica indagine con prove di laboratorio su campioni indisturbati consente una sperimentazione molto articolata ed accurata consentendo di definire con precisione le azioni applicate, ma opera su volumi di terreno assai ridotti ed inevitabilmente disturbati, in misura non sempre definibile, dalle operazioni stesse di prelievo, in tal caso risulta di fondamentale importanza

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l’esperienza e la capacità degli operatori di eseguire un prelievo del materiale in profondità il più indisturbato possibile.

Al contrario, con le prove in sito si opera su maggiori volumi di terreno e nelle condizioni del sito; tuttavia ciò che si misura non è in genere una proprietà del terreno, ma una grandezza da correlare in modo più o meno approssimato alle proprietà del terreno ricavate dalle prove di laboratorio.

Per questo si è soliti classificare i metodi e mezzi di indagine in diretti, semidiretti o indiretti.

Figura 25:Tabella riassuntiva dei mezzi di indagine geotecnici

Nel caso del progetto in esame, sono stati realizzati 4 carotaggi continui con due prove penetrometriche CPTU, quindi entreremo nel merito solamente di questi due tipi di indagine.

3.1.3 I sondaggi

Le perforazioni di sondaggio hanno lo scopo principale di ricostruire il profilo stratigrafico della porzione di terreno indagata, di prelevare campioni rappresentativi per il riconoscimento dei terreni e campioni indisturbati per l’esecuzione di prove di laboratorio, di installare in profondità strumenti quali inclinometri, piezometri o accelerometri, eseguire prove in sito e rilievi sulle acque sotterranee.

Rappresentano senza dubbio il più diffuso ed importante mezzo d’indagine soprattutto se lo scopo è quello di individuare il profilo stratigrafico del terreno, nonché quello di prelevare campioni per le indagini di laboratorio, il sondaggio se eseguito con attrezzature che consentano il prelievo di carote continue, viene definito carotaggio continuo. Se l’obiettivo è invece quello di raggiungere una determinata profondità, ad esempio per l’installazione di uno strumento di misura o per il prelievo di un campione nel più veloce tempo possibile, è possibile utilizzare attrezzature che

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disgregano il terreno, portando in superficie i frammenti in sospensione nel fluido di perforazione. In questo caso si parla di sondaggio a distruzione.

3.1.4 Prelievo di campioni

Quando si parla di prelievo di campioni indisturbati, non si allude ad una porzione di terreno estratto in profondità realmente indisturbato e che quindi presenta tutte le caratteristiche fisiche, chimiche e tensionali identiche alla porzione di terreno originaria, ma si intende un campione che conservi la struttura, il contenuto d’acqua e la composizione chimica del terreno in sito, e che risulti rappresentativo della determinazione di parametri di resistenza a taglio, deformabilità e permeabilità, nonché dello stato di aggregazione.

Si parla di campionamento ideale quando le operazioni di prelievo alterano solamente lo stato tensionale del provino e non le altre caratteristiche fisico-chimiche del campione.

Infatti sussistono molte cause di disturbo che, seppur minimizzabili, non risultano completamente eliminabili. Le principali cause di disturbo sono le seguenti:

 Rigonfiamento del terreno: L’estrazione del materiale comporta inevitabilmente una riduzione dello stato di sforzo con conseguente fenomeno di rigonfiamento del terreno, e in alcune situazioni, si può ottenere il rifluimento del materiale dal fondo del foro. L’importanza di questo rigonfiamento dipende anche dal tempo che intercorre tra la fine della perforazione e l’inizio del campionamento, l’entità di questo fenomeno risulta direttamente proporzionale al tempo trascorso. Tale inconveniente può essere mitigato e la perforazione avviene in presenza di fango bentonitico.

 Compressione del campione: Il fenomeno inverso al rigonfiamento, può essere causato da un’errata manovra degli operatori durante la procedura di prelievo qualora il rivestimento venga spinto al disotto del fondo foro o durante la fase di infissione di un campionatore a pistone.

 Pulizia del fondo foro: Prima di procedere all’infissione del campionatore nel terreno indisturbato, è necessario effettuare la pulizia del fondo del foro con lo scopo di evitare che il materiale rimaneggiato venga inglobato nel campione modificandone le caratteristiche chimico-fisiche.

