• Non ci sono risultati.

Lesioni metastatiche polmonari in corso di TC toracica nel cane: influenza della tecnica breath-hold.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Lesioni metastatiche polmonari in corso di TC toracica nel cane: influenza della tecnica breath-hold."

Copied!
78
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

"Lesioni metastatiche polmonari in corso di TC toracica

nel cane: influenza della tecnica breath-hold."

Candidato: Mirko Mattolini

Relatore: Prof.ssa Simonetta Citi

Correlatore: Dott. Tommaso Mannucci

(2)

“Di tanto in tanto è bene fare una pausa nella nostra ricerca della felicità ed essere semplicemente felici.” Guillaume Apollinaire

(3)

INDICE

RIASSUNTO/ABSTRACT

PARTE GENERALE

Introduzione 1

Capitolo 1: Le lesioni metastatiche polmonari 4

1.1 Fisiopatologia delle metastasi polmonari 4

1.1.1 Introduzione al processo metastatico 4

1.1.2 La fase di stravaso 6

1.1.3 La sopravvivenza in circolo 7

1.1.4 Evasione del sistema immunitario 8

1.1.5 L’arresto a livello tissutale 10

1.1.6 La sopravvivenza in siti distanti 11

1.1.7 Neoangiogenesi 12

1.1.8 Da metastasi in metastasi 13

Capitolo 2: Processi neoplastici a marcato carattere metastatico polmonare. 14

2.1 Adenocarcinoma mammario 15

2.2 Carcinoma tiroideo 22

2.3 Melanoma orale 27

Capitolo 3: Tecniche diagnostiche per lo studio delle lesioni metastatiche polmonari 30

3.1 Radiologia 30 3.2 Ecografia 33 3.3 Tomografia computerizzata 34 3.4 Citologia 38 3.4.1 FNA-US guidato 39 3.4.2 FNA-CT guidato 40

Capitolo 4: Cenni all’atelettasia polmonare in corso di anestesia generale 42

Capitolo 5: Gestione ventilatoria del paziente in corso di TC toracica 46

5.1 Ventilazione spontanea 46

5.2 Ventilazione meccanica 47

PARTE SPERIMENTALE

Introduzione 51

Capitolo 6: Materiali e metodi 52

6.1 Criteri di inclusione 52

6.2 Breath-hold 52

6.3 Tomografia computerizzata 53

(4)

6.4 Statistica applicata allo studio 54 Capitolo 7: Risultati 55 Capitolo 8: Discussioni 62 Capitolo 9: Conclusioni 65 Bibliografia 66 Ringraziamenti 74

(5)

RIASSUNTO

Parole chiave: cane, TC, tomografia computerizzata, metastasi, polmone.

Le lesioni metastatiche sono disseminazioni di cellule neoplastiche a siti secondari discontinui, o di ordine superiore, in cui proliferano a formare una massa macroscopica. I polmoni sono un sito comunemente coinvolto nel processo metastatico e la diagnostica per immagini riveste un ruolo fondamentale nella stadiazione del paziente oncologico.

In medicina veterinaria non è possibile effettuare un esame tomografico con il paziente vigile, infatti viene effettuato in anestesia generale. Quest’ultima è necessaria per l'induzione dell'apnea che impedisce la formazione di artefatti da movimento, ma ha effetti negativi diretti sulla ventilazione polmonare, come la predisposizione all'atelettasia.

Lo scopo del nostro studio è di valutare se la tecnica di breath-hold, che prevede l’apnea associata ad una pressione positiva di 10 cmH2O, riesce a migliorare il contrasto ed il volume polmonare così da migliorare la visualizzazione di eventuali lesioni metastatiche polmonari. A questo scopo abbiamo confrontato le immagini tomografiche di pazienti di specie canina ottenute con la tecnica breath-hold, con scansioni TC toraciche standard in apnea.

ABSTRACT

Keywords: dog, CT, computed tomography, metastases, lung.

Metastatic lesions represent the spread of cancer cells to secondary discontinuous sites, or of higher order, where they are going to proliferate and develop a macroscopic mass. The lung is a site commonly involved in the metastatic process and diagnostic imaging has a primary role in the oncologic patient's staging. In veterinary medicine is not possible to perform a tomographic exam with the patient awake, indeed the general anaesthesia is required. It is fundamental for the apnoea induction, which prevent motion artefacts, but otherwise has negative effects on lung ventilation, as atelectasis predisposition. Our study aims to evaluate the breath-hold technique, which provides the apnoea with a positive pressure of 10cmH2o and can improve the lung contrast and volume to improve the visualization of possible lung metastatic lesions. For this purpose, we compared tomographic images of dogs obtained by the breath-hold technique, with standard CT thoracic scansions during apnoea.

(6)

1

PARTE GENERALE

INTRODUZIONE

Le lesioni metastatiche sono disseminazioni di cellule neoplastiche a siti secondari discontinui, o di ordine superiore, in cui proliferano a formare una massa

macroscopica. Implicita in questo processo è la presenza di una neoplasia primaria. Il processo che porta alla formazione delle metastasi avviene attraverso il

completamento di una serie di eventi ‘’step-by-step’’ che iniziano con il distacco di cellule cancerose dal sito del tumore primario e, oltrepassando le cellule endoteliali, entrano nella circolazione sistemica.1

Durante la loro permanenza in circolo, le cellule metastatiche mettono in atto tutta una serie di strategie volte ad eludere il riconoscimento immunitario al fine di potersi arrestare a livello di organi a distanza.1 La scelta del sito di arresto sembra essere spiegata da due teorie, una delle quali suggerisce che il sito metastatico di un tumore primario sia dipendente dal primo letto vascolare di piccolo calibro che incontra la cellula tumorale.2 In alternativa, diversi gruppi di studiosi hanno suggerito il ruolo di specifiche molecole di adesione come necessarie per l’arresto di cellule neoplastiche nel microambiente di siti metastatici secondari.1 Si parla quindi di una certa selettività, da parte di determinati tipi neoplastici, per le cellule endoteliali di organi specifici.3

I polmoni sono un sito comunemente coinvolto nel processo metastatico.4 Nel cane e nel gatto i tumori polmonari metastatici rappresentano la più importante e frequente causa di interessamento neoplastico polmonare. Inoltre, spesso il polmone risulta essere la sola sede di diffusione metastatica di un tumore primitivo. I tumori che più frequentemente metastatizzano al polmone sono l’adenocarcinoma mammario, il carcinoma tiroideo e il melanoma orale. Risultano riportati anche l’osteosarcoma, l’emangiosarcoma, il sarcoma iniettivo felino ed il sarcoma istiocitico.5

L’identificazione di lesioni metastatiche polmonari è estremamente importante in quanto cambia in modo considerevole la prognosi del paziente e le opzioni di trattamento.6 Per questo le metodiche di diagnostica per immagini rappresentano un ausilio fondamentale per il clinico sia per la diagnosi del tumore, sia per la stadiazione del paziente oncologico.7

(7)

2

L’esame radiografico del torace rappresenta ancora oggi il primo step di imaging diagnostico.8 Va tenuto presente però che le lesioni di piccole dimensioni non determinano un’immagine radiograficamente visibile; generalmente si considera 5mm il diametro minimo necessario per poter visualizzare un nodulo mediante la radiologia. È conseguenza di questo che un esame radiografico negativo non esclude la presenza di metastasi polmonari. Per questo principale motivo, casi complessi in cui il rischio metastatico è elevato e in cui si devono prendere importanti decisioni dal punto di vista terapeutico devono essere approfonditi mediante TC.9 Per il distretto toracico, la TC manifesta un’elevata sensibilità e specificità e si configura come la tecnica di imaging di elezione. Riveste un ruolo fondamentale per la stadiazione delle lesioni espansive della parete toracica e consente l’identificazione di lesioni di esigue dimensioni.10

Ci sono però due importanti punti a sfavore della TC, ovvero la necessità di un’anestesia generalizzata del paziente e i maggiori costi per il proprietario.11

Un’ulteriore tecnica di imaging che può essere applicata allo studio delle lesioni metastatiche polmonari è l’ecografia. Se non è presente versamento pleurico, le lesioni toraciche che possono essere visualizzate ecograficamente sono quelle localizzate a contatto con la parete toracica o con il diaframma, quindi lesioni della parete (che originano da tessuti molli della parete, coste o pleura), lesioni polmonari periferiche e masse mediastiniche sufficientemente grandi.12

La caratterizzazione citologica o istopatologica di una lesione è essenziale per un’accurata diagnosi, prognosi e terapia.13 Con i moderni metodi di diagnostica per immagini (ecografia, TC e RM) è diventato possibile campionare lesioni presenti in quasi tutti i distretti corporei.14

Come detto precedentemente, un punto a sfavore della TC è la necessità di un’anestesia generale del paziente; la necessità dell’anestesia è doppiamente un punto a sfavore in quanto può portare ad una riduzione dell’areazione del parenchima polmonare (atelettasia) con conseguente riduzione della visibilità del nodulo.11 Un’accurata gestione ventilatoria del paziente sottoposto a TC toracica può però minimizzare l’insorgenza di atelettasia.15 A questo scopo possono essere applicati

(8)

3

protocolli (quali la tecnica breath-hold15 o il reclutamento polmonare16); con questo studio cercheremo di valutare se l'applicazione del protocollo di breath-hold possa migliorare l'accuratezza diagnostica di lesioni metastatiche polmonari in corso di TC toracica.

