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6. SPORT - La fisica degli sport

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Academic year: 2021

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La Fisica degli Sport

CON APPROFONDIMENTO SUL MOTO PARABOLICO

Sofia Atzeni , 2°L Liceo Amaldi di Roma

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Il Fisico Sportivo

Tutti i giorni applichiamo senza saperlo una miriade di leggi fisiche, ogni nostro movimento può essere analizzato come la composizione delle applicazioni di particolari principi fisici che rendono possibile ogni nostra azione. Il semplice atto di saltare può essere, ad esempio, definito come una spinta propulsiva da-gli arti inferiori che tramite energia cinetica, vincendo la forza di gravità, per-mette il temporaneo distacco dal terreno. Se tutto può essere analizzato sotto questo punto di vista, che pur rendendo complicato ogni semplice e naturale movimento si dimostra essere interessante, sono inimmaginabili le applicazioni delle leggi fisiche negli sport, che, nella maggior parte dei casi, prevedono par-ticolari e specifici movimenti; si va dalla forza d’attrito all’energia, al moto pa-rabolico: si apre un capitolo che sarà difficile da analizzare 360° in un piccolo articolo!

L’ENERGIA

In qualsiasi nostra azione utilizziamo energia, essa si trasforma e passa da un corpo all’altro e facendolo ha bisogno di essere descritta da diverse leggi fisi-che. Non andremo ad inoltrarci nell’interessantissimo concetto di Entropia, nel-le nel-leggi della Termodinamica e in paradossi come “Il diavonel-letto di Maxwell” che hanno fatto tremare i fondamenti della fisica (che però invito caldamente il let-tore ad approfondire in seguito!), ci limiteremo all’energia impiegata nel movi-mento, l’energia cinetica.

L’Energia Cinetica è l’energia che possiede un corpo per il movimento che ha o che acquista ed è associata alla massa e alla velocità di un corpo in movimento essa infatti si può calcolare come la metà del prodotto tra la massa del corpo e il quadrato della sua velocità . In ogni singolo movimento utiliz-ziamo energia cinetica ricavata da una “trasformazione” dell’Energia Potenzia-le, la capacità di un corpo di trasformare la propria energia in un’altra forma di energia, come proprio la stessa energia cinetica; possiamo studiare diversi tipi di energia potenziale, essa viene avvolte definita come il prodotto tra massa del corpo, accelerazione di gravità e quota a cui si trova il corpo, altre volte, se la quota è arbitraria, allora l’Energia potenziale diventa pari a , in cui G è la costante di gravitazione universale, M la massa del corpo celeste, m la massa del corpo e r dal distanza dal centro del corpo celeste. La somma di

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Energia Meccanica e Potenziale è pari all’Energia Meccanica che risulta costan-te (Principio di Conservazione dell’Energia Meccanica): una si trasforma nell’al-tra, di conseguenza se aumenta l’una diminuisce l’altra e la loro somma è quin-di costante (come se 5+5=10, (5-1)+(5+1)=4+6=10, è stata tolta un’unità al pri-mo 5 e “donata” al secondo 5 e la somma rimane pari a 10). La più “ovvia” ap-plicazione del principio di Conservazione dell’Energia Meccanica si trova osser-vando le Montagne Russe: nelle discese l’Energia Cinetica diventa massima e la Potenziale minima, nelle salite accade l’inverso fino ad arrivare alla fine della salita (o l’inizio della discesa) dopo cui l’Energia Cinetica inizierà ad acquistare di nuovo valore.

L’Immagine illustra il fenomeno indicando con K l’Energia Cinetica e con U l’Energia Potenziale.

Altre applicazioni sono riscontrabili nelle gare di Motocross, nelle corse, in ge-nerale in qualsivoglia movimento.

