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Elementi da non trascurare nella memorizzazione

4.8 Misurare la fedeltà

4.8.3 Ma come “portare” il costrutto Fedeltà in un SIM?

4.8.3.1 Elementi da non trascurare nella memorizzazione

Quanto detto implica una valutazione molto accurata degli elementi e dei valori che determinano gli indici di fedeltà. Essi rappresentano degli indica- tori “strutturali” senza dubbio utili per misurare analiticamente il fenomeno della fedeltà comportamentale, vale a dire l’intensità dei comportamenti di riacquisto. Per questo motivo, la loro memorizzazione su un DW deve esse- re precisa, e deve rendere conto di una condizione dello stato di fedeltà dei clienti che sia effettiva e puntuale, intesa chiaramente in funzione del po- tenziale di spesa che stiamo sfruttando.

Per cominciare, consideriamo l’indice che misura il grado di fedeltà di un cliente. Abbiamo detto, precedentemente, che tale grado viene determina- to in base al superamento o meno di una certa soglia di riferimento. Soglia che viene arbitrariamente scelta, secondo appositi criteri, dal management, ma che in ogni caso dovrebbe inglobare una serie di valutazioni relative a cosa intenda l’azienda per cliente fedele. Ai fini di memorizzazione, non ci sono comunque grosse difficoltà, poiché i valori che lo determinano, ossia “vita media del prodotto” ed “intervallo medio di riacquisto” (

frequenza d’acquisto), sono rintracciabili sul DB, o comunque calcolabili in base alle date d’acquisto registrate sui supporti informatici, ricavate dalla registra- zione dei documenti fiscali, quali scontrini, fatture ecc..

Quindi, per ogni cliente, sarà possibile inserire nel record di informazioni, anche il grado di fedeltà che lo caratterizza, poiché si presume che le con- siderazioni fatte poc’anzi determinino una appropriata soglia di riferimento. Per quanto riguarda, invece, il budget ratio, ovvero il grado di fidelizza- zione, la sua determinazione è strettamente legata al problema dell’unicità del fornitore.

La percentuale di acquisti presso di noi va rapportata, infatti, al numero di acquisti effettuati in totale dal cliente. Ma come fare a conoscere tale numero? L’idea di chiederlo direttamente al cliente è sicuramente sconsi- gliabile, poiché egli non si sentirebbe rispettato e potremmo addirittura perderlo. Piuttosto, si potrebbe effettuare qualche valutazione simile a quelle sui piani tariffari, a seconda chiaramente del business in questione.

Per esemplificare, consideriamo un supermarket. Capire in che percen- tuale il cliente acquisti da noi può risultare relativamente semplice. Basan- dosi sui dati forniti dalle carte fedeltà, gli strumenti di DM, e i particolare, l’uso delle regole associative, permettono di effettuare la nota analisi del carrello (vedi par.3.2.4.4). Come per il caso del gestore telefonico, anche qui si può prendere come punto di riferimento la spesa media, fornita dai dati delle indagini, che un individuo della categoria considerata risulta ef- fettuare nell’arco, ad esempio, di un mese. Analizzando la serie di contenu- ti dei carrelli per ogni cliente, si può capire se effettivamente egli stia ac- quistando solo da noi o se faccia riferimento anche ad altri fornitori.

Il problema, anche in questo caso è sempre lo stesso: si può comprare assiduamente, ma per piccole quantità, effettuando acquisti più “importan- ti” presso altri, o viceversa.

A tale proposito, risulta calzante l’analisi RFM, alla quale sarà dedicato il prossimo paragrafo. Quello su cui occorre indagare, infatti, è l’importanza che è necessario dare alla recency, piuttosto che alla frequency o alla mo- netary della spesa del cliente.

La definizione di fedeltà richiede di soppesare i tre aspetti, al fine di indi- viduare quale sia quello maggiormente determinante a seconda del busi- ness e del contesto, permettendo così di classificare i clienti. Può infatti ca- pitare che si debbano confrontare due clienti con caratteristiche molto dif- ferenti: uno che acquista poco, ma per grossi ammontare, e uno che acqui- sta tanto, ma per piccole cifre.

Per esempio, si pensi ad un grande distributore di prodotti elettronici. Tra i suoi clienti si possono sicuramente annoverare coloro che acquistano po- che volte all’anno, ma per importi molto alti, relativi ad elettrodomestici, computer ecc..; nondimeno esso può contare su una folta schiera di clienti che acquistano frequentemente, ma per importi poco eclatanti, essendo relativi a piccole periferiche, cd, dvd, cavetti e così via.

Volendo chiedersi quale dei due tipi di clienti sia più fedele, i problemi che nascono sono evidenti. In sintesi, sono tanti i fattori da considerare, e quindi le domande a cui rispondere, come:

ƒ “è più fedele un cliente che acquista frequentemente, ma spenden- do poco, o un cliente che acquista raramente spendendo molto?” ƒ “per la determinazione della fedeltà di un cliente pesano di più gli

acquisti recenti di quelli passati?” ƒ “cosa s’intende per recenti?” ƒ “cosa s’intende per frequenti?”

ƒ “cosa s’intende per acquisti consistenti o di valore?” e, di conseguenza:

ƒ “quali sono i clienti fedeli, o poco fedeli?”,

ƒ “quali sono i clienti che fanno acquisti poco frequenti?” ƒ “quali sono i clienti sleali?”

Insomma, tutti i driver e gli indici strumentali alla misurazione della fe- deltà devono essere considerati attentamente, valutando ognuno dei tre aspetti dell’analisi RFM; il che può voler dire basarsi su modelli di valuta- zione vari e verticali, fondamentalmente creati ad hoc per il proprio busi- ness. Solo dopo aver trovato una risposta a tutti questi quesiti sarà possibi- le capire quali dati memorizzare sul supporto informatico.

In pratica, i dati per misurare i driver sono molti, e nella letteratura di marketing abbiamo visto essere ben identificati; all’informatico, però, la teoria non basta: egli si chiede come potrà concretamente misurare i driver e dove potrà trovare i dati che servono a tale misurazione.

Andando, quindi, avanti con le considerazioni sugli indici, tralasciando il grado economico di fidelizzazione, per il quale vale quanto detto per il bu- dget ratio - ragionando però in termini di valore anziché di percentuale di acquisti - vogliamo ora fare alcune riflessioni sull’indice numerico di fedeltà. Abbiamo sottolineato l’importanza di tale indicatore, dovuta alla possibilità di sapere quanti siano i clienti più redditizi, ovvero i clienti fedeli. Tutti i di- scorsi fatti finora, però, ne mettono in discussione l’immediatezza di calco- lo. Infatti, abbiamo visto come risulti complesso sapere chi siano i clienti fedeli, proprio perché l’aggettivo stesso “fedele” ha diverse interpretazioni. Ad ogni buon conto, ai fini di memorizzazione, l’informatico dovrà rendere possibile il reperimento delle informazioni relative ai clienti fedeli, che sa- ranno caratterizzati da determinate caratteristiche, in base al modello di

analisi RFM scelto dall’azienda. In questo caso, per calcolare il numero di clienti fedeli sarà necessario solamente considerare il campo contenente il grado di fedeltà del cliente. Infatti, sapendo che ad ogni cliente ne corri- sponde uno e che sono considerati fedeli i clienti caratterizzati da un grado che supera una determinata soglia, basterà contare quanti sono i clienti il cui grado di fedeltà va oltre detta soglia.

Sugli indici di fedeltà aggregata, come quelli di mantenimento e abban- dono, ai quali abbiamo accennato nel paragrafo precedente, non ci sono molte considerazioni da fare per quanto riguarda l’aspetto di memorizza- zione. Infatti, calcolare il numero di clienti, all’inizio, alla fine, o in totale in un periodo, è un’operazione effettuabile tout court, a patto che siano pre- senti sul DW tutte le date degli acquisti; è proprio analizzando queste ulti- me che vengono dedotti i tassi di abbandono o mantenimento, confrontan- done l’andamento per i diversi clienti nell’arco temporale di riferimento.