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Disordini temporomandibolari in eta evolutiva

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Specialistica in Odontoiatria e

Protesi Dentaria

DISORDINI TEMPOROMANDIBOLARI

IN ETÀ EVOLUTIVA

Candidato :

Silver Kristo

Anno Accademico 2014/2015

(2)

Sommario

INDICE DELLE FIGURE .………...………..

4

ANATOMIA DELL’ARTICOLAZIONE TEMPOROMANDIBOLARE (ATM) ………..

6

 GENERALITÀ ... 6

Osso mandibolare ... 7

Osso temporale ... 9

 COMPONENTI OSSE ARTICOLARI DELL’ATM ... 10

Condilo ... 10 Fossa glenoidea... 14

 COMPONENTI NON OSSEE DELL’ATM... 15

Disco articolare... 15

Capsula articolare (o legamento capsulare ) ... 16

Membrana sinoviale ... 17

Legamenti ... 18

Muscoli masticatori (Tabella 1) ... 20

Vasi sanguigni ... 24

Nervi ... 24

CENNI DI MORFOGENESI E SVILUPPO DELL’ATM..

...25

 FORMAZIONE DEL CORPO MANDIBOLARE ... ... 25

 FORMAZIONE DEL RAMO MANDIBOLARE ... ... 25

 FORMAZIONE DELL’ATM ... ... 26

 L’ATM NEL PERIODO POST-NATALE ... ... 26

I MOVIMENTI MANDIBOLARI ... ... ... ...

28  GENERALITÀ ... 28  MOVIMENTI SIMMETRICI ... 29 Abbassamento ed innalzamento ... 29 Protrusione e retrusione... 31  MOVIMENTI ASIMMETRICI ... 31

Abbassamento ed innalzamento (masticazione)... 31

SEGNI E SINTOMI DI DISTURBI TEMPOROMANDIBOLARI (DTM) IN ETÀ

EVOLUTIVA

... 32

(3)

EZIOLOGIA DEI DTM IN ETÀ EVOLUTIVA

... 39

 GENERALITÀ ... 39

 FATTORI PREDISPONENTI ... 39

 FATTORI SCATENANTI ... 42

 FATTORI PERPETUANTI ... 43

DIAGNOSI DEI DTM IN ETÀ EVOLUTIVA

... 44

 GENERALITÀ ... 44  ANAMNESI... 44  ESAME CLINICO ... 48  ESAMI STRUMENTALI ... 54  DIAGNOSI FINALE ... 56

TRATTAMENTO E PREVENZIONE DEI DTM IN ETÀ EVOLUTIVA

... 60

 TRATTAMENTI REVERSIBILI ... 60  TRATTAMENTI IRREVERSIBILI ... 63  PREVENZIONE DEI DTM ... 63

CONCLUSIONI

... 65

BIBLIOGRAFIA

... 67

(4)

Indice delle Figure

FIGURA 1: MANDIBOLA E OSSO TEMPORALE IN VISIONE FRONTALE ED IN VISIONE LATERALE……… 6

FIGURA 2: SUPERFICIE ESTERNA DELLA MANDIBOLA……….………. 7 FIGURA 3: SUPERFICIE INTERNA DELLA MANDIBOLA……….... 8

FIGURA 4: SUPERFICIE ESOCRANICA………. 10

FIGURA 5: FACCIA ANTERIORE (SINISTRA) E FACCIA POSTERIORE (DESTRA)DEL CONDILO……..….... 10

FIGURA 6: FOSSA GLENOIDEA………... 14

FIGURA 7: CAPSULA ARTICOLARE (VISIONE LATERALE)………...…………. 16

FIGURA 8: LEGAMENTO TEMPOROMANDIBOLARE (VISIONE LATERALE)………..…….……….. 18

FIGURA 9: LEGAMENTI SFENOMANDIBOLARE E STILOMANDIBOLARE……….…….…………... 19

FIGURA 10: MUSCOLO MASSETERE……….…………..…. 20

FIGURA 11: MUSCOLO TEMPORALE……….………….…... 20

FIGURA 12: MUSCOLO PTERIGOIDEO INTERNO ……….……….…... 22

FIGURA 13: MUSCOLO PTERIGOIDEO ESTERNO……….………….………. 22

FIGURA 14: MUSCOLI SOPRA E SOTTO-IOIDEI……….…. 23

FIGURA 15: SCHEMA DI POSSELT………...… 30

FIGURA 16: RELAZIONE FISIOLOGICA TRA DISCO E CONDILO DURANTE I MOVIMENTI DI APERTURA E DI CHIUSURA DELLA MANDIBOLA………... 30

FIGURA 17: DISTRIBUZIONE DI ETÀ (IN ANNI) E GENERE IN UN CAMPIONE DI 3428 PAZIENTI STATUNITENSI CON DTM……….. 37

FIGURA 18: DISTRIBUZIONE DI ETÀ (IN ANNI) E GENERE IN UN CAMPIONE DI 644 SOGGETTI CON DTM………..……... 37

FIGURA 19: ESEMPIO DI QUESTIONARIO PER LA RACCOLTA DI INFORMAZIONI SUI DTM... 47

FIGURA 20: ESEMPIO DI CARTELLA CLINICA PER LA RACCOLTA DI INFORMAZIONI SUI DT……... 53

FIGURA 21: DISLOCAMENTO DEL DISCO CON RIDUZIONE………...…... 57

FIGURA 22: DISLOCAMENTO DEL DISCO SENZA RIDUZIONE……….……… 57

FIGURA 23: SUBLUSSAZIONE DEL DISCO………...….... 58

(5)
(6)

Anatomia dell’articolazione temporomandibolare (ATM)

Generalità

L’articolazione temporomandibolare è l’unica articolazione mobile del cranio, fa parte del gruppo delle diartrosi o condilo-artrosi doppia. Questo tipo di articolazioni sono circa un centinaio nel corpo umano, con la capacità di compiere una vasta gamma di movimenti e presentano tre elementi essenziali :

 Due u più superfici ossee articolari contrapposte, rivestite di cartilagine articolare;  Cavità articolare, situata tra le porzioni ossee;

 Capsula articolare fibrosa, che circonda completamente l’articolazione e contribuisce a mantenerla in sede.

Nello specifico, l’ATM è formata da due capi articolari, la testa del condilo della mandibola e la fossa mandibolare dell’osso temporale o fossa glenoidea. Tra questi due capi articolari si interpone il menisco o disco articolare. Il menisco contribuisce a separare

anatomicamente e funzionalmente due compartimenti (temporo-meniscale e

condilo-meniscale), motivo per cui l’ATM umana viene più propriamente definita come una diartrosi doppia bicondilare.

Le due ATM sono pari, simmetriche (anche se non uguali) e funzionalmente non separabili, perché unite dall’osso mandibolare.

(7)

Componenti ossee dell’ATM

Osso mandibolare

La mandibola è un osso impari, mediano e simmetrico, costituito da un corpo(porzione centrale) e da due porzioni laterali (rami).

Il corpo mandibolare comprende:

Superficie esterna (Figura 2): presenta un rilevo mediano di forma triangolare, con apice rivolto in alto, detto protuberanza mentoniera, alla cui base si trovano due tubercoli mentali. Lateralmente alla protuberanza mentale origina la linea obliqua esterna, cresta smussa che si porta indietro ed in alto fino a terminare sul margine anteriore del ramo della mandibola. Tra le radici del primo e secondo premolare è presente il foro mentale o mentoniero (sbocco del canale mandibolare originato sulla superficie interna del ramo);

Figura 2: Superficie esterna della mandibola [2]

Superficie interna (Figura 3): presenta, sulla linea mediana, una estroflessione, detta spina mentale, distinta in quattro rilievi, le apofisi genii, origine dei muscoli

(8)

mentale origina la linea obliqua interna, o miloioidea, zona di inserzione del muscolo omonimo, che si porta postero-superiormente. La linea miloioidea contribuisce a separare due depressioni ossee, la fossetta sottolinguale

(superiormente) e la fossetta sottomandibolare (inferiormente), che ospitano le ghiandole salivari omonime. Inferiormente alla spina mentale si trova la fossetta digastrica, sede di inserzione del ventre anteriore del muscolo omonimo;

Figura 3: Superficie interna della mandibola [2]

 Margine inferiore: smusso e liscio, non presenta strutture di grande rilevanza  Margine superiore: ospita i processi alveolari

I rami mandibolari, prolungamenti verticali posteriori del corpo, comprendono:

 Superficie laterale: presenta, inferiormente, una superficie rugosa, la tuberosità masseterina, inserzione del muscolo massetere;

 Superficie mediale: presenta, al centro, il forame mandibolare, origine del canale

omonimo (percorso dal nervo e vasi alveolari inferiori), circoscritto

antero-superiormente da una lamina ossea, detta lingula o spina della Spix (inserzione del legamento sfeno-mandibolare). Dal contorno inferiore del forame mandibolare parte il solco miloioideo, diretto in basso ed in avanti e percorso da nervo e vasi omonimi.

