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Modelli biofisici di interneuroni e fenomeni di sincronizzazione

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione 3

1 Il Neurone 5

1.1 Struttura del neurone . . . 5

1.2 Il potenziale di riposo . . . 7

1.3 Il potenziale d’azione . . . 9

1.4 La trasmissione sinaptica . . . 12

2 Modelli Neurali 17 2.1 Il circuito elettrico equivalente . . . 17

2.2 Il modello di Hodgkin e Huxley . . . 18

2.3 Modelli neurali e Sistemi Dinamici . . . 21

2.3.1 Dinamica in prossimit`a dei punti d’equilibrio . . . 21

2.3.2 Dinamica in prossimit`a di orbite periodiche . . . 23

2.3.3 Biforcazioni locali . . . 25

2.4 Il modello di FitzHugh-Nagumo . . . 26

2.5 Il modello di Morris-Lecar . . . 28

2.6 Il modello LIF (Leaky Integrate-and-Fire) . . . 28

2.7 Il modello QIF (Quadratic Integrate-and-Fire) . . . 29

3 Sincronizzazione neurale 37 3.1 Rilevanza fisiologica . . . 37

3.2 Rilevanza fisiopatologica . . . 40

3.3 Oscillazioni non lineari e concetto di fase . . . 43

3.4 Teoria dell’ accoppiamento debole . . . 44

3.5 Sincronizzazione di oscillatori debolmente accoppiati . . . 46

4 Fenomeni di Sincronizzazione tra interneuroni 49 4.1 Interneuroni corticali . . . 49

4.1.1 Classificazione basata su propriet`a morfologiche . . . 51

4.1.2 Classificazione basata su propriet`a elettrofisiologiche . . . 53

4.2 Interneuroni inibitori e ritmi cerebrali . . . 56

4.3 Sinapsi elettrica e sincronizzazione degli interneuroni . . . 59

4.4 Lavori teorici di modellistica . . . 64 1

(2)

5 Studio della sincronizzazione in reti di interneuroni FS 71

5.1 Il modello LIF modificato . . . 71

5.2 Il nuovo modello biofisico di interneurone FS . . . 75

5.3 Analisi teorica dei fenomeni di sincronizzazione . . . 79

5.4 Trasmissione di input pre-sinaptici in reti di interneuroni FS . . . 89

5.4.1 Precisione nella trasmissione di potenziali d’azione in una connessione sina-ptica eccitatoria (P-FS) . . . 92

5.4.2 Le reti di interneuroni FS operano come coincidence detector . . . 96

5.5 Sincronizzazione in reti eterogenee di interneuroni FS . . . 97

Conclusioni 109 A Complementi sui Sistemi Dinamici 111 A.1 Definizione di Sistema Dinamico . . . 111

A.2 Punti fissi iperbolici e stabilit`a . . . 112

A.3 Teoria di Floquet . . . 114

A.4 Equazioni di fase . . . 115

(3)

Introduzione

Gli interneuroni inibitori presenti nella corteccia cerebrale si organizzano in reti locali carat-terizzate da una alta densit`a di connessioni sinaptiche. Tali reti sono in comunicazione tra loro e partecipano cooperativamente all’elaborazione dell’informazione neurale. Uno degli scenari principali che emerge in queste popolazioni di neuroni `e la sincronia, ovvero un regime dinamico caratterizzato dalla generazione di scariche sincrone di potenziali d’azione [20, 21, 22].

I fenomeni di sincronizzazione sono ritenuti di importanza fondamentale in diversi ambiti delle Neuroscienze. Da un punto di vista fisiologico, essi vengono studiati, ad esempio, in re-lazione all’elaborazione dell’informazione sensoriale [23], alla generazione dei ritmi circadiani di attivit`a [24] e al coordinamento degli atti motori [25]. D’altro canto, un livello anormale di attivit`a sincrona in reti di neuroni, `e strettamente legato a manifestazioni patologiche come le crisi epilettiche, la schizofrenia o il morbo di Parkinson [26, 29, 30].

Sperimentalmente si `e osservato che le reti di interneuroni inibitori, in risposta ad op-portuni protocolli di stimolazione, sono in grado di generare attivit`a sincrona nelle bande di frequenza γ (30 − 80 Hz) e ultrafast (> 80 Hz) [41]. I meccanismi che portano gli in-terneuroni a generare scariche sincrone di potenziali d’azione non sono, a tutt’oggi, ben noti, ma importanti lavori sia sperimentali che teorici hanno mostrato che essi sono legati alle caratteristiche dell’accoppiamento, nonch`e ad alcune propriet`a intrinseche degli interneuroni [41, 34, 39]. Recentemente si `e scoperto che la comunicazione sinaptica tra interneuroni corticali - quella tra interneuroni Fast Spiking (FS) e quella tra interneuroni Low Threshold Spiking (LTS) - non `e mediata soltanto da sinapsi chimiche inibitorie, ma anche da sinapsi elettriche [44, 45]. Queste ultime, poi, sono praticamente assenti tra interneuroni apparte-nenti a classi distinte, o tra interneuroni e altri tipi di cellule nervose (neuroni piramidali, cellule gliali, ecc...), e costituiscono, quindi, una caratteristica specifica che permette di dis-tinguere una popolazione neurale dall’altra. La comprensione dei meccanismi con i quali i due tipi di accoppiamento portano alla generazione di scariche sincrone di potenziali d’azione `

e tutt’ora un problema aperto.

In questa tesi vengono studiate le propriet`a di sincronizzazione di una rete di interneu-roni FS accoppiati da sinapsi inibitorie ed elettriche. Lo studio si basa su un nuovo modello biofisico per la singola cellula, costituito da un sistema non lineare di equazioni differenziali, che descrive la dinamica del potenziale di membrana e la cinetica delle variabili di gating legate alla conduttanza della membrana cellulare. Il modello utilizzato `e stato costruito par-tendo dai dati sperimentali sugli interneuroni FS presenti in letteratura [59, 63], in modo da

(4)

riprodurre quanto pi`u accuratamente possibile le loro principali caratteristiche elettrofisio-logiche. Inizialmente `e stata sviluppata una analisi teorica dei fenomeni di sincronizzazione di una rete di due interneuroni, basata su tecniche elaborate nell’ambito della teoria dei sistemi dinamici e della teoria dell’accoppiamento debole tra oscillatori non lineari (esposte in questa tesi). I risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli di un lavoro recente sullo stesso argomento [50], realizzato con il pi`u semplice modello LIF per la singola cellula. Da tale confronto `e emerso che le propriet`a di sincronizzazione della rete dipendono dal modello utilizzato. Inoltre abbiamo mostrato che tali differenze non dipendono soltanto dal livello di semplificazione del modello. Infatti, abbiamo provato che due ben noti modelli biofisici di interneuroni FS, quello di Wang-Buzsaki [39] e quello di Erisir [56], hanno differenti pro-priet`a di sincronizzazione al crescere della frequenza delle oscillazioni. Successivamente, il nuovo modello di interneurone FS `e stato utilizzato per studiare il ruolo che l’accoppiamento elettrico svolge nei fenomeni di sincronizzazione di una popolazione di N > 2 interneuroni accoppiati (all-to-all). Tale studio, realizzato per via numerica a causa delle difficolt`a della trattazione teorica corrispondente, ha mostrato che il livello di coerenza della rete dipende fortemente dall’intensit`a dell’accoppiamento elettrico, cos`ı come evidenziato in diversi studi sperimentali [47].

(5)

Capitolo 1

Il Neurone

Il cervello `e costituito da una complessa rete di pi`u di cento miliardi di cellule nervose interconnesse fra di loro. Tale sistema sta alla base dei processi mentali che ci consentono di percepire l’ambiente circostante, di focalizzare l’attenzione su un particolare dettaglio e, infine, di guidare l’indirizzo delle nostre azioni. L’unit`a fondamentale della rete cerebrale `

e il neurone, la cui funzione principale `e quella di ricevere e trasmettere informazioni sotto forma di impulsi elettrici, o potenziali d’azione. Negli ultimi 50 anni c’`e stata una intensa attivit`a scientifica, dal carattere multidisciplinare, rivolta a indagare in che modo milioni di neuroni operino nel determinare l’attivit`a neurale cognitiva. L’attenzione di tali studi `e stata posta inizialmente alla classificazione dei diversi tipi di neuroni presenti nel sistema nervoso, alla caratterizzazione della loro attivit`a elettrica e alle propriet`a delle connessioni che si stabiliscono tra essi. In seguito, per`o, si `e capito che la potenzialit`a di esprimere comportamenti complessi non risiede tanto nella variet`a delle cellule nervose esistenti, quanto nella geometria dei circuiti neurali e nella vasta gamma di scenari dinamici che emergono come risultato della loro interazione.

1.1

Struttura del neurone

In generale, in un neurone, si possono distinguere quattro regioni morfologiche: il corpo cellulare (o soma), i dendriti, l’assone e le terminazioni sinaptiche (figura 1.1). Il corpo cellulare `e il centro metabolico del neurone. Esso contiene il nucleo, che custodisce i geni della cellula, i mitocondri che forniscono ad essa l’energia di cui ha bisogno, il reticolo endoplasmatico e l’apparato del Golgi che sintetizzano le proteine e le altre molecole essenziali in base alle informazioni contenute nei geni.