 Attrito tra campionatore e campione prelevato: durante la fase del prelievo il campione può risultare disturbato a causa della forza di taglio che si genera al momento dell’infissione, dall’attrito tra campione e parete interna del campionatore. L’eventuale campionamento in eccesso rispetto al volume teorico del campionatore, distacco del campione, che

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richiede l’applicazione di una forza di trazione o di una coppia torcente. In ogni caso, qualunque sia la tecnica di perforazione adottata e la procedura di prelievo del campione, si può ammettere che nel campione sia presente una zona alterata del provino, pari mediamente a 2 diametri del campionatore.

3.1.5 Caratteristiche dei campionatori

I campionatori si possono dividere prevalentemente in tre principali tipologie geometriche: 1) Campionatori con diametro esterno costante;

2) Campionatori con diametro esterno maggiorato in corrispondenza della scarpa; 3) Campionatore dotato di tubo con anello allargatore.

Figura 26:caratteristiche geometriche dei campionatori

Il diametro interno Ej dipende dall’esigenza di poter ottenere provini idonei al fine di eseguire

le necessarie prove di laboratorio, per cui è compreso generalmente tra 80 e 100 mm. Il disturbo del campione tende comunque ad aumentare al crescere del rapporto tra il volume del terreno spostato durante l’avanzamento del campionatore e il volume del campione prelevato. Si può avere un’idea di questo disturbo al variare del coefficiente di parete, definito come:

Cp=DS 2-D D2 ∙100

Generalmente abbiamo che il coefficiente di parete è inferiore al 15% per campionatori a parete sottile e superiore al 15% a campionatori a parete grossa.

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La lunghezza del campionatore rappresenta anch’essa un compromesso tra esigenze opposte, infatti da una parte è necessario assicurarsi che il tratto centrale del campione sia indisturbato, dall’altra occorre ridurre la lunghezza del campione per minimizzare gli effetti dell’attrito tra terreno e le pareti interne del campionatore. Ne deriva che nei campionatori più utilizzati il rapporto lunghezza-diametro è compreso tra:8≤ L D ≤12

Un altro parametro di fondamentale importanza che controlla il grado di disturbo del campione è la differenza tra il diametro interno del campionatore ed il diametro di ingresso del campionatore, anche in questo caso tale differenza deve essere il corretto compromesso tra due esigenze opposte, infatti se tale differenza aumenta si riducono gli effetti di attrito interno durante il prelievo, ma al contempo aumentano le possibilità di rigonfiamento del campione che non è più soggetto alla tensione verticale ed orizzontale esercitata dal terreno circostante. Definito il coefficiente di ingresso come:

Ci=Di -D D ∙100

un compromesso ottimale si raggiunge attribuendo al coefficiente di ingresso valori inferiori allo 0.5%, nel caso di campionatori corti, e valori compresi tra 0.75% e 1%, nel caso di campionatori lunghi.

Con lo scopo di ridurre l’attrito esterno, si impiegano invece campionatori muniti di una scarpa di diametro maggiore di quello del tubo campionatore. In questo caso il coefficiente di attrito esterno, definito dalla relazione:

Ca=Ds-Da De

Deve essere inferiore al 2% e massimo al 3%.

Un altro importante parametro che definisce la geometria del campionatore è l’angolo di taglio della scarpa che in generale risulta compreso tra i 4° ed i 15°, e deve essere inversamente proporzionale al valore di Cp.

Le qualità del campione prelevato dipende fortemente dalle modalità di infissione del campionatore.

3.1.5.1 Campionamenti a percussione

I campionatori a percussione vengono per lo più utilizzati in presenza di terreni incoerenti o di varia composizione con inclusioni lapidee, nei quali l’uso di altri metodi più raffinati risulta

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impossibile o non garantisce un miglior grado di qualità del provino, oppure per prove di vario tipo dove non sia richiesto un alto grado di qualità dei provino come per le prove di classificazione realizzate unicamente allo scopo di risalire alla composizione granulometrica del terreno indagato. I campionatori a percussione consistono essenzialmente in una testa con valvola a sfera ed opportuni sfiati collegata a tubi robusti a pareti grosse predisposti con astuccio interno di contenimento in P.V.C., ottone o lamiera zincata e talvolta con estrattore a cestello alla base.

L’infissione si ottiene mediante un maglio battente direttamente sulle aste collegate al campionatore, le vibrazioni provocate dall’azione di battitura consentono l’avanzamento del campionatore nei terreni a grana grossa, di contro si ottiene però un campione fortemente disturbate e generalmente non idoneo per l’esecuzione di prove di laboratorio.