LE LEVE

Il nostro corpo è una macchina, una macchina estremamente complessa in cui ogni elemento deve collaborare con altri per rendere possibile qualsiasi azione. Il nostro corpo, come visto in precedenza, sfrutta energia per compiere un mo-vimento, ma esso può essere reso meno faticoso attraverso l’utilizzo involonta-rio di macchine semplici come le leve. La leva, per definizione, è una macchina semplice costituita da un’asta rigida capace di muoversi attorno ad un punto fisso, il Fulcro. Su quest’asta vengono applicate due forze, rispettivamente det-te Podet-tenza (forza applicata) e Resisdet-tenza (forza che resisdet-te e che deve essere vinta da quella applicata) ed in base a dove vengono applicate sull’asta, le leve possono essere classificate in leve di primo genere (Potenza e Resistenza ven-gono applicate in due parti opposte rispetto al Fulcro, che quindi risulta essere tra le due), leve di secondo genere (Potenza e Resistenza vengono applicate sul-la stessa parte dell’asta rispetto al Fulcro, con sul-la Resistenza tra Fulcro e Poten-za) e leve di terzo di genere (anche qui le due forze vengono applicate sulla

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stessa parte dell’asta rispetto al fulcro, ma stavolta è la Potenza a trovarsi tra Resistenza e Fulcro); vi sono poi leve vantaggiose (la Potenza richiesta è mino-re della Resistenza), svantaggiose (la Potenza richiesta è maggiomino-re della mino- resi-stenza) ed indifferenti (La Potenza richiesta è pari alla Resiresi-stenza). Notare co-me le Leve di primo genere possono essere vantaggiose, svantaggiose o indiffe-renti, quelle di secondo son sempre vantaggiose, mentre quelle di terzo sono sempre svantaggiose.

Leva di 1° genere.

Leva di 2° genere.

Leva di 3° genere.

Il nostro corpo presenta moltissime leve, dall’articolazione del capo (leva che permette il movimento della testa), al braccio o alla gamba in cui rispettiva-mente il gomito e il ginocchio rappresentano il fulcro della leva, ma anche le stesse dita dei piedi possono essere fulcri di una leva nel momento in cui ci mettiamo in punta di piedi: la potenza è rappresentata dai muscoli del polpac-cio e la resistenza è il peso che grava sulla caviglia (esempio di leva di 2° tipo). Sono quindi inimmaginabili le applicazioni delle leve negli sport, prendiamo per

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esempio la Scherma: in una disciplina in cui sono necessari movimenti repenti-ni e simultanei di più parti del corpo, dall’affondo al minuzioso movimento del polso, le leve sono le indiscusse protagoniste del movimento.

Leve nel nostro corpo.

LA FORZA D’ATTRITO

La forza d’Attrito è una forza d’interazione tra due superfici che può scaturire un aumento di temperatura (come quando strofiniamo le mani), un rallenta-mento del corpo che entra a contatto con la superficie (se si lascia rotolare una palla su una superficie prima o poi si fermerà) o una deformazione del corpo. L’attrito è quindi una forza resistente con cui conviviamo a sempre, basta pen-sare all’attrito dell’aria che non permette, insieme alla forza di gravità, ad un qualsiasi oggetto lanciato di “fluttuare” per un periodo di tempo prolungato, o all’attrito con il suolo, che ci permette di camminare: senza l’attrito con il suo-lo, camminare sarebbe come scivolare sul ghiaccio. Ma perché l’attrito con il ghiaccio è trascurabile, mentre quello con l’asfalto no? Perché ogni superficie interagisce con altre in modo diverso a seconda non solo delle sue caratteristi-che fisicaratteristi-che (dimensioni, massa…) ma ancaratteristi-che delle sue caratteristicaratteristi-che chimicaratteristi-che, a seconda cioè della natura del materiale indicata da un numero detto “coeffi-ciente d’attrito (statico o dinamico)” che deve essere preso in considerazione nel calcolo della forza d’attrito; in questo modo, l’attrito con il ghiaccio è tra-scurabile, mentre quello con l’asfalto è tale da permettere di camminare. La Forza d’attrito è quindi un fattore fondamentale negli sport come la corsa, do-ve è essa stessa a permettere il movimento, mentre in altri, come lo sci di fon-do, l’atleta dovrà opporsi alla forza d’attrito per raggiungere la velocità più alta possibile. Il Pattinaggio su ghiaccio è uno sport che si basa quasi esclusivamen-te sul basso attrito del ghiaccio, che permetesclusivamen-te sciolesclusivamen-tezza nel movimento e che così rende aggraziate e naturali le performance.