Dal corpo cellulare si dirama, in generale, un certo numero di prolungamenti, o fibre, di cui una costituisce il cosiddetto assone. L’assone prende origine da una zona specializzata del soma (detta cono d’emergenza) ed ha forma cilindrica, con diametro variabile da 0, 2 a 20µm; vicino alla sua terminazione, l’assone si divide in numerose sottili branche, dette terminazioni sinaptiche. L’assone svolge due funzioni essenziali nel neurone. La prima consiste nella conduzione dell’informazione sotto forma di potenziale d’azione, dal corpo

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Figura 1.1: Morfologia del neurone: sono evidenti il corpo cellulare, i dendriti, l’assone e le termi-nazioni sinaptiche. Nel corpo cellulare si nota l’involucro che circonda il nucleo, che `e in continuit`a con il reticolo endoplasmatico. In particolare viene evidenziato il trasporto assonale di vescicole sinaptiche che, prodotte in questo sito vengono trasportate dapprima verso l’apparato del Golgi, dopodich´e proseguono attraverso l’assone verso le terminazioni sinaptiche [1].

cellulare alle terminazioni sinaptiche. La seconda consiste nel trasporto di molecole biologiche dal corpo cellulare alle terminazioni sinaptiche e viceversa, attraverso minuscoli tubicini detti microtubuli.

Le zone in cui i neuroni entrano in contatto tra loro vengono dette sinapsi; esistono fon-damentalmente due tipi diversi di sinapsi: la sinapsi chimica e la sinapsi elettrica. La sinapsi chimica `e costituita da una delle terminazioni sinaptiche dell’assone, detta bottone sinaptico, da un tratto della membrana del neurone post-sinaptico e da uno spazio molto sottile, compreso tra la membrana pre e post-sinaptica, chiamato fessura sinaptica, largo tra 20 e 40nm. Nel bottone sinaptico sono presenti agglomerati di particolari strutture vesci-colari, le cosiddette vescicole sinaptiche, ciascuna delle quali contiene parecchie migliaia

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1.2. IL POTENZIALE DI RIPOSO 7

di molecole di neurotrasmettitore. Tale sostanza viene liberata dalle vescicole nella fessura sinaptica in risposta all’ingresso di Ca2+ che ha luogo in concomitanza con l’arrivo di un

potenziale d’azione. Le molecole di neurotrasmettirore diffondono nello stretto spazio sinap-tico e si legano a specifici recettori distribuiti sulla superficie della membrana post-sinaptica. Ci`o determina l’apertura di canali ionici specifici e altera in tal modo la conduttanza e il potenziale di membrana della cellula post-sinaptica; tale alterazione prende il nome di potenziale post-sinaptico (PSP). La sinapsi elettrica `e, invece, una connessione fisica tra due neuroni realizzata mediante particolari canali, detti canali delle giunzioni comuni-canti (o gap junctions), i quali stabiliscono un ponte tra il citoplasma delle due cellule. Attraverso questi canali passa un flusso di correnti che assicura la trasmissione elettrica tra i due neuroni. A differenza di quanto accade nelle sinapsi chimiche, tale trasmissione `e bidirezionale.

Tutte le fibre diverse dall’assone che hanno origine nel corpo cellulare del neurone sono chiamate dendriti. Sia i dendriti che il soma sono ricoperti dalle sinapsi formate dalle ter-minazioni assoniche di altri neuroni. Un neurone della corteccia cerebrale pu`o letteralmente ricevere migliaia di terminazioni sinaptiche da altre cellule nervose. I dendriti hanno, quindi, la funzione di ampliare la superficie recettrice del neurone. Sui dendriti di molti neuroni della corteccia cerebrale sono distribuite migliaia di piccole estroflessioni, chiamate spine dendritiche. Ognuno di questi elementi corrisponde ad un contatto sinaptico tra il den-drite stesso e la terminazione assonica di un altro neurone. La spina dendritica `e, quindi, la regione post-sinaptica della sinapsi, mentre la terminazione dell’assone ne `e la regione pre-sinaptica [1].

1.2

Il potenziale di riposo

La membrana cellulare costituisce una linea di demarcazione tra le attivit`a interne della cellula e il suo ambiente esterno. La sua struttura a doppio strato lipidico la rende analoga ad un sottile strato dielettrico interposto tra due conduttori, ovvero la soluzione interna e quella esterna della cellula. Tale strato viene attraversato da parte a parte da molecole proteiche altamente specializzate, dette canali ionici, che consentono il passaggio soltanto di alcune specie ioniche, quali N a+, K+, Cl− tra le due soluzioni, interna ed esterna. La membrana `e dunque selettivamente permeabile. Questa caratteristica, insieme al fatto che la concentrazione intra-cellulare di uno ione `e generalmente diversa dalla sua concentrazione extra-cellulare, fa s`ı che ai capi della membrana si crei una differenza di potenziale elettrico V .

Nel caso di una membrana permeabile esclusivamente allo ione X, ed in assenza di sorgenti esterne di corrente elettrica, si raggiunge un equilibrio termodinamico caratterizzato dal potenziale di equilibrio dello ione, VX, dato dalla formula di Nernst:

VX = RT ZFln [X]ext [X]int , (1.1)

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con-siderato, F la costante di Faraday. Le concentrazioni extra ed intra-cellulari dello ione sono indicate rispettivamente con [X]ext e [X]int. Dei valori tipici delle concentrazioni

intra e extra-cellulari degli ioni N a+, K+, Clnei neuroni dei mammiferi sono i

seguen-ti: [N a+]

intra = 18mM , [N a+]extra = 145mM , [K+]intra = 135mM , [K+]extra = 3mM ,

[Cl−]intra = 7mM , [Cl−]extra = 120mM . La formula di Nernst stabilisce la condizione per

cui la tendenza degli ioni a fluire dal comparto a concentrazione maggiore verso quello a concentrazione minore `e bilanciata dalla forza agente per effetto del potenziale elettrico.

Quando il valore del potenziale di membrana `e diverso da quello di equilibrio VX, allora

nasce una corrente elettrica di membrana che, per la legge di Ohm, `e data da: iX =

V − VX

RX

= gX(V − VX), (1.2)

dove gX `e la conduttanza elettrica di membrana per il generico ione X. Mentre VX dipende

esclusivamente dalle concentrazioni ioniche in soluzione (equazione 1.1), gX dipende

fonda-mentalmente dalle propriet`a dei canali ionici di membrana che regolano il flusso ionico. Dal momento che i flussi ionici non modificano apprezzabilmente le concentrazioni degli ioni in soluzione, la conduttanza `e il fattore pi`u influente nel controllare le variazioni delle propriet`a elettriche della membrana.

Consideriamo ora il caso pi`u generale di una cellula la cui membrana sia permeabile a pi`u specie ioniche, caratterizzate da diversi potenziali d’equilibrio. In questo caso il potenziale di membrana V non potr`a stabilizzarsi su un valore che sia di equilibrio per tutti gli ioni presenti. Il sistema allora tender`a verso uno stato stazionario nel quale V assumer`a il valore per cui si annulla la somma delle correnti ioniche presenti, ognuna determinata da una equazione del tipo 1.2. Nel caso di una fibra nervosa abbiamo:

Iion = gN a(V − VN a) + gK(V − VK) + gCl(V − VCl), (1.3)

in quanto sono gli ioni K+, N a+, Cla contribuire in modo determinante alla corrente

totale. Il valore stazionario del potenziale V , quando Iion = 0, `e quindi dato da:

V = gKVK+ gN aVN a+ gClVL gK+ gN a+ gCl

. (1.4)

Lo stato stazionario comporta quindi l’annullamento della corrente ionica totale ma non delle singole correnti ioniche, che continuano a fluire attraverso la membrana cellulare in risposta ai gradienti di concentrazione e di potenziale. In condizioni di riposo gK `e molto

maggiore di gN a, gCl e quindi il valore di V `e molto vicino a VK, e vale circa −70mV . Per

effetto della maggiore permeabilit`a al potassio vi `e la tendenza alla diffusione di ioni K+ verso l’esterno nella direzione del gradiente di concentrazione. Nel caso del sodio, invece, sia il gradiente di concentrazione che il potenziale elettrochimico tendono a far fluire ioni N a+

dentro la cellula. Questi flussi, che tenderebbero ad annullare i gradienti di concentrazione, vengono compensati da un processo di trasferimento attivo di ioni contro i gradienti chimici e il potenziale elettrico. Questo processo, che utilizza una considerevole parte dell’energia della cellula, `e sempre presente e garantisce il mantenimento del normale equilibrio ionico tra l’interno della cellula e l’ambiente esterno [2].

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1.3. IL POTENZIALE D’AZIONE 9

1.3

Il potenziale d’azione

La capacit`a del sistema nervoso di trasmettere ed elaborare l’informazione dipende dalla capacit`a dei neuroni di generare appropriati impulsi elettrici: i potenziali d’azione. Un potenziale d’azione pu`o essere generato in risposta ad uno stimolo depolarizzante, cio`e uno stimolo in grado di aumentare il valore del potenziale di membrana (uno stimolo in grado di diminuire il valore del potenziale di membrana `e invece detto iperpolarizzante). Se questo `

e sufficientemente intenso da far raggiungere alla membrana un certo valore di potenziale, detto di soglia, allora si innescher`a una rapida depolarizzazione, seguita da una pi`u lenta ripo-larizzazione (cio`e una variazione del potenziale di membrana che tende a riportarlo al valore di riposo), la cui evoluzione temporale non `e dipendente dalle caratteristiche dello stimolo. Il potenziale d’azione pu`o differenziarsi per forma, durata o ampiezza a seconda del tipo di neurone che lo ha generato, tuttavia esso presenta delle caratteristiche elettrofisiologiche fisse:

1. una prima fase di depolarizzazione, corrispondente ad un forte afflusso di ioni positivi dentro la cellula (principalmente N a+);

2. una seconda fase di ripolarizzazione che tende a riportare la membrana al potenziale di riposo, in seguito ad un considerevole efflusso di ioni positivi (principalmente K+)

verso la soluzione extracellulare;

3. un periodo di refrattariet`a, in cui la cellula `e occupata a ripristinare il normale equilibrio ionico di riposo e non pu`o generare un nuovo potenziale d’azione;

4. l’esistenza di una soglia, il cui superamento `e necessario per innescare il meccanismo di rapida depolarizzazione che porta al potenziale d’azione;

5. un comportamento digitale (tutto o nulla): il potenziale d’azione `e indipendente dallo stimolo; infatti, ogni volta che la membrana viene depolarizzata da uno stimolo e raggiunge il potenziale di soglia, si genera un potenziale d’azione che evolve nel tempo indipendentemente dalle propriet`a dello stimolo che lo ha innescato.

