(ordinamento ex D.M.270/2004)
In Sviluppo Interculturale dei Sistemi
Turistici
Tesi di Laurea
Paesaggio rurale e
turismo: opportunità di
sinergie in un’area
lombarda
Relatore
Ch. Prof. Giovanna Trevisan
Laureanda
Serena Fumagalli
Matricola 845621
Anno Accademico
2014/ 2015
INDICE
INTRODUZIONE………...………...1
CAPITOLO 1: I NUOVI TURISMI NELL'OTTICA DELLA TUTELA AMBIENTALE E DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE...5
1.1 L’evoluzione della domanda turistica in Italia: dal “Grand Tour” ai “Turismi del Terzo Millennio”………...5
1.2 Il concetto di "Turismo Sostenibile"... ..16
1.3 Il Turismo della Natura in Italia...25
1.4 L’Ecoturismo...30
1.5 Il Turismo rurale...35
1.6 Le sinergie tra turismo, agricoltura e ambiente rurale...40
CAPITOLO 2: IL PAESAGGIO COME ATTRATTIVA TURISTICA E NUOVA OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO LOCALE ... 46
2.1 L’eterogeneità concettuale del paesaggio………...………..46
2.1.1 I valori del paesaggio………...……….50
2.2 Il paesaggio rurale………...……….54
2.3 Il ruolo del paesaggio tra identità, bene di fruizione e chiave di sviluppo rurale…...………59
2.4 La Convenzione Europea del Paesaggio………...………63
2.5 L’evoluzione normativa in Italia: dalla “Legge Galasso” al “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”………...………68
2.6 Gli interventi della Politica Agricola Comune sui paesaggi rurali...………….71
CAPITOLO 3: IL PAESAGGIO RURALE LOMBARDO...80
3.1 Inquadramento storico e geografico………...……….………80
3.2 L’evoluzione del paesaggio rurale………...………..82
3.3 Le tipicità del sistema agroalimentare………...………..………...88
3.4 La diversificazione dell’economia rurale: il turismo del paesaggio…………...….91
3.5 La disciplina giuridica del paesaggio in Lombardia………...………92
3.6 La tutela e la valorizzazione del paesaggio nel Programma di Sviluppo Rurale………...………98
CAPITOLO 4: I DISTRETTI RURALI: INTEGRAZIONE DI RISORSE E CRESCITA
COLLABORATIVA………..105
4.1 Il “Distretto Rurale Valle dell’Adda”…………...………..114
4.1.1 La struttura organizzativa………...……….116
4.1.2 L’obiettivo strategico comune………...………118
4.1.3 Il Distretto in vista di Expo Milano 2015...120
CAPITOLO 5: PROGETTI DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO E DI SVILUPPO TURISTICO IN BRIANZA ... 123
5.1 Il Programma per lo Sviluppo Economico e la Competitività del Sistema Lombardo………...……….…123
5.1.1 Il Programma d’Azione 2014: attrattività e competitività dei territori……...…127
5.2 “EcoSmartLand. Lecco Eco Smart City. Verso e oltre Expo 2015”………...…….130
5.2.1 Il contesto territoriale....………...………130
5.2.2 Il Progetto……...………132
5.2.3 I Laboratori di intervento…...……….136
5.2.3.1 Lab. Lecco ICT -‐ Information Communication Technology………..136
5.2.3.2 Lab. Lecco Mountains………...………..137
5.2.3.3 Lab. Lecco Food System………...……….137
5.2.3.4 Lab. Lecco Innovation………...……….138
5.2.3.5 Lab. Lecco Culture………...……….139
5.3 Il Consorzio “Brianza che nutre"………...…………..………140
5.3.1 Il contesto territoriale della Brianza………...……….140
5.3.2 Gli obiettivi del Consorzio...………...……….144
5.3.3 Il Club di prodotto di qualità………...………..146
5.3.4 La Piattaforma Web………...……….148
5.4 L’Ecomuseo del Distretto dei Monti e dei Laghi Briantei………...…………..150
5.4.1 L’origine dell’ecomuseo………...………….150
5.4.1.1 L’interpretazione del paesaggio………...………..153
5.4.2 Gli ecomusei nella Regione Lombardia………...……..154
5.4.3 Il progetto “Ecomuseo del Distretto dei Monti e dei Laghi Briantei”……...……157
5.4.3.1 Gli Itinerari dell’ecomuseo………...………..160
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE………...………..…..167
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI...………..……….172
ALTRI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI...176
SITOGRAFIA...181
INTRODUZIONE
Nel presente elaborato è analizzato il ruolo strategico del territorio rurale in cui è possibile attivare sinergie tra gli attori locali volte a valorizzare le caratteristiche peculiari e accrescere la competitività. Il carattere multifunzionale assunto dall’attività agricola individua nel paesaggio rurale, inteso come rappresentazione dell’identità e delle tradizioni storiche della comunità, l’occasione di tutela ambientale e diversificazione economica.
