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Utilizzo della radiologia nell'inquadramento dei cervidi soccorsi in Toscana

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Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Utilizzo della radiologia nell’inquadramento

dei cervidi soccorsi in Toscana

Candidato: Raffaella Aiello

Relatore: Prof.ssa Simonetta Citi

Correlatore: Dott. Tommaso Mannucci

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INDICE

Riassunto/Abstract pag. 7

Parte generale

Introduzione

pag. 8

CAPITOLO 1: Gli Ungulati

pag. 10

CAPITOLO 2: I Cervidi

pag. 11

2.1 Il Capriolo (Capreolus capreolus) pag. 13

2.1.1 Distribuzione pag. 13

2.1.2 Morfologia e comportamento pag. 17

2.2 Il Daino (Dama dama) pag. 19

2.2.1 Distribuzione pag. 19

2.2.2 Morfologia e comportamento pag. 22

2.3 Il Cervo (Cervus elaphus) pag. 24

2.3.1 Distribuzione pag. 24

2.3.2 Morfologia e comportamento pag. 28

CAPITOLO 3: Accrescimento delle popolazioni: effetti

e gestione

pag. 30

3.1 L’impatto dei Cervidi pag. 31

3.1.1 Effetti sulle attività agro-zootecniche pag. 33

3.1.2 Effetti da competizione pag. 34

3.1.3 Effetti su strada pag. 34

3.1.3.1 Fattori che influenzano lo scontro

(5)

5

3.1.3.2 Prevalenza spaziale e temporale pag. 38

3.2 Conteggio e monitoraggio dei Cervidi pag. 42

3.2.1 Le metodologie usate per ciascuna specie pag. 44

CAPITOLO 4: Trattamento veterinario ed impiego della radiologia nella

medicina dei selvatici

pag. 46

Parte sperimentale

CAPITOLO 5: Materiali e metodi

pag. 48

5.1 Le strutture pag. 48

5.2 I pazienti pag. 53

5.2.1 Criteri d’inclusione pag. 53

5.2.1.1 Causa del ricovero pag. 53

5.2.1.2 Patologia pag. 54

5.2.1.3 Follow up pag. 55

5.2.2 Mesi pag. 56

5.2.3 Radiografie pag. 56

CAPITOLO 6: Risultati

pag. 59

6.1 Causa del ricovero pag. 60

6.2 Patologia pag. 61

6.3 Pazienti con studio radiografico pag. 62

6.3.1 I settori radiografati pag. 63

6.3.2 Correlazione patologie, rx e follow up pag. 65

6.4 Follow up pag. 71

6.5 Mesi pag. 72

6.6 I Cervi pag. 75

(6)

6

7.1 Analisi di cause e patologie pag. 76

7.2 Analisi delle radiografie pag. 79

7.3 Analisi dei follow up pag. 84

7.4 Analisi della frequenza mensile pag. 89

7.5 Analisi dei Cervi pag. 90

CAPITOLO 8: Conclusioni

pag. 91

Bibliografia

pag. 94

(7)

7

RIASSUNTO

La Toscana è una delle regioni a più alta concentrazione di Cervidi in Italia e con una rete viaria molto estesa, assomma 35.744 Km di strada. Tra la fauna selvatica di grosse dimensioni, la seconda causa di incidente automobilistico nella regione sono, infatti, i Caprioli. Il nostro studio ha raccolto i dati di tutti i Cervidi pervenuti dall’1 Gennaio 2015 al 30 Giugno 2018 presso 4 Centri di recupero e primo soccorso della fauna selvatica in Toscana. Sono stati presi in considerazione tutti i soggetti soccorsi per scontro con veicolo, trauma sconosciuto, impatto con falciatrice, imbrigliamento, ferita d’arma da fuoco e predazione, per un totale di 1282 caprioli, 78 daini e 10 cervi. È emerso che le cause più frequenti di ricovero sono lo scontro con veicolo ed il trauma sconosciuto e che le patologie maggiormente riscontrate sono il politrauma, il trauma cranico, lo shock traumatico e le fratture a carico degli arti posteriori. Dei soggetti presi in esame il 63% è deceduto in seguito alle ferite riportate e il 26% è stato recuperato pienamente e re-immesso in natura. I soggetti sono stati, poi, suddivisi annualmente secondo il mese di arrivo presso le strutture e ne è risultato che il periodo più critico per i caprioli va da Aprile ad Agosto, per i daini da Giugno a Settembre. Inoltre, analizzando separatamente i casi in cui era noto lo studio radiografico (216) e confrontandoli con tutti gli altri pazienti, si è potuto osservare che esiste una prevalenza di utilizzo della diagnostica a raggi x in alcune patologie e che questa può avere influenza sul follow up successivo.

Parole chiave:

cervidi, radiografia, causa ricovero, diagnosi, follow up

ABSTRACT

Tuscany is one of the regions with the highest concentration of Cervids in Italy and with a very extensive road network, amounting to 35.744 km of road. Among the large wildlife, the second cause of car crash in the region are, in fact, the roes. Our study has collected the data of all the Cervids received from January 1, 2015 to June 30, 2018 at 4 Centers for recovery and first aid of wildlife in Tuscany. All those rescued by collision with the vehicle, unknown trauma, impact with mower, entanglement, gunshot wound and predation were taken into consideration, for a total of 1282 roe deer, 78 fallow deer and 10 deer. It has emerged that the most frequent causes of hospitalization are the collision with the vehicle and the unknown trauma and that the most common pathologies are polytrauma, head trauma, traumatic shock and fractures of the hind limbs. Of the subjects surveyed, 63% died after their injuries and 26% were fully recovered and returned to the wild. The subjects were then divided annually according to the month of arrival at the facilities and it turned out that the most critical period for roe deer goes from April to August, for the fallow from June to September. Furthermore, by analyzing separately the cases with radiographic study (216) and comparing them with all the other patients, it was observed that there is a prevalence in the use of x-ray diagnostics in some pathologies and that this may have an influence on the follow up.

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Parte generale

Introduzione

La Toscana è una delle regioni a più alta concentrazione di Cervidi in Italia, con presenza sul suo territorio di Caprioli, Daini e Cervi. Ha inoltre una rete viaria molto estesa, assomma, infatti, 35.744 Km di strada. Tra la fauna selvatica di grosse dimensioni, la seconda causa di incidente automobilistico nella regione sono i caprioli.

Il nostro studio ha raccolto i dati riguardo tutti i Cervidi pervenuti dall’1 Gennaio 2015 al 30 Giugno 2018 presso 4 Centri di recupero e primo soccorso della fauna selvatica in Toscana. Sono stati presi in considerazione tutti i soggetti soccorsi per scontro con veicolo, trauma sconosciuto, impatto con falciatrice, imbrigliamento, ferita d’arma da fuoco e predazione, per un totale di 1282 caprioli, 78 daini e 10 cervi.

Dopo una iniziale standardizzazione delle informazioni disponibili, su tutti i pazienti si è proceduto ad un lavoro di analisi considerando di volta in volta parametri differenti. Da valutazioni quantitative e stime di prevalenza è emerso che le cause più frequenti di ricovero sono lo scontro con veicolo ed il trauma sconosciuto, quest’ultimo, però, assomma tra i suoi numeri principalmente sospetti investimenti ed è quindi verosimile che il trauma da impatto su strada sia il principale motivo di intervento veterinario a carico di queste specie.

Le patologie maggiormente diagnosticate sono il politrauma, il trauma cranico, le fratture a carico dell’apparato scheletrico appendicolare, con una predominanza di quelle agli arti posteriori, e lo shock traumatico.

Nel 63% dei casi queste patologie conducono a morte, spontanea o tramite eutanasia, resa necessaria dalla gravità delle situazioni cliniche. Per il 26% dei soggetti, invece, è stato possibile il recupero e la re-immissione in natura.

Si è potuto notare un incremento del numero di soggetti, adulti o cuccioli, pervenuto ai Centri nel periodo primaverile-estivo, in accordo con la biologia sociale e

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comportamentale delle specie prese in esame, che in questi mesi sono caratterizzati da maggiore attività e dispersione sul territorio.

I soggetti di cui era noto lo studio radiografico (216, solo tra i caprioli e i daini) sono stati analizzati separatamente ed in confronto con gli altri privi di esame radiografico per individuare le regioni anatomiche più frequentemente studiate, le patologie maggiormente diagnosticate con l’ausilio della diagnostica a raggi x, le patologie in cui la radiologia si è rivelata più utile e, infine, per capire se l’esame radiologico possa influenzare il follow up del paziente.

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1.

Gli Ungulati

Gli Ungul ati s elvati ci rappres ent ano un gruppo di m ammi feri di grande importanza ecologi ca in quanto sono una com ponent e di rilievo dell e zoocenosi t erres tri , di cui spesso costituiscono le speci e (e l e prede) di maggiore t agli a, at ti rano un not evol e int eres se venatorio e ri chi edono un diffi cil e impegno gestional e. A li vello i nternazional e, s ono st ati oggett o di molti studi s ci enti fici di vari o indirizz o tanto da ess ere uno dei gruppi di m ammi feri maggi orm ent e studiat o (Bertol otto, 2016).

Sebbene negli ulti mi anni si sia ass istito ad un increment o delle popol azioni di gran part e degl i Ungulati nonché dell ’areal e occupat o, la loro att ual e di stribuzione a li vel lo nazional e è ancora lont ana da un’occupazione omogenea del territorio potenzialmente idoneo per le divers e specie (R aganell a P elli ccioni e coll., 20 13).

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11

2.

I Cervidi

I Cervid i s ono una fami gl ia di Ungul ati arti odatti li ru mi nanti che, com e t ali , poss eggono per ciascun arto un numero pari di dit a t erminanti in unghi e molt o s vil uppat e e t ras formate in zoccoli . Quest a caratt eristi ca li rende part icol arm ent e adatti all a cors a, princi pal e font e di difes a dai predatori. Il 1° dito è scomparso nel corso dell’evoluzione, il 2° e il 5° risul tano parzialm ente atrofizzati e s oll evati nell a parte posteriore del piede (zoccol etti o speroni ), mentre 3° e 4° sono quelli d’appoggio (ST.E.R.N.A., 2006).

Sono erbivori dotati di prestom aci con di vers e st rat egi e alim entari:  brucatori: tipicamente selettivi, hanno apparato digerente di

dimensioni ri dott e i n cui gli al imenti t ransit ano velocemente e perciò predil i go no ci bi facilm ent e di geribili e concent rati;

pascolatori : meno selettivi, hanno apparato digerente molto sviluppato con capacità digestiva elevata, mangiano un po’ di tutto, m a sono cost retti a ingerire quant ità m aggi ori ess endo gli alim enti m edi am ent e po co nut ri enti;

tipi intermedi : sono mangiatori di sostanz e vegetali in modo differenzi ato e, a seconda dell e st rat egi e al iment ari adottat e, poss ono t endere a somi gli are i n modo più o meno m arcato ai pas col at ori o ai brucatori (Bert olott o, 2016).

Caratt eristi ca dell a fami gl ia dei C ervi di è anche la pres enz a nei m as chi di pal chi deci dui a ri nnovo annuale, form ati i nt eram ent e da t essuto oss eo (che cresce s u st eli oss ei perm anenti) ri coperto nell a fase di cres cit a dal vell uto (una sort a di pelli cci a, prosecuz io ne del la cut e dell a testa, che port a nut rim ento al tess uto osseo i n formazione). Il ci clo st agi onale di crescit a, os sificazi one, dist acco e caduta dei palchi è regol at o

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princi pal mente dal testost erone (ormone prodotto dai t es ticoli) e dall a somatot ropi na ( ormone della cres cit a prodott a dall ’ipofi si).

Sono st at e avanzat e molte i pot esi s ul si gnifi cato bi ologico e funzionale dei pal chi e s econdo una dell e più accredit ate, non sono s olo armi da utilizzare preval ent ement e nell e lott e fra maschi, m a anche s trum e nt i di imposizione e caratteri sessuali secondari evol utisi più per scopi dimost rativi che offensi vi (non a caso l a loro st ruttura è pi ù adatt a a lottare che ad ucci dere). La caduci tà dei pal chi dei cervidi, che ne perm ett e la sostit uzi one annual e, è proba bilm ente dovuta all a neces sit à di sostit uire quel li rotti o deformi per caus e t ransitori e, che altri menti genererebbero un handicap perm anent e. Quest a teori a t rova conferm a anche nel si gni fi cat o soci al e che assum ono le dim ensioni e la strutt ura dei pal chi, s embra i nfatti cert o che tali caratt eristi che concorrano (nel cervo i n modo consis tent e) all a det erminazione del rango soci ale.

Essendo tipici per ciascuna specie e presenti per buona parte dell’anno, i palchi facilitano la distinzione specifica. L’unico periodo in cui si potrebbero os servare m as chi di s peci e diverse s enza pal chi è molt o rist retto e corrisponde a fine April e, quand o, cont emporaneamente ai mas chi adulti di dai no, pot remmo i mbat terci in un giovane mas chi o di cervo che ha appena gett ato i pal chi. P er le femmi ne l a det erminazione specifica è meno immediata e si basa sull’osservazione di alcune tipicità morfol ogi che, primo tra tutt e lo specchi o anal e (area di peli peri neal e) (ST.E.R.N.A., 2006).

La T os cana è una dell e regioni it al iane con el eva t o num ero di popol azione selvati ca di grande t agli a e, con di fferent i caratt eri distribut ivi e quanti t ativi , present a sul suo terri torio tut te e t re le specie di cervi di europei: C apriol o, Daino e C ervo.

La densit à e di stri buzione dell e diverse speci e è pr ogressivam ent e aum ent at a nel tem po ed oggi l a Toscana è l a regione con l a m aggiore consistenza di Ungulati dell’Italia peninsulare, comprendendo circa 400.000 capi. R ispet to ai dati cosci uti, si stima l a presenza s ul territ ori o

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regional e del 40% dei caprio li e del 45% dei daini di t utto il patri moni o itali ano (Regione Toscana, 2018).

2.1 Il Capriolo (Capreolus capreolus)

2.1.1 Distribuzione

È il Cervide europeo più comune e diffus o e la specie pi ù import ant e dal punto di vist a venat orio. In pas sato seppe adatt arsi perfett ament e ad un ambi ent e sempre pi ù manipolato dall e attività um ane. Dall a m acchia medit erranea al le foreste boreali, dall e pianure int ensament e coltivat e all’orizzonte alto-alpino, il Capriolo occupa oggi quasi tutte le tipologie ambi ent ali che carat terizzano l ’Europa. L’ op ti mu m ecol ogi co è rappresent ato da t erri tori di pi anura, colli na e m edi a montagna con innevamento s cars o e poco prolungat o e presenza di ambienti aperti alt ernat i a veget az ione erbacea e boschi di latifogli e. In It ali a, con trariam ente a quant o avvi ene in alt ri paesi europei, m anca quasi total mente dall e pi anure int ensam ente coltivat e, mentre è di ffuso lungo le due cat ene montuose pri ncipali (C arnevali e coll., 2009).

È, infatti, present e con una sost anzi al e continuità lungo l ’arco al pino (nell a part e cent ro -orient ale raggiunge densi tà di 5 -10 capi/100 ha), e un altro importante subareale è costituito dall’Appennino settentrionale e dall a Tos cana sud -occident al e dove l e densit à sono m edi am ente s uperi ori ai 10 capi/ 100 ha, con val ori assai pi ù el evati in diverse situazi oni locali. Nell a porzione cent ral e dell a catena appenni nica l e popol azioni sono più rarefatt e e meno consi st enti e mancano pres soché t otalm ente in quella m eri dional e, dove si hanno piccoli nucl ei dis gi unti relitt i dell e popol azioni anti cam ent e presenti nell a peni sol a o frutto di recent i rei nt roduzioni (R aganell a Pelli cci oni e coll ., 2013). P er intri ns eche diffi colt à di censi ment o dell a speci e, di fformit à del le tecni che di conteggio utilizz ate e assenza di programm i di m onitoraggio in molt e aree di presenz a del Capriol o, risult a di ffi cil e stim are con precisione l a consist enz a compl essiva della specie sul territ orio nazional e; dai dati ottenuti , però, si può suppore un valore non inferiore ai 426.000 capi . Di

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questi sogget ti oltre la m età è concent rata i n Tos cana (33%) ed Emili a -Romagna (19%) (Tabell a 1). In Tos cana le popol azioni più consist enti (con un numero di capi stim ati superiore ai 20.000) sono pres enti in provinci a di Arezzo, Gross eto e Siena e popol azioni ab bondanti (con più di 10.000 capi) si regis trano in provi ncia di Firenze (C arnevali e coll., 2009). Al 2017 su tutta la regi one si stimano 182.575 caprioli , dato rel ati vo però a censimenti effettuati in Dist retti di caccia e Aziende Fauni sti che. Andando a c onsiderare qui ndi l e aree a divi et o di cacci a idonee alla speci e, è ipotizzabil e che l a stima si a in realtà s uperiore di circa il 20%, con quindi 30 -40.000 capi conteggi ati i n più (Fi g.1) (Regione Toscana, 2018).