(9)

Inferiormente e posteriormente al forame mandibolare è presente una superficie rugosa che da’ inserzioni al muscolo pterigoideo interno;

 Margine superiore: presenta due processi, coronoideo (anteriormente) e condiloideo

(posteriormente), separati dall’incisura sigmoidea. Nella sua superficie mediale, il processo coronoideo dà inserzione al muscolo temporale (la cresta temporale, su cui si inserisce appunto il muscolo omonimo, quindi si porta in basso e in avanti, per terminare infine in corrispondenza del processo alveolare e contribuire a delimitare il trigono retromolare);

 Margine posteriore: si continua nel margine inferiore del corpo, in corrispondenza dell’angolo mandibolare;

 Margine anteriore: rappresenta il prolungamento della linea obliqua esterna. Nel neonato il ramo mandibolare esiste solo in abbozzo e l’angolo è fortemente ottuso (130°-135°); le prime modificazioni avvengono nel periodo della dentatura decidua e proseguono negli anni successivi. Nei soggetti anziani edentuli la forma della mandibola torna ad avvicinarsi a quella del bambino.

Osso temporale

Osso pari e simmetrico, che contribuisce alla formazione della base cranica. Si forma dalla confluenza di quattro centri di ossificazione principali, che ne permettono la divisione in altrettante porzioni (petro-mastoidea, timpanica, squamosa e stiloidea). Nell’osso temporale si distinguono, inoltre:

Superficie esocranica (Figura 4): superficie liscia e convessa, con contorno dentellato, che rappresenta la parte squamosa del temporale. Dalla squama si distacca, anteriormente, il processo zigomatico,per andare a formare l’arcata zigomatica. Posteriormente sono presenti la fossa glenoidea, la scissura di Glaser (che comunica con il cavo del timpano e da’ passaggio all’arteria timpanica ed alla corda del timpano), il meato acustico esterno ed il processo mastoideo (inserzione del ventre posteriore del digastrico e dello sternocleidomastoideo).

Il versante inferiore della superficie esocranica è irregolare e ricco di particolarità morfologiche: foro stilomastoideo (sbocco esterno del canale facciale per il nervo omonimo), processo stiloideo (inserzione dei muscoli stilofaringeo, stiloglosso, stilo

(10)

ioideo e dei legamenti stilomandibolare e stiloioideo), fossa giugulare e foro carotico esterno.

Figura 4: Superficie esocranica dell’osso temporale [3]

 Superficie endocranica (di interesse per quanto riguarda l’apparato stato-acustico).

Componenti ossee articolari dell’ATM

Condilo

Generalità

Il condilo è formato dalla testa, direttamente coinvolta nell’articolazione, e il collo, che connette la testa al resto della mandibola (Figura 5)

Figura 5: Faccia anteriore (sinistra) e faccia posteriore (destra) del condilo. La linea tratteggiata demarca la superficie articolare (più estesa sulla faccia posteriore che su

quella anteriore)[4]

La testa del condilo è di forma ovoidale, con due poli, mediale e laterale. Nell’uomo adulto, la sua larghezza medio-laterale è di 15-20 mm, quella antero-posteriore 8-10 mm.

(11)

prolungamento in senso postero-mediale termina in corrispondenza della metà del margine anteriore del grande foro occipitale). Rispetto all’apice del processo coronoideo, l’asse centrale della testa del condilo è spostato di 3-4/5 medialmente.

Rapporti di testa e collo del condilo con le strutture circostanti

 Superficie laterale: cute, sottocutaneo, polo superiore della parotide (che contiene al

proprio interno rami del nervo facciale);

 Superficie anteriore: tendini del muscolo pterigoideo esterno, massetere, arteria e

nervo masseterini;

 Superficie mediale: le arterie mascellare interna, auricolare profonda, timpanica

anteriore e carotide interna, corda del timpano;

 Superficie posteriore: condotto uditivo esterno, vasi temporali, nervo

auricolo-temporale.

Caratteristiche strutturali della testa del condilo

Variano al variare dell’età

 Dalla nascita fino ai 20 anni: alla nascita, le caratteristiche strutturali sono identiche a

quelle che l’ATM presenta nell’ultimo periodo di vita intrauterina. In sezione sagittale, a partire dalla superficie esterna, si possono distinguere vari strati:

 Strato fibroso superficiale: costituito da tessuto connettivo denso, con fibre collagene di tipo I ed elastiche, si continua con il periosteo che riveste le superfici non articolari. E’ riccamente vascolarizzato dalla nascita ai 5-6 anni, età in cui raggiunge il suo massimo spessore;

 Cartilagine secondaria: deriva dalla trasformazione di cellule mesenchimali e non da mitosi di condrociti preesistenti; permette l’accrescimento della testa del condilo e l’adattamento a variazioni morfologiche, che si susseguono in seguito a stimoli di varia natura; può essere paragonata ad una zona di crescita. E’ a sua volta costituita da:

- zona proliferativa o precondroblastica (cellule connettivali indifferenziate, in continuità con lo strato osteogenico periosteo delle superfici articolari,

(12)

anni, una vivace attività, legata all’accrescimento del condilo e alle variazioni morfologiche, secondarie a stimoli di varia natura);

- strato spesso di condrociti addensati (si riduce all’aumentare dell’età); - zona di condrociti ipertrofici con disposizione irregolare;

- zona di ossificazione endocondrale (media il passaggio verso il tessuto osseo condilare).

 Età adulta:

 Strato fibroso superficiale spesso (spessore variabile a seconda dell’età e del carico che agisce sulla superficie condilare);

 Strato proliferativo (sottile nastro di cellule mesenchimali);

 Fibrocartilagine;

 Cartilagine calcificata

 Osso

Dopo i 20-30 anni di vita, l’attività della cartilagine secondaria diminuisce

sensibilmente fino a cessare e lo strato si assottiglia, anche se le cellule mesenchimali mantengono la capacità di trasformarsi in condrociti o in fibroblasti, con la possibilità quindi di un accrescimento interstiziale o profondo.

Uno studio condotto da Lei [5] su 1438 pazienti di età compresa tra 10 e 30 anni, senza segni e sintomi di disturbi temporomandibolari, sottoposti a CBCT, ha

evidenziato come la formazione sub condrale di osso corticale iniziasse intorno ai 13-14 anni nei maschi e intorno ai 12-13 anni nelle femmine a partire dalla periferia dei condili, per completarsi intorno ai 22 anni negli uomini e ai 21 anni nelle donne, età in cui si evidenzia uno strato continuo, omogeneo e compatto di osso corticale, indicativo di un completo sviluppo del condilo. Un dato come questo ha importanti implicazioni per quanto riguarda il timing di eventuali trattamenti sia ortodontici che chirurgici (in base all’età del paziente si sceglie l’uno o l’altro tipo di trattamento).

 Età avanzata

 Strato fibroso;

 Tessuto osseo condroide (strato di cartilagine parzialmente calcificata, con reattività ridottissima).

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Fossa glenoidea

Generalità

Depressione di forma ovoidale (Figura 6), con l’asse maggiore orientato in senso medio-laterale, posta davanti della parete timpanica dell’osso temporale (al davanti del meato acustico esterno).

Limiti:

(14)

 Anteriore: eminenza articolare e tubercolo zigomatico;

 Superiore (tetto): squama del temporale (separa la fossa glenoidea della fossa cranica media).

Figura 6: Fossa glenoidea. AE: eminenza articolare, MF: fossa mandibolare, STF: fessura squamo-timpanica [4]

Caratteristiche strutturali della fossa glenoidea

La superficie articolare è caratterizzata dagli stessi strati presenti nella testa del condilo, con elementi cellulari più piccoli e numericamente scarsi.

 Dalla nascita ai 18-20 anni: il tessuto fibroso, alla nascita vascolarizzato, negli anni perde la vascolarizzazione; lo strato proliferativo presenta uno spessore apprezzabile;

 In età adulta: lo strato proliferativo si assottiglia mentre aumenta lo strato fibrocartilagineo

Componenti non ossee dell’ATM

Disco articolare

Generalità

Lamina fibrosa interposta tra i capi articolari, di forma ovalare, di spessore non uniforme (sottile al centro, più spessa alla periferia), con assi che seguono l’orientamento della testa condilare. Si modella perfettamente alla superficie della testa del condilo, alla quale aderisce grazie anche a due estensioni della parte spessa (legamenti collaterali mediale e laterale).

