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Asset intangibili: focus su soddisfazione e fedeltà

Considerazioni conclusive

STRUMENTI CONSIDERAZION

4.4 Asset intangibili: focus su soddisfazione e fedeltà

Tenuto conto di quanto detto finora, si consolida la teoria che il vero pa- trimonio dell’azienda moderna sia costituito dal cliente soddisfatto del pro- dotto e/o del servizio offerto, che può quindi diventare un cliente fedele (acquisito). In effetti, senza una seria strategia e senza un concreto pro- cesso di fidelizzazione della clientela, l’esperienza dimostra che un’azienda difficilmente riuscirà a prosperare con un certo margine di sicurezza.

Il contributo che vogliamo dare in questo paragrafo è relativo alla valuta- zione dei concetti fondamentali oggi per la creazione di valore in un’azien- da, in particolar modo la soddisfazione e la fedeltà, concludendo con un

con un focus sul modo in cui gli informatici possono “approcciarsi” all’utilizzo delle informazioni che “rappresentano” tali concetti.

In altre parole, basandoci sull’ampia letteratura a riguardo, parleremo di soddisfazione, fiducia e fedeltà, come perni dell’ottica centrata sul cliente e come concetti astratti, cercando poi di capire come gli informatici possano trovare (con la collaborazione degli uomini del marketing) il modo di me- morizzare tali concetti e i loro driver su delle basi di dati, traducendo i con- cetti astratti in concetti concreti e implementabili.

Abbiamo visto come appaia, infatti, sempre più stringente la necessità di rappresentare nelle strutture dati a supporto delle decisioni gli stati interni del cliente, che risultano emergere con il progredire della sua relazione con l’impresa. Il comportamento del cliente è caratterizzato, infatti, da un in- sieme di condizioni intermedie che viene definito continuum relazionale, che va dalla soddisfazione alla loyalty del cliente. Parleremo di loyalty e non solo di fedeltà poiché si tratta di un concetto più complesso, un vero e proprio costrutto multidimensionale (Costabile, 2003), composto da:

¾ dimensioni comportamentali, come la ripetizione d’acquisto

¾ dimensioni cognitive, connesse alla soddisfazione e alla fiducia, nonché alla percezione di superiorità dell’offerta dell’impresa

nel quale ci imbatteremo spesso nel prosieguo di questo lavoro.

Costrutti di questo tipo sono emersi dallo studio delle conseguenze della soddisfazione del cliente e degli antecedenti delle relazioni collaborative di lungo periodo. Tra di essi oltre alla loyalty evidenziamo la soddisfazione, la fiducia, la fedeltà comportamentale e mentale e la partnership ( glossario) collaborativa.

In pratica, però, la maggior parte degli sforzi sono stati concentrati sull’operazionalizzazione dei costrutti di soddisfazione, fedeltà e coopera- zione.

Da qui lo sviluppo di un forte interesse anche verso variabili non osserva- bili, che vengono considerate fondamentali per caratterizzare il profilo del cliente in qualche modello della relazione fra cliente e impresa.

Tutto questo ha come naturale conseguenza l’esigenza di memorizzare nel DW non solo informazioni sul cliente relative alle tradizionali variabili osservabili usate come basi di segmentazione, quali:

• variabili geografiche • variabili demografiche • variabili socio-economiche • variabili comportamentali

ma anche alle variabili non osservabili come:

• personalità

• valori e stili di vita

• preferenze e benefici ricercati • intenzioni e progetti di vita

Sono anni ormai che la teoria suggerisce di assegnare un ruolo critico al concetto di soddisfazione del cliente, in quanto questo dovrebbe essere un driver di fondamentale importanza e con un forte potere predittivo, supe- riore a quello di molte variabili osservabili tradizionalmente usate.

Circa tre decenni di ricerche sulla soddisfazione del cliente hanno dimo- strato che, aldilà della maggiore o minore influenza delle diverse variabili d’intervento e del ruolo di mediazione della conferme/disconferma delle a- spettative, la soddisfazione relativa ad un particolare atto d’acquisto o con- sumo ha origine dalla relazione tra aspettative e percezioni di performance (Costabile, 2003). Sempre da tali ricerche è emerso che esperienze di sod- disfazione ripetute nel tempo generano una percezione di affidabilità dell’azienda, rinvenibile nel costrutto “qualità percepita” (Bolton e Drew, 1991), influenzando le decisioni di riacquisto e di conseguenza, la fedeltà (Bearden e Teel, 1983).(vedi fig.4)

A proposito della fedeltà, della quale avremo modo di parlare più appro- fonditamente in seguito, è interessante notare che esistono motivazioni soggettive che rendono i clienti scettici prima di potersi dire effettivamente fedeli: ciò rende necessario che prima cresca la soddisfazione e poi la fe- deltà. Nondimeno alcuni clienti fedeli sviluppano un legame quasi affettivo con il brand, un legame tanto stretto da spingerli ad aspettare che il loro livello di soddisfazione si riduca oltre un certo livello prima di avviare il pro- cesso di abbandono. In ogni caso, esistono anche delle motivazioni oggetti- ve di natura tecnico-economica che rendono il cliente riluttante a cambiare fornitore senza aver valutato l’entità dell’esperienza negativa che da sola non è in grado di giustificare o meno un “tradimento”.