Nella prima parte dell’elaborato è analizzata la complessità concettuale del paesaggio che può essere considerato come un prodotto immaginario della mente umana, influenzato da mediatori fisiologici, sociali e culturali. Nell’individuare una definizione univoca al concetto di paesaggio è presa in analisi la Convenzione Europea del Paesaggio, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 19 luglio 2000, che riconosce nel paesaggio una parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione dei fattori naturali e antropici. In questa occasione il paesaggio è condiviso dagli Stati membri come un’entità autonoma, un bene pubblico degno di tutela giuridica indipendentemente dal livello di pregio o di degrado.
Il lungo processo di tutela giuridica del paesaggio nella normativa italiana subì un’accelerazione in seguito ai principi stabiliti dalla Convenzione Europea del Paesaggio, cui seguì l’emanazione nel 2004 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, con una grande portata innovativa: il paesaggio entrò definitivamente a far parte del patrimonio culturale italiano, degno di tutela per il valore identificativo, simbolo dell’evoluzione storica delle comunità.
La tutela paesaggistica e quella ambientale furono protagoniste dei dibattiti internazionali che presero avvio dagli anni Sessanta in conseguenza dell’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, con effetti negativi sulle biodiversità e sull’uomo.
Nel 1992 in occasione della Conferenza di Rio de Janeiro fu formulato e condiviso universalmente il concetto di “sviluppo sostenibile” al fine di incentivare le comunità ad assumere stili di vita rispettosi dell’ambiente e le istituzioni nazionali a predisporre piani di tutela sostenibili.
Sin dal principio delle politiche di tutela ambientale l’attività turistica fu considerata uno dei principali fattori di alterazione dell’ambiente; per questa ragione, negli anni Novanta, si susseguirono diversi incontri istituzionali a livello mondiale per definire il paradigma di “sviluppo turistico sostenibile” che portarono alla redazione della “Carta per il turismo sostenibile” e l’ “Agenda 21 per l’industria del turismo”. Nel 1998 l’Organizzazione Mondiale del Turismo delineò una definizione univoca di “turismo sostenibile”, inteso come l’insieme di attività volte a soddisfare le esigenze dei turisti, in grado di conservare le risorse naturali e culturali, nel rispetto dell’ecosistema e delle comunità locali.
Sulla base della condivisione unanime del concetto di sviluppo sostenibile sono state prese in analisi le nuove domande di turismo, che vedono il progressivo abbandono delle caratteristiche consumistiche e standardizzate tipiche del turismo di massa. Il cosiddetto “Turismo della Natura” individua la qualità dell’esperienza turistica nell’osservazione delle risorse naturali e culturali di un territorio attraverso le quali scoprire l’autenticità, le origini e le tradizioni di una località.
Fino agli anni Sessanta le campagne agricole erano considerate come luoghi marginali, in ritardo di sviluppo, la cui unica funzione era di produzione delle derrate alimentari, ma è proprio sulla base della diffusione dell’attività turistica della natura, in cui sono riconducibili l’ “ecoturismo”, il “turismo rurale” ed “enogastronomico”, che è identificato il valore multifunzionale delle aree rurali.
L’obiettivo del presente elaborato è di esaltare il carattere innovativo e multifunzionale delle aree rurali in cui, attraverso un approccio endogeno e partecipativo di tutti gli attori locali (istituzioni, imprese e cittadini privati), è
possibile attivare politiche strategiche di sviluppo turistico, in grado di rivitalizzare le economie locali.
Ho deciso di approfondire il rapporto sinergico tra il paesaggio rurale e il rispettivo territorio sull’interesse verso alcuni progetti innovativi di sviluppo competitivo, localizzati nell’area territoriale della Brianza, in Lombardia.
La seconda parte dell’elaborato è dedicata all’analisi del paesaggio rurale e del comparto agroalimentare della Regione Lombardia, mettendo in luce le politiche intraprese nel corso degli ultimi decenni per tutelare il profilo storico ed identitario delle campagne agricole.
Ho individuato nel “Distretto Rurale Valle dell’Adda”, riconosciuto dalla Regione Lombardia nel 2013, uno strumento utile per aggregare le imprese del territorio. Il Distretto Rurale è inteso come una struttura produttiva locale caratterizzata da un elevato numero di piccole-‐medie imprese con attività economiche diversificate, che cooperano al fine di accrescere la propria competitività sul mercato, impegnandosi al contempo nella tutela di un insieme di valori legati al paesaggio, alle tradizione e allo stile di vita del territorio.
Nell’ultimo capitolo ho preso in analisi tre progetti di sviluppo turistico e di valorizzazione delle peculiarità del territorio circostante il Lago di Como che si caratterizza per bellezze paesaggistiche di grande pregio e attrattive storiche, culturali ed enogastronomiche.
