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4.8 Misurare la fedeltà

4.8.2 Fedeltà, indici aziendali e driver

Si intuisce la complessità relativa alla concretizzazione di concetti non os- servabili direttamente. In ogni caso, stiamo cominciando a capire meglio quale sia l’approccio da assumere. D’altro canto, l’importanza della fase di

pre-processing dei dati sappiamo essere cruciale per le attività di DM. In altre parole, per poter effettuare delle efficaci analisi sulla base clienti risul- ta fondamentale la presenza nella base di dati (o DW) di indicatori precisi, misurabili, valutabili, che permettano di attuare determinate azioni preven- tive o di recupero.

In pratica, quello che ci proponiamo di fare è creare un ponte tra i con- cetti del marketing e la loro implementazione nei sistemi informativi. Ai fini di progettazione di un sistema informativo di marketing, infatti, sarà ne- cessario che ai tecnici informatici sia chiarito dettagliatamente quali siano i dati da memorizzare nel DW. Tali dati sono chiaramente “celati” dietro ai concetti teorici, propriamente astratti. Per cui il compito delicato consiste nel cercare di fornire le chiavi di lettura di concetti astratti di comprovata efficacia per le strategie di marketing, e in particolar modo, di marketing one-to-one che potrebbero dover essere memorizzati in un sistema infor- mativo di marketing (SIM).

Sulla soddisfazione e sulla possibilità di tradurre in dati misurabili e im- plementabili abbiamo già parlato nel paragrafo precedente, evidenziando una certa semplicità di “traduzione” delle informazioni fornite dai questio- nari sottoposti ai clienti.

Tornando, invece, a parlare di fedeltà, rimane il problema di trovare in pratica delle misure per un costrutto che non è una grandezza fisica e per il quale non esiste una entità atta alla misurazione. Il fatto è che, comunque, per poter implementare una strategia di loyalty, è necessario trovare uno standard di riferimento adatto al problema trattato.

Per inoltrarci nella questione, partiamo da due concetti diversi:

1. il grado di fedeltà, che misura quanto sia abituale la relazione cliente-azienda

2. il grado di fidelizzazione, che misura quanto il cliente riesca a sod- disfare i suoi bisogni tramite l’azienda.

Per ogni cliente si considera l’indice del suo valore attuale netto per l’azienda, quello che abbiamo visto essere definito lifetime value (Ltv). Combinando infatti fidelizzazione e Ltv è possibile classificare la clientela in maniera piuttosto adatta per una corretta strategia di loyalty.

Ad ogni azienda si possono poi associare indici medi di fedeltà e fidelizza- zione della propria clientela calcolando anche gli indici di abbandono (o di churn) e quelli di retention legati alla capacità di trattenere i clienti (Bu- sacca, 2005; Costabile, 2001).

Si tratta di indici applicati al portafoglio clienti che permettono di misura- re la fedeltà anche a livello aggregato. In questa sede ci limitiamo a ricor- dare che il tasso di mantenimento del cliente (customer retention rate o CRR) emerge sottraendo al numero di clienti in portafoglio a fine anno tutti i clienti conquistati nel corso dell’anno, e rapportando tale valore ai clienti attivi a inizio anno. In formule si ha:

anno

inizio

clienti

anno

nell'

acquisiti

clienti

-

anno

fine

clienti

=

CRR

La differenza tra denominatore e numeratore indica il numero di clienti persi nell’anno e il risultato del rapporto in termini percentuali può essere considerato una misura della capacità dell’impresa di fidelizzare i clienti nel corso di un dato periodo di tempo (l’anno è l’unità di tempo convenziona- le); d’altronde, si considera il rapporto tra i clienti che ci hanno lasciato e quelli che siamo riusciti a trattenere.

Il tasso di abbandono (churn rate o CR), invece, rappresenta il rapporto tra il numero di clienti persi nel corso dell’anno e il numero totale di clienti del periodo, ovvero:

anno

nell'

clienti

totale

anno

nell'

persi

clienti

=

CR

Per il mercato in generale e per l’azienda in particolare, di certo, non tutti i clienti sono fedeli allo stesso modo, soprattutto perché, pur acquistando regolarmente in azienda, esiste sempre la possibilità di rivolgersi altrove per lo stesso prodotto con la stessa frequenza, se non con maggiore inten- sità, senza violare alcun tipo di regola.

Ad ogni modo, si può comunque assumere che un cliente sia fedele e fi- delizzato nel momento in cui effettui la maggior parte dei suoi acquisti presso una stessa azienda. (Busacca, 2001)

Proprio da questi assunti muove la nostra analisi di alcuni degli indici che possono mostrarsi utili per la misurazione della fedeltà.