3.1.5.2 Campionamenti a pressione

I campionatori a pressione vengono per lo più utilizzati in terreni di limitata consistenza e a grana fine. Per l’avanzamento a pressione si impiegano campionatori a parete sottile e con un basso coefficiente di parete. Il tubo d’infissione è realizzato in acciaio di elevata qualità, generalmente acciaio inox, al cadmio o comunque trattato in modo opportuno. Il tubo ha anche la funzione di contenitore e pertanto deve essere resistente alla corrosione ed adeguatamente levigato all’interno per garantire la massima scorrevolezza del terreno campionato all’interno dello stesso per minimizzare il disturbo sul provino dovuto alle azioni di taglio e di contatto con la parete interna del campionatore. Inoltre la base il tubo deve risultare tagliente e, come già specificato, con un angolo di taglio della scarpa molto ridotto e variabile tra i 4° ed i 15°.

I campionatori a parete sottili utilizzati per i campionamenti a pressione possono essere:

1) di tipo aperto (campionatore Shelby), che però presentano l’inconveniente che si abbia ingresso di materiale rimaneggiato dal fondo del foro e dalle pareti. Il campionatore aperto risulta composto da una testa con valvola a sfera e relativi sfiati collegati con viti a brugola al tubo d’infissione che funge come già detto anche da contenitore del campione di terreno. 2) di tipo a pistone a pistone “libero” o “fisso”, realizzato con lo scopo di sopperire al difetto sopra espresso per i campionatori aperti. In questa tipologia di campionatori il pistone ha la funzione di chiudere il tubo campionatore all’estremità inferiore e viene sbloccato quando si vuole iniziare il prelievo.

Nel tipo a pistone “libero” il pistone si muove insieme alla sommità del campione durante l’avanzamento nel terreno, ma una clampa conica gli impedisce di abbassarsi nel corso dell’estrazione. Nel pistone “fisso” si possono distinguere i campionatori ad azionamento meccanico o idraulico

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Figura 27:campionatore a pistone (a) configurazione iniziale; (b) configurazione in fase di prelievo

Tra i campionatori ad azionamento idraulico il più noto ed utilizzato è il campionatore Osterberg, che è costituito da un pistone mobile, solidale con il tubo di prelievo, che scorre sull’asta interna che collega la testa del campionatore al pistone fisso. La pressione sul pistone mobile viene esercitata attraverso le aste di collegamento (campionatore-superficie), con acqua in pressione. Uno sfiato posto sull’asta di collegamento testa campionatore/pistone fisso appena sopra al pistone, permette l’azzeramento della pressione a fine corsa. In questo caso però bisogna operare nel modo corretto, infatti è importante che durante il campionamento l’avanzamento sia continuo, senza interruzioni e con velocità dell’ordine di 150-300 mm/s, con lo scopo di minimizzare l’entità dei disturbi, particolarmente frequenti nel caso di terreni coesivi dotati di bassa consistenza. Questi campionatori se correttamente utilizzati consentono di ottenere nei terreni coesivi alti gradi di qualità dei campioni.

3.1.5.3 Campionamenti a rotazione

I campionatori a rotazione vengono utilizzati prevalentemente in terreni coesivi molto consistenti e talvolta anche i materiali granulati compatti con matrice limo-gommosa o con un certo grado di cementazione. I campionatori a rotazione consistono in doppi carotieri speciali. Si tratta di campionatori rotativi a due pareti indipendenti: la parete interna non rotante munita di una scarpa

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tagliente atta a penetrare a pressione per un breve tratto e quindi sporgente rispetto alla corona della parete esterna rotante.

Tale sporgenza è prefissata a priori nei campionatori tipo Denison e generalmente è decrescente con l’aumentare della compattezza del terreno, mentre nei campionatori doppi di tipo Mazier modificato è autoregolabile mediante un dispositivo a molla.

Figura 28:campionatore doppio di tipo Mazier

Un tubo di P.V.C. o un lamierino sottilissimo realizzato in acciaio inossidabile e ben levigato internamente è posto interno al tubo non rotante e funziona da contenitore del campione.

3.1.5.4 Campionamenti continui

Tutti i campionatori finora descritti sono idonei per ottenere campioni che hanno una lunghezza massima di un metro, in quanto oltre tale valore il disturbo prodotto dall’attrito laterale terreno/parete interna diventa eccessivo.