(9)

4

CAPITOLO 1

LE LESIONI METASTATICHE POLMONARI

Per metastasi si intende la disseminazione di cellule neoplastiche a siti secondari discontinui (o di ordine superiore), dove proliferano a formare una massa macroscopica.

Implicita in questo processo è la presenza di una neoplasia primaria.1

1.1 Fisiopatologia delle metastasi polmonari

1.1.1 Introduzione al processo metastatico

Si ritiene che il processo metastatico avvenga attraverso il completamento di una serie di eventi ‘’step-by-step’’ (Fig. 1). Per far sì che questo processo avvenga, una cellula cancerosa deve lasciare il sito del tumore primario, passare attraverso la membrana basale del tumore e oltrepassare le cellule endoteliali per entrare nella circolazione (fase definita di stravaso).1

Fig. 1 La cascata del processo metastatico - Small Animal Clinical Oncology; Withrow & MacEwen's

(2012)

Durante questo periodo di permanenza nella circolazione sistemica, le cellule tumorali devono essere in grado di eludere il riconoscimento immunitario e infine arrestarsi a livello di organi a distanza. In questo lontano sito la cellula deve lasciare la circolazione

(10)

5

e sopravvivere nel microambiente ostile del tessuto estraneo. Si ritiene che questi siti secondari siano destinati a ricevere cellule metastatiche attraverso effetti diretti oppure mediati dal tumore primario stesso (nicchia premetastatica). Questo sito può essere rappresentato dall’organo bersaglio finale per le metastasi o può essere un sito temporaneo; in entrambi i casi si pensa che la cellula cancerosa possa qui stanziare per un periodo variabile, e spesso prolungato, prima di passare alla sua localizzazione finale.1

Dopo un periodo di latenza, le cellule ricevono segnali per proliferare, creare nuovi vasi sanguigni (neoangiogenesi) o sfruttare i vasi sanguigni esistenti per crescere e proliferare.

È probabile che un’ulteriore progressione del processo sia associata alla ripetizione di queste fasi di metastasi in metastasi.1

Le caratteristiche che permettono alle cellule tumorali di compiere i passaggi del processo metastatico non sono esclusive delle cellule tumorali stesse; ad esempio i leucociti e le cellule neuronali hanno la capacità di invadere i piani dei tessuti e attraversare le barriere vascolari, o ancora, diversi tipi di leucociti hanno la possibilità di aderire in modo intermittente all’endotelio vascolare e sono dunque in grado di resistere all’anoikis; per anoikis si intende l’induzione del processo di apoptosi nel momento in cui viene a mancare il contatto tra le cellule epiteliali e la matrice extracellulare.1

Ciò che rende unico il processo metastatico è che ciascuna cellula cancerosa deve essere in grado di eseguire tutti i passaggi richiesti per determinare il successo del processo, e per fare ciò devono possedere un insieme appropriato di modifiche genetiche.

Due principali classi di geni sono state ampiamente definite come contributive al fenotipo metastatico: geni promotori e geni soppressori delle metastasi.1

Sebbene per alcuni tipi neoplastici l’incidenza delle metastasi sia piuttosto elevata, tale processo è in realtà altamente inefficiente; è infatti stato dimostrato, mediante inoculazione sperimentale di cellule tumorali nei vasi ematici e linfatici di animali da

(11)

6

esperimento, che non più dell’1% di esse riesce a sopravvivere e a impiantarsi in altre sedi per dar luogo ad una nuova crescita tumorale. Questo perché il processo metastatico è complesso e mediato anche dalla risposta soggettiva dell’organismo colpito.2

1.1.2 La fase di stravaso

La fase di stravaso segue l’iniziale crescita del tumore primario e prevede l’entrata nella circolazione vascolare o linfatica di cellule tumorali; questo è il primo passo richiesto durante il processo metastatico.1 In generale i sarcomi diffondono prevalentemente attraverso il torrente circolatorio, i carcinomi soprattutto tramite i vasi linfatici, ma tale suddivisione non è assoluta vista la stretta connessione tra i due sistemi.2

Il distacco di cellule dal tumore primario sembra favorito dalla rapida crescita della massa primaria, necrosi tumorale, stress meccanici e aumento dell’attività di determinati enzimi cellulari (es. proteasi) o inefficienza di molecole che favoriscono l’adesione cellulare.1

Questa fase richiede che una cellula tumorale sia mobile e in grado di digerire, modulare o sfuggire alla matrice extracellulare.17 I meccanismi specifici utilizzati dalle cellule tumorali per invadere ed entrare nel circolo includono, ad esempio, il modello classico di degradazione enzimatica della matrice extracellulare (invasione

mesenchimale). In questa prima tipologia di modalità d’invasione si ritiene che la

presenza di proteasi della matrice e metalloproteasi (MMP) sia necessaria per il fenotipo invasivo. L’attività delle MMP in tumori come l’osteosarcoma o il mastocitoma, sono state correlate alla propensione e al grado metastatico. È proprio l’importante attività di queste proteasi che ha spinto verso lo sviluppo di inibitori farmacologici delle MMP come opzione terapeutica.1

In alternativa a questo modello vi è la cosiddetta invasione ameboide in cui, le cellule tumorali, scivolano individualmente tra le fibre della matrice extracellulare senza evidenza di degradazione enzimatica.18 Infine, vi è la metodica definita come invasione

(12)

7

L’invasione collettiva è spesso stata associata ad una bassa tendenza alla metastasi a distanza, questo suggerisce una mancanza di fattori funzionali necessari ad un processo metastatico a distanza.1

Il processo di stravaso si conclude quando una cellula cancerosa entra nella circolazione vascolare o linfatica. Le cellule tumorali possono entrare nella circolazione attraverso vasi neoformati (risultati del processo di neoangiogenesi), piccole arteriole, venule o linfatici. Per quanto riguarda le strutture vascolari più grandi, il processo di stravaso richiede la penetrazione delle cellule avventizie, inclusi i periciti, digestione della membrana basale vascolare e penetrazione tra o attraverso le cellule endoteliali.1 In alcuni casi il compito è facilitato dalla scarsa resistenza dei vasi tumorali neoformati. Oltre che per via ematica e linfatica, la disseminazione metastatica può avvenire per

contiguità. È il caso di neoplasie della cavità addominale, quale per esempio

l’emangiosarcoma splenico; in tal caso, se l’organo si rompe a seguito di traumi o di dimensioni eccessive della lesione, le cellule neoplastiche possono aderire alla sierosa di organi vicini e, tramite il meccanismo dell’adesione e dell’emissione di pseudopodi, colonizzarli. Lo stesso meccanismo vale per la diffusione di neoplasie polmonari alla pleura.2

1.1.3 La sopravvivenza in circolo

La sopravvivenza delle cellule durante la disseminazione richiede la loro resistenza all’anoikis; quest’ultimo, nei tessuti normali, è un meccanismo per il mantenimento dell’omeostasi e dell’integrità tissutale20 e viene solitamente prevenuto da due sistemi: - Ancoraggio cellula-matrice, principalmente mediato da recettori

transmembrana denominati integrine.

- Interazioni cellula-cellula, principalmente mediato da caderine (famiglia di glicoproteine leganti il calcio).

La perdita di uno di questi due sistemi attiva le caspasi, un gruppo di proteasi che media il processo apoptotico.1

Le cellule metastatiche devono resistere all’anoikis e lo fanno mantenendo i contatti cellula-cellula con altre cellule tumorali (interazioni omotipiche) o con cellule ospiti (es.

(13)

8

piastrine, cellule infiammatorie; interazioni eterotipiche). Entrambe queste tipologie di interazioni, omotipiche ed eterotipiche, generano segnali intracellulari che impediscono l’avvio dell’anoikis. Inoltre, le cellule tumorali possono sovraesprimere alcune proteine che inibiscono direttamente questo processo; ad esempio la coppia di integrine αvβ3 è spesso sovraesposta nei tumori maligni e non rende più necessario il legarsi ad un'altra cellula per inibire i segnali di avvio all’apoptosi.1

Oltre alla necessità di resistere al processo di anoikis, le cellule cancerose devono contrastare le sollecitazioni meccaniche legate al flusso ematico e sopravvivere sia alla carenza di sostanza nutritive sia alla tossicità dell’eccesso di ossigeno. Tutto ciò spiega la scomparsa del 90-99% delle cellule tumorali già dopo poche ore dalla loro inoculazione sperimentale nel torrente circolatorio.2

La sopravvivenza di cellule tumorali nel circolo è promossa dalla formazione di emboli tumorali, intorno ai quali si aggregano piastrine, leucociti e fibrina.3

1.1.4 Evasione del sistema immunitario

In tutte le fasi della progressione metastatica, le cellule tumorali devono eludere il proprio rilevamento e distruzione da parte del sistema immunitario. La capacità del sistema immunitario ospite di riconoscere e distruggere le cellule tumorali viene definita immunosorveglianza.1

Le cellule tumorali impiegano un’ampia varietà di meccanismi per effettuare quest’evasione, questi possono essere racchiusi in due grandi gruppi:

- Modificazioni delle cellule tumorali stesse.

- Manipolazione del sistema immunitario per la prevenzione dell’immunità antitumorale.

Le modificazioni delle cellule tumorali allo scopo di evadere il sistema immunitario dell’ospite vertono, in prima istanza, sul ridurre l’esposizione delle MHC (complesso

maggiore di istocompatibilità) di superficie sfuggendo così al riconoscimento da parte

delle cellule T. Questa downregulation delle MHC può essere dovuta a cambiamenti nella sintesi di proteine di struttura o a perdite alleliche durante il processo metastatico stesso che risultano dall’accumulo di alterazioni genetiche nel corso dei vari step.1

(14)

9

Capitolo più vasto è invece quello riguardante tutte le strategie, messe in atto dalle cellule metastatiche, volte a manipolare il sistema immunitario dell’ospite. Queste manipolazioni hanno, nella maggior parte dei casi, il fine comune di determinare immunosoppressione, in presenza della quale viene prevenuta l’instaurarsi dell’immunità antitumorale.1

Una popolazione di cellule immunitarie che svolgono un ruolo importante nell’immunosoppressione di origine tumorale sono le cellule soppressorie derivate da mieloidi (MDSC). Il ruolo di queste cellule nelle neoplasie canine è ancora soggetto a studi, ma in umana sono ormai considerate una popolazione cellulare molto importante nel processo di progressione neoplastico. Queste cellule vengono richiamate nel microambiente tumorale attraverso varie sostanze chemiotattiche, molte delle quali prodotte dal tumore stesso durante i periodi di ipossia. Una volta arrivate in sede tumorale, le MDSC sopprimono la risposta immunitaria antitumorale locale e promuovono l’invasione e la metastatizzazione attraverso la produzione di metalloproteinasi della matrice (MMP). È segnalata anche la loro attività promotrice verso la neoangiogenesi tumorale.1

Un’altra popolazione cellulare che risulta significativamente aumenta in pazienti oncologici umani ed in veterinaria è quella delle Treg. Queste sono un sottogruppo distinto di cellule T CD4+ in grado di sopprimere l’attività delle cellule T CD4+ e CD8+ specifiche del tumore. Molti studi dimostrano che un numero maggiore di cellule Treg è correlato ad una prognosi infausta.8 Inoltre, sono state identificate cellule Treg a livello dei linfonodi metastatici dove inibiscono la capacità di infiltrazione da parte dei linfociti andando così a impedire lo sviluppo di un’ottimale risposta antitumorale.1 Un altro importante meccanismo di immunosoppressione prevede la compromissione delle cellule dendritiche, popolazione cellulare responsabile della presentazione dell’antigene. Molteplici studi hanno rilevato un netto calo di queste cellule mature circolanti in pazienti oncologici umani a discapito delle forme immature; questa situazione porta ad una riduzione della presentazione degli antigeni ed una maggiore stimolazione delle cellule T proprio verso queste forme immature. Tutto questo si traduce in una tolleranza cellulare piuttosto che in un’attivazione delle cellule T.1 Quindi, le cellule dendritiche presenti nei pazienti oncologici risultano essere immature e disfunzionali. Studi in veterinaria hanno dimostrato che l’ambiente tumorale può

(15)

10

portare anche ad una downregulation dei recettori di superficie per le cellule dendritiche.21

Inoltre, le cellule tumorali possono esprimere molecole co-inibitorie di superficie come la CD73 che catalizza la rottura dell’AMP (adenosina monofosfato) ad adenosina; questo crea un microambiente ricco di adenosina che è immunosoppressiva.22

Oltre all’ambiente tumorale immunosoppressivo stabilito dalle cellule tumorali, le stesse cellule sono in grado di produrre citochine immunosoppressive come ad esempio: IL-10, TGF-β e TNF-α. Queste citochine agiscono per sopprimere la risposta antitumorale delle cellule T e inibiscono la funzionalità delle cellule dendritiche. La IL-10 promuove anche la produzione delle cellule Treg. La TGF-β agisce in modo simile alla IL-10 in quanto è una potente citochina immunosoppressiva. Per quanto riguarda le TNF-α, esse portano alla promozione della sopravvivenza delle cellule tumorali attraverso l’induzione di proteine anti-apoptotiche, promuovono la neoangiogenesi ed il processo metastatico.1 Uno studio in veterinaria ha esaminato un linfonodo di un cane con melanoma metastatico ed ha messo in evidenza una sovraespressione di IL-10 e TGF-β concomitanti ad una mancata espressione di IL-2, IL-4 e INF-γ (citochine tipicamente associate ad un’attività antitumorale).23

I linfonodi regionali, grazie all’elevata concentrazione di cellule NK e linfociti-T citotossici, rappresentano una vera e propria barriera alla diffusione tumorale. Per questo possono sorgere dubbi sulla necessità della loro asportazione in caso di assenza di infiltrazione neoplastica alla citologia.2

1.1.5 L’arresto a livello tissutale

Si ritiene che l’arresto delle cellule tumorali circolanti in siti distanti rispetto alla localizzazione del tumore primario si verifichi con due meccanismi distinti ma potenzialmente sovrapposti:

- Intrappolamento all’interno del lume di piccoli vasi (capillari o vene) a livello dell’organo bersaglio.

- Interazione tra recettori propri delle cellule tumorali e la vascolarizzazione dell’ospite.1

(16)

11

La teoria dell’intrappolamento è sostenuta da studi in cui sono state osservate cellule tumorali metastatiche a livello di letti vascolari di calibro ridotto. Questa teoria suggerisce che il sito metastatico di un tumore primario è dipendente dal primo letto vascolare di piccolo calibro che incontra la cellula tumorale.2 L’intrappolamento delle cellule metastatiche risulta precoce, ovvero in vasi di maggiore calibro, a seconda delle dimensioni del trombo neoplastico formatosi.3

In alternativa, diversi gruppi di studiosi hanno suggerito il ruolo di specifiche molecole di adesione come necessarie per l’arresto di cellule neoplastiche nel microambiente di siti metastatici secondari.1 Si parla quindi di una certa selettività, da parte di determinati tipi neoplastici, per le cellule endoteliali di organi specifici. Ciò si ipotizza sia dovuto a fattori chemiotattici prodotti dalle cellule cancerose stesse, fattori di crescita e a componenti della matrice extracellulare.3

È probabile che entrambi i meccanismi svolgano un ruolo nel processo metastatico; il meccanismo dominante può essere meglio definito a seconda della tipologia di neoplasia primaria e dall’organo bersaglio.22

1.1.6 La sopravvivenza in siti distanti

Una volta che la cellula cancerosa, o l’embolo neoplastico, si sono arrestati a livello tissutale, possono immediatamente uscire dalla circolazione a livello dell’organo bersaglio o rimanere a livello luminale. In entrambi i casi la cellula tumorale deve sopravvivere in questo nuovo microambiente e ciò rappresenta un ostacolo significativo per la cellula. Diversi studi hanno dimostrato la capacità delle cellule tumorali di arrestarsi a livello di più organi del corpo e che dopo poche ore il loro numero risultava drasticamente ridotto.24 La selettività dell’organo bersaglio è in larga misura definita proprio dalla possibilità che la cellula tumorale ha di sopravvivere dopo l’arresto iniziale.1

La teoria del ‘’seme e terreno’’, in prima ipotesi articolata da Paget e più recentemente da Fidler25, suggerisce che il successo di un cancro, o di una metastasi, è definito dalle interazioni tra il seme (cellula tumorale) e il terreno (microambiente tumorale). La produzione di alcune chemochine, da parte delle cellule tumorali stesse, è risultata contribuire alla sopravvivenza delle cellule metastatiche. Un esempio di quest’attività delle chemochine è quella di reclutare un infiltrato leucocitario nel lume vascolare in

(17)

12

modo da creare un embolo che può meglio resistere al danneggiamento indotto dalla circolazione ematica stessa.22 Secondo altre teorie, invece, la probabilità di disseminazione metastatica a un organo specifico sarebbe legata a connessioni vascolari esistenti con l’organo di partenza: gli emboli neoplastici tendono, infatti, a restare intrappolati nel primo letto capillare che hanno incontrato (questo spiega perché la maggior parte dei tumori metastatizza al polmone o al fegato). È probabile che le due ipotesi non si escludano a vicenda, ma che vi sia una commistione dei due fattori.2

Qualsiasi sia la modalità con cui una cellula metastatica “sceglie” il sito a distanza, una volta avvenuta l’adesione alla parte interna del vaso, si verifica il processo inverso alla sua invasione. Si ha quindi l’infiltrazione delle cellule tumorali tra quelle endoteliali mediante emissione di pseudopodi, lisi e invasione della membrana basale grazie all’azione di enzimi proteolitici, quali l’attivatore del plasminogeno, catepsine e metalloproteinasi. Una volta digerita la membrana basale, gli pseudopodi delle cellule tumorali si infiltrano nello spazio extracellulare e consentono loro di insediarvisi. In tal modo si apre una via attraverso cui le cellule adese alle prime possono a loro volta colonizzare ed iniziare la nuova crescita tumorale.2

1.1.7 La neoangiogenesi

È ormai ben nota l’essenzialità dello sviluppo di nuovi vasi sanguigni da progenitori endoteliali (neoangiogenesi) o da esistenti vasi sanguigni (angiogenesi) come fattori di progressione della neoplasia primaria e delle lesioni metastatiche. Queste cellule endoteliali progenitrici o preesistenti esitano in nuove strutture vascolari ad opera di fattori di crescita prodotti dalla neoplasia.22

Nel tessuto sano, la proliferazione delle cellule endoteliali è controllata da un equilibrio tra i fattori che inducono questa proliferazione e quelli che ne antagonizzano l’attivazione. I tumori maligni forniscono segnali che provocano la sopravvivenza, motilità, invasione, differenziazione e organizzazione delle cellule endoteliali; passaggi necessari alla creazione di una rete vascolare a sostegno del tumore. La creazione di nuovi vasi sanguigni richiede il reclutamento di cellule endoteliali circolanti a livello del sito di interesse, questo è possibile grazie al rilascio di fattori di crescita come il VEFG (fattore di crescita dell’endotelio vascolare). Queste cellule endoteliali circolanti

(18)

13

devono però sopravvivere a livello del nuovo sito e questo si ha grazie all’aiuto di segnali di sopravvivenza (es. trombospondina-I). Come risultato avremo la formazione di nuove strutture vascolari che si organizzano per sostenere il flusso ematico.22

La vascolarizzazione tumorale è tipicamente aberrante, spesso poco organizzata e caotica, con sviluppo avventiziale limitato ed eccessiva ramificazione.3

Molti studi supportano l’importanza dell’angiogenesi nella biologia delle metastasi, la vascolarizzazione di un tumore primario è strettamente associata al suo comportamento metastatico.22

Questi vasi risultano essere facilmente invasi da cellule appartenenti al tumore primario.3

1.1.8 Di metastasi in metastasi

Per la maggior parte dei tumori solidi, la presenza di un singolo nodulo metastatico è seguita in breve tempo dallo sviluppo di ulteriori lesioni metastatiche all’interno dello stesso organo bersaglio. È improbabile che queste lesioni emergano da cloni distinti del tumore primario che quasi simultaneamente progrediscono attraverso la cascata metastatica a produrre metastasi sincrone. È ragionevole pensare, e forse anche più probabile, che le metastasi si sviluppino dalle metastasi limitrofe stesse. Questa ipotesi prevede che da siti metastatici si dipartano cellule tumorali che progrediscono nel processo di metastatizzazione con conseguente formazioni di lesioni metastatiche a partenza da altre metastasi. Sebbene i dati a sostegno di questa ipotesi siano limitati, l’implicazione per il trattamento e la gestione dei pazienti oncologici è sostanziale. Se questo è vero, il processo di ‘’metastasi in metastasi’’ suggerirebbe che tutte le fasi della cascata metastatica si verifichino continuamente, sia prima che dopo la rilevazione di metastasi nei pazienti. Come tale, tutti i passaggi nella cascata metastatica possono essere obbiettivi per un futuro intervento terapeutico.22

(19)

14

CAPITOLO 2

PROCESSI NEOPLASTICI A MARCATO CARATTERE METASTATICO POLMONARE.

I polmoni sono un sito comunemente coinvolto nel processo metastatico.

Le cellule metastatiche possono raggiungere il parenchima polmonare attraverso la via ematogena/linfatica o svilupparsi secondariamente a processi neoplastici primari localizzati all’interno del parenchima polmonare stesso, vie aeree, linfonodi ilari e mediastinici o la pleura.

La diffusione metastatica linfatica si verifica quando le cellule tumorali viaggiano attraverso i vasi linfatici e i linfonodi.4

I polmoni sono uno dei primi organi che incontrano le cellule tumorali in circolo, quest’ultime prosperano a livello del parenchima polmonare perché esso fornisce un ambiente vascolare ottimale e con un’architettura tale da portare ad una ridotta necessità, da parte delle lesioni metastatiche, di generare nuove strutture vascolari. Sebbene la maggior parte delle cellule tumorali vengano distrutte a livello della microcircolazione polmonare, la bassa tensione offerta dalla parete delle cellule capillari durante l’espirazione favorisce la sopravvivenza delle cellule. Le cellule metastatiche inoltre aderiscono più prontamente ad un tessuto danneggiato; questo potrebbe spiegare perché, i lobi polmonari maggiormente colpiti da processi infiammatori, siano la localizzazione preferenziale per lo sviluppo di metastasi.4

Oltre a questi meccanismi anatomici e meccanici, alcuni tumori mostrano una preferenza organo-specifica. Questa può essere dovuta alla presenza di particolari recettori o molecole di adesione superficiali espresse dalle cellule endoteliali.4

Nel cane e nel gatto i tumori polmonari metastatici rappresentano la più importante e frequente causa di interessamento neoplastico polmonare. Inoltre, spesso il polmone risulta essere la sola sede di diffusione metastatica di un tumore primitivo.

I tumori che più frequentemente metastatizzano al polmone sono l’adenocarcinoma mammario, il carcinoma tiroideo e il melanoma orale. Risultano riportati anche l’osteosarcoma, l’emangiosarcoma, il sarcoma iniettivo felino ed il sarcoma istiocitico.5

(20)

15

2.1 Adenocarcinoma mammario

In generale, i tumori mammari sono le neoplasie più frequenti nella cagna che, seguita subito dopo dalla donna, è il mammifero con la più elevata incidenza. Il rischio di sviluppare, nel corso della vita, un tumore mammario oscilla tra il 2 e il 20% per gli istotipi maligni e tra il 4 ed il 100% per gli istotipi benigni.26

L’età media di presentazione è di 10,5 anni. L’incidenza aumenta con l’età: a 6 anni essa è pari all’1%, ad 8 anni è uguale al 6% e all’età di 10 anni raggiunge il 13%.27

I tumori mammari canini sono ormonodipendenti; gli estrogeni sono ormoni fondamentali per lo sviluppo della ghiandola mammaria, tuttavia il loro effetto proliferativo sull’epitelio, caratterizzato da un aumento dell’indice mitotico, può favorire la trasformazione maligna cellulare. Gli estrogeni (ER) infatti sono considerati promotori d’iniziazione tumorale e, inoltre, continuano nel tempo a stimolare il tumore mammario favorendone la progressione.26

Uno studio ha dimostrato che il 100% dei tessuti normali e displastici ed il 95% dei tumori benigni presentavano recettori per gli estrogeni; il 92% dei carcinomi risultava ER-positivo.28

A conferma dell’ormonodipendenza dei tumori mammari, la castrazione riduce il rischio di sviluppo di neoplasie maligne allo 0,05% se eseguita prima del primo estro, all’8% fra il primo ed il secondo e al 26% fra il secondo ed il quarto estro. Non c’è effetto protettivo dopo i 2 anni e mezzo d’età e l’effetto della castrazione eseguita assieme alla mastectomia sull’eventuale disseminazione metastatica è controverso.29

La classificazione dei tumori mammari canini è particolarmente complessa e nel tempo sono stati proposti numerosissimi sistemi di classificazione. Nel cane, la classificazione istopatologica più rilevante è quella secondo WHO e Armed Forces Institute of Pathology (AFIP), che si avvicina molto alla classificazione istopatologica umana (Tab.1).26

(21)

