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Rischio sovrano ed effetti di contagio sul mercato internazionale dei CDS

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale in

Economia e Finanza

Tesi di Laurea

Analisi del rischio sovrano e degli

effetti di contagio finanziario sul

mercato internazionale dei CDS

Modelli a correlazione dinamica

Relatore

Prof. Domenico Sartore

Correlatore

Prof.&Roberto&Casarin&

Laureando

Igor Darin

Matricola 806376

&

Anno Accademico

2013 / 2014

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RINGRAZIAMENTI!

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Dedico il raggiungimento di questo traguardo alla mia

famiglia, e a tutte le persone che mi vogliono bene. !

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Ringrazio sentitamente il prof. Domenico

Sartore e il prof. Roberto Casarin.!

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INDICE!

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INTRODUZIONE………4!

CAP.1!IL CONTESTO DI RIFERIMENTO………..6 !

1.1! IL PERIODO STORICO…….………..……….………6 !

1.2! IL CONTAGIO……….……8!

1.3! IL CREDIT DEFAULT SWAP.……….13!

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CAP.2!PRESENTAZIONE DELL’ANALISI………..………15!

2.1 LETTERATURA……….…15!

2.1.1!

Letteratura sui modelli GARCH……….……….….16!

2.1.2!

Letteratura sui modelli SV……….….…..16!

2.2 I MODELLI ECONOMETRICI DI RIFERIMENTO……..……..19!

2.2.1!

Modelli a volatilità variabile……….…….20!

2.2.2!

Modelli a volatilità stocastica……….……..23!

2.2.3!

Tecniche di stima……….………..………27!

2.2.4!

Estensione dei modelli SV………..….40!

2.2.5!

Modelli multivariati ………43!

2.3 SCELTA DEL CAMPO DI RICERCA……….……….45!

2.4 IL MODELLO ECONOMETRICO UTILIZZATO……..…….….47!

2.4.1! Modelli MS a correlazione costante………48!

2.4.2!

Modelli MS a correlazione dinamica………..…51!

2.4.3!

Inferenza Bayesiana……….53!

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CAP.3 ANALISI EMPIRICA….……….…….64!

3.1 DESCRIZIONE DEI DATI………..……..64!

3.2 ANALISI PRELIMINARE DEI DATI………66!

3.2.1!

Analisi grafica……….…67!

3.2.2!

Analisi quantitativa………74!

3.3 IMPLEMENTAZIONE DEL MODELLO………..77!

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CONCLUSIONI….………..……….94!

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INDICE FIGURE!

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Figura 1: Prezzi differenze di tutte le serie storiche……….69

Figura 2: Prezzi e differenze degli assets……….…….70!

Figura 3: Prezzi delle serie storiche aggregate……….………72!

Figura 4: Differenze delle serie storiche aggregate……….……74!

Figura 5: Processi di volatilità logaritmica e di correlazione………..……..79!

Figura 6: Medie progressive dei parametri di volatilità logaritmica………81!

Figura 7: Medie progressive dei parametri di correlazione stocastica..………83!

Figura 8: Istogrammi dei parametri di correlazione stocastica……….……..…84!

Figura 9: Medie progressive dei parametri del processo MS……….……85!

Figura 10: Processi latenti di volatilità logaritmica e di correlazione……….…87!

Figura 11: Processo di switching……….………88!

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INDICE TABELLE!

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Tabella 1: Serie storiche e variabili osservabili……….…..………….66!

Tabella 2: Statistiche descrittive delle serie storiche………..……75!

Tabella 3: Test ADF e PP…………..………..…77!

Tabella 4: Stima dei parametri di volatilità logaritmica…..……….…92 !

Tabella 5: Stima dei parametri di correlazione stocastica……….….……93!

Tabella 6: Stima dei parametri del processo MS……….…93!

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APPENDICE!

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Appendice A: Timeline degli eventi finanziari, periodo 2008-2013………..96!

Appendice B: Timeline sui processi latenti di log-volatility…….….………..98!

Appendice C: Timeline sui processi latenti di correlazione…….………..99!

Appendice D: Timeline sul processo di switching..….……….……….100!

Appendice E: Codice Matlab………….……….……..101!

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INTRODUZIONE!

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Le turbolenze e gli shock finanziari che hanno caratterizzato e colpito i mercati internazionali globali nell’ultimo ventennio, saranno ricordati come i fenomeni che hanno avuto la maggior durata, la maggior intensità e i più devastanti effetti di tutte le crisi che il mondo della finanza, ad oggi, abbia mai conosciuto. L’esplosione della bolla immobiliare negli Stati Uniti prima, il successivo inizio della crisi finanziaria sancito dal fallimento di Lehman Brothers poi, hanno ben presto messo in ginocchio i mercati finanziari internazionali di tutto il mondo; una crisi apparsa come una “questione statunitense” ben presto si è propagata nei mercati europei e di tutto il mondo, causando una serie di reazioni a catena che nel giro di pochi mesi hanno messo a serio rischio di default diversi paesi del vecchio continente, tra cui il caso emblematico della Grecia, più volte vicina all’insolvenza. Conseguenze queste di cui si aveva avuto solamente un assaggio nelle precedenti crisi e, con caratteristiche tali per cui la sola crisi del Sud-Est asiatico aveva potuto mettere in guardia sui rischi a cui un paese, che non mostrava alcun segno di particolare difficoltà, poteva essere esposto qualora si fossero verificati degli eventi divenuti probabili solamente in seguito al verificarsi di altri eventi, apparentemente scorrelati. Quest’ultima crisi aveva mostrato i primi fenomeni di contagio finanziario i quali, in una economia globale e in un mondo finanziario invaso dai derivati e dalla cartolarizzazione, che di fatto possono diffondere i rischi in aree geografiche anche molto distanti tra loro come mai era avvenuto prima, hanno trovato in questi anni un terreno fertile in grado di amplificarli in modo devastante. Solamente i numerosi e continui piani di salvataggio attuati dai governi centrali hanno permesso di evitare il tracollo definitivo al sistema bacati e finanziario, ad un caro prezzo però; questi forti esborsi hanno portato l’indebitamento degli Stati sovrani a livelli molto pericolosi, generando una forte incertezza a livello economico finanziario, ma ancor prima a livello sociale. La crisi del debito sovrano europeo è stata una crisi caratterizzata, anch’essa come la recente crisi finanziaria, da fenomeni di contagio su vasta scala e di forte intensità; elemento comune agli eventi che hanno riguardato le crisi degli ultimi anni infatti è stata la rapidità, l’intensità e l’incontrollabilità con cui uno shock, presentatosi nel mercato paese, si propagava ai mercati di altri paesi, anche di caratteristiche o posizione geografica diverse. L’obiettivo dunque di questa tesi è quello di studiare il fenomeno del contagio negli anni tra il 2008 e il 2013, periodo in cui il contagio si è presentato in modo più massiccio, proponendo un’ applicazione empirica e utilizzando le nozioni che la letteratura a questo riguardo propone; si va ad implementare infatti, un modello di volatilità stocastica multivariato a correlazione dinamica, con cui ci si prepone di verificare la definizione di contagio proposta da Rigobon e Forbes nel 2002. Lo strumento finanziario che si utilizza per questa analisi è il credit default swap sovrano, derivato creditizio che ben si presta ad analisi che

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riguardano il rischio di fallimento (nello specifico di stati sovrani), essendo proprio il rischio di credito l’elemento sulla cui base si viene a costituire. Elemento di originalità del lavoro qui presentato l’utilizzo di un modello di volatilità stocastica, invece dei più comuni modelli GARCH, caratterizzato tra l’altro da discontinuità nella dinamica di correlazione di tipo Markow-switching. Attraverso l’analisi congiunta della volatilità e della correlazione e attraverso un processo di switching, si andranno a rappresentare le fasi in cui i fenomeni di contagio sono stati più intensi e quali asset hanno riguardato. Si dimostrerà nel corso dell’analisi che gli strumenti scelti per realizzare l’esperienza empirica, saranno stati corretti e avranno rispettato le ipotesi iniziali che si erano formulate. Come si avrà modo di vedere, il periodo scelto per svolgere l’analisi si dimostrerà essere un periodo caratterizzato da forti fibrillazioni finanziarie in cui non sarà semplice collegare con facilità il singolo evento ad singolo fenomeno di contagio, essendoci comunque per l maggior parte del tempo un rischio di contagio tra i paesi, ma che comunque riuscirà a ben delineare gli accadimenti principali dei paesi e a mostrare come questi passino da un paese all’altro; ben chiaro sarà il ruolo principale della Grecia nella propagazione della crisi, e quindi nella presentazione di fenomeni di contagio, all’interno del territorio europeo. !

