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Il Processo Tributario Telematico

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

Il Processo Tributario Telematico

Relatore Candidata

Chiar.ma Prof.ssa Brunella Bellè Martina Premazzi

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

Il Processo Tributario Telematico

Relatore Candidata

Chiar.ma Prof.ssa Brunella Bellè Martina Premazzi

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Ai miei nonni

Antonietta e Luigi,

miei angeli custodi

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INDICE

INTRODUZIONE………5

CAPITOLO I - Il processo tributario cartolare: le criticità e le prospettive di riforma

1. Il processo tributario cartolare: il ricorso………..9

2. (Segue) La natura documentale del processo tributario sul piano probatorio………..22

3. I problemi nascenti dalla gestione cartacea del processo tributario………..27

4. Le soluzioni apportate dalla telematizzazione del processo tributario: una visione di insieme………39

CAPITOLO II - La digitalizzazione dell’amministrazione e la telematizzazione del processo: l’iter legislativo che ha preceduto il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 23 dicembre 2013, n. 163

1. La digitalizzazione della pubblica amministrazione ed il valore giuridico del documento informatico……..………….………45 1.1. Dall’analogico al digitale.………..…..46 1.2. Amministrazione e tecnologia: verso il riconoscimento del v a l o r e g i u r i d i c o d e l d o c u m e n t o informatico………..48

(5)

1.3. La firma digitale……….………..56 1.4. Lo statuto dei diritti digitali…………..………..…..61 1.5. Le politiche dell’Unione Europea………67 1.6. La dematerializzazione del documento amministrativo nel Codice dell’amministrazione digitale……….…69 1.7. Una evoluzione ancora in atto………..75

2. (Segue) La portata innovativa del D.P.R. 28 dicembre 2000, n . 4 4 5 , T e s t o U n i c o s u l l a d o c u m e n t a z i o n e amministrativa……….………80

3. La telematizzazione del processo in Italia………85 3.1. Il Gruppo di lavoro per il processo tributario telematico ed il Protocollo d’Intesa 23 dicembre 2009………..89 3.2. Gli interventi normativi prodromici al D.M. 23 dicembre 2013, n. 163……….95 3.3. L’antecedente della gestione telematica del processo t r i b u t a r i o : l ’ a p p l i c a z i o n e “ A s s e g n a z i o n e a l l a Sezione” (cenni)……….….…….98

CAPITOLO III - L’introduzione dell'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario

1. La disciplina del processo tributario telematico: il Decreto Ministeriale 23 dicembre 2013, n.163..……….…101 1.1. (Segue) La sottoscrizione del documento informatico: l’iter legislativo……….111

(6)

2. Il Decreto del Direttore Generale delle Finanze 4 agosto 2015: le regole tecnico - operative della fase introduttiva del processo tributario telematico………..……….121 2.1. L’avvio del processo tributario telematico..…..……….127

CAPITOLO IV - Il processo tributario telematico, PTT

1. Introduzione………..130

2. Il Sistema Informativo della Giustizia Tributaria, S.I.Gi.T………..…131

2.1. La PEC e la firma digitale: due requisiti imprescindibili………..………….134 2.2. La registrazione ed il successivo accesso al S.I.Gi.T….142 2.3. I servizi del S.I.Gi.T..……….……146 2.3.1. La NIR telematica: la costituzione in giudizio del ricorrente……….………….…………..…150 2.3.2. Il ruolo di controllo del S.I.Gi.T………155 2.3.3. La costituzione in giudizio della parte resistente………..160 2.3.4. Il deposito di documenti analogici………….162

3. Il fascicolo informatico: contenuto e modalità di formazione……….165 3.1. (Segue) Il processo verbale dell’udienza….…………..172

4. La decisione della controversia: la sentenza in formato elettronico……….……….………174

(7)

5. L’appello: cenni……….178

CAPITOLO V - L’esperienza delle Commissioni Tributarie - pilota ed uno sguardo alla progressiva espansione del PTT 1. Premessa: un tentativo di bilancio…….………181

2. Il processo tributario telematico dinanzi alle Commissioni - pilota: lo scenario che ne ha preceduto l’entrata in vigore e la realtà applicativa……..………..184

3. L’estensione delle modalità telematiche del processo tributario: il Decreto direttoriale 30 giugno 2016, n. 161.………..……192

CONCLUSIONI……….……….………….197

BIBLIOGRAFIA………..200

FONTI CITATE……….…..201

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INTRODUZIONE

Oggetto di questo elaborato sarà l’analisi della riforma che ha interessato il processo tributario e che ha portato alla sua telematizzazione, nonché lo studio del nuovo processo tributario telematico, PTT, che ne è derivato.

La disciplina tutt’ora vigente del processo tributario, seppur successivamente oggetto di modifiche, è contenuta nei Decreti Legislativi 31 dicembre 1992, nn. 545 - 546, emanati in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della Legge 30 dicembre 1991, n. 413.

In particolare, il Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 disciplina l’Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione

tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione, mentre, al

processo tributario in senso stretto, è dedicato il Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 recante Disposizioni sul processo tributario, del quale ci si occuperà nella prima parte della trattazione.

Il processo tributario, introdotto nel nostro ordinamento dal suddetto Decreto Legislativo, si caratterizza per un tratto distintivo: la natura essenzialmente “cartolare”. Si tratta, cioè, di un contenzioso articolato in un iter di fasi processuali scandito dalla produzione di documenti cartacei.

Inevitabile, dunque, l’insorgere di criticità connesse a questo connotato del processo tributario. Il modo in cui esso si articola e la sua capacità di rendere giustizia risultano, infatti, condizionati dai

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tempi e dalle modalità di formazione degli atti processuali.

A ciò si aggiunge, inoltre, la necessità che quegli atti, contraddistinti da un supporto materiale, siano resi conoscibili alle parti del giudizio nonché alle segreterie delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali, affinché provvedano a riversarli nel fascicolo del processo.

La presa d’atto dei difetti di un processo tributario di siffatta natura ha, quindi, fatto emergere un’esigenza di riforma dello stesso e ha dato origine ad un iter legislativo che ha condotto alla sua telematizzazione.

Quest’ultima, si pone nell’alveo del processo di digitalizzazione, di cui si ripercorrerà l’evoluzione, che ha interessato la pubblica amministrazione, avviatosi con la Legge 7 agosto 1990, n. 241, e che è passato attraverso il riconoscimento del valore giuridico dei documenti informatici. In continuità con questa progressiva dematerializzazione ed informatizzazione della gestione documentale all’interno delle strutture amministrative pubbliche e private, si è posto il progetto per la realizzazione del processo tributario telematico che ha anche avuto l’intento di semplificare il rapporto fisco - contribuente. A tal fine, con il Decreto Direttoriale 8 luglio 2002, è stato istituito un apposito “Gruppo di Lavoro”, presso l’allora Dipartimento per le Politiche Fiscali, avente ad oggetto il “Deposito e la Consultazione Telematica degli atti presso le Commissioni Tributarie” che ha elaborato una proposta di Regolamento. Ad essa, ha successivamente fatto seguito il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 23 dicembre 2013, n. 163 Regolamento recante la disciplina dell'uso di strumenti

informatici e telematici nel processo tributario, con il quale, dunque,

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In particolare, il processo tributario telematico è stato, ed è tuttora, oggetto di una fase embrionale caratterizzata dalla facoltatività e dalla sperimentazione a livello regionale.

L’attivazione dello stesso ha, infatti, inizialmente interessato le sole Regioni Umbria e Toscana, le cui Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali, hanno svolto la funzione di Commissioni - pilota per i ricorsi e gli appelli notificati a partire dal 1° dicembre 2015.