16

Tumori maligni Tumori benigni Iperplasia/displasia mammaria

Carcinoma in situ Carcinoma complesso Carcinoma semplice Carcinoma a cellule fusate Carcinoma

squamocellulare Carcinoma adenosquamoso Carcinoma mucinoso Carcinoma ricco di lipidi Sarcomi Carcinosarcoma Adenoma semplice Adenoma complesso Adenoma basalioide Fibroadenoma Tumori misti benigni Papilloma duttale

Iperplasia duttale Iperplasia duttale atipica Iperplasia lobulare Cisti

Ectasia duttale

Tab. 1 Classificazione istopatologica dei tumori della mammella del cane (WHO-AFIP); Oncologia medica

veterinaria e comparata – L. Marconato e D. Amadori (2012)

Nella maggior parte dei casi, il cane è portato alla visita per la presenza di un nodulo non dolente in corrispondenza della ghiandola mammaria, in assenza di altri sintomi. I tumori mammari benigni si presentano come piccoli noduli singoli, duri e ben delimitati, mentre quelli maligni sono spesso masse infiltranti, adese ai piani sottostanti e coinvolgenti una o più ghiandole. In casi avanzati il tumore mammario è ulcerato o può presentare aree necrotiche.26 Le ghiandole mammarie caudali sono quelle più spesso interessate nel cane.30

La stadiazione clinica è di fondamentale importanza ai fini del corretto approccio terapeutico. L’iter diagnostico corretto prevede segnalazione precisa e misurazione di tutti i noduli mammari presenti, caratteri d’invasività (fissità a cute sovrastante o fascia), ulcerazione e palpazione manuale di linfonodi ascellari e inguinali.26

Il passo successivo è l’esame citologico; le cellule mesenchimali presenti in corso di neoplasia mammaria non sempre correlano in maniera precisa con la diagnosi istologica finale, non permettendo un’accurata differenziazione tra neoplasie complesse e tumori misti benigni.26 Quindi, benché la citologia non sia in grado, in genere, di differenziare le lesioni benigne da quelle maligne, può essere utile per escludere altre patologie.30

In corso di adenocarcinoma si identificano cellule epiteliali raccolte in aggregati bidimensionali o tridimensionali e, occasionalmente, in aggregati di aspetto

(22)

17

microacinare. Tra le principali caratteristiche di atipia cellulare si identificano: anisocariosi, macrocariosi, molding nucleare e nucleoli visibili.26

Per la corretta stadiazione, ma anche ai fini terapeutici e prognostici, devono essere eseguiti esami emocromocitometrico, ematochimico, profilo coagulativo, radiografie del torace nelle tre proiezioni ed ecografia addominale.

In merito all’ematochimica non è inconsueto l’aumento delle ALP (fosfatasi alcalina), forse secondario ad attività osteoblastica di cellule neoplastiche che vanno incontro a metaplasia ossea, produzione d’isoenzima da parte di cellule mioepiteliali o ancora all’induzione dell’isoenzima corticosteroidi-indotto evocato dallo stress cronico.26 I carcinomi mammari metastatizzano per via linfatica ai linfonodi regionali per poi raggiungere, attraverso vasi linfatici di maggiore calibro, la circolazione sanguigna e, infine, i polmoni. È proprio per questa spiccata tendenza al metastatizzare a livello del parenchima polmonare che, l’iter diagnostico di una neoplasia mammaria, prevedere uno studio radiografico toracico nelle tre proiezioni.26 La frequenza delle metastasi polmonari riportata nei diversi studi è estremamente variabile, uno studio del 2002 la stima vicina o superiore al 50% dei casi.31 Un ulteriore studio ha dimostrato che la presenza di metastasi polmonari nel momento in cui il paziente viene portato alla prima visita si aggira attorno al 25-50%.32

Le metastasi polmonari dell’adenocarcinoma mammario si presentano in radiologia, tipicamente, sottoforma di multipli noduli con margini ben definiti o più irregolari, dimensioni variabili, disseminati a tutto il parenchima. Piccoli noduli metastatici possono provocare un pattern interstiziale diffuso, più di difficile riconoscimento. Altri rilievi radiografici sono il versamento pleurico (soprattutto nel gatto per l’interessamento pleurico metastatico) e la linfoadenomegalia del linfonodo sternale.26 Metastasi a distanza, anche se meno frequentemente rispetto a quelle polmonari, possono verificarsi nella cavità addominale (fegato, reni e ghiandole surrenali), encefalo, occhi e ossa.33 L’ecografia consente di svelare lesioni nodulari a carico di organi addominali ed è essenziale anche per la valutazione dei linfonodi tributari ed eventuale loro citologia ecoguidata.26 Il confronto tra il drenaggio linfatico della mammella sana e quella neoplastica viene rappresentato in Tab.2.

(23)

18

Ghiandola mammaria Drenaggio linfatico fisiologico

Drenaggio linfatico neoplastico

Toracica craniale Linfonodo ascellare Linfonodo ascellare e sternale Toracica caudale Linfonodo ascellare Linfonodo ascellare e sternale Addominale craniale Linfonodo ascellare e inguinale

superficiale

Linfonodo ascellare, inguinale superficiale e iliaco mediale Addominale caudale Linfonodo inguinale superficiale Linfonodo inguinale superficiale e

ascellare

Inguinale Linfonodo inguinale superficiale Linfonodo inguinale superficiale, popliteo e vasi linfatici della faccia mediale della coscia Tab. 2 Drenaggio linfatico della ghiandola mammaria normale e neoplastica di cagna, secondo gli studi

di Patsikas et. al., 200634

È proprio dallo studio da cui deriva la Tab. 2 che si evince quanto possa essere poco prevedibile il drenaggio linfatico di una neoplasia mammaria aggressiva. Infatti, sono state individuate diverse variazioni che il drenaggio linfatico può subire in corso di neoplasia mammaria. Secondo i dati raccolti da questa indagine le mammelle toraciche neoplastiche possono essere drenate anche direttamente dal linfonodo sternale e le mammelle addominali craniali talvolta vengono drenate anche dai linfonodi iliaci mediali. La mammella inguinale neoplastica occasionalmente drena anche nel linfonodo popliteo omolaterale e in un plesso linfatico della faccia mediale della coscia ipsilaterale. In un solo caso si dimostravano connessioni linfatiche tra la ghiandola mammaria neoplastica e le ghiandole normali adiacenti.34

Anche se durante l’esame ecografico la presenza di malattia metastatica può essere fortemente sospettata, per esempio quando si rilevano lesioni parenchimali di tipo ‘’a bersaglio’’, la diagnosi finale richiede sempre il campionamento, poiché è frequente trovare lesioni nodulari addominali di natura benigna, soprattutto in soggetti anziani.26 L’ecografia può essere eseguita anche per valutare lesioni a livello della regione mammaria, studiarne la composizione tissutale e la vascolarizzazione mediante l’utilizzo della metodica Doppler (Fig. 2).26

(24)

19 Fig. 2 Esame Doppler di un nodulo mammario vascolarizzato - Dipartimento di Scienze Veterinarie;

Ospedale Didattico ''Mario Modenato''.

Diversi studi condotti in umana, di cui il più recente del 2016, indica come principale criterio ecografico per discernere tra una lesione nodulare mammaria benigna ed una maligna la forma del nodulo stesso. Infatti, una forma rotondeggiante/ovalare sembra essere indicativa di benignità, mentre una forma più irregolare è maggiormente correlata ad una lesione maligna.35 In veterinaria, un recente studio condotto su 62 lesioni nodulari mammarie inferiori ai 2 cm di diametro, non ha identificato come attendibile questo parametro; ciò è potenzialmente correlabile alle ridotte dimensioni dei noduli che, esaminati precocemente, potevano non mostrare ancora segni di irregolarità dei margini.36

Anche l’ecostruttura dei noduli mammari non sembra poter discriminare la natura benigna o maligna in quanto, una disomogeneità del parenchima del nodulo può essere riscontrata in entrambe le tipologie neoplastiche; in particolare dovuta principalmente a necrosi nei tumori maligni e alla presenza di tessuto osseo/fibrocartilagineo in quelli benigni (Fig. 3).36

Quest’ultimo studio ha inoltre indicato come unica alterazione, ecograficamente evidenziabile, avente una diversa prevalenza tra le lesioni nodulari benigne e maligne, la presenza di alterazioni del tessuto circostante alla lesione. Queste alterazioni

(25)

20

potrebbero indicare un’infiltrazione di cellule tumorali nel tessuto peritumorale stesso o essere conseguenti ad una reazione desmoplastica.36

Fig. 3 Presenza di mineralizzazioni all’interno di un nodulo mammario - Dipartimento di Scienze

Veterinarie; Ospedale Didattico ''Mario Modenato''.