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 Parte anteriore spessa: di spessore di circa 2 mm, si pone al davanti della testa del

condilo, in corrispondenza della parte più prominente dell’eminenza articolare. Si connette alla cresta anteriore dell’eminenza articolare, al tendine del muscolo pterigoideo esterno e al margine anteriore del collo del condilo;

 Parte centrale sottile: di spessore di circa 1 mm, a riposo divide la regione anteriore

della testa del condilo dal versante inclinato posteriore dell’eminenza articolare;

 Parte posteriore spessa: di spessore di circa 3 mm, a riposo divide la sommità della

testa del condilo e il tetto della fossa mandibolare. Posteriormente si continua con due lamine (legamento posteriore) che si inseriscono al margine anteriore della fessura squamo-timpanica e alla superficie posteriore del collo del condilo. Tra queste due lamine si interpone una zona riccamente vascolarizzata ed innervata, detta zona bilaminare o cuscinetto retrodiscale. Quando il complesso condilo-meniscale si porta in avanti, si ha la distensione delle fibre della zona bi laminare, che vanno ad occupare lo spazio lasciato vuoto dal condilo, cosicché la zona bilaminare stessa si espande di 4-5 volte, divenendo elemento essenziale per impedire stiramenti nei movimenti in avanti del disco.

Funzioni del menisco:

 Rendere congruenti due unità anatomiche contrapposte;  Distribuire i carichi pressori;

 Rendere possibili i movimenti di traslo-rotazione;

 Stabilizzare in statica e destabilizzare in dinamica, così da permettere il movimento

dell’ATM.

Caratteristiche strutturali del disco articolare

Il disco è costituito da tessuto connettivo fibroso denso, con fibre collagene differentemente orientato:

 Parte anteriore: Fibre disposte a formare una rete a maglie larghe;

 Parte sottile: fibre disposte in fasci compatti e paralleli in senso antero-posteriore

 Parte spessa: fibre disposte in robusti fasci che si intrecciano in tutte le dimensioni

Il disco è privo di vasi e nervi (presenti solo il primo anno di vita e nell’adulto in prossimità delle parti anteriore e posteriore).

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Capsula articolare (o legamento capsulare)

Membrana connettivale fibrosinoviale di tessuto fibroso denso, di forma tronco-conica, che avvolge ed isola l’ATM. Si estende dall’osso temporale, dove aderisce con base ampia lungo i bordi della superficie articolare della fossa mandibolare e dell’eminenza articolare, al collo del condilo, dove si connette con base ristretta (Figura 7).

Figura 7: Capsula articolare (visione laterale)[4]

Le sue pareti sono molto sottili, presenta una certa consistenza solo lateralmente e medialmente, per la stretta adesione al legamento temporomandibolare (o legamento laterale) e per la presenza del legamento collaterale mediale (che collega il disco al polo mediale del condilo).

E’ riccamente innervata (provvede al feed-back propriocettivo concernente la posizione ed il movimento dell’ATM) e così adesa al contorno laterale del disco ed alle strutture vicine da permettere l’individuazione di due cavità articolari, indipendenti sia anatomicamente che funzionalmente, la temporo-discale e la condilo-discale.

Si oppone ad ogni forza mediale, temporale o inferiore che tende a separare o a dislocare le superfici articolari ed inoltre racchiudere l’articolazione in modo do trattenere il liquido sinoviale.

Membrana sinoviale

Generalità

Tessuto connettivo fibrillare che ricopre la superficie interna della capsula fibrosa e si riflette lungo i margini del disco articolare, senza però interessare le superfici articolari. La membrana sinoviale è priva di innervazioni.

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 Membrana dializzante per le proteine;

 Secerne la maggior parte dei costituenti del liquido sinoviale;

 Regola il volume e la composizione del liquido sinoviale;

 Mantiene un pressione negativa costante all’interno delle cavità articolari.

Caratteristiche strutturali della membrana sinoviale

La membrana sinoviale presenta espansioni digitiformi (villi sinoviali) che sporgono nel lume e formata da vari strati:

 Strato superficiale (intima): è formato da sinoviociti, contenuti in una matrice extracellulare amorfa priva di fibre, intercalati ad anse capillari

 Sinoviociti di tipo A: più superficiali, il cui compito sembra essere quello di rimuovere dal liquido sinoviale complessi molecolari provenienti dal

catabolismo tessutale;

 Sinoviociti di tipo B: producono il liquido sinoviale (v. oltre);

 Strato sottointimale fibroso: è aderente alla capsula e contiene vasi sanguinei, fibroblasti, macrofagi, mastociti e fibre elastiche.

Il liquido sinoviale è un dializzato del plasma di colore chiaro, con pH compreso tra 7,2 e 8,4, cui si aggiungono proteine e acido ialuronico. All’interno del liquido sinoviale si ritrovano anche macrofagi e linfociti helper e suppressor. La quantità di liquido sinoviale nelle cavità articolari è di circa 1 ml. Il liquido si muove liberamente all’interno delle cavità articolari, svolgendo diverse funzioni essenziali: trofica per i tessuti articolari, lubrificante sui capi articolari e meccanica, con ammortizzazioni di pressioni e tensioni.

Legamenti

Strutture fibrose rigide, con comportamenti elastiche variabili, presenti all’interno o all’esterno delle articolazioni. Possono essere elementi di ancoraggio per il menisco,di rinforzo della capsula, di sospensione, di freno o di fulcro in sede extrarticolare. Si suddividono in intrinseci (presenti all’interno della capsula o su di essa;

temporomandibolare e meniscale o collaterale) ed estrinseci (sfenotemporale, stilomandibolare, rafe pterigomandibolare ).

Legamento laterale o temporomandibolare (Figura 8)

Rappresenta la porzione esterna della capsula articolare, essendo la diretta continuazione. E’ costituitoda una porzione obliqua esterna (che si estende dalla superficie più esterna del

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tubercolo articolare e del processo zigomatico alla superficie esterna del condilo) e da una porzione orizzontale interna (che si estende dalla superficie esterna del tubercolo e del processo zigomatico alla superficie esterna del collo del condilo) e da una porzione orizzontale interna (che si estende dalla superficie esterna del tubercolo articolare e del processo zigomatico al polo laterale del condilo e alla porzione posteriore del disco). Per la sua posizione, quasi di rinforzo della parete laterale della capsula, limita i movimenti di lateralità, verso il basso e all’indietro della testa del condilo, impedendo altresì la

dislocazione laterale del disco

Figura 8: Legamento temporomandibolare (visione laterale). IHP: porzione orizzontale interna, OOP porzione obliqua esterna [4]

Legamenti collaterali mediale e laterale

Sono estensioni fibrose provenienti dalle parti spesse del disco articolare, che si inseriscono sui poli laterale e mediale del condilo. Contribuiscono a mantenere il disco strettamente adeso al condilo e ad assicurare la contemporaneità dei movimenti condilo-discali nei movimenti simmetrici della mandibola. Sono innervati e vascolarizzati e l’innervazione fornisce informazioni su posizione e movimento articolare (lo stiramento di questi legamenti provoca dolore).

Legamento sfenomandibolare (Figura 9)

E’ un sottile nastro fibroso, lungo circa 3 cm, teso tra la spina angolare dello sfenoide e la lingua mandibolare.

Costituisce il residuo della cartilagine articolare di Meckel.

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della mandibola (essendo la lingua il punto geometrico con minore spostamento durante i movimenti della mandibola).

Legamento stilo mandibolare (Figura 9)

Origina dal processo stiloideo del temporale e si inserisce appena sopra l’angolo della mandibola. Poco prima della sua inserzione nella mandibola, da esso si dipartano alcune fibre accessorie che proseguono verso il margine posteriore dell’osso ioide (legamento stiloioideo). Il legamento stilo mandibolare si tende a mandibola protrusa ma è rilassato a mandibola aperta; la sua funzione principale, quindi, è quella di limitare un’eccessiva protrusione mandibolare.

Figura 9: Legamenti sfenomandibolari e stilo mandibolari [4]

Rafe pterigomandibolare

Si tende dall’uncino pterigoideo alla parte posteriore del lato mediale del processo alveolare

della mandibola. Vi si inseriscono il muscolo buccinatore anteriormente ed il muscolo costrittore superiore della faringe posteriormente.

Muscoli masticatori (Tabella 1)

Muscolo massetere (Figura 10)

Muscolo corto, spesso e di forma grossolanamente quadrangolare, la cui azione è quella di elevare la mandibola. E’ formato da due parti:

 Massetere superficiale: origina dal processo zigomatico della mascella e dai 2/3 anteriori del margine inferiore dell’arcata zigomatico e si inserisce sulla faccia esterna dell’angolo della mandibola. E’ rivestito esternamente dalla fascia

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masseterina (sulla quale si estendono il prolungamento anteriore della parotide, l’arteria trasversa della faccia e rami del nervo facciale).

Porta la mandibola nella posizione di massima intercuspidazione.

 Massetere profondo: origina dai 2/3 posteriori del margine inferiore dell’arcata zigomatica e si inserisce sulla faccia laterale del ramo della mandibola. Trae indietro la mandibola, contribuendo al ritorno del condilo nella fossa glenoidea.