Iniziamo considerando una formula legata al concetto di vita media del prodotto; il ragionamento parte dalla considerazione di definire fedele il consumatore che acquisti con frequenza simile alla vita media convenzio- nale del prodotto/servizio esaminato. Da ciò, la possibilità di definire una soglia al di sopra della quale il cliente è considerato fedele e al di sotto del- la quale è invece considerato saltuario. Infine si potrebbe definire una so- glia dell’intervallo di riacquisto superata la quale il cliente può dirsi perso.

Schematizzando (Busacca, 2005) quanto detto si ha che:

G. di fedeltà=

riacquisto

di

medio

Intervallo

prodotto

del

media

Vita

Per quanto riguarda la fidelizzazione, invece, si potrebbe considerare il budget ratio che rappresenta il valore della percentuale degli acquisti che il cliente effettua in un dato periodo di tempo presso un determinato fornito- re, in rapporto al totale degli acquisti che lo stesso effettua in totale per la medesima categoria di prodotti o servizi, nello stesso periodo di tempo. La percentuale può però essere riferita al numero degli acquisti o al loro valo- re (margine).

In formule abbiamo stavolta:

G. di fidelizzazione cliente (budget ratio) =

X

periodo

nel

Acquisti

Tot.

Num.

noi

di

presso

X

periodo

nel

Acquisti

%

=

G. economico di fidelizzazione cliente =

X

periodo

nel

prodotto

del

acquisti

totale

Valore

noi

da

X

periodo

nel

effettuati

acquisti

Valore

=

Per quanto riguarda i dati memorizzati, è chiaro che acquisti percentuali e totali sono dati quantificabili e registrabili in modo del tutto naturale sui DW. Si tratta di informazioni desumibili, ad esempio, dagli scontrini, le fat-

ture e gli altri documenti fiscali relativi agli acquisti che i clienti fanno pres- so un determinato fornitore. In questi casi, possiamo dire che non vi sia problema di fonti per il loro reperimento. Nel DW, come noto, è possibile memorizzare i dati a diversi livelli di dettaglio (granularità), raggruppando gli acquisti per giorno, per mese, per semestre e così via. Ma questo di- pende dal tipo di analisi che si intende fare. Certo è che, decidere il livello di dettaglio fino al quale scendere è di fondamentale importanza in fase di pre-processing. Una volta decisa la granularità, infatti, non sarà più possi- bile ottenere informazioni più dettagliate del livello minimo memorizzato.

Per esemplificare, consideriamo di voler memorizzare gli ammontare delle spese di un cliente nel supermercato x. Decidiamo di raggruppare gli acqui- sti per giorni, sommando quindi eventualmente i diversi acquisti fatti du- rante la giornata. In seguito, non sarà più possibile ricavare dal DW gli ammontare degli acquisti fatti durante una certa fascia oraria.

Dopo questa breve digressione, torniamo a considerare altri indici che po- trebbero descrivere le modalità attraverso le quali l’azienda sarebbe in gra- do di trattenere la propria clientela.

Il primo degli indici in questione è l’indice numerico di fedeltà della clien- tela definibile come rapporto fra numero di clienti fedeli (che superano cioè una determinata soglia del grado di fedeltà) e il numero totale clienti:

Indice numerico di fedeltà =

clienti

di

totale

Numero

fedeli

clienti

di

Numero

Un elevato valore di tale indice rappresenta un buon segnale per l’azien- da, poiché implica la presenza di un alto numero di clienti abituali e fedeli, notoriamente più redditizi di quelli nuovi.

Per monitorare però ancora meglio la situazione aziendale, si può ricorre- re all’indice economico di fedeltà, che guarda alla parte economica della questione. Esso permette di analizzare il rapporto fra il margine generato dalla clientela fedele e quello generato in totale:

Indice economico di fedeltà =

totale

Margine

fedele

cliente

del

Margine

Un alto valore anche per questo indice, comporterebbe una situazione ancor miglior per l’azienda, implicando che anche la clientela più importan- te è fedele. Un ottimo segnale, considerando che l’esperienza comprova che l’80% del fatturato è generato solamente dal 20% dei clienti e che il 20% del fatturato è generato dall’80% dei clienti.

La convenienza ad usare i gradi o gli indicatori appena analizzati è stret- tamente legata alla categoria di prodotto o servizio con cui si ha a che fare. Nel caso delle utilities ( glossario), ad esempio, l’applicazione degli indi- catori non avrebbe molto senso ai fini dell’analisi. (ad es. in un’azienda di fornitura di energia elettrica o erogazione acqua).

Al contrario, una qualche misurazione potrebbe tornare utile nel caso di commodities ( glossario), quando si utilizzano strumenti quali le fidelity card.

Per quanto riguarda quindi la registrazione di informazioni relative alla fedeltà in un DW, questi indici possono risultare una buona concretizzazio- ne, permettendo di effettuare utili analisi ai fini di personalizzazione, man- tenimento e attuazione di tutte le strategie di marketing indirizzabili alla base clienti. Sono però necessarie alcune riflessioni, alle quali sarà dedicato il prossimo paragrafo.