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Studio delle proprieta molecolari di elastomeri liquido-cristallini mediante spettroscopia 2HNMR

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN CHIMICA

Studio delle proprietà molecolari

di elastomeri liquido-cristallini

mediante spettroscopia

2

H NMR

Relatori: Dott.ssa D. Catalano

Dott.ssa V. Domenici

Controrelatore: Prof. G. Galli

Candidato: Gerardo Abbandonato

(2)

Ich suchte nach der Liebe meiner Seele, suchte nach ihr, aber fand sie nicht. Ich fand die Liebe meiner Seele, umarmte sie und werde sie nie verlassen.

(3)

1

SOMMARIO

SOMMARIO ... 1

INTRODUZIONE ... 5

PRIMA PARTE STUDIO DELLE PROPRIETÀ MOLECOLARI DI ELASTOMERI LIQUIDO-CRISTALLINI ... 7

1. GLI ELASTOMERI ... 9

CRISTALLI LIQUIDI ... 10

POLIMERI LIQUIDO-CRISTALLINI ... 14

ELASTOMERI LIQUIDO-CRISTALLINI NEMATICI ... 17

2. ENERGIA LIBERA NEMATICA ...21

DEFINIZIONE DEL PARAMETRO D’ORDINE ... 21

TEORIA DI LANDAU DE GENNES ... 23

TEORIA DI LANDAU DE GENNES PER FASI NEMATICHE DI ELASTOMERI ... 27

3. ENERGIA LIBERA “ELASTICA” ...35

DEFINIZIONI ... 35

MODELLO “FREELY JOINTED CHAIN” ... 36

IMPORTANZA DELLA “STORIA TERMICA”... 38

AZIONE DI UNO STRESS ESTERNO ... 41

ELASTOMERI “REALI” ... 43

4. TEORIA E TECNICHE SPERIMENTALI ...47

PRINCIPI DI BASE DELL’NMR ... 47

INTERAZIONE QUADRUPOLARE ... 49

INTERAZIONE DIPOLARE ... 56

TECNICHE NMR ... 59

Single Pulse ... 59

Eco di Quadrupolo ... 60

Inversion Recovery e Saturation Recovery ... 62

ALTRE TECNICHE ... 65

Calorimetria a scansione differenziale... 65

(4)

STRUMENTAZIONE IMPIEGATA ... 68

Spettroscopia 2H-NMR ... 68

Spettroscopia IR ... 69

Analisi calorimetrica differenziale a scansione (DSC) ... 69

Analisi termo ottica ... 69

Analisi termo meccaniche ... 70

SINTESI DEI CAMPIONI ELASTOMERICI ... 71

5. RISULTATI E ANALISI DEI DATI ... 75

CROSSLINKER IN ZLI 1167 ... 75

Misure DSC e Microscopia ... 76

Studio e Analisi NMR ... 78

ELASTOMERI LIQUIDO-CRISTALLINI ... 88

Misure IR ... 90

Misure di deformazione termica ... 91

Misure DSC e Microscopia ... 92

Misure NMR ... 95

Stima dell’ordine residuo... 99

Confronto tra l’ordine dei crosslinker e delle unità nematogene ... 102

Ipotesi di biassialità molecolare non nulla ... 104

Ipotesi di biassialità di fase non nulla ... 106

Ipotesi sulla “componente larga” ... 112

6. CONCLUSIONI ... 119

APPENDICE A ... 125

Derivazioni per l’Energia Libera Elastica ... 125

Relazioni tre grandezze termodinamiche e teoria di Landau de Gennes ... 132

APPENDICE B ... 135

BIBLIOGRAFIA ... 141

SECONDA PARTE STUDIO DELLE INTERAZIONI IN SISTEMI MICELLARI PERFLUORURATI ... 145

1. I SISTEMI MICELLARI ... 147

(5)

3

SISTEMI LIOTROPICI E DIAGRAMMI DI FASE ... 149

2. STUDI TERMODINAMICI ... 153

IL SISTEMA MPFO/H2O ... 153

IL SISTEMA MPFO/PEG/H2O ... 155

GLI ETERI CORONA ... 158

3. TECNICHE SPERIMENTALI ... 161

PREPARAZIONE DEI CAMPIONI ... 161

TECNICHE NMR ... 161

CHEMICAL SHIFT SPERIMENTALE E CALCOLI TEORICI ... 166

4. RISULTATI E ANALISI DEI DATI ... 169

CONFRONTO DEI DATI SPERIMENTALI CON I CALCOLI ... 174

5. CONCLUSIONI ... 179

BIBLIOGRAFIA ... 181

(6)
(7)

5

INTRODUZIONE

Il seguente lavoro di tesi propone uno studio delle proprietà molecolari di alcuni campioni di elastomeri liquido cristallini (LCE) condotto principalmente mediante spettroscopia 2H NMR

e rappresenta un contributo originale che si inserisce in un filone di ricerche, sia sperimentali che teoriche, in pieno sviluppo soprattutto per l’elevato interesse applicativo di questi materiali come ‘muscoli artificiali’ o attuatori.

Solitamente lo studio NMR di questi sistemi è incentrato sull’analisi dell’andamento dell’ordine orientazionale, in un intervallo di temperatura nei pressi della transizione isotropo-nematico, di molecole probe deuterate disperse nella matrice polimerica. La maggiore critica mossa a questi studi consiste proprio nel fatto che la presenza di molecole

probe altera la composizione chimica del materiale e può alterarne, di conseguenza, le

proprietà fisiche.

Per questi motivi, gli elastomeri liquido cristallini analizzati in questo studio, preparati precedentemente dalla dott.ssa Valentina Domenici, sono stati sintetizzati in modo da non dover ricorrere all’aggiunta di molecole probe. La deuterazione, infatti, è stata fatta selettivamente sulle quattro posizioni equivalenti dell’anello aromatico del crosslinker. In questo modo è stato possibile studiare i campioni puntando l’attenzione su uno dei costituenti di base, il crosslinker, evitando contaminazioni da parte di altri componenti. Il lavoro presentato in questa tesi può essere considerato uno dei primi studi condotti direttamente sulle unità costituenti questi particolari sistemi LCE.

Dal punto di vista sperimentale, l’uso della spettroscopia NMR del deuterio si è confermata un mezzo di grande efficacia, come ben noto per i più comuni cristalli liquidi.

L’analisi dei dati spettroscopici è stata condotta sulla base della teoria di Landau e de Gennes ampiamente riportata nei primi Capitoli e nelle Appendici ed ha richiesto una trattazione matematica abbastanza onerosa per la quale sono stati preparati vari programmi di calcolo. I risultati ottenuti sono contemporaneamente soddisfacenti e stimolanti per ulteriori studi su questi materiali.

(8)

La tesi termina con una seconda parte nella quale viene presentato uno studio 19F NMR delle

interazioni in vari sistemi micellari perfluorurati, isotropi. Si tratta della continuazione dello studio affrontato durante la preparazione della tesi triennale e rimasto in sospeso nonostante l’ampio interesse che circonda questi sistemi micellari.

Questa parte del lavoro ha in comune con la prima, che dà il titolo alla tesi, l’uso della spettroscopia NMR multinucleare su sistemi complessi, mentre, per altri versi, le due parti hanno caratteri complementari. In particolare, la seconda parte non ha richiesto una elaborazione matematica dei risultati spettroscopici ma piuttosto la preparazione (rapida) di un gran numero di campioni da mettere direttamente a confronto. Da questo confronto sono stati ottenuti risultati d’interesse riguardanti le interazioni di polimeri con le micelle fluorurate. Un ulteriore confronto è stato realizzato tra dati di chemical shift del fluoro sperimentali e valori calcolati teoricamente dal dott. Alberto Marini. Da esso sono emerse interessanti indicazioni conformazionali per catene lineari perfluorurate in solventi diversi.

(9)

7

PRIMA PARTE

Studio delle proprietà molecolari

di Elastomeri Liquido-Cristallini

(10)
(11)

9

1.