Figura 10: Muscolo massetere [4] Figura 11: Muscolo temporale [4]

Muscolo temporale (Figura 11)

Muscolo di forma triangolare, a ventaglio, con base in alto e d apice in basso, si estende dalla fossa temporale al processo coronoideo della mandibola. Viene comunemente diviso in due fasci distinti:

 Fasci anteriori, verticali, agiscono da elevatori della mandibola;

 Fasci posteriori, orizzontali, agiscono da retrusori della mandibola (abduttori in caso di contrazione monolaterale).

Muscolo pterigoideo interno (o mediale, Figura 12)

Muscolo di forma rettangolare, collocato sulla fascia mediale del ramo della mandibola, con direzione sovrapponibile a quella del fascio superficiale del massetere. Origina dalla faccia mediale della lamina laterale del processo pterigoideo dello sfenoide (piccoli fasci anche dalla tuberosità mascellare e dal processo piramidale del palatino) e si inserisce sulla faccia mediale dell’angolo e del ramo della mandibola, fin poco al di sotto del forame

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Muscolo pterigoideo esterno (o laterale, Figura 13)

Muscolo corto, spesso, di forma tronco-conica.

E’ costituito da due fasci principali, separati alla loro origine da uno spazio triangolare:

 Fascio superiore o sfenoidale: origina dal terzo superiore della faccia laterale della lamina pterigoidea e della faccia infratemporale della grande ala dello sfenoide e si inserisce nella fossetta condiloidea (o pterigoidea) e sul terzo mediale del bordo anteriore del disco articolare. La sua contrazione sposta in avanti il condilo, il disco e la capsula articolare.

 Fascio superiore o pterigoideo: origina dai 2/3 inferiori della faccia laterale della lamina laterale pterigoidea e dal processo piramidale del palatino e si inserisce nella fossetta condiloidea (o pterigoidea) del collo del condilo. La sua contrazione sposta il condilo in avanti ed in basso

Figura 12: Muscolo pterigoideo interno [4] Figura 13: Muscolo pterigoideo esterno [4]

Ai movimenti della mandibola partecipano anche:

 Muscoli cervicali posteriori, che agiscono come stabilizzatori della base cranica

 Muscoli sopraioidei (Figura 14), che collaborano per elevare l’osso ioide e abbassare la mandibola:

 muscolo genioioideo: eleva l’osso ioide e la lingua;

 muscolo miloioideo: eleva l’osso ioide durante la masticazione, abbassa la mandibola a osso ioide fisso;

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 muscolo digastrico: il ventre anteriore coadiuva nell’abbassare la mandibola, mentre il ventre posteriore coadiuva nel retrudere la mandibola;

 muscolo stiloioideo: eleva l’osso ioide e la base della lingua

 Muscoli sottoioidei (tiroioideo, sternoioideo, sternotiroideo, Figura 14), che

abbassano e fissano l’osso ioide permettendo ai muscoli sopraioidei di abbassare la mandibola.

Figura 14: Muscoli sopra e sotto-ioidei [4]

AZIONI

MUSCOLI IMPLICATI

Elevazione della mandibola

Massetere superficiale

Fasci anteriori del temporale

Pterigoideo interno

Fasci superiore dello pterigoideo esterno

Abbassamento della mandibola

Fascio inferiore dello pterigoideo esterno

Muscoli sopraioidei

Muscoli sottoioidei

Protrusione della mandibola

Pterigoideo interno

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Retrusione della mandibola

Fasci posteriori del temporale

Massetere profondo

Digastrico

Abduzione e adduzione della mandibola

(movimenti latero-laterali)

Pterigoideo interno

Pterigoideo esterno

Tabella 1: Azioni esplicate dai muscoli masticatori

Vasi sanguinei

L’ATM è abbondantemente vascolarizzata; i vasi principali provengono posteriormente dall’arteria temporale superficiale, anteriormente dall’arteria meningea media, inferiormente

dall’arteria mascellare interna.

Le vene articolari (presenti in grandi quantità attorno al condilo) drenano nel plesso venoso

pterigoideo e quindi nelle vene mascellare e retromandibulare. Le vene articolari

temporomandibolari, provengono dalla regione retrodiscale, drenano direttamente nella vena retro mandibolare.

I vasi linfatici drenano nei linfonodi parotidei profondi

Nervi

L’innervazione sensitiva dell’ATM proviene esclusivamente dalla branca mandibolare del

trigemino:

 Nervo auricolo-temporale (zona postero- mediale e postero-laterale);  Nervi masseterino e temporale (zona antero-mediale e antero-laterale). Nell’ambito dell’ATM si ritrovano inoltre numerose terminazioni nervose libere, a cui è affidata la raccolta degli stimoli dolorifici.

In quantità minore, sono presenti anche recettori capsulati (corpuscoli di Pacini, di Ruffini e di Golgi), in grado di veicolare informazioni circa la posizione ed il movimento

mandibolare (con possibile influenza sui nuclei motori del trigemino ed intervento sull’attività dei muscoli masticatori).

(24)

Cenni di morfogenesi e sviluppo dell’ATM

L’articolazione temporomandibolare dal punto di vista filogenetico è ritenuto una recente acquisizione (essendo comparsa solo quando l’articolato della mandibola è stato inserito nell’orecchio medio) ed è l’ultima articolazione a comparire nel feto.

Formazione del corpo mandibolare

La mandibola è il primo osso del cranio a formarsi e la sua ossificazione si ha attraverso due meccanismi osteogenetici, ossificazione membranosa (o diretta; cioè l’osso si forma

direttamente nel tessuto connettivo embrionale) e cartilaginea (o endocondrale; dal mesenchima embrionale si forma un modello cartilagineo, poi distrutto e sostituito da tessuto osseo).

L’osteogenesi ha inizio a partire dal 40° giorno di vita intrauterina, nel mesenchima adiacente alla cartilagine di Meckel (espansione che si forma a partire dall’abbozzo

cartilagineo iniziale del cranio, guida per il tessuto osseo che si svilupperà nel mesenchima circostante a formare il corpo della mandibola), a livello di quello che sarà il foro mentale, appare un primo nucleo di ossificazione (membranosa), che si espande, andando a delineare un abbozzo osseo a ferro di cavallo a concavità superiore contenente vasi e nervi alveolari inferiori. La formazione orizzontale del corpo della mandibola continua fino all’ultimo follicolo dentale, dopo il quale il corpo piega leggermente in direzione del futuro ramo mandibolare. Al davanti del foro mentale la mandibola si forma per ossificazione endocondrale.

Formazione del ramo mandibolare

Verso il terzo-quarto mese di vita intrauterina , indipendenti dalla cartilagine di Meckel, appaiono altre tre cartilagini (angolare, coronoidea e condiloidea), derivanti dalle cellule

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mesenchimali indifferenziate e non da attività mitotica di condrociti preesistenti e per questo definite cartilagini secondarie.

Dalla cartilagine condiloidea si sviluppano parte del ramo e la testa del condilo;

quest’ultima, diversamente dal corpo, ha quindi un’origine endocondrale e si forma come costituente separato ed indipendente dal corpo stesso.

L’abbozzo condiloideo, in continuità con il corpo della mandibola, è diviso dall’abbozzo temporale da tessuto connettivo.

Formazione dell’ATM

Intorno al quarto mese di vita intrauterina, tra l’abbozzo temporale e l’abbozzo condilare, si rende evidente un addensamento di cellule mesenchimali, all’interno del quale si vanno a formare due spazi (prima un inferiore, in vicinanza della testa del condilo in formazione quindi un superiore, in vicinanza dell’osso temporale) occupanti tutta l’estensione degli abbozzi. Si va così a delineare la primitiva strutturazione delle due cavità articolari, separate da un addensamento di cellule mesenchimali da cui si formerà il disco articolare. Importante ricordare come disco articolare e rivestimento superficiale dei capi articolari abbiano la stessa derivazione connettivale.

La formazione delle due cavità sinoviali è condizionata dall’esistenza di piccoli movimenti mandibolari; è quindi necessaria l’attività muscolare perché si formino le cavità articolari, così come la formazione dei muscoli deve precedere l’osteogenesi membranosa (il muscolo temporale influenza la crescita del processo coronoideo, il muscolo pterigoideo laterale influenza la crescita del condilo, i muscoli pterigoidei mediale e massetere influenzano la crescita del ramo).

Alla fine del quarto mese di vita intrauterina l’ATM presenta le caratteristiche dell’articolazione post-natale.

L’ATM nel periodo post-natale

L’ATM del neonato è una struttura relativamente lassa. Alla nascita la fossa glenoidea è piatta e non si riconosce l’eminenza articolare; la stabilità dell’articolazione è data unicamente dalla capsula e dai legamenti che circondano l’articolazione stessa.

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decidui, momento in cui raggiunge circa il 45% (poco meno di 20° di pendenza) di quello che sarà il suo il suo valore in età adulta. Intorno ai 10-12 anni è completa per il 70-72%, verso i 20 anni per il 90-94%; solo a sviluppo completato l’eminenza raggiungerà una tipica conformazione ad “S”, con pendenza di circa 36° in età adulta [6].