La prima parte della tesi andrà ad inquadrare in modo preciso il contesto al quale ci si riferisce, in termini di periodo storico, di letteratura e di strumenti finanziari a cui ci si riferisce; la seconda parte invece esporrà gli strumenti econometrici di riferimento con cui si possono studiare fenomeni di questo tipo, motivando la scelta di quelli utilizzati in questa sede ed esponendole le caratteristiche nel dettaglio. L’applicazione empirica infine sarà articolata in una prima parte di analisi preliminare, grafica e quantitativa, che introdurrà l’implementazione del modello vera e propria e la presentazione dei risultati in termini di processi, di volatilità, correlazione e switching, e di parametri. L’analisi terminerà con la presentazione dei valori dei parametri proposti dal modello applicato. !

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Capitolo 1!

IL CONTESTO DI RIFERIMENTO!

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1.1! Il periodo storico!

Negli ultimi vent’anni circa di storia, il mondo finanziario ha conosciuto un susseguirsi di eventi di crisi che, a livello globale, hanno interessato un vastissimo numero di paesi e diversi continenti nel corso degli anni, probabilmente come non era mai successo prima. !

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Partendo dalla prima crisi che ha interessato Stati Uniti, e in particolare Wall Street (1987) con un vero e proprio tracollo, ben presto le problematiche finanziarie si spostano verso il vecchio continente con significative turbolenze che riguardano il mercato dei cambi; il seguente fenomeno speculativo che coinvolge la lira italiana e la sterlina britannica mette in crisi, dopo pochi anni dalla nascita (1979), il Sistema Monetario Europeo già nel 1992.!

Una seconda importante crisi che riguarda la finanza è quella del Sud-est asiatico, che si presenta nel 1997, e che rappresenta forse il primo caso di crisi finanziaria globale da cui si evincono dei fenomeni di contagio non solo in paesi ma anche in continenti diversi; una crisi che si sviluppa a livello di economia reale in una regione che in quegli anni si stava sviluppando con un tasso di crescita molto elevato, per esplodere poi in Thailandia e diffondersi nel giro di pochi mesi molto velocemente alle limitrofe Corea del Sud ed Indonesia. Gli effetti di tali avvenimenti si ripercuotono prima sul valore del petrolio e di conseguenza sull’economia russa, che nel 1998 entra in una fase di crisi, comportando importanti oscillazioni sui tassi d’interesse e che poco dopo trascinano verso il baratro le esposizioni presenti sul mercato degli hedge fund americani. Nemmeno l’America latina passa gli anni a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo indenne dal punto di vista economico finanziario, e prima il Brasile (1999) e poi l’argentina (2001) subiscono rispettivamente una svalutazione e una drammatica perdita di fiducia da parte di cittadini ed investitori, che di fatto mette in ginocchio il sistema bancario; tale risultato si dimostrerà essere in parte collegato alle manovre che gli Stati Uniti furono obbligati ad avviare in quegli anni. Qualche anno di calma apparente portano agli eventi che daranno il via alla seconda crisi finanziaria globale, quella che si dimostrerà essere la più catastrofica del settore bancario e finanziario di sempre, e che produrrà effetti disastrosi per anni negli Stati Uniti e in Europa soprattutto, i cui effetti ad oggi risultano ancora non essere stati del tutto superati; nell’estate del 2007 esplode la cosiddetta bolla del mercato immobiliare degli USA, che a sua volta si collega alla crisi dei mutui subprime sugli immobili e sull’edilizia. In pochi

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mesi questa situazione catastrofica si propaga a macchia d’olio ai colossi del mercato dei mutui statunitensi prima (a questo proposito va ricordata l’acquisizione statale di Freddie Mac e Fannie Mae nel 2008), e si incendia poi con il famoso fallimento di Lehman Brothers del Settembre 2009, all’epoca una delle più importanti banche d’affari degli Stati Uniti. Questa data verrà ricordata come l’emblema dell’inizio della crisi finanziaria del 2008-2011. !

In pochi mesi i fittissimi rapporti in atto tra Stati Uniti e Regno Unito fanno si che il contagio nei confronti dell’ Europa sia molto rapido e molto esteso; il sistema bancario del Regno Unito, negli ultimi mesi del 2008, è il primo a chiedere un piano di salvataggio tra i paesi del continente europeo. Nel corso degli anni successivi, in particolar modo tra il 2010 e il 2013, la crisi invade i mercati finanziari europei e coinvolge molti paesi tra cui, quella che presenterà maggiori danni sarà la Grecia; la situazione economico finanziaria greca, in più di un’occasione ad un passo dal default, tuttavia viene trasmessa nel corso dei mesi prima ad Irlanda e Portogallo, e poi anche a Cipro, Spagna ed Italia. !

In generale si può dire che tutti i paesi dell’Unione Europea abbiano risentito degli effetti di contagio delle turbolenze finanziarie, ma che nei paesi più forti essi siano stati meno invasivi rispetto a paesi che a livello socio economico si trovavano in situazioni più delicate, i quali sono stati in più di un caso prossimi all’insolvenza. L’iniziale crisi finanziaria nata degli USA si è tramutata di fatto in una crisi del debito sovrano europeo nel giro di un paio d’anni; solamente un massiccio piano di intervenite da parte dei governi degli USA ed europei ha evitato il tracollo del sistema finanziario mondiale, sfiorandolo in più di un’occasione. Questo ha fatto si che un generale e imponente aumento del debito sovrano generale, mettesse in difficoltà paesi che già presentavano un livello di indebitamento molto alto prima della crisi (una su tutte la Grecia), amplificando l’incertezza generale dei mercati, anche sulla riuscita dei piani di salvataggio.!

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L’elemento più innovativo che quest’ultima crisi ha presentato rispetto alle precedenti è stato quello di non aver colpito singoli mercati finanziari di paesi emergenti, teoricamente più sensibili a shock di questo tipo e magari fondati su risultati di crescita dimostratisi poi gonfiati o comunque giustificati da grossi deficit di bilancio, ma di aver colpito l’intero sistema economico finanziario globale a livello strutturale; il modo in cui la seconda crisi finanziaria si è presentata e sviluppata, ha fatto capire che con la prima crisi finanziaria che ha riguardato i paesi asiatici, si era intuito ma non compreso del tutto, che un paese poteva essere esposto in maniera molto grave ad eventi del tutto improbabili, che però potevano diventare molto rapidamente verosimili qualora se ne fossero presentati degli altri, magari apparentemente anche scollegati dai primi; in questo senso si può dire dunque che dalla prima crisi finanziaria globale non si era imparato tutto quello che si sarebbe potuto apprendere. Nella seconda, e più recente

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crisi globale, si è potuto notare che l’effetto nei confronti di un paese, in modo sistematico e molto rapido si è trasmesso agli altri paesi in qualche modo collegati al paese stesso, mostrando degli effetti di contagio di dimensioni amplificate e particolarmente rilevanti rispetto a quelli che si erano visti in precedenza; fenomeni di contagio dunque che già negli eventi degli anni precedenti si erano iniziati ad osservare, con la recente crisi finanziaria prima, e del debito sovrano poi, sono stati del tutto evidenti e prolungati. Questo è sostanzialmente il motivo per cui in quest’anni il tema del contagio ha assunto una particolare rilevanza in letteratura, soprattutto durante e dopo l’ultima crisi.!

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1.2! Il contagio!