E’ possibile realizzare campionamenti continui di intere colonne di terreno fino a 20-30 metri di profondità utilizzando campionatori Kiellman o continui. In questo caso l’apparecchiatura è dotata di nastri scorrevoli subito a monte della bocca d’ingresso, che avvolgono il campione con diametro di 67 mm durante l’avanzamento. In questo modo si elimina il disturbo provocato dall’attrito interno.

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33 3.2 Le prove in situ

La geometria e le proprietà fisico meccaniche della struttura o dell’opera sono generalmente dati del problema, noti con buona approssimazione e modificabili in fase di progetto. Ad esempio si può variare lo spessore di un solaio, le dimensioni delle ali di una fondazione a trave rovescia, la classe di un calcestruzzo o la pendenza dei fianchi di un rilevato. Le caratteristiche del volume significativo di sottosuolo invece sono quasi sempre immodificabili e sono tutte da determinare tramite un’adeguata campagna d’indagini.

Le prove in situ ed in particolare quelle penetrometriche, sia di tipo statico che dinamico, hanno subìto un grande sviluppo nell’ultimo mezzo secolo su scala globale, grazie al loro elevato grado di standardizzazione e ripetibilità, alla velocità di esecuzione e, soprattutto, al loro moderato costo in relazione alle opere da eseguire e rispetto ad altre metodologie di indagini “dirette”, che le fanno preferire ad altri tipi di prove. Lo scopo delle indagini in sito è identificare le condizioni stratigrafiche e di falda all’interno del volume significativo di sottosuolo, e di caratterizzare, congiuntamente con le indagini di laboratorio, il comportamento meccanico delle diverse formazioni presenti.

Le indagini geotecniche in sito e di laboratorio hanno vantaggi e limiti opposti, e non sono pertanto alternative ma complementari. Le indagini in sito sono insostituibili per il riconoscimento stratigrafico soprattutto in terreni a grana fine ed in assenza di trovanti che possono compromettere l’esecuzione della prova o danneggiare seriamente l’attrezzatura. Inoltre bisogna notare che le indagini in situ:

 interessano volumi di terreno molto maggiori, molte di esse consentono di determinare profili pressoché continui con la profondità dei parametri misurati che mettono in luce peculiarità stratigrafiche come la presenza di lenti di materiali con differente permeabilità, i passaggi di strato o la presenza di intercalazioni;

 sono più rapide ed economiche di un sondaggio con il prelievo di campioni indisturbati;  costituiscono quasi l’unico mezzo per caratterizzare dal punto di vista meccanico i terreni

incoerenti, il cui campionamento “indisturbato” è molto difficile ed economicamente oneroso.

Di contro le condizioni al contorno sono difficilmente individuabili e incerte, la modellazione della prova è spesso approssimata e schematica per cui l’interpretazione è talvolta affidata a relazioni empiriche o semi-empiriche. Al contrario le prove di laboratorio hanno condizioni al contorno di carico, di vincolo, di drenaggio, ben definite e controllabili, ed i risultati possono essere interpretati con modelli matematici appropriati, ma i campioni possono non essere rappresentativi

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delle reali condizioni in sito, sia a causa della variabilità intrinseca del terreno naturale, sia per l’inevitabile disturbo di campionamento.

Poiché il progetto della tesi è inerente la progettazione delle fondazioni di una nuova banchina in ambito portuale, faremo riferimento solamente alle prove SPT e CPTU utilizzate per la determinazione del modello geotecnico.

3.2.1 Le prove pentrometriche dinamiche SPT

La prova penetrometrica dinamica (SPT), è una prova eseguita nel corso di un sondaggio e consiste nella misura della resistenza alla penetrazione di un campionatore a pareti grosse infisso a percussione. Per le modalità di esecuzione la prova SPT è una prova discontinua, in genere si hanno misure a intervalli di 1.5 m (3 m nel caso delle prove eseguite durante queste indagini). La prova per poter essere effettuata richiede la preventiva esecuzione di una perforazione di sondaggio, con interruzione provvisoria della stessa alla profondità a cui si vuole realizzare il test.