La conformazione piatta della fossa glenoidea spiega perché i pazienti pediatrici siano in grado di compiere movimenti mandibolari molto ampi, anche oltre l’eminenza stessa, senza che questo causi loro dolori o lock articolari.

Alla nascita, la testa del condilo è di forma ovoidale, con poli arrotondati e subisce poi variazioni nel corso di tutta la vita, in particolare tra i 12 ed i 16 anni di età. La morfologia della testa del condilo è variabile non solo al livello intra-individuale ma chiaramente anche a livello inter-individuale (da tondeggiante ad appiattita).

(27)

I movimenti mandibolari

Generalità

I condili sono in grado di compiere movimenti nei tre piani dello spazio, secondo tre assi ideali:

 Verticale: asse perpendicolare al pano orizzontale; con un condilo fermo, si ottengono movimenti laterali sul piano orizzontale;

 Trasversale (o orizzontale): asse perpendicolare al piano sagittale ; su questo asse si

compiono i movimenti di pura rotazione dei condili;

 Sagittale (o anteroposteriore): con un condilo fermo, lungo quest’asse si ottiene un movimento di bascula mento della mandibola.

Esaminando i movimenti della mandibola, si possono distinguere:

 Movimenti simmetrici: apertura/chiusura, protrusione/retrusione;

 Movimenti asimmetrici: lateralità o movimenti caratterizzanti la masticazione; Possiamo distinguere anche :

 Movimenti limite (movimenti estremi consistenti dall’ATM alla mandibola);

 Movimenti con contatto (attuati mantenendo un contatto occlusale);  Movimenti liberi (compresi tra i due movimenti precedenti)

Prima di passare all’esame dei movimenti mandibolari, risulta essenziale parlare di alcune posizioni che la mandibola può assumere:

 Occlusione centrica (OC) o posizione di massima intercuspidazione: è la posizione che la mandibola assume quando tra le facce occlusali dei denti antagonisti si stabilisce il massimo contatto; varia in presenza di alterazioni occlusali (abrasioni,

(28)

perdita di elementi dentari, cause iatrogene…. ). In questo caso la posizione dei condili dipende prevalentemente dalla morfologia occlusale dei denti del singolo individuo.

 Relazione centrica (RC): relazione della mandibola con il mascellare superiore quando la mandibola è nella sua posizione più retrusa, non forzata, da cui possono essere possibili movimenti lateralia qualunque livello di disclusione tra i mascellari; è detta anche posizione “legamentosa”, dato che è determinata principalmente dai legamenti dell’ATM. Non sempre coincide con l’OC.

 Posizione a riposo (o posturale): posizione che la mandibola assume, in un individuo con testa e collo in posizione eretta, quando i muscoli agenti sulla mandibola sono rilasciati. Normalmente in questa posizione le superfici occlusali dei denti antagonisti sono distanziate di uno spazio variabile da 0,5 a 5 mm (maggiore a livello degli incisivi), definito spazio libero interocclusale. La posizione di riposo è influenzata da diversi fattori (condizioni psicologiche, parafunzioni, affaticamento…).

Movimenti simmetrici

Abbassamento ed innalzamento

Movimenti descrivibili mediante lo schema di Posselt (Figura 15):

1. Fase di rotazione dei condili (20-25 mm),con disco articolare che rimane immobile;

2. Fase di traslazione-rotazione dei condili, fino al raggiungimento del punto di massima apertura (il condilo raggiunge la parte più prominente dell’eminenza

articolare), con spostamento anteriore del disco articolare. L’arco registrato in questa fase non è sovrapponibile con il precedente;

3. Fase di chiusura volontaria, con traslazione-rotazione del condilo e contemporaneo trascinamento del disco, caratterizzata da spostamento del punto incisivo in posizione più protrusa rispetto al punto di partenza;

4. Fase di chiusura abituale (o movimento involontario), con rotazione del condilo, in cui la mandibola torna in posizione di OC passando per la posizione di riposo (Figura

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Figura 15: Schema di Posselt

Il movimento di apertura è reso possibile dalla contrazione di: capo inferiore dello pterigoideo esterno, miloioideo e ventre anteriore del digastrico, con l’ausilio di altri muscoli sopra e sottoioidei.

Il movimento di chiusura è reso possibile dalla contrazione di: fasci verticali del temporale, fascio profondo del massetere, pterigoideo interno.

Figura 16: Relazione fisiologica tra disco e condilo durante i movimenti di apertura e di chiusura della mandibola [7].

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Protrusione e retrusione

La protrusione è un movimento che dalla posizione di massima intercuspidazione porta la mandibola ad una posizione di contatto protrusa (OJ invertito), caratterizzato da traslazione e piccola rotazione dei condili e determinato dalla contrazione del capo inferiore dello pterigoideo esterno e, in misura minore, del fascio superficiale del messetere.

La retrusione avviene con movimento uguale e contrario rispetto alla protrusione, con coinvolgimento del fascio posteriore del temporale, fascio profondo del massetere e ventre posteriore del digastrico (a ioide stabilizzato).

Movimenti asimmetrici

Abbassamento ed innalzamento (masticazione)

Durante la masticazione le attività dei singoli muscoli si susseguono e si sovrappongono in modo complesso, ovviamente con attivazione diverse sul lato bilanciante e su quello lavorante.

Sul piano frontale, le dimensioni del ciclo masticatorio variano da 16 a 20 mm in senso verticale e da 3 a 5 mm in senso orizzontale.

Lateralità

Il lato verso cui la mandibola si sposta (così come il condilo) viene detto lato di lavoro o lato lavorante, mentre lato e condilo controlaterali sono detti di non lavoro o bilancianti. Il condilo lavorante ruota attorno ad un asse verticale passante per il suo centro, mentre il condilo bilanciante compie un movimento in avanti, in basso e verso mediale.

I movimenti di lateralità sono resi possibili dall’azione combinata dei muscoli elevatori: retrusori sul lato lavorante (fascio posteriore del temporale), protrusori sul lato bilanciante (pterigoidei) e limitati dal legamento temporomandibolare e della capsula articolare.

Per ulteriori approfondimenti sull’anatomia e la fisiologia dell’ATM, si rimanda ai testi da cui ha preso spunto la breve trattazione di cui sopra [4,8-11]

(31)

Segni e sintomi di disturbi temporomandibolari (DTM) in età

evolutiva

Nel 1983 l’American Dental Association [12] ha definito i Disordini Temporomandibolari (DTM o Temporomandibular disorders, TMD) come un gruppo di disturbi caratterizzati da:

 Dolore all’articolazione temporomandibolare, all’area preauricolare o ai muscoli masticatori;

 Deviazione o limitazione nei movimenti mandibolari

 Rumori articolari durante i movimenti mandibolari.

Ad oggi, questa definizione rimane la più comunemente accettata ed utilizzata nella pratica quotidiana, essendo presi in considerazione in essa elementi sia articolari sia muscolari, afferenti tanto a tessuti duri quanto a tessuti molli. Nel paziente in crescita i segni e i sintomi di DTM sono frequentemente subclinici, poco appariscenti o facilmente confondibili con quelli di altre disfunzioni o patologie [8]. Inoltre, soprattutto nei pazienti più piccoli, la difficoltà nell’indicare la precisa localizzazione e la natura del dolore facciale porta spesso ad una storia clinica non ben definita, con le conseguenti difficoltà nel focalizzare il

problema e nel trattarlo efficacemente. La consapevolezza da parte del clinico della

presenza di segni e sintomi precoci di DTM può tuttavia (e deve !) facilitare una loro rapida risoluzione oltre che prevenire una loro evoluzione in senso peggiorativo.

Di seguito un elenco dei principali sintomi riferiti dai piccoli pazienti, come riportati in letteratura [4, 7, 8, 11, 13-30]

 Cefalea muscolo-tensiva o emicrania;

 Dolore in regione cervicale, con possibile irradiazione a spalle e schiena;  Otalgia, vertigini, acufeni;

 Dolore periauricolare, sia a riposo che durante la masticazione, parlando o

compiendo movimenti di ampia apertura della bocca.

Per quanto riguarda invece i segni di DTM in età evolutiva, quelli principalmente evidenziabili appaiono essere:

 Rumori articolari (click, scatti, crepitii) nei movimenti di apertura, chiusura e lateralità;

 Dolore alla palpazione dei muscoli masticatori;

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 Limitazione e deviazioni nei movimenti mandibolari;

 Disordini posturali (assetto posturale scoliotico e/o cifotico).

Alcune condizioni possono mimare la sintomatologia presente in caso di DTM, rendendo essenziale una diagnosi accurata ed il conseguente eventuale invio del piccolo paziente allo specialista competente. Tra queste, in particolare, si annoverano [31]:

 Allergie;

 Anomalie di sviluppo;  Artrite reumatoide;

 Congestioni delle vie aeree;  Disfunzioni dei muscoli cervicali;

 Dolore odontogeno;  Dolore sinusale;

 Lesioni del sistema nervoso centrale;

 Malattie vascolari;  Nevralgia del trigemino;

 Otite media.