Figura 4. Le configurazioni del capitale relazionale: risorse e asset immateriali (Fonte: Costabile, 2003)

La percezione di soddisfazione dei clienti, la fiducia, lo stato delle relazio- ni (fedeltà e lealtà) e dell’immagine aziendale (immagine di marca e repu- tazione) incidono, infatti, sul valore dell’impresa, e sono a loro volta de- terminate dal valore offerto ai clienti; a partire dalla prima scelta d’acquisto e dai risultati del confronto fra valore atteso e percepito (soddisfazione del cliente).

Detto ciò, un acquisto ripetuto da parte di un cliente è sinonimo di fedeltà solo se il cliente stesso, dopo una serie di esperienze positive d’acquisto e uso, risulti in qualche maniera legato alla marca, ovvero affianchi alla sod- disfazione del momento una sorta di capitale di soddisfazione detto soddi- sfazione cumulata (Busacca, 2005).

In caso contrario si parla di finta fedeltà, causata dalla presenza di mer- cati oligopolistici se non addirittura monopolistici in cui la mancanza di al- ternative falsa la possibilità di definire effettivamente fedele la propria clientela.

Ma soddisfazione e fedeltà sappiamo non essere i soli costrutti che carat- terizzano la relazione tra cliente e impresa. Tale rapporto, infatti, si snoda in diverse fasi lungo il continuum relazionale.

Per cercare di capire come concretizzarne i costrutti, non si può fare a meno di considerare uno dei cardini su cui la letteratura si basa fortemen- te: il valore percepito dal cliente.

3 valore atteso: il rapporto tra i benefici che ci si attendono dall’acquisto e dal godimento

del prodotto e i costi che si ritiene di dover sostenere, anche in relazione alle alternative dispo- nibili;

valore percepito dopo l’acquisto e l’uso: deriva dalla soddisfazione o insoddisfazione e viene confrontato con il valore atteso;

valore monadico: il valore percepito dopo le prime esperienze d’uso in termini comparativi rispetto alle alternative considerate; è detto monadico perché interno all’individuo cliente, che compara le esperienze certe maturate nella relazione con l’impresa con le aspettative ipotetiche 114 seconda delle diverse configurazioni del valore che egli percepisce3, (Co-

stabile, 2001) e sono schematizzabili come segue: 1. Fase della soddisfazione

2. Fase dell’accumulazione di fiducia 3. Fase della fedeltà comportamentale 4. Fase della fedeltà mentale

5. Fase della lealtà

La soddisfazione del cliente è definita come la percezione del cliente su quanto i suoi requisiti siano stati soddisfatti. Abbiamo già sottolineato, in- fatti, come la preferenza del cliente per una certa scelta di acquisto si basi proprio sulla percezione del valore differenziale che il cliente pensa di riu- scire ad ottenere rispetto alle alternative. In altri termini, la soddisfazione è l’opinione del cliente che risulta dallo scarto, negativo o positivo, fra la per- cezione del prodotto servizio acquistato e/o utilizzato e le sue aspettative; sulle aspettative e la percezione pesa quindi la differenza fra benefici (atte- si o percepiti), costi/sacrifici sostenuti (attesi o percepiti) e indicatori di qualità del servizio (come distanze, tempi, rendimenti).

Da ciò la rappresentazione del valore atteso per il cliente come rapporto tra i benefici attesi dall’acquisto e i sacrifici attesi per l’acquisto

S

B

V

=

La scelta d’acquisto si fonda dunque sulle aspettative di valore, e la perce- zione di soddisfazione dipende dalla congruenza tra il valore atteso e il va- lore percepito, come dimostrato da numerose ricerche empiriche.

Tale percezione va così ad alimentare la fiducia, intesa come atteggiamento di pregiudizio positivo verso l’impresa o il suo prodotto (Costabile, 2001). La seconda fase del ciclo di vita della relazione ha una durata che dipen- de dal tipo di prodotto o servizio, dalle caratteristiche del cliente, dal suo coinvolgimento, dalla competizione nel mercato, dallo stato della tecnologia incorporata nel prodotto o servizio. Le esperienze di acquisto e consumo in cui il cliente resta soddisfatto portano tendenzialmente al riacquisto, e pro- gressivamente fanno evolvere la relazione verso la fedeltà, intesa proprio come tendenza comportamentale verso la replicazione dell’esperienza. Du- rante una serie di esperienze il cliente aggiorna infatti la sua valutazione comparativa con le alternative di acquisto.