La prova penetrometrica dinamica (SPT) si effettua facendo cadere un maglio di 63.5 kg da un’altezza di 760 mm, sulla testa di spinta della batteria di aste collegate al campionatore a pareti grosse standardizzato e registrando il numero di colpi (indicato come NSPT) necessario ad ottenere

un avanzamento di 300 mm. Nell’effettuare il computo del numero di colpi necessario, il campionatore viene fatto avanzare per un primo tratto di 150 mm, di cui non si tiene conto a causa del disturbo che il terreno subisce in seguito alla realizzazione del foro di sondaggio, e si considerano significativi solo i colpi necessari ad un successivo avanzamento di un tratto di 300 mm, se si raggiungono un numero di colpi superiore ai 50 per l’infissione di uno dei tratti di 15 cm, significa l’avvenuto raggiungimento del rifiuto e quindi la fine della prova.

Riassumendo durante la penetrazione del campionatore si registrano:

 il numero di colpi di maglio N1 necessario a produrre l’infissione per i primi 15cm

(tratto di avviamento) inclusa l’eventuale penetrazione quasi statica per gravità del campionatore e delle aste ad esso collegate;

 il numero di colpi di maglio N2 necessario a produrre l’infissione del secondo tratto per

altri 15cm;

 il numero di colpi di maglio N3 necessario a produrre l’infissione per ulteriori 15cm

del terzo tratto.

Complessivamente, durante la prova, il campionatore sarà infisso di 15+15+15=45cm. Si definisce la resistenza alla punta o il numero di colpi SPT:

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Figura 29:Campionatore tipo per le prove SPT

La prova dovrebbe essere realizzata prevalentemente su sondaggi con fori aventi diametri compresi tra 65 e 115 mm, poiché diametri maggiori di perforazione potrebbero avere un maggiore disturbo sul terreno posto a fondo foro e quindi influenzare negativamente l’esito della prova. Se viene utilizzato del fango bentonitico per la stabilizzazione del foro, dovrebbe essere sempre mantenuto al di sopra del livello della falda, in modo da evitare che si verifichi un flusso d’acqua dall’esterno verso l’interno del foro di sondaggio con conseguente sollevamento del fondo foro.

Tra i vantaggi di tale prova vanno menzionate la semplicità operativa, l’economia e l’ampia e documentata diffusione in vari Paesi, per cui si dispone di correlazioni empiriche largamente verificate tra i risultati di tale prova ed i parametri meccanici dei terreni.

Tra gli svantaggi va considerata la necessaria esperienza degli operatori e la perfetta esecuzione secondo la corretta procedura poiché i risultati della prova sono influenzati dalle caratteristiche del campionatore, dalle dimensioni delle aste, dal sistema di battitura, dalla tecnica di perforazione e dalle dimensioni del foro. Inoltre va osservato che tale prova non dovrebbe essere eseguita in presenza di ghiaia grossa e ciottoli, in quanto in risultato ottenuto tende a essere non conservativo, ed è poco significativa in terreni argillosi, soprattutto se si tratta di argille tenere e sensitive. Il campo d’impiego ottimale di tale prova è quello dei terreni sabbiosi, e i risultati ottenuti vanno interpretati come una misura indiretta della resistenza al taglio, della densità relativa e della compressibilità di tali materiali.

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36 3.2.2 Le prove penetrometriche statiche (CPT)

La prova penetrometrica statica C.P.T. (Cone Penetration Test) è un mezzo di indagine molto diffuso poiché, ad un costo modesto, permette l’identificazione della successione stratigrafica lungo una verticale, e la stima di molti parametri geotecnici sia in terreni a grana fine che in terreni a grana grossa, eccetto ghiaie o terreni con ciottoli e trovanti che possono costituire ostacoli o danneggiare l’attrezzatura. La prova è auto-perforante, ovvero non richiede l’esecuzione di un foro di sondaggio se non un pre-foro realizzato per consentire l’attraversamento di una massicciata stradale, di opere artificiali o di uno strato roccioso superficiale, e consiste nell’infissione a pressione nel terreno, a partire dal piano campagna di una punta conica normalizzata, alla velocità costante di 20 mm/sec (con una tolleranza di ± 5mm/sec). La punta conica deve rispettare determinate caratteristiche geometriche quali il diametro 35.7 mm e angolo di apertura 60°, a monte della stessa è posizionato un manicotto di superficie laterale pari a 150 cm2 atto a misurare l’attrito laterale offerto

all’avanzamento. Essa è collegata al dispositivo di spinta mediante una batteria di tubi coassiali. Il contrasto necessario ad infiggere il penetrometro è di norma ottenuto col peso dell’autocarro o trattore, eventualmente zavorrato o ancorato al terreno con eliche auto-perforanti, su cui è installata l’attrezzatura.