Tabella 1 – Consistenze del Capriolo nelle diverse regioni italiane, riferite agli anni 2000-2005

(* dato parziale riferito solo alla Tenuta di Castelporziano; ** dato parziale riferito solo alle aree protette nazionali) (Carnevali e coll., 2009)

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Fig. 1 - Variazione della consistenza del Capriolo nella regione Toscana dal 2000 al 2017, calcolata da censimenti che escludono le aree non cacciabili e protette (Regione Toscana, 2018)

Anti cament e il Capriolo era abbondant ement e di ffuso press oché in tutt a l’Italia continentale. A partire dal XVI secolo, però, subì un destino simile a quello del Cervo; il suo areal e e le sue consi st enz e andarono progres sivam ent e diminuendo, arrivando ad una situazione pi ù fortemente criti ca at torno al X IX sec. Le sort i del C apriol o i n It ali a non si dis costano m olto da quanto avvenut o nel resto dell’Europa (Carnevali e coll ., 2009).

La progressiva e drasti ca dimi nuzione dell e s uperfi ci bos cat e, unit a ad una pes ant e persecuzione di retta, ha senz a dubbi o rappres ent ato la princi pal e caus a di estinzioni locali o a l arga s cal a del le popolazioni. La cost ante cres cit a del le popol azioni umane, a cui è legata l a diffusione dell e att ivit à agri col e, della past orizi a e lo s frutt am ento dei bos chi, può essere considerat a un fattore alt rett anto important e ed i ntimamente connesso con il primo. La cons eguente dimi nuzione del Capri olo caratt erizzò tutti i territ ori it ali ani e fu parti colarm ente int ensa nell’Italia meridionale, dove la specie si estinse prima della fine del XIX secolo. La fase pi ù acut a di quest o fenom eno corrisponde al periodo immediat am ent e successivo all a seconda guerra m ondial e, quando il

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Capriol o era pres ent e con poche popol az ioni i sol at e t ra loro, concent rat e soprattutto nell’arco alpino orientale e nella Maremma (Carnevali e coll., 2009).

A partire dagli anni ’60, due principali fattori contribuirono al graduale recupero num erico e distri buti vo del Capriol o. Le aree m ont ane vennero progres sivam ent e abbandonat e (o comunque m eno int ensam ente s frutt at e da un punto di vi st a agricolo e zoot ecnico), con un nuovo increment o dell e superfi ci bos cate e degli ecot oni ed un cons eguent e mi glioram ent o dell e condizi oni ambientali per gli Ungulati sel vatici . La pressione diretta da parte dell’uomo sulle popolazioni relitte cominciò a diminuire grazie all’introduzione di norme tese a vietare o regolamentare la caccia alla specie (Carnevali e coll., 2009). L’adozione di densità soglia per l’avvio del prelievo in alcune regioni si è infatti rivelata nel tempo effi cace e funzional e al consolidam ent o dell e popolazi oni, nonché util e ad age vol are l’es pansi one del l’areal e di dist ribuzione (R aganell a Pelli ccioni e col l., 2013). In conseguenz a di quest e condizioni favorevoli iniziò un fenom eno di immi grazione i n nuovi t erri tori da parte di soggetti provenienti da nucl ei residui, spess o favorito , s oprat tutto negl i ultimi decenni, da operazioni di reint roduzione operat e in più set tori geografi ci dall e pubbliche amministrazioni (C arnevali e coll., 2009). Le popolazioni diffuse sull’arco alpino e l’Appennino centro -sett ent rionale hanno avuto ori gine da im mi grazione natural e dall ’Europa centrale, dall’espansione di residui nuclei autoctoni o da operazioni di rei nt roduzione con s oggetti di ori gine centro e nordeuropea (sottos peci e

C. c. capreolus ) (C arnevali e coll., 2009).

Nel sud d’Italia (Monti dell’Orsomarso nel Parco Nazionale del Pollino e nell a Forest a Um bra nel parco Nazional e del Gargano), i n una z ona circos crit ta dell a Toscana m eri dional e (provi nce di Si ena e Gros set o, esclusa l’area dell’Amiata) e nella Tenuta presidenziale di Cast elporzi ano (Roma) sono presenti Caprioli appartenenti all a sottospeci e it ali ca ( C. c. it ali cus ), forma relit ta un tempo present e in tutta l’Italia centro -meridionale. Nuclei di soggetti appartenenti a detta speci e si rit rovano anche nel Parco nazional e del Cil ent o e Vallo di

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Diano, nel Parco Nazionale dell’Aspromonte e sui Monti della Tolfa (Rom a) com e frut to di recenti rei ntroduzioni. Il Cap riolo itali co si differenzi a per caratteristi che morfol ogi che tipi che e da st udi recenti , sull a variabilit à geneti ca del Capri o l o europeo, è emerso che l a sottos peci e it ali ca si identi fica com e un pool genico differenziat o, caratt erizzato da un propri o i nsi eme di aplotipi mitocondri ali e da vari anti all eli che ai loci nucl eari uni che (R aganell a Pelli cci oni e coll., 2013).

2.1.2 Morfologia e comportamento

Il Capri olo è la sp ecie più pi ccola appart enent e ai cervidi europei. Possi ede un corpo lungo e snello, art i post eriori più alt i e robus ti di quelli ant eriori, t est a piccola a profil o triangolare con gross i padi glioni auri col ari e pal chi rivolti all ’indi etro; caratteris tiche di anim ali maggiorment e adatti al s alt o che al la corsa. Il m as chi o può pesare dai 20 ai 35 Kg e l a fem m ina dai 18 ai 28 Kg (ST.E.R.N.A., 2006). Alterna durante l’anno due mantelli: quello invernale grigio-bruno con specchio anal e bianco, più vi stoso ed esteso e quell o esti vo arancione -rossi ccio più o meno s curo con specchi o anal e meno evident e e ridot to di volum e. Il mantello giovanil e è bruno scuro con pomellatura lungo i fianchi (macchi e bi anche di spost e regol a rmente) che tende a s comparire dal 2° mes e di vi ta (Agrari a.org).

Il p al co è cost ituit o da due st anghe dalle quali si di ram ano 2 o 3 punt e in relazione allo sviluppo o all’età dell’animale. Lo sviluppo del primo pal co inizia gi à a pochi m esi di vi ta per ar ri vare a circa 1 anno di et à con un trofeo com pl eto. La cadut a avvi ene tra fine ott obre e dicembre e, dopo pochi giorni , i nizia l a ricrescit a che si com pl eta in poco più di tre mesi (S T.E.R.N.A., 2006).

Il C apri olo è un rum inante b rucatore, ti picam ent e sel ettivo di alim ent i, cioè non pascola indifferent em ent e ogni tipo di veget al e, m a lo sceglie con cura in base alle proprietà nutritive. È l’unico vero brucatore puro

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itali ano e quest a caratt eri sti ca lo di stingue nett ament e da tut te l e altr e speci e di ungul a ti (S T.E.R.N.A., 2006).

Il com port amento soci ale del capriol o è compl esso ed arti col ato: è atti vo prevalentemente di notte, durante l’estate è solitario e territoriale e in inverno forma gruppi famili ari p revalent em ent e fem minili , m a anche con pres enza di qual che mas chi o subadul to. Dal la metà di lugl io all a m et à di agosto si ha il peri odo degli amori con form azione t em poranea di una coppi a. Successi vam ent e si ha una fas e di aggregazione e form azione dei “gruppi invernali”, cinque o più soggetti con a capo una femmina adulta, i piccoli dell’anno e spesso anche la figlia di 1 anno e uno o più maschi. Da m et à marzo i gruppi si dis gregano, si formano raggruppam enti di s ol i maschi ed aumenta progressivamente l’aggressività, finalizzata all’autoaffermazione e all’ occupazione di un territorio di qualità ed est ens ione proporzi onat o al rango soci al e conquis tat o. In ques to peri odo si ha elevat a atti vit à di m arcam ento, espl icata soprattutto t ramite fregoni e ras pat e. I fregoni sono i segni di scort ecci am ent o di arbust i e pi ccoli alberi caus ati dall o sfregamento del pal co e dell a front e e hanno si gni fi cat o s ia di m essaggio vis ivo che olfattivo, per il s egnale odoros o rilasciato tramite le ghiandole dell’organo frontale; le raspate, effettuate sia con gli art i ant eriori ch e con i post eri ori su cotico erboso o suolo privo di vegetazi one, sono anche lor o cont emporaneamente dei segnali visivi ed ol fatti vi (S T.E.R.N.A., 2006).