In previsione dell’evento di interesse mondiale di Expo Milano 2015 che condurrà milioni di turisti provenienti da ogni parte del mondo nel territorio lombardo, il progetto “EcoSmartLand Lecco Eco Smart City” è stato ideato come un laboratorio territoriale di innovazione partecipata per aggregare gli attori locali, pubblico e privati, al fine di accrescere la visibilità e rilanciare la competitività economica, culturale e paesaggistica con politiche strategiche di lungo periodo. Con un simile obiettivo, è stato avviato nel cuore del territorio brianteo il consorzio “Brianza che nutre” per promuovere, attraverso un approccio di tipo bottom-‐up, le
eccellenze culturali, storiche, ambientali ed enogastronomiche attraverso la partecipazione attiva delle imprese e delle comunità locali. In ultimo luogo è analizzato l’ “Ecomuseo del Distretto dei Monti e dei Laghi Briantei”, un’istituzione territoriale innovativa che si prefigge, attraverso la cooperazione delle comunità locali, degli enti pubblici e privati, di tutelare la memoria storica e le tradizioni del territorio e, attraverso svariati itinerari, può rappresentare una singolare attrattiva turistica.
CAPITOLO 1
I NUOVI TURISMI NELL’OTTICA DELLA TUTELA AMBIENTALE E
DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE
1.1 L’evoluzione della domanda turistica in Italia: dal “Grand Tour” ai
“Turismi del Terzo Millennio”
Nel 1994 l’Organizzazione Mondiale del Turismo1 e la Commissione Statistica
delle Nazioni Unite definirono il turismo quale “attività delle persone che viaggiano
verso luoghi diversi dal proprio ambiente abituale, (...), a scopo di svago, affari o per motivi diversi dall’esercizio di un’attività remunerata all’interno dell’ambiente visitato”; per la prima volta gli esperti del settore turistico si accordarono su una
definizione univoca di quest’attività che affonda le sue origini in tempi molto antichi. Ai primi albori della civiltà, gli unici spostamenti compiuti dagli uomini erano motivati da questioni meramente commerciali, politiche e militari; il primo popolo che iniziò a spostarsi dalle proprie terre fu quello dei greci stimolati dallo spirito colonizzatore, anche se, nella cultura ellenica, il viaggio vero e proprio era riservato agli eroi come esperienza individuale da compiere per la patria, per incrementare il proprio sapere e ottenere il riconoscimento di uomo saggio e venerabile. Il viaggio inteso come occasione di svago, più vicino alla concezione moderna di turismo, fu intrapreso per la prima volta dai romani, ritenuti i precursori della villeggiatura, le cui classi sociali benestanti abbandonavano le proprie dimore per passare del tempo nelle eleganti ville dislocate nelle località più belle dell’Impero Romano.
Fino all’Anno Mille in Europa vi era generale immobilismo: gli unici viaggi che venivano intrapresi avevano come destinazione la città di Roma che accoglieva gruppi di pellegrini in visita ai luoghi sacri della città santa; la forma più diffusa di
ospitalità durante questi viaggi era quella dei frati che nei monasteri offrivano ai viandanti vitto, alloggio e in molti casi anche cure mediche.
Con la cosiddetta “Rinascita dell’anno Mille”, e il conseguente superamento del periodo di crisi economica e di timore per l’avvento del nuovo millennio, il numero dei viaggi effettuati in Europa crebbe notevolmente grazie al dilagante desiderio di compiere esplorazioni verso terre lontane, di intraprendere missioni religiose, e di scoprire nuove culture e bellezze antiche.
Per molti secoli la penisola italiana riuscì a conservare un ruolo di estrema importanza come terra di crocevia del Mediterraneo e, grazie alle imprese di grandi esploratori come Marco Polo, Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci e Giovanni e Sebastiano Caboto, assunse un ruolo determinante nell’aprire la cultura europea verso culture e civiltà sconosciute. Grazie allo stimolo generato dalle missioni religiose e di esplorazione delle terre lontane, il numero dei viaggi crebbe notevolmente anche se per i secoli successivi venne abbandonato il fine ultimo di svago tipico del viaggio da diporto che aveva in parte caratterizzato gli spostamenti dei popoli antichi. (Jelardi A., 2012)
Con l’avvento del Rinascimento (XIV-‐XVI secolo) si registrarono i primi importanti cambiamenti grazie al diffuso risveglio culturale cui conseguirono grandi scoperte geografiche e innovazioni tecnologiche che permisero un netto miglioramento delle condizioni e dei mezzi di trasporto. Aumentò così la frequenza dei viaggi commerciali, dei pellegrinaggi ai siti sacri, delle missioni politiche e dei viaggi studio; questi ultimi in particolare divennero una vera e propria istituzione presso le famiglie più nobili di tutta Europa che, a partire dalla fine del XVII secolo, diedero vita alla pratica del “Grand Tour”, detto anche “Tour de Chevalier”: un completamento formale e volontario che i giovani rampolli aristocratici inglesi, francesi e tedeschi intraprendevano al fine di concludere l’esperienza formativa con un viaggio verso i luoghi fondanti della civiltà europea, visitando le rovine storiche,
entrando in contatto con i signori locali e studiando sotto la guida dei più importanti maestri delle università di Bologna o Padova.2 (Bernardi U., 1997)
Nel 1700, con il movimento dell’Illuminismo, le condizioni di trasporto migliorarono grazie all’introduzione in Francia delle prime carrozze leggere adatte a lunghi viaggi cui conseguì la creazione delle reti viarie, delle prime strutture ricettive e degli istituti culturali per rispondere alle prime domande di turismo. In questo periodo la Francia era il paese meglio organizzato dal punto di vista dell’offerta turistica grazie a buone strutture ricettive e un efficace sistema di trasporto; l’Italia invece si caratterizzava per un netto divario tra il centro-‐nord, con strade in buone condizioni e discrete locande, e il sud con strutture ricettive poco decorose e una diffusa delinquenza.