Una delle prime e pi`u importanti acquisizioni relative alle modalit`a con cui si generano i potenziali d’azione fu fatta nel 1939 da K. Cole e H. Curtis [3]. Registrando l’attivit`a elettrica nell’assone gigante di calamaro (unica fibra nervosa tanto grande da permetterlo a quel tempo) essi notarono che durante un potenziale d’azione la conduttanza della membrana aumentava notevolmente. Questa osservazione suggeriva che il potenziale d’azione fosse dovuto ad un aumento dei flussi ionici che attraversavano i canali della membrana.

Dieci anni dopo furono A. Hodgkin e B. Katz [4] a ipotizzare, in base alle loro osservazioni sperimentali, che la depolarizzazione all’origine di un potenziale d’azione fosse determinata da un aumento transitorio della permeabilita’ della membrana per lo ione N a+; questa

permeabilit`a finiva per offuscare l’elevata permeabilit`a che la membrana ha, a riposo, per lo ione K+. I dati da essi raccolti facevano anche pensare che la fase di ripolarizzazione del

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Figura 1.2: Esperimento di blocco del voltaggio, nell’assone gigante del Calamaro, che evidenzia l’esistenza di due diversi tipi di canali voltaggio-dipendenti. In alto: una depolarizzazione sopra-soglia (A) determina l’insorgenza di una corrente capacitiva insieme alle correnti dovute all’apertura dei canali voltaggio dipendenti (B). In basso: in presenza di agenti chimici che bloccano soltanto la corrente N a+ o soltanto la corrente K+, si ottengono le registrazioni della corrente N a+ (D) e K+ (E) dopo sottrazione della corrente capacitiva (C) [1].

Per una verifica di questa ipotesi era necessario far variare sistematicamente il potenziale di membrana, e misurare quindi le modificazioni della conduttanza di membrana per gli ioni N a+ e K+ che derivavano dall’apertura e chiusura dei corrispondenti canali

voltaggio-dipendenti. Solo nell’immediato dopoguerra, utilizzando delle particolari tecniche di blocco del voltaggio della membrana cellulare (voltage clamp), A. Hodgkin e A. Huxley riuscirono ad osservare le dinamiche della conduttanza dei canali sodio e potassio [5]. Mantenendo V ad un valore stazionario prossimo al potenziale di membrana a riposo, ed applicando successivamente variazioni a gradino di V in senso depolarizzante, essi osservavano una corrente di feedback I (necessaria perch`e il potenziale di membrana si mantenesse costante)

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1.3. IL POTENZIALE D’AZIONE 11

Figura 1.3: Risultati sperimentali ottenuti da Hodgkin e Huxley, in condizioni di blocco del volt-aggio, che mostrano l’andamento temporale delle conduttanze di membrana relative agli ioni N a+ e K+ in funzione del potenziale di membrana [5].

avente un andamento temporale e una ampiezza dipendenti in modo graduale dall’entit`a della depolarizzazione applicata.

Nella figura 1.2 `e riprodotto l’andamento della corrente di membrana (in condizioni di blocco del voltaggio) che Hodgkin e Huxley osservavano nell’assone gigante di calamaro. Si pu`o notare che essa `e caratterizzata inizialmente da un picco di corrente capacitiva dovuto all’immediata variazione di potenziale ai capi della membrana, successivamente da una rapida corrente negativa, corrispondente ad un flusso di corrente dall’esterno verso l’interno della fibra; dopo aver raggiunto un valore di picco, la corrente subisce quindi un’inversione di derivata per tendere pi`u lentamente ad un valore positivo stazionario. Il blocco selettivo dei canali del sodio ha permesso poi a Hodgkin e Huxley di scindere la corrente ionica totale nelle due componenti principali IN a e IK. Ci`o permise loro di interpretare (in base all’equazione

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che inizialmente entrava nella fibra era dovuta ad un rapido aumento della permeabilit`a della membrana agli ioni N a+, seguito da un pi`u lento e preponderante aumento di permeabilit`a

agli ioni K+ che, fuoriuscendo dalla cellula, causavano l’inversione di corrente finale.

Una volta separate e misurate le correnti IN a e IK, i loro valori sono stati poi utilizzati

per determinare i valori delle rispettive conduttanze: gN a e gK. Nella figura 1.3 riportiamo i

risultati sperimentali ottenuti da Hodgkin e Huxley che riguardano l’andamento temporale delle conduttanze gN a e gK per diversi valori di voltaggio imposto alla membrana cellulare.

Come si vede la variazione di gK `e monofasica, cio`e la conduttanza al potassio cresce

gradual-mente col tempo fino a raggiungere un valore stazionario che dipende dal livello di potenziale finale. La conduttanza al sodio gN a ha invece un andamento bifasico: essa aumenta nella

fase iniziale, raggiunge un picco, e decresce quindi piu’ lentamente fino a valori trascurabili. Secondo la terminologia introdotta da Hodgkin e Huxley, l’aumento di gK `e denominato

processo di attivazione della corrente del potassio, mentre le due fasi della variazione di gN a

sono dette, rispettivamente, di attivazione e inattivazione della corrente del sodio.

Dopo aver misurato le variazioni di conduttanza ottenute applicando impulsi di corrente depolarizzante di diversa intensit`a e durata, Hodgkin e Huxley interpolarono i loro dati sperimentali e formularono un gruppo di equazioni differenziali che descrivevano in maniera esauriente le variazioni delle conduttanze della membrana per gli ioni N a+ e K+ in funzione

del potenziale di membrana e del tempo. Mediante queste equazioni e conoscendo i valori delle propriet`a passive dell’assone gigante di calamaro, riuscirono a calcolare la forma e la velocit`a di propagazione del potenziale d’azione. La forma d’onda del potenziale d’azione, calcolata in tal modo, era quasi sovrapponibile a quella dei potenziali d’azione registrati nell’assone senza blocco del voltaggio. Questa stretta concordanza dimostrava che il loro modello (equazioni di Hodgkin e Huxley), desunto dagli esperimenti di blocco del voltaggio era corretto e descriveva con accuratezza le caratteristiche di questi canali essenziali per la genesi e la propagazione del potenziale d’azione. Descriveremo in dettaglio le equazioni formulate da Hodgkin e Huxley nel prossimo capitolo, quando si introdurranno i pi`u rilevanti modelli di neurone presenti in letteratura.

1.4

La trasmissione sinaptica

Come accennato nel paragrafo 1.1 una sinapsi tra due cellule nervose pu`o essere di due tipi diversi: di tipo chimico o di tipo elettrico. Le sinapsi elettriche si formano mediante il con-tatto fisico di zone specifiche della membrana di due neuroni (figura 1.4. In corrispondenza di tale contatto, la distanza che normalmente intercorre tra due neuroni (≈ 20nm) `e notevol-mente ridotta (≈ 3, 5nm). Questo spazio viene attraversato da speciali strutture proteiche che abbiamo gi`a chiamato canali delle giunzioni comunicanti (o gap junctions) attraverso le quali passa il flusso delle correnti che vengono dal neurone pre-sinaptico e vanno a quello post-sinaptico assicurando la trasmissione elettrica.

Tutti i canali delle giunzioni comunicanti sono composti da una coppia di strutture cilin-driche, dette emi-canali, una delle quali appartiene alla cellula pre-sinaptica e l’altra a quella post-sinaptica. I due cilindri vengono a mutuo contatto a livello della fessura fra le due

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1.4. LA TRASMISSIONE SINAPTICA 13

membrane. In questo modo essi vanno a formare un canale del diametro di ≈ 1, 5nm che pone in contatto il citoplasma delle due cellule. Le strutture cilindriche che formano un emi-canale vengono dette connessoni. Ogni connessone `e, a sua volta, costituito da sei subunit`a proteiche identiche chiamate connessine. Ogni subunit`a di connessina possiede quattro segmenti proteici idrofobici, che attraversano da parte a parte la membrana.

L’esistenza di una trasmissione sinaptica di tipo elettrico fu dimostrata, per la prima volta, a livello della sinapsi motoria gigante del gambero d’acqua dolce. In tale sistema, il potenziale d’azione della fibra pre-sinaptica determinava l’insorgenza di un potenziale post-sinaptico depolarizzante che, in generale, era ampio abbastanza per innescare, a sua volta, un nuovo potenziale d’azione. Il ritardo tra il potenziale d’azione pre-sinaptico e il poten-ziale post-sinaptico era particolarmente breve, del tutto incompatibile con una trasmissione di tipo chimico, che comporta numerosi passaggi. Una conferma dell’ipotesi sulla natura elettrica di questa sinapsi fu data dall’osservazione che per indurre una risposta nella cel-lula post-sinaptica non era necessaria la presenza di un potenziale d’azione vero e proprio nella cellula pre-sinaptica. Anche se nella terminazione pre-sinaptica veniva inniettata una corrente depolarizzante sotto-soglia (di generazione del potenziale d’azione), nella cellula post-sinaptica si osservava comunque una depolarizzazione di pi`u bassa ampiezza. Nelle sinapsi elettriche la variazione di potenziale della cellula post-sinaptica `e proporzionale al-l’ampiezza e alla forma del potenziale nella cellula pre-sinaptica. Inoltre, le sinapsi elettriche sono bidirezionali, nel senso che sono in grado di trasmettere con la stessa efficienza segnali dalla cellula pre-sinaptica a quella post-sinaptica e viceversa. A differenza di quanto accade nelle sinapsi elettriche, nelle sinapsi chimiche non esiste un elemento strutturale che connetta il neurone pre-sinaptico con quello post-sinaptico. Come gi`a accennato nel paragrafo 1.1 la trasmissione sinaptica chimica comporta due diversi processi: un processo di trasmissione, che provvede alla liberazione del neurotrasmettitore nella fessura sinaptica e un processo di ricezione, mediante il quale il neurotrasmettitore si lega a molecole recettive situate sulla cellula post-sinaptica.