Le femmi ne gravi de dopo lo scioglim ent o dei gruppi invernali , invece, si isol ano per partori re, ri cerc are e di fendere un s ito di ri pos o per il l oro piccol o. La gestazione del capri olo può durare 280 gi orni, con accoppi am ent o in lugl io/ agosto, o 160/170 giorni, s e la fem mina è stat a copert a a novembre/ dicembre. Nei casi di regolare accoppi am ent o estivo la gravidanz a avvi ene in due fasi: ad un’i nizial e fusione delle cellul e con formazione dell’embrione, succede un periodo di quiescenza (diapausa embrional e) e una ripresa a di cembre dell o sviluppo fet al e, con l’impianto dell’ovulo nell’utero (Agraria.org). Que sto permette ai piccoli di nascere nell a buona stagione; i p arti si hanno, infatti, dal la m et à di maggio all a m et à di giugno. Le fem mi ne partoriscono da uno a t re

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piccoli , generalm ent e due, che nell e prim e s ettim ane di vi ta pass ano fi no al 90% del t empo ac covacci ati t ra l’erba alt a o fi tti cespugli (ST.E.R.N.A., 2006).

2.2 Il Daino (Dama dama)

2.2.1 Distribuzione

Il Daino è un Ungulato europeo alloctono e pres enta attual ment e una distribuzione quasi com plet am ente art ifici al e. Il s uo areale ori gi nario viene posizionato nell a porzione più ori ental e del baci no del Medi terraneo. È com une in m olt e aree del medi terraneo e molt e di quest e popol azioni hanno avuto ori gine da nucl ei proveni ent i da t enut e ari stocrat iche dove i dai ni erano m ant enuti per moti vi orna m ent ali e venatori. A testimoniare l’elevato grado di manipolazione della specie sono l e quat tro colorazi oni pri ncipali che l o caratt erizzano: pom ellato, isabell ino, mel ani co e bi anco (non albino). Anche il grado di pom ellatura è m olto vari abi le da indivi d uo a individuo (C arnevali e coll., 2009). Il Daino è un tipico ungulato di ambiente mediterraneo. E’ un ruminante di tip o in termed io che può comport arsi sia da pas col at ore che da brucatore, e il s uo com portam ento vari abil e, im pront ato s u un el evato livel lo di s ocial ità, l o rendono m olto resi stente ed adatt abi le ad un gran num ero di am bi enti , speci alm ent e s e caratt erizzati dall a presenza di prat eri e e radure. Non si trova a suo agio, invece, in montagna, soprattutto se l’innevamento è prolungato, ed in zone estremamente aride (Carnevali e coll., 2009). L’ ambiente ideale è caratterizzato da zone boscos e dis continue, in pianura, collina e m edi a mont agna. È poco sensibil e alle fonti di disturbo, fatt a eccezi one per l a presenza di cani vaganti e l’uso improprio d ei cani da seguito durante la caccia ad altre speci e (cinghi al e e l epre). Le attivi tà um ane, invece, sono ben tollerat e e in alcuni casi addi rit tura i gnorate (S T.E.R.N.A., 2006).

Le aree a più ampia distribuzione del Daino sono la Toscana, l’Umbria, l’Appennino tosco-romagnolo e la zona compresa tra l’Appennino ligure

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e le province di Alessandria e Pavia. Risulta invece assente sull’arco alpi no it ali ano. Nuclei isol ati , ma molt o consist enti , sono diffusi nell e aree costi ere a caratt ere m edit erraneo del la To scana e del Laz io, in cui l a speci e s embra adatt arsi molt o bene. Nel Sud e nell e Is ol e è present e con piccol e popol azioni frutto di fughe accident ali da reci nti o i ntroduzioni operate dall’uomo in epoche diverse. L’areale appare pertanto est remam ente framm ent ato e caratt erizzato da numerosi nucl ei t ra loro isol ati (C arneval i e coll., 2009).

La sua consistenza sull’intero territorio nazionale si stima in poco più di 21.000 capi , di st ribuiti preval ent em ent e nel le regi oni cent ro -sett ent rionali (76%) (Tabell a 2). Tal e dat o si ri feri sce, però, ad un valore minimo, poi ché i censim ent i si limit ano pri ncipalm ent e all e aree sottopost e a preli evo venatorio, escludendo quindi l e zone in cui l a speci e è rappres ent ata da pi ccol e popol azioni. In termi ni quantit ati vi le popol azioni più abbondanti s ono pres ent i in due aree prot ett e recint at e: la Tenut a Presi denziale di C ast elporz iano e il P arco regi onal e di Mi gli ari no -San Rossore -Mass aciuccoli in cui vengono superat e rispetti vament e dens ità di 33 e 15 capi/ Km2 (C arneval i e coll ., 2009). In Toscana, dove s i concent ra più del la met à d ei Dai ni stimat i sul territ ori o nazional e, la consist enz a com ples siva deri vata dai censim enti del 2017 è pari a 6.054 capi , ai quali si aggiungono quelli present i nelle aree prot ett e (P arco S. Ro ssore e P arco dell a M aremm a i più num erosi ), stimat i ad alm eno 7 -8.000 capi . Al di fuori di ques te aree il maggior num ero di soggett i si regist ra nell e provi nce di Arezzo, Siena e Gross eto (Regione Toscana, 2018) (Fi g.2).

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Tabella. 2 - Consistenze del Daino nelle diverse regioni italiane, riferite agli anni 2000-2005

(* censiti e non stimati) (Carnevali e coll., 2009)

Fig. 2 - Variazione della consistenza del Daino nella regione Toscana dal 2000 al 2017, calcolata da censimenti che escludono le aree non cacciabili e protette (Regione Toscana, 2018)

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2.2.2 Morfologia e comportamento

Il daino ha di mensi oni intermedi e tra quell e del capri olo e del cervo e pres ent a dim orfism o sess uale m olto accent uat o. Il maschio può pes are dai 50 ai 90 Kg e l a fem mina da i 30 ai 50 Kg (Agrari a.org). L’alt ezza al groppone l eggermente superiore rispetto al garres e gli conferis ce l’aspetto di un animale agile. La coda è piuttosto lunga, spicca al centro dell o specchio anale bi anco candido bordato di nero e pres ent a superi orme nte una ri ga nera che continua s ull a s chiena. Alt ra caratteristica è la presenza di “bande di colore” (tonalità diverse di col ore del m ant ello), dal pi ù scuro al più chi aro in s enso dors o -vent ral e: 3 negli indivi dui pomell ati e isabelli no, 2 nei m el ani ci, ass ent i nei bianchi (ST.E.R .N.A., 2006).

Nel corso dell’anno assume due “mute” e in Italia le tipologie più frequenti di colorazi one del m ant ell o sono : il pom ell ato, bruno -ross as tro con pom ellature bi anche in est ate e marrone -gri gi ast ro con scompars a dell a pom ell atura e bande più evidenti i n inverno, e il m el anico, bruno -nerastro con ass enza del bi anco nell o specchio anale e nel s ottopanci a, quasi t otale mancanza dell a pom ell at ura e col orazione pres soché invariata tra una muta e l’altra. Altre varietà sono l’isabellina, più chiara e con pomellatura più evident e, e il bianco con iri de pi gment ato. Il mant ell o giovanile è marrone scuro pom ellato lungo i fianchi (Agraria.org).

I p al chi dei mas chi sono cost ituiti da due st anghe ramifi cat e (due, t re o più punt e) con parte superi ore all argat a a form are una pala di dimensioni vari abili e a sua volt a con divers e punt e. Il t es suto oss eo dell a pala è di strut tura s pugnos a e perci ò meno resis tente dell e st anghe e più soggett o a rott ure. I primi pal chi si svil uppano a 9 -10 m esi di vita e sono cost ituiti da st anghe non rami ficat e a forma di fuso (da qui il nom e “fusoni” attribuito a questi soggetti). Da Aprile a Giugno si ha la caduta dei pal chi e dopo pochi gi orni inizia l a ri cres cit a che si com pl et a in poco più di quat tro m esi (ST.E.R.N.A., 2006).