L’esame TC total body consente di identificare noduli polmonari fino ad un limite di circa 1-2mm di diametro e svelare lesioni non nodulari, quali ispessimenti interstiziali e polmonari subpleurici o piccole aree di infiltrato diffuso. Permette anche di mettere in luce lesioni scheletriche e/o parenchimali addominali che cambiano in modo sostanziale l’approccio terapeutico e prognostico del paziente.26

Nuove applicazioni della TC, come la linfografia indiretta, hanno permesso di valutare e stadiare i linfonodi sentinella di alcuni istotipi tumorali. In particolar modo, uno studio del 2017 ha dimostrato che difetti di riempimento o assente presa di contrasto dei linfonodi sentinella, dopo inoculazione di mezzo di contrasto iodato nel parenchima mammario, risultano associati ad un'invasione metastatica linfonodale con una sensibilità dell'86,4%. La diversità nei pattern di presa di contrasto dei linfonodi sentinella può essere attribuita all'entità delle metastasi che varia da parziale (presa di contrasto disomogenea) o completa (assenza di presa di contrasto); questa variabilità è stata attribuita all'alterazione della struttura interna del parenchima linfonodale e all'ostruzione del flusso linfatico (Fig. 4).37

(26)

21 Fig. 4 Scansione TC post-linfografia indiretta dei linfonodi inguinali superficiali. Grazie al ROI si osserva

una minima presa di contrasto del linfonodo sinistro - Soultani C, Patsikas MN, Karayannopoulou M, et all. Assessment of Sentinel Lymph Node Metastasis in Canine Mammary Gland Tumors Using Computed

Tomographic Indirect Lymphography (2017)

L’esame istopatologico ad oggi è ancora considerato, anche in medicina umana, la metodica gold standard ai fini prognostici e diagnostici. La classificazione precedentemente citata, redatta dalla WHO e AFIP, si basa proprio sui rilievi istopatologici riassunti in Tab. 3.29

Tab. 3 Stadiazione del carcinoma mammario in base allo stadio istologico e al grado di differenziazione;

(27)

22

2.2 Carcinoma tiroideo

I tumori della tiroide nel cane sono relativamente infrequenti, rappresentano circa il 2-4% di tutte le neoplasie e il 10-15% dei tumori di testa e collo in questa specie.38

Tipicamente risultano interessati soggetti adulti di età superiore ai 6 anni (in media 10,5 anni)39, senza predisposizione di sesso. Le razze considerate maggiormente a rischio sono il Boxer, Beagle, Golden Retriever e il Siberian Husky.38

La distribuzione dei tumori tiroidei per comportamento biologico è la seguente: 10% tumori benigni (adenomi) e 90% maligni (adenocarcinomi).38 Gli adenomi, in pratica asintomatici, rappresentano in genere un rilievo casuale.39 Solitamente risulta interessato un solo lobo tiroideo, mentre nel 30% dei pazienti si può avere un coinvolgimento bilaterale.38

La WHO ha proposto una classificazione istopatologica delle neoplasie tiroidee che, ad oggi, risulta essere quella di riferimento (Tab. 4).

Tumori benigni Tumori maligni Lesioni similtumorali

Adenoma follicolare Adenoma microfollicolare Adenoma macrofollicolare Adenoma papillare Adenoma trabecolare Adenoma ossifilo Adenoma parafollicolare

Carcinoma follicolare ben differenziato

Carcinoma follicolare poco differenziato

Carcinoma indifferenziato Carcinosarcoma

Carcinoma parafollicolare

Iperplasia nodulare di cellule follicolari

Iperplasia follicolare diffusa Iperplasia parafollicolare

Tab. 4 Classificazione istopatologica dei tumori tiroidei di cane e gatto, secondo WHO; Oncologia medica

veterinaria e comparata – L. Marconato, U. Bonfanti (2012)

L’adenocarcinoma presenta tipicamente una crescita espansiva, con tendenza angioinvasiva molto spiccata. Inizialmente il tumore è incapsulato, ma in seguito tende ad infiltrare, distruggere la capsula e invadere i tessuti paratiroidei (esofago, trachea, laringe, muscolatura cervicale, nervi e grossi vasi); ciò rende sicuramente difficoltosa la sua aggressione chirurgica.38

L’adenocarcinoma metastatizza ai linfonodi regionali (retrofaringei, cervicali superficiali e mandibolari), polmoni, vertebre cervicali e fegato.36 Inoltre, questo istotipo tumorale risulta avere una spiccata tendenza all’invasione diretta delle vene tiroidee, vene giugulari, esofago, laringe e trachea.40 Circa il 16-60% dei cani con

(28)

23

carcinoma tiroideo presenta metastasi al momento della diagnosi, il 65-90% sviluppa metastasi in corso di malattia. Il rischio di diffusione metastatica sembra essere direttamente proporzionale alle dimensioni del tumore38; cani con piccoli tumori tiroidei (< 20 cm3) hanno un’incidenza di metastasi inferiore al 20%, mentre quasi tutti i cani con tumori di grandi dimensioni (> 100 cm3) presentano metastasi.41

Va ricordato che la metastasi linfonodale può essere ‘’saltata’’ in quanto i linfatici provenienti dai due lobi tiroidei possono drenare direttamente nelle vene giugulari interne39 in conseguenza di questo possono formarsi trombi tumorali che portano a metastasi polmonari multiple in assenza di interessamento linfonodale.41

I tumori tiroidei del cane tendono ad essere non funzionali in circa il 60% dei casi, i pazienti dunque sono per lo più eutiroidei. In un 30% dei casi si ha uno stato di ipotiroidismo a seguito del coinvolgimento distruttivo bilaterale della tiroide da parte del tumore33; una spiegazione alternativa è che i tumori di grandi dimensioni potrebbero produrre un eccesso di ormoni tiroidei inattivi in grado di sopprimere il TSH ipofisario con conseguente atrofia del normale tessuto tiroideo.41 Nel 10% dei casi si ha invece un quadro di ipertiroidismo e in questo caso l’istotipo è spesso maligno.38

Neoplasie possono svilupparsi anche in corrispondenza di tiroide ectopica (originante da residui del dotto tireoglosso)41; essi si formano in seguito ad anomalie di sviluppo e sono solitamente concomitanti a neoplasie tiroidee. Le sedi più comuni sono la base del cuore o, più raramente, base della lingua.38

I tumori tiroidei si manifestano con tumefazione cervicale, talvolta spostata lateralmente, che tipicamente è di consistenza parenchimatosa e non dolente. I tumori benigni sono lisci al tatto, mentre quelli maligni sono contraddistinti da durezza, irregolarità del profilo, immobilità, rapidità di crescita ed eventuale linfoadenomegalia regionale. Spesso, al momento della diagnosi l’adenocarcinoma tiroideo si trova in uno stadio avanzato e sono comunemente presenti disturbi respiratori, alterazioni di voce, rigurgito, disfagia e dimagramento. Se la neoplasia è funzionale si osservano i segni clinici tipici dell’ipo o ipertiroidismo.38

(29)

24

Ai fini diagnostici e di stadiazione, oltre all’esame anamnestico e obiettivo, è necessario ricorrere a vari esami collaterali; la diagnosi differenziale deve essere posta con ascessi, granulomi, mucocele salivare, neoplasie metastatiche (< 1%, soprattutto da carcinoma squamocellulare tonsillare) o altre neoplasie primitive (linfoma, chemodectoma carotideo ed emangiosarcoma).38

La scintigrafia tiroidea fornisce preziose informazioni riguardo all’anatomia e stato funzionale della ghiandola, giocando un ruolo integrante in diagnosi e terapia dei tumori tiroidei. Permette anche di rilevare l’eventuale coinvolgimento di uno o entrambi i lobi tiroidei, presenza di tessuto tiroideo ectopico o di metastasi mediastiniche/polmonari non ancora evidenti con indagini radiologiche. Tuttavia, a causa di apparecchiature non sempre facilmente disponibili e all’utilizzo di radioisotopi, la scintigrafia non è una metodica che può essere eseguita di routine.38 È stato anche visto che alcuni tumori tiroidei non sono in grado di concentrare adeguatamente i radioisotopi ed è quindi stato proposto che questi tumori abbiano meno probabilità di rispondere alla somministrazione di iodo radioattivo ed essere quindi meno evidenti in gamma camera.41

L’esame citologico è poco invasivo e abbastanza attendibile per determinare la natura tiroidea della lesione, ma solo raramente differenzia le forme benigne da quelle maligne39; i preparati derivanti da carcinomi tiroidei sono spesso abbondantemente emoconcentrati vista la massiva neoangiogenesi tipica di questi istotipi tumorali.38 La biopsia è più rischiosa, sia per pericolo di profusa emorragia iatrogena, sia per la possibilità di disseminazione neoplastica lungo il tragitto dell’ago.38

L’ecografia della regione del collo consente di valutare i lobi tiroidei normali ed eventuali lesioni a loro carico. Dal momento che la presentazione di questi casi è spesso tardiva, il carcinoma tiroideo si presenta solitamente come una voluminosa massa localizzata tra trachea e arteria carotide comune, di forma ovalare/irregolare, ecogenicità eterogenea anche per la presenza di lesioni cistiche o aree di mineralizzazione.33 Le aree di mineralizzazione parenchimali sono state riscontrate in circa il 50% dei carcinomi tiroidei.42 L’ecografia consente di valutare i margini delle

(30)

25

lesioni e di studiare i rapporti con le strutture circostanti che possono essere compresse o infiltrate (Fig. 5).