Se l’esito è positivo, la relazione entra nelle fasi relative alla fedeltà, in cui il cliente è convinto che l’impresa riuscirà a distinguersi positivamente dai suoi concorrenti. In questo stadio il cliente è molto stabile e disponibile a mantenere e ampliare la portata della relazione. La sua attenzione verso le offerte della concorrenza si riduce ed egli può anche essere disposto a mantenersi fedele nonostante l’emergere di influenze contrastanti, come nuovi evidenti vantaggi nell’offerta di concorrenti.

La fase della lealtà, infine, è quella in cui il cliente considera attentamen- te il rapporto fra il valore che percepisce di ricevere dall’impresa e quello che ritiene di generare per essa.

Il cliente vede il valore per sé come il rapporto fra benefici e sacrifici (B/S) derivanti dall’acquisto e dall’uso del prodotto, e il valore per l’impresa come il rapporto fra ricavi e costi (R/C) per l’impresa. Egli si attende che i due rapporti siano più o meno di pari entità:

CR S

B

Se lo scambio viene considerato equo dal cliente, egli perverrà alla lealtà, alla cosiddetta customer loyalty, entrando allora in un processo di co- evoluzione dell’impresa e del cliente.

Come accennato all’inizio del paragrafo, memorizzare nelle strutture dati gli stati interni dei clienti rappresenta oggi una fonte importante di vantag- gio competitivo, perché le analisi e valutazioni su tali informazioni permet- tono alle aziende di comprendere i bisogni e le aspettative dei propri clienti, per poi realizzare offerte competitive, attraverso un’organizzazione orienta- ta al cliente ed attenta ai suoi bisogni, oltre a definire un piano delle azioni

che aumenti produttività, crescita e margini, gestendo l’intera catena, in- clusi fornitori e canali distributivi. E’ quindi comprensibile il ruolo fonda- mentale giocato dalla rilevazione della soddisfazione del cliente per le a- ziende.

Gli studi sulla soddisfazione del cliente sono stati sviluppati nell’ambito della ricerca sul consumatore, con l’obiettivo di indagare le conseguenze cognitive, emotive e comportamentali della scelta d’acquisto. Da tali studi sono emerse evidenze convergenti sul ruolo della soddisfazione del cliente quale antecedente della fiducia e della fedeltà e quindi sul contributo fon- damentale della soddisfazione in ogni forma di relazione e di valore dell’impresa (Costabile 1996 e 1998).

In altri termini, nell’ambito delle ricerche originali sulla soddisfazione del cliente, l’attenzione è stata rivolta al comportamento d’acquisto, e in particolar modo al legame tra soddisfazione, fiducia e fedeltà. Questo insieme di costrutti, e i risultati di tante approfondite ricerche, quindi, rappresentano una formidabile base di conoscenze, da inventariare con l’obiettivo di analizzare il comportamento del cliente e proporre modelli gestionali idonei al governo dei processi di generazione e accumulazione del capitale relazionale.

Se conoscenza, comprensione e cura sono i pilastri della fedeltà, le azioni possono essere considerate i mattoni necessari a costruire nel concreto una strategia di loyalty ed è possibile individuarle facilmente partendo dalla struttura stessa del valore della soddisfazione.

Le azioni che sono in grado di aumentare i benefici richiesti dal cliente, di dimezzare i problemi di acquisto, apprendimento e uso, e quelle che pos- sono contribuire alla riduzione dei livelli di prezzo, contribuiscono in modo naturale ad incrementare i livelli di soddisfazione istantanea cumulata, con- solidando allo stesso tempo un comportamento d’acquisto fedele da parte del cliente.

La realtà dei fatti è che il vero valore di un’impresa vincente oggi non è più legato alle sole strutture fisiche e alla produzione di massa: in mercati ormai ipercompetitivi, veloci e soprattutto saturi, solo per le aziende che riescano a trattenere i propri clienti c’è la possibilità di sopravvivere.

Quanto detto, inoltre, avalla il principio per cui comprendere e curare il cliente non siano azioni legate a concezioni moralistiche e di buon senso, bensì fattori redditizi e vitali. In effetti, solo una gestione prudente dei le-

gami economici tra creazione di valore e fedeltà può permettere di genera- re flussi di cassa sostanziosi che si spera siano ripetibili.

La fedeltà non è perciò solo un importante mezzo per tenere stretti i clienti, ma è una corsia preferenziale per il successo, un sintomo di moder- nità, nonché la base della concatenazione: