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Segmentazione, Loyalty, Personalizzazione: aspetti informatici di concetti di Marketing

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Academic year: 2021

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RIASSUNTO

In questa tesi si indaga su tre aspetti ritenuti cruciali per il marketing – segmentazione, fedeltà e personalizzazione - che possono trarre notevoli vantaggi dall’utilizzo delle tecnologie informatiche e della business intelligence, con l’obiettivo di avvicinare due ottiche spesso contrapposte, quella informatica e quella economica. In particolare, considerando il mar-keting relazionale caratteristico dell’era digitale, si sottolineano le potenzia-lità offerte dal data mining per segmentare la clientela, creare dei modelli di fidelizzazione e, in seguito alla profilazione della clientela, per personalizza-re l’offerta delle imppersonalizza-rese. Partendo da una formalizzazione matematica del concetto di segmentazione, si indaga sulla complessità del processo di scel-ta da parte del cliente, sottolineando l’imporscel-tanza di memorizzare nei da-tawarehouse (DW) le variabili utili a predire le differenziazioni nella funzio-ne di risposta dei clienti ai numerosi stimoli di marketing, al fifunzio-ne di un’efficace segmentazione. Vengono poi considerati i problemi di memoriz-zazione su tali DW, relativi a costrutti astratti come soddisfazione e fedeltà, disquisendo sulle informazioni utili da memorizzare. Si discute poi sulla per-sonalizzazione e sui nessi tra segmentazione e marketing one-to-one, for-nendo considerazioni metodologiche su segmentazione e personalizzazione. Infine, partendo da un modello di profilazione dinamica della clientela, si offrono spunti di riflessione e suggerimenti, in ottica informatica, sulle tec-niche adoperabili.

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INDICE

Introduzione ________________________________________ 2 1 IL MARKETING NELL’ERA DIGITALE___________________ 10 1.1 La business intelligence ________________________________ 10 1.2 Intelligence aziendale e marketing _______________________ 12 1.3 Nuove sorgenti di intelligence ___________________________ 13 1.4 L’era del nuovo marketing ______________________________ 14 1.5 Il valore creato dal marketing di relazione _________________ 17 1.6 Gestire il rapporto con il cliente __________________________ 21 1.7 Il marketing in rete ___________________________________ 24 1.8 Verso un marketing collaborativo ________________________ 25 1.9 Marketing tradizionale vs marketing elettronico _____________ 26 2 INFORMATION TECHNOLOGY E NUOVO MARKETING _______ 31 2.1 Dalle elaborazioni OLTP all’OLAP _________________________ 31 2.2 Dai dati alla conoscenza di business: il data warehousing _____ 33 2.3 Data mining e valore aggiunto dei dati ____________________ 35 2.4 Sul dominio applicativo e le tecniche di data mining __________ 36 2.5 Conoscere e capire i clienti _____________________________ 38 2.6 Data mining sul web: i clienti digitali______________________ 41 3 SULLA SEGMENTAZIONE ____________________________ 44 3.1 Il concetto __________________________________________ 44 3.2 La segmentazione in rete_______________________________ 48 3.3 La profilazione del cliente ______________________________ 55 3.4 Profilare gli utenti on line_______________________________ 59 3.5 La segmentazione da un punto di vista informatico __________ 66 3.6 Analogie tra cluster e segmenti __________________________ 75

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3.7 Considerazioni metodologiche sulla segmentazione __________ 81 3.8 Segmentare la base clienti _____________________________ 83 3.9 Un modello di regressione mistura _______________________ 85 3.10 Come è organizzato il modello__________________________ 87 3.11 Un approccio ibrido alla segmentazione___________________ 90 3.12 L’apporto delle tecniche di data mining ___________________ 92 4 SULLA SODDISFAZIONE E LA LOYALTY DEL CLIENTE_______ 98 4.1 Supporto tecnologico e customer intelligence _______________ 98 4.2 Il nuovo marketing __________________________________ 104 4.3 L’importanza di osservare e comprendere il mercato ________ 107 4.4 Asset intangibili: focus su soddisfazione e fedeltà___________ 110 4.5 Aspetti informatici: la misurazione di costrutti astratti _______ 117 4.6 Misurare la soddisfazione del cliente _____________________ 119 4.7 Il problema di ottenere la fedeltà _______________________ 123 4.8 Misurare la fedeltà ___________________________________ 124 4.9 Contributo dell’analisi RFM_____________________________ 145 4.10 Stati interni dei clienti VS segmenti ___________________ 148 5 SULLA PERSONALIZZAZIONE _______________________ 151 5.1 Caratteristiche della personalizzazione ___________________ 151 5.2 E-marketing intelligence e personalizzazione ______________ 152 5.3 Segmentazione e personalizzazione (marketing 1-to-1) ______ 155 5.4 Stimoli di marketing, funzioni di risposta e personalizzazione__ 158 5.5 Dominio e cardinalità degli stimoli e delle funzioni di risposta _ 162 5.6 La varietà degli stimoli sul web _________________________ 166 5.7 Sulla complessità del processo di scelta del consumatore_____ 171 5.8 Fedeltà e comportamenti di consumo on line ______________ 173 5.9 Personalizzazione attraverso i Recommendation Systems ____ 176

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5.10 Segmentazione e profilazione dinamica__________________ 181 5.11 Valutazioni sul modello pentadimensionale _______________ 183 5.12 Tecniche usate per la profilazione: suggerimenti __________ 185 Conclusioni _______________________________________ 190 Glossario dei termini di marketing______________________ 191 Riferimenti bibliografici ______________________________ 194 Riferimenti web ____________________________________ 199

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INTRODUZIONE

Sempre più ormai le tecnologie informatiche, e in particolar modo le tecnologie afferenti alla business intelligence, sono utilizzate per supportare decisioni impor-tanti e complesse, tanto operative che strategiche. Ciò vale in particolare nel setto-re del marketing, ambito di applicazione privilegiato della business intelligence. Infatti i data warehouse e, con maggior gradualità, il data mining stanno guada-gnando credibilità come fonti importanti di vantaggio competitivo quando applicati al marketing digitale nelle sue varie forme (one-to-one, web, e-mail, multichannel marketing).

Riteniamo quindi operazione interessante l’esplorare alcuni concetti chiave del marketing per mettere a confronto l’interpretazione più naturale per gli esperti di marketing con interpretazioni più consone alla mentalità e agli interessi dei tecnolo-gi informatici. I concetti che esploreremo sono la segmentazione della clientela, la fedeltà e lealtà del cliente, la personalizzazione dell’offerta secondo il profilo del cliente.

Mentre l’interpretazione di questi concetti in ottica di marketing ha, ovviamente, fondamento in una lunga e consolidata tradizione, non altrettanto si può dire per la seconda, l’interpretazione tecnologica informatica. Il presente lavoro intende dare un contributo alla chiarificazione di questi concetti chiave del marketing nell’ambito della cultura tecnologica dei progettisti di sistemi informativi e degli analisti di dati complessi.

Si può dunque vedere il presente lavoro come uno studio sulle possibilità di re-interpretazione dei concetti di segmentazione, fedeltà e personalizzazione in termini operativamente utili ai progettisti informatici. Idealmente, questa indagine dovreb-be facilitare il lavoro di progettisti di un sistema informativo di marketing che incor-pora questi tre concetti e li utilizza effettivamente per supportare decisioni com-plesse. Naturalmente non si pretende qui di fornire soluzioni immediatamente uti-lizzabili o metodologie rigorose; è però già utile contribuire in qualche misura alla costruzione di una cornice concettuale che avvicini, con reciproco beneficio, due culture divise da tradizioni lontane, ma tutt’altro che refrattarie a sintesi capaci di sviluppi affascinanti. E in effetti, come si vedrà, nella letteratura sono presenti vari contributi nella direzione di questa sintesi, che sul piano della prassi progettuale è però ancora all’inizio di una strada certamente impegnativa, ma altrettanto certa-mente promettente.

Un sistema informativo di marketing capace di incorporare efficacemente i tre concetti di segmentazione, lealtà e personalizzazione rappresenta, in un’era domi-nata dalla centralità del cliente e dal marketing di relazione, l’ultima frontiera in

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fatto di gestione delle relazioni come strumento strategico finalizzato al persegui-mento di un vantaggio competitivo.

Oggi, infatti, praticamente ogni impresa è dotata di sistemi informativi in grado di archiviare grandi moli di dati (data warehouse) e dunque nella prospettiva del mar-keting management relazionale, la presenza di ampi database dei clienti consente una ricchezza di informazioni, sugli individui e sui loro comportamenti, che aumenta la possibilità di intraprendere azioni di marketing opportune, a seconda della tipolo-gia di gestione della clientela che l’impresa intende attuare.

Rassegna della letteratura

Il nostro lavoro prende le mosse dalla considerazione di alcuni interessanti lavori proposti relativamente agli argomenti trattati.

Per quanto riguarda la segmentazione, utile punto di partenza per alcune consi-derazioni interdisciplinari è stato il modello di formalizzazione proposto da Kleinberg (Kleinberg et al. 1998 e 2004), in cui l’idea di fondo è quella di riuscire a persona-lizzare le azioni di marketing relativamente al singolo cliente, in modo da ottenere la massima rispondenza fra le caratteristiche dell’offerta aziendale e i desiderata del cliente.

La segmentazione tradizionale viene vista come un processo euristico di soluzione

di un problema di ottimizzazione, nel quale si presuppone che certi dati disponibili sui clienti siano buoni predittori della funzione di risposta del cliente stesso alle a-zioni di marketing e che se due clienti sono simili rispetto a questi dati allora sono simili anche rispetto alle loro funzioni di risposta.

Relativamente alla segmentazione della base clienti, ci siamo basati su un model-lo proposto da Marzocchi e Costabile (2003), in cui vengono evidenziati i problemi relativi alla differenziazione della risposta dei clienti rispetto alle azioni di marketing dell’impresa, la difficoltà di interpretare la funzione di domanda dei clienti nel tempo e la loro valutazione soggettiva sul valore offerto dall’impresa, che ne è la fonda-mentale determinante.

Segmentare la propria clientela è oggi un’attività di importanza fondamentale; il problema più grande consiste però nel riuscire a rendere conto appieno della re-sponsiveness dei clienti. Costabile e Marzocchi (2003, Costabile, 2001), riguardo a ciò, fanno notare come risulti ragionevole includere nelle metodologie di segmenta-zione le preferenze, le valutazioni e il grado di soddisfasegmenta-zione, ma anche le determi-nanti cognitive dei comportamenti dei clienti, ovvero i fattori che ne determinano la funzione di risposta. Ciò infatti permette una segmentazione che si fondi sulla di-versa reattività della domanda alle diverse variabili del mix d’offerta da cui dipende il valore globalmente percepito dal cliente.

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Il data warehouse dovrebbe quindi rappresentare esplicitamente non soltanto i ri-sultati, ma anche i fattori che portano a quei riri-sultati, in quanto questi fattori colle-gano le azioni ai risultati.

Nondimeno l’attenzione va rivolta al modo di memorizzare tali costrutti astratti sui data warehouse dei clienti; punto di partenza in questa direzione è stato il contribu-to di Busacca e Castaldo (1996) e Busacca (2001), in cui si fa notare come oggi sia sempre più agevole e stimolante creare relazioni che coinvolgano il cliente e ne conquistino la fedeltà, la cui costruzione può avvalersi di alcuni indici utili alla misu-razione della stessa.

Ciò implica che i data warehouse facciano esplicito riferimento a modelli di fedeltà e di soddisfazione del cliente, ampiamente affrontati da Costabile (2001), Busacca (2001 e 2005), Newell (2000) ed altri autori presenti in bibliografia.

Per quanto riguarda la comprensione dei meccanismi di formazione del valore che stanno alla base delle scelte di fedeltà o abbandono della clientela, memorizzare nelle strutture dati gli stati interni dei clienti rappresenta oggi una fonte importante di vantaggio competitivo, permettendo di conoscere e cercare di soddisfare le a-spettative ed esigenze dei clienti. E’ quindi comprensibile il ruolo fondamentale gio-cato dalla rilevazione della soddisfazione del cliente per le aziende.

In Costabile (1996) e Busacca e Costabile (2000) si evidenzia come la scelta d’acquisto abbia le sue radici nella congruenza tra il valore atteso e il valore perce-pito. Tale percezione va così ad alimentare la fiducia, intesa come atteggiamento di pregiudizio positivo verso l’ impresa o il suo prodotto.

L’ indiscutibile importanza di rilevare il valore atteso, il valore percepito, e il gap fra i due, al fine di valutare la soddisfazione del cliente per poter, successivamente, intraprendere delle azioni di CRM specifiche in base ai risultati ottenuti o, eventual-mente, una strategia di loyalty, è alla base del lavoro presentato da Rust et al. (2001). Essi partono dal valore del cliente esteso all’ intero suo ciclo di vita in quan-to cliente, presentando un modello di cusquan-tomer equity, in cui quest’ultimo è consi-derato come una sorta di misura integrata, composta da indicatori multifattoriali che sintetizzano sia la sensibilità dell’ impresa (pesi attribuiti ai criteri), sia l’ effetti-vo valore dei clienti (performance dei clienti su ciascun criterio).

La possibilità di identificare e misurare i fattori che maggiormente influiscono sulla generazione di valore, è legata ai driver e subdriver che costituiscono tale modello.

Relativamente al problema della personalizzazione, Prandelli e Verona (2006) sottolineano come essa rappresenti una tecnologia chiave per gestire la relazione con i clienti, gestendo campagne pubblicitarie su un determinato target, promuo-vendo prodotti o servizi e adattando il contenuto del sito web, attraendo visitatori al sito con un contenuto interessante e inviando loro informazioni di qualità via e-mail.

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In Costabile (2003) è offerta inoltre un’ampia valutazione della problematica, e viene sottolineato come la qualità e la precisione nella produzione di personalizza-zioni diventino quindi dei mezzi per assicurarsi la lealtà del cliente.

A questo proposito Prahalad e Ramaswamy (2004) parlano di customerization in ambienti digitali, fenomeno dovuto all’influenza degli ambienti digitali che, negli ultimi anni, hanno avviato un processo evolutivo dei modelli di differenziazione, ba-sati sempre più sulla proposizione di stimoli di marketing rispondenti il più possibile ai desiderata dei clienti, per sostenere la crescente eterogeneità della domanda e delle funzioni di risposta agli stimoli stessi

Sulla strada che si sta percorrendo verso la personalizzazione dinamica, all’insegna della ricerca di stimoli di marketing che si confacciano, il più possibile, alla multidimensionalità delle esigenze dei clienti, un lavoro fonte di considerazioni è rappresentato da Costabile et al. (2003), che presentano un modello di profilazio-ne dinamica pentadimensionale.

Contenuto della tesi

L’elaborato è strutturato in cinque capitoli. Di essi, i primi due rappresentano un quadro introduttivo ai domini di riferimento:

‰ nel capitolo 1 viene fornita una panoramica sul marketing nell’era digitale.

Viene sottolineata l’importanza della business intelligence per il marketing di relazione. Viene introdotto il marketing in rete, evidenziandone le principali dif-ferenze con il marketing tradizionale;

‰ nel capitolo 2 viene presentato il data mining come sofisticata tecnica di analisi

dei dati a supporto delle decisioni aziendali. Ne vengono descritti gli strumenti e i tratti distintivi, anche relativamente all’approccio sul web.

I tre capitoli successivi approfondiscono le tre tematiche suddette, cercando di in-tegrare considerazioni in entrambe le ottiche d’indagine:

‰ nel capitolo 3 l’attenzione viene posta sulla segmentazione, in particolare su quella in rete, di cui vengono esposti gli obiettivi, i princìpi e i driver. Una bre-ve introduzione alla profilazione dei clienti prelude all’approfondimento della profilazione degli utenti on line, valutando i diversi criteri di segmentazione utilizzati a tale scopo. Viene poi proposta una formalizzazione del concetto di segmentazione, vista come processo euristico di risoluzione di un problema di ottimizzazione matematica. Partendo da essa, vengono fatte delle considera-zioni, “a cavallo” tra marketing ed informatica, su cluster, segmenti ed entro-pia. Infine, viene considerato un modello di regressione mistura per segmenta-re la base clienti, input per considerazioni di tipo metodologico.

‰ Nel capitolo 4 si focalizza l’attenzione su soddisfazione e loyalty, due degli as-set intangibili del continuum relazionale caratterizzante il comportamento del cliente nella relazione con l’impresa. Introdotta l’importanza del supporto

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tec-nologico per l’attuazione di una strategia di loyalty, vengono fatte delle consi-derazioni sulla difficoltà di misurare tali costrutti astratti, sottolineando gli a-spetti che un informatico dovrebbe imprescindibilmente considerare prima di memorizzarli su un customer datawarehouse, tenendo presente indici, valore percepito dal cliente e customer equity.