GLI ELASTOMERI

Gli elastomeri liquido-cristallini (LCE) sono materiali molto complessi che combinano le proprietà di diversi costituenti. In essi esiste, infatti, un delicato equilibrio creato dalla contemporanea presenza della spontanea orientazione locale dei cristalli liquidi e della tendenza al “disordine” (governato dall’entropia) dei polimeri [1].

I cristalli liquidi classici sono tipicamente fluidi di molecole assimilabili ad esempio a “bacchette rigide” con un esteso ordine orientazionale. L’ordine parziale che si crea dà luogo ad una fase chiamata nematica, in cui le molecole sono mediamente orientate lungo una direzione principale che prende il nome di “direttore della fase”.

Quando le catene polimeriche sono legate ad unità mesogeniche, come piccole molecole di forma allungata, anche i polimeri possono formare fasi liquido cristalline caratterizzate da un ordine orientazionale. In tal caso si parla di polimeri liquido cristallini. Le lunghe catene flessibili del polimero si estendono quando le unità liquido-cristalline si allineano. In questo modo, la forma molecolare cambia e il materiale si deforma seguendo l’orientazione della fase liquido-cristallina. Tali deformazioni non sono reversibili e, a seconda delle circostanze, conducono alla fusione del polimero o alla sua degradazione.

Se, però, le catene polimeriche vengono unite tra loro (vulcanizzate) tramite legami covalenti o opportune molecole “ponte” (crosslinker), esse vengono bloccate in una topologia fissa e acquisiscono le caratteristiche macroscopiche di un solido elastico, una gomma o elastomero, le cui deformazioni, meccaniche o termiche, sono reversibili. La presenza delle unità mesogeniche (nematogeni), non solo conferisce al materiale le proprietà delle fasi liquido-cristalline, ma esalta anche le proprietà tipiche dell’elastomero. Infatti, grazie alla contemporanea presenza dei nematogeni e del network elastomerico (catene principali e crosslinker), si può ottenere, con opportune tecniche di preparazione di cui si parlerà in seguito con maggiori dettagli, una variazione reversibile di lunghezza anche fino al 400% [2].

L’accoppiamento così stringente tra proprietà orientazionali ed elasto-meccaniche, la reversibilità delle deformazioni e, elemento distintivo, la “memoria di forma” rendono gli elastomeri liquido-cristallini un interessante e stimolante oggetto di ricerca e speculazione teorica per la modellizzazione e la comprensione di tali fenomeni. La proprietà di questi

(12)

materiali di avere una memoria di forma è oggetto di interesse anche dal punto di vista applicativo, in quanto, modificando opportunamente la composizione chimica di questi materiali, è possibile "stimolare" una variazione reversibile della forma non solo cambiando la temperatura [3] ma anche con stimoli ottici (luce di opportuna lunghezza d'onda) [4], campi elettrici [5] e magnetici [6]. Queste molteplici possibilità rendono gli elastomeri liquido cristallini materiali di grande interesse per le applicazioni in campo dell'ottica, dei tessuti artificiali e dei sensori.

Nei paragrafi seguenti saranno brevemente inquadrate le caratteristiche principali dei cristalli liquidi e dei polimeri liquido-cristallini, mirate ad evidenziarne le analogie e le differenze con i sistemi elastomerici.

CRISTALLI LIQUIDI

La differenza tra cristalli e liquidi, due delle più comuni fasi condensate della materia, è che le molecole in un cristallo sono ordinate mentre in un liquido no. L’ordine in un cristallo è sia posizionale sia orientazionale nel senso che le molecole sono costrette ad occupare siti specifici in un reticolo orientando il loro asse molecolare in una specifica direzione. Le molecole in un liquido, invece, diffondono liberamente e caoticamente in tutte le direzioni assumendo tutte le orientazioni possibili. Il termine “cristallo liquido” indica una classe di composti organici o organometallici che presentano caratteristiche comuni sia alla fase cristallina sia alla fase liquida: le molecole mantengono gradi di ordine orientazionale e, talvolta, posizionale ma, per i restanti gradi di libertà, diffondono e si riorentano rapidamente come in una fase liquida [7]. Questa condizione intermedia tra fase cristallina e fase liquida prende il nome di fase mesomorfa [8].

I cristalli liquidi possono essere suddivisi in termotropici e liotropici. I primi manifestano un comportamento mesomorfo in un intervallo di temperatura ben definito, e la mesofase si forma o per riscaldamento del solido o per raffreddamento del liquido isotropo. I secondi invece manifestano un comportamento mesomorfo per dissoluzione di composti anfifilici in un opportuno solvente, entro appropriate condizioni di temperatura e concentrazione [9].

(13)

11 Rimandiamo alla seconda parte della tesi per una descrizione più accurata delle fasi liotropiche.

I cristalli liquidi termotropici subiscono un particolare processo termico quando sono riscaldati dallo stato solido allo stato liquido. In composti non mesogenici, la fusione è un processo del primo ordine in cui l’ordine orientazionale delle molecole si perde solo quando viene raggiunta la temperatura di transizione. Più esattamente (Figura 1a), la fase solida (T ) 0

è costituita da molecole con un preciso ordine orientazionale (indicato dal verso delle frecce) e traslazionale. Quando la temperatura aumenta, solo l’ordine orientazionale diminuisce e le molecole possono in parte ruotare su se stesse (T1 e T2), rimanendo tuttavia nella stessa posizione. Ad una temperatura maggiore rispetto alla temperatura di fusione (T3 >Tfus), il liquido risultante è privo sia dell’ordine orientazionale sia dell’ordine traslazionale.

I composti che formano delle fasi liquido cristalline (Figura 1b) possono presentare diverse temperature di transizione. Ad esempio, riscaldando il solido (T ), si può avere una prima 0

transizione (T1) in cui si perde parte dell’ordine orientazionale e parte dell’ordine traslazionale. Le molecole si dispongono prevalentemente su piani e sono parzialmente orientate: la mesofase prende il nome di fase smettica. Una seconda transizione (T2) può comportare perdita totale del solo ordine traslazionale: le molecole rimangono parzialmente orientate, libere di riorentarsi, se pur in modo anisotropo e di traslare in modo isotropo. Siamo dinanzi ad una fase nematica. Un ulteriore aumento di temperatura (T ) porta alla 3

fase liquida comunemente intesa [10].

(a) T0 T1 T2 T3 Fase Isotropa Fase Solida (b) T0 T1 T2 T3

Fase Solida Fase Smettica Fase Nematica Fase Isotropa

(14)

L’unica transizione di fase presa in considerazione in questo lavoro di tesi è la transizione isotropo-nematico. Per una trattazione completa dei sistemi liquido-cristallini si rimanda al riferimento [11].

I cristalli liquidi (LC) che formano una fase nematica sono i più diffusi e possono essere costituiti da composti, che prendono il nome di mesogeni, di forma lineare ad allungata

(rod-like), dotati di un asse di rotazione parallelo all’“asse lungo” molecolare z (Figura 2a), o di

forma discotica (disk-like), con asse di simmetria perpendicolare al piano della molecola (Figura 2b). Essi prendono rispettivamente il nome di cristalli liquidi calamitici e discotici.

a) z

b) z

Figura 2 Rappresentazione di a) un rotore prolato (calamitici) e b) un rotore oblato (discotici)

Gli assi molecolari (z) che sono tra loro localmente e mediamente paralleli, definiscono un ordine orientazionale a lungo raggio e una direzione media specificata dal vettore direttore della fase nr. Le molecole sono, però, libere di ruotare, oscillare e capovolgersi.

Se inseriamo nel campo magnetico di uno spettrometro NMR una fase nematica, qualunque sia l’orientazione iniziale del direttore della fase la mobilità molecolare determina un rapido riallineamento del direttore che risulta, all’equilibrio, orientato parallelamente o perpendicolarmente al campo, a seconda del tipo di composto, aromatico o alifatico [12].

Una misura del grado di allineamento delle molecole rispetto al direttore della fase si può ottenere dai parametri d’ordine [13]. Essi sono definiti come valori medi di funzioni angolari (matrici di Wigner) su tutte le possibili orientazioni e sono funzioni degli angoli di Eulero

) , ,

(15)

13

n

θ

Figura 3 Rappresentazione schematica per la fase isotropa

Figura 4 Rappresentazione schematica per la fase nematica

Il numero dei parametri d’ordine necessari per la descrizione di un sistema varia a seconda della sua simmetria. Per molecole a simmetria cilindrica (uniassiali) in fase uniassiale (la cui descrizione completa richiede la definizione di un unico direttore) è sufficiente solo il parametro d’ordine principale, perché la distribuzione orientazionale non dipende dagli angoli azimutali ϕe ψ [13]: (1.1) 2 1 cos 3 2 − =

ϑ

zz S

ϑ è l’angolo tra l’asse di simmetria (z) molecolare e il direttore.

Se la simmetria cilindrica molecolare viene meno, la rotazione azimutale attorno all’asse molecolare non è più irrilevante. È necessario, quindi, un secondo parametro chiamato

biassialità molecolare .

(1.2) Biax= sin

ϑ

cos2

ψ

=

(

SxxSyy

)

2

3 2

Le definizioni di S e xx Syy sono analoghe a quella di Szz.

Se anche la fase diventa biassiale, i parametri d’ordine necessari diventano quattro [14]. La trattazione matematica completa è riportata in Appendice B.

È necessario distinguere tra biassialità molecolare e biassialità di fase nel senso che, se la prima deriva dalla simmetria non cilindrica della struttura molecolare, la seconda descrive un’anisotropia macroscopica dovuta ad una distribuzione non cilindricamente simmetrica dei nematogeni all’interno della fase. Come spiegato in Appendice B e nel capitolo 4, la biassialità della fase si può misurare tramite misure NMR angolari, purché il direttore non si riorienti rapidamente nel campo (cosa che accade abitualmente per fasi nematiche).

(16)

Il grande interesse attuale per le fasi nematiche biassiali è legato alle possibili applicazioni, ad esempio in display a cristalli liquidi, per la loro rapida risposta alle variazioni di potenziale applicato e per i minimi consumi previsti [15].

La fase nematica convenzionale è uniassiale anche se formata da molecole biassiali. L’esistenza di fasi nematiche biassiali è stata teoricamente predetta da Freiser nel 1970 [16]. Da allora si sono moltiplicati gli sforzi sia teorici che sperimentali per prevedere e rilevare la biassialità di fasi nematiche [17],[18], in particolare in sistemi “esotici” come liotropici ternari [19], polimeri liquido-cristallini [20], molecole “banana” [21].

Anche la fase smettica A (dove le unità mesogeniche si dispongono su piani perpendicolari al direttore) nella sua forma comune è uniassiale. Sono stati però trovati vari esempi di fasi smettiche A biassiali in polimeri liquido-cristallini Side-Chain [22].

POLIMERI LIQUIDO-CRISTALLINI

I polimeri sono materiali molto comuni: molti sono di origine naturale (proteine, cellulosa, gomme) tuttavia la maggior parte è di origine sintetica con utilizzi variegati (Polyetilene, Plexiglas, Nylon, Teflon…). Essi sono grandi molecole o macromolecole la cui struttura è modulare e ripetitiva: la sintesi di un polimero, infatti, prevede la formazione di lunghe catene costituite da unità base (monomeri) covalentemente legate tra loro. Il peso molecolare dei polimeri varia enormemente da mille a diecimila Dalton [7].

I polimeri liquido cristallini (PLC) sono a tutti gli effetti dei polimeri ai quali, però, sono state addizionate delle componenti “rigide” che svolgono la funzione di mesogeni. I mesogeni (sia calamitici sia discotici) possono essere incorporati nella catena stessa, conferendole un grado di rigidità tale che essa stessa si comporta come mesogeno, o possono essere legati come gruppi laterali alla catena principale [23],[24]. A seconda della loro posizione, quindi, possono essere distinte due classi di PLC: Main-chain e Side-chain.

I Main-Chain PLC (Figura 5) sono costituiti dalla ripetizione di monomeri mesogenici anisotropi e bifunzionali, in grado cioè di avere una precisa orientazione ed avere la possibilità di formare legami covalenti ad entrambe le estremità. Tra di esse sono presenti opportuni spaziatori che, a loro volta, determinano le caratteristiche del polimero: spaziatori

(17)

15 lunghi e flessibili rendono il polimero semi-flessibile, spaziatori corti e rigidi non distanziano a sufficienza i nematogeni rendendo il polimero quasi indeformabile.

La catena principale (backbone) acquisisce, quindi, un’elevata anisotropia che rispecchia esattamente l’anisotropia della unità LC, cosicché studiare l’ordine dei mesogeni corrisponde a studiare l’ordine della catena polimerica.

Nei Side-Chain PLC, le unità mesogeniche sono legate alla catena polimerica principale, come “pendagli” laterali (Figura 6). Opportuni spaziatori instaurano contemporaneamente legami covalenti sia con il backbone sia con le unità LC. Il backbone polimerico ha una forte tendenza ad assumere una conformazione random. Quando le unità mesogeniche sono legate alla catena principale, continueranno ad avere la forte tendenza ad adottare un arrangiamento anisotropo. Le due tendenze sono completamente antagoniste e, quando i gruppi mesogeni sono legati direttamente al backbone, la dinamica di quest’ultimo solitamente domina e inibisce la tendenza alla formazione di mesofasi. Al contrario, se lo spaziatore è sufficientemente lungo e flessibile da tenere lontani i mesogeni dalla catena principale, liberi di muoversi, le due tendenze del mesogeno (orientazione anisotropa) e del

backbone (conformazione random) possono coesistere nel polimero. Lo spaziatore, però,

non disaccoppia completamente la catena principale dalle unità nematogene cosicché quando queste si allineano, il backbone viene costretto a seguirne, in parte, l’anisotropia orientazionale [7],[21][24].

(18)

Le mesofasi a cui i PLC possono dar luogo sono varie (nematica, smettica…). In ognuna di esse la distribuzione delle orientazioni dei mesogeni costituenti la componente liquido-cristallina del sistema può essere studiata, come per i cristalli liquidi, individuando i parametri d’ordine. Anche all’anisotropia indotta delle catene polimeriche potrebbe essere associata una serie di parametri d’ordine i quali risulterebbero correlati a quelli dei nematogeni.

Uno dei metodi di identificazione della fase nematica, sulla quale ci soffermeremo per gli scopi di questa tesi, è la diffrazione a raggi X [24]).

equatore m e ri d ia n o m e ri d ia n o equatore

Figura 7 Rappresentazione di un’immagine di diffrazione di un polimero liquido cristallino nematico con direttore verticale (sinistra) confrontata con un’immagine di un polimero nematico dopo cristallizzazione

[24].

Le caratteristiche chiave per riconoscere la struttura nematica in un PLC sono l’allineamento con un asse di simmetria, la presenza dei massimi equatoriali e la presenza di strati di linee centrate sul meridiano e diffuse in lunghezza. La presenza dei massimi sull’equatore indica la presenza di un ordine posizionale a lungo raggio, come accade per fasi smettiche, e questo annullerebbe la definizione di nematico per il PLC. Tuttavia, un PLC nematico in parte cristallino ha uno spettro RX decisamente sovrapponibile al modello base di un nematico. (Figura 7).

Misure ottiche di diffrazione, tramite l’ottenimento di figure di interferenza ottica, possono inoltre rivelare l’uniassialità o la biassialità della fase [22].