Tutti i recettori dei neurotrasmettitori hanno due caratteristiche in comune:

1. Sono proteine che attraversano la membrana a tutto spessore. La zona che entra in contatto con l’ambiente esterno che circonda la cellula ha la funzione di riconoscere e di legare il neurotrasmettitore liberato dalla terminazione pre-sinaptica;

2. essi esercitano una funzione effettrice sulle cellule bersaglio aprendo o chiudendo i canali ionici.

Esistono due diverse classi di recettori, a seconda che le modificazioni indotte sui canali ionici siano dirette o indirette. La prima classe, dei recettori detti ionotropici, `e costituita da macromolecole che comprendono sia l’elemento deputato al riconoscimento del neuro-trasmettitore, che il canale ionico. Quando questi recettori si legano ad un neurotrasmet-titore, vanno incontro ad una modificazione della propria conformazione, che determina l’apertura del canale. La seconda classe, dei recettori detti metabotropici, `e costituita da molecole proteiche che sono distinte dai canali ionici su cui agiscono. Tali proteine general-mente si accoppiano ad enzimi che sintetizzano particolari sostanze chimiche, dette secondi

(14)

Figura 1.4: Sinapsi elettrica: il canale della giunzione comunicante `e formato da una coppia di emi-canali. Il canale connette in tal modo il citoplasma delle due cellule e forma un percorso attraverso il quale si possono avere flussi ionici [1].

messaggeri, che a loro volta vanno ad agire su canali strutturalmente distinti. La trasmissione sinaptica chimica `e pi`u lenta di quella elettrica. Infatti il neurone pre-sinaptico deve dap-prima liberare il neurotrasmettitore, che diffonde quindi attraverso la fessura sinaptica per legarsi infine con recettori situati sulla membrana post-sinaptica (figura 1.5. La trasmissione sinaptica chimica che avviene attraverso recettori ionotropici `e per`o soltanto lievemente pi`u lenta di quella elettrica. La trasmissione chimica attraverso recettori metabotropici `e assai pi`u lenta perch´e comporta l’intervento di parecchi passaggi aggiuntivi: quelli enzimatici e quelli dei secondi messaggeri.

La risposta del neurone post-sinaptico ad un potenziale d’azione generato dal neurone pre-sinaptico pu`o essere sia una depolarizzazione del potenziale di membrana, e in tal ca-so la sinapsi si dice eccitatoria, sia una iperpolarizzazione, e in tal caca-so la sinapsi si dice inibitoria. Il carattere eccitatorio o inibitorio di una sinapsi non `e determinato dal tipo

(15)

1.4. LA TRASMISSIONE SINAPTICA 15

Figura 1.5: Sinapsi chimica: la terminazione dell’assone `e costituita dalla struttura raffigurata su-periormente, mentre la spina formata dal neurone ricevente la sinapsi `e rappresentata inferiormente. Si noti lo spazio (fessura sinaptica) tra la membrana cellulare pre-sinaptica e quella post-sinaptica [2].

di neurotrasmettitore liberato nella fessura sinaptica, piuttosto dipende dai recettori della membrana post-sinaptica, che controllano l’apertura e la chiusura dei canali ionici situati su di essa. Evidenze sperimentali indicano che la maggior parte delle sinapsi eccitatorie sono caratterizzate dall’apertura di canali ionici permeabili al N a+ e al K+, mentre quelle inibitorie dall’apertura di canali ionici selettivi per il Cl− [1, 2]. Poich´e in una sinapsi ecci-tatoria il processo che determina la depolarizzazione della membrana post-sinaptica `e rapido (≈ 0.5ms), ne segue che la conduttanza gN a (che ha una dinamica pi`u veloce di gK: vedi

pannelli D ed E della figura 1.2) gioca un ruolo chiave. Il potenziale di Nernst per lo ione N a+`e circa +50mV , mentre quello per il K+`e circa −70mV , pertanto il potenziale

d’equi-librio della corrente sinaptica `e spostato verso VN a, e vale circa 0mV . Questo implica che,

(16)

gli ioni N a+ diffondono all’interno del neurone post-sinaptico in misura maggiore rispetto

alla fuoriuscita di ioni K+, causando l’ingresso di corrente e inducendo una depolarizzazione

della membrana. L’effetto opposto si ha per il Cl− che, avendo un potenziale d’equilibrio piu’ negativo rispetto al potenziale di riposo (che `e circa −70mV ), tende anch’esso a dif-fondere all’interno del neurone post-sinaptico determinando cos`ı una iperpolarizzazione della membrana.

L’intensita’ dell’effetto depolarizzante (o iperpolarizzante) generato da un potenziale post-sinaptico eccitatorio (inibitorio) sulla membrana della cellula post-sinaptica dipende dal potenziale di membrana di quest’ultima. In particolare esiste un valore di potenziale, detto potenziale d’inversione, per cui l’effetto depolarizzante (iperpolarizzante) `e nullo. Il potenziale di inversione coincide con il potenziale di equilibrio delle specie ioniche respons-abili delle correnti sinaptiche (tipicamente 0mV per il N a+ e il K+, ≤ −70mV per il Cl)

perch´e per tale valore la forza di diffusione dovuta alle diverse concentrazioni ioniche all’in-terno e all’esall’in-terno della cellula `e in equilibrio con la forza elettrica generata dal potenziale ai capi della membrana. Quando il valore di potenziale nella cellula postsinaptica si mantiene al di sotto di 0mV (al di sopra di −70mV ), la sinapsi determina uno stimolo eccitatorio (inibitorio) e la sua intensit`a cresce quanto pi`u `e grande la differenza tra il potenziale di membrana e il potenziale d’inversione. Al contrario, quando la cellula post-sinaptica ha un potenziale di membrana maggiore (minore) del potenziale d’inversione, lo stimolo sinaptico `

e di tipo inibitorio (eccitatorio) e cresce man mano che il potenziale di membrana si discosta da quello d’inversione [1, 2].

Il principale neurotrasmettitore liberato dalle sinapsi eccitatorie del sistema nervoso cen-trale `e il glutammato, mentre il pi`u utilizzato in sinapsi di tipo inibitorio `e l’acido γ-aminobutirrico (GABA). I recettori pi`u diffusi nel sistema nervoso centrale sono gli AM-PA (Amino-Metil-Propionic-Acid) e NMDA (N-Methyl-D-Aspartate) per il glutammato, mentre il GABAA per il GABA. Tutti quanti appartengono alla famiglia dei recettori

(17)

Capitolo 2

Modelli Neurali

La cellula nervosa `e un sistema altamente complesso e ancora, sotto molti aspetti, poco conosciuto. Negli ultimi decenni neurobiologi e neuroscienziati hanno per`o cominciato ad utilizzare sempre pi`u frequentemente modelli matematici, cosa che ha permesso loro una descrizione pi`u quantitativa dei principali processi fisico-chimici che riguardano il neurone. L’obbiettivo principale di questi studi `e quello di comprendere pi`u profondamente le propriet`a funzionali del neurone e di poter disporre di un suo modello in silico che aiuti a chiarire i meccanismi alla base delle diverse funzioni cerebrali.

In questa Tesi verranno presi in considerazione modelli che riguardano esclusivamente le propriet`a elettrofisiologiche del neurone, come la dinamica temporale del potenziale di membrana e quella dei flussi di corrente che la attraversano. L’idea fondamentale alla base di questi modelli `e che l’attivit`a elettrica del neurone possa essere descritta completamente da un circuito elettrico equivalente, composto da resistori, batterie e condensatori.

2.1

Il circuito elettrico equivalente

Nel paragrafo 1.2 abbiamo messo in evidenza l’esistenza di un potenziale di riposo ai capi della membrana cellulare la quale, nonostante presenti propriet`a isolanti, pu`o essere attraversata da correnti grazie alla presenza dei canali ionici. La risposta del potenziale di membrana a correnti di stimolazione di piccola ampiezza pu`o essere riprodotta accuratamente utilizzando il modello circuitale mostrato nel pannello sinistro della figura 2.1. In tale modello il doppio strato lipidico della membrana `e rappresentato da un condensatore, mentre i canali ionici da una resistenza in parallelo. Tale circuito non pu`o per`o riprodurre il comportamento della membrana in risposta a stimoli di maggiore intensit`a, che determinano l’insorgenza di un potenziale d’azione. A tal fine `e necessario inserire nel modello elementi che rappresentino i canali voltaggio-dipendenti. Questo si ottiene introducendo nel circuito equivalente degli elementi resistivi non lineari, come mostrato nel pannello destro della figura 2.1. L’equazione che descrive la dinamica di un tale circuito `e, come noto, la prima legge di Kirchoff:

X

j

Ij = 0, (2.1)

(18)

che in questo caso diventa:

CmV + g˙ N a(V, t)(V − VN a) + gK(V, t)(V − VK) + gL(V − VL) = 0. (2.2)

E’ chiaro che per ottenere una descrizione completa dell’evoluzione temporale del poten-ziale di membrana `e necessario conoscere le funzioni gN a(V, t) e gK(V, t). Come gi`a visto

nel paragrafo 1.3, questo lavoro fu affrontato per la prima volta e in modo brillante da A. Hodgkin e A. Huxley.