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LA QUANTITÀ DI MOTO E IL MOMENTO ANGOLARE

Il concetto di Momento Angolare si sposa perfettamente con il pattinaggio su ghiaccio accennato in precedenza o con le figure effettuate dalle ballerine di danza classica perché riesce a spiegare le pirouette che abbelliscono le coreo-grafie ed in generale ogni sorta di movimento circolare effettuato dalle stesse; tuttavia, è doveroso accennare innanzitutto la Quantità di Moto, da cui poi de-riva il concetto di Momento Angolare (e per questo viene spesso anche chia-mata “Momento Lineare”).

La Quantità di Moto è una grandezza fisica definibile come il prodotto tra la massa di un corpo e la sua velocità. Essa risulta essere una grandezza

conserva-tiva, che non varia cioè nel tempo (a meno che non ci siano forze esterne nel

sistema), e si conserva anche nel momento in cui un corpo con una certa quan-tità di moto p si scontra con un altro oggetto in quanto non fa che trasferire un po' della sua quantità di moto all’oggetto urtato (parte di p si “trasferisce” in un altro corpo e di conseguenza non “scompare”); applicazioni del principio della conservazione della quantità di moto si possono facilmente riscontrare nel Biliardo, uno sport completamente basato su questo principio fisico: consi-ste proprio nel colpire una palla da biliardo bianca che andrà a colpirne un’altra trasferendole parte della sua quantità di moto in modo da cadere poi conse-guentemente in una delle buche.

In questo gioco la pallina rossa andrà a scontrarsi con le altre trasferendo loro la sua quantità di moto fino ad arrivare alla pallina bianca che è all’estremità che, non potendo “sfogare” su nessun’altra pallina la quantità di moto, si alzerà per poi sbattere di nuovo contro le altre palline…

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Il Momento Angolare non è che una sfumatura della quantità di moto, l’equiva-lente di quest’ultima per le rotazioni: esso può essere infatti definito come il prodotto vettoriale tra il vettore distanza da un punto fisso e il vettore quan-tità di moto (che a sua volta è il prodotto tra massa e velocità). Così come la quantità di moto, anche il Momento Angolare si conserva e questo è fonda-mentale per la spiegazione del “moto rotatorio”. Analizziamo il fenomeno: Il Momento Angolare (L) varia al variare della distanza dal centro della sua traiet-toria circolare (r) e della quantità di moto (p) che a sua volta varia al variare della massa del corpo (m) e della sua velocità (v). Tutte queste grandezze fisi-che sono legate da operazioni di moltiplicazione, ciò significa fisi-che se aumenta di modulo anche solo una tra r, m o v aumenterà anche L; tuttavia, abbiamo detto che L si conserva, non cambia cioè mai di modulo: se quindi ad esempio analizziamo il moto di una pattinatrice nel momento in cui sta effettuando una pirouette, una sequenza di giri su sé stessa, con le braccia aperte avrà una cer-ta velocità di rocer-tazione v, mentre quando porterà a sé le braccia la discer-tanza r dal centro di rotazione diminuirà e risponderà un aumento della velocità v in modo da mantenere costante il modulo di L (è diminuita r facendo diminuire conseguentemente anche L, ma per impedirlo aumenta la velocità v rispetto al valore iniziale).