La svolta radicale nel settore dei viaggi in Italia avvenne nell’Ottocento in conseguenza della Rivoluzione Industriale che portò a importanti scoperte tecnologiche come l’invenzione del treno a vapore nel 1814, dell’automobile nel 1862, cui seguirono importanti progressi economici e sociali che generarono l’ascesa della nuova importante classe borghese, di un miglioramento delle condizioni sanitarie, e un notevole aumento di disponibilità economica e di tempo libero. In Europa si diffuse il cosi detto “viaggio da diporto” il cui obiettivo primario era l’esplorazione di attrazioni naturalistiche e scientifiche, ma anche quello di svago e divertimento nelle più attraenti città europee. (Jelardi A., 2012)
Grazie alle innovazioni ottocentesche, i viaggi divennero accessibili a segmenti di popolazione sempre più ampi, rendendo cosi necessaria l’organizzazione dei servizi turistici basilari come la pubblicazione delle prime guide turistiche contenenti informazioni pratiche sugli itinerari più richiesti.3 Nel 1841 l’imprenditore britannico
Thomas Cook lanciò il primo viaggio organizzato dalla cittadina di Leicester a quella di Loughborough, al costo di uno scellino in cui era compreso il viaggio in treno e il
2 In Italia le città predilette dai giovani aristocratici erano quelle di Milano, Venezia, Padova, Bologna,
Firenze, Roma e Napoli. Il fenomeno del “Grand Tour” terminò in occasione della Rivoluzione Francese che rese per lungo tempo pericolosi i viaggi attraverso il continente percorso dalle armate napoleoniche.
3 La prima guida turistica fu la “Baedeker” pubblicata in Germania nel 1827, utile principalmente ai
vitto, che divenne il simbolo dell’invenzione del turismo moderno. Con la nascita del primo tour operator e la pubblicazione delle guide turistiche, il viaggio assunse una caratteristica non più individuale, ma sociale: si trattava di un’esperienza in grado di creare rapporti umani grazie all’organizzazione di gruppi di persone che si trovavano, per la prima volta, a condividere insieme attività ricreative e di scoperta di nuove località. (Rimondi D., 2009)
In Italia agli inizi del Novecento, nonostante il progresso tecnico ed economico era distribuito in maniera disomogenea tra nord e sud, si verificò la diffusione di nuove pratiche turistiche come la villeggiatura, il campeggio, la settimana bianca e il turismo scolastico; la forma più diffusa era la villeggiatura al mare che poteva essere effettuata in due tipologie di luoghi: o in piccoli centri, poco conosciuti, che si popolavano d’estate e precursori del turismo di massa, o su litorali e spiagge già attrezzati e dotati di grandi strutture ricettive.
Nella prima metà del Novecento, il settore turistico italiano ed europeo subì una brusca frenata in conseguenza del primo conflitto mondiale e della rivoluzione bolscevica, che misero momentaneamente fine al desiderio di evasione della popolazione. Al termine del periodo di guerra la base sociale dei vacanzieri si espanse notevolmente, includendo i nuovi segmenti della borghesia alla ricerca di soggiorni al mare in estate per allontanarsi dal malessere urbano; molti stati europei, pesantemente gravati dai debiti di guerra, iniziarono a intravedere nel settore turistico un’importante risorsa economica per equilibrare le proprie bilance commerciali, incoraggiando il turismo d’ingresso.