La strategia rip rod utti va del daino è molto vari abil e, può andare dal sistema t erritori al e a territori singoli o a territ ori mul tipli (arene o l ek) a

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quello ad harem; l a t ipologia più opportuna vi ene adot tat a in dipendenz a dell a densi tà speci fi ca e della st rut tura e com pos izione dell ’habit at. Il sistema a territori singoli è simi le all a strat egi a del capriol o ed è frequent e nei t errit ori a densit à m edi o -bass e; i m as chi adult i prendono poss ess o di aree m olto vast e, prevalentem ent e bos cose e con buona disponibil ità di cibo che pertanto att irano un di screto num ero di femmi ne (qualit à ed estensione del territorio sono proporzi onali al rango soci al e del m as chi o). Il si st em a a t errit ori m ulti pli o conti gui è adot tato i n caso di densit à el evat e o medi o -alt e. Le arene sono pi ccol e aree di al cuni mq molto ravvicinate t ra l oro che vengono delim itate dai m as chi at traverso raspat e, fregoni, uri na e bramiti e dove i mas chi attendono i l pass aggio dell e femmine i n estro per coprirl e. La vi ci nanza del le arene rende frequenti i combatti menti , spes so poco cruenti col sol o s copo di atti rare le femmine col fragore prodott o. I l ek, invece, s ono grandi aree dove divers i mas chi adulti sono presenti ed operano in concerto per atti rare il maggior num ero di f emmine t ram ite bramiti, m arcam enti e combattimenti; l’accesso alla riproduzione è regolato da una precisa gerarchi a soci ale e territ ori al e. La form azione dei lek è legata all e al te densit à, m a anche alla pres enza di una grande s uperfi ci e pi aneggiante all’interno di un bosco e di un suo elevato grado di appetibilità. Il sistema ad harem è poco uti lizzato e simile a lla st rat egi a adottat a dal cervo. L’harem è compost o da divers e femmine con i piccoli dell ’anno e dal m as chio adul to che ne ha preso poss ess o, lo di fende e lo ti ene raggruppato fi nché t utte l e femmine non saranno andat e in est ro e quindi non saranno st at e copert e (ST.E.R.N.A., 2006).

Il periodo riprodutti vo si ha nel m ese di ottobre e ad es so succede l a fase di form azione dei gruppi invernali, cos t i tuiti da femmi ne con piccol i e pochi maschi giovani; i mas chi adul ti, invece, dopo il periodo degli amori, pres ent ano ass enz a di fenom eni aggregati vi o m anifest azioni aggressi ve e att ravers ano un periodo di riposo finalizzat o al recupero dell a forma fisica . Da di cembre i nizia il periodo di massi ma aggregazione soci ale tra m aschi di tutt e l e cl assi di et à, per poi di vidersi in piccol i gruppi di soli maschi coet anei da april e a sett embre. La fase

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dei parti si ha da met à maggio a m et à gi ugno, periodo in cui le femmin e gravide si isolano per partorire, a cui s egue poi una progressi va riaggregazi one (ST.E.R.N.A., 2006). La ges tazi one del daino dura 230 -240 giorni e soli tam ente part ori sce un sol o cucci olo (Agrari a.org).

2.3 Il Cervo (Cervus elaphus)

2.3.1 Distribuzione

Sino al X III s ecol o il Cervo era di ffus o in quasi tutt a Europa ed occupava una grande vari et à di habit at, dal livello del mare all e Al pi. Oggi presenta una distribuzione discontinua nell’Europa occidentale, più est es a e conti nua nel la rest ant e par te del continent e. La defi ni zione di un quadro chiaro dell a s istem ati ca sott ospeci fica del C ervo europeo incontra not evoli diffi colt à: l e vari azioni dei caratteri fenotipi ci sono infl uenzat e dall e condizioni ecologi che l ocali ed i nolt re la specie ha subit o nei secoli forti m anipol azioni att ravers o frequenti t raslocazi oni di sogget ti provenienti da diverse parti dell’areale complessivo, introduzione di razz e non europee o addiri ttura di speci e di vers e ( C. nippon ) che hanno avuto m odo di ibridarsi con i cervi local i (Carnevali e coll., 2009).

Il Cervo è una s peci e pri mari am ent e associata ad ambi ent i di bos chi aperti, inframm ezzat i a dist ese di prat eria in regi oni pi aneggi anti o a debol e rili evo; sol o secondariam ente è stato s ospinto negl i habit at di foresta densa e in m ont agna dall a press i one es ercit at a dall’uomo. La sua robus tezza e adattabilità lo rendono capace di col onizzare rapidam ent e nuovi t erri tori ed at tualm ente frequent a una vas ta gamma d i tipologi e ambi entali , dall e brughiere s cozzes i alla m acchia m e di terranea. La stessa popol azione può utilizzare am bi enti diversi nel corso del ci clo annuale, ad es empi o lungo un gradi ente altitudinal e (C arnevali e coll., 2009).

In Europa, in passat o, il C ervo aveva una dist ribuzione quasi uni form e con densit à di popol azione rel ati vamente basse. Nei secoli però le modifiche che l’uomo ha apportato al paesaggio naturale hanno ristretto

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l’areale della specie ad un decimo della sua estensione originaria e questo, i nsi em e ad uno sfruttamento pes ant e attraverso l a caccia, ne ha caus ato un fort e decrem ento. Attualm ent e lo st atus del Cervo, come per alt ri Ungul ati europei , risul ta in cost ant e m i gli oram ent o si a per l a consist enz a che per la dis tri buzione, ma è ancora caratt erizz ato da una not evol e framm ent azione e dis continui t à del suo areal e, poiché la s ua pres enza ri sult a l egat a al la disponi bilit à di ampie superfi ci forest ali (Carnevali e coll., 2009).

In It ali a il C ervo era ampi am ent e dist ribuito lungo t utt a l a penisol a si no al X-X I s ecolo, s uccessi vamente l e t rasform azioni am bi ent al i e la caccia si fecero sem pre più pes anti e l a speci e nel M edioevo scomparve dall a maggior part e dell e aree pl anizi ali e colli nari per rifugi arsi nell e mont agne al pine e appenni niche. In seguito, con il perfezionarsi dell e arm i da fuoco, il Cervo s comparve anche da num erosi sett ori dell’Appenino e dell’arco alpino, tanto da risultare, agli inizi del XX secolo com pletam ente est into, con le s ole eccezioni del Bosco dell a Mesola e di alcune limitate zone dell’Alto Adige. Dal secondo dopoguerra sono st a t e avvi at e num erose operazioni di reint roduzione su tutto il territorio naz ionale, sia i n aree in cui la s peci e era gi à pres ent e, ma non ancora affermat a, si a in aree idonee in cui ris ult ava ass ent e. La ricolonizzazione dell e Al pi it ali ane è avvenuta grazi e, olt re al le ri petut e operazioni di reintroduzione, anche all’espansione di popolazioni svizzere, alpine e slovene. La consistenza del Cervo sull’intero territorio itali ano è st imabil e a poco più di 63.000 capi dist ribuiti prevalent em ent e sull’arco alpino (78%) (Carnevali e coll., 2009) (Tabella 3).

In Toscana al 2017 si regist ra una presenza compl ess iva di 4.024 cap i nell e aree cens ite (Fig. 3). A livello regi onale di m aggior rili evo sono l e popol azioni facenti part e del Com prensorio di gesti one A.C.A.T.E .R . (Area C ervo Appennino Tos co Emil iano Rom agnolo), situat e in prossimit à del cri nal e appennini co, compart ecipat e con i t erritori emili ano-rom agnoli , ori ginat e principal ment e da reint roduzioni operat e negli anni ’50-’70 e distribuite nella regione sulle p rovince di Lucca, Mass a, P rat o, Pistoi a, Firenz e ed Arezzo. A quest e si aggi ungono t utti

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quei nucl ei o pi ccole popol azioni distribuit e su tutt o il territori o regional e, derivat e da fughe accident ali da recinti di all evam ento/detenzione e ri guardanti ent ità geneticam ent e vari e (i bri di di cervo scozzes e, alpi no, centro -europeo ed extra -europeo) (R egione Tos cana, 2018).

Tabella 3 - Consistenze del Cervo nelle diverse regioni italiane, riferite agli anni 2000-2005 (Carnevali e coll., 2009)

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Fig. 3 - Variazione della consistenza del Cervo nella regione Toscana dal 2000 al 2017, calcolata da censimenti che escludono le aree non cacciabili e protette (Regione Toscana, 2018)

Endemi ca di S ardegna e C ors ica è l a sot tos peci e C er vus el aphus

cor sicanus, l a cui ori g ine è st ret tam ente l egat a all’azione dell ’uomo.

Teori e pi ù accreditat e afferm ano che il Cervo s ard o dis cenda da s oggetti provenienti dal Medio Oriente o dal Nordafrica introdotti nell’età del bronzo (1200 -700 a. C.), mentre recent i i ndagini genetiche ne ip otizzano un’origine italiana. Fino all’inizio del XX secolo era ampiamente ed abbondantem ente di ffuso nelle due isole; s ubì i n s eguito una fort e contrazione dell a consist enz a e dell a distribuzione sino ad arrivare all’estinzione in Corsica nel 1970 e ad un a forte riduzione in tre areali disgi unti e privi di possi bilit à di int ers cambi o in Sardegna. Negli ultim i anni, grazie ad int erventi di sensibilizzazione, gesti onali e di tut ela, si è verificato un incremento sia del numero dei capi, sia dell’areale distr ibut ivo (ad opera di rei ntroduzi oni ) ed oggi in Sardegna si st imano circa 7.000 i ndi vidui (R aganell a P elli ccioni e coll., 2013).