‰ Nel capitolo 5 viene trattata la personalizzazione, considerando il sottile filo

che separa segmentazione e marketing one-to-one. Si introduce l’ e-marketing

intelligence, evidenziando le potenzialità di un marketing personalizzato e

sot-tolineando il rischio di mass confusion indotto dalla cosiddetta customerization. Partendo poi dalla formalizzazione del concetto di segmentazione proposta nel cap.2, si indaga sulla responsiveness e sulla varietà degli stimoli di marketing, valutandone domini e cardinalità. Seguono considerazioni sull’importanza di valutare i complessi processi di scelta dell’utente/clienti, accennando anche ai recenti sistemi di raccomandazione automatica. Infine, un modello di profila-zione dinamica fa da spunto a considerazioni e suggerimenti, in ottica informa-tica, sulle tecniche usate.

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CAPITOLO 1. IL MARKETING NELL’ERA

DIGI-TALE

In questo capitolo e nel successivo si forniscono le conoscenze basilari sul contesto nel quale ci apprestiamo ad effettuare la nostra indagine. Il lavoro inizia con una panoramica sul marketing nell’era digitale, caratterizzato dalla centralità della relazione con i clienti,

dalle potenzialità offerte da internet e dagli strumenti di customer rela-tionship management. Viene sottolineata l’importanza degli strumenti della business intelligence per il marketing di relazione. Viene introdotto il mar-keting in rete, evidenziandone le principali differenze con il marmar-keting tra-dizionale.

1.1 La business intelligence

Tutte le aziende dispongono di grandi quantità di dati (ad esempio sulle vendite, sui clienti, sulla produzione...), spesso dispersi e poco sistematiz-zati. Analizzare e valutare i dati interni può far risparmiare tempo e dena-ro: la business intelligence (BI), utilizzando gli strumenti della tecnologia dell’informazione, trasforma il dato grezzo in informazione e l’informazione in risorsa strategica per supportare le decisioni aziendali.

BI non è solo applicare tecniche statistiche, ma partire dall’individuazione degli obiettivi aziendali e arrivare all’applicazione delle regole decisionali trovate.

Tra le ragioni pratiche che rendono interessante la prospettiva di fare BI nel marketing spiccano sicuramente:

1 - aumentare l’efficacia delle campagne 2 - fidelizzare i clienti

3 - aumentare la produttività

4 - imparare dalle esperienze passate, ad esempio, individuando i sogget- ti potenzialmente disposti a pagare di più ed escludendo dalle campa- gne quelli che meno probabilmente si trasformeranno in clienti.

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Conoscere i clienti e le loro preferenze permette di gestire di conseguenza i rapporti e dunque di soddisfarli e di mantenerli nel tempo. Inoltre, man-tenere un cliente è molto più economico che cercarne uno nuovo e un cliente fedele innesca uno dei più efficaci strumenti di marketing, il passa-parola. E’ necessario che il cliente diventi un referente importante, e que-sto è possibile solo attraverso una gestione strategica della comunicazione. L’analisi dei processi aziendali permette di individuare i punti di forza e di debolezza del processo produttivo e successi e insuccessi, se interpretati correttamente, possono diventare esperienze, da replicare o da correggere.

Come vedremo nel corso di questo lavoro, i tipi di analisi che è possibile fare variano, dalle classificazioni e raggruppamenti, a stime e previsioni, da studi - anche complessi, per analizzare gli individui, i prodotti ed i processi coinvolti - all’assegnazione di ogni soggetto ad un gruppo, per mettere in evidenza le similitudini e le differenze, fino alla possibilità di individuare va-lori sconosciuti attraverso dati noti, oppure di prevedere i comportamenti futuri.

In sintesi, poiché ogni azienda dispone di grandi quantità di dati, l’utilizzo di tali analisi per lo loro valorizzazione può risultare un valido strumento di trasformazione dei dati posseduti in risorse strategiche.

Nonostante la luce prettamente aziendale sotto cui viene sempre presen-tata nell’ottica di business aziendale, la BI utilizza le metodologie proprie dell’intelligence, che non riguardano solo il recupero delle informazioni, ma anche le successive fasi di analisi e di rappresentazione: ogni componente del processo di intelligence ha le sue proprie caratteristiche di importanza e imprescindibilità.

A questo proposito, in letteratura si introduce il concetto di intelligence

aziendale (IA) come elemento strategico che abbraccia tutte le aree azien-dali, adattandosi ai cambiamenti e prevenendoli. Infatti, trasformando i da-ti elementari in informazioni strategiche, l’IA non fa altro che valorizzare il patrimonio informativo di una società.

Gli obiettivi di BI, collegati come vedremo, a quelli di data warehousing (cap.2) sono fondamentalmente i seguenti:

¾ passare da opinioni a fatti

¾ aumentare la qualità dell’informazione ¾ dare informazioni significative

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¾ diffondere informazioni ¾ condividere informazioni

Pertanto, la scelta di soluzioni opportune di BI /data warehousing in un’azienda richiede indubbiamente una visione strategica d’insieme, considerando la varietà dei prodotti a disposizione per diverse tipologie di utenti (utenti finali, manager di linea, direzione), in diverse aree aziendali e su diverse architetture tecnologiche.

1.2 Intelligence aziendale e marketing

Sebbene l’IA sia progettata per cercare, interpretare e spiegare segnali di pericolo, essa può aiutare a scoprire nuovi clienti e quindi nuove opportuni-tà di mercato, partendo dalla considerazione di eventi e situazioni inaspet-tate.

Non si tratta solo di delineare le attività e le prospettive della concorren-za, ma di avere sempre un profilo chiaro dell’industria per anticipare quei cambiamenti significativi del mercato che possono influenzare sia un conte-sto industriale sia un gruppo di aziende concorrenti.

Quando l’IA cerca di scoprire minacce da fonti inaspettate o improbabili, il terreno competitivo si espande e i suoi confini assumono un aspetto più sfumato. Diagnosticare e far leva su scoperte impensate fornisce dunque un vantaggio competitivo .

Per avere un quadro chiaro dell’ambiente esterno è importante quindi in-dividuare segnali che denotino un cambiamento nel mercato, nell’arena competitiva conosciuta e all’interno dei confini dell’industria di riferimento. Per lo sviluppo strategico interno, invece, è vitale esaminare la base clienti per identificare clienti atipici con il potenziale per portare l’azienda in nuovi settori di mercato.

E’ noto come la focalizzazione sui clienti significativi, ovvero coloro che, seguendo la legge di Pareto, rappresentano il 20% della base della clientela e portano l’80% dei ricavi di un’azienda, sia una pratica consueta nel mar-keting.

Sebbene la segmentazione dei clienti sia uno dei principi chiave del mar-keting strategico, il cui compito è di sviluppare strategie per “trattenere” i clienti profittevoli, molti manager interpretano la legge di Pareto come un monito a non sprecare tempo e risorse sui clienti che ricadono sotto la

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so-glia del 20% dei ricavi, senza considerare però che la maggior parte delle opportunità che conducono a mercati emergenti provengono proprio da quell’ 80% di clienti meno profittevoli.

D’altra parte, l’esperienza insegna che analizzare il prodotto dalla pro-spettiva del cliente può rivelare che la soluzione che il consumatore ricerca risiede in nuove nicchie di mercato o nel miglioramento di prodotti già esi-stenti: molti prodotti sono infatti variazioni o miglioramenti di qualcosa già sul mercato che l’azienda innovatrice concepisce in modo che il cliente per-cepisca un valore aggiunto.

E’ evidente come siano quindi necessarie nuove prospettive per esamina-re e sollecitaesamina-re la base clienti per cesamina-reaesamina-re opportunità in territori di mercato inesplorati o, addirittura, per crearne di nuovi.

1.3 Nuove sorgenti di intelligence

I punti di accesso della catena del valore costituiscono una fonte di infor-mazione su ciò che il cliente cerca, sui problemi che vuole risolvere, sull’utilizzo del prodotto, e sui punti deboli suoi o di quelli dei concorrenti. I distributori, i fornitori, i venditori e il personale addetto alla manutenzione hanno interazioni continue con gli utilizzatori, interazioni che sono conside-rate sempre più importanti, così come i pensieri dei clienti.

Kotler e Clarke, nel 1987, hanno affermato infatti che la maggior parte dei clienti non si prende la briga di segnalare la sua insoddisfazione, ma semplicemente se ne va e trova un’altra soluzione (Kotler e Clarke, 1987).

Il cliente che occupa parte del suo tempo per reclamare su un servizio of-fre all’azienda un’opportunità per servirlo ancora: è evidente che un pro-cesso di analisi dei reclami e delle segnalazioni offre una grande panorami-ca sulle necessità di chi utilizza davvero il prodotto.