Quando si parla di contagio, e nello specifico di contagio finanziario, ci si riferisce ad una situazione nella quale delle problematiche di significativa intensità, che riguardano un soggetto economico, come può essere una istituzione, un settore economico o un paese, vengono trasmesse in modo rapido, e spesso senza controllo, a soggetti dello stesso genere (ma non solo), creando una situazione generale di crisi. !

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Soprattutto con riferimento ai fatti di cui sopra, che si sono presentati a livello globale nel mondo finanziario tra il 2008 e il 2013, fenomeni di contagio finanziario hanno messo in difficoltà (anche serie) molto velocemente dei paesi che fino a pochi mesi prima non avevano mostrati particolari segnali di cedimento; tali meccanismi di contagio sono stati favoriti tra le altre cose anche da una rete, molto più fitta di quanto avveniva in passato, di rapporti economico finanziari tra paesi, anche di aree geografiche diverse, che in una economia globalizzata si vengono a costituire. Non meno importante in questo senso è l’utilizzo spinto della cartolarizzazione e del mercato dei derivati, che hanno creati relazioni fortissime tra i principali mercati finanziari mondiali, portando a una condivisione dei rischi dalle proporzioni e dalle conseguenze inimmaginabili. Anche e soprattutto in seguito ai recenti fatti storici accaduti dunque, in letteratura e in ricerca il tema del contagio ha suscitato in questi anni un particolare interesse tra gli studiosi che si occupano di economia e finanza.!

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Tra le tante definizioni di contagio che in letteratura si possono trovare ma che spesso non sono tra loro coerenti, ai fini dello studio che viene presentato in questi capitoli, ci sono due contributi particolarmente utili ed interessanti per lo studio del problema. Il primo è quello di Pericoli e Sbracia (2003), e il secondo è quello di Forbes e Rigobon (2002); iniziamo dal primo che introduce in modo più generale il tema, per poi entrare nel merito del secondo contributo che rappresenterà il nocciolo dello studio presentato in questa tesi. !

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Il lavoro intitolato “A primer on financial contagion” presentato da Pericoli e Sbracia (2003), è quello che in letteratura ha mostrato negli anni suscitare maggior interesse e consenso tra gli studiosi; questo approfondimento viene articolato in cinque diverse definizioni di contagio, collegate tra loro,!

con cui si presenta il problema in modo chiaro e generale. Vedere nel dettaglio in che cosa consistono può senz’altro risultare utile per focalizzare la questione.!

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Def. 1: “il contagio è un significativo incremento nella probabilità di crisi di un paese, subordinato alla crisi che si è verificata in un altro paese” !

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Questa definizione è solitamente associata alle applicazioni empiriche relative ai mercati internazionali dei cambi e alle crisi dei tassi di cambio. Secondo questa impostazione le criticità che riguardano il mercato dei cambi tendono a coinvolgere gruppi di molti paesi diversi, ma al tempo stesso alcuni paesi, seppur sottoposti a forti pressioni speculative, riescono ad evitare le relative svalutazioni che ne conseguono. Questa definizione è concorde con molti punti di vista presenti in letteratura, che riguardano la trasmissione internazionale delle problematiche finanziarie, in quanto non rileva le cause e le modalità con cui la crisi si scatena inizialmente e si diffonde poi. Ad esempio una crisi può divenire sistemica perché le svalutazioni che ne conseguono, possono derivare da un equilibrio che si raggiunge sulla base di accordi politici tra i governi dei paesi coinvolti, presi a seguito di shock che colpiscono i fondamentali economici Fenomeni di questo tipo sono considerati fenomeni contagiosi.!

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Def. 2: “Il contagio si verifica quando la volatilità dei prezzi degli asset si trasmette dal paese in crisi ad altri paesi”!

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L’evidenza empirica dice che nei mercati internazionali, in concomitanza con periodi di turbolenze finanziarie, si nota un aumento nella volatilità dei prezzi degli strumenti finanziari; sulla base di questo, la presente definizione intende raffigurare il contagio come presenza di picchi di volatilità dei prezzi degli asset e di spillover (trasmissione) di volatilità da un mercato all’altro. In questo senso dunque la volatilità dei prezzi è considerata un buon indicatore per approssimare l’incertezza dei mercati finanziari; interpretando questa definizione inoltre, per contagio si può intendere una diffusione di incertezza tra i mercati finanziari di paesi diversi. Va precisato però che non sempre l’aumento contemporaneo della volatilità si traduce in contagio, in quanto in molti casi può essere dovuto alla normale interdipendenza tra i mercati o a qualche cambiamento strutturale dei collegamenti cross-market; tuttavia questa definizione non si occupa delle cause, ma evidenzia solo la presenza di componenti di spillover di volatilità.!

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Def. 3: “Il contagio è un significativo incremento nei co-movimenti dei prezzi e dei volumi scambiati nei mercati, condizionali ad una crisi avvenuta in un mercato o in un gruppo di mercati”!

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Il pregio di questa definizione è il fascino che riesce a trasmettere immediatamente: si adatta perfettamente infatti a tutto ciò che comunemente si percepisce come contagio, come la diffusione dell’instabilità dopo il crollo di un mercato azionario (Hong Kong, ottobre 1997), come la crisi russa del 1998 o il default di Lehman Brothers del 2008. La definizione specifica con l’aggettivo “significativo” che i co-movimenti devono essere maggiori di quelli che si vedono normalmente per essere un segnale di contagio; è questa dunque la chiave della presente definizione, riuscire a distinguere dei co-movimenti normali, causati magari da una semplice interdipendenza tra mercati, da dei co-movimenti significativi. Questo è ciò che cerca di rappresentare.!

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Def. 4: “Lo (shift-)contagio si verifica quando il canale di trasmissione si intensifica oppure, in via più generale, varia in seguito ad uno shock di mercato” !

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Le implicazioni sul significato di contagio che derivano da questa definizione sono simili a quelle della precedente definizione; lo shift-contagio se il meccanismo di trasmissione in qualche modo si intensifica in seguito alla crisi che si presenta in uno dei paesi coinvolti. Il fenomeno quindi potrebbe anche essere misurato in termini di significativi co-movimenti dei prezzi e dei volumi incrociata tra tutti i paesi (anche se in questo caso test relativi ai break strutturali nei processi generatori dei dati sarebbero più appropriati).!

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Def. 5: “Il contagio si verifica quando i co-movimenti non possono essere rappresentati dai fondamentali”!

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Questa definizione permette di identificare in modo diverso uno standard per rappresentare l’interdipendenza; è una definizione che rientra nel contesto dei modelli consentono di avere equilibri multipli istantanei in presenza di un problema di coordinamento. Se la diffusione di una crisi riflette uno spostamento arbitrario da un equilibrio ad un altro, i fondamentali non riescono a spiegare la tempistica e le modalità con cui ciò avviene. Il valore dei fondamentali tuttavia può spiegare perché alcuni paesi sono vulnerabili alle crisi, mentre altri le superano indenni. Ad esempio se un contagio si diffonde attraverso una crisi di liquidità, per un paese avere un basso livello di riserve internazionali, relative alle passività a breve termine, lo mette fortemente a rischio.! Questa definizione può essere applicata anche ai casi in cui i problemi di coordinamento tra gli agenti economici non sono associati a meccanismi arbitrari di selezione dell’equilibrio. Improvvise discontinuità nelle serie storiche dei prezzi e dei

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volumi, non sono necessariamente causate da abbagli, e l’introduzione di informazioni incomplete ad esempio può escludere molteplicità di equilibri in modelli standard in ambito bancario e di crisi valutarie. Per i fondamentali dati, piccoli differenze nelle informazioni o nei gradi di incertezza delle aspettative, possono innescare cambiamenti anche significativi nel comportamento degli agenti economici; ad ogni modo questi casi sono più probabili quando i fondamentali risultano essere deboli. !

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Come si può vedere dalle definizioni citate da Pericoli e Sbracia (2003) nel loro lavoro, il contagio viene sempre studiato e misurato attraverso gli andamenti e i valori delle volatilità e delle correlazioni degli asset considerati; questa è la caratteristica che si ritrova in tutte le definizioni citate. Volatilità, spillover di volatilità e correlazioni, vengono utilizzate anche nelle metodologie che propongono nel loro lavoro per la misura del contagio, in quanto riferite alle definizioni di cui sopra.!