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IL MOTO PARABOLICO (O DEL PROIETTILE)

Chiudiamo questa nostra piccola esplorazione degli Sport dal punto di vista del Fisico parlando di Sport molto popolari tra gli adolescenti e non solo: la palla-volo e il calcio, che ho qui deciso di mettere a confronto in quanto entrambi prevedono il lancio di un corpo, facendogli acquisire una traiettoria molto par-ticolare: una traiettoria parabolica, ad arco di parabola. Ricordiamo che la Para-bola è, per definizione, il luogo dei punti geometrici equidistanti da un punto fisso detto Fuoco e da una retta detta Direttrice, ottenendo un insieme di punti che formano una curva a cui si può approssimare la traiettoria di un pallone calciato da un giocatore, o che è stato appena impiegato in una battuta all’ini-zio di una partita di pallavolo, o per un palleggio, o ancora un bagher…

Nei casi precedentemente descritti il moto ha origine a seguito di un urto subi-to dal corpo (il pallone) da parte di un giocasubi-tore che quindi applica una forza che scaturisce nell’acquisto del corpo di un’accelerazione a, e quindi di una ve-locità iniziale v0 che, come ogni vettore, si può scomporre in una componente

verticale ed orizzontale. La velocità del pallone v varia sempre in un moto para-bolico, ma non necessariamente variano insieme a lei anche le sue due compo-nenti: infatti, è solamente la componente verticale a cambiare, mentre la com-ponente orizzontale mantiene sempre lo stesso modulo. Andiamo ad analizza-re nel dettaglio il Moto Parabolico.

Anche nel Basket troviamo applicazioni del Moto Parabolico.

NOTA: La traiettoria del pallone può essere solo approssimata ad un arco di pa-rabola in quanto agiscono sul corpo diverse forze (attrito dell’aria) oltre la For-za Peso.

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Un po' di Teoria…

•ATTENZIONE: Da qui inizia un discorso legato alla fisica allo stato più puro dove si andrà a

studiare ogni caratteristica del Moto Parabolico facendo largo uso anche della Matematica• Un corpo assume un moto parabolico (o “del proiettile”) nel momento in cui descrive una traiettoria ad arco di parabola, considerando quindi solo l’azione della forza di gravità, senza agenti esterni. Il moto si può definire anche come la combinazione simultanea di un moto rettilineo uniforme, sull’asse x, e di un moto uniformemente accelerato, sull’asse y: questo si può evincere attraverso rappresentazioni grafiche del moto, o anche praticamente: se assumiamo infat-ti il corpo un punto materiale ed osserviamo il suo moto frontalmente (come se i nostri occhi giacessero sull’asse y), vedremo un punto che raggiungerà un’altezza massima decelerando rispetto al punto di partenza per poi accelera-re di nuovo fino alla fine del moto; se al contrario osserviamo il fenomeno “da sotto” (come se i nostri occhi giacessero sull’asse x) vedremo quello stesso punto percorrere una traiettoria rettilinea con velocità costante, dall’inizio alla fine del moto!

Qui possiamo vedere una rappresentazione grafica del moto parabolico assunto dal corpo indicato dal punto rosso. Il vettore Velocità (indicato con “V”) ha come direzione la tan-gente alla parabola nella posizione assunta dal punto in un certo istante ed è la somma dei vettori vx (proiezione sull’asse x di V) e vy (proiezione sull’asse y di V); dal grafico, si

può notare come il modulo del vettore vx non vari mai (sull’asse x, il corpo compie un

mo-do rettilineo uniforme, e quindi con velocità costante) mentre quello del vettore vy varia

sempre partendo da un valore iniziale rispetto cui decelera fino al raggiungimento dell’al-tezza massima, per poi accelerare di nuovo.

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Da questi presupposti si possono introdurre diversi altri concetti: leggi orarie, equazioni della velocità, equazione della traiettoria, gittata, quota, tempo di volo. (Si specifica che in alcuni passaggi potrebbero essere omesse le unità di misura, rendendo le formule modellizzate).