Fig.5 Ecografia della regione del collo che mette in evidenza la presenza di invasione vascolare da parte

di una massa tiroidea - Dipartimento di Scienze Veterinarie; Ospedale Didattico ''Mario Modenato''.

L’esame Doppler mette sempre in evidenza una ricca vascolarizzazione (Fig. 6) ed è utile soprattutto prima di effettuare il prelievo ecoguidato per evitare di danneggiare grossi vasi o campionare zone necrotiche.38

L’ecografia addominale è potenzialmente indicata per escludere disseminazioni in addome (soprattutto a livello epatico).39

Se il planning terapeutico prevede la chirurgia o la radioterapia, l’esecuzione di un esame TC di collo e torace diventa utile ed importante per completare la stadiazione del paziente33; in particolare risulta essenziale per confermare l’origine tiroidea della lesione, determinare l’operabilità e lo specifico piano chirurgico.43 I lobi tiroidei normali, in TC, sono ben visibili, poiché leggermente iperdensi rispetto ai tessuti limitrofi già in scansione pre-contrasto (questo è dovuto alla presenza di iodio intraparenchimale)43; inoltre essi captano fortemente il contrasto iodato e presentano quindi intenso enhancement.33

(31)

26 Fig. 6 Esame Doppler di una massa tiroidea - Dipartimento di Scienze Veterinarie; Ospedale Didattico

''Mario Modenato''.

Nelle immagini TC, l’adenocarcinoma tiroideo appare generalmente isoattenuante rispetto all’adiacente muscolatura cervicale ventrale, associato ad aree ipo e/o iperattenuanti corrispondenti rispettivamente a lesioni cavitarie e mineralizzazioni. Le lesioni maligne presentano marcata e non uniforme presa di contrasto, trombi tumorali possono essere evidenziati nei casi di invasione vascolare.43

Uno studio ha messo in evidenza che l'aspetto delle masse tumorali maligne tiroidee in TC è spesso simile a quello delle lesioni benigne; infatti, anche quest'ultime, possono presentare cavitazioni e mineralizzazioni intraparenchimali.44 Un ulteriore studio più recente, su un numero elevato di casi, ha confermato le similitudini tra le lesioni tiroidee benigne e maligne in TC aggiungendo però che le dimensioni delle lesioni maligne sono sempre risultate essere maggiori di quelle benigne sia in lesioni conosciute, e quindi in scansioni TC effettuate per determinarne l’asportabilità, sia in lesioni riscontrate accidentalmente.45

Dal momento che il 33% dei cani con carcinoma tiroideo presenta metastasi polmonari al momento della diagnosi, la scansione del torace va sempre eseguita per valutare l’eventuale presenza di noduli polmonari.38

(32)

27

2.3 Melanoma orale

Il melanoma è una neoplasia che origina dai melanociti (cellule dendritiche mature deputate alla sintesi di melanina) e dai melanoblasti (precursori dei melanociti). È il tumore orale più frequente nel cane, rappresenta il 6% di tutti i tumori orali e il 30-40% delle neoplasie maligne orali. Sembra esserci una predisposizione nei cani maschi anziani (mediana di 11 anni46) e di piccola taglia, per quanto riguarda la razza sembrano predisposte tutte quelle razze che possiedono una mucosa orale molto pigmentata (es. Cocker Spaniel, Chow Chow, Golden Retriever, Setter Gordon).47

Il melanoma orale cresce velocemente, può infiltrare l’osso sottostante determinando lisi mascellare/mandibolare. Frequentemente metastatizza e spesso recidiva dopo la rimozione chirurgica.47

La sede d’insorgenza del melanoma ne predice spesso il comportamento biologico; in generale la localizzazione rostrale è più favorevole rispetto a quella aborale. Infatti, la localizzazione aborale è collegata anche ad una maggiore facilità di invasione dello spazio retrobulbare con conseguente esoftalmo e/o deviazione del bulbo oculare.46 Tumori labiali hanno un tasso metastatico inferiore rispetto ai melanomi della mucosa alveolare. Melanomi linguali e tonsillari sono particolarmente aggressivi. L’intensità della pigmentazione non ha alcun significato prognostico.47

Esiste la variante amelanotica di questo istotipo tumorale che rappresenta un terzo di tutti i casi48 e, come precedentemente detto, non influenza la prognosi del paziente ma rende sicuramente più difficoltosa la diagnosi.47

Il potenziale metastatico è generalmente elevato (70-90%); la via di diffusione è linfatica o ematogena. Le stazioni metastatiche principali sono i linfonodi regionali (con tendenza alla bilateralità) e i polmoni, seguiti poi da fegato, surreni, cuore, reni ed encefalo. Al momento della diagnosi sono spesso già in circolo micrometastasi.47

La spiccata tendenza al progredire e metastatizzare è dovuta all’abbondante vascolarizzazione orale e alla fitta rete linfatica.47

Anatomicamente, il melanoma interessa soprattutto la mucosa buccale e alveolare, meno frequentemente guance, palato, faringe, lingua e tonsille. Macroscopicamente

(33)

28

può avere un aspetto nodulare o sessile, facilmente sanguinante.46 Il colore può essere anche nero-marrone, fino ad arrivare ad una totalità marmorizzata.48

Il tumore è spesso ulcerato e questo può portare ad alitosi, scialorrea, disfagia e difficoltà ad alimentarsi. L’animale prova dolore nell’aprire la bocca e, secondo la localizzazione del tumore, si possono osservare esoftalmo e deformazione facciale.47

La diagnosi prevede l’esame accurato della neoformazione per permettere di valutarne la localizzazione, presenza di necrosi e/o ulcerazioni, rapporti con i tessuti limitrofi, mobilità o perdita di denti47; infatti può essere riportato in anamnesi la caduta spontanea o estrazione di uno o più denti poco prima della scoperta della lesione.46 I linfonodi regionali devono essere palpati e valutati con citologia indipendentemente dalle loro dimensioni. Questo perché non esiste una correlazione tra le dimensioni del linfonodo e la presenza di metastasi, anzi alcuni linfonodi megalici possono risultare reattivi, mentre altri linfonodi non palpabili possono essere sede di metastasi.47

Anche la pigmentazione dei linfonodi non è un segno patognomonico di metastasi; il linfonodo drenante può essere pigmentato non solo perché metastatico, ma anche per accumulo di melanofagi in seguito, per esempio, ad un processo infiammatorio orale, soprattutto in cani con mucosa scura.47

La biopsia della lesione orale, in anestesia generale, rimane essenziale per la diagnosi definitiva; per ottenere campioni significativi è opportuno eseguire una biopsia profonda, poiché l’epitelio di rivestimento è spesso iperplastico e deve pertanto essere oltrepassato. È necessario evitare accuratamente il centro della lesione, spesso necrotico e non diagnostico. Se la lesione è piccola e peduncolata è possibile ricorrere alla biopsia escissionale (con annessa rimozione del tessuto sano circostante), questo non è quasi mai il caso per il melanoma orale che richiede, il più delle volte, biopsia incisionale.47

Per il prelievo bioptico sono indicati bisturi o punch da biopsia, mentre sono da evitare laser o elettrobisturi che vanno ad alterare la morfologia cellulare rendendola, il più delle volte, irriconoscibile.47

(34)

29

Considerato il potenziale metastatico, è irrinunciabile eseguire uno studio radiografico del torace nelle tre proiezioni per evidenziare eventuali noduli polmonari o altre lesioni potenzialmente associate a metastasi, come il versamento pleurico. Con la radiologia è possibile valutare alcune caratteristiche di queste lesioni primarie; ispessimenti dei tessuti molli e, se il coinvolgimento osseo è piuttosto avanzato, aree di lisi o reazione periostale a carico di mandibola o mascella, dislocazione di denti o zone di lisi di radici dentali. Tuttavia, non ci sono criteri radiografici che consentono di distinguere radiologicamente le diverse neoplasie della cavità orale.47

La TC, essendo più sensibile della radiografia nell’individuare piccoli noduli polmonari, è estremamente consigliata in queste situazioni, soprattutto se si programmano terapie complesse e costose, per selezionare cani in cui trattamenti aggressivi e multimodali siano di beneficio e, allo stesso tempo, per escludere quelli in cui la prognosi resterebbe sfavorevole.47 La TC è un’eccellente modalità di imaging per investigare la cavità orale per la presenza di numerose strutture ad elevata attenuazione.49