Si deve trattare di un processo che abbraccia anche i nuovi canali. Inter-net fornisce strumenti mediante i quali le aziende possono comprendere necessità, aspettative e valori dei propri clienti: molte comunità on line so-no orientate a un dialogo consumer to consumer ( glossario) dedicato a un determinato prodotto o mercato e sono un veicolo che i consumatori utilizzano per trovare informazioni e soluzioni. O per protestare.

L’immagine di un prodotto o di un’azienda è molto più in pericolo ora che alcuni anni fa: se, fino alla comparsa di internet, era raro che un consuma-tore protestasse per un disservizio o un malfunzionamento, con il suo

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av-vento il 70% dei consumatori insoddisfatti pubblicizza la propria frustrazio-ne su un forum pubblico (indagifrustrazio-ne di marketingSherpa, 2004).

Si stanno inoltre diffondendo anche i siti che offrono la possibilità di dare una valutazione a un prodotto, dove, cioè, gli utenti leggono i commenti dei loro simili e hanno l’opportunità di giudicare a loro volta.

Il monitoraggio puntuale di queste fonti di dati fornisce una pletora di in-formazioni che conducono a conclusioni che fino a pochi anni fa era impen-sabile raggiungere.

1.4 L’era del nuovo marketing

Nel libro “Marketing one-to-one” l’autore Don Peppers afferma: "In futu-ro, non sarà importante cosa conosciamo dei nostri Clienti, ma piuttosto cosa sappiamo su ciascuno di essi” (Peppers et al, 1993).

Questa frase, secondo gli esperti del settore, indicherebbe una delle più importanti innovazioni commerciali degli ultimi anni.

La personalizzazione del rapporto azienda-cliente, in effetti, è un concet-to che rivoluziona in modo significativo i concetti del marketing classico.

Negli anni ‘70 e ‘80, infatti, il principio prevalente che guidava la pianifi-cazione e l’attuazione delle politiche di marketing era quello della segmen-tazione del mercato. Si trattava di un concetto relativamente facile e intui-tivo, ma già molto innovativo rispetto all’approccio al mercato adottato dal-le imprese nell’immediato dopoguerra. Allora l’esigenza principadal-le era pro-durre per soddisfare un mercato di massa e, pertanto, scarsa era l’attenzione rivolta a comprendere le differenze tra i bisogni dei consumato-ri. Negli anni successivi, venne la fase dello sviluppo e gradualmente inizia-rono a manifestarsi i primi segnali di saturazione e rallentamento nella cre-scita di mercati. Agli inizi degli anni ‘70, gli esperti della nascente disciplina del marketing cominciavano a suggerire che, forse, le esigenze degli acqui-renti non erano tutte uguali.

Fu allora che si intravide la possibilità di suddividere il mercato in base a gruppi o segmenti di acquirenti che presentassero delle esigenze diverse rispetto alle prestazioni tecniche richieste ai prodotti, al design, al servizio, al prezzo ecc.

Modificando il prodotto ed adattandolo alle caratteristiche richieste da ciascun segmento di mercato, recitava allora la teoria, sarebbe stato possi-bile avvicinarsi maggiormente ai desideri dei clienti senza sacrificare le

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e-conomie di scala della produzione industriale. Inoltre, identificando i com-portamenti del vari segmenti rispetto a stili di vita, letture, livello culturale ecc., attraverso opportune indagini campionarie di mercato, sarebbe stato possibile individuare le loro abitudini in termini di letture ed ascolto. Ciò avrebbe consentito di informare gli acquirenti su prodotti e servizi attraver-so i mezzi di comunicazione disponibili (prevalentemente ad una via, come stampa, posta e televisione), riducendo la dispersione grazie ad una comu-nicazione mirata.

Tale paradigma potremmo dire sia stato quello su cui si è basato lo svi-luppo economico delle economie industrializzate fino a metà circa degli anni ‘90.

A partire da allora, però, lo sviluppo di due fenomeni importanti ha messo in discussione i princìpi “classici” del marketing.

In primo luogo, la coscienza di una situazione di stallo dei mercati dovuta allo sviluppo della concorrenza tra le imprese. In pratica, tutte le aziende fino ad allora avevano utilizzato gli stessi principi di segmentazione e co-municazione nel mercato, trovandosi sostanzialmente a competere con gli stessi strumenti per l’acquisizione di una quota di clientela. Conseguente-mente, grandi erano stati gli investimenti per guadagnare frazioni di mer-cato, con un rapporto sempre più discutibile tra costi e benefici.

In secondo luogo, la diffusione della conoscenza di un nuovo mezzo di comunicazione completamente diverso rispetto ai mezzi fino all’epoca uti-lizzati, in quanto dotato di caratteristiche di interattività e di personalizza-zione dinamica: internet.

Improvvisamente, i canoni classici del marketing sono quindi stati messi in discussione, rendendone necessaria la revisione.

Esisteva la possibilità concreta, infatti, di poter raccogliere dei dati di mercato non su campioni statistici di clientela, ma su ciascun potenziale cliente. Inoltre, grazie alla comparsa della rete, diventava possibile inviare comunicazioni dirette e personalizzate a ciascun cliente, offrendogli nel contempo la possibilità di interagire e dialogare con l’azienda.

Ed è proprio questa l’essenza del marketing per il nuovo millennio, defini-to appundefini-to one-defini-to-one in quandefini-to personalizzadefini-to al pundefini-to di prevedere la gestione di un rapporto interattivo con ciascun cliente.

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Molte imprese non si sono ancora rese conto che l’era del nuovo marke-ting è già iniziata e che, grazie alle tecnologie di internet, è già alla portata di tutti.

Gli strumenti per attuare un approccio di marketing one-to-one esistono già e sono già utilizzati da aziende di tutte le dimensioni, anche in Italia, soprattutto nel settore del business to business, vale a dire nella vendita tra imprese.

Numerose aziende hanno infatti già adottato, ad esempio, dei siti web in-terattivi. Come vedremo nel corso di questo lavoro, permettendo ai clienti di registrarsi per ottenere l’abilitazione ad operare, forniscono alle imprese la possibilità di acquisire informazioni di grande valore sui clienti potenziali, che vanno dal loro profilo alle loro preferenze ed esigenze di acquisto.

Successivamente, in fase di abilitazione del cliente, è possibile “modella-re” il tipo ed il livello di informazione messa a sua disposizione decidendo i contenuti che gli verranno proposti all’atto del suo ingresso nel sito con il proprio nome utente e password (vedi cap.5) .

Questo livello di personalizzazione, nel commercio tradizionale è possibile soltanto attraverso il rapporto interpersonale, ma a costi molto più elevati. Oggi con la tecnologia della rete è invece possibile indirizzare proposte mi-rate a ciascun cliente con costi di gestione irrisori.

Si tratta di una vera rivoluzione che si sta affiancando ed integrando in modo sempre più stretto con le metodologie di marketing tradizionali, cre-ando nuovi spazi ed opportunità per le aziende che sapranno approfittarne tempestivamente.

Il nuovo approccio al mercato definito dal marketing relazionale, basato sulla centralità del cliente, prevede, come avremo modo di approfondire successivamente, l’implementazione da parte delle aziende di due elementi fondamentali:

¾ una metodologia precisa, per garantire l’applicazione sistematica delle regole e dei comportamenti da parte di tutta l’organizzazione aziendale

¾ un’adeguata tecnologia informatica che supporti l’organizzazione e contribuisca alla realizzazione pratica dei principi di personalizza-zione dell’apersonalizza-zione di vendita.

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1.5 Il valore creato dal marketing di relazione

Fare marketing, citando Kotler, significa “Fissare gli obiettivi e applicare delle regole e delle strategie adeguate per raggiungerli”.

Il marketing rappresenta dunque un metaprocesso (insieme di processi coordinati e coerenti) finalizzato a produrre scambi e relazioni, fra individui e organizzazioni, con una duplice finalità:

¾ creazione di valore economico e sociale, per l’impresa;

¾ acquisizione e godimento di valore in tutte le sue molteplici confi-gurazioni (funzionale, simbolico, emozionale, esperienziale), per il cliente.

Come vedremo, esistono diverse opportunità create dai canali digitali per la creazione di valore. In un contesto del genere, emerge quindi l’importanza assunta dalle relazioni di fiducia tra sito-impresa e utenti-consumatori.

Infatti, solo dopo aver effettuato l’analisi dettagliata della domanda dei consumatori, avendone individuato atteggiamenti, preferenze e comporta-menti caratteristici, è possibile prendere delle decisioni strategiche, tra le quali porremo l’attenzione sulla fase di segmentazione e targeting ( glossario) della clientela, arrivando, attraverso la valutazione del loyalty management ( glossario), fino al processo di personalizzazione.

(18)

L’influenza dei canali digitali è notevole se si pensa alla possibilità di raffi-namento delle attività di analisi favorita dalla presenza di più fonti di infor-mazioni e di tecniche più potenti. Nondimeno tale influenza è palesata dalla maggiore raggiungibilità dei consumatori, definendo micro-segmenti, pun-tando al posizionamento attraverso canali differenziati, marche multiple e comunicazione eterogenea o alla possibilità di esaltare la differenziazione del sistema d’offerta mediante un processo di personalizzazione.

E’ possibile gestire DB sempre più ricchi e schede di preferenza dei clienti sempre più articolate, facendo fronte alla crescente varietà di produzione attraverso la modularizzazione delle componenti. Sia le attività di gestione del rapporto con i clienti che gli stessi prodotti possono essere adattati ai bisogni del cliente/utente su scala di massa (customizzazione).

Detto ciò, e ritenendo fuori luogo un ulteriore approfondimento sulla te-matica (è possibile consultare letteratura in grande quantità sull’argomento), ai fini del presente lavoro, consideriamo interessante foca-lizzare l’attenzione su quello che viene abbiamo definito marketing di rela-zione.

Esso rappresenta, prima ancora che una tecnica di marketing, una pro-pensione all’utilizzo di tutte le informazioni esistenti all’interno dell’azienda - o reperibili all’esterno - al fine di migliorare e rafforzare la relazione diret-ta con i propri clienti

Il marketing di relazione crea valore per l’azienda attraverso la fidelizza-zione dei clienti e l’aumento della spesa per cliente (up-selling e cross-selling glossario).

La relazione con i clienti rappresenta, inoltre, un’importante barriera all’entrata di nuovi concorrenti sul proprio parco clienti.

Dal punto di vista operativo, il marketing di relazione si identifica con le procedure di customer relationship management (CRM), ovvero l’insieme dei processi di gestione della relazione con i clienti da un punto di vista in-dividuale e personalizzato, partendo dalle informazioni a disposizione per ciascun cliente, tema al quale sarà dedicato il par. 1.6

1.5.1 La centralità delle relazioni con la clientela

Il valore economico di un’azienda è determinato dal numero di clienti, dalle prospettive di fatturato a cliente per unità di tempo, dal periodo totale per cui ci si attende che i clienti rimangano consumatori dell’azienda.

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Il marketing di relazione può agire su ciascuna di queste variabili che en-trano nel calcolo del valore di un’azienda:

¾ aumentando la dimensione della base clienti;

¾ incrementando la quota cliente, ossia quanto delle capacità di spesa del cliente riesco ad indirizzare verso la mia azienda (vedi par. 4.7.3);

¾ contenendo il tasso di abbandono

Abbiamo già sottolineato come la conoscenza delle preferenze e dei com-portamenti dei propri clienti, potendo personalizzare la comunicazione e il servizio, talvolta anche del prodotto fornito, costituiscono un importante vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti che non conoscono il cliente.

Oltretutto, le enormi opportunità offerte dalla tecnologia, in fase di conti-nuo mutamento, sono, al tempo stesso, vettori di sviluppo, ma anche di temibili concorrenti, portatori di competenze diverse e a volte cruciali per restare leader negli scenari competitivi che stanno emergendo dalla con-vergenza tra internet e molti business.

E’ proprio tale contesto che ha fatto crescere l’attenzione alle relazioni con la base clienti, ponendo l’enfasi sulla fedeltà dei clienti (loyalty, vedi cap.4) come obiettivo delle politiche e delle strategie aziendali.

Per le aziende più competitive, la mission è di fatto incentrata sulla co-struzione di una relazione soddisfacente e di lungo periodo con i clienti, at-traverso una continua identificazione dei loro specifici bisogni, verso la cui soddisfazione sono volti tutti gli sforzi di progettazione e produzione dei prodotti e delle soluzioni offerte.

Detto altrimenti, la chiave di volta è rappresentata dallo sviluppo e dal mantenimento di un alto livello di soddisfazione del cliente (customer sati-sfaction), al quale va offerto un servizio che ne superi sempre le aspettati-ve e che differenzi l’azienda dalla concorrenza.

Sintetizzando potremmo dire che la decisione di assumere il valore come concetto guida dell’organizzazione porta con sé due fondamentali implica-zioni strategiche:

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¾ l’uso del valore come criterio sul quale segmentare la base clien-ti, successivamente differenziando la gestione delle relazioni. (vedi par.4.7.1)

¾ l’investimento in servizi di alta qualità da offrire ai clienti per renderli soddisfatti

Pertanto, il principio di corrispondenza tra il valore apportato dal cliente e l’offerta proposta, indirizza gli sforzi delle aziende verso la gestione delle relazioni con la clientela coerentemente con la dimensione temporale delle relazioni stesse. E’ infatti chiaro che maggiore è la longevità del cliente, maggiore sarà il suo valore, e quindi il valore che gli verrà offerto in modo esclusivo e prioritario.

1.5.2 Aree di applicazione del marketing relazionale

Quanto detto richiede una puntualizzazione sulle principali aree di appli-cazione del marketing relazionale, tra le quali vale la pena di ricordare:

¾ la fidelizzazione della clientela esistente attraverso l’attivazione di meccanismi premianti della fedeltà al marchio che agiscono in modo continuo e duraturo, personalizzati sul cliente singolo per minimizzare la perdita di clienti;

¾ la proposizione di nuovi prodotti sinergici per funzione d’uso o per meccanismo di distribuzione, per ridurre al minimo i rischi di diversificazione, facendo leva sul proprio parco clienti attuale (up-selling e cross-selling)

Il grande sviluppo di nuovi strumenti di DM, argomento di cui si parlerà-nel prossimo capitolo, ha favorito la diffusione delle tecniche di marketing relazionale in tutti i settori che dispongono di un DB clienti ricco di informa-zioni e con target ( glossario) di consumatori differenziato (finanziario, telecomunicazioni, distribuzione organizzata, vendita per corrispondenza e molti settori business to business).

Una buona parte degli archivi di un’azienda può essere utilizzato, come vedremo, per alimentare il DB di marketing. Vista l’importanza di tali a-spetti, riteniamo opportuno dedicarvi gli ultimi capitoli di questo lavoro, approfondendo le diverse tematiche coinvolte.

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1.6 Gestire il rapporto con il cliente

I profondi e rapidi cambiamenti che in questi anni si sono manifestati, quindi, in tutti i settori produttivi e commerciali, stanno costringendo molte aziende a rivedere i loro metodi di approccio al mercato.

In particolare, emerge la necessità per le imprese di rispondere sempre più tempestivamente alle richieste dei propri clienti, sviluppando, nel con-tempo, servizi sempre più personalizzati.

Il CRM è una disciplina che nasce per rispondere a tale esigenza.

Si tratta, infatti, di una strategia volta a costruire, sviluppare e mantene-re nel tempo, una mantene-relazione efficace e proficua con i clienti. Esso utilizza tutte le informazioni che l’azienda riesce a raccogliere sulla propria cliente-la, per incrementare la soddisfazione complessiva di ciascun cliente.

In linea con il nuovo concetto di marketing menzionato poc’anzi, il CRM consiste nell’applicazione alla clientela di un approccio di marketing che a-datta l’offerta alle esigenze del singolo cliente (marketing one-to-one) in termini di:

a) personalizzazione del prodotto e del servizio

b) competitività dell’offerta in termini di costi e benefici

c) velocità di risposta, ovvero capacità dell’azienda di soddisfare le richieste in tempi brevi.

Attraverso tali fattori di miglioramento del valore dell’offerta aziendale è possibile cogliere l’obiettivo strategico del CRM: massimizzare il valore ge-nerato dalla relazione impresa-cliente, scomponibile in tre sotto-obiettivi:

a) accrescere la base di clientela (acquiring);

b) incrementare la redditività della clientela già acquisita (stimulating); c) conservare la base di clientela (retaining).

In tal modo sarà possibile incrementare i ricavi ottenuti dalle vendite a clienti attivi riducendo, contemporaneamente, i costi di acquisizione dei nuovi clienti.

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1.6.1 Come raggiungere gli obiettivi

In linea generale questi obiettivi sono conseguibili mediante la realizza-zione di una serie di differenti attività.

L’acquisizione di nuovi clienti ha lo scopo di aumentare il grado di coper-tura del business in cui si opera, attraverso l’individuazione di:

¾ nuovi potenziali segmenti di mercato, su cui indirizzare le iniziative commerciali;

¾ nuove combinazioni di prodotti e servizi, su cui agire per differen-ziare l’offerta aziendale.