I penetrometri moderni di uso comune sono i penetrometri elettrici, ed essi costituiscono la naturale evoluzione del penetrometro meccanico. Nel penetrometro elettrico le misure di pressione alla punta e di tensione laterale locale sono eseguite localmente ed in modo fra loro indipendente con trasduttori elettrici che inviano un segnale alla centralina posta in superficie. Un inclinometro alloggiato nelle aste permette di misurare la deviazione dalla verticale e di correggerne gli errori conseguenti. La frequenza delle misure può essere anche molto ridotta, tipicamente ogni 1-5cm, e i dati sono direttamente acquisiti in forma numerica digitale e rappresentati graficamente anche durante l’esecuzione della prova. I limiti del penetrometro a punta elettrica risiedono nel maggiore costo dello strumento, e negli errori derivanti dalle componenti elettroniche (non linearità e isteresi delle celle di pressione, sensibilità alle variazioni di temperatura, calibrazione).

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Figura 30:punta del penetrometro statico attrezzata con trasduttori elettrici

Come si può vedere dalla figura sopra riportata, la punta ed il manicotto non si trovano alla stessa profondità, infatti è una peculiarità del penetrometro statico il fatto che la resistenza alla punta e la resistenza per attrito laterale non si riferiscono esattamente alla stessa profondità.

3.2.2.1 Interpretazione delle prove C.P.T.

L’analisi dei risultati di prove C.P.T. consente in primo luogo il riconoscimento litologico dei terreni attraversati e la ricostruzione della successione stratigrafica. Questa prima fase interpretativa è essenziale e necessaria per ogni ulteriore interpretazione geotecnica. Infatti durante la prova vengono misurate le resistenze di punta e l’attrito laterale opposte dal terreno nelle condizioni di rottura determinate dalla penetrazione dello strumento con una velocità imposta e costante di 2 cm/sec. A seconda della permeabilità del terreno attraversato la rottura avviene in condizioni drenate o non drenate. Pertanto il modello interpretativo del fenomeno della rottura è condizionato dal tipo di terreno cui si riferiscono i dati di resistenza misurati. La resistenza penetrometrica di punta offerta da un terreno sabbioso è, di norma, nettamente superiore alla resistenza offerta da terreni argillosi di media e bassa consistenza. Pertanto molte volte il solo esame del profilo di qc

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per l’individuazione della natura del terreno attraversato fanno uso, oltre che della resistenza di punta, qc, anche della resistenza d’attrito laterale, fs.

Per il penetrometro elettrico la carta di classificazione più accreditata è la carta di classificazione di Robertson (1990), rappresentata in Figura 31, che ha in ascissa il rapporto d’attrito normalizzato:

F= fs q

c-σv0 ∙100 E in ordinata la resistenza di punta normalizzata:

Q=qc-σv0 σ'

v0 ∙100

Entrambe le variabili sono riportate nel grafico in scala logaritmica.

Figura 31:carta di classificazione di Robertson

I campi in cui è diviso il grafico di Figura 31sono contraddistinti da numeri cui corrispondono i seguenti tipi di terreno:

1. Terreno sensitivo a grana fine; 2. Terreno organico, torba;

3. Argille. Da argille ad argille limose; 4. Limi. Da limi argillosi a argille limose; 5. Sabbie. Da sabbie limose a limi sabbiosi; 6. Sabbie. Da sabbie pulite a sabbie limose; 7. Da sabbie ghiaiose a sabbie;

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8. Da sabbie molto dense a sabbie argillose fortemente sovraconsolidate o cementate; 9. Materiali fini granulari molto duri, fortemente sovraconsolidati o cementati;

Naturalmente, essendo queste misurazioni indirette e ricavate da basi semi-empiriche è opportuno che l’interpretazione stratigrafica delle prove CPT sia avvalorata dal confronto con profili stratigrafici direttamente ottenuti mediante sondaggi eseguiti nell’area di indagine, detti anche sondaggi di taratura.

3.2.3 Le prove con piezocono (CPTU)

Nella metà degli anni settanta è stato evidenziato (Janbu e Sennesset, Schmertmann, 1974) come la potenzialità delle prove penetrometriche possa essere accresciuta qualora, oltre alla misura dei parametri convenzionali finora menzionati, si provveda anche alla misura della pressione interstiziale u2.

Tale misura si ottiene grazie all’inserimento all’interno di un penetrometro elettrico di un filtro permeabile collegato a un trasduttore di pressione, la punta così attrezzata viene chiamata piezocono.

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