Figura 2.1: A sinistra, circuito elettrico che riproduce l’andamento del potenziale di membrana in risposta a correnti di stimolazione di piccola ampiezza. A destra, circuito elettrico capace di riprodurre la generazione di potenziali d’azione. I canali ionici voltaggio-dipendenti sono modellati con resistenze variabili [1].

2.2

Il modello di Hodgkin e Huxley

Per spiegare i dati sperimentali descriventi l’evoluzione temporale delle conduttanze del N a+ e del K+ (figura 1.3) nell’assone gigante del calamaro, Hogkin e Huxley ipotizzarono che i processi di apertura e chiusura dei canali ionici voltaggio-dipendenti corrispondessero a transizioni tra due stati conformazionali diversi che queste macromolecole assumevano a seconda del valore del potenziale di membrana. L’idea era che ogni canale fosse composto da pi`u subunit`a proteiche e che ogni subunit`a poteva trovarsi (indipendentemente dalle altre) o in una configurazione favorevole al passaggio dei flussi ionici, oppure in una configurazione che li bloccava. Il canale ionico si lasciava attraversare dai flussi ionici solo quando tutte le subunit`a assumevano la conformazione favorevole al passaggio. Se pX(t) `e la probabilit`a

che il canale sia aperto, pari alla frazione di canali ionici aperti sulla popolazione totale dei canali selettivi per lo ione X presenti sulla membrana, la conduttanza totale `e allora data da:

(19)

2.2. IL MODELLO DI HODGKIN E HUXLEY 19

dove gX indica il valore massimo della conduttanza allo ione X (raggiungibile in condizioni di attivazione completa dei canali selettivi per X).

Per riprodurre l’andamento temporale della conduttanza al potassio, Hodgkin e Huxley supposero che l’apertura di un canale selettivo al K+ fosse controllata da quattro subunit`a molecolari identiche, ciascuna con probabilit`a n di trovarsi nello stato conformazionale fa-vorevole al passaggio degli ioni. La probabilit`a che il canale si trovi nello stato aperto `e data allora da:

pK(t) = n4(t). (2.4)

E la conduttanza totale da:

gK(t) = gKn4(t), (2.5)

dove n soddisfa ad una cinetica del primo ordine:

˙n = αn(V )(1 − n) − βn(V )n. (2.6)

I coefficienti αne βnrappresentano, rispettivamente, il rate di passaggio dallo stato ‘chiuso’ a

quello ‘aperto’ e il rate del passaggio opposto. La dipendenza di αne βnda V fu determinata

sperimentalmente dagli stessi due studiosi [5]:

αn(V ) = 0.01 · [10 − (V − VK)] / {exp [(10 − (V − VK))/10] − 1}

βn(V ) = 0.125 · exp [−(V − VK)/80] .

(2.7)

Piuttosto che in termini di αn e βn, l’equazione 2.6 pu`o essere espressa utilizzando due

diversi parametri:

τn= 1/(αn+ βn),

n∞= αn/(αn+ βn),

(2.8)

dove τn `e il tempo caratteristico di transizione e n∞ `e il valore stazionario (per t → ∞) di

n(t). In tal modo, l’equazione 2.6 diventa:

˙n = (n∞− n)/τn. (2.9)

L’andamento temporale della conduttanza al N a+ non poteva essere spiegato da un modello simile a quello utilizzato per il K+, a causa del suo andamento bifasico (figura 1.3). Per riprodurre tali caratteristiche, Hodgkin e Huxley proposero che per valori depolarizzanti di V , le subunit`a molecolari non contribuissero tutte all’apertura del canale, ma qualcuna vi si opponesse in modo tale da determinarne la chiusura. Hodgkin e Huxley trovarono un buon accordo con i dati sperimentali supponendo che, a seguito di un processo di depolarizzazione della cellula, tre subunit`a (‘chiuse’ in condizioni stazionarie) si aprissero molto velocemente consentendo un rapido flusso degli ioni N a+all’interno della membrana, mentre una subunit`a

(20)

arresto del flusso ionico. La probabilit`a che il canale si trovi nello stato ‘aperto’ `e data allora da:

pN a(t) = m3(t)h(t). (2.10)

E la conduttanza totale da:

gN a(t) = gN am3(t)h(t). (2.11)

Anche in questo caso si suppose che le variabili m e h seguissero una cinetica del primo ordine: ˙ m = αm(V )(1 − m) − βm(V )m ˙h = αh(V )(1 − h) − βh(V )h, (2.12) oppure ˙ m = (m∞− m)/τm ˙h = (h∞− h)/τh, (2.13)

in termini dei coefficienti

m∞ = αm/(αm+ βm), τm = 1/(αm+ βm)

h∞= αh/(αh+ βh), τh = 1/(αh+ βh).

(2.14)

Anche in questo caso le funzioni definite dalla 2.14 furono determinate dai dati sperimentali [5]: αm(V ) = 0.1 · [25 − (V − VN a)] / {exp [(25 − (V − VN a))/10] − 1} βm(V ) = 4 · exp [−(V − VN a)/18] , αh(V ) = 0.07 · exp [−(V − VN a)/20] , βh(V ) = 1/ {exp [(30 − (V − VN a))/10] − 1} (2.15)

Complessivamente il modello che Hodgkin e Huxley formularono si presenta sotto forma di un sistema di quattro equazioni differenziali accoppiate: l’equazione di Kirchoff per il circuito in figura 2.1 e tre equazioni per la cinetica dei canali voltaggio-dipendenti,

                         CmV = I˙ E(t) − gN a(V, t)(V − VN a) − gK(V, t)(V − VK) − gL(V − VL) ˙ m = (m∞− m)/τm ˙h = (h∞− h)/τh ˙n = (n∞− n)/τn (2.16)

(21)

2.3. MODELLI NEURALI E SISTEMI DINAMICI 21

con Cm = 1µF/cm2 e IE(t) `e una corrente di stimolazione esterna.

In realt`a, il modello originariamente proposto prendeva in considerazione anche la dipen-denza spaziale di V , che per i nostri scopi `e stata omessa. Questo modello fu in grado di riprodurre con accuratezza la forma, l’ampiezza e la velocit`a di propagazione del poten-ziale d’azione osservato sperimentalmente, nonch`e il valore della soglia di eccitabilit`a e la durata dei periodi di refrattariet`a misurati nell’assone gigante del calamaro. Nonostante sia stato sviluppato a partire dai dati sperimentali su questa specie, il modello `e per`o in grado di riprodurre la dinamica di cellule nervose anche molto diverse, purch´e si modifichi-no opportunamente sia i valori dei parametri coinvolti, sia il numero e il tipo di correnti rappresentate.

2.3

Modelli neurali e Sistemi Dinamici

Come `e stato visto nel precedente paragrafo le equazioni di H-H sono non lineari, e pertanto `

e praticamente impossibile determinare analiticamente delle soluzioni non triviali. Tut-tavia `e possibile caratterizzare in maniera qualitativa il tipo di soluzioni (e i corrispondenti comportamenti dinamici) mediante l’impiego dei metodi della teoria dei sistemi dinamici a dimensione finita. In questo paragrafo verranno introdotti, in maniera succinta, alcuni dei concetti e metodi di questa teoria che poi verranno in parte utilizzati in questa tesi.

Un sistema di equazioni differenziali del tipo: ˙

X = F(X, M) (2.17)

dove X(t) ∈ Ω ⊂ Rn`e il generico stato al tempo t, M `e un vettore di parametri, F : Ω → Rn`e un campo vettoriale di classe almeno C1, Ω ⊂ Rn`e un aperto, si definisce sistema dinamico

continuo (vedi Appendice A); l’aperto Ω `e detto spazio delle fasi del sistema dinamico. Cos`ı come il modello di Hodgkin e Huxley, i modelli neurali che andremo a considerare in questa Tesi sono esempi di sistemi dinamici continui.

Nello studio di tali sistemi `e particolarmente importante l’analisi degli stati di equilibrio e delle orbite periodiche. Uno stato X0 ⊂ Ω si dice di equilibrio (o punto fisso) per il

sistema 2.17 se F(X0, M0) = 0. In tal caso se X(0) = X0, X(t) = X0 per t > 0. Una

soluzione X(t) si dice invece periodica, con periodo minimo T , se X(t + T ) = X(t), per ogni t in cui `e definita, e X(t + τ ) 6= X(t) per 0 < τ < T . Una soluzione periodica descrive un’orbita chiusa γ nello spazio delle fasi Ω [13, 14, 15, 16, 17, 18].

2.3.1 Dinamica in prossimit`a dei punti d’equilibrio

Un punto fisso si dice stabile secondo Lyapunov se per ogni intorno U di X0 esiste un intorno

V ⊂ U di X0 tale che ogni soluzione che a t = 0 `e in V , rimane in U per t > 0 (figura 2.2, a

sinistra). Uno stato di equilibrio che non sia stabile `e detto instabile. Un punto fisso stabile X0 `e detto asintoticamente stabile se pu`o essere scelto un suo intorno V tale che, per

(22)

Figura 2.2: Stabilit`a e stabilit`a asintotica. A sinistra `e rappresentato un punto fisso X0 stabile

secondo Lyapunov. A destra, un punto fisso asintoticamente stabile.

2.2, a destra). Il massimo intorno V di X0 per il quale valga la propriet`a precedente `e detto

bacino di attrazione di X0.

Per studiare la stabilit`a di un punto fisso X0 si opera una linearizzazione del sistema 2.17

attorno a tale punto, ottenendo l’equazione: ˙

X(t) = DXF(X0, M0)(X(t) − X0) = A(X(t) − X0). (2.18)

che ha soluzione:

X(t) = X0 + eAt(X(0) − X0). (2.19)

dove X(0) `e la condizione iniziale e A `e la matrice Jacobiana di F calcolata rispetto a X nel punto fisso (X0, M0). Quando tutti gli autovalori di A hanno parte reale non nulla il punto

fisso si dice iperbolico.