La legge oraria, per definizione, esprime il variare dello spazio al variare del tempo. Essendo il moto parabolico la composizione simultanea di due moti, per essere descritto avrà bisogno di due leggi orarie, una per il moto rettilineo uniforme, ed una per il moto uniformemente accelerato. Per il moto rettilineo uniforme, ricordiamo che s = s0 + vt, lo spazio è cioè pari alla somma tra lo

spa-zio iniziale e il prodotto tra la velocità ed il tempo. Assumiamo il corpo iniziare il suo moto nell’origine degli assi cartesiani: avremo s0=0 e la velocità pari alla

componente x del vettore V, che come spiegato in precedenza rimane costante nel corso del moto. Indicando le componenti della Velocità iniziale del corpo (la velocità del corpo all’inizio del moto) V0x e V0y rispettivamente, avremo: sx =

v0x ∙ t, lo spazio percorso dal corpo sull’asse x è cioè pari al prodotto tra la

com-ponente x della velocità (che risulta costante e che indicheremo con v0x, cioè

come “la componente x della velocità iniziale”) e il tempo trascorso dall’inizio del moto. Per quanto riguarda sy (lo spazio percorso dal corpo sull’asse y) procediamo con un

simile ragionamento; per il moto uniformemente accelerato avremo la seguen-te legge oraria: s = s0 + v0t + at2, lo spazio è cioè pari alla somma tra lo spazio

iniziale, il prodotto tra la velocità iniziale ed il tempo trascorso, e la metà del prodotto tra l’accelerazione e il quadrato del tempo trascorso. Per quanto ri-guarda il moto uniformemente accelerato applicat0 al moto parabolico, avre-mo s0=0 come spiegato in precedenza, v0=v0y in quanto il corpo, sull’asse y,

as-sume sempre una diversa velocità a seconda del tempo e quella iniziale sarà “voy”, ovvero la componente y della velocità iniziale, ed infine a=-g, in quanto il

corpo decelera fino al raggiungimento dell’altezza massima viaggiando infatti contrariamente alla forza di gravità. Avremo infine: sy =v0yt- gt2, lo spazio

per-corso sull’asse y è cioè pari alla differenza tra il prodotto della velocità iniziale sull’asse y ed il tempo trascorso e la metà del prodotto tra l’accelerazione di gravità e il quadrato del tempo trascorso. Assumendo g= 9,8 m s-2, avremo

sy=4,9t2.

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Per le equazioni della velocità procediamo allo stesso modo: sull’asse x avremo sempre vx=v0x (a velocità sull’asse x rimane infatti costante); per il moto

unifor-memente accelerato avremo invece: v=v0+at, ricordiamo che v0=voy e che a= -g,

di conseguenza: vy = voy – gt, sostituendo g: vy = voy -9,8t.

Per il moto rettilineo uniforme avremo quindi

L’equazione della Traiettoria esprime la posizione del corpo, assunto essere un punto materiale, sul piano cartesiano: grazie ad essa, infatti, si può risalire alla coordinata y nota la coordinata x e viceversa. Si può ricavare grazie al sistema

ottenuto per descrivere le leggi orarie: .

Procediamo applicando il metodo di sostituzione: abbiamo infatti sx = voxt, di

conseguenza t= sx ∙ vox-1; procediamo quindi sostituendo t alla formula ottenuta

per sy; sy = voy ∙ sx ∙ vox-1 – 4,9 ∙ sx2 ∙ vox-2. Prendendo atto del fatto che “lo spazio

percorso sull’asse x” e “lo spazio percorso sull’asse y” rappresentano le stesse coordinate del corpo, avremo: y= x – 4,9 .