A conferma della sperimentazione ancora in corso, il 30 giugno 2016, è intervenuto il Decreto del Direttore Generale delle Finanze n. 161, che ha previsto la progressiva espansione delle modalità telematiche del processo tributario in altre sei Regioni, da effettuarsi nel periodo compreso tra il 15 ottobre ed il 15 dicembre 2016.

A questo punto, la trattazione verterà sulle modifiche apportate al processo tributario con particolare attenzione alle fasi interessate dalla “rivoluzione digitale”. Nel farlo, ci si avvarrà dell’ausilio fornito dalle regole tecniche, dettate dal Decreto del Direttore Generale delle Finanze 4 agosto 2015, e dalle linee guida emanate, con Circolare, dal Dipartimento delle Finanze . 1

Verranno, dunque, poste in evidenza le modalità di accesso ed utilizzo dei servizi del processo tributario telematico, nonché il funzionamento ed il ruolo di supporto fornito allo stesso dal Sistema Informativo della Giustizia Tributaria, S.I.Gi.T, cioè l’area riservata all’interno del Portale della Giustizia Tributaria, realizzato dal Ministero

Dipartimento delle Finanze, Circolare 11 maggio 2016, n. 2/DF, in

1

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dell'Economia e delle Finanze – Dipartimento delle Finanze, alla quale si accede tramite il sito Internet www.giustiziatributaria.gov.it.

In conclusione, si cercherà di fare un bilancio dell’esperienza maturata nelle Regioni Umbria e Toscana, ponendo l’accento sulla prassi seguita dagli operatori giuridici che si sono dovuti approcciare ad una nuova modalità di gestione del proprio lavoro.

La scelta del legislatore di attivare il processo tributario telematico non a livello nazionale ma, per fasi successive, a livello regionale ha avuto, infatti, lo scopo precipuo di testare le funzionalità realizzate nell’ambito del nuovo S.I.Gi.T. In questo modo, si intendeva rendere possibile l’individuazione delle eventuali mancanze del Sistema e, di conseguenza, delle possibili migliorie ad esso apportabili.

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CAPITOLO I

Il processo tributario cartolare: le criticità e le prospettive di riforma

Sommario: 1. Il processo tributario cartolare: il ricorso - 2. (Segue) La natura documentale del processo tributario sul piano probatorio - 3. I problemi nascenti dalla gestione cartacea del processo tributario - 4. Le soluzioni apportate dalla telematizzazione del processo tributario: una visione di insieme -

1. Il processo tributario cartolare: il ricorso

Il processo tributario, come disciplinato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 è, come affermato da autorevole dottrina, “un processo da ricorso” . Ciò ad indicare che è il ricorso, quale atto introduttivo dello 2

stesso, a costituire il fulcro di tutto il contenzioso ed a condizionarne l’intera struttura.

Esperire l’azione da cui prende avvio il processo tributario, infatti, significa sempre proporre un’opposizione avverso un atto o il silenzio dell’amministrazione finanziaria, a fronte di una istanza di rimborso avanzata dal contribuente. La proposizione di tale opposizione avviene con la presentazione di un ricorso, alla competente Commissione tributaria provinciale, entro sessanta giorni dalla data in cui il contribuente ha ricevuto l’atto, al quale intende opporsi, o decorsi inutilmente novanta giorni dalla presentazione dell’istanza di rimborso, ai sensi dell’articolo 21 del D.Lgs. n. 546/1992.

In tal senso cfr P. Russo, G. Fransoni, L. Castaldi, F. Padovani, S. Ghinassi,

2

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In quanto atto introduttivo del processo tributario, il ricorso deve essere redatto in ossequio ad una serie di regole formali. In particolare, la disciplina ad esso dedicata è contenuta all’interno del Titolo II, Capo I, Sezione I del D.lgs. n. 546/1992, articoli 18 e seguenti.

Il legislatore precisa quali sono le indicazioni che il ricorso deve contenere, quali parti devono sottoscriverlo, quali sono le cause di inammissibilità dello stesso, avverso quali atti può essere proposto, l’oggetto e, infine, le modalità ed i termini di proposizione dello stesso.

Nell’analizzare i singoli aspetti formali del ricorso, si cercherà di evidenziare le criticità, ad essi connesse, che si ripercuotono sull’intero svolgimento di un processo, come quello tributario, gestito in modo cartaceo.

Il ricorso, che introduce il giudizio dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, deve contenere gli elementi tassativamente enumerati dall’articolo 18, comma 2 del D.Lgs. n. 546/1992. Innanzitutto, esso deve consentire l’individuazione delle parti necessarie del processo indicando: la Commissione tributaria cui è diretto, il ricorrente ed il suo legale rappresentante e l’ufficio nei cui confronti è proposto. Inoltre, del legale rappresentante del contribuente devono essere, altresì, specificati la relativa residenza o sede legale o del domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, il codice fiscale e l’indirizzo di posta elettronica certificata, PEC. L’introduzione della previsione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore, si deve all’articolo 2, comma 35-quater, lettera a), del Decreto Legge 13 agosto 2008, n. 138, convertito con modificazioni dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148. Occorre, però, precisare che nel

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processo tributario l’assistenza tecnica, alla quale è dedicato l’articolo 12 del D.Lgs. n. 546/1992, come sostituito dall’articolo 9, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, recante Misure per la

revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario,

non è sempre obbligatoria. Essa, infatti, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 2 del predetto articolo, costituisce un obbligo

per le parti diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, id est per i soli contribuenti, per le controversie

di valore superiore ai tremila euro. Per valore della controversia, ai sensi del comma 2, deve intendersi l’importo del tributo al netto degli

interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato e, in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore costituito dalla loro somma. Accanto alle parti

necessarie, infine, il ricorso deve indicare, altresì, l’atto impugnato, l’oggetto della domanda ed i motivi.

Una volta integrati i suddetti requisiti, il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore, del quale devono essere ulteriormente precisati la categoria di appartenenza e l’incarico, a norma dell’articolo 12 del D.Lgs. n. 546/1992, e l’indirizzo di posta elettronica certificata. Ciò, infatti, è quanto prevede l’articolo 18, comma 3, come sostituito dall’articolo 9, comma 1, lettera m), n. 2) del Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 156.

La norma si chiude con il quarto comma, anch’esso interessato dalla modifica in tema di notifiche a mezzo PEC, dovute al Decreto Legge 13 agosto 2008, n. 138. In particolare, tale norma specifica che gli elementi fondamentali del ricorso, di cui al precedente comma 2, ad

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eccezione dell’indicazione del codice fiscale e dell’indirizzo PEC del difensore del contribuente, sono previsti a pena di inammissibilità dello stesso, analogamente alla sottoscrizione di cui al comma 3.

La Posta Elettronica Certificata, PEC, è una tipologia particolare di posta elettronica utilizzata soltanto in ambito italiano e che, negli ultimi anni, ha acquisito un’importanza ed un ruolo centrali nei rapporti con la pubblica amministrazione, nonché tra privati. Essa, infatti, rappresenta un’innovazione capace di generare enormi risparmi sul piano economico nei settori pubblici e privati. E’ quindi indispensabile, a parere di chi scrive, soffermarsi sulla disciplina ad essa dedicata che consentirà anche di meglio comprendere la telematizzazione del processo tributario. Il processo tributario telematico, infatti, ha ampliato l’utilizzo della PEC, contemplandola per l’effettuazione di comunicazioni e notificazioni, come disposto dall’articolo 16-bis, inserito all’interno del D. Lgs. n. 546/1992, dall’articolo 9, comma 1, lettera h) del D. Lgs. n. 156/2015. Tale Decreto Legislativo ha, inoltre, abrogato l’articolo 16, comma 1-bis del D.Lgs. n. 546/1992 che disciplinava le comunicazioni per le quali il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 26 aprile 2012, n. 102 aveva originariamente dettato le regole tecniche per l’impiego della PEC.