Il Teorema di Hartman e Grobman assicura che in prossimit`a di punti fissi iperbolici, le traiettorie descritte nello spazio delle fasi dalle soluzioni del sistema non lineare 2.17 sono topologicamente simili a quelle del sistema linearizzato 2.18, cio`e esiste un omomorfismo h definito in un intorno di X0 che trasforma le orbite del flusso non lineare in quelle del

flusso linearizzato. Questo ci permette di comprendere qualitativamente la dinamica di un sistema non lineare in un intorno del punto fisso iperbolico X0, a partire dalle traiettorie del

sistema linearizzato corrispondente. I punti fissi iperbolici possono essere di tre tipi: pozzo, sorgente e punto di sella. Se tutti gli autovalori di A hanno parte reale negativa, allora si ha che limt→+∞X(t) = X0. In tal caso il punto fisso, che `e asintoticamente stabile, `e

detto pozzo. Se gli autovalori sono tutti reali il pozzo si dice nodo stabile (figura 2.3, A), altrimenti `e detto fuoco stabile (figura 2.3, C). Quando tutti gli autovalori di A hanno parte reale positiva il punto fisso `e instabile e viene detto sorgente. Quando invece alcuni degli autovalori di A hanno parte reale positiva e gli altri hanno parte reale negativa, il punto fisso `e chiamato sella (figura 2.3, F). Un punto di sella `e instabile sia per t → +∞ che per t → −∞.

(23)

2.3. MODELLI NEURALI E SISTEMI DINAMICI 23

Figura 2.3: Punti fissi e stabilit`a. Esempi di punti fissi di un sistema dinamico lineare. In alto: a sinistra `e rappresentato un nodo stabile, a destra un nodo instabile. Nel mezzo: a sinistra `e rappresentato un fuoco stabile, a destra un fuoco instabile. In basso: a sinistra `e rappresentato un punto fisso non iperbolico, a destra un punto di sella.

In corrispondenza di punti fissi non iperbolici, la dinamica non `e facilmente deducibile a partire dalle traiettorie del sistema linearizzato corrispondente (di cui riportiamo un esempio in figura 2.3, E). Per un approfondimento su questo tema si rimanda alla letteratura [13, 14, 15, 16, 17, 18].

2.3.2 Dinamica in prossimit`a di orbite periodiche

Per studiare la stabilit`a delle soluzioni periodiche di un sistema dinamico si utilizza la teoria sviluppata da G. Floquet [13]. Se si opera una linearizzazione del sistema 2.17 in un intorno

(24)

della soluzione periodica X0(t), ponendo y(t) = X(t) − X0(t), con kyk << 1 otteniamo:

˙y(t) = DXF(X0(t), M0)y(t) = A(t, M0)y(t) (2.20)

dove A(t, M0) `e la matrice Jacobiana di F rispetto a X calcolata in X0(t). Poich´e X0(t) `e

periodica di periodo T, lo sar`a anche A. Alla matrice A `e possibile associare (vedi Appendice

Figura 2.4: Esempi di cicli limite. In (a) `e rappresentato un ciclo limite stabile; in (b) e in (c) sono rappresentati cicli limite instabili [16].

A) una matrice Φ, detta matrice monodroma, i cui autovalori {ρ1, ..., ρn} sono chiamati

moltiplicatori di Floquet. Esiste un insieme unico di moltiplicatori di Floquet associati alla matrice A. Ogni ρm (m = 1, ..., n), fornisce una misura di quanto, lungo una particolare

direzione e su un periodo di tempo T, le traiettorie prossime alla soluzione periodica X0(t)

divergono o convergono localmente ad essa.

Uno dei moltiplicatori di Floquet, quello associato alla direzione tangente all’orbita pe-riodica, `e sempre pari all’unit`a (ρt = 1). Se soltanto uno dei moltiplicatori di Floquet si

trova sul cerchio unitario (nel piano complesso), la soluzione periodica si dice iperbolica. Una soluzione periodica iperbolica X0(t) `e poi detta asintoticamente stabile se accade che

|ρm| < 1 per ogni m 6= t. In tal caso, in ognuna delle direzioni non tangenti al ciclo X0(t),

le traiettorie che partono nelle sue vicinanze vengono attratte da esso (figura 2.4, a). X0(t)

`

(25)

2.3. MODELLI NEURALI E SISTEMI DINAMICI 25

o pi`u moltiplicatori di Floquet giacciono al di fuori del cerchio unitario (figura 2.4, b e c). Una soluzione periodica `e non iperbolica se due o pi`u moltiplicatori di Floquet giacciono sul cerchio unitario. In generale per determinare la stabilit`a delle soluzioni non iperboliche `

e necessaria una analisi non lineare specifica [13].

2.3.3 Biforcazioni locali

L’insieme delle curve definite nello spazio delle fasi dalle soluzioni del sistema 2.17 al variare delle condizioni iniziali `e detto phase portrait. Il phase portrait offre un’immagine qual-itativa della dinamica del sistema. La dipendenza del sistema dal vettore dei parametri M implica che anche il phase portrait dipender`a dai valori assunti da questi ultimi. Se alcuni dei parametri vengono variati, il ritratto di fase pu`o deformarsi lievemente senza modificare le sue caratteristiche qualitative; talvolta per`o la dinamica pu`o variare in modo significativo producendo un cambio qualitativo nel ritratto di fase, come ad esempio la comparsa e la scomparsa di punti d’equilibrio, la nascita di orbite periodiche o cambiamenti ancora pi`u complessi: tali cambiamenti vengono denominati biforcazioni.

Per biforcazione locale si intende un cambiamento qualitativo che avviene nell’intorno di un punto fisso o di una soluzione periodica del sistema; qualsiasi altro cambiamento viene detto biforcazione globale. Nel seguito considereremo solo biforcazioni locali di punti fissi di un sistema dinamico al variare di un parametro scalare µ, detto parametro di controllo. Gli autovalori della matrice DXF(X0, µ) dipendono da µ e pu`o capitare che per

un determinato valore µ0, alcuni degli autovalori (reali o complessi) della matrice Jacobiana

finiscano sull’asse immaginario. In tal caso il punto fisso perde la sua iperbolicit`a. Ci`o fornisce un semplice criterio per individuare un punto di biforcazione: determinare cio`e i valori del parametro µ per i quali il flusso linearizzato in un intorno di un certo punto fisso abbia autovalori con parte reale nulla. In generale pu`o accadere che il punto fisso perda la sua stabilit`a in due modi diversi: la matrice Jacobiana A ha un autovalore che si annulla completamente per µ = µ0 (biforcazione nodo-sella, transcritica, a forchetta), oppure

A ha una coppia di autovalori immaginari puri per µ = µ0 (biforcazione di Hopf ). La pi`u

importante tecnica per studiare le biforcazioni locali `e basata sul Teorema della Variet`a Centrale (vedi Appendice A), che pu`o essere impiegato per dedurre il comportamento del sistema dinamico vicino al punto di biforcazione. Le equazioni semplificate che descrivono il sistema non lineare in prossimit`a di tale punto rappresentano la cosiddetta forma normale della biforcazione [13, 14, 15, 16, 17, 18]. La forma normale di un punto di biforcazione nodo-sella `e:

˙x = µ − x2, (2.21)

dove µ `e il parametro di controllo. La forma normale di un punto di biforcazione transcritico `

e invece:

˙x = µx − x2; (2.22)

la forma normale di un punto di biforcazione a forchetta `e:

(26)

mentre la forma normale di una generica biforcazione di Hopf `e: (

˙x = µx − ωy − (x2+ y2)ax ˙

y = ωx + µy − (x2+ y2)ay. (2.24)

Per a > 0 la biforcazione `e detta subcritica, mentre per a < 0 supercritica (figura 2.5).

2.4

Il modello di FitzHugh-Nagumo

Il modello neurale di FitzHugh-Nagumo (FHN) `e un sistema dinamico continuo bidimen-sionale dedotto a partire dal modello di Hodgkin e Huxley sulla base di osservazioni che riguardano la cinetica delle variabili di attivazione e inattivazione dei canali ionici voltaggio-dipendenti m, h, n: le variabili n e h hanno una cinetica caratterizzata da tempi caratter-istici simili e piuttosto grandi (≈ 10ms) rispetto a quelli con cui evolvono le variabili V e m (≈ 1ms); il valore di n + h `e pressoch`e costante e pari a circa 0.8. A partire da tali considerazioni, prima FitzHugh nel 1961 [6], e poi Nagumo nel 1962 [7] (indipendentemente da FitzHugh) dedussero le seguenti equazioni:

(

˙v = v − v3/3 − w + I

˙

w = φ(v + a − bw) (2.25)

dove v `e una variabile adimensionale che descrive la variazione del potenziale di membrana V , e w rappresenta entrambe le variabili ‘lente’ del sistema n e h; a, b, φ sono parametri adimensionali e positivi. I rappresenta la corrente di stimolazione (anch’esso `e un parametro adimensionale).

Un punto fisso delle equazioni 2.25 `e una soluzione del sistema di equazioni algebriche ˙v = 0, ˙w = 0. Ponendo ˙v = 0 in 2.25 si ottiene w = v − v3/3 + I che definisce, nello spazio

delle fasi (v, w), la curva su cui la derivata di v `e zero. Allo stesso modo per ˙w = 0 si ottiene la curva w = (v + a)/b. I punti fissi sono allora tutti e soli i punti di intersezione di queste due curve (figura 2.6).