Epidemiologia dei DTM in età evolutiva

I dati raccolti e presenti in letteratura sulla prevalenza di segni e sintomi di DTM sono estremamente variabili, con percentili decisamente eterogenee da uno studio all’altro ( Tabella 2). Una tale disomogeneità può essere giustificata dalla:

(33)

 diversità del campione esaminato;

 metodi di indagine;

 criteri diagnostici utilizzati;

 variabilità inter ed intraindividuale degli esaminatori.

Secondo Kohler [13], sintomi di DTM sono molto rari nella fasci di età compresa trai 3 e 5 anni; uno studio di Bonjardim e coll. [19], condotto su bambini in dentizione decidua, riporta invece una percentuale di soggetti affetti da DTM pari a 34%, così come una ricerca di Wildmalm [41], avente per soggetti analizzati bambini di età compresa tra 4 e 6 anni, mostra percentuali del 30% del campione che lamenta dolore o affaticabilità durante la masticazione ed alla palpazione di temporale e/o massetere.

Sempre uno studio di Wildmalm [38] mostra, in un campione di bimbi di 5 anni, una percentuale di rumori articolari pari al 16,7%.

La letteratura propone un maggior numero di studi riguardanti soggetti di età compresa tra i 6 ed i 18-20 anni [13, 17, 18, 34, 54-57], presentando anche in questo caso dati variabili. Uno studio di Thilander [34] condotto su 4724 soggetti tra i 5 ed i 17 anni riporta una percentuale di DTM pari al 25% (con click pari al 2,7% in dentatura decidua e 16,6% in dentatura permanente).

Un altro studio, condotto da Bonjardim nel 2005 [18] su 217 adolescenti, parla di una percentuale del 20% di soggetti con segni di disfunzioni (soprattutto dolorabilità alla palpazione dei muscoli masticatori e rumori articolari).

Tecco [54] riporta infine una percentuale del 35% di soggetti tra i 6 e gli 8 anni aventi almeno un segno di DTM. Autore Popolazion e Numerosit à del campione Età del campione %segni % sintomi

(34)

2012 [32] Kohler 2009 [13]

Svezia 100 3 e 5 rari rari

Kohler 2009 [13] Svezia 100 10 e 15 50 5-9 Feteih 2006 [17] Arabia saudita 385 12-16 21,3 33 Bonjardim 2005 [18] Brasile 217 12-18 20 -Bonjardim 2003 [19] Brasile 99 dentizione decidua 34 34 Farsi 2003 [21] Arabia saudita 1940 3-15 20,7 24,2 Sari et al 2002 [33] Turchia 182 9-14 58,01 67,58 Thilander et al 2002 [34] Svezia 4724 5-17 25 11,4 Akeel et al 1999 [35] Arabia saudita 191 8, 14, 18 41 30 Farsi 1999 [36] Arabia saudita 696 6-14 17,1 14,1 List et al 1999 [37] Svazia 862 12-18 - 7 Widmalm et al 1999 [38] USA – MI 540 5 16,7 -Stockstill et al 1998 [39] USA – NE 422 4-6 48 - Abdel-Hakim 1996 [40] Arabia saudita 330 14-21 - 32 Liu et al 1996 [40] Taiwan 508 6-17 e 18-56 16,5 e 43,6 -Deng et al 1995 [25] Cina 634 12-15 21,9 -Widmalim 1995 [41] USA – MI 183 4-6 30 -Keeling et al 1994 [42] USA 3428 6-12 10

(35)

-Mintz 1993 [27] USA – WA - 6-18 38,7 -Motegi et al 1992 [43] Giappone 7337 6-18 - 12,2 Vanderas et al 1989 [44] USA – PA 30** 6-10 76,6 53,3 Wanman et al 1986 [45] Svezia 285 17 56 20 Grosfeld et al 1985 [46] Polonia 400 15-18 68,2 -Dibbets 1985 [47] Olanda 165 7-19 21 19 Ogura et al 1985 [48] Giappone 2198 10-18 9,8 -Magnusson et al 1985 [49] Svezia 119 11 e 15 66 62 e 66 Gazit et al 1984 [50] Israele 369 10-18 44 56 Nilner 1981 [51] Svezia 440 7-14 64 36 Nilner 1981 [51] Svezia 309 15-18 55 41 Williamson 1977 [53] USA 304 6-16 35

-Tabella 2: Prevalenza di segni e sintomi di DTM in vari studi epidemiologici (* totale 26,6%; **labiopalatoschisi

Un fatto certo è si nota chiaramente dai dati come la prevalenza dei DTM aumenti all’aumentare dell’età, sia nei maschi che nella femmine, e come il sesso femminile , a partire dalla pubertà (il che fa pensare ad un’influenza ormonale), sia maggiormente esposto a questo tipo di problematiche (Figura 17, Figura 18) [7, 26, 58, 59, 93].

(36)

Figura 17: Distribuzione di età (in anni) e genere in un campione di 3428 pazienti statunitensi con DTM [58]

Figura 18: Distribuzione di età (in anni) e genere in un campione di 644 soggetti con DTM [7]

(37)

Ciò che emerge e che è importante sottolineare come pressoché tutti gli studi esaminati siano concordi nell’affermare la presenza di segni e sintomi di DTM nei soggetti in crescita, seppur in percentuale non trascurabile, siano comunque di intensità moderata.

E’ tuttavia dovere del clinico tenere in debita considerazione tale aspetto, monitorare attentamente e sapere intercettare precocemente l’evoluzione in senso peggiorativo di tali segni e sintomi, in modo di poter ridurre il numero di interventi necessari in età adulta.

(38)

Eziologia dei DTM in età evolutiva

Generalità

L’argomento dei fattori eziologici dei DTM è tutt’oggi un capitolo aperto e molto dibattuto a livello internazionale, lo è anche il tipo ti terminologia usata. La complessità del sistema masticatorio e la sua stretta relazione e vicinanza con numerose atre strutture fanno sì che i fattori implicati nell’insorgenza di disturbi e disfunzioni a carico dell’ATM siano molteplici. Le strutture condilo-meniscali sono soggette a vettori di forza provenienti da tutte le

direzioni dello spazio, in grado di indurre spostamenti che, fino ad un certo limite, sono fisiologici. Tuttavia, l’entità dello spostamento indotto, le modalità d’instaurazione dello stesso, la gradualità o il perpetuarsi nel tempo di determinati stimoli possono causare la rottura dell’equilibrio fisiologico e dei meccanismi di compenso messi in atto

dall’organismo, con conseguente insorgenza di una patologia.

Come postulato da Okeson [4], ogni qualvolta su una funzione normale intervenga un evento perturbante che superi la tolleranza fisiologica, si instaurano i sintomi di DTM. Attualmente, la classificazione eziologica più accreditata è quella proposta nelle linee guida dell’American Academy of Orofacial Pain [60], secondo cui i fattori coinvolti nella genesi e nel mantenimento dei DTM sarebbero di tre tipi:

 Fattori predisponenti

 Fattori scatenanti  Fattori perpetuanti

Fattori predisponenti

Sono definiti tali tutti quei fattori in grado di aumentare statisticamente il rischio di rottura dell’equilibrio dell’apparato stomatognatico, predisponendo quindi allo sviluppo della patologia.

Fattori sistemici

Molte malattie del tessuto connettivo possono coinvolgere l’ATM; tra queste, si annoverano l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, il lupus eritematoso sistemico, l’artrite giovanile idiopatica e l’artrosi psoriasica. Tipicamente queste condizioni si associano a riduzione dello spazio articolare, erosione, appiattimento e sclerosi condilari.

(39)

Allo stesso modo, è stato dimostrato come anche l’ipermobilità articolare

generalizzata sia associata ad un aumentato rischio di sviluppo di DTM [61-64], con particolare riguardo per i click articolari con dislocazione del disco.

Fattori ereditari

Tra questi si annoverano sia i fattori di tipo costituzionale, come l’anatomia dei mascellari, degli elementi dentari, dell’ATM, dei legamenti (v. lassità legamentosa), che fattori di tipo genetico e neurormonale (necessari ulteriori approfondimenti scientifici)

Parafunzione ed abitudini viziate

Condizioni come digrignamento, serramento, bruxismo, onicofagia, morsicatura di labbra, guance o oggetti, eccessivo masticare di chewing-gum sono in grado di provocare sovraccarico di lavoro muscolare e d articolare e microtraumi al complesso temporomandibolare, favorendo l’insorgenza di conseguenze negative sul sistema TM, quali rumori articolari, dolore alla palpazione dei muscoli masticatori, riduzione dell’apertura della bocca e cefalee [14, 15, 17, 26, 57, 65-68].