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Il secondo contributo principale che si considera in questa sede è quello fornito dal lavoro di Forbes e Rigobon (2002), i quali analizzano il default del marcato azionario (1987), la crisi finanziaria del Sud-Est asiatico (1997) e la crisi del Messico (1994), utilizzando un modello per misurare la correlazione apportando una correzione per l’ eteroschedasticità. Anche in questo ambito di ricerca, coerentemente con quanto visto relativamente alle definizioni generali di Pericoli e Sbracia (2003), si cerca di spiegare il fenomeno del contagio attraverso la volatilità e la correlazione, utilizzando dei modelli econometrici. Nel modello che realizzano per questo lavoro, tra l’altro, ottengono dei risultati con cui respingono la prova di contagio sostenuta da uno studio precedente. La definizione principale che emerge dall’impostazione di Forbes e Rigobon, è quella che rappresenta il contagio come quel fenomeno che si presenta in seguito ad un aumento della correlazione tra i rendimenti delle attività, che a sua volta si verifica dopo aver tenuto conto dell’incremento di correlazione dovuto ad un aumento della volatilità; la seconda definizione che emerge dal paper è quella di interdipendenza, che consiste invece in un alto grado di co-movimenti relativi a mercati finanziari diversi. Queste due definizioni hanno rappresentato la base di partenza per una vasta letteratura che ha indagato e studiato il fenomeno del contagio, le dinamiche di trasmissione della volatilità, relativamente ai mercati finanziari.!

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Pericoli e Sbracia (2003) coerentemente con quanto fatto da Forbes e Rigobon (2002), danno dunque una rappresentazione del fenomeno del contagio, facendo riferimento alla volatilità e alla correlazione, portando a dei risultati che sembrano per molti versi compatibili; tuttavia, pur essendo i due contributi principali e più accreditati, i loro non sono gli unici studi di contagio che fanno riferimento a tali grandezze. Corsetti (2010) ad esempio presenta un’analisi che segue la stessa impostazione nell’ambito dei meccanismi di trasmissione del contagio; anche lui infatti osserva fenomeni di aumento

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improvviso della volatilità nei periodi di crisi. Inoltre nota che di frequente i periodi di difficoltà finanziaria sono caratterizzati da un aumento delle covarianze dei rendimenti dei paesi, e che a loro volta le correlazioni aumentano in presenza di particolari tensioni finanziarie. Viene fatto notare anche però che, in alcune situazioni di crisi, le correlazioni rimangono costanti, o addirittura diminuiscono, se confrontate con i loro valori nei periodi di normalità e che quindi queste non possono essere le uniche variabili da considerare per definire un contagio. Quello che emerge anche da questo contributo comunque è una sostanziale coerenza con quanto indicato dai due contributi basilari di cui si è detto. Ulteriori paper relativamente alle relazioni tra contagio e volatilità e correlazione arrivano inizialmente da King e Wadhwanin (1990), che cercano di spiegare il default del mercato azionario del 1987 senza fare riferimento ai fondamentali dei paesi colpiti, e per farlo usano appunto le relazioni esistenti tra le volatilità e le correlazioni; il problema di questo lavoro è rappresentato da una forte dipendenza tra la correlazione dei rendimenti e la loro volatilità, che porta di fatto a dei risultati distorti che non tengono conto del problema di eteroschedasticità (risolto invece poi come si è visto da successivi studi, tra cui anche quello di Forbes e Rigobon (2002). Recenti studi che riguardano il tema del contagio mettono in evidenza che un ruolo chiave viene svolto dalla struttura dinamica degli effetti di trasmissione delle criticità, e cioè che le tendenze di contagio possono essere riconosciute anche dopo alcuni lag temporali; particolare attenzione dunque viene riservata per le strutture dinamiche della varianza e delle correlazioni. !

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Tenendo conto degli elementi emersi nei contributi sopra evidenziati, e dopo aver focalizzato il periodo storico di riferimento con il lavoro presentato in questa sede ci si pone l’obiettivo di andare a indagare la presenza di fenomeni di contagio nel continente europeo, negli anni che vanno dal 2008 al 2013, coerentemente soprattutto con quanto dimostrato da Forbes e Rigobon (2002). Come si è visto questo è l’intervallo temporale che ha mostrato delle turbolenze finanziarie di durata, intensità e vastità, probabilmente uniche nella storia e quindi risulta particolarmente adatto per essere impiegato nello studio dei fenomeni di contagio. Si cercherà quindi di verificare la definizione di Forbes e Rigobon (2002) utilizzando un modello multivariato, che cercherà di analizzare le dinamiche di volatilità e correlazione relativamente ai credit default swap, di tre diverse aree geografiche; a differenza di quanto fatto in altri studi recenti, nei quali si erano utilizzati dei modelli GARCH, in questo caso si implementerà un modello di volatilità stocastica multivariato a correlazione dinamica. Le caratteristiche tecniche del modello e le motivazioni che hanno portato a questo tipo di scelta saranno discusse nel capitolo 2. !

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Prima di entrare nel merito dell’analisi econometrica e dell’applicazione empirica, viene presentato brevemente lo strumento finanziario oggetto dello studio.!

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1.3! Il credit default swap!

Negli ultimi venticinque anni circa, il mercato dei derivati, e in modo particolare quello dei derivati creditizi ha subito una crescita e uno sviluppo particolarmente interessanti; i derivati creditizi (credit derivatives) sono contratti il cui valore finale dipende dal merito di credito di uno o più soggetti (soggetti economici o istituzioni). A differenza dei derivati finanziari, che consentono la negoziazione dei rischi di mercati, i derivati creditizi permettono di negoziare nei mercati rischi di credito (o creditizi). Prima della nascita di questi strumenti, l’intermediario finanziario una volta assunto un rischio di credito, doveva attendere l’esecuzione del contratto augurandosi che il tutto si svolgesse nel migliore dei modi e che il suo rischio non si traducesse in un evento negativo; con l’introduzione dei derivati sul rischio di credito l’intermediario può gestire in modo attivo il proprio portafoglio, sostenendo alcuni rischi di credito considerati meno problematici e proteggendosi da altri rischi utilizzando strumenti finanziari di questo tipo. Le banche chiaramente, a fronte della loro attività caratteristica, sono i soggetti che maggiormente fruiscono di questi strumenti. I derivati creditizi possono essere suddivisi in single name e multiname, e il contratto single name più diffuso è il credit default swap. Nel contratto single name ci sono due soggetti: il soggetto buyer (compratore) e il soggetto seller (venditore); il payoff del contratto dipende da quello che succede al soggetto economico a cui si riferisce, nel senso che se il soggetto economico non mantiene gli impegni presi, il venditore è tenuto a versare al compratore un certo corrispettivo.!

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I credit default swaps (CDS) sono i derivati creditizi più diffusi nel mercato finanziario globale; si tratta di strumenti finanziari nati allo scopo di offrire protezione contro il rischio di insolvenza di uno specifico soggetto economico (società o paese sovrano). Il soggetto economico è il soggetto di riferimento del contratto e l’insolvenza dello stesso rappresenta l’ “evento creditizio”. Il compratore del CDS si obbliga ad effettuare pagamenti periodici a favore del venditore fino alla scadenza del CDS o fino a quando si verifica l’evento creditizio; inoltre il compratore della protezione ottiene il diritto di vendere alla pari le obbligazioni del soggetto economico nel momento in cui si verifica l’evento creditizio. Nel caso di insolvenza lo swap viene liquidato con la consegna delle obbligazioni o per contanti. Infine per capitale nozionale si intende il valore nominale delle obbligazioni del CDS, e per CDS spread si intende il rapporto tra il pagamento annuo del compratore e il capitale nozionale del CDS. Il credit default swap, in altre parole, può essere inteso come una copertura assicurativa (infatti le compagnie di assicurazione sono i soggetti che collocano maggiormente sul mercato strumenti di questo tipo) nella quale un soggetto (buyer) che vanta un credito nei confronti di una controparte, vuole proteggersi dalla possibilità che quest’ultima entri in una situazione di default perdendo così l’esigibilità del proprio credito. Ecco quindi che il soggetto che vanta il diritto di credito si rivolge ad un intermediario finanziario (seller), disposto ad

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accollarsi il suddetto rischio in cambio del versamento periodico di un determinato importo, che determina il prezzo della copertura. In cambio di tale prezzo, l’intermediario si impegna a rimborsare il soggetto buyer nel cui la sua controparte diventi insolvente. Il CDS dunque è il contratto stipulato dal soggetto buyer e il soggetto seller, sulla base di un credito che il primo vanta nei confronti di una sua controparte.!