Assumendo a = 0.7, b = 0.8, φ = 0.08 [8], nel modello FHN c’`e un solo punto fisso (¯v, ¯w). Per caratterizzare la stabilit`a di tale punto fisso `e necessario, come visto nel paragrafo 2.3.1, operare una linearizzazione del sistema dinamico che conduce alle equazioni:

( ˙v = (1 − ¯v2)(v − ¯v) − (w − ¯w) ˙ w = φ(v − ¯v) − φb(w − ¯w) (2.26) da cui: ˙v ˙ w ! = A v − ¯v w − ¯w ! , (2.27) con A = 1 − ¯v 2 −1 φ −bφ ! , (2.28)

(27)

2.4. IL MODELLO DI FITZHUGH-NAGUMO 27

che `e la matrice Jacobiana del sistema calcolata in (¯v, ¯w). Gli autovalori di A sono le soluzioni dell’equazione:

det(A − λI) = [(1 − ¯v2) − λ](−bφ − λ) + φ = 0, (2.29)

e quindi,

λ1/2 =

−(¯v2− 1 + bφ) ±qv2− 1 − bφ)2− 4φ

2 . (2.30)

Secondo la classificazione presentata nel paragrafo 2.3.1, se Re[λ1], Re[λ2] > 0 allora il

punto fisso `e una sorgente; se invece Re[λ1] > 0, Re[λ2] < 0 (o viceversa) il punto fisso `e un

punto di sella. Se Re[λ1], Re[λ2] < 0 il punto fisso `e un pozzo. In particolare se λ1, λ2 ∈ R

il pozzo `e un nodo stabile, altrimenti il pozzo `e un fuoco stabile. Per la scelta dei parametri che `e stata fatta, per I = 0 si ha λ1/2 = −0.5 ± 0.42i, di conseguenza il punto fisso `e un fuoco

stabile. Tale punto di equilibrio rappresenta lo stato di quiescienza del neurone quando non viene stimolato da correnti esterne (I = 0). Se il sistema `e inizialmente in equilibrio e viene perturbato con un impulso di corrente I = Qδ(t) (dove δ(t) `e la delta di Dirac), esso si sposta dallo stato d’equilibrio ad un nuovo stato che, nel piano delle fasi, `e approssimativamente disposto lungo la retta w = ¯w ad una distanza da ¯w che dipende da Q (figura 2.7).

Se l’ampiezza dell’impulso `e piccola, il sistema ritorna rapidamente nello stato d’equi-librio (¯v, ¯w) seguendo una traiettoria a spirale attorno ad esso. Al crescere dell’ampiezza dell’impulso per`o, la traiettoria cambia radicalmente seguendo un percorso pi`u complicato. Le variabili v e w compiono cos`ı delle orbite pi`u estese, finch`e per`o la traiettoria non viene attratta dal punto fisso.

Se stimoliamo il sistema con un gradino di corrente di ampiezza I, cambia la posizione del punto di equilibrio nello spazio delle fasi. Per quanto riguarda la sua stabilit`a, esso rimane stabile finch´e la parte reale dei due autovalori `e negativa. Se la parte reale si annulla o diventa positiva, perturbando il sistema anche in modo molto lieve, la traiettoria pu`o divergere dal punto d’equilibrio. Dall’equazione 2.30 segue che la parte reale si annulla quando la corrente assume un valore I = Ic per cui ¯v = ±

1 − bφ. In corrispondenza di tale valore il punto di equilibrio perde la sua iperbolicit`a e per I > Ic compare nello spazio delle fasi un’orbita

periodica che attrae il sistema per t → ∞ (ciclo limite stabile). In corrispondenza di tale ciclo le variabili v e w oscillano periodicamente. Pertanto abbiamo visto che, variando il parametro I, il sistema `e andato incontro ad una biforcazione, poich´e lo spazio delle fasi per I < Ic e I > Ic non `e topologicamente equivalente. Per I > Ic il punto fisso `e ancora

presente, ma ha perso la sua stabilit`a e contemporaneamente `e comparsa un’orbita periodica asintoticamente stabile.

Poich´e per I = Ic gli autovalori di A sono immaginari puri, il sistema ha subito una

biforcazione di Hopf (paragrafo 2.3.3). Si pu`o dimostrare [13] che, per tale biforcazione, la frequenza delle oscillazioni `e determinata dalla parte immaginaria degli autovalori. Poich´e Im[λ] 6= 0, la frequenza non pu`o mai essere zero.

(28)

2.5

Il modello di Morris-Lecar

Il modello di Morris-Lecar fu introdotto nel 1981 per descrivere la dinamica del potenziale di membrana delle fibre muscolari di una specie particolare di crostaceo, le quali presentano fenomeni di eccitabilit`a elettrica simili a quelli delle cellule neurali [9]. Le correnti ioniche presenti nel modello sono due: una corrente uscente dalla fibra dovuta agli ioni K+ e una corrente entrante dovuta agli ioni Ca2+. Le variabili che nel modello descrivono la cinetica dei canali voltaggio-dipendenti sono m per il Ca2+ e w per il K+. Sperimentalmente si

osserva che ICa varia con tempi caratteristici molto piccoli (≈ 0.1ms) rispetto a quelli di

IK (≈ 10ms), per cui nel modello `e possibile trascurare la dipendenza dal tempo per m:

m(V, t) = m∞(V ). Pertanto il modello di Morris-Lecar `e definito dalle seguenti equazioni:

( CmV = −I˙ ionic(V, w) + I ˙ w = (w∞(V ) − w)/τw(V ) (2.31) con Cm = 1µF/cm2, Iionic = ¯gCam∞(V )(V − VCa) + ¯gKw(V − VK) + ¯gL(V − VL) e m∞(V ) =

0.5(1 + tanh((V + 1)/15)), w∞(V ) = 0.5(1 + tanh(V /30)), τw(V ) = 5/(cosh(V /60)), ¯gCa =

1.1mS/cm2, ¯g

K = 2.0mS/cm2, ¯gL = 0.5mS/cm2, VCa = 100mV , VK = −70mV , VL =

−50mV .

Per I = 0 c’`e un punto fisso stabile determinato dall’intersezione delle curve ˙V = 0 e ˙w = 0 (figura 2.9). Utilizzando correnti di stimolazione di ampiezza crescente tale punto fisso diven-ta insdiven-tabile e, come nel modello FHN, vengono generati treni di potenziali d’azione periodici. La biforcazione che determina questa transizione `e quella di Hopf e il corrispondente diagram-ma di biforcazione `e mostrato in figura 2.9. Ponendo w∞(V ) = 0.5(1 + tanh((V − 10)/14.5)),

τw(V ) = 3/(cosh((V − 10)/29)), ¯gCa = 1mS/cm2 si trova che le curve ˙V = 0 e ˙w = 0 si

intersecano in tre punti distinti (figura 2.10, a sinistra). Dall’analisi di stabilit`a di tali punti fissi si evince che essi sono un nodo stabile, un punto di sella e un fuoco instabile. Il nodo stabile rappresenta lo stato di quiescienza della fibra quando non viene stimolata da correnti esterne. Perturbando il sistema con gradini di corrente di piccola ampiezza, si generano delle orbite che asintoticamente convergono nel nodo stabile. Crescendo ulteriormente l’ampiezza della corrente di stimolazione il nodo stabile e il punto di sella vengono a trovarsi via via pi`u vicini finch´e per I = Ic si fondono e nasce, per I > Ic un’orbita periodica. Il sistema `e

andato incontro ad una biforcazione nodo-sella. Questa volta per I = Ic non solo la parte

reale degli autovalori `e nulla, ma anche quella immaginaria. Questa biforcazione presenta caratteristiche differenti da una generica biforcazione di Hopf. Infatti, l’orbita periodica pu`o essere percorsa dal sistema anche con frequenza molto piccola (figura 2.10). In effetti, pu`o essere dimostrato [10] che in prossimit`a di una generica biforcazione nodo-sella la dipendenza della frequenza del ciclo limite dalla corrente di stimolazione `e data da ν ∝√I − Ic.

2.6

Il modello LIF (Leaky Integrate-and-Fire)

Finora abbiamo considerato modelli neurali nei quali la cinetica dei canali ionici voltaggio-dipendenti veniva descritta dettagliatamente in modo da riprodurre con accuratezza il tipico

(29)

2.7. IL MODELLO QIF (QUADRATIC INTEGRATE-AND-FIRE) 29

andamento temporale del potenziale d’azione. Tuttavia questa accuratezza si paga intro-ducendo una o pi`u equazioni differenziali (non lineari) nel modello. Ci`o rende difficoltoso sia lo studio analitico delle sue propriet`a, che il suo utilizzo per simulazioni di reti estese di neuroni. Comunque, con ipotesi opportune, `e possibile introdurre dei modelli di singo-lo neurone definiti da una sola equazione differenziale descrivente l’evoluzione temporale del potenziale di membrana. Il pi`u semplice e utilizzato di tali modelli `e il cosiddetto LIF (Leaky Integrate-and-Fire), descritto dall’equazione [8]:

CmV = −g˙ L(V − VL) + Iext. (2.32)

Tale modello non `e in grado di riprodurre il potenziale d’azione. Per poter descrivere la generazione di potenziali d’azione si fissa allora un valore del potenziale Vth, detto

poten-ziale di soglia, raggiunto il quale la variabile V viene resettata ad un valore Vr detto

potenziale di resetting. Per convenzione si assume che nel momento in cui si raggiunge il potenziale di soglia venga generato un potenziale d’azione. Con questa prescrizione la soluzione dell’equazione 2.32, definita nell’intervallo temporale tra un potenziale d’azione e l’altro, `e data da:

V (t) = Vr+

Iext+ gL(VL− Vr)

gL

(1 − e−tgL/Cm), (2.33)

con V (0) = Vr.

