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DIAGNOSI PRENATALE DI ARTERIA OMBELICALE UNICA: IMPLICAZIONI CLINICHE ED IMPATTO SULLA GESTIONE OSTETRICA.

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Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Gaetano Pierpaolo Privitera

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Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

DIAGNOSI PRENATALE DI ARTERIA OMBELICALE UNICA:

IMPLICAZIONI CLINICHE ED IMPATTO SULLA

GESTIONE OSTETRICA.

RELATORE

Dott.ssa Maria Giovanna Salerno

CORRELATORE

Dott.ssa Raffaella Cattani

CANDIDATA

Marta Bottoni

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INDICE

RIASSUNTO. . . .3 1. INTRODUZIONE. . . .6 1.1 Il funicolo ombelicale. . . .6 1.1.1 Anatomia. . . .6 1.1.2 Embriogenesi. . . .8 1.1.3 Fisiologia. . . .9 1.1.4 Modificazioni post-natali. . . .10

1.1.5 Anomalie del cordone ombelicale. . . .10

1.2 L’arteria ombelicale unica. . . .15

1.2.1 Epidemiologia. . . .15 1.2.2 Eziologia. . . .16 1.2.3 Fattori di rischio. . . .16 1.2.4 Embriogenesi. . . .17 1.2.5 Classificazione. . . .17 1.2.6 Anomalie associate. . . .20 1.2.6.1 Anomalie cromosomiche. . . .20 1.2.6.2 Anomalie morfologiche. . . .24

1.2.6.3 Restrizione di crescita intrauterina (IUGR). . . .28

1.2.7 Diagnosi prenatale. . . .33

2. SCOPO DELLO STUDIO. . . .40

3. MATERIALI E METODI. . . .41 4. RISULTATI. . . .45 5. DISCUSSIONE. . . .53 5.1 Implicazioni cliniche. . . .54 5.2 Management ostetrico. . . .56 6. CONCLUSIONI. . . .59

INDICE DELLE ABBREVIAZIONI. . . .60

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RIASSUNTO

BACKGROUND. Il cordone ombelicale contiene normalmente tre vasi, due arterie

ombelicali ed una vena ombelicale; può accadere però che una delle due arterie vada incontro ad obliterazione o a mancata formazione, dando luogo ad una condizione che viene definita arteria ombelicale unica e che rappresenta una delle più comuni anomalie del cordone ombelicale, con un’incidenza intorno all’1%.

La diagnosi di arteria ombelicale unica è generalmente eseguita in epoca prenatale mediante indagine ecografica; l’ecografia del II trimestre, in particolare, risulta avere la maggiore affidabilità, mentre prima di quest’epoca la diagnosi può risultare più difficoltosa. Inoltre, l’utilizzo del color Doppler può essere di supporto alla diagnosi nei casi in cui i vasi ombelicali non siano facilmente identificabili.

L’arteria ombelicale unica risulta essere spesso un reperto isolato, ma in altri casi può mostrare associazioni con malformazioni di numerosi organi ed apparati, oltre che con anomalie cromosomiche e con un rischio aumentato di IUGR; non vi è però una correlazione precisa tra l’arteria ombelicale unica ed uno specifico pattern di anomalie.

SCOPO DELLO STUDIO. Questo studio riporta la nostra esperienza circa la valutazione

delle implicazioni cliniche della diagnosi prenatale di arteria ombelicale unica, per capire se essa possa essere considerata un marker di anomalie morfologiche e/o cromosomiche associate, oltre che di outcomes perinatali avversi, tra cui la nascita di neonati SGA ed il rischio di parto pretermine, con il fine ultimo di indicare quale sia la migliore gestione ostetrica di queste pazienti, non esistendo una linea guida che consenta una gestione univoca di tali gravidanze.

MATERIALI E METODI. Sono stati inclusi in questo studio due gruppi di pazienti: un

gruppo con gravidanza complicata dalla presenza di arteria ombelicale unica ed un gruppo controllo, in cui questa anomalia non era presente. Il primo gruppo ha incluso 118 pazienti che si sono sottoposte presso l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia 2 dell’Azienda Ospedaliero– Universitaria Pisana ad un’indagine ecografica di II livello per sospetta arteria ombelicale unica riscontrata all’ecografia di routine, e che ha confermato la presenza di tale anomalia; i dati relativi alle pazienti che hanno espletato il parto presso la nostra struttura sono stati raccolti a partire dalle cartelle cliniche presenti in archivio, mentre le pazienti che hanno espletato il parto in altre strutture sono state contattate telefonicamente ed hanno fornito esse

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stesse le informazioni richieste. La raccolta dei dati ha incluso: età materna al momento della gravidanza, parità, diabete gestazionale o pre–gestazionale, fumo, tipologia di gravidanza (singola o gemellare), eventuali anomalie cromosomiche e/o morfologiche associate o isolate riscontrate ai controlli eseguiti nel corso della gravidanza, età gestazionale al momento del parto, peso alla nascita.

Il gruppo controllo è stato selezionato random tra pazienti che non presentavano gravidanza complicata dalla presenza di arteria ombelicale unica e che hanno espletato il parto presso la nostra struttura; per questo gruppo, che ha incluso 102 pazienti, sono stati raccolti gli stessi dati dalle cartelle cliniche presenti in archivio.

Le diverse variabili sono state riportate come media, deviazione standard, intervallo di confidenza della media, mediana, range interquartile, conteggi e percentuali. I test utilizzati per l’analisi statistica sono stati il test t di Student, il test di Mann–Whitney ed il test χ², come appropriato. Per ogni tipo di analisi, sono stati considerati significativi valori di p–value < 0.05.

RISULTATI. Delle 118 pazienti incluse nel gruppo con arteria ombelicale unica, tra quelle

contattate telefonicamente, 37 non sono risultate rintracciabili, pertanto sono state escluse dallo studio; sono risultate alla fine 81 pazienti, che sono state messe a confronto con il gruppo controllo costituito da 102 pazienti.

L’età materna media del gruppo con arteria ombelicale unica è risultata di 34 ± 5.5 (M ± SD, IC 32.9 – 35.3), mentre nel gruppo controllo è risultata di 33 ± 5.5 (M ± SD, IC 32.2 – 34.4). Si è riscontrata tra i due gruppi una differenza statisticamente significativa circa la percentuale di gravidanze gemellari (11% del gruppo con AOU vs 1.9% del gruppo controllo, p = 0.0097). Al contrario, non è emersa alcuna differenza statisticamente significativa in relazione al numero di pazienti multipare (41.9% del gruppo con AOU vs 46.1 del gruppo controllo), fumatrici (7.4% vs 2.9%) e diabetiche prima della gravidanza (1.2% vs 0.9%).

Mentre per quanto riguarda le anomalie del cariotipo non è stata riscontrata una differenza significativa nei 2 gruppi a confronto (4.9% nel gruppo con AOU vs 1.9% nel gruppo controllo, p = 0.2574), per quanto riguarda le anomalie morfologiche si è invece riscontrata una differenza statisticamente significativa, sia per le anomalie cardiache (4.9% vs 0%, p = 0.0228), che soprattutto per quelle extracardiache (15.9% vs 1.9%, p = 0.0005).

Nel gruppo con arteria ombelicale unica, il peso medio alla nascita è risultato di 2832 g (Me 2955 g, IQR 2408–3337), mentre nel gruppo controllo è risultato di 3304 g (Me 3355 g, IQR 3020–3644), una differenza che è risultata statisticamente significativa (p < 0.0001); anche

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l’età gestazionale ha registrato valori significativamente più bassi nel gruppo con arteria ombelicale unica rispetto al gruppo controllo (38 settimane, Me 39, IQR 36+5 – 40 vs 39+2 settimane, Me 39+4, IQR 38+4 – 40+4, p = 0.002).

Circa l’associazione con la nascita di neonati SGA, è stata riscontrata anche in questo caso una differenza statisticamente significativa (31.3% del gruppo con AOU vs 8.8% del gruppo controllo, p = 0.0001); al contrario, non si è evidenziato un aumentato rischio di parto pretermine in associazione alla presenza di arteria ombelicale unica (7.5% vs 4.9% del gruppo controllo).

CONCLUSIONI. La valutazione del cordone ombelicale e del numero di vasi in esso

contenuti dovrebbe essere eseguita di routine durante l’indagine ecografica del II trimestre di gravidanza e l’arteria ombelicale unica dovrebbe essere segnalata ogni volta che viene messa in evidenza ecograficamente. Inoltre, una maggiore attenzione sarebbe da rivolgere alle gravidanze gemellari, vista l’aumentata probabilità di presentare questa anomalia. Dal momento che il rischio di ritrovare anomalie morfologiche cardiache e/o extracardiache in associazione all’arteria ombelicale unica risulta più elevato rispetto al rischio della popolazione generale, una volta riscontrata tale anomalia all’ecografia di routine, risulta indicata l’esecuzione di un’ecografia di II livello e di un’ecocardiografia fetale.