Dal punto di vista delle fonti normative, la disciplina della PEC è contenuta nel Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della posta

elettronica certificata, e nel Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale. Ad essi si affiancano, inoltre, le Regole tecniche del servizio di trasmissione di documenti informatici

(16)

mediante posta elettronica certificata, dettate in allegato al Decreto

Ministeriale 15 novembre 2005, n. 266. Rinviando l’analisi dell’utilizzo della PEC nel processo tributario telematico al capitolo ad esso dedicato, e soffermando, per il momento, l’attenzione sulla stessa in una prospettiva generale, l’articolo 1 del DPR n. 68/2005 chiarisce l’oggetto del regolamento, disponendo che lo stesso stabilisce le

caratteristiche e le modalità per l'erogazione e la fruizione di servizi di trasmissione di documenti informatici mediante posta elettronica certificata. La medesima norma contiene, altresì, un novero di

definizioni che chiariscono il significato di alcuni termini successivamente impiegati nel corpo del regolamento in esame. Tra di esse, la più significativa ai fini del presente elaborato, è la definizione di Posta Elettronica Certificata come ogni sistema di posta elettronica

nel quale e' fornita al mittente documentazione elettronica attestante l'invio e la consegna di documenti informatici . L’analisi del 3 documento informatico, contrapposto a quello analogico, sarà oggetto di trattazione nel Capitolo II al quale, dunque, si rinvia. Il servizio di posta elettronica certificata, ai sensi dell’articolo 4, comma 1 del D.P.R. n. 68/2005, consente di inviare messaggi la cui trasmissione è

valida agli effetti di legge. In particolare, il documento informatico

inviato tramite PEC ha il medesimo valore legale di una raccomandata con avviso di ricevimento e viene sottoscritto con la firma digitale che ne attesta con certezza l'integrità, l’autenticità e la non ripudiabilità. Il documento, così sottoscritto, assume dunque piena efficacia probatoria.

La normativa dedicata alla PEC, inoltre, attribuisce un ruolo

Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68

3

Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata, articolo 1, comma 1, lettera g), in www.agid.gov.it

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fondamentale all’Agenzia per l’Italia Digitale, AgID, la quale dispone di un sito Internet governativo ad essa dedicato, Agenzia per l’Italia

Digitale, Presidenza del Consiglio dei Ministri, consultabile

all’indirizzo www.agid.gov.it, e che contiene tutte le informazioni ad essa relative. Essa ha sostituito la DigitPA che, a sua volta, nel 2009, era subentrata al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, CNIPA. In materia di PEC, l’AgID definisce le regole tecniche e provvede al loro aggiornamento in funzione dell’evoluzione tecnologica e dell’esperienza derivante dall’utilizzo del sistema, gestisce l’elenco pubblico dei gestori di posta elettronica certificata ed accoglie e valuta le domande presentate dai soggetti che si candidano a tale ruolo, decretandone l’iscrizione nell’apposito elenco o respingendone la domanda per carenza di requisiti, fornisce agli iscritti i certificati per la firma elettronica delle ricevute e per l’accesso e l’aggiornamento dell’Indice dei Gestori PEC, IGPEC, vigila e controlla le attività esercitate dai gestori iscritti nell’elenco, emettendo circolari esplicative e di indirizzo, fornisce supporto e, infine, diffonde la conoscenza del sistema PEC presso le amministrazioni ed i privati . Si desume, dunque, che il servizio di 4

PEC è affidato a gestori che vengono sottoposti a controlli sia, in maniera prodromica, per accedere al pubblico elenco in cui vengono iscritti sia, ex post, per permanervi. Tale elenco è consultabile sul sito Internet dell’Agenzia Digitale per l’Italia e comodamente scaricabile in formato pdf/p7m . Al suo interno, sono indicati la ragione sociale del 5

gestore, l’indirizzo della sede legale ed il rappresentante legale dello

Sul punto, è possibile consultare il sito Internet www.agid.gov.it alla pagina

4

PEC, Il ruolo dell’Agenzia Digitale per l’Italia.

L’estensione .p7m indica i files firmati digitalmente. La medesima

5

estensione, dunque, compare quando, al messaggio inviato tramite PEC, viene apposta la firma digitale di tipologia CAdES del mittente. La stessa è oggetto di trattazione nel § 4 del presente capitolo, al quale si rinvia.

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stesso, nonché la data di avvenuta iscrizione. Il gestore del servizio di PEC, viene definito come il soggetto che gestisce uno o più domini di

posta elettronica certificata con i relativi punti di accesso, ricezione e consegna. È titolare della chiave usata per la firma delle ricevute e delle buste. Si interfaccia con altri gestori di posta elettronica certificata per l’interoperabilità con altri titolari . 6

A questo punto, è dunque possibile procedere ad una descrizione

sintetica del funzionamento del servizio e, in particolare, dell’interazione tra due domini di posta elettronica certificata, con la doverosa precisazione che, per dominio di PEC, si intende un dominio DNS dedicato alle caselle di posta elettronica dei titolari7 5. Mittente e

destinatario, inoltre, possono appartenere allo stesso dominio o meno. L’interazione tra due domini di PEC, nell’ipotesi fisiologica in cui non emergano problemi connessi ad eventuali virus informatici contenuti nei messaggi e sia la busta di trasporto sia la consegna siano corrette, prende avvio dall’invio, da parte dell’utente, di una e-mail al Punto di Accesso. Quest’ultimo fornisce i servizi di accesso per l’invio e la

lettura di messaggi di posta elettronica certificata, nonché i servizi di identificazione ed accesso dell’utente, di verifica della presenza di virus informatici all’interno del messaggio, di emissione della ricevuta di accettazione, di imbustamento del messaggio originale nella busta di trasporto5. Il Punto di Accesso, ricevuta l’e-mail dell’utente, restituisce al mittente una Ricevuta di Accettazione e crea una Busta di

“Regole tecniche del servizio di trasmissione di documenti informatici

6

mediante posta elettronica certificata”, § 5 Definizioni, in allegato al DM 15

novembre 2005, n. 266, in www.agid.gov.it

Un dominio è un indirizzo che identifica in modo inequivocabile un sito

7

Internet. L’acronimo DNS indica il Domain Name System, cioè il Sistema dei Nomi di Dominio, che garantisce la risoluzione di nomi di host, collegati ad una rete, in indirizzi IP e viceversa.

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Trasporto che provvede ad inoltrare al Punto di Ricezione del Gestore destinatario. Per Punto di Ricezione si deve intendere il punto che

riceve il messaggio all’interno di un dominio di posta elettronica certificata, effettua i controlli sulla provenienza/correttezza del messaggio ed emette la ricevuta di presa in carico, imbusta i messaggi errati in una busta di anomalia e verifica la presenza di virus informatici all’interno dei messaggi di posta ordinaria e delle buste di trasporto . Detto Punto, dunque, verifica la Busta di Trasporto e crea 8

una Ricevuta di Presa in Carico che viene inoltrata all’omologo Punto di Ricevimento del Gestore mittente che, a sua volta, dopo averne verificato la validità, provvede ad inoltrarla al Punto di Consegna che

compie la consegna del messaggio nella casella di posta elettronica certificata del titolare destinatario, verifica la provenienza/correttezza del messaggio ed emette, a seconda dei casi, la ricevuta di avvenuta consegna o l’avviso di mancata consegna7. La Ricevuta di Presa in

Carico viene, quindi, salvata dal Punto di Consegna nello store delle ricevute del Gestore. Successivamente, il Punto di Ricezione inoltra la Busta di Trasporto al Punto di Consegna che ne verifica il contenuto, procede al salvataggio della stessa nello store del destinatario, crea una Ricevuta di Avvenuta Consegna e, infine, la inoltra al Punto di Ricezione del Gestore mittente. Quest’ultimo Punto procede, poi, alla verifica della validità della Ricevuta di avvenuta Consegna che viene inoltrata al Punto di Consegna che provvede a salvarla nella mailbox del mittente. Al termine del detto processo, infine, l’utente destinatario dispone della e-mail inviatagli.

Concludendo per il momento sul tema PEC, occorre ricordare che

“Regole tecniche del servizio di trasmissione di documenti informatici

8

mediante posta elettronica certificata”, § 5 Definizioni, in allegato al DM 15

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l’interazione può avvenire, oltre che tra due domini di posta elettronica certificata, anche tra un dominio di posta convenzionale ed uno di posta elettronica certificata. In tal caso, però, l’immissione di un

messaggio di posta ordinaria nel circuito di trattamento della posta certificata è a discrezione del gestore destinatario; i criteri adottati per gestire la posta ordinaria devono essere noti e condivisi dall’utente finale del servizio . Infine, parzialmente diverso è il meccanismo di 9

interazione nelle ipotesi in cui emerga la presenza di virus informatici o in cui sia commesso un errore di consegna.


Tornando alla disciplina del processo tributario, una volta redatto il ricorso ed integrati i suesposti elementi fondamentali dello stesso, si deve procedere alla proposizione che, secondo quanto disposto dall’articolo 20 del D.Lgs. n. 546/1992, avviene mediante notifica, a sua volta disciplinata dall’articolo 16, commi 2 - 3, del predetto Decreto Legislativo. Ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 17, rubricato “Luogo delle comunicazioni e notificazioni”, l’articolo 16, comma 2, rinvia a quanto disposto dagli articoli 137 e seguenti del c.p.c. Il comma 3, però, prosegue prevedendo che il ricorso può essere notificato dal contribuente anche avvalendosi di ulteriori due modalità. E’, infatti, ammessa la notifica mediante spedizione, tramite il servizio postale, dell’atto in plico senza busta, raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non devono essere apposti segni o indicazioni che consentano di desumere il contenuto dell’atto. A questa modalità, infine, si aggiunge la possibilità per il contribuente di notificare il ricorso all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale,

“Regole tecniche del servizio di trasmissione di documenti informatici

9

mediante posta elettronica certificata”, Appendice A, sotto-paragrafo 9.1 Schema logico di funzionamento, in allegato al DM 15 novembre 2005, n.

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consegnando l’atto all’impiegato addetto che rilascia una ricevuta sulla copia.

A questo punto, le parti del processo devono procedere alla costituzione in giudizio, la cui disciplina si trae dal combinato disposto degli articoli 22 e 23 del D.Lgs. n. 546/1992, rispettivamente dedicati alla costituzione in giudizio del ricorrente e della parte resistente. Il legislatore ha provveduto a disciplinare nel dettaglio le modalità di costituzione in giudizio delle parti precisando, soprattutto, il novero di documenti che le stesse devono provvedere a depositare presso la segreteria della Commissione tributaria adita.

La costituzione in giudizio del ricorrente deve avvenire entro un termine di trenta giorni dalla proposizione del ricorso. In particolare, il ricorrente, a pena di inammissibilità, deve depositare o trasmettere, mediante il servizio postale e in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, nella segreteria della Commissione tributaria adita, l’originale del ricorso, se notificato ai sensi degli articoli 137 e seguenti del c.p.c, o la copia dello stesso, se consegnato o spedito per posta, ai sensi dell’articolo 16, commi 2 - 3, del D.Lgs. n. 546/1992, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata mediante il servizio postale. Il ricorso, però, non è il solo documento che il ricorrente deve depositare in quanto ad esso si aggiunge la nota di iscrizione al ruolo, NIR. Quest’ultima, come il ricorso, deve essere redatta integrando i requisiti tassativamente previsti dal legislatore che, infatti, dispone che essa deve contenere l’indicazione delle parti, del difensore che si costituisce, dell’atto impugnato, della materia del contendere, del valore della controversia e della data di notificazione del ricorso. Unitamente a ciò, il ricorrente

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deve anche depositare il proprio fascicolo, accompagnato dall’originale o dalla copia dell’atto impugnato, se notificato, e l’originale o la fotocopia dei documenti prodotti.

Come già detto, il D.Lgs. n. 546/1992 prosegue con la disciplina della costituzione in giudizio della parte resistente, nei cui confronti è stato proposto il ricorso. A seguito del D. Lgs. n. 156/2015, i soggetti nei cui confronti può essere proposto il ricorso e che, quindi, possono ricoprire il ruolo di parte resistente nel processo tributario, sono mutati. In particolare, non si fa più riferimento all’ufficio del Ministero delle finanze, all’ente locale ed al concessionario del servizio di riscossione bensì si menzionano, quali possibili parti resistenti, l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Questi, dunque, sono i soggetti che, se convenuti, devono provvedere a costituirsi in giudizio entro sessanta giorni dalla notifica, consegna o ricevimento, a mezzo del servizio postale, del ricorso. La costituzione avviene mediante il deposito, nella segreteria della Commissione tributaria adita dal ricorrente, del proprio fascicolo contenente le controdeduzioni, in tante copie quante sono le parti in giudizio, ed i documenti offerti in comunicazione. Le modalità di notifica di tali soggetti, in quanto parti resistenti del processo, sono indicate dall’articolo 16, comma 4 che dispone che essi provvedono alle notificazioni, anche a mezzo del messo comunale o di messo autorizzato dall’amministrazione finanziaria, con l’osservanza del comma 2 che, a sua volta, richiama le norme degli articoli 137 e seguenti del c.p.c e fa salvo quanto previsto dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 546/1992.

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A conferma della centralità dei documenti che le parti sono chiamate ad esibire in giudizio, il successivo articolo 24 del D.Lgs. n. 546/1992, ne specifica le modalità di produzione. In particolare, l’atto di parte, al quale i documenti sono allegati, deve contenere l’elencazione degli stessi, a meno che non siano prodotti separatamente perché, in tal caso, la modalità di presentazione prevista è il deposito, in originale e in un numero di copie in carta semplice pari a quello delle altre parti, di un’apposita nota sottoscritta. Il deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della Commissione, inoltre, può far sorgere l’esigenza di integrare i motivi del ricorso. A tal fine, si prevede che l’integrazione avvenga entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto notizia del deposito dei suddetti documenti.

Avvenuta la costituzione in giudizio delle parti, con il contestuale deposito dei documenti richiesti, la segreteria della Commissione tributaria procede, a norma dell’articolo 25 del D.Lgs. n. 546/1992, all’iscrizione del ricorso nel registro generale ed alla formazione del fascicolo d’ufficio del processo. Quest’ultimo ha una natura composita infatti, inizialmente, comprende i fascicoli depositati dal ricorrente e dalle altre parti, nonché gli atti e i documenti prodotti, mentre, successivamente, si arricchisce dei verbali di udienza, delle ordinanze, dei decreti e della copia delle sentenze. Il fascicolo appena formato, viene quindi sottoposto dalla segreteria al Presidente della Commissione tributaria che, ai sensi dell’articolo 26 del D.Lgs. n. 546/1992, provvede ad assegnare il ricorso ad una delle sezioni. Nel farlo, il Presidente deve aver cura di affidare alla medesima sezione i ricorsi aventi ad oggetto identiche questioni di diritto, così che la sezione incaricata possa provvedere alla loro trattazione congiunta, a

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meno che non rilevi uno dei casi di riunione dei ricorsi di cui all’articolo 29 del D.Lgs. n. 546/1992.