Se Iext ≤ gL(Vth − VL) allora il potenziale tende ad un valore stazionario V∗(Iext) =

VL+ Iext/gL≤ Vth e non si generano potenziali d’azione. Se Iext > gL(Vth− VL) allora, dopo

un certo intervallo temporale finito, si ha che V (t) = Vth; a questo punto si pone V (t) = Vr

e l’evoluzione temporale riprende. In questo modo la generazione di potenziali d’azione `e periodica e la corrispondente frequenza di scarica `e data da:

f = " Cm gm ln Iext− gm(Vr− VL) Iext− gm(Vth− VL) !#−1 . (2.34)

2.7

Il modello QIF (Quadratic Integrate-and-Fire)

Il modello QIF `e stato introdotto per la prima volta da B. Ermentrout e N. Kopell nel 1986 ed `e un sistema dinamico unidimensionale a cui `e possibile ricondurre tutti i modelli neurali che presentano una biforcazione nodo-sella come meccanismo per la generazione del firing (ad esempio il modello di Morris-Lecar) [11, 12].

Consideriamo il seguente sistema di equazioni differenziali descrivente un certo modello neurale:

˙

X = F0(X) + 2N(X) (2.35)

e supponiamo che ¯X sia un punto fisso quando `e  = 0. Assumiamo inoltre che per  = 0, ¯X `

e un punto di biforcazione nodo-sella. Nella 2.35 il campo vettoriale F0(X) rappresenta le

equazioni che descrivono il modello neurale imperturbato, mentre N(X) rappresenta il ter-mine perturbativo dovuto alle correnti di stimolazione (sia costanti che variabili). Operando

(30)

uno sviluppo del campo vettoriale F0(X) attorno al punto di biforcazione ¯X si ottiene:

F0(X) ≈ A(X − ¯X) + Q(X − ¯X, X − ¯X) (2.36)

dove con Q(X − ¯X, X − ¯X) si `e indicato il termine quadratico dello sviluppo di Taylor di F0. La matrice A = DF0( ¯X) ha un autovalore λ∗ nullo (paragrafo 2.3.3). Indichiamo con e

l’autovettore di A associato a tale autovalore e con f l’autovettore di AT tale che f·e = 1. Sia X(t) ≈ ¯X + ze dove z `e una variabile scalare dipendente dal tempo. Grazie al procedimento di riduzione alla variet`a centrale (vedi Appendice A), `e possibile dimostrare [11] che il sistema di equazioni 2.35 pu`o essere descritto, in prossimit`a del punto di biforcazione, dalla seguente equazione:

˙z = hf · N( ¯X) + f · Q(e, e)z2i. (2.37)

Ponendo poi η = f · N( ¯X) e ρ = f · Q(e, e) si ottiene:

˙z = (η + ρz2). (2.38)

Il termine ρ dipende dai dettagli del modello neurale considerato mentre η `e proporzionale alla corrente di stimolazione.

Se η, ρ hanno segno opposto allora il sistema ha due punti fissi z1∗ e z2∗, uno stabile corrispondente al nodo stabile del sistema 2.35 e l’altro instabile, corrispondente alla sella. Se η, ρ hanno lo stesso segno si ha:

z(t) = s η ρtan[ √ ηρ(t − c)], (2.39)

che `e una soluzione periodica corrispondente al ciclo limite che nasce a seguito della bifor-cazione nodo-sella. La variabile z `e periodica ma ha una singolarit`a per la presenza della funzione tangente. Allora, per ottenere una scarica periodica di potenziali d’azione `e neces-sario, come gi`a fatto per il modello LIF, fissare un valore di soglia per la variabile z. Una volta che tale valore viene raggiunto, l’evoluzione riprende a partire da un prefissato valore di resetting della variabile z. Per il fatto che il sistema presenta una biforcazione nodo-sella la frequenza di firing dipende da I secondo la legge f ∝ √I − Ic (vedi paragrafo 2.5).

(31)

2.7. IL MODELLO QIF (QUADRATIC INTEGRATE-AND-FIRE) 31

Figura 2.5: Forme normali di biforcazioni locali. In alto: a sinistra `e rappresentato il diagramma di biforcazione per una biforcazione di tipo nodo-sella; nel mezzo `e rappresentata una biforcazione a forchetta; a destra, una biforcazione transcritica. In basso: diagrammi di biforcazione per una bifor-cazione di Hopf. A sinistra `e rappresentata una biforcazione supercritica, a destra una biforcazione subcritica [18].

(32)

Figura 2.6: Spazio delle fasi per il modello FHN. La linea continua `e definita da ˙v = 0, la linea tratteggiata da ˙w = 0. L’intersezione delle due curve `e il punto fisso del sistema [8].

Figura 2.7: Sistema FHN perturbato. In grassetto sono riportate le curve ˙v = 0 e ˙w = 0. A sinistra, evoluzione del sistema dopo una perturbazione impulsiva I = Qδ(t) per due diversi valori di Q (linea tratteggiata e linea continua). A destra, risposta ad una perturbazione a gradino [8].

(33)

2.7. IL MODELLO QIF (QUADRATIC INTEGRATE-AND-FIRE) 33

Figura 2.8: Caratterizzazione dinamica del modello FHN. In alto: diagramma di biforcazione che mostra la stabilit`a del punto fisso in funzione della corrente di stimolazione. Per I = Ic il sistema

presenta una biforcazione di Hopf e il punto fisso si trasforma da stabile (linea continua) a instabile (linea tratteggiata). In basso: frequenza di scarica di potenziali d’azione al variare dell’ampiezza del gradino di corrente di stimolazione [8].

(34)

Figura 2.9: Modello di Morris-Lecar. A sinistra: spazio delle fasi del sistema. In grassetto sono riportate le curve ˙V = 0 (linea continua), ˙w = 0 (linea tratteggiata); le linee pi`u sottili rappresen-tano orbite tipiche ottenute con stimolazioni di ampiezza opportuna. A destra: in alto `e riportato il diagramma di biforcazione che mostra la stabilit`a del punto fisso al variare della corrente di stimolazione. La linea `e continua se il punto fisso `e stabile, mentre `e tratteggiata se `e instabile; in basso `e riportata la frequenza di firing in funzione della corrente di stimolazione [8].

(35)

2.7. IL MODELLO QIF (QUADRATIC INTEGRATE-AND-FIRE) 35

Figura 2.10: Modello di Morris-Lecar modificato. A sinistra: in alto, spazio delle fasi del sistema; in basso, ingrandimento in corrispondenza dei punti fissi responsabili della biforcazione nodo-sella. A destra: in alto, diagramma di biforcazione che mostra la stabilit`a dei punti fissi del sistema al variare della corrente di stimolazione; in basso, frequenza di firing in funzione della corrente di stimolazione [8].

(36)
(37)

Capitolo 3

Sincronizzazione neurale

Una delle caratteristiche pi`u importanti del cervello `e la straordinaria abbondanza di con-nessioni sinaptiche tra le cellule che lo costituiscono. Questa sua peculiarit`a fa s`ı che esso possa essere considerato, a tutti gli effetti, una vera e propria rete. Dagli studi pi`u recenti sul sistema nervoso `e emerso che i neuroni si organizzano in reti locali caratterizzate da una alta densit`a di connessioni tra i propri elementi, e che tali reti sono in comunicazione tra loro e partecipano cooperativamente all’elaborazione dell’informazione neurale. Uno degli scenari dinamici principali di queste popolazioni di neuroni `e la sincronia, ovvero la generazione di scariche sincrone di potenziali d’azione [19, 20, 21, 22]. Tali scariche danno origine ad oscil-lazioni elettriche di grande ampiezza che possono essere facilmente riconosciute sui tracciati elettroencefalografici (EEG). La loro rilevanza dal punto di vista fisiologico e fisiopatologico, nonch`e la formalizzazione da un punto di vista analitico della dinamica sottostante a questi fenomeni, saranno gli argomenti trattati in questo capitolo.

3.1

Rilevanza fisiologica

I fenomeni di sincronizzazione cominciarono ad attirare l’attenzione degli studiosi da quando alcune indagini sperimentali li misero in relazione con il problema del collegamento (o binding problem). Con tale nome viene indicato uno dei problemi fondamentali ancora irrisolti nel campo delle neuroscienze cognitive. E’ noto, infatti, che l’informazione sensori-ale non viene elaborata attraverso un flusso di analisi successive effettuate in un’unica via nervosa organizzata gerarchicamente. Tipicamente, invece, pi`u vie nervose elaborano par-allelamente le afferenze sensoriali, interagendo e influenzandosi tra loro. Ma allora, in che modo avviene l’integrazione dell’informazione elaborata nelle diverse aree corticali? Quali sono le modalit`a con le quali tali informazioni vengono poi collegate per permettere una percezione unitaria dell’input sensoriale? Certamente `e necessario che esista un meccanismo che colleghi temporaneamente le reti di neuroni che elaborano caratteristiche associate ad un dato stimolo e, allo stesso tempo, un meccanismo di segmentazione che separi le reti che codificano caratteristiche associate ad altri stimoli. In tal modo sarebbe possibile estrarre dalle informazioni sensoriali i dati rilevanti e riunirli in una percezione unitaria. Ad esempio,

Figura

Figura 1.5: Sinapsi chimica: la terminazione dell’assone ` e costituita dalla struttura raffigurata su- su-periormente, mentre la spina formata dal neurone ricevente la sinapsi ` e rappresentata inferiormente
Figura 2.2: Stabilit` a e stabilit` a asintotica. A sinistra ` e rappresentato un punto fisso X 0 stabile
Figura 2.4: Esempi di cicli limite. In (a) ` e rappresentato un ciclo limite stabile; in (b) e in (c) sono rappresentati cicli limite instabili [16].
Figura 2.5: Forme normali di biforcazioni locali. In alto: a sinistra ` e rappresentato il diagramma di biforcazione per una biforcazione di tipo nodo-sella; nel mezzo ` e rappresentata una biforcazione a forchetta; a destra, una biforcazione transcritica
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