Nel secondo Novecento, al termine del secondo conflitto mondiale, si diffuse nuovamente un forte e generale desiderio di divertimento e spensieratezza, cui la nascente industria turistica rispose con l’offerta di prodotti del divertimento e del puro consumo. A partire dagli anni Cinquanta l’aumento del benessere economico produsse un aumento della domanda di turismo balneare, riconducibile al “Turismo
delle quattro S”4, motivando gli operatori turistici a riorganizzare i propri uffici per
gestire il grande movimento di massa europeo. Tra gli anni Cinquanta e Settanta fu promosso dai poteri pubblici e dagli organismi privati il “turismo sociale” ovvero una nuova forma di turismo aperto a tutti, anche alle classi sociali meno abbienti, ed organizzato in colonie, camping, villaggi turistici e ostelli della gioventù. (Berrino A., 2011)
A partire dagli anni Sessanta si verificò, in Italia e nel resto dell’Europa, il trionfo del cosiddetto “turismo di massa”, ovvero quel fenomeno turistico standardizzato, riconducibile alla logica fordista, basato sulla massificazione e tipizzazione dei consumi e degli stili di vita; il turismo di massa era costruito su un prodotto all-‐
inclusive, preconfezionato per il popolo il cui unico scopo era quello di visitare e
conoscere nuove realtà limitandosi a vedere una serie di attrattive prestabilite e di facile consumo. Il turismo di massa generò un incremento all’artificialità degli eventi e delle fonti di attrattiva che erano costruite solo per l’interesse dei turisti, senza badare alle realtà in cui vengono inserite; l’interesse principale dei viaggiatori del secondo dopoguerra era quello di muoversi liberamente nelle principali località turistiche, come se fossero nel loro ambiente nativo, grazie alle megastrutture ideate per rispondere alle esigenze di sicurezza e comodità dei turisti. (Filippi V., 2004)
La situazione del turismo italiano negli anni Settanta era di un settore in crescita che però iniziava a confrontarsi con due principali problemi tipici del settore turistico, ovvero la “stagionalità della domanda turistica” nazionale5 che causava un sottoutilizzo delle strutture ricettive durante i periodi di bassa affluenza e un sovra utilizzo nei periodi di picco, e vi erano inoltre località con importanti risorse attrattive ma che rimanevano sconosciute al pubblico perché incapaci di avviare politiche di sviluppo turistico.
4 La teoria del “Turismo delle quattro S” fu ideata nel 1994 da Cuvelier, Torres e Gadrey per
descrivere la domanda turistica di massa del dopoguerra, riconducibile al turismo balneare che si basava sulla ricerca di: sun (sole), sand (sabbia), sea (mare), sex (sesso).
5 Con stagionalità si intende una variazione sistemica, anche se non necessariamente regolare delle
presenze e degli arrivi turistici nel corso dell’anno, con effetto sulle imprese del turismo e sugli altri soggetti coinvolti nel sistema turistico. (Candela G., Castellani A., 2008)
È indubbio che l’assecondamento della domanda del turismo di massa procurò all’Italia non solo importanti benefici economici, ma anche gravosi danni ai territori e all’ambiente naturale a causa di politiche di sviluppo turistico invasive, in particolare attraverso la speculazione edilizia, che non presero in considerazione gli impatti negativi di un eccessiva offerta turistica a livello territoriale, sociale e culturale. A partire dagli anni Ottanta si fecero evidenti i punti deboli del turismo italiano causati in primo luogo dall’abuso delle costruzioni in cemento, dall’inquinamento delle acque marine, dai rifiuti dell’industria della carta e dagli scarichi industriali.
I primi anni Novanta si caratterizzarono per un generale rallentamento della crescita: il sistema turistico italiano iniziò a perdere competitività rispetto ai nuovi paesi emergenti, come Stati Uniti e Spagna, a causa principalmente di una crisi di immagine del Bel Paese e dalla competitività delle politiche dei prezzi delle nuove destinazioni straniere. L’Italia, che nel 1970 era al primo posto nella classifica mondiale degli arrivi, seguita da Canda, Francia, Spagna e Stati Uniti, subì venti anni più tardi un forte tracollo degli arrivi cadendo al quarto posto della medesima classifica.
Con l’avvento del nuovo millennio la crisi di competitività dell’Italia andò aumentando e, nonostante sia oggi il primo paese mondiale per numero di siti del Patrimonio Mondiale riconosciuti dall’UNESCO6, ha continuato a subire una calo degli arrivi, posizionandosi nel 2013 al quinto posto della relativa classifica internazionale. (UNWTO, 2014) Secondo la ricerca condotta dal World Economic
Forum nel 2013 l’Italia occupava la ventiseiesima posizione nella classifica mondiale
di competitività turistica a causa principalmente della una scarsa competitività dei prezzi e di leggi e politiche nazionali che non erano in grado di supportare la crescita del settore. Nel 2015, con riguardo alla stessa classifica, l’Italia è riuscita a raggiungere l’ottavo posto grazie non solo al ricco patrimonio storico, culturale e naturale, ma anche grazie alle efficienti infrastrutture turistiche e sanitarie; nonostante questi punti di forza, il sistema turistico italiano non risulta tuttora
sfruttare in maniera esauriente il proprio potenziale di sviluppo: gli investimenti sono ostacolati dalle tasse troppo elevate e le politiche turistiche risultano ancora poco efficienti. Dalla classifica si evince inoltre che i prezzi dei prodotti turistici in Italia sono poco competitivi e rappresentano un forte freno al processo di sviluppo turistico.7 (World Economic Forum, 2015)
Fig. 1.1: Classifica degli arrivi turistici internazionali (espressi in milioni)
Fonte: UNWTO, 2014
L’ultimo decennio del Novecento è ricordato come la “Decade of Eco-‐Tourism” durante la quale il settore turistico, in vista del degrado che andava avviandosi a livello ambientale, urbanistico e sociale, iniziò ad incoraggiare forme di turismo
7 Si tratta del “The Travel&Tourism Competitiveness Report 2015”, una ricerca intrapresa dal World
Economic Forum volta ad identificare per ogni paese del mondo le potenzialità e i limiti allo sviluppo e
alla creazione di nuovi posti di lavoro in ambito turistico. La classifica sulla competitività dell’industria dei viaggi e del turismo prende in analisi 14 macro-‐fattori, suddivisi a loro volta in sotto-‐indicatori, a cui vengono assegnati un punteggio da 1 a 7; il posizionamento nella classifica finale deriva dalla media del totale dei punteggi ottenuti, confrontati con quelli degli altri paesi, e riguardano: l’ambiente economico (punteggio dell’Italia: 3,59/7), la sanità e sicurezza(5,68/7), la salute e igiene(6,27/7), le risorse umane e il mercato del lavoro(4,45/7), l’ICT(5,14/7), l’importanza del settore turistico nazionale(4,62/7), l’accessibilità(4,09/7), la competitività dei prezzi(3,49/7), la sostenibilità ambientale(4,34/7), l’industria aerea(4,26/7), i trasporti navali e di terra(4,65/7), le infrastrutture turistiche(6,66/7), le risorse naturali(4,60/7) ed quelle culturali(6,51/7).