Scaduto il termine per la costituzione delle parti, il Presidente fissa la trattazione della controversia e la segreteria ne comunica la data alle parti costituite, almeno trenta giorni liberi prima. In questo lasso di tempo, infatti, ciascuna parte, fino a venti e dieci giorni liberi prima della data di trattazione, può rispettivamente depositare documenti e memorie illustrative con la copia per le altre parti. Infine, limitatamente alle ipotesi di trattazione della controversia in camera di consiglio, fino a cinque giorni liberi prima della data della stessa, alle parti è consentito il deposito di brevi repliche scritte.

Di regola, data la natura cartolare del processo tributario, la trattazione della controversia avviene in camera di consiglio. Si procede, invece, alla discussione della stessa in pubblica udienza nel caso in cui almeno una delle parti lo abbia richiesto, presentando apposita istanza depositata nella segreteria della Commissione tributaria e notificata alle altre parti.

Emerge dunque con evidenza, la centralità del ricorso ed il suo stretto legame con la natura prettamente cartolare del processo tributario. Il ricorrente deve, inoltre, indicare al suo interno i motivi e le prove di fatto e di diritto a sostegno della propria tesi. Stante il combinato disposto degli articoli 57 e 58 del D.Lgs. n. 546/1992, infatti, in appello non è ammessa né la proposizione di domande ed eccezioni nuove, né la disposizione di nuove prove da parte dei giudici di secondo grado. Tale eventualità è prevista limitatamente all’ipotesi in cui i giudici ritengano che le nuove prove siano necessarie ai fini della

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decisione o a quella in cui le parti dimostrino di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio. Resta salva, però, la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in appello.

2. (Segue) La natura documentale del processo tributario sul piano probatorio

Il processo tributario è da sempre stato definito “cartolare” in quanto tutto il suo svolgimento ruota attorno al documento, prodotto in forma cartacea. Conoscere cos’è il documento è, quindi, indispensabile ai fini dello studio, in primis del processo tributario tout court e, nella sua versione informatica, del processo tributario telematico.

Il termine documento può essere utilizzato secondo due diverse accezioni: materiale e funzionale. Esso, infatti, può rispettivamente indicare il supporto cartaceo o informatico recante dichiarazioni ed attestazioni, o la prova documentale, cioè ciò che il documento è idoneo a provare direttamente, come oggetto della sua rappresentazione.

Nel processo tributario, la prova principale è il documento materiale. In particolare, ai sensi dell’articolo 7, comma 4 del D.Lgs. n. 546/1992, non sono ammessi né il giuramento né la prova testimoniale. Il divieto di utilizzo, a fini probatori, della prova testimoniale ha, però, generato, soprattutto in giurisprudenza, frequenti dibattiti legati alla portata applicativa di tale principio in sede contenziosa. Si tratta di una limitazione nascente dalla natura documentale del processo tributario

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che la maggioranza della dottrina valuta con sfavore , stante la 10

previsione dell’utilizzo di presunzioni da parte dell’amministrazione finanziaria che, non accompagnata dalla possibilità di contrapposizione della prova testimoniale, va a detrimento del contribuente. Sul punto, però, la Corte di Cassazione ha assunto una posizione differente ed ha affermato che “il divieto di ammissione della prova testimoniale,

sancito dall’articolo 7, quarto comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non comporta la conseguente inammissibilità della prova per presunzioni, ai sensi dell’articolo 2729, secondo comma, c.c. — secondo il quale le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova testimoniale — poiché questa norma, attesa la natura della materia ed il sistema dei mezzi di indagine a disposizione degli uffici e dei giudici tributari, non è applicabile nel contenzioso tributario” . Di diverso tenore, invece, è l’orientamento 11

giurisprudenziale della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha sostenuto la necessità che, in materia di sanzioni non risarcitorie di non lieve entità, il processo tributario si celebri in un’udienza improntata al principio dell’oralità, nonostante abbia escluso, per costante

In tal senso, G. M. Cipolla in I mezzi di prova nel processo tributario ed il

10

valore delle presunzioni, Roma, 4 aprile 2014, pagg. 21 - 22, consultabile in

www.giustiziatributaria.it, definisce tale divieto anacronistico non trovando

più giustificazione nelle (ormai superate) concezioni che ricostruivano il processo tributario in termini inquisitori, ed essendo ben poco coerente con il modello di riferimento rappresentato dal processo civile nel quale, per contro, la prova dei fatti controversi può essere fornita anche a mezzo di testi

e prosegue affermando che l’art. 7, comma 4, d.lgs. n. 546/1992, (…) non è

conforme ai principi di difesa e di giusto processo: per un verso, pur dovendo necessariamente riconoscersi al contribuente la facoltà di avvalersi di analoghi canali informativi, non è la stessa cosa attribuire una simile facoltà al privato e riconoscere all’A.f. il potere giuridico di raccogliere dichiarazioni di pari natura; per l’altro, pur depotenziandone l’efficacia dimostrativa, le dichiarazioni paratestimoniali raccolte dall’A.f. sono inevitabilmente destinate ad influenzare la decisione del giudice più di quanto possano influenzarlo le dichiarazioni prodotte dal privato.

Cfr. Corte di Cassazione, Civile, Sez. V, 14 agosto 2002, n. 12210, in

11

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giurisprudenza, l’applicabilità alla materia tributaria dell’articolo 6 della CEDU . La Corte di Cassazione, però, ha altresì ammesso 12

l’utilizzo della prova testimoniale limitatamente alle ipotesi in cui il contribuente dimostri di trovarsi, per causa a lui non imputabile, nell’impossibilità di produrre la documentazione necessaria a provare un suo diritto . La dottrina ha, inoltre, ritenuto che nel processo 13

tributario siano ammissibili, quali mezzi di prova, la confessione e l’interrogatorio. Sul punto si può, in particolare, citare quanto ha avuto modo di affermare il Professor Giuseppe Maria Cipolla che, in occasione del Seminario di aggiornamento professionale per i

magistrati delle Commissioni tributarie della regione Lazio – Roma,

tenutosi il 4 aprile 2014 presso il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, nella Relazione I mezzi di prova nel processo

tributario ed il valore delle presunzioni, ha al contempo accolto e

puntualizzato tale tesi. In quell’occasione, infatti, il Professor Cipolla ha, innanzitutto, affermato che la prova documentale si presenta (…)

nel processo tributario come prova precostituita e che la natura documentale dell’istruttoria tributaria è rafforzata da tutta la serie di obblighi documentali posti a carico dei contribuenti ed in particolare a carico di coloro che, esercitando un’attività d’impresa, un’arte o una professione, sono obbligati fiscalmente (ed in alcuni casi, come gli imprenditori, anche civilisticamente) a tenere scritture contabili . 14

Focalizzando, poi, la sua attenzione sulla confessione, il Professore ha

Cfr. C. Dir. Uomo, Grande Camera, sent. 23 novembre 2006, Jussila v/

12

Finland, causa 73053/01, RT, 2007, 216, in commento sul sito Internet www.duitbase.it

Cfr. Corte di Cassazione, sez. trib., sent. 9 dicembre 2009, n. 25713, in

13

www.Dejure.it

Cfr. G. M. Cipolla, I mezzi di prova nel processo tributario ed il valore

14

d e l l e p re s u n z i o n i , R o m a , 4 a p r i l e 2 0 1 4 , p a g g . 2 - 3 , i n

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chiarito che nel processo tributario, esclusa la confessione giudiziale

provocata, vanno ammesse (…) la confessione giudiziale spontanea e la confessione stragiudiziale specificando, altresì, che la prima è la dichiarazione contra se contenuta in qualsiasi atto del processo firmato dalla parte personalmente e che la seconda, è la dichiarazione contra se resa oralmente dal contribuente all’A.f. nel corso dell’attività di verifica (a condizione, però, che sia riportata nel p.v.c. e che tale verbale sia sottoscritto dal dichiarante), oppure resa per iscritto . La confessione quindi, nelle forme suddette, risulta ammessa 15

nel processo tributario nonostante sia una prova orale.