Ito [69] ha dimostrato, ad esempio, come l’onicofagia induca il soggetto a mantenere per un lungo tempo una posizione di protrusione mandibolare, con comparsa di dolore preauricolare per affaticamento del muscolo pterigoideo esterno e

sovraccarico dell’ATM nella posizione innaturale di morso con gli incisivi. Anche sport quali la boxe o il karate ed attività quali suonare il violino o gli

strumenti a fiato predispongono allo stesso tipo di rischio, con particolare riguardo per i rumori articolari [70,71].

Fattori ed atteggiamenti posturali

Posture anomale del capo, del collo e del tutto il corpo in generale , sia durante la veglia che durante il sonno, possono essere concausa di una disfunzione dell’ATM oltre che essere da questa determinate.

Anche l’abitudine di poggiare spesso il mento sul palmo della mano ha effetti negativi sull’equilibrio articolare [72,73].

Malocclusioni dentali

La relazione tra occlusione dentale e DTM è sempre un argomento particolare dibattuto nella comunità scientifica internazionale. Sebbene ad oggi non vi sia concordanza sul ruolo determinante delle malocclusioni nella genesi dei DTM, è comunque assodato che anomalie occlusali inducano forme di compenso a livello

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articolare. Se in molti individui la risposta adattativa è buona, in altri si presume che il tentativo di compenso possa portare ad un aumentato rischio di sviluppo di

disfunzioni (rumori articolari, deviazione in apertura ed in chiusura della bocca, riduzione dei movimenti funzionali, eventualmente associati a cefalea, dolore alla palpazione dei muscoli masticatori).

Esistono, comunque, condizioni riportate in letteratura associate a DTM: crossbite posteriore monolaterale, malocclusioni di III classe, openbite anteriore, overjet maggiore di 6 mm, discrepanza maggiore di 4 mm tra relazione centrica e occlusione centrica, mancanza di 5 o più denti posteriori [7, 14, 20, 23, 34, 40, 55, 74-77].

Sesso

Si nota una maggiore suscettibilità ai DTM delle donne rispetto agli uomini, con rapporti variabili da 7:3 ad 8:2. Questa peculiarità è dovuta probabilmente a differenze di tipo ormonale o strutturale dei tessuti [37, 41, 78, 94]

Razza

Sembra che la razza caucasica sia quella maggiormente colpita dai DTM.

Widmalm [41], tuttavia, si pone in contrasto con tale affermazione, dal momento che nella sua ricerca i DTM (otalgia, dolore alla palpazione, dolore al collo, dolore in fase di apertura della bocca) appaiono presenti in percentuale più elevata nei soggetti afro-americani piuttosto che nei caucasici.

Ulteriori studi si rendono necessari a tal proposito.

Fattori metabolici e disequilibri metabolici all’interno dell’ATM

Possono alterare il funzionamento fisiologico articolare. E’ dimostrato [22], ad esempio, come l’acido ialuronico (maggior costituente del liquido sinoviale) possa essere depolimerizzato dai radicali liberi, determinando cosi una minor viscosità del liquido sinoviale e quindi una scarsa lubrificazione dei capi articolari, con aumentato rischio di sfregamenti articolari.

Instabilità psichica

E’ dimostrata la presenza di una relazione tra ansia, depressione e disturbi funzionali, soprattutto di tipo muscolare [18, 65, 89].

Fattori scatenanti

Sono definiti tali tutti quei fattori in grado di rompere l’equilibrio e di iniziare o scatenare la patologia.

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Traumi,microtraumi e macrotraumi

Il trauma al meato, frequente nei bambini in seguito a caduta, è considerato un fattore scatenante nello sviluppo di DTM [81, 85, 86].

Secondo Posnik [79] fratture monolaterali o bilaterali intracapsulari o subcondilari sono le fratture più comuni nei bambini e non sempre sono opportunamente

diagnosticate o curate in tenera età, col rischio che col tempo si manifestino le conseguenze da loro derivati.

Secondo Akther e coll.[80],inoltre, ci sarebbe un effetto cumulativo dei traumi come fattori causali nella genesi di DTM.

Se a queste considerazioni si aggiungono i dati forniti dalla National Trauma Data Bank (2001-2005) sull’epidemiologia dei traumi della popolazione pediatrica USA [81], appare scontato quanto sia doveroso per il clinico che lavora con pazienti in età evolutiva tenere in considerazione la possibile presenza di anomalie TM nei piccoli soggetti, oltre che fornire una corretta informazione per la loro prevenzione e per la prevenzione dei traumi articolari ad essi associati e conseguenti.

Colpo di frusta

Può indurre proiezione postero-superiore del condilo e lussazione antero-mediale del disco [82, 83].

Interventi odontoiatrici incongrui

La creazione di contatti dentali anomali (protesi e ricostruzioni incongrue) può avere importanti ripercussioni a livello condilare, inducendo forza di carico anomalo a livello condilare.

Intubazione oro tracheale

Può creare carichi o posizioni forzate anomale protratte [84].

Fattori perpetuanti

Non tutti gli individui che hanno dei fattori predisponenti o scatenanti manifestano obbligatoriamente una patologia articolare, segno del fatto che vengono attuati da questi stessi soggetti dei compensi che permettono di adattarsi alla situazione nonostante la presenza di uno o più fattori predisponenti o scatenanti.

Da questa osservazione è derivata quindi la necessità di introdurre altri fattori

nell’eziologia dei DTM, fattori che in modo differenziale influenzano sull’insorgenza e sulla progressione della patologia, detti appunto fattori perpetuanti.

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Fattori individuali

Fattori di tollerabilità tissutale: la struttura dei vari soggetti può essere più o meno tollerabile agli insulti cui viene sottoposta.

Fattori di instabilità psichica e emozionale: possono provocare tensioni che si ripercuotono sul sistema neuromuscolare, creando vettori di carico anomali.

Fattori sociali

Realizzazione professionale, qualità di vita, tipo di lavoro…

Fattori circostanziali

Scompensi emozionali, paure, perdite d’affetti, stress possono intervenire sui compensi messi in atto dall’organismo e indurre lo sviluppo della patologia.

Diagnosi dei DTM in età evolutiva

Generalità

La diagnosi dei DTM nel paziente in crescita implica una notevole sensibilità da parte del clinico, dal momento che, rispetto al paziente adulto, il soggetto in età evolutiva presenta segni e sintomi subclinici, poco appariscenti o facilmente confondibili con quelli di altre disfunzioni o patologie.

La conoscenza delle basi anatomiche, dei meccanismi fisiologici e della fisiopatologia, unita alla consapevolezza dei segni e sintomi da ricercare, permettono di predisporre un

(43)

protocollo clinico e strumentale mirato e quindi una cartella clinica che preveda la presenza di elementi ordinati ed essenziali:

 Anamnesi  Esame obiettivo  Indagini strumentali  Diagnosi finale  Piano di trattamento

Anamnesi

Anamnesi familiare

Mira alla ricerca di una predisposizione genetica alla lassità dei tessuti connettivali e alla fragilità osteo-cartilaginea:

 Membri della famiglia che soffrono/hanno sofferto di disturbi articolari Anamnesi fisiologica

Mira a valutare la tipologia di crescita del piccolo paziente:

 Nascita (a termine, pretermine);

 Parto (naturale, cesareo);

 Deambulazione (età, caratteristiche);

 Fonazione (età, caratteristiche).

Anamnesi patologica remota

Mira a conoscere lo stato di salute generale del piccolo paziente e gli eventi correlabili con la patologia in atto:

 Traumi con fratture, sia a livello maxillo-facciale che in altri distretti;

 Traumi e microtraumi (bruxismo, serramento, abitudini viziate…) nel distretto maxillo-facciale;

 Pregresso dolore o limitazioni funzionali;

 Problematiche correlate a stress/ansia;

 Interventi chirurgici in anestesia generale con intubazione;

 Malattie sistemiche (psoriasi, artriti, lupus eritematoso sistemico, collagenopatie);

 Problematiche ortopediche con artralgie, lassità legamentosa, problemi della colonna

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 Terapie ortodontiche, ortopediche o posturali (busti, plantari…);  Terapie farmacologiche.

Anamnesi patologica prossima

Mira a raccogliere con esattezza la storia e le caratteristiche della patologia in atto, così come vengono descritte dal paziente:

 Tipologia di sintomi

 Difficoltà nell’apertura della bocca;

 Rumori articolari durante i movimenti mandibolari;

 Dolore auricolare, periauricolare o cervicale;

 Dolore alla masticazione;

 Dolore al risveglio;

 Dolore sbadigliando o aprendo molto la bocca;

 Sensazione di “variazione del morso”;

 Blocco della mandibola in apertura o in chiusura;

 Presenza di cefalea, vertigini, acufeni o di altre patologie.