Come avremo modo di approfondire nel prosieguo, le tecniche utilizzate sono quelle della segmentazione (suddivisione del mercato in fasce o grup-pi che condividano esigenze simili) e della profilazione.

L’applicazione di questi metodi permette di abbassare i costi dell’attività di acquisizione, grazie ai migliori risultati ottenibili attraverso una maggiore focalizzazione delle iniziative commerciali.

Inoltre, l’analisi più attenta delle caratteristiche dei clienti consente di in-dividuare i clienti potenzialmente più interessanti: si tratta di quei clienti che, proprio a causa delle loro caratteristiche, potranno generare i maggiori risultati economici per l’azienda (clienti profittabili).

1.6.2 Aumentare la redditività dei clienti acquisiti

L’incremento della redditività dei clienti acquisiti ha come finalità quella di ampliare e rafforzare il ruolo dei fornitori presso ciascun cliente attivo.

Mentre per l’acquisizione di nuovi clienti l’attenzione si incentra sull’at-trarre il cliente migliore, in questo caso si cerca invece di "migliorare" il cliente già acquisito, stimolandone la profittabilità attraverso un’offerta sempre più rispondente ai suoi bisogni e alle sue aspettative.

L’ideale sarebbe riuscire ad anticiparne le esigenze, o meglio ancora sti-molarne la nascita, per poi poterle prontamente soddisfare.

A tale proposito l’approccio metodologico del CRM suggerisce di effettuare analisi sui dati relativi ai clienti acquisiti (caratteristiche ed esigenze rileva-te) e sui comportamenti d’acquisto (frequenza degli acquisti, importo degli ordini, prodotti acquistati ecc.., vedi cap.4)

(23)

Grazie a queste valutazioni è possibile determinare la probabilità di utiliz-zo delle differenti combinazioni d’offerta e di risposta ad azioni di marketing e vendita alternative.

1.6.3 Fidelizzare i clienti attivi

L’ultimo obiettivo strategico del CRM è lo sviluppo di iniziative per raffor-zare il rapporto cliente-impresa, intervenendo in modo particolare a monte della fase in cui si manifestano le prime intenzioni d’abbandono.

Anche in questo caso vedremo che i dati di ricerca evidenziano come il servizio al cliente (customer service) sia considerato un’attività critica nella costruzione della fedeltà.

Generalmente si ritiene che un cliente soddisfatto del livello di servizio ri-cevuto, abbia più alta probabilità di essere o divenire nel tempo un cliente fedele.

Nel caso in cui un buon tasso di fedeltà sia espressione di una soddisfa-zione da parte della clientela, l’analisi dei rapporti di causa-effetto fa emer-gere che il miglioramento dei livelli di servizio si riflette sulla redditività e sul valore creato dall’impresa.

I clienti fedeli permettono di conseguire margini di profitto più importanti perché:

¾ tendono a incrementare i propri volumi di acquisto rivolgendosi al-lo stesso fornitore anche per altri prodotti. Il consolidarsi della re-lazione permette all’Impresa di essere sempre più efficace nella soddisfazione del cliente grazie al processo di apprendimento con-tinuo delle sue aspettative;

¾ sono disposti a sostenere una moderata differenza di prezzo (premium price), pur di non incorrere nei necessari ed incerti costi di cambiamento che derivano dalla sostituzione di un fornitore; ¾ favoriscono la diffusione di un’immagine positiva dell’azienda e dei

suoi prodotti permettendo di acquisire nuova clientela;

¾ favoriscono il risparmio dei costi, in quanto conservare un cliente fedele costa dalle quattro alle sette volte meno rispetto a quanto costa acquisirne uno nuovo, a cause degli elevati costi pubblicitari, promozionali, di accreditamento, che comporta il processo di fide-lizzazione.

(24)

L’impresa con una base di clienti fedele consegue vantaggi di costo rile-vanti rispetto ai concorrenti con portafoglio di clienti più volatile.

1.7 Il marketing in rete

Se marketing significa aumentare la propensione all’acquisto, ciò in rete si fa in modo più rigoroso e con dati concreti, dialogando con chi, in rete, c’è già….

Lo sviluppo della rete e di un’economia digitale hanno costituito una rivo-luzione silenziosa che ha visto mutare il ruolo del consumatore, da elemen-to passivo a protagonista nelle strategie di marketing delle imprese. Un mondo come quello virtuale, dove le strategie di comunicazione di tipo in-trusivo vengono mal tollerate dai cittadini della rete, inevitabilmente impo-ne un ripensamento di molti concetti del marketing tradizionale.

Il consumatore del terzo millennio sembra avere modelli di consumo di ti-po ibrido ed essere difficilmente ingabbiabile in schemi motivazionali pre-strutturati. Pertanto, molto probabilmente, nella rete egli potrò trovare un ambiente estremamente confortevole.

Nello spazio virtuale è possibile, se lo si desidera e naturalmente se vi si riesce, evitare molti condizionamenti imposti dal mondo reale. Il navigatore può esercitare liberamente la sua prerogativa di cittadino della rete (neti-zen), tra attenzione ed anonimato, tra partecipazione attiva e lurking ( glossario), mostrando a seconda delle occasioni, la versione di sé che preferisce.

Le nuove tecnologie digitali, come ormai noto, consentono alle imprese di costruire un database (DB) per il marketing sempre più sofisticato, otte-nendo dati sempre più precisi sui consumatori, al fine di elaborare strategie di marketing sempre più efficaci. Ad esempio, oggi, come vedremo, con sofisticate tecniche di estrazione della conoscenza, il supermercato ha la possibilità di analizzare le vendite per segmento di consumo, per composi-zione del paniere di spesa, per poter ripensare il percorso di acquisto nei suoi punti vendita, riformulare eventualmente la visualizzazione dei prodot-ti esposprodot-ti sugli scaffali secondo aree di necessità o livello di prezzo. Inoltre, è possibile così inviare promozioni personalizzate alla clientela utilizzando strumenti diversi: dal direct marketing cartaceo, alle offerte speciali

(25)

attra-verso i telefonini cellulari o la posta elettronica ed implementare strategie di fidelizzazione della propria clientela.

1.8 Verso un marketing collaborativo

Oggi il consumatore, soffocato da un oceano di dati, è sempre alla ricerca di informazioni che gli consentano di razionalizzare il suo processo di acqui-sto, ma ne vuole stabilire le modalità ed i tempi oltre che la quantità e qua-lità. Non si tratta più di vedere quanto i messaggi siano targetizzati, nell’economia digitale la risorsa scarsa è l’attenzione. Affinché un messag-gio sia efficace occorre non solo che il target sia corretto, ma anche che lo sia la tempistica.

L’alternativa al marketing intrusivo attuale è la progressiva diffusione di un concetto di marketing collaborativo, (permission marketing glossario, vedi anche par. 5.6), in cui l’impresa cerca la collaborazione del consuma-tore per instaurare un rapporto di mutua convenienza, in cui l’obiettivo per gli uomini del marketing non è la conclusione di una vendita, ma la costru-zione di una relacostru-zione di lungo periodo, nella quale gli sconosciuti diventino amici, gli amici diventino clienti e i clienti diventino clienti fedeli.

E’ senza dubbio un approccio costoso e di lungo periodo, ma offre al con-sumatore la possibilità di scegliere se essere destinatario o meno di un’a-zione di marketing.

Nella misura in cui un uomo di marketing entra in contatto con un con-sumatore consenziente, il marketing collaborativo garantisce livelli di at-tenzione più elevati. Si tratta di un concetto non certo nuovo, ma che, con le tecnologie digitali e con la rete, vive una seconda giovinezza.

Il web, insomma, ha cambiato il modo di fare marketing; fino a pochi an-ni fa il marketing tradizionale imponeva regole specifiche dettate soprattut-to dall’azienda, il cosiddetsoprattut-to marketing di prodotsoprattut-to.

L’azienda decideva l’impiego di diversi strumenti per veicolare l’acquisto di impulso del consumatore, di operare investimenti pubblicitari importanti per conquistare posizioni di mercato, di avviare campagne sconti e promo-zioni distribuite nell’arco dell’anno per fidelizzare i clienti.

Il punto di svolta nel web marketing è rappresentato dal fatto che in esso non è più l’azienda a decidere, ma il cliente.

(26)

Con i milioni di siti, di offerte e di prodotti che l’utente ha a disposizione di mouse in pochi minuti, acquistare posizionamento sul web-mercato richiede, a quanto pare, di iniziare a pensare come l’utente.