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2.3.2 Morfologia e comportamento

Di corp oratu ra potente , il maschio del Cervo può pes are dai 100 ai 300 Kg, m entre l a femmi na ha dim ensi oni più ridott e ed il pes o varia tra i 70 e i 130 Kg. Effet tua due mu te nel corso dell ’anno. In est at e pres ent a un mant ell o rosso -fulvo con t onalit à pi uttost o uni form e in ent ram bi i s essi e specchi o anale meno evi dent e; in inverno il mant ello è di col ore gri gi o -bruno uni form e nell e femmine, m ent re nei mas chi s opra i 2 anni di età è caratt erizzato da una lunga e fol ta cri ni era alla giogai a e da una vast a zona gri gio chi ara s u dorso e fi anchi. Il mant ell o gi ovanil e è m arrone scuro pomel lat o lungo i fi anchi e si manti ene per ci rca due mesi (Agraria.org).

I p al chi dei maschi adulti sono imponent i e costit uiti da due stanghe con diverse punte e ramificazioni in relazione allo sviluppo e all’età dell’animale. Possono avere caratteristiche morfologiche differenti in dipendenz a dell a variabil ità geneti ca indi vidual e (ST.E.R .N.A., 2006). Il cervo è un rumi nant e in termed io che, in funzione dell ’habit at, può comportarsi in modo più o meno marcato da brucatore. L’estensione del suo sp azio vitale (hom e range) vari a in funzione dell e tipol ogi e ambi ent ali in cui vive, del le di sponi bilit à alim ent ari dell ’area, del periodo st agional e, del sesso e dell ’et à degli indivi dui. Studi condotti in It alia hanno mostrat o che tali spazi variano dai 300 ai 1000 ett ari. I gi ov ani fi no ai due anni, facendo ancora parte del nucl eo famili are fem minil e, occupano le st ess e aree delle madri; dopo i 2 anni e mezzo di et à, l e giovani fem mine conti nuano a rimanere con le madri, mentre i mas chi as sumono delle posizioni s pazi al i proprie. Gli spazi vitali pi ù est esi si ris contrano in prim avera ed autunno, probabilment e in conseguenz a degli s post am enti che gli animal i com piono tra le aree di esti vazione e quel le di svernam ento. In i nverno si assis te ad una notevol e riduzi one dell e aree utili zzat e, in funzi one dell a pres enz a del manto nevoso e delle conseguenti diffi col tà negl i spos tam enti, m a anche per una strat egi a di sopravvi venza finalizz at a a minimizz are i l consum o gi ornaliero di calori e. Il cervo è un ani mal e ori ginari am ent e diurno, che alt erna fasi atti ve (spost am ento, ali ment azione, ecc.) a frequenti

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momenti di paus a, dedi cati a ri poso e ruminazione. Nel periodo invernal e si assist e ad un calo compl es sivo dell e s ue ore di atti vi tà, che si concent rano preval entem ent e nell e ore crepuscol a ri e notturne. Le popol azioni sott opos te a fort e disturbo ant ropico pos sono mani fest are, oltre ad uno spost am ento del la attivi tà verso l e ore notturne, una riduzi one in quant ità e durata dei peri odi di riposo con ovvi e conseguenz e di m aggi ore di ffi colt à ne l bilanci o energeti co (sopratt utto durante l’inverno). Durante il periodo degli amori l’alternarsi delle fasi vital i giornali ere vi ene not evolment e al terat o, soprattutto nel caso dei mas chi che si alim entano pochissim o (il tempo dedi cato al pas colo cal a dal 44% al 5%) e sono in atti vit à pressoché cont inua (S T.E.R.N.A., 2006).

Il peri odo riproduttivo del C ervo va da met à s ett embre a m età ott obre e la gestazion e dura 231 -234 giorni con nas cit a generalm ente di un solo cucciolo (Agrari a.org).

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3.

Accrescimento delle popolazioni:

effetti e gestione

L’evoluzione degli Ungulati in generale rappresenta senza dubbio uno dei più not evoli m utam enti del quadro faunis tico it ali ano degli ultimi decenni . I profondi cambi am enti s ocio -economi ci, cul turali e n orm ati vi intervenuti a parti re dall a m et à del s ecol o s corso hanno det erminato condizioni favorevoli ad un aum ent o dell e consist enz e e ad una progres siva riconqui sta degli anti chi areali (R aganell a P elli cci oni e coll., 2013). Oggi gli Ungulati , dopo che per t recent o anni l’azione dell ’uomo ne aveva provocato l a sost anzial e s com pars a, hanno ri occupat o una part e consist ent e del territ orio nazional e e sono orm ai st abilm ent e pres enti in aree mont ane, m a anche in prossim it à dei centri abit at i (Regi one Tos cana, 2009). Essi sono dunque tornati a svol gere un im portant e ruolo strut tural e e funzional e nell e bi ocenosi itali ane, con i ndubbie ricadut e positi ve anche nell a cons ervazi one di al tri t axa, in particol are i grandi Carnivori (R aganell a Pelli ccioni e coll .. 2013).

L’aumento della fauna selvatica, però, se da un lato rappresenta un valore ambientale indiscutibile e dimostra l’impegno nella conservazione della biodiversità e di un ambiente sano, dall’altro riporta alla luce un com plesso rapporto tra gli Ungul ati e l a soci et à um ana, che ha radi ci anti chi ssim e e che si sviluppa in tutt e l e art icolazi oni del pas sato ma i n un nuovo cont esto ambi ental e e cult ural e. Di vol ta i n volt a, i n dipendenz a degli interlocutori e degl i interessi imm edi at am ent e coi nvolt i, gli Ungulati sono vi sti come ri sorsa naturalisti ca , turi sti ca e venatori a o come fonte di p robl emi deri vati dall ’im pat to che l a l oro presenza determina sull’agricoltura, i boschi e la sicurezza stradale (Raganella Pelli cci oni e coll., 2013).

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3.1 L’impatto dei Cervidi

Considerando nel loro com plesso i d an ni da Cervidi , si evidenzia una maggiore prevalenza di questi nell’area dell’Appennino centro -settentrionale e nell’area alpina occidentale. Più in dettaglio, le regioni che regist rano una m aggiore percentual e di danni sono l ’Emil ia -Rom agna e l a Tos cana (Carnevali e coll., 2009).

In Toscana i livelli di densità m edi e di Ungul ati s ono parti col arment e el evati e tal e situaz ione ha comport ato e com port a gravi ri percussi oni sulle colture, sull’ambiente e sulla rinnovazione fo restale; inoltre il num ero dei sinist ri stradal i nei qual i risul tano coinvolti gl i ungulat i selvati ci ha m ani festat o un t rend di preoccupant e cres ci ta (Fi g. 4) (Regione Toscana, 2018).

Fig. 4 - Il trend ad oggi conosciuto relativo alle richieste di indennizzo danni a cose o persone in sinistri stradali (si consideri che per il 2016 e, anche per gli anni precedenti, il dato è con tutta probabilità sottostimato, stanti i tempi consentiti per presentare la richiesta di risarcimento, 5 anni dall'evento) (Regione Toscana, 2018).

Sul pi ano ambi ental e gli Ungul ati s elvati ci, i n funzione dell e speci e, possono causare di versi effetti e modifi cazioni . La l oro eccessi va presenza all’interno di territori agro -forestali danneggia le coltivazioni e interferisce con le comunit à veget ali, animali e mi crobi che. L’impatto degli ungul ati sul le biodiversit à può essere di tipo di rett o, quando

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ri guarda il danneggi am ento e l a dist ruzi one di s peci e veget ali a s copo alim ent are (brucatura, s cort ecci am ento, ricerca di bul bi, riz omi) o di tipo indi ret to, quando è rivolto a fat tori che infl uenzano l a presenz a e lo sviluppo di specie vegetali, animali e microbiche (l’alterazione del suolo prodotta dall’eccessivo calpestio degli animali può favorire specie veget ali più resist enti al suol o com patt ato e può modifi care l a biodi versit à anim ale e mi crobi ca del t erreno) (Bertol otto, 2016).