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Dalla rappresentazione di questo meccanismo risulta subito evidente che le implicazioni per il sistema finanziario mondiale, che derivano dalla diffusione su larga scala di strumenti di questo tipo, possono essere molte e, contestualizzate ad un periodo storico come quello attuale, non trascurabili dal punto di vista della propagazione dei rischi di credito nei mercati. Considerando poi inoltre che i CDS sono utilizzati anche dagli stati sovrani, come strumenti di copertura dal rischio di fallimento (o di declassamento del rating), risulta molto interessante approfondire come si siano comportati durante gli anni della crisi finanziaria e ancora più nello specifico, negli anni della crisi del debito sovrano. Proprio per questo motivo nella tesi spiegata in questi capitoli, si è scelto di utilizzare come strumento di riferimento su cui si andrà a svolgere l’analisi econometrica , il credit default swap sovrano (sovereign CDS) a cinque anni, emesso dai principali paesi europei.!

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Capitolo 2!

PRESENTAZIONE DELL’ANALISI!

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Nell’ambito della gestione finanziaria e nell’analisi delle serie di dati di tipo finanziario, uno degli aspetti più interessanti è sicuramente quello di riuscire a spiegare e a prevedere gli andamenti della volatilità di un asset finanziario; questo tema assume un ruolo di primaria importanza in questioni come quelle del pricing di strumenti finanziari, della definizione di strategie dinamiche di asset allocation attraverso le quali vengono realizzati i portafogli finanziari e della valutazione del value-at-risk di un titolo finanziario. Se si vanno a considerare poi questioni rilevanti a livello economico finanziario, come il fenomeno del contagio e il rischio (di contagio) che ne deriva, riuscire a determinare l’andamento nel tempo delle varianze e delle covarianze, relativamente a serie temporali finanziarie, permette di ottenere degli spunti molto interessanti, portando ad una conoscenza più approfondita dei mercati finanziari di riferimento. !

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Il tema del contagio, il tema del rischio di sovrano, e i loro effetti all’interno dei mercati finanziari, è stato molto studiato nel corso degli ultimi decenni, attraverso la realizzazione di diverse tipologie di modelli, soprattutto multivariati a correlazione dinamica; le strutture utilizzate in questi modelli di analisi, appartengono prevalentemente alla famiglia dei modelli GARCH e a quella dei modelli di volatilità stocastica (SV). Questi modelli sono tra i più indicati per analizzare i mercati finanziari e i fenomeni che vi si sviluppano, e si sono dimostrati particolarmente adatti anche per affrontare le tematiche del contagio (e del rischio di contagio), a del rischio sovrano e del rischio di credito.!

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In questo capitolo verranno approfonditi i modelli econometrici GARCH e SV per l’impiego in ambito finanziario, si partirà dalla letteratura, ripercorrendo brevemente la loro storia degli ultimi decenni per vedere come si sono evoluti, com’è cambiato il loro utilizzo e come si è arrivati oggi ad avere degli strumenti moderni e molto sofisticati, con cui vengono effettuati gli studi in ambito finanziario. Si passerà poi ad analizzare tecnicamente le due tipologie di modelli, confrontandone le caratteristiche e osservandone le differenze principali. Comprendendo pregi e difetti di uno e dell’altro mondo, sarà più semplice capire le motivazioni che di volta in volta, e nello specifico in questo caso, portano a scegliere l’adozione di un modello piuttosto che dell’altro, in un determinato campo di ricerca.!

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2.1! Letteratura!

Di seguito una breve introduzione che può aiutare a capire come le due principali tipologie di modelli econometrici adatti a studiare i mercati finanziari, sono nate, si sono sviluppate, e sono state applicate nel corso degli anni, e a che punto oggi la ricerca econometrica è giunta in termini di evoluzione letteraria.!

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2.1.1 Letteratura sui modelli GARCH!

I primi studi che hanno impiegato dei modelli GARCH multivariati in tematiche finanziarie sono quelli condotti da Kraft e Engle (1982), Bollerslev (1988), Engle e Kroner (1995), i quali hanno sollevato una serie di difficoltà tecniche nel loro impiego, tra le quali si ricordano i problemi dimensionali della matrice di covarianza, e nella definizione positiva della stessa. All’interno dei modelli GARCH multivariati, relativamente a quelli a correlazione condizionale costante (CCC) il riferimento nella letteratura è rappresentato da Bollerslev (1990). Tale modello è stato poi esteso poi da Engle (2002) che, mantenendo la stessa scomposizione della matrice di covarianza, ha ipotizzato una struttura di correlazione condizionale, questa volta, dinamica (DCC). Una prima accelerazione nello sviluppo dei modelli GARCH è quella introdotta da Bauwens (2006), che ha avviato un processo di innovazione grazie al quale ci sono stati importanti passi in avanti nella letteratura dei modelli GARCH multivariati; recentemente sono stati proposti molti parametri del modello DCC, tra i quali c’è anche il nuovo parametro introdotto da Cappiello che tiene conto degli effetti di assimmetria. Nel 2009 Billio e Caporin, introducono una struttura BEKK per la correlazione condizionale. Una seconda svolta nella ricerca è arrivata con l’introduzione nel modello DCC di un processo markow-switching (MS), per catturare improvvise variazioni dei parametri del modello; nel 2006 Pelletier estende il modello CCC assumendo dinamiche MS per la matrice di correlazione, e nel 2005 Billio e Caporin, modificano il modello DCC introducendo un processo MS nella matrice di correlazione non condizionale e per i parametri DCC. Degli ultimi anni infine, sono le innovazioni proposte da Galeano e Ausin (2010), che realizzano un modello DCC con una distribuzione gaussiana mista per le innovazioni standardizzate, e da Creal (2011) che introduce una nuova classe di modelli DCC con una correlazione dinamica basata su un punteggio autoregressivo generalizzato.!

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2.1.2 Letteratura sui modelli SV!

L’altra tipologia di modelli impiegata per spiegare fenomeni finanziari, come quelli di nostro interesse, oltre ai modelli di tipo GARCH, è quella dei modelli di volatilità

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stocastica (stochastic volatility model o SV). Seppur presenti in una letteratura meno vasta rispetto a quella dei modelli GARCH, questi modelli grazie alle proprie caratteristiche hanno comunque sempre ricoperto un ruolo primario nella ricerca; la peculiarità più evidente dei modelli SV, per cui si fanno preferire ai modelli GARCH, è senza dubbio la maggior flessibilità di questo tipo di struttura, in quanto essa prevede dei processi di innovazione distinti per la media condizionale e per la varianza condizionale delle osservazioni. Va detto infatti che l’utilizzo di disturbi specifici di varianza, avviene relativamente alle variabili latenti, e questo risulta molto importante ai fini delle procedure inferenziali, come ad esempio la simulazione basata sull’inferenza Bayesiana. In questo ambito importanti contributi sono arrivati da Taylor (1986) e da Taylor e Jacquier (1994), che introducono procedure di inferenza bayesiana per modelli SV; a partire dal 1998 viene esteso il modello SV bayesiano base, prima supponendo che la volatilità logaritmica abbia una dinamica autoregressiva Markow-Switching (MS) e poi, nel 2002, ipotizzando un processo autoregressivo di soglia per la volatilità logaritmica. Jacquier (2004) successivamente propone un modello SV univariato, consentendo delle innovazioni a code spesse (fat-tail) nell’equazione di misura e introducendo l’effetto leva, attraverso la correlazione tra le innovazioni di media e varianza. Al fine di cogliere le dipendenze e gli effetti di spillover (cioè di trasmissione del contagio) tra la volatilità delle diverse variabili, i risultati dei modelli ottenuti nel caso univariato sono state estese con successo a un approccio di tipo multivariato per la prima volta da Harvey (1994). Come nel caso dei modelli univariati, la letteratura relativa ai modelli di volatilità stocastica multivariati (MSV) è molto più limitata rispetto a quella presente per i modelli GARCH multivariati, principalmente a causa delle difficoltà di stima dei parametri e ai problemi di stima della matrice di volatilità latente.!