60 77,2 75,9 76,8 84,7 43,4 51,2 49,2 59,7 69,8 34,9 46,4 55,9 52,7 60,7 31 41,2 36,5 43,6 47,7 20,03 31,2 46,8 55,6 55,7 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 1995 2000 2005 2010 2013
alternative al turismo di massa, più rispettose dei valori naturali, sociali e comunitari delle località turistiche, ovvero nuove forme di turismo sostenibili.
Con l’avvento del terzo millennio, e il continuo accentuarsi del degrado sociale causato dal sovraffollamento delle località turistiche tradizionali, il consumatore ha iniziato a ricercare forme di turismo alternative presso località incontaminate dal turismo di massa. La vacanza del turista moderno è ridotta nel tempo e più frequente, e viene posto un maggiore interesse da parte dei viaggiatori al comfort, alla qualità e all’autenticità delle destinazioni turistiche, al fine di entrare in contatto e scoprire la cultura e le tradizioni locali. (Montanari A., 2009)
Le forme di turismo che si sono sviluppate negli ultimi decenni possono essere definite come “turismi minori” che si distinguono da quello “maggiore” la cui domanda tipica predilige le grandi città storiche, le località montanare e balneari, i siti d’arte e archeologi di grande fama; per i cosiddetti “turismi minori” è difficile poter definire con precisione i confini territoriali, le strutture tipiche ricettive e le motivazioni principali. È possibile affermare che la campagna assume il ruolo di protagonista per le forme di turismo alternative: essa ha una doppia valenza, funge da spazio connettivo generalmente prossimo alle attrattive turistiche maggiori, e possiede anche qualità turistiche proprie come il patrimonio naturalistico, rurale, ed enogastronomico. Il “turismo minore” lancia un modello di vacanza esperienziale che raccoglie più successo e interesse rispetto a quello “di massa” e a quello dello spettatore di cultura che invece arretra. (Lo Surdo G., 2012)
L’industria turistica si è trovata a dover adeguare a nuove esigenze le proprie strategie di mercato, offrendo ai viaggiatori nuove tipologie di prodotti turistici, legati alla scoperta dell’ambiente naturale, rurale, paesaggistico e culturale, rendendo partecipe il viaggiatore di esperienze nuove, volte alla scoperta del territorio. Il turista d’oggi è molto più preparato, esigente e cerca sul mercato quel prodotto che rispecchi appieno i propri bisogni di relax, apprendimento, e rispetto dell’ambiente in cui sono inseriti, e per questo il nuovo obiettivo del turismo moderno è quello di conservare, tutelare e valorizzare le peculiarità dei territori che erano state in passato trascurate. (Trevisan G., 2002)
L’Italia è stata per molti secoli meta prediletta di turisti in cerca delle attrattive storico-‐artistiche e culturali più note ma, con l’evoluzione della domanda turistica post-‐moderna, l’interesse verso ambienti naturali incontaminati è andata a ridurre quello verso la cultura: è cosi che nascono nuovi attrattori turistici come il turismo della natura, il turismo enogastronomico, il turismo dei paesaggi, il turismo escursionistico e il turismo del benessere.
Una nuova forma di turismo che desta particolare interesse in Italia e in Europa è rappresentata dall’ “Ecoturismo” ovvero “tutti i tipi di turismo nei quali la
motivazione fondamentale del turista è l’osservare e il godere della natura come delle tradizioni culturali delle aree di interesse naturalistico”. 8 (UNWTO, 2001) I “turisti eco” desiderano trascorrere il proprio tempo libero a stretto contatto con la natura, lontano dal caos, in località a volte isolate, libere dall’inquinamento e dal turismo di massa; questa forma di turismo subì un forte impulso nel 1987 quando venne proclamato l’Anno Europeo per l’Ambiente, che determinò inoltre il successo delle strutture agrituristiche e incentivò lo sviluppo turistico in località considerate “minori”.