Un aspetto non trascurabile dell’impatto sulle biodiversità vegetali è la pressi one s el etti va es ercit at a dal pas colam ento degli anim ali, tramit e speci fi che attit udini alim ent ari e com port am ent ali (Bert olot to, 2016).

Ai C ervidi sono att ri buiti:

l’impatto da scortecciamento e sfregamento delle corna sui tronchi e s ui rami per dem arcare la t erritori alit à ed eliminare il vell uto (fregoni ), m olto int ens o nelle aree di svernam ento dell e popol azioni, che col pisce per l o pi ù pi ante giovani e ad arbusti fino ad 1 -1,5 m d’alt ezza;

l’impatto da brucamento di frutteti e vigneti, che consiste per lo più nell a dist ruzione dei germogli (causat a dal capriol o) e nell a brucatura eccess iva dell e fogli e e rot tura dei rami gi ovani , con conseguent e st rut tura coni ca dei cespugl i ed aspetto ri cadente dell e specie arboree (in caso di el evat e densi tà di daino);

l’impatto da pascolo su colture cerealicole, da sfalcio e sui medi cai (p arti col arment e int enso in caso di el evat e dens ità di dai ni) (S T.E.R.N.A., 2006);

l’impatto conseguente alla pressione selettiva esercitata dal pas col am ento degl i animali, t ramit e s peci fi che attit udini alim ent ari e com port am ent ali (Bert olot to, 2016).

Rel ativam ent e all’as pett o cons ervazi onistico si hanno, però, difficolt à nel det erminare il t arget o il valore sogl ia degli effetti provocati dagli ungul ati olt re i quali si veri fi ca il vero e proprio danno all a conservazione. A volte l a brucatura del cervo e di altri ungul ati è vantaggiosa per l’incremento della biodiversità o più generalmente

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mi gliorativa dell e condizioni ambi ent ali; in alt ri casi i cervi sono rit enut i capaci di m inacciare l a conservazione degli habit at , poi ché l a pressi one da brucat ura può ri du rre, si no ad i mpedi re, l a ri generazi one dell e pi ant e di quel dato ecosist em a (Bert olotto, 2016).

3.1.1 Effetti sulle attività agro -zootecniche

Analizzando l’impatto sulle attività agricole emerge che il 90% dei danni totali arrecati dagli Ungulati sull’ intero territorio italiano è caus ato dal Ci nghial e e del rest ant e 10% sono respons abili princi pal mente il Capriolo (42%) e i l C ervo (36%). In realtà i danni di maggiore gravit à, che ri chi edono un più el evato costo m edi o dell’indennizzo elargito dagli enti pubblici, sono causati da Daino e Cervo, ma i l Capri olo, i n vi rtù dell a sua netta superiorit à numeri ca rispett o al le alt re due s peci e, caus a una percent ual e di danni maggiore ma di mi nore entit à. (Carnevali e coll., 2009).

A pes are sull e attività agro zootecni ch e è anche il probl ema i gieni co -sani tario costit uito dai cervidi cuccioli fal ciati dai tratt ori durant e l a fienagione. Nell e prime s ettim ana di vit a, i pi ccoli t ras corrono il 90% del tempo accovacciati tra l’erba alta, spesso in prati coltivati. Is tintivam ent e, per ragioni evoluti ve, al peri colo reagi scono con l’immobilità, quindi davanti una falciatrice in avvicinamento non scappano. Questo, oltre a provocare gravi sofferenze al piccol o e a condurlo spesso alla morte, comporta la permanenza nell’erb a tagliata di resti di cadavere, dai quali possono fuori uscire s ost anze causanti avvel enam enti , anche mortali , nel bes tiame a cui fi eno o insilat o sono dest inati (Prot ezione Svizzera degli anim ali PS A, 2013).

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3.1.2 Effetti da competizione

Un alt ro gen ere di danno ecologi co causat o dai Cervidi , da tenere in considerazione soprattutto là dove si cerchi di preservare e increm ent are popol azioni aut octone come il capriol o ital ico, è la comp eti zi one tra divers e s peci e di ungul ati selvati ci. Il daino, ess endo una specie alloctona, può ent rare i n com pet izione con cervi di aut octoni ed avere l a megli o su questi . È il cas o del capriolo, che ess endo una s peci e ecologicam ent e fragi le, esce svant aggi at o da quest a competizione, soprat tutto in presenza di el evat e densi t à di daini (S T.E.R.N.A., 2006).

3.1.3 Effetti su strada

In un t errit ori o dens am ent e popol ato, con reti ferroviari e ben svil uppat e e volumi di traffico elevati, l’incremento della fauna selvatica ha portato ad un'i ntensi fi cazi one dell e coll isioni tra veicoli e ungul ati, com e in molte regioni europee e nordameri cane (P utzu, 2014).

In Toscana l’elevato grado di antropizzazione che caratterizza questa regione, l e modificazioni ambi ent ali ed agroforest ali, in concomitanza con l o sviluppo di numeros e com unit à faunisti che, crea no una sit uazione di peri colo concent rat o in determi nat i tratti st radali, con maggiore frequenza in alcuni orari, giorni della settimana e periodi dell’anno. Il fenom eno degli inci denti s tradali caus ati da ungul ati sta dunque assumendo p roporzi oni non trascurabili , con notevoli i mpl icazioni di carattere social e ed economi co . Di cons eguenz a appare fondam ent al e il monitoraggio cost ant e, la comuni cazi one e la divul gazione del probl em a, per aum entare la cons apevol ezza del rischio e promuovere com portam enti di guida pi ù adeguati nell a popol azione (Regione Tos cana, 2009).

Nei si nist ri st radali in cui ri sult a coi nvolt a la fauna sel vati ca, gli Ungulati (Cinghi al e e Capriolo in pri mis) rappresent ano l a quasi totali tà dei casi regist rati nell a regio ne. Piuttosto frequenti anche le collisioni con Daini, C ervi, Ist rici, Tassi e Vol pi (Regi one Tos cana, 2018).

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Per soddi sfare l e propri e esi genze vit ali , la fauna s elvati ca ut ilizza ambi ent i diversi e si spost a quotidi anament e dall e aree di rifugio a quelle di alim ent az ione, che sono rappres ent at e da boschi, pascoli nat urali e dal le aree colti vate. Ne consegue che molti anim ali si trovano ad attravers are l a rete vi aria, più o m eno traffi cata, correndo un ri schio pot enzialment e fat al e non solo per se s tessi , ma anche per l’uom o, e provocando spes so consist enti danni economici (R egione Tos cana, 2009).

Negli anni di maggi ore sviluppo d ell ’urbanizzazion e e dell a m aggiore intensit à nell a real izzazione di infrast rutt ure viari e, l e popol azioni anim ali rel ati ve a s pecie di dim ensioni corporee ril evanti erano scarsamente diffuse sul territorio toscano. L’eventualità di incidenti stradali provocati da animal i sel vat ici da cui pot ess ero derivare gravi conseguenze per l’uomo era quindi considerata del tutto eccezionale. Oltre a ciò, la s ensibili tà comune era poco at tenta ai temi dell a conservazione ambi ental e per cui l a progett azione dei t racci ati stradali non ha consi derato essenzial e l a necessit à di realizzare opere finalizz ate a consentire il contenimento o l’attraver samento protetto degli animali. Solo le vi e di maggiore t raffi co (autos trade, s trade di grande com uni cazi one, ecc.) che rappresent ano nel loro s viluppo lineare una porzione modesta del pat rimonio vi ari o regi onal e e nazi onale, sono dot ate di opere di corred o come recinzioni, sot topass i o sovrappas si. M a anche t ali opere, e parti col arment e l e vecchie recin zioni s tradal i , non essendo st at e progettat e e realizzat e per il cont enimento dell a fauna selvati ca, s pesso non rappres ent ano st rumenti abbast anz a effi caci . La quasi t otalit à dell e strade it ali ane risult a quindi prati camente pri va di dispositivi o accorgim ent i costrut tivi idonei ad assi curare contem poraneam ent e un traffi co razi onale, si curo e s correvole. P erciò, anche se i n It ali a il problem a degli incidenti st radali provocati dall a fauna sel vatica si è mani festat o più di recent e ris pet to ad altri P aesi europei ed extra europei, vi ene oggi affront ato da mol te R egi oni, dat a l a sempre m a ggiore im port anz a del fenom eno.

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La R egione Tos cana, oltre ad ess ere particol arm ent e ri cca di fauna e di ungul ati s elvati ci, possi ede una rete viaria molto svi l uppata che assomm a 35.744 Km e si è trovat a perci ò a far front e al le cons eguenz e negati ve di tale cres cent e fenom eno (Regione Tos cana, 2009).