 Sede, frequenza, durata ed intensità dei disturbi (Figura 19)  Dolore costante o sporadico;

 Può risultare utile registrare l’intensità del fastidio riferito dal paziente

mediante una scala di VAS (scala analogico-visiva di 10 cm, dove l’estremità sinistra indica assenza di dolore e l’estremità destra indica il massimo del dolore che il paziente possa immaginare);

 E’ utile anche indagare l’andamento del dolore nel tempo (chiedendo al

genitore di compilare quotidianamente una cartella di esame del dolore riferito dal bambino mediante scale di VAS);

 E’ utile indagare (genitore) la necessità di assunzione di farmaci per placare il dolore.

 Cronologia evolutiva

 Insorgenza rapida o lenta

 Presenza di cefalee, vertigini, cervicalgie, nausea, vomito, lacrimazione,sudorazione profusa.

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Esame clinico

Analisi dell’ambiente

Essendo l’ambiente spesso coinvolto come fattore predisponente e perpetuante dei DTM, un suo esame non deve essere mai sottovalutato.

 Stress (stile di vita del bambino, famiglia);

 Abitudini viziate e parafunzioni (diretta conseguenza del punto precedente);  Deficit nutrizionale e/o assunzione di cibi dannosi per l’apparato masticatorio

(zuccheri, cibi mollicci o poco consistenti…).

Esame extraorale

Mira ad individuare elementi di disarmonia del soggetto, potenzialmente correlati con DTM:

Volto

Da osservare in posizione frontale e laterale, ponendo attenzione ad anomalie,

asimmetrie e tumefazioni e valutando le caratteristiche profilo metriche del bambino (profilo armonico, convesso o concavo), che sottendono eventuali alterazioni del pattern di sviluppo delle basi ossee;

Postura

Da valutare anche’essa in posizione frontale e laterale, statica e durante

deambulazione. Posto che un’analisi accurata deve essere demandata allo specialista, è comunque essenziale per il pedodontista evidenziare deviazione dalla norma, preferibilmente con l’ausilio di uno scoliosometro e di un podoscopio: testa reclinata da un lato, una spalla più alta dell’altra, dismetria delle ali iliache, delle ginocchia, o dei malleoli, cifosi più marcata che nella norma, rettilineizzazione del tratto

cervicale.

Molto utile, in questo campo, il test di Meersseman, avente lo scopo di evidenziare clinicamente l’eventuale compromissione posturale corporea causata da anomali rapporti masticatori e conseguente dislocamento mandibolare. Esso consiste nel rivalutare il paziente dopo aver “riprogrammato” l’apparato posturale, facendo brevemente camminare e deglutire il paziente stesso con due rulli di cotone interposti tra le arcate,allo scopo di “cancellare i denti”, riposturando quindi la mandibola in

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una posizione ideale. In alcuni casi questa semplice manovra permette un netto miglioramento o addirittura la completa correzione non solo dell’asimmetria mandibolare ma anche della postura corporea. In altri casi non si evidenzia invece alcun cambiamento posturale, segno che le asimmetrie masticatorie e posturali non dipendono da un dislocamento mandibolare.

Esame intraorale

Prevede la valutazione dello stato di salute orale del bambino, con particolare attenzione alla presenza di:

 Segni di erosione e faccette di usura a livello dentale;

 Rapporti interdentali anomali sul piano trasversale (in particolare crossbite

monolaterale), sagittale (overjet >6 mm, III classe dentale) e verticale (openbite);

 Perdita precoce di elementi dentari;  Linee interincisive coincidenti;

 Precontatti dislocanti.

Valutazione delle ATM (Figura 20)  Dinamica mandibolare

 Entità dell’apertura normale: il paziente viene invitato ad aprire la bocca come di consueto, ad un’ampiezza tale da non provare fastidio.

Test delle tre dita [87]: in condizioni fisiologiche il paziente è in grado di porre, a bocca aperta, tre dita (nella posizione della stretta di mano) tra gli incisivi superiori e gli inferiori, individuando un range fisiologico di apertura variabile tra 35 e 50mm (misurati dal margine degli incisivi superiori alla linea ideale dell’overbite degli incisivi superiori sugli inferiori).

Variazioni in eccesso o in difetto devono essere attentamente indagate.

 Massima escursione con e senza sforzo.

 Apertura attiva: valutazione della massima apertura della bocca,misurata con un calibro o con un righello millimetrato.

 Apertura passiva: dopo che il paziente ha raggiunto la fase di massima apertura passiva, l’operatore poggia pollice ed indice rispettivamente sul margine incisale degli incisivi superiori ed inferiori e forza delicatamente per aumentare la distanza interincisiva. Si valuta in questo modo la sensazione di elasticità o di rigidità (endfeel) e l’incremento dell’apertura della bocca

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(normalmente 2-3mm). In caso di assenza di aumento dell’apertura e di endfeel rigido si deve sospettare un blocco intracapsulare.

 Lateralità: la fisiologica escursione in lateralità della mandibola è di 8-10mm. Generalmente un incisivo centrale superiore ha diametro mesio-distale di 8-9mm, per cui se in lateralità il paziente riesce a spostare la mandibola per tutta l’ampiezza MD di un incisivo superiore, si considera la condizione come normale.

 In questa fase è essenziale evidenziare, oltre che la tipologia di apertura, anche la presenza di dolore, di deviazioni (scostamenti dal piano sagittale mediano, che scompaiono con il progredire dell’apertura e si mantengono anche in fase di massima apertura) mandibolari durante i movimenti che il paziente viene chiamato a fare.

 Palpazione articolare

Si esegue contemporaneamente a livello delle due articolazioni, lateralmente con il dito indice posto in corrispondenza del condilo (al davanti della zona preauricolare) e posteriormente esercitando una pressione in direzione anteriore con il dito mignolo all’interno del meato acustico esterno. Invitando il paziente a compiere movimenti di apertura, chiusura e lateralità, si valuta la simmetria dei movimenti stessi, la presenza di limitazioni o di deviazioni, di dolore e di rumori articolari.

La palpazione permette di valutare anche la porzione laterale della capsula articolare. Con la bocca del paziente aperta per metà, il clinico pone fermamente il proprio dito indice nella depressione creata dietro ciascun condilo, subito davanti al trago. Il paziente viene quindi invitato a compiere movimenti di apertura e di chiusura e di lateralità ed eventuali dolori vengono registrati. Si può inoltre invitare il paziente a mordere un rullo di cotone o della cera a livello dei molari per valutare la presenza o meno di dolore nella zona dell’ATM controlaterale.

 Ascultazione articolare

Si può eseguire con il fonendoscopio o coi il polpastrello dell’indice o del medio applicati sul polo laterale del condilo; il paziente viene invitato ad effettuare movimenti di apertura e di chiusura, di protrusione e di lateralità. Permette di

individuare click (rumore netto e breve, presente durante il movimento di apertura o di chiusura, indice di un’alterazione dei rapporti tra disco e condilo)o crepitio

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un’alterazione delle superfici articolari) e di orientarsi quindi verso una diagnosi di DTM di origine articolare.

Palpazione del muscoli masticatori

Deve essere eseguita a paziente seduto, con la testa appoggiata o semi-distesa, per favorire una posizione rilassata e consentire all’operatore manovre a 360°. Può essere effettuata con un dito, con più dita, con una sola mano o bimanuale, mono o bilaterale extra ed intraorale, a seconda del muscolo e di cosa si ricerca (per individuare una contrattura è preferibile una manovra bilaterale, per testare una zona dolorabile è preferibile una manovra prima su un lato e poi sull’altro e tenere fermo il capo con la mano libra).

 Fasci posteriori del temporale: palpare le fibre dal dietro dell’orecchio al davanti, chiedendo al soggetto di stringere i denti e rilasciare per poter meglio identificare il muscolo;

 Fasci medi del temporale: palpare le fibre nella depressione presente 4-5 cm

lateralmente al margine laterale del sopracciglio;

 Fasci anteriori del temporale: palpare le fibre sopra la fossa infratemporale, subito al

di sopra del processo zigomatico, chiedendo al soggetto di stringere i denti e rilasciare per poter meglio identificare il muscolo;

 Massetere: chiedere al paziente di stringere i denti e rilasciare per osservare la posizione del muscolo.

Palpare l’origine del muscolo iniziando dalla zona posta circa 1 cm davanti all’ATM e subito sotto l’arco zigomatico e muoversi verso l’avanti, fino al margine anteriore del muscolo.

Per palpare il corpo del massetere, iniziare da sotto il processo zigomatico, a livello del margine anteriore del muscolo stesso e spostarsi in basso e indietro, verso l’angolo mandibolare, per una distanza di circa due dita.

Per l’inserzione del massetere, palpare l’area posta 1 cm superiormente ed anteriormente all’angolo della mandibola;

 Regione mandibolare posteriore (stilo ioideo, digastrico): chiedere al soggetto di inclinare leggermente all’indietro la testa , localizzare l’area tra l’inserzione dello sternocleidomastoideo ed il bordo posteriore della mandibola e palpare l’area mediale e posteriore all’angolo mandibolare;

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