Al contrario, l’esame del cariotipo non risulta indicato di per sé, quando l’arteria ombelicale unica si presenta come un reperto isolato, perché non vi è evidenza di un aumento del rischio di anomalie cromosomiche; acquista una maggiore importanza nel momento in cui all’arteria ombelicale unica si associno altre anomalie morfologiche e/o un ritardo di crescita intrauterina, perché in tal caso la probabilità che vi sia un’anomalia cromosomica sottostante aumenta.

Infine, l’aumentato rischio di nascita di neonati SGA giustifica, in ogni caso, il ricorso a controlli ecografici seriati mensili per valutare che l’accrescimento fetale avvenga adeguatamente in rapporto all’età gestazionale e alla velocimetria Doppler per valutare le condizioni fisiopatologiche del feto, sulla base delle quali saranno poi decisi il timing e la modalità del parto.

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1. INTRODUZIONE

1.1 IL FUNICOLO OMBELICALE

1.1.1 Anatomia

Il funicolo ombelicale rappresenta la struttura anatomica che unisce la placenta al feto; ha una lunghezza che, a termine di gravidanza, è intorno ai 50-60 cm e un diametro di circa 15-20 mm, un colorito biancastro ed una consistenza elastica1.

Ha origine dal peduncolo embrionale (peduncolo mesenchimale che collega l’abbozzo embrionale ad una zona limitata del corion) e risulta perfettamente formato circa alla fine della quinta settimana di gestazione2.

Può essere visualizzato ecograficamente intorno alla ottava settimana di gestazione ed appare come una struttura dritta e piuttosto spessa che, a quest’epoca, ha una lunghezza approssimativamente analoga a quella del CRL (crown-rump lenght, lunghezza vertice-sacro) del feto; nonostante non sia possibile determinare la lunghezza del cordone ombelicale in relazione al progressivo aumento dell’età gestazionale, esso continua ad avere grossomodo la stessa lunghezza del feto durante tutta la gravidanza3.

Aumentando di lunghezza durante la gestazione, il cordone ombelicale sviluppa fino a circa 40 spiralizzazioni, date dalla rotazione intorno al proprio asse, che, per ragioni attualmente sconosciute, avviene preferenzialmente verso sinistra; si ritiene che questo avvolgimento sia dovuto alla presenza di strati muscolari elicoidali nel contesto delle arterie ombelicali. L’avvolgimento a spirale del cordone ombelicale lo rende resistente ai movimenti di torsione, trazione e compressione, proteggendo i vasi ombelicali che in esso decorrono. Tra le varie forze di trazione che agiscono sul cordone ombelicale, quelle applicate dai movimenti fetali sono tuttavia importanti, in quanto da esse dipendono l’adeguato sviluppo in lunghezza del cordone ombelicale e il suo corretto avvolgimento3.

Normalmente il funicolo ombelicale si inserisce nella zona centrale della placenta, per cui si parla di inserzione centrale, ma si posso osservare delle varianti a questa condizione2, quali:

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7 • l’inserzione paracentrale, se eccentrica;

• l’inserzione marginale o a racchetta, se periferica, ai margini della placenta: si verifica in circa il 7% delle gravidanze3;

• l’inserzione velamentosa, quando avviene sulle membrane a varia distanza dal bordo placentare. Può complicarsi con rottura o trombosi dei vasi ombelicali, che non risultano protetti dalla gelatina di Wharton e può associarsi ad aumentato rischio di restrizioni della crescita fetale, prematurità, anomalie congenite, emorragie fetali, placenta ritenuta e morte fetale intrauterina3.

All’interno del cordone ombelicale si trovano alcune strutture:

• la guaina amniotica, amnios che riveste il funicolo in tutta la sua lunghezza e ne rappresenta lo strato più esterno;

• la gelatina di Wharton, un tessuto connettivo lasso avascolare di consistenza gelatinosa con elementi cellulari sparsi ed ampie lacune, che circonda i vasi ombelicali, proteggendoli soprattutto dalla compressione; essendo soffice ed elastico impedisce infatti che vengano a crearsi inginocchiamenti dei vasi determinati dai movimenti fetali, con conseguente occlusione del lume vascolare1.

• i tre vasi ombelicali, immersi nella gelatina di Wharton: due arterie ombelicali, che trasportano sangue venoso (deossigenato) dal feto alla placenta e una vena

ombelicale, che trasporta sangue arterioso (ossigenato) in direzione opposta, ovvero

dalla placenta al feto, ed ha un’ampiezza circa due o tre volte maggiore di quella delle arterie. In realtà, sono inizialmente presenti anche due vene ombelicali, ma uno dei tronchi venosi, generalmente il destro, va in atrofia intorno alla quinta settimana di sviluppo2.

I vasi ombelicali hanno un decorso spirale, in maniera tale da permettere l’emostasi al momento del parto, grazie alla contrazione della muscolatura liscia; in particolare, vista l’assenza di innervazione, le cellule endoteliali potrebbero avere un ruolo fondamentale nel controllo locale del flusso ematico, ruolo suggerito anche dalla dimostrazione della presenza in queste cellule di peptide natriuretico atriale (ANP),

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neuropeptide Y e di altri peptidi vasoattivi come la sostanza P, il CGRP e la vasopressina1.

1.1.2 Embriogenesi

Il cordone ombelicale si sviluppa tra i 13 ed i 38 giorni dal concepimento4.

Origina da un processo di ripiegamento dei bordi laterali e delle estremità craniale e caudale dell’embrione di circa tre settimane5. Durante questo processo di ripiegamento, il sacco

vitellino si riduce progressivamente ad uno stretto peduncolo, detto peduncolo di connessione, una struttura localizzata verso l’estremità caudale dell’embrione e l’unica a non essere avvolta dal celoma extraembrionale, che, nel corso dello sviluppo, si accresce andando ad avvolgere l’intero complesso embrionale.

Approssimativamente intorno al diciassettesimo giorno di sviluppo, dalla parete caudale del sacco vitellino si sviluppa un’estroflessione, che evolve in seguito a diverticolo, il cosiddetto diverticolo allantoideo, che si accresce progressivamente, estendendosi all’interno del peduncolo di connessione6.

Nelle prime fasi di sviluppo (fino a circa la sesta settimana di sviluppo) la circolazione sanguigna tra l’embrione ed il corion è assicurata dai vasi vitellini, che originano dal mesoderma che riveste il sacco vitellino; successivamente la rete vascolare che circonda l’allantoide prende il sopravvento. È da questi vasi formatisi nell’allantoide che avranno origine i vasi ombelicali7.

Il diametro dei vasi ombelicali si accresce progressivamente nel corso dello sviluppo embrio-fetale: quello delle arterie ombelicali aumenta da 1.2 ± 0.4 mm a 16 settimane a 4.2 ± 0.4 mm al termine della gestazione, mentre quello della vena ombelicale varia da 2.0 ± 0.6 mm a 16 settimane a 8.2 ± 0.8 mm al termine della gestazione8.

Tra la sesta e l’ottava settimana di gestazione, il cordone ombelicale si modifica nella forma e nelle dimensioni, divenendo più lungo e con irregolarità di superficie correlate alla spiralizzazione vascolare9. Continua poi ad accrescersi nel corso della gravidanza, anche se

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1.1.3 Fisiologia

Come precedentemente descritto, all’interno del cordone ombelicale decorrono normalmente tre vasi, due arterie ombelicali ed una vena ombelicale. Tali vasi ombelicali sono parte integrante della circolazione sanguigna tipica del periodo fetale, che, rispetto alla circolazione postnatale, presenta delle differenze peculiari.

Il sistema cardiovascolare è il primo apparato funzionante nell’embrione: comincia a svilupparsi verso la fine della terza settimana di sviluppo, quando le strutture che costituiscono l’embrione iniziano ad avere un’estensione significativa, tale che la sola diffusione non permette di soddisfare le esigenze nutrizionali dell’embrione stesso10.

Durante la vita embrionale si ha una prima circolazione, detta anche circolazione vitellina, che si instaura tra cuore fetale, vasi embrionali e vasi vitellini; quando successivamente si ha lo sviluppo completo della placenta, che è presente in forma rudimentale già a partire dalla fine della seconda settimana e che raggiunge poi il suo aspetto definitivo intorno al terzo mese, si instaura una seconda circolazione, la circolazione placentare, che sostituisce quella vitellina e che permane fino alla nascita11.