Per questo motivo il web marketing può essere considerato una sorta di “marketing della mente”. L’utente clicca, come, dove e quando vuole, in base a ragioni che sono le sue e non dell’azienda.

(web1)

Per conquistare il mercato in questo settore è indispensabile cercare (per quanto possibile) di capire come agisce la mente del consumatore sul web.

Il marketing di questo millennio farà senz’altro uso di DB sempre più sofi-sticati; a tale proposito il National Center of database marketing ( glossario) di New York ci offre una definizione davvero esaustiva:

Managing a computerized relational DB system, in real time, of compre-hensive, up to date, relevant data on customers, inquiries, prospects and suspects, to identify our most responsive customers for the purpose of de-veloping a hight quality, long-standing Relationship of repeat business by developing predictive models which enable us to send desired messages at the right time in the right form to the right people- all with the result of pleasing our customers, increasing our response per marketing dollar, low-ering our post per order, building our business, and increasing our profits. Da qui la convinzione che per ottenere i massimi risultati sia fondamenta-le l’integrazione del marketing collaborativo con il database marketing .

1.9 Marketing tradizionale vs marketing elettronico

Tradizionalmente inteso, secondo una definizione della American Marke-ting Association (1988), il markeMarke-ting rappresenta il processo di analisi, pia-nificazione, realizzazione e controllo delle decisioni riguardanti il prodotto, il prezzo, la promozione e la comunicazione, al fine di creare scambi che con-sentano di conseguire gli obiettivi di individui e organizzazioni.

Questa definizione, incentrata sul paradigma delle 4P (Product, Price, Pla-ce, Promotion) tiene conto della variabile "cliente" solo marginalmente: in-fatti il cliente è visto come obiettivo delle azioni di marketing volte a soddi-sfarne i desideri e i bisogni.

Nei mercati moderni, caratterizzati da una domanda sempre maggiore di prodotti e servizi differenziati e personalizzati, il cliente esprime aspettative riguardo alla qualità, al servizio e alla flessibilità dell’offerta.

(27)

Come anticipato al par. 1.4, questo dato comporta il necessario passaggio da una logica di marketing orientata al prodotto ad una orientata al cliente, in cui la relazione con il cliente è al centro delle decisioni dell’impresa.

Tale spostamento degli obiettivi d’impresa ha inciso chiaramente sulle va-riabili di marketing: l’obiettivo di marketing si è, infatti, spostato dalla quo-ta di mercato e dal volume di vendiquo-ta, alla soddisfazione del cliente, alla sua fiducia e alla fedeltà che risultano essere diretta conseguenza della qualità delle relazioni.

Tabella 1. Marketing tradizionale VS electronic marketing (Fonte: adattamento da Gartner Group, 1996 )

Come sostiene il report intitolato "Interactive marketing Strategic Analy- sis", stilato dal Gartner Group, vi sono alcuni trend che hanno un potenzia-le di impatto negativo sul marketing tradizionapotenzia-le, come ad esempio:

a. personalizzazione dei prodotti; b. aumento della concorrenza;

c. crescita nelle aspettative del consumatore; d. frantumazione dei mercati di massa; e. diminuzione dell’efficacia dei mass media;

f. accresciuto interesse nei consumatori per i temi della privacy e della sicurezza

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E’ proprio l’affermarsi progressivo di queste tendenze che implica, per il marketing tradizionale, l’adozione di nuove strategie orientate alla costru-zione di relazioni con i clienti.

Ogni funzione e processo aziendali vanno “avvicinati” al consumatore, de-finendoli in relazione al valore che egli apporta all’azienda.

Il report suggerisce inoltre che, con la diminuzione dei ritorni del marke-ting tradizionale e l’aumento della complessità delle informazioni a disposi-zione delle imprese, internet, le intranet e le extranet, diverranno sempre più strumenti essenziali per la competitività.

Il progressivo e incessante affermarsi di internet nel panorama economi-co mondiale, impone quindi il superamento dei tradizionali modelli di mar-keting; le stesse tecniche di marketing che fanno uso del web non possono dunque essere le stesse applicate ai media tradizionali.

L’impresa, in questo nuovo contesto, deve pensare a se stessa in primo luogo e principalmente come fornitrice di informazioni e deve avere ben presente che si trova di fronte un nuovo tipo di cliente, il quale diventa e-lemento attivo del processo di marketing.

Con il web infatti le aziende moltiplicano, a costi irrisori, le loro possibilità di entrare in contatto con la clientela in modi informali ed efficaci creando relazioni, si pensi alle comunità virtuali, con in più la possibilità d’avere ri-scontri immediati sui risultati.

In un mondo sempre più veloce appare evidente come i beni più preziosi per vincere la competizione debbano essere rappresentanti dalle informa-zioni sul mercato, specie di nicchia, e dalla relazione con il cliente; inoltre è palese il valore aggiunto che può dare, in un tale processo, l’utilizzo di una rete globale e interattiva.

Sono le informazioni, i contenuti e i servizi offerti dal sito web ad attirare il cliente verso l’azienda. D’altra parte è l’utente internet a decidere quali siti visitare in base ai contenuti ai quali è interessato e quali sono le moda-lità e i tempi per la fruizione delle informazioni.

Le caratteristiche del mezzo impongono quindi un totale ribaltamento dell’approccio di marketing che non è più di tipo selettivo (push), bensì at-trattivo (pull).

Fare marketing in rete significa innanzitutto:

a) porre il consumatore al centro dell’attenzione prima, durante e dopo il processo d’acquisto;

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b) instaurare un dialogo sincero e leale in cui la vendita non è l’obiettivo primario, ma la naturale conseguenza della relazione instaurata;

c) abbandonare una logica quantitativa a favore di una dimensione quali-tativa.

Il passaggio da un modello di business centrato sulle vendite ad uno cen-trato sul consumatore richiede un cambiamento nella cultura aziendale non indifferente.

La Tabella 2 illustra le principali voci di questo cambiamento.

(30)

Considerazioni conclusive

In questo capitolo abbiamo considerato l’apporto notevole fornito dalle tecnologie dell’informazione a tutte le aziende che utilizzino gli strumenti di BI. Abbiamo sotto-lineato gli obiettivi di tale processo di analisi e valutazione dei dati interni, eviden-ziando l’importanza rivestita dal monitoraggio puntuale di queste fonti di dati al fine di comprendere al meglio le necessità, i valori e le aspettative dei clienti. Tutto que-sto, s’è vique-sto, viene rafforzato dalle potenzialità offerte dalla rete, nell’era del nuovo marketing, in cui il focus si sposta dal prodotto al cliente e in cui la chiave di volta è rappresentata dallo sviluppo e dal mantenimento di un alto livello di soddisfazione dedi quest’ultimo. Una panoramica sul CRM e sulle sua potenzialità apre la strada, infine, alla valutazione della logica centrata sul cliente, che caratterizza il marketing in rete, permettendo di sottolinearne le differenze rispetto al marketing tradiziona-le.

(31)

CAPITOLO 2. INFORMATION TECHNOLOGY E

NUOVO MARKETING

In questo capitolo viene fornita una panoramica sul data warehousing e sul data

mining (DM). In particolare l’attenzione è posta sul DM come sofisticata tecnica di

analisi dei dati a supporto delle decisioni aziendali. Ne vengono descritti gli stru-menti e i tratti distintivi, legati alla possibilità di ricavare informazioni importanti dalle banche dati aziendali, competenza fondamentale per generare un vantaggio competitivo. Viene infine presentato il DM sul web, evidenziandone le caratteristiche e le potenzialità al fine di raggiungere gli obiettivi del marketing in rete.

2.1 Dalle elaborazioni OLTP all’OLAP

Fino a qualche anno fa, la funzione svolta dalle basi di dati in ambito a-ziendale è stata solo quella di memorizzare dati operazionali, ossia dati ge-nerati da operazioni, principalmente di carattere amministrativo, svolte all’interno dei processi gestionali. Per ogni azienda, in effetti, è molto im-portante poter disporre in maniera completa e rapida delle informazioni ne-cessarie al processo decisionale: le indicazioni strategiche sono estrapolate principalmente dalla mole dei dati operazionali, contenuti nei DB aziendali, attraverso un procedimento di selezione e sintesi progressiva. Col passare degli anni però, la mole di dati operazionali è aumentata esponenzialmen-te, rendendo il calcolatore l’unico supporto adatto al processo decisionale svolto dai dirigenti aziendali.