3.1.3.1 Fattori che influenz ano lo scontro con veicolo.

Molti studi hanno s ottolineato che questo fenom eno ri sponde a s chemi non cas uali sia negl i aspet ti tem porali che spaziali , sottolineando l'import anz a degl i el em enti comportament ali e ambient ali nel det erminare la t empi stica e l a pos izione dell e colli sioni (Putzu, 2014). Ad i nflui re sul la probabilit à ed il num ero dei sinis tri sono fattori legat i all e speci e anim ali coinvolte, all a st rutt ura vi ari a, all e caratteristi che del territ ori o ci rcost ant e e al comport am ent o del gui dat ore.

L’elevata frammentazione del territorio regionale, dovuta agli alti val ori di densit à stradale ed al le modest e dim ensioni dell e unit à colt urali , det ermina situazioni di parti col are ris chio. Le discontinuit à fisiche dell’ambiente che gli animali incontrano durante i loro spost am enti , poss ono det erminare negl i st es si t re di versi tipi di comportamento: la ricerca di percorsi alternativi, la tendenza a “forzare” le dis continuit à o l a rinuncia a conti nuare il proprio t ragitt o e la ri cerca di siti di frequent azi one alt ernativi. Quando la di sconti nuit à ambientale è rappresent ata da barri ere che, pur costituendo el ementi di disturbo, risul tano facilm ent e vali cabili, com e la maggi or parte dell e strade, gl i anim ali sono portat i a forzarl e abit ualm ent e e frequent em ent e, ci oè ad att ravers are st rade anche abbast anza t rafficat e (R egi one Tos cana, 2009).

Le caratteristich e corp oree degli animal i possono det erm inare un diverso effetto sui veicoli, dal momento che l’impatto di grandi masse corporee sugli st ess i è in grado di generare not evol i danni per le forti energi e in gioco. Altrett anto import ant e è anche l a forma del corpo

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dell’animale per i possibili danni ai viaggiatori: una situazione parti col arment e peri col osa è rappres ent ata dagl i urti con gli anim ali più alti, il cui bari cent ro è l ont ano da t erra, poi ché l ’impatt o provoca il sollevamento dell’animale con possibilità che questo, sfondando il parabrezza, ent ri nell a vett ura con cons eguenz e m olto gravi per i pas seggeri . Anche s peci e anim ali di pi ccol e dim ensi oni, però, poss ono rappresent are moti vo di not evole peri colo, non tanto e non solo per gli effetti di retti del loro urt o col veicolo, quanto, pi uttosto, per l a probabile inadeguatezz a dell a rispost a nel com port am ento di guida dei conducenti in occasione dell’evento (Regione Toscana, 2009).

Oltre all e caratt eri stiche m orfol ogi che e a quell e demoecologiche (dist ri buzione sul t errit ori o, dim ensioni dell e popolazi oni e densità local e), vanno prese in cons iderazione anche le caratteris ti che comportamen tali dell ’anim ale: pres enza o m eno di t errit orialit à, che infl uis ce sull a frequenz a di att ravers am ento; rapidit à di movi ment o, che può det erminare sit uazioni improvvise e im prevedibili; modalit à di att ravers am ent o, che può prol ungare i l tempo di permanenz a sull a carreggi at a; confi denza col traffi co vei col are e tipologi a di st rutt ur a soci al e del le popol azioni, poi ché anim ali che tendono a m uoversi in gruppo pos sono det erm inare eventi successivi e ripet uti a dist anza di pochi m et ri (R egione Tos cana, 2009).

Per quant o ri guarda l e caratteristich e della rete vi ari a , l e st rade maggiorment e interessat e sono l e P rovi nci ali e Regionali , per l a l oro not evol e est ensione, per l a l oro part icol are col locazi one sul terri torio, poi ché att raversano prevalentemente com prens ori rurali ad alt a vocazione fauni sti ca, e per la presenz a su es se di fluss i di traffi co disconti nui, caratt erizzati da pi cchi di alt a int ensit à in particol ari ore dell a giornat a. (R egi one Tos cana, 2009). Ciò em erge anche da uno st udio effettuato nei P aesi Bassi che sost iene il maggiore impatto dell e st rade secondarie, rispetto alle principali, sulla distruzione dell’habitat, il

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disturbo da rum ore e la m ort ali tà st radal e nell a fauna sel vati ca (van Langevelde, 2008).

I tratti s tradali a maggior in cid en za sono quelli rettil inei e con curve ad ampi o raggio, dove abit ual ment e si regi strano velocit à di percorrenz a troppo el evate; ment re dossi , curve a pi ccol o raggio o elevat a pendenz a sembrano ridurre la velocità sostenuta dall’automobilista. L’ al ta vegetazi one o i l fitto s ottobos co, sopratt utto s e raggiunge il bordo stradale, riduce la visibilità ed aumenta l’imprevedibilità degli eventi , in modo parti col are nell e ore di buio. (R egi one Tos cana, 2009). La pres enz a di aree boschi ve o col tivazioni nelle vi cinanz e del m ant o stradal e o addirit tura a ri dosso di es so, la vi ci nanza di corsi d’acqua o di Is ti tuiti fauni sti ci venatori o di p rotezi one (s pesso s erbatoio di accumulo di fauna) s ono fattori di rischi o che aument ano l a densit à degl i animali nell’area e la frequenza degli attravers amenti (Regione Toscana, 2009).

Spesso poi l’incapacità del guidatore ad affrontare situazioni impreviste di peri colo e l a t endenz a ad assumere att eggiam enti isti ntivi , aum ent ano in numero e l a gravit à dell e collisi oni (R egi one Tos cana, 2009).

3.1.3.2 Prevalenza spaziale e temporale

Da uno studio effettuat o sugli inci denti stradali da fauna sel vatica denunci ati su t utto il territ ori o toscano dal 2001 al 2008 (quindi non considerando tutt i quegli eventi per i quali non è st at o richi esto ind ennizzo agli e nt i com petenti ), risul ta che il m aggior num ero di ris arcim enti ri chi est i interessa le p rovin ce di Arezzo e Firenze, che nel periodo analizz ato hanno am piam ente superato i 500 eventi , seguit e dal le province di Gros seto e Si ena.

Nel peri odo preso i n consider azione, il num ero dei comuni interessati dagli incidenti è aument ato i n modo costant e, andando a coi nvol gere anche quelli pi ù l ont ani dall e aree rural i vere e proprie, com e

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conseguenz a dell a colonizzazi one dell e periferi e dell e grandi ci ttà da part e dell a fauna sel vati ca.

Esist e una relazione abbast anza strett a tra il verifi carsi del fenom eno, l e caratteristiche del traffico stradale, in particolare l’intensità di questo, e le abitudini comportamentali delle specie coinvolte. Dall’andamento degli incidenti nei diversi m esi del l’anno em erge che i sinist ri s i concent rano m aggi orment e nei mesi pri maverili ed au tunnali , in conseguenz a di una maggiore mobilit à di alcune specie di ungul ati per motivi territori ali, riproduttivi e alim entari. Non è da es cludere il disturbo derivante dall’attività venatoria, come concorrente ad una maggiore mobilit à autunnal e.

Si evidenzi a, i nolt re, un increm ent o degli incidenti nel fin e setti mana , fors e legat o ad una maggiore i ntensit à del t raffi co sul le s trade extra -urbane durant e il s abato e la domenica.

Il m aggior num ero di colli sioni si veri fica pri nci palment e nel period o notturn o. A parti re dal t ardo pom eri ggi o s i assi ste ad un repentino incremento degl i eventi che raggiunge il suo culmine attorno all e 20 : 00, per poi decres cere gradualm ente. È not o che l e ore del t ramonto e l e successi ve s ono quell e in cui gli anim ali t endono a spost arsi maggiorment e alla ricerca di fonti alim ent ari e, nell o st ess o tem po, il traffi co è abbast anz a sos tenuto e l a velocit à dei vei coli non s empre adeguat a all a mi nore visibi lit à del crepuscol o e dell e ore di buio. Anche l’alba, particolarmente nei mesi estivi, coincide con un maggior numero di incident i, dal moment o che al m attino gli s pos tam enti degl i anim ali per l a ri cerca di ali menti ed il traffico viario per i t rasferi menti dalle abitazioni ai luoghi di lavoro si intensificano. L’andamento degli incidenti stradali nei diversi mesi dell’anno si sincronizza con la durata del giorno e dell a notte e così l e fasce orari e di m aggiore peri col osit à e i risp etti vi picchi orari si modifi cano in relazi one all e vari azioni del fotoperi odo e all e conseguenti m odi ficazioni del comport am ent o um ano ed animale (R egi one Toscana, 2009)

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