La circolazione sanguigna materna aumenta notevolmente durante la gravidanza, sia come conseguenza dell’angiogenesi nel sito di impianto dell’embrione, che come conseguenza della vasodilatazione che risulta in un aumentato flusso sanguigno. Le arterie spirali uterine diventano larghe e beanti e riversano il sangue materno ossigenato negli spazi intervillosi, in cui “pescano” i villi coriali, vascolarizzati da ramificazioni placentari dei vasi ombelicali7.

Le due arterie ombelicali originano dalle arterie iliache interne del feto, decorrono lateralmente alla vescica urinaria fetale, quindi risalgono lungo la parete addominale fino all’altezza dell’ombelico, attraverso il quale fuoriescono dal corpo fetale ed entrano nel cordone ombelicale e, tramite questo, raggiungono la placenta con un decorso tortuoso a spirale, per poi ramificarsi nei villi coriali.

Nei villi il sangue, dopo essersi ossigenato e caricato di nutrienti ed aver eliminato anidride carbonica e prodotti del catabolismo fetale, si riversa dai capillari nei rami della vena

ombelicale, che, percorso il cordone ombelicale, entra nel feto all’altezza dell’ombelico e

prosegue poi in direzione craniale lungo la parete addominale anteriore verso l’ilo del fegato, dove si divide nel seno portale o ramo comunicante con la vena porta (e da qui poi attraversa

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i sinusoidi epatici, refluendo in vena cava inferiore o ascendente tramite la vena epatica) e nel dotto venoso di Aranzio, che si getta direttamente in vena cava inferiore2.

1.1.4 Modificazioni post-natali

Al momento della nascita si instaurano trasformazioni radicali dell’apparato cardiocircolatorio, inizialmente di tipo funzionale, provocate dalla cessazione del flusso placentare e dall’inizio della respirazione, successivamente anche di tipo anatomico, che portano allo sviluppo della circolazione post-natale.

In particolare, per quanto riguarda i vasi ombelicali, in seguito al clampaggio del cordone ombelicale, si ha un’intensa vasocostrizione dei vasi ombelicali stessi, probabilmente causata da stimoli meccanici e termici e da una variazione nella concentrazione di ossigeno, con una obliterazione dapprima funzionale, che avviene nei primi minuti dopo la nascita6,

quindi, nei giorni e nelle settimane successive, anche anatomica.

Le arterie ombelicali vanno incontro ad obliterazione anatomica del lume delle loro porzioni più distali, per proliferazione fibrosa, dando origine ai legamenti ombelicali laterali; le porzioni più prossimali rimangono invece pervie, dando origine alle arterie vescicali

superiori. Subito dopo le arterie ombelicali, anche la vena ombelicale va incontro ad

obliterazione, permanendo come legamento rotondo del fegato11.

1.1.5 Anomalie del cordone ombelicale

Tra le varie anomalie che possono interessare il cordone ombelicale si riscontrano3:

• Anomalie di lunghezza: possono essere anomalie in eccesso o in difetto. Distinguiamo infatti:

- Il cordone ombelicale breve, definito come un cordone di lunghezza inferiore ai

30 cm12. Può derivare da condizioni di varia natura: un insufficiente ripiegamento embrionale, spesso associato a difetti della parete del corpo o degli arti; una riduzione dei movimenti fetali, spesso correlata ad anomalie del sistema nervoso centrale o dell’apparato muscoloscheletrico; condizioni in cui è presente uno spazio limitato, come in caso di oligoidramnios o di gravidanze multiple. È stata

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inoltre riportata, in associazione, una maggiore incidenza di anomalie congenite, di trisomia 21, di oligoidramnios e di presentazione podalica; in aggiunta, questa condizione può portare a compressione del cordone, distacco di placenta o altri disturbi della discesa fetale nel corso del parto.

- Il cordone ombelicale lungo, definito come un cordone di lunghezza superiore ai

100 cm12. Questa condizione può invece determinare la formazione di nodi, avvolgimenti attorno al collo e prolasso del cordone stesso; tutte queste situazioni possono associarsi a compressione del cordone, che può a sua volta provocare un’ostruzione al deflusso venoso e una ridotta perfusione.

• Anomalie di diametro: possiamo distinguere anche in questo caso due condizioni, il cordone ombelicale stretto ed il cordone ombelicale largo.

- Il cordone ombelicale stretto è definito come tale in presenza di un’area della

sezione trasversale inferiore al 5° centile8.

Si riscontra un’associazione frequente con oligoidramnios e distress fetale, oltre che un’aumentata incidenza di decelerazioni variabili antepartum e di feti piccoli per età gestazionale (SGA, small for gestional age); inoltre, feti con restrizione di crescita intrauterina (IUGR, intrauterine growth restriction) mostrano più frequentemente un cordone ombelicale più stretto e ciò sembra dovuto in particolare ad una riduzione della gelatina di Wharton e ad una riduzione in diametro della vena ombelicale8.

- Il cordone ombelicale largo è definito invece come tale in presenza di un

diametro superiore ad un intervallo di confidenza del 95%8.

Sembra essere associato più di frequente a neoplasie, cisti dell’uraco, degenerazione mucoide del cordone ombelicale e cisti onfalomesenteriche, anche se in questi casi l’alterazione del diametro è limitata ad una porzione del cordone ombelicale8. Vi è inoltre un’associazione con la presenza di diabete gestazionale

ed in questo caso l’aumento di diametro del cordone ombelicale è da attribuirsi ad un incremento della gelatina di Wharton13.

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- Nodi veri, che si riscontrano in circa l’1% delle gravidanze singole e raramente

vengono identificati all’esame ecografico prenatale; sono generalmente la conseguenza di una torsione del cordone, che dà luogo ad un’ansa attraverso la quale il feto può passare e creare un nodo a livello del cordone stesso, con conseguente ostacolo all’ossigenazione fetale.

- Nodi falsi, tortuosità dei vasi ombelicali che possono presentarsi ecograficamente

come una protuberanza vascolare che simula un nodo.

• Avvolgimento del cordone ombelicale intorno al collo: si definisce come la presenza di giri di cordone attorno al collo del feto.

È stata riportata un’incidenza variabile, dal 16% al 30% e spesso si riscontra in gravidanze altresì normali, più raramente in associazione a morbilità e mortalità perinatale. Può essere identificato ecograficamente in presenza di due anse adiacenti di cordone ombelicale visto in sezione, posteriormente al collo, su immagini sagittali e visualizzando il cordone che avvolge il collo fetale in immagini assiali; l’ecocolordoppler può essere di notevole supporto nell’identificazione di questa condizione.

• Torsione ombelicale anomala: si tratta di una condizione in cui il cordone ombelicale si attorciglia, con una frequenza circa 7 volte maggiore a sinistra; non è chiaro quale sia la causa della torsione anomala del cordone, né la ragione dell’importanza del grado di torsione per il benessere fetale.

Si definisce come un UCI (Umbilical cord Coiling Index, indice di torsione del cordone ombelicale, calcolato come rapporto tra il numero di torsioni complete e la lunghezza del cordone in cm) inferiore al 10° centile (<0.07) o superiore al 90° centile (>0.30), per cui si parla rispettivamente di torsione insufficiente (<0.07 torsioni/cm) o eccessiva (>0.30 torsioni/cm) e, in entrambi i casi, la torsione ombelicale anomala è stata associata ad esiti avversi della gravidanza.

In particolare, la torsione insufficiente del cordone ombelicale è stata riscontrata in associazione ad un’aumentata incidenza di morte intrauterina, bradicardia fetale al parto, parto cesareo per distress fetale e, oltre a questi, anche in associazione ad anomalie strutturali e cromosomiche e corioamnionite; l’eccessiva torsione, al contrario, mostra un’associazione con l’aumentata incidenza di restrizione di crescita fetale, bradicardia nel corso del parto, trombosi vascolare e stenosi del cordone.

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• Cisti: sono anomalie focali spesso riscontrate incidentalmente alle ecografie di routine. Possono essere singole o multiple e di duplice natura:

- Cisti vere: sono rivestite da epitelio ed includono residui del dotto onfalomesenterico o del dotto allantoideo. Tra queste ritroviamo le cisti amniotiche da inclusione, rivestite da epitelio amniotico e la cui origine è da attribuirsi all’inclusione di una porzione di amnios nel contesto del cordone ombelicale in formazione; le cisti del dotto onfalomesenterico ed allantoideo, riscontrate principalmente verso l’estremità fetale del cordone ombelicale e spesso in associazione ad anomalie del tratto gastrointestinale e genitourinario.

- Pseudocisti: non sono rivestite da epitelio e derivano da edema focale o assenza focale della gelatina di Wharton; sono molto più frequenti delle cisti vere e talvolta associate ad onfalocele.

• Masse focali: comprendono:

- Tumori: tra i più frequenti tumori del cordone ombelicale troviamo gli emangiomi, che in senso assoluto sono comunque rari; possono apparire come lesioni iperecogene o multicistiche, solitamente in prossimità dell’inserzione placentare.

