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2. La nuova struttura dei delitti di corruzione

3.4. Artt 317 319 quater c.p e artt 318-319 c.p

Da sempre controversa in dottrina ed in giurisprudenza è la distinzione tra concussione e corruzione. Toto coelo diversa è la causa formale del lucro nei due delitti: in un caso essa è la minaccia di un danno ingiusto, nel caso della corruzione il baratto del denaro con la giustizia.

Francesco Carrara sviluppa una tradizione di cui si possono cogliere i segni nei grandi criminalisti italiani di fine 1500 e inizio 1800. La concussione, afferma Carrara, è la specializzazione dell’estorsione, delitto ben diverso e distante della corruzione, cui è somigliante soltanto per il fatto che in entrambi i delitti il lucro è versato dal privato all’agente pubblico in relazione allo svolgimento delle pubbliche funzioni. Per esempio, Giacomo Menochio afferma che la concussione è un «crimen separatum... a crimine

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S. SEMINARA, I delitti di concussione e induzione indebita, in B. G. MATTARELLA- M. PELISSERO (a cura di) La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Torino, 2013, pp. 388-389.

467 G. BALBI, Alcune osservazioni in tema di riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione, diritto penale contemporaneo 6 3-4/2012.

468 S. SEMINARA, I delitti di concussione e induzione indebita, in B. G. MATTARELLA- M. PELISSERO (a cura di) La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Torino, 2013, pp. 388-389.

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repetundarum»469. Ed infatti, mentre la corruzione è un crimen publicum ; la concussione è un crimen privatum. Palese è l’origine della concussione nella violenza di cui chiunque può essere autore, caratterizzata dallo scopo di estorcere denaro a terze persone. Se, però, la concussione è commessa dal magistrato o dal pubblico agente, al privato si aggiunge e mescola il crimine pubblico: «[...] unico delicto, unico facto duo crimina admissa esse

intelligimus: privatum scilicet quatenus concussionis nomen retinet, publicum, quatenus repetundarum sanctionem respicit»470, cioè in qualità di crimine privato mantiene la denominazione di concussione, in qualità di crimine pubblico, invece, merita di essere equiparato alla corruzione quoad

poenam. Anche per Tiberio Deciani, il grande criminalista dello Studio

patavino nella seconda metà del ‘500, la concussione è un crimine privato, che differisce dalla corruzione perché il concussore, a differenza del corrotto, riceve il lucro da colui contro il quale ha esercitato violenza471. Il concetto è riepilogato da Luigi Cremani all’inizio dell’800, secondo il quale «la concussione è il maleficium con il quale l’agente pubblico, al fine di estorcere a taluno un lucro, induce in lui il timore di un danno derivante dall’esercizio della pubblica potestà. Questi così versa l’indebito per liberarsi dal timore»472. Gli esempi riportati da Cremani sono altamente espressivi della natura della concussione come di un delitto realizzato attraverso l’induzione di una minaccia ingiusta: sono concussori i magistrati che esigono dai privati del denaro sotto specie di tributi, quelli che proibiscono di svolgere un commercio lecito costringendo i malcapitati a versar loro denaro per liberarsi dal divieto, quelli che costringono le vittime a compiti non dovuti

469 G. MENOCHIO, De Arbitrariis Judicum Quaestionibus et Causis , Genevae, MDCXC, L. II, Cent. IV, Casus CCCXLII, II , 625 in M. RONCO, L’amputazione della concussione e il nuovo delitto di induzione indebita: le aporie di una riforma in Archivio Penale gennaio– aprile 2013, fascicolo1, anno LXV, pag. 35–50.

470

Ibidem. 471

T. DECIANI, Tractatus Criminalis, Tomus II, Venetiis, MDXC, L. VIII, C. XXXV, 24, 2405 in M. RONCO, L’amputazione della concussione e il nuovo delitto di induzione indebita: le aporie di una riforma in Archivio Penale gennaio–aprile 2013, fascicolo1, anno LXV, pag. 35–50.