Tra le principali novità degli ultimi anni relative ai modelli MSV, si ricordano quelle proposte da Aguilar e West (2000) e Chib (2006), che introducono i modelli MSV fattoriali per ridurre i problemi di inferenza di tipo dimensionali, e Chan (2005), che introduce i modelli MSV con effetto leva; Liesenfeld e Richard (2003) invece discutono metodi di inferenza efficienti per i modelli MSV. Una rassegna completa di modelli MSV è quella disponibile grazie agli studi di Asai (2006)e di Yu e Meyer (2006) che contiene diversi modelli MSV generali, tra cui la causalità di Granger nella volatilità, le correlazioni varianti nel tempo e la distribuzione degli errori a heavy-tailed. Clark (2011) e Clark e Ravazzolo (2012) invece, si sono occupati dello studio della capacità di quelli modelli di fornire previsioni accurate della densità.!

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Tutti i modelli MSV di cui si è detto sopra assumono una correlazione costante (CC) tra le variabili, caratteristica però, che sembra andare contro l’evidenza empirica, almeno per quanto riguarda le serie finanziarie e le analisi dei fenomeni che si sviluppano nei mercati finanziari. Recenti contributi hanno posto perciò l’attenzione su nuove classi di modelli, caratterizzate da una struttura di correlazione stocastica e variante nel tempo.

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In letteratura ci sono due tipi di approcci che introducono la correlazione dinamica (DC) nei modelli MSV. Il primo approccio presuppone che la matrice di covarianza sia funzione di un processo Wishart, prevede cioè che le varianze e la struttura di correlazione implicita varino in modo stocastico nel tempo; in questo ambito Gourieroux (2004) introduce un processo Wishart autoregressivo per la matrice di covarianza, mentre Philipov e Glickman (2006) e Asai e McAleer (2009) ipotizzano che la matrice inversa di covarianza segua una distribuzione di Wishart condizionale sulle informazioni passate. Nel secondo approccio invece il vettore delle volatilità e la matrice di correlazione hanno una loro specifica dinamica, consentendo così una più flessibile rappresentazione delle dipendenze tra serie temporali; questo tipo di modello è stato studiato da Asai e McAleer (2005). Yu e Meyer (2006) che hanno introdotto un modello SV bivariato con una correlazione stocastica basata sulla trasformata di Fisher (vedere anche Amisano e Casarin 2007 per la discussione sulle modalità alternative di modellazione delle correlazioni stocastiche in contesti bivariati). Asai e McAleer (2009) invece hanno proposto nuovi modelli DC-MSV, fornendo un confronto in termini di numero di parametri con i modelli MSV già esistenti al momento dello studio.!

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Un tema che, ad oggi, sembra continuare a suscitare grande interesse in letteratura è quello dell’ introduzione di elementi di discontinuità nei modelli di correlazione dinamica. A questo proposito, relativamente ai modelli soglia, So e Choi (2008) hanno esteso il quadro dei modelli SV soglia esistenti, ampliandoli al contesto multivariato. A questo è seguito, il recentissimo studio di Casarin, Sartore e Tronzano (2013) con cui è stato introdotto nei modelli di correlazione stocastica un approccio di tipo Markov-Switching, che attualmente sembra essere tra le più innovative ed attuali applicazioni econometriche in ambito finanziario; con tale applicazione dunque, Casarin, Sartore e Tronzano (2013), hanno deciso di colmare una lacuna che risultava ancora presente in letteratura, e hanno deciso di farlo mediante un approfondimento relativo ai tassi di cambio e alle implicazioni sul rischio di contagio. Per completezza di informazione va detto che a loro volta, nel loro modello, Casarin, Sartore e Tronzano (2013) hanno preso a riferimento altri modelli base che sono quelli proposti da Asai e McAleer (2009), caratterizzati da delle dinamiche indipendenti per la correlazione e la volatilità, e quello implementato da Casarin e Sartore (2007) che tratta l’estensione MS dei modelli Philipov e Glickman (2006) e Gourieroux (2004).!

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Nel loro lavoro dunque, Casarin, Sartore e Tronzano (2013) hanno voluto sviluppare nuovi modelli SV multivariati, includendo una dinamica discontinua nella struttura di correlazione, attraverso un processo Markov-switching. Dopo aver delineato una procedura di inferenza Bayesiana, il modello realizzato è stato impiegato per indagare l’esistenza di contagio finanziario tra i principali tassi di cambio sul dollaro americano, dall’inizio dell’unione monetaria europea al 2013. Il contributo alla letteratura che

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questo lavoro ha dato è stato duplice: in primo luogo, dal punto di vista econometrico, c’è stata un’estensione del modello MS di Pelletier (2006), in cui le correlazioni sono costanti, permettendo ai parametri delle dinamiche di correlazione di dipendere da una catena di Markov latente, e sono stati migliorati i modelli di correlazione autoregressivi continui di Asai e McAleer (2009); in secondo luogo, l’altro contributo deriva dal fatto di proporre un procedimento di inferenza, basato sulla catena di Markov Monte Carlo, per la stima congiunta dei parametri di media, di varianza e covarianza e del processo latente. La caratteristica di originalità del lavoro di Casarin, Sartore e Tronzano (2013) deriva dall’applicazione del modello al tema del contagio relativamente al mercato dei cambi; fino a quel momento infatti gran parte della letteratura che aveva studiato il contagio sul mercato dei cambi, attraverso modelli SV, lo aveva fatto relativamente alle valute asiatiche (Dungey et al. ( 2004), Horen et al. ( 2006) , Tai ( 2007)), e quando era stato fatto in rapporto al dollaro statunitense erano stati usati semplici modelli DCC, senza tener conto, inoltre, dei potenziali effetti di contagio sui mercati valutari derivanti dalla recente crisi finanziaria degli USA (2007-2008) e della crisi del debito sovrano europeo (2009-2011). In questa ottica dunque, tale lavoro ha contribuito in modo consistente alla letteratura, studiando e ponendo l’attenzione su alcuni principali tassi di cambio verso il dollaro statunitense, e cercando di mettere in evidenza i principali cambiamenti nella volatilità e nelle strutture di correlazione in riferimento ai recenti shock finanziari.!

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2.2! I modelli econometrici di riferimento!

Negli ultimi decenni, l’interesse per i modelli, che analizzano serie di dati temporali con varianza variabile, è aumentato esponenzialmente, in quanto si è visto che la maggior parte dei dati finanziari mostrano una volatilità che varia nel tempo e quindi necessitano di questo tipo di modelli per essere studiati e rappresentati; ad oggi, quella quella in ambito finanziario, risulta essere una delle principali applicazioni dei modelli con varianza variabile. Nella realtà le distribuzioni empiriche delle serie storiche di dati finanziari differiscono in modo sostanziale da quelle ottenute dal campionamento di variabili gaussiane (omoschedastiche indipendenti, iid); in primo luogo, le funzioni di densità condizionali mostrano assimmetria e leptocurtosi e, inoltre, le serie storiche dei rendimenti finanziari mostrano segni di volatility clustering (raggruppamento della volatilità); infine i quadrati dei rendimenti sono caratterizzati da una pronunciata correlazione seriale, a differenza di quanto accade nei processi che determinano l’andamento dei rendimenti nei quali, invece, viene rilevata poca o nessuna dipendenza seriale. Sono queste dunque, le evidenze empiriche che dimostrano che il comportamento di una serie finanziaria può essere spiegato da un modello in grado di

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tenere conto della natura, variante nel tempo, della volatilità del rendimento. Il modello base a cui si fa riferimento è un modello di questo tipo:!