- Ematomi: sono tipicamente iatrogeni, soprattutto come conseguenza di procedure invasive, quali la cordocentesi; più raramente sono invece spontanei, in genere conseguenti a nodi o torsioni del cordone ombelicale. È importante sottolineare come la presenza di un ematoma del cordone ombelicale si associ ad un rischio del 50% di perdita del feto.

- Varici: interessano la vena ombelicale, sia nella sua porzione extrafetale che intraddominale; in particolare, nella porzione extrafetale possono associarsi a trombosi, causa di compromissione vascolare.

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- Aneurismi: interessano l’arteria ombelicale e rappresentano un reperto estremamente raro, che può tuttavia complicarsi con rottura, dissezione, coaguli e conseguente compromissione vascolare.

• Anomalie del numero dei vasi ombelicali: tra queste rientra l’arteria ombelicale

unica.

Possiamo riscontrare, inoltre, difetti della parete addominale anteriore correlati allo sviluppo del cordone ombelicale, tra i quali: anomalie del peduncolo di connessione, onfalocele e gastroschisi. Le anomalie del peduncolo di connessione sono probabilmente dovute ad un’insufficienza del ripiegamento embrionale e sono sempre fatali, essendo il cordone ombelicale assente o rudimentale.

Anche la gelatina di Wharton può essere interessata da anomalie, soprattutto relative alla quantità di gelatina stessa, che può essere sia in eccesso che in difetto, e può essere responsabile, come già detto in precedenza, di anomalie di diametro del cordone ombelicale; inoltre la gelatina di Wharton può andare incontro a degenerazione mucinosa.

Infine, tra le altre anomalie, si riscontrano cisti dell’uraco ed ernia ombelicale.

Molte di queste anomalie del cordone ombelicale possono essere rilevate ecograficamente e possono associarsi ad anomalie morfologiche fetali, anomalie cromosomiche e potenziali complicanze durante la gravidanza; possono inoltre avere importanti implicazioni prognostiche circa la morbilità e la mortalità perinatali.

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1.2 L’ARTERIA OMBELICALE UNICA

Sebbene il cordone ombelicale contenga normalmente due arterie ombelicali, può accadere che un’arteria sia obliterata o non formata: questa condizione viene definita arteria

ombelicale unica.

È un’anomalia che è stata identificata da tempo, dal 1500, quando Andrea Vesalio, anatomista e medico fiammingo, nella sua opera “De Humani Corporis Fabrica Libri

Septem”, mostra i primi riferimenti a questo difetto5.

1.2.1 Epidemiologia

L’arteria ombelicale unica è una delle più comuni anomalie del cordone ombelicale, con una incidenza intorno all’1%14.

Non vi è evidenza di familiarità15, mentre sembra avere una prevalenza maggiore nelle giovani primipare e nelle pluripare più anziane ed una aumentata incidenza in associazione a diverse condizioni materno-fetali9, tra cui:

• Diabete materno • Epilessia • Ipertensione/preeclampsia • Emorragia antepartum • Polidramnios • Oligoidramnios.

Inoltre, le gravidanze gemellari hanno un rischio di arteria ombelicale unica dalle tre alle quattro volte superiore rispetto alle gravidanze singole16.

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1.2.2 Eziologia

È stato postulato un contributo genetico all’arteria ombelicale unica, a causa della maggiore incidenza (tra 1 su 23 e 1 su 153) riscontrata durante la revisione dei registri di counselling di fratelli cromosomicamente normali17.

Anche i fattori ambientali, comunque, potrebbero avere un ruolo importante nello sviluppo di questa anomalia, probabilmente anche più degli stessi fattori genetici18.

1.2.3 Fattori di rischio

Sono stati riportati numerosi fattori di rischio materni e fetali19, tra i quali:

• Sesso maschile: ci sono tuttavia dati inconsistenti circa la maggiore frequenza di arteria ombelicale unica in feti di sesso maschile, piuttosto che in feti di sesso femminile, dati che non sono stati confermati da studi successivi20.

• Gravidanze multiple

• Etnia: è stata riportata una maggiore frequenza di gravidanze con arteria ombelicale unica nelle donne dell’est Europa ed una minore frequenza nelle donne giapponesi ed africane9.

• Età materna avanzata • Multiparità

• Fumo.

Inoltre, sono state riportate associazioni con altre condizioni16,17,21-31, quali:

• Uso materno di farmaci (vitamina A, fenitoina, levotiroxina) • Abuso di sostanze

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17 • Variazioni stagionali nel concepimento • Anomalie placentari.

1.2.4 Embriogenesi

Tre sono le teorie patogenetiche riguardanti l’origine dell’arteria ombelicale unica9:

1) L’agenesia primaria di un’arteria ombelicale.

2) L’atrofia secondaria o atresia di un’arteria normalmente presente nelle prime fasi di sviluppo.

3) La persistenza dell’originaria arteria allantoidea del peduncolo corporeo.

La seconda teoria sembra essere la più accreditata, in virtù del fatto che spesso è possibile identificare derivati allantoidei o residui arteriosi all’interno del cordone ombelicale; identificando tali residui nel cordone, si può attribuire la genesi dell’arteria ombelicale unica ad una interruzione meccanica che, nel caso in cui si verifichi precocemente, può non rendere identificabili tali componenti vestigiali9. L’atrofia dell’arteria è generalmente la

conseguenza di una trombosi3.

Sono stati riportati anche rari casi di agenesia dei vasi allantoidei, ma in questi stessi casi gli embrioni mostrano spesso altre anomalie congenite o sono spontaneamente perduti precocemente nel corso della gravidanza9.

1.2.5 Classificazione

Blackburn e Cooley hanno proposto una classificazione che distingue l’arteria ombelicale unica in quattro tipi, in relazione alla probabile eziologia di sviluppo32:

• Tipo I: il più comune, con una frequenza intorno al 98%. Il cordone ombelicale contiene due vasi, un’arteria ombelicale di origine allantoidea derivante dalla arteria

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18

iliaca sinistra o destra e una vena derivante dalla vena ombelicale sinistra. Si associa ad anomalie a carico del sistema nervoso centrale, anomalie del tratto genitourinario basso, acardia e sindrome da cordone ombelicale corto.

• Tipo II: ha una frequenza dell’1.5%. Il cordone ombelicale contiene due vasi, un’arteria di origine vitellina derivante dall’arteria mesenterica superiore e una vena che deriva dalla vena ombelicale sinistra. Questa forma è quasi invariabilmente associata a gravi malformazioni fetali, che includono sirenomelia, regressione caudale e agenesia anale.

• Tipo III: in questa forma, piuttosto rara, il cordone ombelicale contiene 3 vasi, un’arteria di origine vitellina o allantoidea, derivante quindi rispettivamente dall’arteria iliaca o dall’arteria mesenterica superiore, e due vene, derivanti dalla vena ombelicale sinistra e dalla vena ombelicale destra anomala persistente. Si tratta di una forma associata a prognosi sfavorevole e ad anomalie strutturali fetali, quali ritorno venoso polmonare anomalo completo, agenesia renale, riduzione dell’arto ipsilaterale, utero unicorne e idranencefalia.

• Tipo IV: questa forma è estremamente rara. Il cordone ombelicale contiene due vasi, un’arteria di derivazione vitellina o allantoidea, dall’arteria iliaca o dall’arteria mesenterica superiore, e una vena derivante dalla vena ombelicale destra. Gli embrioni sono generalmente persi prima della valutazione prenatale o patologica.

Un altro criterio di distinzione è la sede, per cui possiamo distinguere tra arteria ombelicale unica sinistra e destra, in relazione a quale sia quella mancante, cosa che può esser valutata a partire dalla posizione fetale e per cui vi sono, in letteratura, studi discordanti relativi alla distribuzione dell’arteria mancante (Tabella 1).

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Tabella 1. Distribuzione per lato dell’arteria ombelicale unica17.

Tutti i casi Arteria ombelicale unica isolata senza malformazioni Arteria ombelicale unica associata a malformazioni non cromosomiche Arteria ombelicale unica associata ad aneuploidia Abuhamad et al.33 • RUA assente • LUA assente n = 77 21 (27%) 56 (73%) n = 57 (74%) 17 40 n = 14 (18.2%) 4 10 n = 6 (7.8%) - 6 Blazer et al.21 • RUA assente • LUA assente n = 46 21 (45.7%) 25 (54.3%) n = 40 (87%) 17 23 n = 6 (13%) 4 2 - - - Fukada et al.34 • RUA assente • LUA assente n = 10 6 (60%) 4 (40%) n = 4 (40%) 3 1 n = 5 (50%) 2 3 n = 1 (10%) 1 - Geipel et al.17 • RUA assente • LUA assente n = 102 31 (30.4%) 71 (69.6%) n = 59 (57.8%) 18 41 n = 33 (32.4%) 12 21 n = 10 (9.8%) 1 9 Totale • RUA assente • LUA assente n = 235 79 (33.6%) 156 (66.4%) n = 160 (68.1%) 55 105 n = 58 (24.7%) 22 36 n = 17 (7.2%) 2 15 RUA = right umbilical artery, arteria ombelicale destra; LUA = left umbilical artery, arteria ombelicale sinistra.