Il ruolo delle basi di dati ha così cominciato a cambiare, a partire dai tar-di anni ‘80, con la nascita dei sistemi tar-di supporto alle decisioni, cioè tar-di tutte le tecniche e degli strumenti informatici atti ad estrapolare informazioni da un insieme di dati memorizzati su supporti elettronici (Atzeni et al., 1999). Tra questi supporti, i datawarehouse (DW) sono probabilmente quelli su cui negli ultimi anni si è focalizzata l’attenzione sia nel mondo accademico sia in quello industriale.

L’idea alla base del DW è quella di separare l’elaborazione di tipo analiti-co (OLAP On Line Analytical Processing) da quella legata alle transazioni (OLTP On Line Transactional Processing, ossia le tecnologie tipiche delle basi di dati, finalizzate alla gestione efficiente ed affidabile di dati “in line-a”). Ciò si ottiene costruendo un raccoglitore di informazioni che integra

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dati elementari provenienti da sorgenti di varia natura, li organizza in for-ma appropriata e li rende quindi disponibili per scopi di analisi e valutazio-ne finalizzate alla pianificaziovalutazio-ne e al processo decisionale: il Data Warehou-se (letteralmente: magazzino di dati) (Lechtenborger, 2001).

(Fonte:www.taiprora.it)

Tra le problematiche da affrontare per realizzare un sistema di supporto alle decisioni spiccano quindi la necessità di gestire grandi moli di dati, di accedere a fonti diverse su piattaforme spesso eterogenee, di garantire l’accesso a più utenti per interrogazioni, analisi in tempo reale e simulazio-ni, di gestire versioni storiche dei dati.

In linea di massima è possibile affermare che la costruzione di un DW non comporta l’inserimento di nuove informazioni, bensì la riorganizzazione di quelle esistenti, implicando perciò l’esistenza di un sistema informativo.

Mentre i dati operazionali descrivono solo lo “stato corrente” di una ap-plicazione, coprendo un arco temporale di solito piuttosto limitato, i dati presenti nel DW possono essere di tipo storico-temporale, dovendo per-mettere analisi che spazino sulla prospettiva di alcuni anni (Albano, 2005).

L’elemento principale dell’architettura OLAP, che svolge il ruolo di server così come un Data Base Management System (DBMS) per l’OLTP, è proprio il DW. In seguito sono nati i linguaggi e i paradigmi usati dai client OLAP per svolgere analisi dinamiche e multidimensionali.

In questa architettura, i sistemi OLTP tradizionali svolgono, si è detto, il ruolo di fonti dei dati, fornendo cioè i dati per l’ambiente OLAP.

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Il seguente schema proposto da (Kelly, 1997), mostra le principali diffe-renze tra sistemi operazionali e DW.

DB operazionali Data Warehouse

UTENTI Migliaia Centinaia

CARICO DI LAVORO Transazioni predefinite Interrogazioni di analisi ad hoc ACCESSO A centinaia di record, in lettura e scrittura per lo più in lettura A milioni di record,

SCOPO Dipende dall’applicazione Supporto alle decisioni DATI

Elementari, sia numerici che

alfanumerici Di sintesi, prevalentemente numerici INTEGRAZIONE DEI DATI

Per applicazione Per soggetto

QUALITA’ In termini di integrità In termini di consistenza COPERTURA

TEM-PORALE

Solo dati correnti Dati correnti e storici

AGGIORNAMENTI Continui Periodici

MODELLO Normalizzato multidimensionale Denormalizzato, OTTIMIZZAZIONE

Per accessi OLTP su una frazione del

DB

Per accesi OLAP Su gran parte del

DB

SVILUPPO A cascata Iterativo

Tabella 3. Principali differenze tra DB e DW

Considerando l’obiettivo perseguito durante l’elaborazione di questo lavo-ro, rimandiamo a Kelly [Kel97] per le caratteristiche più tecniche di costru-zione di un sistema di data warehousing, esulando dal nostro scopo un ul-teriore approfondimento.

2.2 Dai dati alla conoscenza di business: il data warehousing

Abbiamo parlato finora del contesto nel quale l’attività di data warehou-sing si è andata affermando soprattutto negli ultimi anni.

Quello che riteniamo utile, a questo punto, è fare alcune considerazioni sulle caratteristiche di questa metodologia ai fini di estrazione delle cono-scenze di business.

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Il DW, come definito dal suo “padre” Bill Inmon (Inmon, 1996), rappre-senta una raccolta di dati trasversale rispetto alle fonti informative azien-dali, orientata all’oggetto, integrata, storica, non volatile, utilizzata princi-palmente per supportare decisioni strategiche ed operative.

Il data warehousing dunque, rappresenta la metodologia che supporta in modo completo le attività di analisi del business e di decision making ( glossario) di aree aziendali quali la direzione, il marketing e le vendite (web2).

In altre parole, esso rappresenta le fondamenta della BI, con l’obiettivo principale di trasformare i dati operazionali in informazioni di business.

Tali informazioni saranno quelle di cui potranno fare uso coloro che in a-zienda hanno il compito di monitorare e, se necessario, modificare i pro-cessi aziendali che concorrono ad alimentare la catena del valore aziendale.

Le applicazioni operazionali - come per esempio la gestione ordini e fattu-razione, la contabilità analitica e finanziaria - automatizzano operazioni di routine e ripetitive, eseguono una gran quantità di operazioni elementari (transazioni) e producono dati. Questi dati sono però di scarsa utilità per coloro che prendono le decisioni, che necessitano invece di informazioni sintetiche al fine di operare veloci analisi.

La separazione, quindi, tra dati operazionali e informazionali vista nel pa-ragrafo precedente, è strumentale all’ottenimento di sistemi:

‰ Facili da usare da parte degli utenti finali

‰ Contenenti un’ampia disponibilità di informazioni importanti, aggior-nate e accurate

‰ Ottimizzati dal punto di vista dello sfruttamento del patrimonio informativo

‰ Disegnati in modo da potersi estendere nel tempo, abbracciando più informazioni e casistiche nel tempo.

Si parla anche di sistemi di e-intelligence, ovvero di soluzioni in grado di fornire risposte alla necessità di decisioni rapide e consapevoli a tutti i livelli aziendali, per far fronte a mercati sempre più competitivi, a una mole cre-scente di dati operazionali, alla velocità del business ed alla distribuzione di processi decisionali.

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2.3 Data mining e valore aggiunto dei dati

Abbiamo visto come i processi e i sistemi di DW e BI si prefiggano lo sco-po di riscoprire e valorizzare i tesori informativi nascosti tra montagne di dati operazionali a scarso contenuto informativo, estraendoli da DB azien-dali distribuiti sulle piattaforme più disparate ed eterogenee

In particolare, i tool di DM sono strumenti ormai indispensabili al fine di capire, mantenere, incentivare ed ampliare la propria clientela, attraverso segmentazioni di mercato, analisi di gradimento e campagne marketing mirate.

Oggi giorno, la maggior parte delle aziende dispone di una notevole quantità di dati sui clienti attivi e inattivi nonché sul loro comportamento e parte di tali dati interni di proprietà dell’azienda sono già corredati di in-formazioni complementari esterne (dati sociodemografici e psicografici). Il problema è che l’enorme potenziale di queste informazioni viene raramente sfruttato. Si intuisce quindi come proprio una simile competenza potrebbe generare vantaggi competitivi decisivi.

La grande sfida sta, quindi, nella capacità di ricavare informazioni utili e preziose dalle banche dati. Vedremo come sia possibile, ad esempio, de-terminare il profilo di clienti in procinto di orientarsi in modo diverso, ossia di cambiare fornitore, e di ovviare a tale minaccia nell’ambito di una cam-pagna di marketing imperniata sulla fidelizzazione della clientela. Oppure come si possano identificare e selezionare gruppi di clienti specifici, che ve-rosimilmente reagiranno positivamente alla prossima offerta dell’azienda.

A questo proposito, il DM rappresenta un importante strumento atto a generare e a identificare preziose informazioni. Tale disciplina si dedica, infatti, alla ricerca sistematica di modelli e strutture nascoste in grandi banche dati tramite procedimenti matematico-statistici.

Definire in maniera precisa un’area in continua evoluzione, quale è sicu-ramente quella del DM, risulta particolarmente difficile. Inerentemente all’obiettivo di questo lavoro, considereremo il DM come il processo di e-strazione di informazione valida, utilizzabile e precedentemente sconosciu-ta, da grandi DB e l’utilizzo di queste informazioni per prendere cruciali de-cisioni di business.

Figura

Tabella  2. Cambiamenti nell’organizzazione aziendale
Tabella 3. Principali differenze tra DB e DW
Tabella 4. Principali metodologie del data mining
Figura 1. Rappresentazione grafica del modello di regressione mistura                 (Fonte: Wedel, 2000)
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