472

L. CREMANI, De Jure criminali libri tres, Florentiae, 1848, Lib. II, Cap. IV, Artic. II, X, 300 in M. RONCO, L’amputazione della concussione e il nuovo delitto di induzione indebita: le aporie di una riforma in Archivio Penale gennaio–aprile 2013, fascicolo1, anno LXV, pag. 35–50.

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pretendendo denaro per liberarli dall’obbedire all’ordine ingiusto, gli ufficiali giudiziari che pretendono più del giusto come compenso per l’esecuzione delle sentenze473.

A questo punto, sarebbe utile passare in rassegna i criteri elaborati in passato in dottrina e in giurisprudenza al fine di differenziare la corruzione dalla concussione (per induzione) di cui al vecchio testo dell’art. 317 c.p.

Sul punto si sono registrate tre teorie: a) quella dell’iniziativa;

b) quella dell’accordo delle volontà e del metus publicae potestatis; c) quella del danno o del vantaggio.

La prima, sostenuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza più risalenti474, individuava il criterio discretivo tra i due reati nella diversa genesi del rapporto pubblico agente-privato: nella concussione è sempre il funzionario a prendere l’iniziativa, attivandosi per conseguire l’illecito vantaggio; nella corruzione, il rapporto si instaura per iniziativa del privato. Tale impostazione è stata ormai superata, essendo riconosciuta la sua inidoneità a fornire un valido discrimen tra le due figure, potenziata a seguito dell’introduzione dell’art. 322, che, ai commi 3 e 4, prevede il delitto di istigazione alla corruzione attiva (cioè la sollecitazione rivolta dal pubblico agente al privato di promessa o dazione di denaro o altra utilità) tipizzando così un’ipotesi di reato ricollegata al fenomeno corruttivo e connotata dall’iniziativa dell’agente pubblico.

La seconda teoria, maggiormente condivisa, faceva leva sul differente clima psicologico che caratterizza i due reati: sussiste corruzione quando il pubblico ufficiale e il privato si trovano in una situazione di sostanziale parità e addivengono ad un pactum sceleris attraverso una libera contrattazione; siamo in presenza della fattispecie di concussione quando la volontà del privato non è libera, ma coartata dal pubblico ufficiale mediante violenza, minaccia, inganno. In sostanza, nella concussione, che è reato

473 M. RONCO, L’amputazione della concussione e il nuovo delitto di induzione indebita: le aporie di una riforma in Archivio Penale gennaio–aprile 2013, fascicolo1, anno LXV, pag. 35–50.

474 MANZINI, cit., 213. in R. GAROFOLI, La nuova disciplina dei reati contro la P.A., in diritto penale contemporaneo.

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monosoggettivo, dominus dell’illecito è il pubblico ufficiale il quale, abusando della sua autorità o del suo potere, costringe il privato a sottostare all’indebita richiesta, ponendolo in una situazione che non offre alternative diverse dalla resa. Contemporaneamente veniva elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza il concetto di metus publicae potestatis, attorno al quale facevano gravitare la distinzione tra corruzione e concussione. A riguardo si precisava, però, che lo stato di soggezione della vittima, tipico della fattispecie concussiva, può assumere molteplici aspetti, non essendo elemento essenziale del reato un effettivo metus publicae potestatis, ma essendo indispensabile che il privato, a seguito e per effetto dell’abuso della qualità o dei poteri da parte del pubblico ufficiale, sia costretto o indotto alla prestazione indebita, «e ciò anche qualora il privato acconsenta alla richiesta non per timore del pubblico ufficiale, ma esclusivamente per evitare maggiori danni e per non avere noie»475. Le minacce dell’agente e il conseguente stato di timore del soggetto passivo non sono un elemento determinante al fine del discrimine con la fattispecie della corruzione, dato che «la condotta costrittiva (o, ancor più, quella induttiva) può estrinsecarsi semplicemente in una pressione psicologica sul soggetto passivo a sottostare ad un’ingiusta richiesta, essendo l’oggettivo condizionamento della libertà morale della persona offesa, e non l’effetto psicologico che eventualmente da esso consegue, configurabile come parte integrante della fattispecie criminosa». Pertanto, chi è costretto o indotto a dare o promettere indebitamente un’utilità in conseguenza dell’abuso della qualità o dei poteri da parte del pubblico ufficiale non deve necessariamente trovarsi in uno stato soggettivo di timore, potendo determinarsi al comportamento richiesto per mero calcolo economico, attuale o futuro, o per una valutazione utilitaristica. In altre parole, elemento discriminante tra le due figure di reato sarebbe rappresentato dalla presenza nella concussione, e non nella corruzione, di una volontà prevaricatrice e condizionante del pubblico ufficiale.