Geipel et al.17 hanno preso in esame 102 feti con diagnosi prenatale di arteria ombelicale unica, confermata successivamente dall’esame istopatologico della placenta e del cordone ombelicale, e hanno riscontrato una significativa differenza, con assenza dell’arteria

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ombelicale sinistra in 71 casi (69.6%) e assenza dell’arteria ombelicale destra nei restanti 31 casi (30.4%). Questi risultati si sono mostrati in accordo con quelli di Abuhamad et al.33, con 77 casi presi in esame in totale ed un’assenza dell’arteria ombelicale sinistra in 56 casi (73%) e della destra nei restanti 21 casi (27%). Tuttavia, in altri studi, come quello condotto da Blazer et al.21 (in cui sono stati presi in esame un totale di 46 casi) e quello di Fukada et al.34 (in cui i casi valutati sono stati 10), non sono state riscontrate differenze significative nella distribuzione dell’arteria mancante.

Il lato dell’arteria ombelicale mancante sembra comunque non avere alcun significato clinico: l’associazione con anomalie cromosomiche risulta essere la stessa in entrambi i casi35 e, relativamente all’associazione con anomalie malformative, non è stata effettivamente riscontrata alcuna correlazione tra il tipo e la severità delle malformazioni stesse ed il lato dell’arteria ombelicale mancante21.

1.2.6 Anomalie associate

L’arteria ombelicale unica risulta essere spesso un reperto isolato, ma in altri casi può mostrare associazioni con malformazioni di numerosi organi ed apparati, oltre che con anomalie cromosomiche; non vi è però una correlazione precisa tra l’arteria ombelicale unica ed uno specifico pattern di anomalie.

Inoltre, si riscontra, anche in assenza di anomalie associate, un rischio aumentato di IUGR (intrauterine growth restriction, restrizione di crescita intrauterina)3.

1.2.6.1 Anomalie cromosomiche

Studi ultrasonografici, condotti nel secondo e nel terzo trimestre di gravidanza, riportano la presenza di anomalie cromosomiche in circa il 10% dei feti con arteria ombelicale unica (Tabella 2); tuttavia, nella maggior parte dei casi, quest’ultima non risulta essere un reperto isolato, ma si presenta in associazione ad altri difetti fetali.

Tra le diverse anomalie cromosomiche, le più frequentemente associate ad arteria ombelicale unica risultano essere:

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21 • Trisomia 13

• Trisomia 21 • Triploidia.

Tabella 2. Studi ultrasonografici prenatali su arteria ombelicale unica che riportano

l’incidenza di anomalie cromosomiche sia nel gruppo totale che in quelli con arteria ombelicale unica isolata36.

Cariotipo anomalo (n) Totale n (%) Trisomia 18 Trisomia 13 Trisomia

21 Triploidia Altro Isolato

Abuhamad et al. (1995)33 6/77 (7.8) 4 - - 1 1 0/55 Catanzarite et al. (1995)37 10/82 (12.2) 4 2 1 1 2 0/45 Parilla et al. (1995)38 0/50 (0.0) - - - 0/50 Sepulveda et al. (1996)39 5/55 (9.1) 3 1 - - 1 0/55 Blazer et al. (1997)21 0/46 (0.0) - - - 0/40 Sener et al. (1997)40 1/15 (6.7) 1 - - - - 1/10 Ulm et al. (1997)41 9/103 (8.7) 3 2 - 2 2 0/74 Chow et al. (1998)42 5/118 (4.2) 2 2 - - 1 0/81 Lee et al. (1998)43 10/61 (16.4) 4 1 2 - 3 2/24

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22 Cariotipo anomalo (n) Totale n (%) Trisomia 18 Trisomia 13 Trisomia

21 Triploidia Altro Isolato

Farrell et al. (2000)44 0/22 (0.0) - - - 0/22 Geipel et al. (2000)17 10/ 102 (9.8) 5 2 - - 3 0/59 Rinehart et al. (2000)26 7/27 (25.9) 1 1 2 1 2 0/9 Budorick et al. (2001)45 11/57 (19.3) 4 3 1 - 3 0/31 Gornall et al. (2003)46 5/107 (4.7) 1 1 1 1 1 1/87 Martinez-Payo et al. (2005)47 2/40 (5.0) 1 1 - - - 0/33 Volpe et al. (2005)48 6/40 (15.0) 3 - - - 3 1/24 Granese et al. (2007)49 6/61 (9.8) 1 1 2 1 1 1/39 Lubusky et al. (2007)35 19/ 102 (18.6) 8 1 5 1 4 0/77 Totale 112/ 1165 (9.6) 45 18 14 8 27 6/809*

*3 casi di trisomia 18 e 3 casi di trisomia 21.

L’incidenza dei casi di arteria ombelicale unica isolata (iSUA) associata ad anomalie cromosomiche è estremamente più bassa. Questo dato è stato confermato da uno studio condotto da Dagklis et al.36 allo scopo di determinare la necessità di eseguire l’analisi del cariotipo fetale nei casi di arteria ombelicale unica isolata identificata all’ecografia eseguita di routine al secondo trimestre di gravidanza.

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In questo studio sono stati considerati 643 casi di arteria ombelicale unica, suddivisi poi in tre gruppi:

• Un primo gruppo in cui il reperto risultava isolato (424 casi, 65.9%) ed in cui, nei 70 casi in cui è stata eseguita l’analisi del cariotipo fetale, quest’ultimo è risultato anomalo in 0 casi.

• Un secondo gruppo in cui, oltre all’arteria ombelicale unica, era presente un difetto fetale maggiore (133 casi, 20.7%); in questo gruppo l’analisi del cariotipo fetale è stata condotta in 77 casi ed il cariotipo è risultato anomalo in 4 casi (5.2%). Inoltre, aggiungendo 31 casi di nati vivi considerati euploidi, l’incidenza di anomalie cromosomiche, complessivamente in questo gruppo, è risultata del 3.7% (4 casi con cariotipo anomalo su 108).

• Infine, un terzo gruppo in cui i difetti associati erano multipli (86 casi, 13.4%) e nel quale dei 73 casi in cui è stato analizzato il cariotipo fetale, questo è risultato anomalo in 37 casi (50.7%).

Ecco quindi che, sulla base di questo studio, l’incidenza di anomalie cromosomiche associate ad arteria ombelicale unica può variare da uno 0% nei casi di arteria ombelicale unica isolata, ad un 4% circa in presenza di un singolo difetto, fino ad un 50% circa in presenza di difetti multipli36.

Tuttavia, è probabile che vi sia un’incidenza maggiore di anomalie cromosomiche associate ad arteria ombelicale unica, considerato il I trimestre di gravidanza; il fatto che queste siano sottostimate è riconducibile proprio all’epoca gestazionale in cui viene effettuata la diagnosi, tenendo presente che i difetti cromosomici associati hanno un alto tasso di mortalità intrauterina. Rembouskos et al.50, nel loro studio condotto su feti in epoca gestazionale più precoce (tra le 11 e le 14 settimane di età gestazionale), hanno effettivamente riscontrato un’incidenza di arteria ombelicale unica del 5.9%, più elevata di quella riportata alla nascita (circa l’1%), e un’incidenza di difetti cromosomici associati del 50%, decisamente più elevata rispetto all’incidenza (circa il 10%, ma nella maggior parte dei casi in associazione a difetti maggiori) riportata in studi ultrasonografici condotti nel secondo e nel terzo trimestre. Tuttavia, è molto probabile che, d’altra parte, questi risultati siano in realtà sovrastimati, in virtù del fatto che il campione è preselezionato per l’analisi del cariotipo

(24)

24

fetale, secondo una combinazione di età materna (in media 37 anni) e aumentata translucenza nucale (NT), al di sopra del 97° centile per CRL nel 36% dei casi50.

1.2.6.2 Anomalie morfologiche

Sono stati eseguiti numerosi studi allo scopo di identificare le più frequenti e le più specifiche anomalie associate all’arteria ombelicale unica e, tra queste, sono stati riscontrati in particolar modo difetti cardiaci. In questi studi, combinati i quali si ottiene un campione di 1038 casi, la prevalenza di anomalie fetali è risultata del 33.6% e quella di difetti cardiaci dell’11.4%, ma, relativamente a questi ultimi, non si afferma se siano isolati o associati con altri difetti (Tabella 3).