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dove yt rappresenta il rendimento di un asset finanziario.!

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Uno dei modi che comunemente si usano per modellare σt, è quello di esprimerlo come una funzione deterministica dei quadrati dei residui ritardati; strutture econometriche di questo tipo sono definite come modelli ARCH, e hanno raggiunto una grande popolarità nel campo della ricerca empirica applicata (Bollerslev, Chow e Kroner(1992), Bollerslev, Engle e Nelson (1993), Bera e Higgins (1993)). Una modalità alternativa per modellare la volatilità è quello di farlo utilizzando una componente non osservata, seguendo cioè un processo stocastico latente, che può essere per esempio un’autoregressione; i modelli risultanti da un approccio di questo tipo, sono detti modelli di volatilità stocastica (SV) e sono stati al centro dell’attenzione soprattutto negli ultimi anni (Taylor (1994), Ghysels, Harvey e Renault (1996) e Shephard (1996)).!

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I modelli SV presentano due principali vantaggi rispetto ai modelli ARCH; il primo vantaggio è quello di avere un solido background teorico, in quanto possono essere interpretati come versioni discrete dei modelli continui di volatilità stocastica, mutuabili dalla teoria della finanzia moderna (Hull e White (1987)). Il secondo vantaggio, non meno importante, è la loro capacità di generalizzare situazioni multivariate, partendo da una impostazione univariata, in modo molto più naturale, per quanto riguarda sia la stima che l’interpretazione dei risultati. D’altro canto però, lo svantaggio di impiegare un modello SV piuttosto che un modello ARCH, deriva dalla maggiore difficoltà di stima del modello SV in quanto non è sempre facile ricavarne l’esatta funzione di verosimiglianza; va detto comunque che, a questo scopo, stati proposti diversi metodi econometrici per risolvere il problema della stima in modelli SV. La letteratura relativa ai modelli SV è stata ampliata notevolmente negli ultimi dieci anni, raggiungendo proporzioni importanti, anche se non paragonabili a quella relativa ai modelli GARCH; un riferimento importante in questa sede è quello dato da Shepard (1995), che con il suo lavoro ha dato un grosso contributo alla ricerca relativamente ai modelli SV.!

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2.2.1!Modelli a volatilità variabile!

Sulla base degli studi compiuti da Cox (1981) e Shephard (1996), si possono distinguere i modelli a volatilità variabile in due categorie: i modelli basati sulle osservazioni e i modelli basati sui parametri. !

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In linea di principio, entrambi possono essere espressi nella loro forma generale come segue:!

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dove µt spesso è uguale a zero.!

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Modelli a volatilità variabile basati sulle osservazioni!

Nella prima classe di modelli a volatilità variabile che consideriamo, cioè quelli basati sulle osservazioni, zt è una funzione dei valori ritardati di yt. I modelli più rappresentativi

dei modelli basati sulle osservazioni sono quelli introdotti da Engle (1982) e sono i modelli autoregressivi condizionali eteroschedastici, cosiddetti modelli ARCH; questi modelli sono caratterizzati dal fatto di descrivere la varianza come funzione lineare dei quadrati delle osservazioni passate:!

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e quindi il modello è definito dalla densità condizionale (previsione one-step-ahead) che segue:!

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dove Yt-1 è l’insieme di osservazioni fino al tempo t-1. !

Questo permette alla varianza al tempo t, di dipendere dalla variabilità delle osservazioni recenti, e quindi è necessario e sufficiente un solo shock per influenzare sia la volatilità che la serie stessa. L’utilizzo di modelli spiegati dalla loro stessa previsione one-step-ahead, come quello che abbiamo appena visto, offre dei vantaggi che meritano di essere evidenziati; in primo luogo risulta molto semplice definire la funzione di verosimiglianza combinando tra loro le funzioni di densità, il che rende semplici da maneggiare sia la stima che la verifica (questo almeno in via teorica). In secondo luogo, le densità condizionate implicano l’utilizzo dei momenti condizionali, i quali vengono ampiamente utilizzati nella specificazione delle teorie finanziarie, anche se qui rientrano dei meccanismi che riguardano più l’ambito economico finanziario che quello econometrico. Infine, i modelli basati sulle informazioni, mettono in relazione modelli autoregressivi con modelli a media mobile che sono utilizzati all’interno dei modelli a media variabile.!

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Modelli a volatilità variabile basati sui parametri!

La seconda classe di modelli a volatilità variabile è quella dei modelli basati sui parametri, nei quali zt è una funzione di una componente non osservabile o latente; il

più semplice e noto esempio di modelli basati sui parametri è il modello di volatilità stocastica log-normalecreato da Taylor (1986), la cui definizione è la seguente:!

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21

In the first class, i.e. in observation-driven models, zt is a function of lagged values of yt. The autoregressive conditional heteroskedasticity (ARCH) models introduced by Engle (1982) are the most representative example of observation-driven models. They describe the variance as a linear function of the squares of past observations

2 2 1 1 0 2 ... p t p t t y y

and so the model is defined by the conditional density (one-step-ahead forecast density) 2 1 0 t t tY ~N , y

where Yt 1 is the set of observations up to time t-1. This allows today’s variance to depend on the variability of recent observations and then one type of shock alone drives both the series itself and its volatility.

The use of models described by their one-step-ahead forecast offers remarkable advantages that are worth being highlighted. First, the likelihood expression can be simply obtained by combining these densities, making the estimation and testing easy to handle, at least in principle. Second, conditional densities imply the use of conditional moments which are used widely to specify finance theory, although this one is conditional to economic agents’, if not the econometricians’, information. Finally, the observation-driven models parallel the autoregressive and moving average ones which are commonly used for models of changing means.

In the second class, i.e. in parameter-driven (or parameter dynamic latent variable or state space) models, zt is a function of an unobserved or latent component. The log-normal stochastic volatility model created by Taylor (1986) is the simplest and best-known example: 2 1 , 0, , exp 0, h h h ~NID ~N h yt t t t t t t (1)

where ht represents the log-volatility, which is unobserved but can be estimated using the observations. With respect to the previous class, these models are driven by two types of shock, one of which influences the volatility (i.e. conditional variance equations). These models parallel the Gaussian state space models of means dealt with by Kalman (1960).

In spite of this, a shortcoming of parameter-driven volatility models is that they generally lack analytic one-step-ahead forecast densities ytYt 1, unlike the models of the mean which fit into the Gaussian state space form. Hence either an approximation or a numerically intensive method is required to deal with these models.

Although SV models are harder to handle statistically than the corresponding observation-driven models, there are still some good reasons for investigating them. We will see that their properties are easier to find, understand, manipulate and

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in cui ht rappresenta la volatilità logaritmica, che è una variabile inosservata ma che

può essere stimata attraverso le osservazioni; il modello a volatilità stocastica (SV) risulta dunque il modello di riferimento per quanto riguarda i modelli a volatilità variabile, basati sui parametri. Rispetto alla classe di modelli precedente basata sulle osservazioni, i modelli basati sui parametri sono influenzati da due tipologie di shock, uno dei quali che va ad influenzare solamente la volatilità, e uno diverso che va ad interferire sulla serie temporale dei dati. Nonostante ciò, uno dei principali difetti dei modelli basati sui parametri è che di solito viene a mancare la densità analitica (previsione one-step-ahead ) yt|yt-1, a differenza dei modelli in media, che possono

essere adattati nella forma Gaussiana. Risulta quindi necessaria una approssimazione, o un metodo numerico intensivo, per poter implementare questi modelli.!