Un’ulteriore forma di turismo emergente molto simile all’ecoturismo, e che per alcuni studiosi può essere considerato un suo micro-‐segmento, è il “turismo rurale” che basa la propria offerta sulle attività praticate in aree extraurbane volte alla scoperta del territorio trasformato dall’azione dell’uomo, del paesaggio e delle tradizioni attraverso la visita della destinazione ad aziende agricole, ai siti storici, degustando prodotti tipici “a chilometro zero”9 e praticando attività sportive a stretto contatto con la natura. L’integrazione dell’attività turistica con quella agricola rappresenta oggi un nuovo importante segmento economico poiché è in grado di conferire una multifunzionalità all’attività agricola concepita in un’ottica di sostenibilità, salvaguardando le specificità del territorio di cui le risorse agricole costituiscono uno degli elementi cardine.10 (Trevisan G., Mauracher C., 2006)
8 Per un approfondimento sull’ecoturismo, vedi cap. 1.4 “L’Ecoturismo”.
9 Con “prodotti a chilometro zero” si intendono i prodotti che vengono venduti nello stesso territorio,
o a poca distanza, da quello di produzione.
Il crescente interesse verso gli ambienti naturali incontaminati e testimoni del proprio passato, a cui si aggiunge talvolta una deteriorante contaminazione urbanistica ed ambientale di luoghi storici, fa si che il ricco patrimonio culturale italiano perda parte della sua capacità attrattiva in favore di nuove località gestite nel rispetto dell’ambiente, delle tradizioni e della comunità locale.(Lo Surdo G., 2012) Secondo il “Quarto Rapporto Italiani, Turismo Sostenibile e Ecoturismo” del 201411, il turismo per gli italiani risponde in primo luogo all’esigenza di conoscenza ed esplorazione: i beni culturali sono la prima fonte di attrattiva nella scelta di una meta turistica (65% degli intervistati), seguita da un crescente interesse verso la natura incontaminata e le bellezze paesaggistiche (60%).
11 Il “Quarto Rapporto Italiani, Turismo Sostenibile e Ecoturismo”, realizzato da “IPR Marketing” e
Em er g er e d i fi g u re p ro fe ss io n al i sp ec if ic h e e p lu ra li tà d i fu n zi o n i Te le m at ic a au m en to i n ter m ed iazi o n e tu ri st ica T= lu ss o (v il leg g iat u ra)
ANNI MOTIVAZIONI PRATICANTI TIPI DI RICETTIVITA’ E
CARATTERIZZAZIONE
CINQUANTA • Riposo • Élite (pionieri)
Ma anche I. sociale: colonie, alberghi aziendali • Alberghi • Appartamenti in affitto • (rifugi) • Colonie • Salute • Cultura T= c o m o d it à (v acan za) SESSANTA • Riposo • Divertimento • Salute • Cultura • Élite (pionieri) • Ceti medi (modalità
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Tab. 1.1: L’evoluzione della domanda turistica in Italia Fonte: Filippi V., 2004
1.2 Il concetto di “Turismo Sostenibile”
All’inizio del XIX secolo la Terra era abitata da circa un miliardo di persone e, secondo le recenti stime delle Nazioni Unite, è previsto che ogni quattordici anni il numero andrà aumentando di un miliardo, arrivando nel 2050 a superare i nove miliardi di abitanti. (Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite, 2008)
I cambiamenti derivanti dall’evoluzione del rapporto uomo-‐natura hanno assunto un ritmo sempre più frenetico tanto da generare diverse problematiche a livello mondiale: il rapporto tra le risorse disponibili e i bisogni economici e sociali dell’uomo risulta essere squilibrato, e si è per questo reso necessario un riesame delle esigenze rispetto alle effettive capacità naturali e biologiche del sistema ambientale.