Tabella 3. Studi sonografici prenatali che riportano l’incidenza di anomalie cardiache e di

altre anomalie in feti con arteria ombelicale unica51.

Età gestazionale alla ecografia (in settimane) Totale (n) Anomalie fetali (n (%) ) Difetti cardiaci (n (%) ) Abuhamad et al. (1995)33 25 (10-40) 77 20 (26.0) 9 (11.7) Catanzarite et al. (1995)37 16-39 82 41 (50.0) 15 (18.3) Blazer et al. (1997)21 15 (14-16) 46 6 (13.0) 1 (2.2) Ulm et al. (1997)41 21 (16-41) 103 58 (56.3) 10 (9.7) Chow et al. (1998)42 29 (16-41) 118 37 (31.4) 19 (16.1) Geipel et al. (2000)17 21 (13-39) 102 43 (42.2) 15 (14.7)

Budorick et al. (2001)45 2° trimestre 57 26 (45.6) 5 (8.8) Gossett et al. (2002)52 22.8 (17-28) 103 29 (28.2) 18 (17.5) Gornall et al. (2003)46 19 (19-20) 107 20 (18.7) 7 (6.5) Martinez-Payo et al. (2005)47 20 (≥13) 40 6 (15.0) 1 (2.5) Volpe et al. (2005)48 20 (17-22) 40 16 (40.0) 9 (22.5) Granese et al. (2007)49 16-23 61 22 (36.1) 3 (4.9) Lubusky et al. (2007)35 16-22 102 25 (24.5) 6 (5.9) Totale 1038 349 (33.6) 118 (11.4)

(25)

25

Si deve sottolineare, però, come la forza dell’associazione tra arteria ombelicale unica e difetti cardiaci vari in relazione alle caratteristiche della popolazione fetale (in particolare, tra popolazione selezionata e non selezionata) e alla eventuale presenza di altre anomalie associate a quelle cardiache. A tal proposito, uno studio del 2010, condotto da Prefumo et al.53, si è posto come obiettivo proprio quello di valutare l’associazione tra arteria ombelicale unica e difetti cardiaci congeniti in due popolazioni distinte:

• Una popolazione non selezionata, derivante da un’area geografica ben definita e afferente allo stesso ospedale;

• Una popolazione selezionata, inviata da altri ospedali a causa di sospette anomalie cardiache o extracardiache o altri fattori di rischio.

Sono stati identificati 145 casi di arteria ombelicale unica, 47 nel gruppo selezionato e 98 in quello non selezionato (Fig. 1)53.

Fig. 1. Schema riassuntivo delle caratteristiche della popolazione studiata.

Nel gruppo selezionato sono stati identificati 10 feti con un difetto cardiaco maggiore, definito come tale nei seguenti casi: quando potenzialmente letale, o abbastanza grave da garantire la cessazione della gravidanza; quando necessaria chirurgia o cateterizzazione interventistica; quando necessario un follow-up a lungo termine.

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Dei 10 feti con difetto cardiaco maggiore, 6 sono stati individuati tra i 22 casi in cui non erano presenti anomalie extracardiache e 4 tra i 25 casi in cui erano presenti anomalie extracardiache; nel gruppo non selezionato sono stati identificati solo 2 feti con difetti cardiaci maggiori, entrambi tra i 13 casi con presenza di anomalie extracardiache.

Allo stesso modo, DeFigueiredo et al.51 hanno preso in esame 246 casi di gravidanza con arteria ombelicale unica, dividendoli in 2 gruppi: un primo gruppo comprendente 233 casi in cui non sono stati riscontrati altri difetti ed un secondo gruppo di 13 casi in cui sono stati identificati altri difetti extracardiaci. Difetti cardiaci sono stati diagnosticati in un totale di 16 casi, di cui 10 nel primo gruppo e 6 nel secondo gruppo (Tabella 4).

Tabella 4. Difetti cardiaci in feti con arteria ombelicale unica in presenza ed in assenza di

altri difetti classificati in base alla scansione ecografica standard necessaria per la diagnosi prenatale51. Difetti cardiaci Assenza di altri difetti (n = 233) Presenza di altri difetti (n = 13)

Rilevabili alla scansione 4-camere:

Difetto del setto atrioventricolare Displasia valvolare atrioventricolare

Coartazione aortica 1 (0.4) - 3 (1.3) - 1 (7.7) 1 (7.7) Rilevabili alla scansione delle grandi arterie:

Tetralogia di Fallot

Ventricolo destro a doppia uscita e atresia polmonare Trasposizione delle grandi arterie

1 (0.4) 1 (0.4) 1 (0.4) 2 (15.4) - - Richiedenti ecocardiografia specialistica:

Difetto del setto ventricolare Vena cava superiore sinistra

2 (0.9) 1 (0.4)

2 (15.4) -

Totale 10 (4.3) 6 (46.2)

I risultati di questi due studi51,53 hanno quindi dimostrato come la correlazione tra arteria ombelicale unica e difetti cardiaci non sia assoluta, ma vari in relazione alle caratteristiche della popolazione studiata, riscontrando una maggiore incidenza di difetti cardiaci in popolazioni selezionate ed in presenza di altre anomalie associate.

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Tra le anomalie extracardiache più frequentemente riscontrate in associazione all’arteria ombelicale unica troviamo anomalie renali.

Hua et al.54 hanno valutato la distribuzione dei sottotipi di anomalie renali in relazione al numero di arterie ombelicali, ottenendo i seguenti risultati (Fig. 2):

Fig. 2. Sottotipi di anomalie renali: distribuzione delle anomalie renali in relazione al numero

di arterie ombelicali. A. Arteria ombelicale unica (n=19). B. Arteria ombelicale doppia (n=1052).

A

Agenesia renale Rene displastico multicistico Idronefrosi Ostruzione all'efflusso vescicale Dilatazione pelvica Rene extrapelvico Displasia renale

B

Agenesia renale Malattia del rene policistico Rene displastico multicistico Idronefrosi Valvole uretrali posteriori Ostruzione all'efflusso vescicale Dilatazione pelvica Sistema duplicato Rene extrapelvico

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Questi risultati hanno evidenziato che la più comune anomalia renale associata all’arteria ombelicale unica è la dilatazione pelvica, seguita poi dalla idronefrosi, la seconda anomalia per frequenza in entrambi i gruppi (A e B). Tali risultati si sono mostrati in accordo con studi pubblicati in precedenza, come quello di Doornebal et al.55 che hanno identificato l’idronefrosi come la più comune anomalia riscontrata all’ecografia renale in feti con arteria ombelicale unica.

Un importante limite di questi studi è tuttavia rappresentato dall’estensione del campione, spesso di piccole dimensioni, e, in aggiunta, dal fatto che spesso vengano esaminate popolazioni selezionate, per cui i risultati potrebbero essere sovrastimati.

Per cercare di superare la problematica relativa alla tipologia di campione, è stato condotto un grosso studio da Martínez-Frías et al.56 che ha preso in esame un campione più ampio di 19.909 neonati con malformazioni congenite, allo scopo di identificare quelle più frequentemente e più specificamente associate ad arteria ombelicale unica ed ha identificato come tali l’agenesia renale bilaterale e l’ano imperforato, seguiti poi dall’agenesia renale unilaterale e da difetti vertebrali; per queste anomalie, la frequenza relativa (ottenuta come rapporto tra la frequenza di tale anomalia in neonati con arteria ombelicale unica e la corrispondente frequenza in neonati senza arteria ombelicale unica) è risultata tra circa le 8 e le 10 volte più elevata nei neonati malformati con arteria ombelicale unica, rispetto ai neonati malformati in assenza di questa56. Tuttavia, nessuna di queste anomalie si è mostrata così frequente come le anomalie cardiovascolari56.

1.2.6.3 Restrizione di crescita intrauterina (IUGR)

L’accrescimento endouterino fisiologico può essere suddiviso in tre fasi2:

1) Una prima fase, prevalentemente iperplastica, che si colloca nelle prime 20 settimane di età gestazionale. In questa fase l’embrione è costituito da un numero limitato di cellule, che mostrano però un’intensa attività proliferativa. La crescita, dapprima dell’embrione e successivamente del feto, è prevalentemente di tipo staturale (o scheletrico).

2) Una seconda fase intermedia di transizione, tra le 21 e le 27 settimane di età gestazionale, che combina i caratteri di iperplasia e di ipertrofia. In questa fase la crescita, dapprima staturale, si fa progressivamente prevalentemente ponderale.

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3) Una terza fase, prevalentemente ipertrofica, che si colloca tra le 28 e le 40 settimane di età gestazionale. In questa fase prevale il processo di aumento dimensionale delle cellule e di deposizione di sostanze intercellulari, con un’attività proliferativa ad andamento più lento, ma che interessa un numero maggiore di cellule. La crescita è, in questa fase terminale, prevalentemente di tipo ponderale.