(19)

17

ELASTOMERI LIQUIDO-CRISTALLINI NEMATICI

Con il nome di “elastomeri liquido cristallini nematici”, o più brevemente “elastomeri nematici”, si intende una particolare classe dei polimeri liquido-cristallini: essi esibiscono una fase nematica e presentano un network polimerico complesso. Infatti, come già detto, le catene principali vengono unite delle lunghe molecole “ponte” bifunzionalizzate, chiamate

crosslinker [23], che formano legami covalenti con due siti appartenenti alla stessa o a due

diverse catene principali, limitandone i gradi di libertà e formando così una struttura reticolata. Il backbone di un “normale” polimero liquido cristallino, se deformato, si riarrangia mantenendo la forma ottenuta in seguito alla distorsione. Il backbone di un elastomero, invece, in seguito ad una deformazione (sia meccanica sia termica) tende a ritornare alla sua forma originaria.

In un elastomero liquido cristallino, analogamente ai polimeri liquido cristallini, le unità nematogene possono essere incluse nel backbone o essere attaccate come unità pendenti. Si distinguono quindi anche in questo caso, elastomeri Main-Chain (Figura 8) e Side-Chain (Figura 9). Tuttavia si possono avere anche situazioni più complesse, in cui anche il

crosslinker è di per sé un mesogeno, oppure casi in cui si hanno contemporaneamente due o

più unità mesogeniche come co-monomeri.

In questa tesi ci soffermeremo su elastomeri nematici di tipo side-chain.

(20)

Esistono diversi metodi di preparazione di elastomeri nematici con composizione chimica molto varia [2],[25],[26],[27]. In questo lavoro ci soffermeremo su un particolare tipo di elastomeri nematici con catena polisilossanica, di particolare interesse per la grande anisotropia di forma, che è all'origine dell'elevata risposta termomeccanica. Inoltre gli elastomeri liquido cristallini polisilossanici sono cristalli liquidi a temperatura ambiente, cosa che li rende molto interessanti dal punto di vista applicativo [3].

A seconda delle strategie di sintesi, gli elastomeri nematici polisilossanici assumono particolari caratteristiche fisiche: esse dipendono principalmente dalla temperatura, dall’ordine dei nematogeni e dalla presenza di stress esterni durante la reazione di

crosslinking. I dettagli della sintesi di questi materiali sono riportati alla fine del Capitolo 4, e

il metodo di preparazione a cui si riferiscono è il cosiddetto metodo "Finkelmann"; la trattazione teorica proposta in questa tesi e riportata nei capitoli successivi è specifica per elastomeri preparati con questo metodo [28].

Come analizzato nel capitolo 3, se l’elastomero è stato sintetizzato in fase isotropa, la deformazione cui può andare incontro è minore di quella ottenuta per una sintesi in fase nematica. Inoltre, la presenza di uno stress esterno impartisce alla matrice polimerica un ordine aggiuntivo, cosicché è possibile parlare di elastomeri monodominio “single crystal” [28]. Questi ultimi, a differenza degli elastomeri polidominio, hanno un maggior ordine interno che si manifesta anche in una maggiore trasparenza dei film elastomerici ottenuti. La reazione di crosslinking è, quindi, una fase delicatissima e importantissima per la definizione delle proprietà sia macroscopiche sia microscopiche del sistema. I crosslinker “bloccano” la topologia delle catene polimeriche e fanno in modo che le caratteristiche del sistema al momento della reazione diventino proprie del materiale influenzandone il comportamento se sottoposto sia al variare della temperatura sia a diverse azioni meccaniche.

L’interesse maggiore nello studio degli elastomeri sigle-crystal side-chain deriva dall’estensione della deformazione spontanea [29] cui vanno incontro e dal forte accoppiamento tra le proprietà polimeriche e le proprietà liquido-cristalline, che producono interessanti possibilità applicative [23].

(21)

19 Due ulteriori aspetti interessanti per questi materiali vanno evidenziati.

La presenza di uno stress esterno durante la reazione di crosslinking conferisce al sistema un maggiore ordine anisotropo che, essendo le catene bloccate, continua a caratterizzare l’elastomero. Possiamo definire l’elastomero come monodominio orientato e auto

orientante. In altre parole, l’ordine acquisito in fase nematica sotto stress (monodominio

orientato) rimane come residuo anche in fase isotropa (si parla infatti di “quasi isotropo”

[30]) cosicché il ritorno alla fase nematica può riportare allo stesso sistema ordinato originario con un processo completamente reversibile (auto orientante). Le unità nematogene determinano quest’ordine e, allo stesso tempo, sono costrette a seguirlo: a differenza dei cristalli liquidi nematici che possono riorentarsi nel campo, le unità nematogene di un elastomero hanno il direttore medio della fase vincolato dalla matrice polimerica. Questo permette di effettuare misure angolari senza un riallineamento totale dei frammenti liquido-cristallini.

Il secondo aspetto decisivo nella reazione di crosslinking è la densità dei crosslinker [31]. Sono proprio queste molecole “ponte” a conferire proprietà elastiche al materiale polimerico. Inoltre, come dettagliatamente illustrato nel capitolo 3, la rete complessa che si forma crea un campo di forze interno. Questo, insieme ad un eventuale campo di forze esterno, a seconda della sua entità, è in grado di modificare la natura della transizione la quale non risulta più un passaggio netto tra la fase isotropa e la fase nematica. In letteratura sono riportati diversi lavori, sia teorici che sperimentali, in cui si parla di una fase "paranematica" piuttosto che di una fase prettamente "isotropa"[32]. Secondo questa teoria, la presenza di un ordine residuo a temperature superiori a quelle di stabilità della fase nematica persiste fino a temperature T tendenti ad infinito. Per questo motivo spesso in letteratura si parla di transizione paranematico-nematico invece che di transizione isotropo-nematico.

Questa interpretazione è contemplata e ben descritta dalla teoria fenomenologica di Landau de Gennes [12].

È comunque opportuno precisare che, nonostante l’ordine imposto dai nematogeni e da uno

(22)

di disomogeneità [32], se pur bassa, attribuibile alla tendenza delle catene polimeriche a disporsi in modo random. Questa disomogeneità nell’allineamento delle unità costituenti l’elastomero si riflette in una distribuzione [33] che rende lo studio NMR dei sistemi elastomerici più complesso dei comuni cristalli liquidi.

(23)

21

2.

ENERGIA LIBERA NEMATICA

La teoria di Landau e de Gennes (LdG) è un’elegante speculazione fenomenologica riguardante la forma della funzione energia libera ( F ) di un sistema nematico nelle vicinanze della transizione isotropo-nematico. L’ipotesi implicita in tale teoria è che nei pressi della temperatura di transizione, le proprietà di equilibrio del sistema possono essere calcolate da una funzione dipendente dal solo parametro d’ordine, il quale viene assimilato ad una generalizzazione dell’energia libera in situazioni di non equilibrio [34].

DEFINIZIONE DEL PARAMETRO D’ORDINE

Prima di indagare questa teoria, occorre richiamare la definizione di parametro d’ordine Q . Il significato di questo parametro dipende dalle dimensioni del sistema studiato. In altri termini, a livello macroscopico Q descrive la simmetria della fase ed è definito in modo tale che Qzz =0 corrisponda alla fase isotropa, meno ordinata ma simmetrica e Qzz ≠0 alla fase nematica, più ordinata ma meno simmetrica. In questo caso, il calcolo degli elementi del tensore Q può quindi essere derivato partendo da grandezze macroscopiche quali indice di rifrazione, suscettibilità magnetica, etc… [12]

Il tensore Q è simmetrico, a traccia nulla e, come tale, diagonalizzabile in un opportuno sistema di riferimento. Una parametrizzazione generale [34], in funzione degli autovettori

nˆ , mˆ e nˆ×mˆ corrispondenti rispettivamente agli autovalori della grandezza scelta per effettuare le misure, x, ( ) 2 1 y x+ − e ( ) 2 1 y x

− , permette di scrivere ciascun elemento del tensore nel seguente modo

(2.1) [ (ˆ ˆ) (ˆ ˆ) ] 2 1 ) 3 1 ( 2 3 β α β α αβ β α αβ x n n δ y m m n m n m Q = − − − × ×

(24)

(2.2)                 − − + − = x y x y x Q 0 0 0 ) ( 2 1 0 0 0 ) ( 2 1

Nel momento in cui i tre autovalori sono diversi (x≠0,y≠0) ci ritroviamo in presenza di una fase nematica biassiale. La fase nematica uniassiale corrisponde all’uguaglianza di due autovalori (x≠0,y=0). Se i tre autovalori sono tutti uguali (x=0,y=0), il tensore del parametro d’ordine descrive la fase isotropa.