La gittata è la distanza tra la posizione iniziale del corpo e quella finale, la diffe-renza delle coordinate x di queste due posizioni; assumendo il punto di parten-za del corpo essere l’origine degli assi cartesiani (xo=0) allora la gittata è

l’ascis-sa del punto finale. Anche qui risolviamo con un sistema, abbiamo infatti l’equazione della traiettoria e sappiamo che sia nella posizione iniziale che in quella finale il corpo ha ordinata 0 (giace sull’asse x), quindi:

,

applicando il metodo del confronto, avremo: , prendendo in

evidenza x: ,

ciò significa che uno dei due prodotti annulla l’altro; se x=0 il punto avrebbe coordinate P(0;0) che corrisponde all’intersezione degli assi cartesiani e quindi al punto di partenza, mentre se ciò che all’interno della parentesi è pari a 0 ot-terremo un punto con coordinate P(?;0) che corrisponde proprio al punto fina-le del moto, tutto ciò che ci occorre è quindi trovare l’ascissa. Abbiamo quindi:

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semplificando: , sapendo che 4,9= g:

= gittata, ovvero la distanza percorsa dal corpo nel corso del suo moto parabolico, che qui leggiamo come il doppio del rapporto tra il prodotto delle due componenti della velocità iniziale del corpo e l’accelerazione di gra-vità.

Nota la gittata, possiamo ricavare la quota, ovvero l’altezza massima raggiunta dal corpo durante il suo Moto Parabolico. Possiamo notare anche attraverso il grafico che il corpo raggiunge l’altezza massima nel momento in cui ha percor-so metà della gittata: se ad esempio la gittata (la distanza tra le posizioni inizia-le e finainizia-le del corpo) risulta essere di 6m, il corpo raggiunge l’altezza massima dopo aver percorso sull’asse x 3m. Nota quindi la gittata, possiamo risalire all’ascissa del punto che rappresenta l’altezza massima del corpo (sempre assu-mendo il moto iniziare dall’intersezione degli assi cartesiani); essendo la gittata , allora l’altezza massima avrà ascissa , metà di x(max) (=gittata), semplificando: . Nota una coordinata, possia-mo ricavare l’altra attraverso l’equazione della traiettoria, avrepossia-mo allora:

, applicando il metodo di sostituzione:

, ricordando che 4,9= , allora:

, semplificando: , ed infine,

risolvendo: = quota, l’ordinata del punto che

rap-presenta l’altezza massima durante il moto e quindi essa stessa l’altezza massi-ma.

Ora possiamo dedicarci al calcolo del tempo di volo, ovvero il periodo di tempo che intercorre tra la posizione iniziale e quella finale del corpo, il tempo che il corpo impiega per compiere il suo moto parabolico. Personalmente, calcolo il tempo t di volo come il rapporto tra la gittata x(max) e la componente x della velocità iniziale vox, infatti, come visto in precedenza, x = voxt.

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Sappiamo che al raggiungimento dell’altezza massima la componente y della velocità è nulla, quindi: vy = v0y – gt = voy – 9,8t = 0, ciò significa che trascorso un

tempo t incognito il corpo raggiunge l’altezza massima e vy = 0; possiamo

calco-lare questo tempo t, infatti:

v0y – gt = 0

gt = v0y

t =

Sappiamo che il corpo raggiunge l’altezza massima dopo aver percorso metà della gittata dopo un periodo di tempo t, per percorrere l’intera gittata servirà quindi il doppio del tempo (2t). Il tempo di volo T sarà pari a T = . Sapendo che lo spazio percorso sull’asse x è pari a x = v0yt, allora la gittata sarà

pari a: x(max)= v0yT. Si può procedere allo stesso modo per la quota in quanto

lo spazio percorso sull’asse y è sempre pari a y = v0yt - gt2; sapendo che il

tempo necessario a raggiungere l’altezza massima è pari a metà del tempo di

volo, avremo: y(max) = , sostituendo T con , avremo:

y(max)= , confermando il risultato ottenuto

in precedenza.

Fonti: Lezioni di Fisica, Wikipedia, youmath, matematicamente.it, siti dedicati alla Pallavolo.

Sofia Atzeni, 2°L, Liceo Amaldi di Roma

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