Nella valutazione ecografica dell’accrescimento fetale, è importante la misurazione delle dimensioni strutturali e della dimensione ponderale; in particolare, nella prima fase di accrescimento e nella prima parte della fase intermedia si valutano soprattutto le dimensioni delle strutture ossee, tra le quali il diametro biparietale, la circonferenza cranica e la lunghezza del femore; nell’ultima parte della fase intermedia e nella fase terminale dell’accrescimento si valutano, oltre alle dimensioni delle strutture ossee, anche le dimensioni delle strutture splancniche, in particolare la circonferenza addominale, che correla in misura maggiore con l’aumento del peso fetale2.

Si parla di restrizione di crescita intrauterina (IUGR) in presenza di un feto che non ha raggiunto il suo potenziale di crescita in utero per cause che possono essere di varia natura, genetica o ambientale57:

• Anomalie genetiche fetali • Infezioni fetali

• Anomalie strutturali fetali • Gravidanza multipla

• Mosaicismo confinato alla placenta • Malattia ischemica placentare

• Anomalie placentari e del cordone ombelicale • Fattori genetici materni

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• Condizioni ostetriche e mediche materne, tra cui pre–eclampsia, ipertensione cronica, malattia renale cronica, diabete pre–gestazionale, lupus eritematoso sistemico, malformazioni uterine.

• Fattori teratogeni ed altri fattori ambientali, tra cui ritroviamo alcuni farmaci (warfarin, anticonvulsivanti, antineoplastici), alcool, tabacco.

• Tecniche di riproduzione assistita

• Basso peso pre-gravidico, scarso aumento di peso in gravidanza, malassorbimento, scarso stato nutrizionale

• Residenza ad alta quota

• Breve intervallo tra le gravidanze • Età materna estrema.

Spesso il termine IUGR ed il termine SGA (Small for Gestional Age) vengono utilizzati come sinonimi, ma questo non è propriamente corretto.

Il neonato SGA è quello con un peso alla nascita al di sotto del 10° centile per età gestazionale: questa definizione ha però una problematica intrinseca, in quanto non distingue tra neonati costituzionalmente piccoli (che non mostrano un aumentato rischio di mortalità e morbilità perinatale) e neonati piccoli a causa dello IUGR58.

La più comune definizione di IUGR è invece quella riferita ad un peso fetale stimato al di sotto del 10° centile; nonostante però molti feti con restrizione di crescita nascano SGA, vi sono anche feti con restrizione che nascono con pesi alla nascita superiori al 10° centile.

La stima del peso fetale si basa sulla misurazione di alcune variabili biometriche in relazione all’età gestazionale ed è inficiata da un errore uguale o superiore a +/- 10%; tra le variabili biometriche misurate ritroviamo59:

(31)

31 • Diametro biparietale (BPD)

• Circonferenza addominale (AC) • Lunghezza del femore (FL).

Questi parametri sono incorporati principalmente in due formule, utilizzate per stimare il peso fetale ed incluse nella maggior parte delle apparecchiature ad ultrasuoni60:

• Formula di Hadlock:

Log 10 BW = 1.3598 + 0.051 (AC) + 0.1844 (FL) – 0.0037 (AC X FL), oppure

Log 10 BW = 1.4787 + 0.001837 (BPD)² + 0.0458 (AC) + 0.158 (FL) – 0.003343 (AC X FL)

• Formula di Shepard:

Log 10 BW = -1.7492 + 0.166 (BPD) + 0.046 (AC) – (2.646 [AC X BPD] /100).

Possiamo distinguere due tipologie di restrizione della crescita fetale2:

• IUGR armonico o simmetrico: in questa forma, testa ed addome sono interessati in egual misura. Si ritiene che alla base vi siano fattori causali che agiscono in particolar modo nella prima metà della gestazione e, tra questi: fattori ereditari fisiologici (costituzionali), che agirebbero in entrambi i casi, fattori ereditari patologici ed alcuni fattori patologici acquisiti (esogeni).

• IUGR disarmonico o asimmetrico: vi è un coinvolgimento, anche spiccato, dell’addome, mentre la testa è meno interessata o non lo è affatto. Alla base di questa forma, si pensa che vi siano fattori causali che agiscono prevalentemente nella seconda metà della gestazione e che siano soprattutto fattori patologici acquisiti (esogeni).

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Queste due forme di IUGR possono essere differenziate in maniera più accurata dopo la nascita, valutando l’indice ponderale, che si calcola come:

𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑎𝑠𝑐𝑖𝑡𝑎 𝑖𝑛 𝑔𝑟𝑎𝑚𝑚𝑖 ×100 (𝑙𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑣𝑒𝑟𝑡𝑖𝑐𝑒 − 𝑡𝑎𝑙𝑙𝑜𝑛𝑒 𝑖𝑛 𝑐𝑚)³

Sulla base dell’indice ponderale, in funzione dell’età gestazionale, possiamo considerare armonici i neonati con indice ponderale compreso tra l’11° ed il 90° percentile e disarmonici gli altri (Tabella 5).

Tabella 5. Ordine di grandezza dell’indice ponderale dei neonati sani in funzione dell’età

gestazionale2. Età gestazionale (settimane complete) Indice ponderale 10° percentile Mediana 90° percentile 30 2,05 2,25 2,30 32 2,10 2,30 2,45 34 2,15 2,35 2,65 36 2,25 2,45 2,80 38 – 42 2,30 2,55 2,85

Tuttavia, è importante che la diagnosi di IUGR sia eseguita in epoca prenatale, piuttosto che dopo la nascita, al fine di contrastare, per quanto possibile, gli eventuali esiti avversi associati2.

Diversi studi hanno rilevato un’associazione tra arteria ombelicale unica e outcomes fetali avversi, tra i quali anche il ritardo di crescita intrauterina54, anche nei casi in cui l’arteria ombelicale unica sia riscontrata come reperto isolato, in assenza di anomalie associate.

La letteratura, tuttavia, non è concorde in questo senso: altri autori hanno infatti dimostrato il contrario, ovvero che il rischio di IUGR in gravidanze complicate dalla presenza di arteria ombelicale unica come reperto isolato (escluse quindi le gravidanze in cui si riscontra un’associazione con altre anomalie fetali) non è aumentato rispetto al medesimo rischio in gravidanze con tre vasi nel cordone ombelicale61-64. Nei feti con due soli vasi nel cordone

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ombelicale si attiverebbero infatti dei meccanismi di compenso che permetterebbero alla singola arteria ombelicale di far fronte alle richieste del feto, funzionali al suo accrescimento durante la gravidanza: uno di questi meccanismi consisterebbe nell’aumento di diametro dell’arteria stessa64.

Dobbiamo però sottolineare come gli studi citati, che negano una correlazione tra arteria ombelicale unica e IUGR, presentino in realtà dei limiti65: lo studio di Predanic et al.61 ha una valenza limitata per il fatto che, delle 141 gravidanze con arteria ombelicale unica incluse inizialmente nello studio, 57 sono state escluse (31 per la presenza di malformazioni associate, 15 in quanto gravidanze multiple ed 11 poiché la diagnosi di arteria ombelicale unica non è stata confermata dopo il parto); lo studio di Wiegand et al.63 è limitato a causa della mancanza di dati relativi al peso alla nascita e alla valutazione neonatale; lo studio di Bombrys et al.62 mostra differenze demografiche tra i gruppi messi a confronto; infine, lo studio di Caldas et al. risulta limitato dall’ampiezza ridotta del campione, oltre che dalla possibile presenza di fattori aggiuntivi confondenti che non sono stati considerati64.

È stato ipotizzato inoltre che la restrizione di crescita fetale associata ad arteria ombelicale unica abbia una sua peculiare fisiopatologia e che non sia dovuta, come negli altri casi di IUGR, ad una disfunzione vascolare feto-placentare che risulta in un’invasione trofoblastica deficitaria, ma sia dovuta ad altri fattori, tra i quali modificazioni nella circolazione materno-placentare o fattori anatomici che interessano i vasi ombelicali all’interno del cordone64,66.

1.2.7 Diagnosi prenatale

L’ultrasonografia è l’indagine diagnostica principale per identificare le anomalie del cordone ombelicale e, soprattutto, l’arteria ombelicale unica.

Nell’ecografia del primo trimestre, la valutazione del cordone ombelicale e, in particolare, del numero di vasi contenuti in esso, può non essere affidabile, soprattutto in relazione alle piccole dimensioni dei vasi stessi.