A livello microscopico, invece, il tensore del parametro d’ordine Qmdescrive l’orientazione media delle molecole costituenti il nematico e deve essere calcolato utilizzando modelli che tengano conto delle caratteristiche molecolari.

Nella trattazione più comunemente adottata per descrivere le proprietà orientazionali di nematici calamitici a basso peso molecolare si assume che le molecole siano assimilabili a bacchette rigide e uniassiali la cui orientazione rispetto al direttore della fase nematica nˆ sia descritta dal vettore uˆ .

θ Z X Y z ϕ n u

Figura 10 Sistema di coordinate per una molecola uniassiale usate per definire il parametro d’ordine

Utilizzando le coordinate sferiche ϑ e ϕ, le proiezioni di uˆ lungo le tre direzioni sono

ϑ

cos =

z

u , ux =sin

ϑ

cos

ϕ

e uy =sinϑsinϕ. Le componenti del tensore di ordine microscopico, anch’esso simmetrico e a traccia nulla, sono quindi [1]

(25)

23 (2.3) αβ α β δαβ 2 1 2 3 = u u Qm

Le medie dei quadrati delle proiezioni si annullano per α ≠β . Il tensore completo si riduce a

(2.4)                 + − − − = m zz m zz m zz m Q b Q b Q Q 0 0 0 ) ( 2 1 0 0 0 ) ( 2 1 con 2 1 cos 2 3 2 = ϑ m zz Q e sin ϑcos2ϕ 2 3 2 =

b . Il termine b tiene conto della biassialità della fase e, pertanto, si annulla in fasi uniassiali quando, in pratica, l’angolo ϕ può assumere tutti i valori con la stessa probabilità. In queste circostanze, ovvero biassialità di fase nulla, l’equazione (2.3) può essere riscritta come

(2.5) ) 3 1 ( α β αβ αβ =S n n − δ Qm zz con Szz =Qzzm

Dal confronto della (2.5) con la (2.1) ricaviamo che, in condizioni di uniassialità (y=0), il parametro d’ordine macroscopico e quello microscopico coincidono.

(2.6) Q=Qm ( con x Szz

2 3

= )

Inoltre, l’utilizzo comune dello scalare Szz piuttosto che di Qmè giustificata dalla prevalenza, fino ad ora evidenziata, di nematici macroscopicamente uniassiali.

In questa trattazione non è però contemplata la possibilità di molecole biassiali, per cui si rimanda al Capitolo 4 e all’Appendice B.

TEORIA DI LANDAU DE GENNES

Ritorniamo alla teoria LdG∗. L’espansione generale dell’energia libera F in termini del parametro d’ordine Q è

Per i calcoli successivi il parametro d’ordine m zz

(26)

(2.7) ... 4 1 3 1 2 1 2 − 3 + 4 + + =F AQ BQ CQ Fnem o o

F è l’energia libera dello stato isotropo ed è una costante del sistema. I parametri

dell’espansione sono termini costanti caratteristici del sistema. Il loro valore numerico può essere definito a meno di fattori di conversione. Infatti, poiché il parametro d’ordine è una grandezza adimensionale, affinché le costanti possano essere definite in modo univoco sono necessarie misure termodinamiche che possano indicarne le unità di misura.

Il significato dei parametri dell’espansione deriva da considerazioni termodinamiche o di simmetria. Infatti, l’esistenza di uno stato di equilibrio, con Q≠0, cioè di un minimo dell’energia libera, è garantita quando l’esponente del termine di più alto grado in Q è pari e il suo coefficiente è positivo. Per l’equazione (2.7) questo corrisponde ad C>0 a tutte le temperature. Inoltre la richiesta che l’equazione (2.7) descriva una transizione tra due stati a parametro d’ordine diverso, impone che A , il coefficiente di minimo grado in Q nell’espressione di

dQ

dFnem , cambi segno con la temperatura.

Si definisce pertanto A= Ao(TT*)indicando con *

T la più bassa temperatura di

sottoraffreddamento dell’isotropo [12].

Da considerazioni di simmetria si deducono i possibili valori di B . Esso può essere nullo descrivendo così una transizione del secondo ordine (senza alcuna discontinuità alla temperatura di transizione T ) o può essere positivo (ma con segno negativo NI

nell’espansione) adattando bene il modello ad una transizione del primo ordine tra due stati a parametro d’ordine diverso (Q=0,Q≠0) e con diversa simmetria [34].

In condizioni di equilibrio, il valore del minimo assoluto di Fnemcorrisponde al parametro d’ordine dello stato fisico (isotropo o nematico) più stabile [35].

Per individuare i minimi è opportuno studiare la derivata prima della funzione (2.7). (2.8) = A (TT*)QBQ2 +CQ3 =0 dQ dF o nem Quindi

(27)

25 (2.9) Q=0 e C C T T A B B Q o 2 ) ( 4 * 2 2 , 1 − − ± =

Il numero di soluzioni reali dipende dal segno della quantità sotto radice  Se C A B T T C T T A B o o 4 0 ) ( 4 2 * * 2− − > − <

, a causa del significato fisico delle soluzioni, dobbiamo distinguere tre casi

- T <T*, F ha un massimo per Q=0 e due minimi per

C B Q 2 2 ∆ − = e C B Q 2 1 ∆ +

= , il primo non accettabile perché corrispondente ad un parametro d’ordine negativo, il secondo corrispondente allo stato nematico stabile.

- T =T*, F ha un minimo per

C B Q

Q1 = 2 = (nematico) e un punto di flesso con tangente orizzontale per Q=0 (svanisce ogni possibile stabilizzazione dell’isotropo).

- T >T*, F ha due minimi per Q=0 e

C B Q 2 1 ∆ + = (corrispondenti

rispettivamente al parametro d’ordine dell’isotropo e del nematico) e un massimo C B Q 2 2 ∆ − = .  Se C A B T T C T T A B o o 4 0 ) ( 4 2 * * 2− − = − =

, le soluzioni dell’equazione (2.8) sono due corrispondenti ad un minimo di F per Q=0 (isotropo) e un flesso a tangente orizzontale per C B Q 2 2 ,

1 = : svanisce ogni possibile stabilizzazione del nematico. La temperatura così definita corrisponde al surriscaldamento massimo del nematico

(2.10) C A B T T o surr 4 2 * + = .  Se C A B T T C T T A B o o 4 0 ) ( 4 2 * * 2− − < − >

, la soluzione reale è unica, F ha un unico minimo per Q=0 corrispondente all’isotropo.

(28)

Alla temperatura di transizione T =TNI è necessario che si verifichi la condizione 0 ) ( ) 0 ( =F Q1 =

Fnem nem (cioè che i minimi siano alla stessa altezza). Tale condizione porta ai risultati

(2.11) C A B T T o NI 9 2 2 * + = e C B QNI 3 2 = .

In Figura 11 sono riassunti i risultati ottenuti

In rosso, C A B T T o 4 2 *> − In arancio, C A B T T o surr 4 2 * + = In giallo, C A B T T T o NI 9 2 2 *+ = = In verde, C A B T T o 4 2 * < − , T >T* In azzurro, * T T = In blu, C A B T T o 4 2 *< − , * T T <

In Figura 12 è riportato l’andamento del parametro d’ordine dei minimi, in funzione della differenza di temperatura (TT*).