Le lesioni da melanoma orale, in TC, appaiono espansive, solitamente multilobari e ad enhancement eterogeneo (prevalentemente periferico per la presenza di aree necrotiche centrali). Anche la metastasi linfonodali, solitamente, si manifesta con un aumento volumetrico dei linfonodi ed una loro presa di contrasto prevalentemente periferica49, anche se, in un recente studio, l'aspetto prevalente dei linfonodi sentinella metastatici è rappresentato da un loro marcato aumento volumetrico, presa di contrasto eterogenea e perdita della fisiologica ipoattenuazione ilare.50

Inoltre, la TC, è in grado di evidenziare lesioni ossee in fase iniziale, il reale coinvolgimento dei tessuti molli e l’eventuale infiltrazione macroscopica di settori adiacenti (cavità nasali, faringe e spazio retrobulbare).47

La ricerca di metastasi addominali, anche se meno probabili, può essere effettuata mediante ecografia o includendo nella scansione TC anche l’addome.47

(35)

30

CAPITOLO 3

TECNICHE DIAGNOSTICHE PER LO STUDIO DELLE LESIONI METASTATICHE POLMONARI

3.1 Radiologia

Le metodiche di diagnostica per immagini rappresentano un ausilio fondamentale per il clinico sia per la diagnosi del tumore, sia per la stadiazione del paziente oncologico.51 L’esame radiografico del torace rappresenta ancora oggi il primo step di imaging diagnostico.7 La possibilità di esaminare settori diversi (per esempio, campi polmonari e rachide toracico in un unico radiogramma) ne aumenta la performance diagnostica come avviene nella ricerca di lesioni metastatiche.51

Per la ricerca delle metastasi polmonari è indicato effettuare tre proiezioni del torace, le due proiezioni laterali e una proiezione sagittale (generalmente la ventro-dorsale). Infatti, quando l’animale si trova in decubito laterale il polmone più declive è parzialmente collassato ed è molto difficile visualizzare una lesione nel parenchima perché non viene circondata dall’aria, elemento che produce il contrasto radiografico. Effettuando tre proiezioni siamo in grado di valutare entrambi i polmoni, mentre la proiezione sagittale serve per identificare la posizione di una lesione.10

Le metastasi polmonari producono, solitamente, un pattern di tipo interstiziale nodulare disseminato in tutto il polmone (Fig 7); tuttavia è possibile avere metastasi singole (Fig. 8). Oltre a questo, la malattia metastatica polmonare, può presentarsi anche in forme non francamente nodulari, più difficili da identificare radiologicamente, come, per esempio, in caso di carcinomatosi polmonare in cui l’aspetto è di tipo misto (associato a componente interstiziale che spesso ne rende difficile l’interpretazione).51

(36)

31 Fig. 7 Metastasi polmonari diffuse a tutto il parenchima polmonare - Dipartimento di Scienze

Veterinarie; Ospedale Didattico ''Mario Modenato''.

Fig. 8 Lesione metastatica polmonare singola - Dipartimento di Scienze Veterinarie; Ospedale Didattico

(37)

32

Va tenuto presente che le lesioni di piccole dimensioni non determinano un’immagine radiografica visibile; generalmente si considera 5mm il diametro minimo necessario per poter visualizzare un nodulo mediante la radiologia. È conseguenza di questo che un esame radiografico negativo non esclude la presenza di metastasi polmonari.10 Anche la posizione della lesione ne condiziona la visibilità radiografica; lesioni circondate da poco parenchima polmonare areato, per esempio adiacenti alla parete toracica, diaframma o all’area cardiaca, sono di più difficile visualizzazione.8

Per questi motivi, casi complessi in cui il rischio metastatico è elevato e in cui si devono prendere importanti decisioni dal punto di vista terapeutico, devono essere approfonditi mediante TC.51

Il corretto posizionamento del paziente, buona tecnica radiografica, conoscenza della normale anatomia radiografica e dei pattern osservati in corso di neoplasie sono indispensabili per ottenere il massimo numero di informazioni dalla radiologia toracica. Tuttavia, in aggiunta alle considerazioni fatte precedentemente sulla visibilità delle lesioni metastatiche in radiologia, va preso in considerazione un ulteriore limite di questa metodica, ovvero la scarsa specificità nella differenziazione tra lesioni neoplastiche e non neoplastiche; questo obbliga ad includere sempre numerose condizioni nella diagnosi differenziale.10

È interessante notare che in uno studio è stato visto che solo il 9% dei noduli polmonari evidenziati in TC erano visibili nelle radiografie precedentemente effettuate52 mentre, in uno studio più recente, questa percentuale è risultata essere del 41%.9 Questa sostanziale differenza è stata ricondotta ad un maggiore numero di proiezione radiografiche effettuate nel secondo studio rispetto al primo (rispettivamente 3 e 2 scansioni) o alla diversa tipologia di radiologico impiegata.9

Anche se è innegabile una maggiore specificità della TC rispetto alla radiologia nell’identificazione di noduli polmonari, ciò non significa che lo step della radiologia debba essere saltato; non sarebbe corretto utilizzare direttamente la TC, che richiede anestesia generale e comporta maggiori costi per il proprietario.51

(38)

33

3.2 Ecografia

Sulla superficie polmonare la quasi totalità delle onde ultrasonore è riflessa dall’interfaccia pleura-aria polmonare; se è presente una patologia polmonare che altera il contenuto gassoso del polmone questo fronte artificiale viene a mancare.6 L’esame ecografico del torace in condizioni normali si limita allo studio delle strutture superficiali. È possibile studiare le lesioni della parete, valutarne l’estensione, i rapporti con i tessuti molli vicini e con le coste; tuttavia, la presenza d’aria nel polmone impedisce il passaggio degli ultrasuoni in profondità.6

Per questo tipo di esame è adatta una sonda lineare a elevata frequenza (7,5-10MHz) che fornisce un’elevata risoluzione spaziale e un’ottima visualizzazione delle strutture nel campo vicino.53

Se non è presente versamento pleurico, le lesioni toraciche che possono essere visualizzate ecograficamente sono quelle localizzate a contatto con la parete toracica o con il diaframma: quindi, lesioni della parete (che originano da tessuti molli della parete, coste o pleura), lesioni polmonari periferiche e masse mediastiniche sufficientemente grandi.

La valutazione della lesione in tempo reale, durante la respirazione dell’animale, consente, nella maggior parte dei casi, di discriminare tra lesioni polmonari ed extrapolmonari; se la lesione si muove in sincrono con l’attività respiratoria risulta di pertinenza polmonare.10 Questa caratteristica viene meno in presenza di aderenze pleuriche.12

Le metastasi polmonari si evidenziano ecograficamente come noduli polmonari rotondeggianti, ipoecogeni, molto ben definiti rispetto al fronte di riverberazione polmonare (Fig. 9). I margini tendono ad essere regolari e ben delineati, in contrasto con i processi infiammatori che in genere hanno margini irregolari e mal definiti. Spesso si visualizzano a livello dell’interfaccia polmone-diaframma alterandone il profilo e riducendo la formazione dell’effetto specchio. In genere le metastasi hanno un’ecostruttura e un’ecogenicità omogenea.6

Riferimenti

Documenti correlati

può trattarsi di una semplice &#34;storta&#34;, cioè quando si appoggia male il piede che, non trovandosi in perfetto asse con la gamba, crea un'eccessiva

Le lesioni articolari rappresentano gli incidenti che possono capitare alle articolazioni e che vedono interessati legamenti, tendini, ossa e capsule articolari.. Tipiche

Le ferite penetranti in torace erano ubicate nella regione del costa- to, ed avevano la seguente caratteristica: ferita cutanea molto piccola (anche inferiore al centimetro in

I vantaggi di uno studio preventivo in una città sono perciò notevoli, e hanno permesso la nascita e lo sviluppo di metodi e strategie per la valutazione della risorsa

4.4 Il cognitivismo: una rivoluzione mancata Pearce 1992, rifacendosi alla storia della scienza cognitiva di Gardner 1985, sintetizza in cinque punti gli assunti della

Lo scopo di questo lavoro è quello di capire meglio chi sono i morosi di cassa malati a Chiasso, soprattutto quelle persone che non hanno risposto alla convocazione

Bench´ e essa sia stata poi smentita nel suo assunto base, la teoria del calorico contribu`ı alla spiegazione di numerosi fenomeni e presenta il caso di come, nello sviluppo

Le lesioni da riassorbimento interno, molto meno fre- quenti rispetto a quelle esterne, sono invece il risultato del progressivo riassorbimento della dentina a parten- za