Nella giurisprudenza era emerso un terzo orientamento che poneva l’attenzione all’analisi del processo motivazionale del privato: se questi si

475 Cass., 15 settembre 2000, n. 9737. 18 in R. GAROFOLI, La nuova disciplina dei reati contro la P.A., in diritto penale contemporaneo.

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determina alla promessa o alla dazione al fine di evitare un danno ingiusto (certat de damno vitando) sarà vittima di concussione; se invece tende a conseguire un vantaggio ingiusto (certat de lucro captando) sarà punibile per corruzione. A tal proposito «deve ritenersi che sussista il reato di concussione ogni qual volta vi sia da parte del soggetto investito di qualifica pubblicistica, la prospettazione di un danno ingiusto, evitabile soltanto con l’indebita dazione o promessa di denaro o altra utilità da parte del privato, nulla rilevando che anche quest’ultimo possa a sua volta sperare di trarre da ciò un vantaggio costituito da utilità alle quali avrebbe potuto legittimamente aspirare anche prima dell’intervento del soggetto pubblico ed alle quali sarebbe altrimenti costretto a rinunciare, costituendo proprio tale forzata rinuncia l’oggetto della prospettazione di danno ingiusto da parte del concussore. Per converso, se il lucrum captandum da parte del privato non sia soltanto l’effetto naturale della mancata realizzazione del danno ingiusto, ma costituisca la finalità esclusiva o prevalente del favore offerto dal soggetto pubblico o a lui richiesto, ponendosi l’accordo fra le parti in termini di sinallagmaticità e quindi di libera contrattazione, con esclusione di ogni soggezione del privato nei confronti del soggetto pubblico, il reato configurabile risulta quello di corruzione»476. La giurisprudenza ha anche affermato che il delitto di concussione non può essere estromesso dalle eventuali trattative intercorse tra il privato ed il pubblico funzionario in ordine al quantum da versare, sempre però che l’inizio e lo sviluppo della trattativa stessa siano stati direttamente influenzati dall’insorgere e dal protrarsi dello stato di soggezione del privato477.

Questi sono gli orientamenti emersi sotto la vigenza della previgente disciplina.

Ora, è opportuno esaminare la delimitazione reciproca delle fattispecie che, a seguito della riforma, sono oggi destinate a colpire le illecite dazioni o promesse di denaro o altra utilità ai pubblici funzionari: concussione,

476 Cass. Pen., sez. VI, 28 maggio 1996, n. 5308; Cass. Pen., sez. VI, 19 gennaio 1996, n. 652. in R. GAROFOLI, La nuova disciplina dei reati contro la P.A., in diritto penale contemporaneo.

477 Cass. Pen., 19 giugno 1996; Cass. Pen., 19 luglio 1995. in R. GAROFOLI, La nuova disciplina dei reati contro la P.A., in diritto penale contemporaneo.

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induzione indebita ex art. 319 quater c.p., corruzione per l’esercizio della funzione ex art. 318 c.p., corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio ex art. 319 c.p. Nessuna perplessità è emersa sulla riconducibilità all’art. 317 c.p. delle sole condotte caratterizzate da modalità costrittive, identificate nelle ipotesi di violenza o minaccia478. Per quanto concerne i rapporti tra la fattispecie di induzione indebita e quella di corruzione propria: l’art 319 conserva la tradizionale struttura del crimen repetundarum, del mercimonio dell’atto che il pubblico agente compie in contrasto con i doveri d’ufficio, l’art. 319– quater, invece, se ne differenzia fortemente, sia perché non è ancorato alla compravendita di un atto pubblico, sia perché postula un abuso delle funzioni o delle qualità (abuso da intendersi come un quid pluris rispetto all’abuso che caratterizza il pactum sceleris con il privato).