Lamberty et al.67, a tal proposito, hanno condotto uno studio in cui hanno dimostrato la scarsa

sensibilità e lo scarso valore predittivo positivo dell’ecografia del primo trimestre nell’identificazione dell’arteria ombelicale unica, con la necessità di un’ulteriore valutazione ecografica nel secondo trimestre. In questo studio hanno incluso 779 pazienti con gravidanza

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singola, che sono state sottoposte a valutazione ecografica durante il primo ed il secondo trimestre, oltre che a successivo esame istopatologico della placenta dopo il parto, che confermasse o meno l’effettiva presenza di arteria ombelicale unica all’interno del cordone ombelicale (Tabella 6 e 7). Il valore predittivo di diagnosi di arteria ombelicale unica isolata nel primo trimestre è risultato solo del 38.3%, rappresentando molti dei casi sospetti dei falsi

positivi, non confermati dalle indagini successive. Pertanto hanno concluso che vi sia la

necessità di ricorrere ad una successiva valutazione ecografica nel secondo trimestre.

Tabella 6. Concordanza della diagnosi di arteria ombelicale unica nel primo trimestre di

gestazione con l’esame istopatologico della placenta67.

Diagnosi istopatologica postnatale di arteria ombelicale unica

Ecografia 1° trimestre Sì (n) No (n) Totale

Diagnosi di arteria ombelicale unica Sì No 8 6 8 757 16 763 Totale 14 765 779

Tabella 7. Concordanza della diagnosi di arteria ombelicale unica nel secondo trimestre di

gestazione con l’esame istopatologico della placenta67.

Diagnosi istopatologica postnatale di arteria ombelicale unica

Ecografia 2° trimestre Sì (n) No (n) Totale

Diagnosi di arteria ombelicale unica Sì No 13 1 1 764 14 765 Totale 14 765 779

Uno studio precedente a quello appena citato, condotto da Rembouskos et al.50, aveva valutato l’incidenza di arteria ombelicale unica in feti sottoposti ad analisi del cariotipo previa villocentesi condotta tra le 11 e le 14 settimane di gestazione, ma non era stato poi eseguito l’esame istopatologico della placenta e del cordone ombelicale dopo il parto che confermasse la reale presenza di arteria ombelicale unica.

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Nel primo trimestre vi è anche la possibilità che diversi casi sospetti siano in realtà falsi

negativi, molto probabilmente legati alla embriogenesi e, in particolare alla atrofia

posteriore68.

Nel secondo trimestre la valutazione ecografica del cordone ombelicale risulta invece molto più semplice, affidabile ed efficiente.

In generale, l’ecografia del secondo trimestre, periodo compreso tra le 14 settimane compiute (pari a 14 settimane e 0 giorni) e le 26 settimane compiute (pari a 26 settimane e 0 giorni) di età gestazionale, si esegue tra le 19 e le 21 settimane + 6 giorni ed ha numerose finalità, tra le quali59:

• La determinazione del numero di feti;

• La valutazione della presenza di attività cardiaca fetale; • La valutazione dell’epoca gestazionale;

• La valutazione dell’anatomia fetale;

• La valutazione della localizzazione placentare.

Le linee guida SIEOG (Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica), contestualmente all’ecografia del secondo trimestre, prevedono indirettamente la visualizzazione del cordone ombelicale, in quanto, tra le varie strutture da visualizzare, includono il profilo della parete addominale anteriore, al fine di individuare eventuali problematiche malformative a tale livello, in particolare onfalocele e gastroschisi; non è però in alcun modo prevista da linea guida l’identificazione del numero di vasi contenuti all’interno del cordone stesso.

Secondo le linee guida ISUOG (International Society of Ultrasound in Obstetrics and

Gynecology), invece, la valutazione del cordone ombelicale e del numero dei vasi in esso

contenuti sarebbe prevista (Tabella 8), ma come componente opzionale, qualora la sua visualizzazione fosse tecnicamente possibile; è invece prevista, tra i requisiti minimi, la visualizzazione della sede di inserzione addominale del cordone ombelicale.

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Tabella 8. Requisiti minimi raccomandati per la valutazione anatomica fetale di base del

secondo trimestre69.

Testa Cranio intatto

Cavo del setto pellucido Falce mediana Talami Ventricoli cerebrali Cervelletto Cisterna magna Viso Orbite Profilo* Bocca Labbro superiore

Collo Assenza di masse (es. igroma cistico)

Torace/Cuore Forma/dimensioni normali del torace e dei polmoni Presenza di attività cardiaca

Visualizzazione 4 camere del cuore in posizione normale Tratti di efflusso aortico e polmonare*

Nessuna evidenza di ernia diaframmatica

Addome Stomaco in posizione normale

Intestino non dilatato Reni

Sede di inserzione del cordone

Scheletro Nessun difetto o massa spinale (visione trasversa e sagittale) Arti superiori e mani, rapporti normali

Arti inferiori e piedi, rapporti normali

Placenta Posizione

Assenza di masse Lobo accessorio Cordone ombelicale Tre vasi nel cordone*

Genitali Maschili o femminili*

*Componenti opzionali della lista: possono essere valutati se tecnicamente fattibile.

Infatti, non è sempre possibile un’agevole valutazione del cordone ombelicale, specialmente in condizioni quali precoce età gestazionale, oligoidramnios, gravidanza multipla, giri

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multipli di cordone e posizione fetale che ostacola la normale visualizzazione del cordone ombelicale39.

La diagnosi di arteria ombelicale unica è eseguita in epoca prenatale quando ecograficamente si riscontrano due vasi ombelicali al posto dei tre normalmente presenti all’interno del cordone ombelicale; la sezione trasversa del cordone ombelicale è quella che in maniera più agevole consente la valutazione del numero di vasi ombelicali, identificando quello mancante (Fig. 3). È importante che la presenza dell’arteria ombelicale unica sia confermata all’estremità fetale del cordone, perché all’estremità opposta del cordone, quella placentare, potrebbe rappresentare una normale variante, derivante dalla fusione delle due arterie ombelicali prima che queste entrino nella placenta3.

La diagnosi è inoltre supportata dal mancato riscontro del tratto intraddominale dell’arteria ombelicale che in condizioni normali decorre lateralmente alla vescica fetale (Fig. 4). Anche il color Doppler può essere utile come supporto alla diagnosi in quei casi in cui i vasi ombelicali non siano facilmente identificabili.

Fig. 3. Sezione trasversale del cordone ombelicale che mostra solo due lumi vasali. Da

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Fig. 4. Il Color Doppler mostra la presenza di una singola arteria lateralmente alla vescica

fetale. Da Uptodate, “Single umbilical artery”, Gimovsky M. L., Tejero Rosa E., Sepulveda W.

Inoltre, Sepulveda et al.39 hanno suggerito come un aumentato diametro dell’arteria

ombelicale unito ad una mancata modificazione del diametro della vena ombelicale, o un rapporto UV/UA (umbilical vein/umbilical artery) minore o uguale a 2, possano rappresentare un ulteriore elemento utile alla diagnosi prenatale di arteria ombelicale unica, soprattutto nei casi in cui la diagnosi non sia agevole né l’ecocolordoppler sia disponibile. Normalmente infatti il flusso ematico diretto dal feto alla placenta è equamente distribuito tra le due arterie ombelicali che, in virtù del tono vascolare, hanno un diametro che misura meno della metà di quello della vena ombelicale. In presenza di arteria ombelicale unica, il sangue è trasportato alla placenta da una sola arteria che va incontro ad un aumento compensatorio del suo diametro, che diventa superiore alla metà di quello della vena ombelicale, e questo evento può essere sfruttato come elemento di supporto alla diagnosi.

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Ci sono, tuttavia, diverse limitazioni tecniche e metodologiche che possono rendere difficoltosa l’accurata misurazione dei vasi del cordone ombelicale, tra cui70:

• Limitazioni della risoluzione e variabilità intra-osservatore;

• Diametro dei vasi che varia lungo il cordone, per cui anche il rapporto UV/UA varia in relazione al punto in cui viene misurato;

• Diametro di entrambe le arterie che non è sempre identico; • Sezione trasversa dei vasi che non è sempre circolare;

• Comportamento fetale, che può causare la comparsa di differenze nel flusso di sangue e nel diametro dei vasi.

Proprio per queste limitazioni, vanno considerate metodiche diagnostiche alternative, tra le quali il già citato color Doppler, che consente una più precoce e più sicura diagnosi, e la dimostrazione della presenza di arterie ombelicali nella pelvi fetale, dal momento che queste, nella loro porzione intrafetale, non sono distorte dalla tortuosità e dalla spiralizzazione del cordone ombelicale e, con questa metodica, è possibile identificare l’assenza di un vaso arterioso ombelicale, specialmente quando condizioni come l’oligoidramnios, la rottura prematura delle membrane o la gravidanza gemellare durante il terzo trimestre, ne complicano la visualizzazione9. Inoltre è possibile ricorrere alla ecografia condotta per via transvaginale nei casi in cui la qualità dell’immagine dell’ecografia per via transaddominale non sia ottimale70.

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