Si può, dunque, affermare che il novero delle prove utilizzabili nel processo tributario, comprende non soltanto atti pubblici, scritture private autenticate e non, copie fotostatiche, supporti informatici, scritti riportanti dichiarazioni del contribuente o di terzi e presunzioni ma, altresì, la prova testimoniale, nelle ipotesi in cui è stata ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza, la confessione e l’interrogatorio. A ciò si aggiungono, inoltre, le prove atipiche, per definire le quali si possono riportare le parole del Professor Cipolla secondo il quale le stesse sono le prove che non trovano un’espressa regolamentazione

nella legge tributaria e nel c.c., nonché le prove che, pur essendo nel contenuto analoghe a prove nominate, si differenziano da esse per il loro procedimento di formazione o di acquisizione: si tratta, nell’un caso, delle sentenze emesse in altri giudizi e, in particolare, delle sentenze penali rese sugli stessi fatti controversi nell’accertamento e nel processo tributario; nell’altro, della contabilità non ufficiale o nera tenuta dal contribuente o da terzi, delle prove aliunde formate, delle dichiarazioni rese dai terzi agli uffici tributari ed alla G. di F.

Cfr. G. M. Cipolla, I mezzi di prova nel processo tributario ed il valore

15

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nell’istruttoria primaria, del rifiuto ingiustificato del contribuente a collaborare con gli uffici e, più in generale, del comportamento tenuto dal contribuente nel corso dell’attività di controllo . 16

Anche sul piano probatorio, dunque, il processo tributario è essenzialmente scritto e documentale. Due caratteristiche che incidono negativamente sul suo svolgimento e che fanno sorgere problematiche ulteriormente acuite dalla gestione cartacea del contenzioso. Un processo che si basi sui documenti, infatti, richiede un grande lavoro da parte delle segreterie delle commissioni tributarie che sono chiamate ad organizzare e sottoporre all’esame del Presidente e delle sezioni, una grande mole di fascicoli particolarmente voluminosi. Tale loro caratteristica ne condiziona, inevitabilmente, la gestione ed archiviazione compromettendo, altresì, la consultazione degli stessi da parte dei giudici tributari. Ricercare un documento o una parte di esso all’interno di un plico cartaceo di grandi dimensioni significa, infatti, dover leggere una grande quantità di pagine che, spesso, non contengono neppure informazioni essenziali per la causa. Ciò, inoltre, è reso ancora più frequente dalla prassi dei difensori di produrre in giudizio moltissimi documenti con l’intento più di corroborare la propria tesi che di allegare elementi effettivamente utili per la decisione della controversia. Palese, invece, è il vantaggio derivante da una gestione informatica dei fascicoli che, archiviati in un database, non occuperebbero fisicamente alcuno spazio e sarebbero più facilmente consultabili. La ricerca all’interno di un documento informatico, infatti, può essere affinata e modellata in base alle informazioni di cui necessita chi vi procede. A tal fine, è possibile avvalersi di parole chiave o, altresì, di tecniche di ricerca incrociata per

Cfr. G. M. Cipolla, I mezzi di prova nel processo tributario ed il valore

16

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lavorare simultaneamente su più documenti o parti di essi.

La gestione informatica dei fascicoli, interna alle commissioni tributarie, è dunque una realtà ad oggi riservata alle sole commissioni in cui è attivo il Processo Tributario Telematico, PTT. In ogni caso, però, si tratta ancora di una mera possibilità per la quale il contribuente ha la facoltà, ma non l’obbligo, di optare.

3. I problemi nascenti dalla gestione cartacea del processo tributario

La circostanza che il processo tributario si basi su documenti analogici, fa sì che esso sia condizionato dalle tempistiche di produzione degli stessi ed esposto ai rischi derivanti dalla loro erronea redazione.

Affermare che i documenti, nel processo tributario, sono gestiti in forma cartacea non significa, però, negare che le segreterie delle commissioni tributarie, che hanno un ruolo di sostegno alla funzione giudiziale, si avvalgano di alcuni sistemi informatici per svolgere le loro attività. Si avrà, infatti, modo di descrivere, nel presente paragrafo, il Servizio di Prenotazione degli appuntamenti gestito online dagli uffici. Fin da subito è, però, possibile affermare che si tratta di sistemi il cui ruolo di ausilio e supporto, seppur importante, indubbiamente non va oltre le funzioni svolte dalle segreterie, non incidendo sullo svolgimento del processo tributario che, quindi, continua a risentire fortemente dei difetti e dei ritardi imputabili all’impossibilità di sottoporre a standardizzazione le fasi in cui si articola.

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Analizzando più nel dettaglio le criticità del contenzioso tributario, uno degli aspetti che possono essere sottolineati in via preliminare riguarda la redazione dei ricorsi ad opera delle parti. L’aver previsto, da parte del legislatore, una serie di requisiti formali a pena di inammissibilità, infatti, espone al rischio che i ricorrenti non redigano atti introduttivi conformi alla disciplina legale. Tale circostanza è ulteriormente aggravata dalla mancanza di un controllo preventivo degli stessi da parte di un Sistema automatico che potrebbe vigilare, ex

ante, sulla loro produzione, evitando così l’instaurarsi di contenziosi

destinati ad arrestarsi già a seguito di un esame preliminare.

L’eventualità che vengano presentati ricorsi inammissibili o contestabili, inoltre, aumenta nelle ipotesi in cui gli stessi vengano notificati mediante la spedizione attraverso il servizio postale. In questi casi, infatti, sono frequenti i ricorsi illeggibili o in cui mancano parti essenziali, quali gli elementi fondamentali previsti a pena di inammissibilità, o che difettano della firma. Inoltre, come affermato nel paragrafo precedente, con il ricorso il contribuente deve anche provvedere al deposito dei documenti allegati che sono in esso elencati. La disciplina normativa suesposta, però, non prevede che tali documenti debbano essere notificati alla controparte. Questa circostanza fa sì che sia onere della parte resistente consultare il fascicolo del ricorrente. A ciò si aggiunga che le segreterie delle commissioni tributarie ed i depositanti non sono tenuti ad avvisare le controparti dell’avvenuto deposito di documenti e memorie. La lacuna nascente dall’assenza di previsioni di questo tenore fa, inevitabilmente, sorgere oneri gravosi in capo alle parti le quali, per poter venire a conoscenza di tutta la documentazione del processo in cui sono

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coinvolte, devono consultare periodicamente i fascicoli. Ciò significa, altresì, dover sopportare ingenti costi per estrarvi i documenti e dover andare incontro a tempistiche condizionate dalla gestione cartacea dei fascicoli. Un ulteriore aspetto, più di ordine pratico ma non per questo secondario, che deve essere sottolineato, infine, è che la consultazione dei fascicoli può avvenire solo attenendosi agli orari di apertura e di ricevimento del pubblico delle segreterie, ai quali, dunque, devono adattarsi le esigenze delle parti.