Il concetto di “sviluppo sostenibile” è diventato negli ultimi decenni il principio chiave dell’economia ambientale ed ecologica, su cui si devono basare le moderne politiche territoriali; la condivisione a livello universale dell’orientamento allo sviluppo sostenibile ha rappresentato una svolta radicale nel modo di concepire la società contemporanea e il suo sviluppo con l’obiettivo di conciliare due scopi apparentemente incompatibili: lo sviluppo economico e la tutala e conservazione dell’ambiente. (Cencini C., 1999)
A partire dagli anni Sessanta la questione ambientale assunse una rilevanza mondiale, dando vita alle prime iniziative internazionali volte a proporre delle soluzioni al degrado della società moderna. Nel 1968 fu fondato il “Club di Roma”, associazione internazionale non governativa, cui aderirono i capi di stato di tutti i continenti, con l’obiettivo di individuare e proporre una soluzione alle problematiche ambientali globali; nel 1971 l’UNESCO promosse il “Programma MAB”, “Man and Biosphere”, con lo scopo di migliorare il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, e di ridurre la perdita di biodiversità tramite il raggiungimento del punto di equilibrio tra i bisogni delle comunità e gli ecosistemi. L’anno successivo, si riunì a Stoccolma la prima “Conferenza sull’Ambiente delle Nazioni Unite”, per affrontare per la prima volta il problema ecologico riconosciuto come una questione globale, ma non ebbe un esito positivo in quanto non portò a risultati concreti ma solo alla
formulazione di auspici e raccomandazioni. In questa occasione venne istituito il “Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente” (UNEP) con il compito di analizzare il rapporto tra ambiente e sviluppo, per individuare le problematiche e suggerire politiche economiche rispettose dell’ecosistema. (Cencini C., 1999)
Nonostante queste prime misure volte a salvaguardare l’ambiente, alcuni trend negativi continuarono a crescere, come l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai non polari, l’impoverimento del 75% degli spazi di pesca dell’Atlantico settentrionale, l’incremento della differenza di reddito tra paesi ricchi e poveri, e la produzione eccessiva di rifiuti e materie inquinanti in quantità superiori rispetto alla capacità di assorbimento della Terra. Secondo Aurelio Peccei12, fondatore del Club di Roma, il modello di civilizzazione degli ultimi anni del
Novecento ha portato l’uomo a considerarsi il padrone del mondo il quale, per confermare la propria superiorità sull’ambiente, si sente giustificato ad agire con ogni mezzo per soddisfare qualsiasi esigenza; secondo la critica di Peccei l’uomo moderno si caratterizza per uno spirito talmente antropocentrico da sentirsi libero di ignorare i principi che interferiscono con i suoi più diretti interessi. (Montanari A., 2009)
Nel 1972 fu pubblicata la relazione “Limits to Growth”, realizzato dal MIT13 di
Boston e promosso dal Club di Roma, nella quale furono evidenziate le tendenze evolutive per il periodo dal 1900 al 2100, con lo scopo di individuare, in conseguenza della continua crescita della popolazione, il futuro dell’ecosistema terrestre e dell’uomo; dal rapporto scaturì che, mantenendo inalterato il trend di crescita della popolazione e i livelli di produzione, inquinamento e sfruttamento delle risorse naturali, entro i successivi 100 anni si sarebbe raggiunto il “limite dello sviluppo”, con conseguenze negative per l’ecosistema terrestre e per la sopravvivenza dell’uomo.
12 Aurelio Peccei (1908-‐1984), dirigente della Fiat e amministratore delegato delle Olivetti, fondò il
Club di Roma per “capire come mai oggi che abbiamo tante conoscenze, informazioni, e potere ci
siamo cacciati in una situazione da cui non sappiamo uscire”.
Nel 1980 l’UNEP, con la collaborazione del WWF (Fondo Mondiale per la Natura) e l’IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), pubblicò il rapporto “Caring for the Earth, A Strategy for Sustainable Living” in cui il concetto di sviluppo sostenibile fu per la prima volta considerato come un miglioramento per la vita dell’uomo, nel rispetto dei limiti di capacità di carico degli ecosistemi. (Cencini C., 1999) Nel 1987 venne delineata la più condivisa definizione del concetto di sviluppo Sostenibile all’interno del rapporto “Our Common Future”, meglio noto come “Rapporto Brundtland”, che diede una svolta decisiva nella storia della presa di coscienza delle questioni ambientali, secondo il quale lo sviluppo sostenibile è
quello che soddisfa le necessità delle generazioni presenti senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare le loro necessità. 14
I principi dello sviluppo sostenibile furono ribaditi in occasione dell’ “Earth
Summit”, la “Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo”, svoltasi a
Rio de Janeiro nel 1992, a cui presero parte 176 governi e più di ventimila delegati, rappresentanti e giornalisti accreditati; in questa occasione venne concordata la “Dichiarazione di Rio”: una lista di 27 principi di sostenibilità, ideata per incentivare nuovi livelli di cooperazione tra gli stati e i settori economici di sviluppo, e per favorire la stipulazione di accordi internazionali in favore della tutela ambientale. Durante la Conferenza di Rio fu redatta l’“Agenda 21”, un dossier che individuava i principali problemi da affrontare e le azioni da porre in essere per risolverli nel XXI secolo. Il documento era organizzato in quattro parti dedicate a: le dinamiche sociali ed economiche del Sud e Nord del mondo; il programma di tutela ambientale delle risorse rinnovabili; il ruolo dei gruppi sociali nella diffusione dello sviluppo sostenibile; e gli strumenti tecnici, scientifici, finanziari e informativi necessari al suo perseguimento. L’obiettivo dello sviluppo sostenibile fu sottoscritto da tutti i paesi della Terra sulla necessità di assumere nuovi stili di vita e sull’importanza di sensibilizzare i cittadini verso la tutela ambientale, con l’impegno di redigere piani