Piuttosto, è possibile riscontrare una certa affinità dell’art. 319–quater con il riformato art. 318, applicabile quando, in presenza di una retribuzione o di una promessa di retribuzione indebita all’agente pubblico, non sussista alcun legame sinallagmatico tra la retribuzione e un qualsivoglia atto giuridicamente rilevante proveniente da tale soggetto. L’analogia sussiste proprio nel fatto che anche nell’art. 319–quater vi è la promessa o la dazione di un lucro indebito all’agente pubblico in relazione all’esercizio della funzione, ma differisce perché qui v’è l’abuso dei poteri o delle qualità di pubblico agente. Tale elemento serve a chiarificare, da un lato, che il fatto si consuma nell’ambito di una relazione funzionale del pubblico agente con il privato. Da un altro lato, evoca un quid pluris di disvalore per il pubblico agente rispetto al disvalore inerente al delitto contemplato all’art. 318 c.p.: nell’art. 319–quater l’agente pubblico strumentalizza la sua funzione o la sua qualità allo scopo di far scaturire un profitto per sé. L’agente pubblico esercita la sua funzione in modo opaco, cioè abusando dell’ufficio o della qualità, e lascia intendere al privato l’opportunità e la convenienza di retribuirlo ovvero inducendolo a sostenere esborsi di denaro affinché egli possa realizzare un profitto ai danni della collettività. Al privato non è rivolta

478 PALAZZO, Concussione, corruzione e dintorni: una strana vicenda, cit., 227 ss. in R. GAROFOLI, La nuova disciplina dei reati contro la P.A., in diritto penale contemporaneo.

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alcuna minaccia di un danno ingiusto; al contrario, in forza di una gestione “privatistica” dell’ufficio pubblico, è prospettato un vantaggio o un profitto provenienti dall’accettazione di un impegno a versare un lucro indebito. In questo reato, come in quello di cui all’art. 318, al centro del rapporto non sta un atto specifico di competenza dell’agente pubblico come oggetto del mercimonio, ma solo uno scambio tra lucro e influenza, protezione ovvero disponibilità pro futuro479.

Nella prospettiva di delineare il confine fra corruzione ed induzione può essere anche utile riprendere quanto affermato in una decisione la Sez. VI della Corte di Cassazione, secondo la quale «l’induzione indebita a dare o promettere utilità, pur facendo riferimento alla condotta di due soggetti, non integra propriamente un reato bilaterale, come nel caso della corruzione, perché le due condotte del soggetto pubblico e del privato si perfezionano autonomamente. Il soggetto pubblico continua ad essere punito perché “induce taluno a dare o a promettere indebitamente” denaro o altra utilità; il soggetto privato è (ora) punito perché, essendo stato in tal modo indotto, “dà o promette” denaro o altra utilità. Invece, nella corruzione, tipico reato bilaterale, il soggetto pubblico “riceve” denaro o altra utilità, o “ne accetta la promessa”, sulla base di un accordo che intercorre necessariamente con il privato. Dunque, in base all’art. 319-quater, i due soggetti si determinano autonomamente, e in tempi almeno idealmente successivi: il soggetto pubblico avvalendosi del - e il privato subendo il - metus publicae potestatis; mentre la fattispecie corruttiva si basa su un accordo, normalmente prodotto di una iniziativa del privato»480.

479 M. RONCO, L’amputazione della concussione e il nuovo delitto di induzione indebita: le aporie di una riforma in Archivio Penale gennaio–aprile 2013, fascicolo1, anno LXV, pag. 35–50.

480 Vedi Sez. VI n. 17285 dell’11/1/2013, dep. 15/4/2013, Vaccaro; in Relazione n. 19 del 3 maggio 2013, a cura del dott. Raffaele Cantone in Dir. pen. Cont., Maggio 2013.

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