Q F

Figura 11 Grafico dell’energia libera in funzione del parametro d’ordine a diverse temperature

(29)

27 T-T '

Q

Figura 12 Andamento del parametro d’ordine in funzione della temperatura. I punti colorati corrispondono alle temperature le cui curve di energia libera sono riportate in Figura 11. Il tratteggio indica la TNI.

Il prolungamento della curva del nematico oltre T (punto giallo) ne indica il possibile NI

soprariscaldamento.

Il prolungamento della curva dell’isotropo al di sotto di T ne indica il possibile NI

sottoraffreddamento.

Il sottoraffreddamento e il soprariscaldamento sono visibili anche in Figura 11. Infatti, nelle curve, la fase stabile è determinata dal minimo più “profondo” (in corrispondenza della transizione i minimi corrispondono a valori uguali di energia libera). La contemporanea presenza di un secondo minimo a minore profondità indica una fase “metastabile”.

TEORIA DI LANDAU DE GENNES PER FASI NEMATICHE DI ELASTOMERI

La trattazione presentata fino ad ora è in grado di descrivere solamente il comportamento di fasi liquido cristalline “ideali”, con una transizione del primo ordine, senza particolari complicazioni. Per estendere la validità della teoria fenomenologica LdG anche a sistemi più complessi è opportuno introdurre nell’equazione (2.7) un ulteriore termine, h , che tiene conto della non idealità dei sistemi.

(30)

Il termine h , che chiamiamo “campo”, è quello che maggiormente modifica il comportamento della funzione permettendo di descrivere sistemi nematici con caratteristiche molto diverse tra loro. Un “normale” nematico con caratteristiche di idealità è descritto dall’equazione (2.7), ponendo h=0. Questo comporta che sia la differenza

o nem F

F − , in corrispondenza della transizione, sia il parametro d’ordine del minimo corrispondente allo stato isotropo siano pari a 0 . Il significato fisico di questo termine lineare dipende da condizioni che saranno analizzate nel capitolo 3.

L’aggiunta del termine lineare in Q con campo h≠0 è in grado, quindi, di alterare notevolmente gli andamenti sia dell’energia libera in funzione del parametro d’ordine, sia di quest’ultimo in funzione della temperatura.

L’equazione (2.7) diventa (2.12) ... 4 1 3 1 2 1 2 − 3 + 4 + + − =F hQ AQ BQ CQ Fnem o

la cui derivata, in condizioni di equilibrio, si annulla:

(2.13) = ( − *) − 2 + 3− =0 h CQ BQ Q T T A dQ dF o nem

Le radici di questa equazione sono tre ed hanno le seguenti espressioni

(2.14) C R M R R M R C M C B Q 3 3 1 2 3 3 1 2 3 3 1 2 3 ) 4 ( ) 4 ( 3 2 3 + + + + + − = (2.15) C R M R i R M R C M i C B Q 3 3 1 2 3 3 1 2 3 2 2 6 ) 4 )( 3 1 ( ) 4 ( 6 ) 3 1 ( 3 + + − + + + + − = (2.16) C R M R i R M R C M i C B Q 3 3 1 2 3 3 1 2 3 3 2 6 ) 4 )( 3 1 ( ) 4 ( 6 ) 3 1 ( 3 + + + + + + − − = con M B 3Ao(T T )C * − + − = e R B Ao T T BC C h 2 * 3 27 ) ( 9 2 − − + =

Per stabilire il numero di soluzioni reali è necessario studiare il segno della quantità sotto radice che, però, dipende sia da TT*sia da h .

(31)

29 Se 4M3+R2 >0, la soluzione reale è unica (un solo minimo).

Se 4M3+R2 =0, le soluzioni reali sono due, di cui una è un flesso a tangente orizzontale. Se 4M3+R2 <0, le soluzioni reali sono tre, corrispondenti a due minimi e un massimo.

Espandendo l’espressione sotto radice otteniamo la funzione

(2.17)

[

2 *

] [

3 3 * 2

]

2 27 ) ( 9 2 ) ( 3 4 B A T T C B A T T BC C h y= − + o − + − o − +

che, essendo di terzo grado in TT*, si comporta in maniera analoga a

dQ dFnem , ammettendo tre radici. (2.18) C A V Z V Z C A P C A B T T o o o 2 3 1 3 1 2 2 1 * 12 ) 3 24 ( ) 3 24 ( 12 12 ) ( + + + − = − (2.19) C A V Z i V Z C A P i C A B T T o o o 2 3 1 3 1 2 2 2 * 24 ) 3 24 )( 3 1 ( ) 3 24 ( 24 ) 3 1 ( 12 ) ( + − + + + − = − (2.20) C A V Z i V Z C A P i C A B T T o o o 2 3 1 3 1 2 2 3 * 24 ) 3 24 )( 3 1 ( ) 3 24 ( 24 ) 3 1 ( 12 ) ( + + + + − − = − con P=−Ao4B(B3+216C2h), ) 5832 540 ( 6 3 2 4 2 6 h C h C B B A Z = o − − , 3 2 3 2 12 ) 27 ( B C h h C A V = o − +

Anche per queste tre possibili soluzioni l’appartenenza al campo reale dipende dalla quantità

V sotto radice. Essa ha solo due zeri, da cui possono essere distinti tre intervalli

1. V >0 per h<0e 2 3 27C B h> 2. V =0 per h=0e 2 3 27C B h= 3. V <0 per 2 3 27 0 C B h< <

(32)

Nel caso 1. (sono fisicamente significativi solo i valori di h positivi) solamente la soluzione 1

*

)

(TT dell’equazione (2.18) è reale e quindi per

-C A V T V T C A P C A B T T o o o 2 3 1 3 1 2 2 * 12 ) 3 24 ( ) 3 24 ( 12 12 + + + − + > , 4M3+R2 >0,

l’unica soluzione valida è Q1(eq.(2.14)) che corrisponde all’unico minimo della funzione Fnem. -C A V T V T C A P C A B T T o o o 2 3 1 3 1 2 2 * 12 ) 3 24 ( ) 3 24 ( 12 12 + + + − + = , 4M3+R2 =0,

abbiamo due soluzioni Q1 e Q2 =Q3.

-C A V T V T C A P C A B T T o o o 2 3 1 3 1 2 2 * 12 ) 3 24 ( ) 3 24 ( 12 12 + + + − + < , 4M3+R2 <0,

tutte le tre soluzioni Q1,Q2,Q sono reali e corrispondono a due minimi e un 3

massimo di cui ha senso fisico solo il minimo corrispondente a Q>0

(nematico).

Nel caso 2. abbiamo due possibili soluzioni per ( *)

T T − . Con h=0ritorniamo al caso ideale (( − *)=0

T T e C A B T T o 4 ) ( 2 * = − ). Con 2 3 27C B h= le radici sono C A B T T o 12 5 ) ( 2 * = − e C A B T T o 3 ) ( 2 * = − (flesso). Per -C A B T T o 12 5 2 *

> , l’unica soluzione valida è Q1, che corrisponde all’unico

minimo della funzione Fnem.

-C A B T T o 12 5 2 * = , C B Q 6 − = (flesso) e C B Q 6 4 = (minimo).

(33)

31 -C A B T T o 12 5 2 *

< , tutte le tre soluzioni Q1,Q2,Q sono reali e corrispondono a 3

due minimi e un massimo di cui ha senso fisico solo il minimo corrispondente a Q>0 (nematico).

Nel caso 3., tutte le tre possibili soluzioni di (TT*)sono reali e definiscono quattro intervalli. Chiamiamo T1,T2,T in ordine decrescente (3 T1 >T2 >T3) le temperature che determinano gli intervalli di interesse.