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Sebbene i modelli SV siano più difficili da gestire statisticamente, rispetto ai corrispondenti modelli basati sulle osservazioni, ci sono ancora alcune buone ragioni per studiarli; le loro proprietà sono più semplici da trovare, sono inoltre dei modelli più semplici da capire e da manipolare, e hanno una generalizzazione al caso multivariato più intuitiva da realizzare. Inoltre la loro rappresentazione continua nel tempo è più semplice da gestire e, vista la grande diffusione di quest’ultima caratteristica nella finanza moderna, questa risulta essere una peculiarità molto importante per un modello econometrico da utilizzare in ambito finanziario. A questo proposito si può citare il lavoro di Hull e White (1987) in cui viene utilizzato un modello SV log-normale, e si va a sostituire un modello AR(1) discreto nel tempo per ht, con un processo

Ornstein-Uhlenbeck.!

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Nello studio oggetto di questo lavoro, si è deciso di implementare un modello di volatilità stocastica in quanto, nel computo dei pregi e difetti di entrambi i modelli, e in un’ottica di opportunità di ricerca e di letteratura, è il modello che è risultato più interessante ed affine allo studio in essere; dopo aver dato dei cenni da un punto di vista tecnico sulle due tipologie di modelli, dopo averne analizzato brevemente le più significative differenze, e aver ripercorso la storia di entrambi, l’attenzione si focalizza ora sul modello che si è deciso di impiegare. Si a andrà dunque a vedere nel dettaglio la definizione, la stima e l’estensione al caso multivariato del modello econometrico di volatilità stocastica a livello generale; si proseguirà inoltre definendo il campo di ricerca, analizzando le motivazioni tecniche e di letteratura che hanno portato all’adozione di questo determinato percorso, per poi addentrarci infine nel caso specifico.!

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2.2.2 Modelli a volatilità stocastica!

Nei modelli a volatilità stocastica la volatilità dipende da alcune componenti non osservabili o da una struttura latente; una prima possibile strada che si può intraprendere per interpretare l’ ht latente, è quella di cercare di rappresentarla come

un flusso irregolare e casuale di nuove informazioni, visto che risulta molto difficile modellarla direttamente, soprattutto quando viene impiegata in finanza (Clark (1973)). Il più popolare modello a volatilità stocastica, modello a volatilità variabile basato sui parametri per l’appunto, è quello di Taylor (1986), che può essere espresso come segue:!

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!

!

dove ɛt e ηt sono due processi white noise gaussiani indipendenti, con varianza

rispettivamente pari a 1 e σȠ2. Essendo ηt gaussiano, questo modello viene definito

modello SV log-normale.!

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Un’altra possibile direzione per interpretare ht è quella di definire il regime in cui i

mercati finanziari operano, e descrivere dunque ht come una variabile stimata discreta.

L’approccio più diffuso per modellare i cambiamenti di regime nell’ambito dei modelli SV è quello relativo alla classe di modelli Markov switching, che sono stati introdotti nella letteratura econometrica da Hamilton (1989). In questo caso il modello base di riferimento è il seguente:!

!

!

!

dove st è una catena di Markov di primo ordine, a due stati, che può assumere i valori

0,1 ed è indipendente da ɛt. !

Il valore della serie temporale st, per tutti i valori di t, dipende esclusivamente dagli

ultimi valori di st-1 cioè per i,j=0,1.!

!

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Le probabilità (Pij)i,j=0,1 sono chiamate probabilità di transizione del passaggio da uno

stato all’altro. Ovviamente otteniamo che:!

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e tali probabilità di transizione sono raccolte nella matrice di transizione P seguente:!

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!

!

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tale matrice descrive completamente la catena di Markov.!

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Una catena di Markov a due stati, può essere facilmente rappresentata da un processo AR(1) come segue :!

!

dove vt = st-E( st|st-1,st-2,...). Sebbene vt possa assumere solo un insieme finito di valori,

il suo valore medio è pari a zero. vt è quindi una successione che viene detta differenza

di martingala.!

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Data la rappresentazione autoregressiva della catena di Markov, è possibile riscrivere l’equazione di volatilità del modello (3) nel modo seguente:!

! !

!

!

il modello di volatilità stocastica a volatilità discreta ha dunque la stessa struttura del ! modello (2) ma con un rumore che può assumere solamente un insieme finito di valori:!

!

!

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Modelli SV a volatilità continua!

Consideriamo ɛt e ηt indipendenti, processi white noise e Gaussiani. Le proprietà del

modello (2) sono state per la prima volta discusse da Taylor (1986) e Taylor (1994), ma va considerato a questo proposito anche l’importante contributo di Shephard (1996). In generale, data la natura del processo, le proprietà del modello sono facili da ricavare, è la stima invece che risulta sostanzialmente più difficile da ricavare rispetto a quanto avviene per i modelli ARCH corrispondenti.!

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Essendo ηt Gaussiana, ht è un’autoregressione Gaussiana standard e sarà dunque

stazionaria (in covarianza e strettamente) se |β| <1 con:! !

!

!

!

Essendo ɛt sempre stazionario, yt sarà anch’esso stazionario se e solo se ht è

stazionario, essendo yt il prodotto di due processi stazionari. Usando le proprietà delle

distribuzioni log-normali, tutti i momenti esistono se ht è stazionario, e in particolare la !

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curtosi è:!

!

!

!

questo dimostra che il modello SV ha code più spesse rispetto alla corrispondente distribuzione normale, e tutti i modelli dispari sono pari a zero.!

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Le proprietà dinamiche di yt sono facili da trovare; in primo luogo, essendo ɛt un

processo iid, yt è una differenza di martingala, ed è un processo white noise se |β| <1.

Essendo ht è un processo gaussiano AR(1) si ottiene che:!

! !

!

!

e così:!

!

!

!

!

Quindi la memoria di yt è definita dalla memoria di ht latente, che in questo caso è un

processo AR(1). Inoltre si noti che se β<0, ρy2t(r) può essere negativo, a differenza di

quanto avviene nei modelli ARCH. Questa è la funzione di autocorrelazione di un processo ARMA (1,1), e quindi il modello SV si comporta in modo analogo ad un modello GARCH (1,1). Infine ricordiamo che non vi è alcuna necessità di vincoli di non negatività, né di vincoli di curtosi delimitata sui coefficienti, e questo è senz’altro un grande vantaggio rispetto ai modelli GARCH.!

!

Relativamente alle proprietà dinamiche del modello SV, esse possono essere ottenute attraverso i quadrati e i logaritmi, da cui si ottiene:!

!

!

!

Questo è un processo lineare, che aggiunge un elemento iid, cioè log(ɛ2t), al processo AR(1) di ht, da cui risulta quindi che log(y2t) ~ARMA(1,1). Se ɛt è gaussiana, allora

log(ɛ2t) ha una media pari a -1.27 e varianza π2/2 (4,93); tuttavia la sua distribuzione è

lontana dall’essere una normale, essendo infatti fortemente asimmetrica e con una coda sinistra molto lunga, e questo è causato dal fatto che vengono considerati i logaritmi di numeri molto piccoli, operazione questa che genera diversi outliers. !

!

!

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La funzione di autocorrelazione per log(y2t) è:!

!

!

!

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Modelli SV con volatilità discreta!

Consideriamo ora una catena di Markov a due stati, con st indipendente da ɛt , e ɛt

considerato processo white noise Gaussiano. Si assume la stazionarietà, e la probabilità non condizionata relativa al regime 0 (P (st = 0) = π0) o 1 (P (st = 1) = π1) è

definita come segue:!

!

!

con π0 + π1 = 1; in forma vettoriale la stessa definizione può essere scritta come segue:!

!

!

!

!

dove 1=(1.1)’. Si ottiene che:!

!

!

!!

Dalla definizione di b nell’equazione (5), si può notare che quando p00+p11>1 il

processo ht è destinato a persistere nel suo stato attuale, e sarebbe positivamente e

serialmente correlato. !

I suoi momenti non condizionali sono:! !

!

!!

Sotto la condizione di stazionarietà, allo stesso modo in cui avviene per il modello SV a volatilità continua, esistono tutti i momenti, tutti i momenti dispari sono pari a 0 e la curtosi è la seguente:!

!

!

!

!

Inoltre, essendo ɛt è iid, yt è una differenza di martingala e le sue proprietà dinamiche

sono descritte dalle covarianze dei quadrati come segue:!

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