A tal fine, dal mese di maggio 2011, la Direzione della Giustizia Tributaria ha reso disponibile un Servizio di Prenotazione Online degli appuntamenti al quale contribuenti, professionisti ed enti impositori, che hanno necessità di rivolgersi alla Commissione Tributaria relativamente ad atti di propria pertinenza, possono accedere attraverso il sito Internet governativo www.giustiziatributaria.gov.it. Digitando l’URL del sito in un qualsiasi motore di ricerca, si accede all’Home

Page dello stesso che, nell’Area Logo, viene denominato Il Portale della Giustizia Tributaria. Tramite la suddetta Home Page è possibile

navigare all’interno del sito con un semplice clic sulle varie pagine dello stesso che ne compongono il menù. All’area Prenotazione

appuntamenti, in particolare, si giunge scegliendo la pagina Commissioni Tributarie. Selezionando il link dedicato alla Prenotazione appuntamenti, si può dunque procedere ad effettuare una

prenotazione od una disdetta di un appuntamento presso le Commissioni Tributarie. Queste ultime sono suddivise per Regioni, per ciascuna delle quali sono indicati gli Uffici che effettuano il servizio in esame. Sia per prenotare che per disdire un appuntamento l’utente, dopo aver scelto la Regione interessata ed aver cliccato sull’Ufficio presso il quale vuole procedere alla prenotazione o disdetta, prosegue

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nella scelta del servizio. In particolare, i servizi disponibili sono molteplici e spaziano dal deposito di ricorsi ed atti alla richiesta di informazioni, dalla richiesta di copie di sentenze alla visura di ricorsi ed appelli in udienza. Si prosegue, dunque, seguendo le indicazioni fornite dall’applicazione stessa e, in particolare, compilando i forms contenuti nelle pagine successive. I dati richiesti si diversificano a seconda che si tratti di una richiesta di prenotazione o di disdetta. Per quanto concerne la prenotazione di un appuntamento, è necessario specificare di che tipo di utente si tratti, scegliendo tra le opzioni contribuente, professionista ed altri enti, e successivamente selezionare il servizio che si intende prenotare all’interno del novero dei servizi disponibili per l’Ufficio precedentemente prescelto. A questo punto l’utente, che può prenotare fino ad un massimo di tre appuntamenti per giornata, deve necessariamente scegliere data ed orario dell’appuntamento. Informazioni, queste ultime, indispensabili come dimostra la circostanza che i campi ad esse dedicati siano contraddistinti dalla compilazione obbligatoria. La prenotazione prosegue con l’inserimento dei dati personali del prenotante che, come indicato sul sito stesso, vengono trattati ai sensi dell'articolo 13 del D.Lgs. 30 giungo 2003, n. 196 Codice in materia di protezione dei dati

personali e vengono utilizzati esclusivamente per l'erogazione del

servizio e per ricevere gratuitamente dal Dipartimento informazioni ed aggiornamenti su scadenze, novità, adempimenti e servizi offerti, senza essere comunicati a terzi. Terminata la compilazione di tutti i campi del

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CAPTCHA , la prenotazione viene completata cliccando sul pulsante 17

“Prenota”. Passando, invece, all’analisi della modalità di disdetta di un appuntamento, si tratta di una procedura più snella che, dopo la scelta della Regione e dell’Ufficio interessati, richiede soltanto la compilazione di due campi obbligatori contenenti rispettivamente l’indicazione del Codice Fiscale e del numero di prenotazione. Anche in questo caso, infine, la procedura viene terminata cliccando sul pulsante “Disdici”.

Concludendo sul punto, è quindi possibile evidenziare come la previsione di questa possibilità abbia notevolmente semplificato la gestione degli appuntamenti da parte degli Uffici che offrono tale servizio online. Quest’ultimo, infatti, consente loro di cadenzare i propri appuntamenti, all’interno delle fasce orarie di ricevimento del pubblico ed a distanza di quindici minuti l’uno dall’altro, contribuendo a potenziare l’efficienza degli stessi. Allo stesso tempo, gli utenti del servizio godono della possibilità di prenotare o disdire gli appuntamenti comodamente dal Web 24 ore su 24, senza doversi recare fisicamente presso gli Uffici e senza dover sopportare le attese al front

- office. Si è, dunque, trattato di un’innovazione importante grazie alla

quale il Dipartimento delle Finanze si è avvicinato ai cittadini, migliorando la qualità dei servizi offerti e semplificando le procedure burocratiche. Intenti, questi ultimi, che risultano esplicitati anche dalla circostanza, che all’interno della pagina dedicata alla Prenotazione

appuntamenti, è stato inserito un link cliccando il quale è possibile

Acronimo inglese che nasce dalla definizione “Completely Automated

17

Public Turing test to tell Computers and Humans Apart” e che indica un test

di Turing pubblico e completamente automatico per distinguere tra computers e umani. Si tratta, in particolare, di un metodo di sicurezza inserito all’interno dei siti Web per distinguere i tentativi umani di accesso da quelli automatici, generati da computers e tipicamente utilizzati dagli spammer.

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prendere visione di un video informativo che fornisce una sintesi del servizio che, in tal modo, è reso maggiormente fruibile.

Passando all’analisi dei difetti che inficiano il processo tributario nel momento della formazione del fascicolo, occorre in primo luogo evidenziare che quest’ultimo è soggetto ad un esame preliminare svolto dalla segreteria della Commissione tributaria adita. L’attività della stessa e, in particolare, del personale dell’accettazione, consiste nella verifica del contenuto del fascicolo. E’ infatti necessario che esso comprenda i fascicoli delle parti costituitesi in giudizio ed i documenti da esse prodotti. Nello svolgere questa attività, però, la segreteria, non avvalendosi di un sistema informatico per il suo espletamento, talvolta incorre in errori. Accade, infatti, che i fascicoli non contengano tutti gli allegati indicati nel ricorso o che, eventualità ancora più significativa, l’istanza cautelare avanzata da una delle parti del giudizio non sia acquisita. Ciò capita, soprattutto, quando la predetta istanza viene formulata dalla parte all’interno del ricorso e la segreteria, non isolandola dallo stesso, non la acquisisce al fascicolo provocandone la mancata trattazione ad evidente detrimento dell’istante e con ripercussioni sullo svolgimento dell’intero contenzioso.

Le carenze del sistema non si esauriscono in quelle poc'anzi evidenziate ma si registrano anche in altre fasi del processo tributario. Innanzitutto la gestione cartacea degli atti del contenzioso ha fatto registrare notevoli differenze tra le Commissioni tributarie provinciali e regionali, con conseguente disparità di trattamento nei confronti della richiesta di giustizia delle parti. In particolare, per quanto attiene alle tempistiche dello svolgimento delle attività interne alle segreterie, ciò che è emerso da alcune analisi statistiche condotte sul territorio

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nazionale, è un sistema connotato da lentezza e disomogeneità. L’allungamento dei tempi, strettamente connessi alle procedure cartacee, è stato rilevato, soprattutto, nella fase di assegnazione dei ricorsi alla sezione competente da parte del Presidente della Commissione adita. In questo particolare segmento dell’iter seguito dal ricorso, inoltre, è possibile riscontrare un altro aspetto critico. In particolare, ad apparire migliorabile è la previsione di cui al combinato disposto degli articoli 26 e 29 del D.Lgs. n. 546/1992 che disciplinano la riunificazione dei ricorsi aventi ad oggetto medesime questioni di diritto. Tale possibilità, che risponde ad un’esigenza allo stesso tempo deflattiva del contenzioso e nomofilattica, è però rimessa o all’avanzamento di una tale richiesta ad opera di una delle parti o al diligente espletamento delle proprie funzioni da parte del Presidente della Commissione tributaria. Circostanze che, inevitabilmente, finiscono per sminuire l’importanza di una trattazione congiunta di ricorsi omogenei in punto di diritto, che, in questo modo, viene resa soltanto eventuale e che sarebbe, invece, volta a conferire stabilità al sistema ed a garantire una maggiore certezza del diritto.

Proseguendo nella disamina delle lacune riscontrabili nella gestione cartacea del processo tributario, carenze si rinvengono, altresì, nella fase di redazione della sentenza. Alla stessa è dedicato il Titolo II, Capo I, Sezione IV del D. Lgs. n. 546/1992, articoli 36 e seguenti. Relativamente alla decisione della controversia, ciò che si può evidenziare è, innanzitutto, che si tratta di un’attività rimessa alla Commissione adita che si pronuncia in nome del popolo italiano ed è vincolata al rispetto di una serie di elementi contenutistici che la sentenza deve presentare a norma di legge. Una delle possibili migliorie apportabili al processo, dunque, attiene proprio all’attività di

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redazione della sentenza da parte della sezione a cui è stato affidato il ricorso. Nel procedere alla decisione della controversia, l’utilizzo di sistemi informatici, infatti, garantisce una maggiore omogeneità delle decisioni sul piano nazionale. Di ausilio alla funzione giudicante, è stata la predisposizione di strumenti che consentono ai giudici tributari di venire a conoscenza delle decisioni depositate presso le altre Commissioni tributarie provinciali e regionali uniformandosi così alla giurisprudenza prevalente. Attualmente, infatti, gli archivi Rassegna

delle sentenze tributarie e Massimari delle Commissioni Tributarie Regionali sono consultabili online su Il Portale della Giustizia Tributaria di cui sopra, nella sezione Servizi e Modulistica. La

sentenza redatta in ossequio a quanto disposto dall’articolo 36, comma 2, inoltre, deve essere sottoscritta dal Presidente e dall’estensore. Proprio tale circostanza consente di porre l’accento su un problema nascente dalla redazione della sentenza su un supporto cartaceo. La necessità che sulla stessa siano apposte le firme sia del Presidente sia dell’estensore, infatti, pone l’esigenza che ciascuno di essi riceva materialmente il fascicolo cartaceo. Ciò fa sì che le tempistiche del processo tributario si allunghino ulteriormente, in quanto il passaggio del fascicolo dall’estensore della sentenza al Presidente della Commissione non è immediato, e che si crei un’altra possibilità di differenziazione tra una Commissione tributaria e l’altra. La sentenza così redatta e sottoscritta deve, dunque, essere resa pubblica. La pubblicazione, ai sensi dell’articolo 37, avviene mediante deposito del testo originale della stessa nella segreteria della Commissione entro trenta giorni dalla data della deliberazione. L’avvenuto deposito risulta a seguito dell’apposizione di una terza firma sulla sentenza da parte del segretario che vi appone anche la data. E’ quindi indispensabile che il fascicolo cartaceo giunga anche al segretario della Commissione.

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L’attività della segreteria, però, non si esaurisce in questo ma prosegue anche dopo la pubblicazione della sentenza. Ad essa, infatti, possono rivolgersi le parti per richiedere copie autentiche della sentenza che devono essere rilasciate entro cinque giorni, previa corresponsione delle spese. Dalla disamina di questo ulteriore aspetto della disciplina della sentenza, emerge quindi con chiarezza come la gestione cartacea del processo tributario sia fonte di oneri per le parti che, anche per entrare in possesso della sentenza relativa alla controversia che le ha viste protagoniste, devono modellare le loro esigenze in modo da farle coincidere con le tempistiche e le procedure della segreteria della Commissione, oltre a dover sostenere spese aggiuntive. Evidente sarebbe, invece, la semplificazione apportata da un eventuale deposito telematico delle sentenze che potrebbero andare a costituire un

database consultabile dalle parti processuali.

Come è ben possibile immaginare, le criticità nascenti dalla gestione cartacea del processo tributario non si esauriscono nel primo grado di giudizio ma sono riscontrabili, altresì, nella disciplina dedicata ai mezzi di impugnazione proponibili avverso le sentenze delle commissioni tributarie. Ai sensi dell’articolo 50 del D.Lgs. n. 546/1992, i mezzi di impugnazione sono tre: appello, ricorso per cassazione e revocazione. L’analisi seguente si concentrerà, però, unicamente sulla disciplina dedicata al primo mezzo di impugnazione, l’appello dinanzi alla competente Commissione tributaria regionale, contenuta nel Titolo II, Capo III, Sezione II del suddetto Decreto Legislativo, agli articoli 52 e seguenti. Dalla disamina della stessa, svolta focalizzando l’attenzione sulle problematiche connesse alla gestione cartacea del contenzioso, ciò che emerge in primo luogo è la previsione, analogamente a quanto disposto in materia di ricorso, quale

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atto introduttivo del primo grado di giudizio, di un novero di elementi indispensabili che il ricorso in appello deve contenere a pena di inammissibilità. In particolare, l’articolo 53, comma 1, dispone che esso contiene l’indicazione della Commissione tributaria a cui è diretto, dell’appellante e delle altre parti nei cui confronti è proposto, gli estremi della sentenza impugnata, l’esposizione sommaria dei fatti, l’oggetto della domanda ed i motivi specifici dell’impugnazione. Parimenti prevista a pena di inammissibilità dello stesso, inoltre, è la sottoscrizione da parte del difensore con l’indicazione della categoria di appartenenza, dell’incarico e dell’indirizzo di posta elettronica certificata. Come evidenziato in relazione al ricorso introduttivo del primo grado di giudizio di fronte alla Commissione tributaria provinciale, anche per il ricorso in appello una prima criticità nasce proprio dalla previsione di una forma siffatta. Disporre che il ricorso in appello debba integrare una serie di requisiti contenutistici, infatti, significa esporre gli appellanti al rischio di proporre ricorsi prima facie inammissibili stante, soprattutto, la mancanza di un sistema di redazione guidata o standardizzata degli stessi. Con favore, dunque, deve essere guardata la soppressione, avvenuta con il Decreto Legislativo 21 novembre 2014, n. 175 recante disposizioni in materia di Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata, del secondo periodo dell’articolo 53, comma 2 che, nella sua formulazione previgente, disponeva che ove il ricorso in appello non fosse stato notificato a mezzo ufficiale giudiziario, l’appellante avrebbe dovuto, a pena di inammissibilità dello stesso, depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della Commissione tributaria provinciale che aveva pronunciato la sentenza impugnata. Tale modificazione, incide, in un’ottica di semplificazione, su una norma che era stata inserita nel corpo dell’articolo 53 dal Decreto Legge 30 settembre

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2005, n. 203 contenente Misure di contrasto all'evasione fiscale e

disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria. La ratio di una

tale previsione era quella di garantire che la segreteria della Commissione tributaria provinciale, che aveva pronunciato la sentenza oggetto di impugnazione, venisse tempestivamente a conoscenza del ricorso in appello proposto, evitando così l’erronea attestazione dell’avvenuto passaggio in giudicato della stessa. Una disposizione che, da un lato, aveva suscitato numerose critiche da parte della dottrina ma che, dall’altro, aveva invece incontrato il favor sia della Corte di Cassazione sia della Corte Costituzionale. In particolare, i giudici di legittimità costituzionale hanno avuto modo di precisare che qualora l’impugnante avesse deciso “di non avvalersi dell'ufficiale

giudiziario per notificare il ricorso in appello, ma di procedervi a mezzo del servizio di spedizione postale, avrebbe dovuto essere consapevole di assumere l'onere di depositare la copia notificata dell'atto di impugnazione presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale, al fine di adempiere a quei compiti informativi che, nell'altro caso, sono assolti dall'ufficiale giudiziario, ai sensi dell'articolo 123 disp. att. cod. proc. civ.” . L’abrogazione di questa 18

previsione, invece, risponde ad un’esigenza governativa di semplificazione, perseguita mediante l’eliminazione di adempimenti, fasi procedimentali e pareri ritenuti superflui e quindi non necessari . 19

Ad assicurare la conoscenza dell’appello da parte della Commissione tributaria provinciale, dunque, provvede oggi quanto disposto dal successivo comma 3 della norma in esame. Infatti, si prevede che la

Cfr. Corte Costituzionale, sent. 20 gennaio 2011, n. 17, in

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www.cortecostituzionale.it

In questo senso, Villani e Rizzelli nell’articolo Semplificazioni, processo

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tributario: salta l'obbligo di deposito di copia dell’appello consultabile online sul sito www.IPSOA.it

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