Per T3 <T <T2 o T >T1, 4M3+R2 >0, esiste solo un minimo

Per T <T3 o T2 <T <T1, 4M3+R2 <0, esistono due minimi e un massimo che hanno tutti un senso fisico solo nel secondo intervallo indicato. In questo unico caso, in cui entrambi i minimi hanno senso fisico, anche in presenza di h non nullo, l’andamento di Q in funzione della temperatura esibisce una discontinuità. Per calcolare la temperatura di transizione è necessario imporre come vincolo che i due minimi siano alla stessa altezza: il loro valore però non può essere più pari a zero.

(2.21) Fnem(Qmin1)=Fnem(Qmin2)

Otteniamo così B A Ch C A B T T T o o NI 3 9 2 2 *+ + =

= . Analogamente al caso ideale si ritrovano

fenomeni di sottoraffreddamento e soprariscaldamento.

Il valore di h oltre cui non troviamo più alcun “salto” è 2 3

27C

B

hc = e prende il nome di campo critico [1].

Per valori di campo superiori al campo critico (torniamo al caso 1.) si parla di una transizione nematico-paranematico. La fase paranematica ha un parametro d’ordine che, all’aumentare della temperatura, tende asintoticamente a zero. Essa “sostituisce” la fase isotropa e non è prevista alcuna transizione paranematico-isotropo.

(34)

Matematicamente nel grafico di Fnem questa situazione corrisponde alla presenza di un unico minimo, il cui comportamento con la temperatura è descritto dalla soluzione reale Q1 (infatti è la presenza contemporanea di due minimi che crea la discontinuità).

Quando la curva diventa continua (h>hc), la T coincide con il cambio della concavità NI

(punto di flesso) della funzione Q1(T) data dall’espressione (2.14)[36].

Nelle figure successive sono riportati i risultati ottenuti.

T - T£

S

Figura 13 Andamento del parametro in funzione della temperatura per gli stessi valori di campo h di Figura 14.

Le curve nere derivano dalla soluzione reale (2.14) (unica con h>B3/27C2).

Le curve gialle e verdi derivano dalle espressioni complesse (2.15) e (2.16) che nelle condizioni spiegate precedentemente, diventano reali descrivendo il secondo minimo (verde) e il massimo (giallo).

I puntini rossi indicano i valori dei parametri d’ordine dei minimi alla temperatura di transizione (indicata dalle linee tratteggiate) quando nella curva è presente la discontinuità. I tratti di curva che si estendono oltre questi punti indicano il soprariscaldamento della fase nematica o il sottoraffreddamento della fase isotropa. I puntini blu corrispondono alla temperatura di transizione (flesso) nelle curve continue. Anche queste soluzioni derivano dal vincolo (2.21). È interessante notare che alla TNI si ha il passaggio dallo stato nematico

(35)

33 0 = h ( 2. ) 2 3 27 0 C B h<< < ( 1. ) 2 3 27 0 C B h< < ( 1. ) Q f HQL S fHSL S f HSL 2 3 27C B h= ( 2. ) 2 3 27C B h> ( 3. ) 2 3 27C B h>> ( 3. ) S f HSL S f HSL S fHSL

Figura 14 Andamento dell’energia libera (F) in funzione del parametro d’ordine (Q). I valori di campo h riportati sono gli stessi di Figura 13. I diversi colori corrispondono, per confronto, alle temperature di Figura 11.

(36)
(37)

35

3.

ENERGIA LIBERA “ELASTICA”

Una trattazione completa dell’energia libera in un elastomero deve rendere conto del carattere reversibile della deformazione di questo materiale sottoposto ad uno stress esterno o ad una variazione della temperatura.

DEFINIZIONI

Definendo

λ

il tensore deformazione e assumendo che le conformazioni delle catene abbiano una distribuzione statistica di tipo Gaussiano attorno ad una conformazione media, si può dimostrare [1] che l’energia libera per unità di volume ha espressione

(3.1) ( ) 2 1 λ λ = T B s el nk TTr F

Il valoren è il numero medio di crosslinker per unità di volume; il prodotto s nskBT =µè il modulo di taglio lineare (linear shear modulus) della fase isotropa, senza l’influenza della fase liquido cristallina [36].

Una importante caratteristica di queste deformazioni è il mantenimento del volume costante durante la deformazione stessa. Per una deformazione uniassiale (λxxyy) lungo la direzione z (

λ

zz =

λ

) l’equazione (3.1) si semplifica (le derivazioni sono riportate in

Appendice A) (3.2)       + = λ λ µ 2 2 1 2 el F

La deformazione uniassiale può essere definita [36] come (3.3) o L L = λ

con L lunghezza del campione e L lunghezza dell’isotropo. o

La funzione (3.1) viene modificata in modo molto importante se nel polimero vengono introdotte unità nematogene legate alla catena principale. Sia per un elastomero

Main-Chain, sia per un Side-Main-Chain, l’espressione dell’energia libera elastica deve tener conto del

(38)

(3.4) ( ) 2 1µ λ 1λ = − l l Tr Fel o T I tensori o

l e l (step length tensor) riflettono rispettivamente l’ordine prima e dopo la deformazione

λ

. Un legame tra i tensori e il parametro d’ordine è fornito dal modello “freely jointed chain” inizialmente ideato per polimeri Main-Chain ma che può essere facilmente esteso ai polimeri Side-Chain sulla base di considerazioni molto semplici [1].

MODELLO “FREELY JOINTED CHAIN”

Il modello “freely jointed chain” [1],[37] per un polimero main-chain, le cui unità mesogeniche hanno lunghezza a, assume che la probabilità di distribuzione delle conformazioni e le conseguenti forme delle catene polimeriche possano essere descritte statisticamente dalla media del quadrato del vettore Rˆ , end-to-end vector, che definito come (3.5)

= = N i i u a R 1 ˆ ˆ

collega l’inizio e la fine della catena polimerica costituita da N monomeri i orientati ciascuno secondo la direzione uˆ . i

Definendo L=Na come “lunghezza d’arco” della catena polimerica e l come tensore di lunghezza di ciascun passo (step length tensor) si può scrivere

(3.6) = =

j i j iu u N a R R Na l , 3 ˆ ˆ 3

La media del quadrato dei vettori direzionali è analoga a quella già vista nel Capitolo 2 a riguardo del parametro d’ordine. Le componenti del tensore possono essere quindi espresse come (3.7)                 =

ϑ

ϕ

ϑ

ϕ

ϑ

2 2 2 2 2 cos 0 0 0 cos sin 2 1 0 0 0 cos sin 2 1 3a l

(39)

37 Quindi, recuperando la definizione di Q dalla (2.3),

(3.8)           + − − + − = Q b Q b Q a l 2 1 0 0 0 1 0 0 0 1

In fase uniassiale (b=0), si ricava che

(3.9) l =a(1−Q) e l|| =a(1+2Q)

cioè l=a(

δ

+2Q)che, per una fase isotropa, si riduce a l =a

δ

, dove δ è la matrice identità e Q è il tensore d’ordine definito dall’espressione (2.4).

L’espressione dell’energia libera (3.4) si riduce all’equazione (3.1) riscrivendo i tensori in modo che questi rappresentino la fase isotropa (nelle gomme non c’è ordine nematico)

δ

a

lo = el−1=a−1

δ

.

Se, invece, uno dei due tensori rappresenta uno stato nematico l’equazione (3.4) diventa (vedi appendice A) (3.10)        + = ⊥ l a l a Fel

λ

λ

µ

2 2 1 || 2

Minimizzando questa equazione rispetto alla deformazione λ si ottiene, dal confronto anche con la (3.3), la deformazione di equilibrio

(3.11) o L L l l =       = ⊥ 3 1 ||

λ

Per i polimeri Main-Chain il parametro d’ordine Q è quello della catena polimerica. Si può definire l’anisotropia (3.12) Q Q Q l l r 1 3 1 2 1 || + − + = = ⊥

Per piccoli valori di Q l’espansione in serie porta ad una relazione lineare tra l’anisotropia e il parametro d’ordine. La costante di proporzionalità per il polimero Main-Chain è approssimativamente 3.

(40)

In un polimero Side-Chain l’ordine della catena (

B

Q ) generalmente differisce dall’ordine dei

nematogeni ( Q ) legati come pendagli al network principale. Anzi, è proprio l’ordine delle unità nematogene Q ad indurre un ordine della catena polimerica

B

Q . Lavori riportati in

letteratura [37], [38] evidenziano una proporzionalità diretta tra

B

Q e Q . La costante di

proporzionalità, chiamata

α

, è caratteristica di ogni sistema e descrive il grado di accoppiamento delle catene polimeriche (di ordine

B

Q ) con le unità liquido cristalline ( Q ).

Come vedremo in seguito (cfr. Appendice A), il valore del coefficiente

α

dipende fortemente dalla storia termica del sistema e dalle sue caratteristiche peculiari.

Vale quindi la relazione (3.13) QB =

α

Q

In questo caso è

B

Q ad essere strettamente legato all’allungamento. Unendo le equazioni

(3.9) e (3.11) otteniamo (3.14) 1 2 1 1 2 1 3 3 3 1 − ≈ =       + − = ⇒       − + =

α

λ

λ

λ

λ

Q Q Q Q B B B

Per piccole deformazioni si ottiene una relazione lineare tra la deformazione e il parametro d’ordine nematico.

IMPORTANZA DELLA “STORIA TERMICA”

Fino ad ora non è stata considerata la storia termica dell’elastomero a partire dalla sua sintesi perché abbiamo implicitamente assunto che lo stato di formazione coincida con uno stato di equilibrio (che chiameremo rilassato) raggiunto subito dopo la sintesi. In effetti questa assunzione è valida se consideriamo tutte le deformazioni relativamente allo stato rilassato. Se però siamo intenzionati ad una relazione tra l’energia elastica e i parametri d’ordine così da completare l’espressione LdG (2.7), la storia termica acquista una notevole importanza .

Se la sintesi dell’elastomero che vogliamo studiare avviene tramite due stadi intermedi di

(41)

39 presenza di uno stress meccanico o un forte campo elettrico o magnetico che orienta i nematogeni. Le caratteristiche fisiche che l’elastomero acquista nei due casi sono diverse. Un esempio è riportato nel riferimento [33] in cui gli autori evidenziano la differente risposta della deformazione allo stress applicato.

Figura 15 Küpfer, Finkelmann, ref.[33]. Stress in funzione della deformazione uniassiale dell’elastomero. Le serie di dati piene (■) derivano da misure su elastomeri il cui secondo step di cross-linking è avvenuto in fase nematica. Le serie vuote (□), in fase isotropa.

Indichiamo lo stato di formazione con

λ

tot =1 e lo, lo stato rilassato con

λ

tot =

λ

m e lr, il generico stato

λ

tot =

λ

λ

m e l. Utilizzando l’equazione (3.4) e sostituendo in essa la deformazione totale si può dimostrare [1] che la formula dell’energia libera elastica viene modificata nel modo seguente

(3.15)                   − ⋅ ⋅ ⋅         = − ) ( ) ( ln ) ( ) ( ) ( 2 1 3 1 1 l Det l Det l l Tr l Det l Det F T o r r o el

µ

λ

λ

Analizziamo una transizione termica di fase (all’equilibrio) senza alcuno stress esterno tot =δ e l =lr). Già con la sola assunzione di queste condizioni l’equazione (3.15) si

semplifica notevolmente (con

[

]

3

1 ) ( / ) (lo Det lr Det W = ) (cfr.(A.16))

(42)

(3.16) Fel

[

W lnW

]

2 3

= µ

Se il secondo stadio di crosslinking avviene in fase isotropa, tramite una serie di espansioni di Taylor, l’equazione (3.16) diventa, a meno di una costante additiva,

(3.17) ... 4 3 4 4 + = Q Fel µαiso da sommare all’espressione (2.7) (3.18) ( 3 ) ... 4 1 3 1 ) ( 2 1 − * 2 − 3 + + 4 4 + = A T T Q BQ C Q Ftot o µαiso

Questa modifica determina un abbassamento della temperatura di transizione T che, NI

particolare sperimentalmente interessante, dipende dalla densità di crosslinker presenti nella struttura chimica del materiale. Infatti

(3.19) ) 3 ( 3 2 4 0 4 2 iso iso NI C C A B T

µα

µα

+ − = ∆

Se il secondo stadio di crosslinking avviene in fase nematica (per cui si impone un ordine

0

o

Q tramite l’applicazione di uno stress meccanico o tramite l’azione di un campo

elettrico o magnetico esterno), risulta

[

]

3

1 3 2 3 2 ) 2 3 1 /( ) 2 3 1 ( Q Q Q Q W = − o + o − + e l’espansione

dell’espressione (3.16) ha come risultato due termini dipendenti da Q alla seconda e alla quarta potenza. Più esattamente, trascurando i termini costanti,

(3.20) ... 4 3 2 3 4 2 2+ 4 4 + − = Q Q Q Fel

µα

o

µα

che modificano non solo il termine C dell’espansione LdG (2.7), ma anche il termine A e l’espressione di

α

. Infatti (3.21)

[

]

( 3 ) ... 4 1 3 1 3 ) ( 2 1 − * − 4 2 2− 3+ + 4 4+ = A T T Q Q BQ C Q Ftot o

µα

o

µα

con ( ( ))2 o iso Det l α α = . Conseguentemente

(43)

41 (3.22) 0 2 4 * * 3 A Q T T → +

µα

o (3.23)       + + = ∆ 2 2 2 8 2 4 0 4 3 2 1 ) 3 ( 3 o NI o NI Q Q Q C A C T

µ

α

µα

µα

L’espressione (3.23), giustamente, tende alla (3.19) quando Qo →0. Per la definizione di

NI

Q vale l’espressione (2.11). Dal confronto si questi risultati con quelli generalmente usati nell’interpretazione dei dati sperimentali, sembra che il termine

µα

4

sia molto piccolo e spesso trascurato nelle somme [1].

La dipendenza di

α

dal parametro d’ordine dello stato nematico caratterizzante il sistema durante la reazione di crosslinking può in qualche modo giustificare il diverso comportamento dei materiali sintetizzati con diverse condizioni di stress. Infatti, dopo una stessa deformazione, l’ordine dell’elastomero il cui crosslinking è avvenuti in fase isotropa dovrebbe essere maggiore dell’ordine dell’elastomero sintetizzato in fase nematica. In altre parole, a parità di parametro d’ordine, l’elastomero sintetizzato in fase nematica dovrebbe aver subito una deformazione maggiore.

AZIONE DI UNO STRESS ESTERNO

La precedente trattazione è stata condotta assumendo nullo il termine lineare dell’espansione di LdG (h=0). Questo significa che nessun termine di “campo” agisce sul sistema. Con il temine “campo” si intende qualunque forza esterna che agisce sul sistema e il senso fisico del coefficiente h è esattamente una misura di tale forza, con una componente esterna ma anche, come vedremo, interna. Un esempio può essere un campo elettrico o magnetico, che orienti i nematogeni secondo un direttore preferenziale, ma più efficace è l’azione di un campo meccanico, di uno stress (

σ

) imposto al campione durante la misura. Si può dimostrare [1],[39] che l’equazione (2.7), a cui sono stati aggiunti una generica energia elastica isotropa, 2

2 1 µε con o o L L L− = − =

λ

1

ε

, un termine fenomenologico di

Figura

Figura 5 Polimero liquido-cristallino Main-Chain.   Figura 6 Polimero liquido-cristallino Side-Chain
Figura 8 Elastomero liquido-cristallino Main-Chain.  Figura 9 Elastomero liquido-cristallino Side-Chain
Figura 13 Andamento del parametro in funzione della temperatura per gli stessi valori di campo h di Figura  14
Figura 19 Livelli energetici degli spin nucleari per un nucleo quadrupolare  I = 1 ,  transizioni
+7

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