• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 3 Il metodo degli elementi finiti applicato nell’analisi dei tessuti molli

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO 3 Il metodo degli elementi finiti applicato nell’analisi dei tessuti molli"

Copied!
11
0
0

Testo completo

(1)

Il metodo degli elementi finiti applicato nell’analisi

dei tessuti molli

(2)

3.1 Meccanica dei continui non lineari

Basi teoriche

In questa sezione saranno introdotte ed analizzate le quantità base per lo studio della meccanica dei continui non lineari con particolare riferimento ai tessuti molli.

Quest’ultimi, sottoposti a sollecitazioni subiscono grandi spostamenti, grandi deformazioni e presentano una curva stress-strain non lineare (in Fig.3.1 è riportata curva stress-strain per il muscolo sartorio [1]).

stress- strain muscolo

0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 strain stress [MPa]

Fig. 3. 1: caratteristica meccanica del muscolo sartorio

Una quantità chiave nella meccanica dei continui non lineari è il tensore Fij definito come segue:

(3. 1)

dove xi rappresenta la componente i-esima del vettore posizione di un punto P generico nello stato deformato, mentre Xj è la j-esima componente del vettore posizione nel sistema di riferimento indeformato.

(3)

Se nella meccanica lineare le quantità fondamentali sono il tensore degli stress di Cauchy (τ) e il tensore degli strain coniugato (ε), in quella non lineare sono richieste quantità invarianti rispetto al movimento rigido del corpo per cui sono necessari strumenti specifici; il secondo tensore degli stress di Piola-Kirchhoff Sij e il tensore degli strain di Green-Lagrange Eij soddisfano il requisito sopra definito:

(3. 2)

(3. 3)

Nelle formule precedenti vale la convenzione degli indici ripetuti seconda la quale la ripetizione di un indice nello stesso termine denota la sommatoria rispetto a quell’indice sull’intero intervallo di valori che esso può assumere.

Le parentesi   utilizzate nell’espressione (3.2) rappresentano il determinante della matrice racchiusa tra queste

I tensori E, F, S possono essere messi in relazione come segue:

(3. 4)

(3. 5)

(4)

Dove I rappresenta la matrice identica e C è il tensore di Cauchy- Green che sarà utilizzato nella formulazione dei materiali iperelastici.

Altre quantità fondamentali sono gli invarianti dei tensori appena definiti; per definizione di invariante queste quantità sono indipendenti dal sistema di coordinate (3.7).

Nel caso in cui il mezzo sia isotropo si deduce che la funzione densità di energia di deformazione dipende esclusivamente dagli invarianti.

(5)

3.2 Il muscolo come continuo non lineare

Il muscolo può essere descritto come un continuo e dal, punto di vista delle leggi costitutive può essere suddiviso in passivo e attivo; se non si considera la componente attiva (assimilabile ad un generatore di forza) il tessuto muscolare può essere assimilato ad un mezzo iperelastico quindi caratterizzato da un comportamento fortemente non lineare.

Volendo simulare il comportamento del muscolo completo (considerando sia parte attiva che passiva) con il metodo degli elementi finiti si procede per passi:

• modellazione del problema.

• ricerca delle equazioni di equilibrio per ogni elemento.

• assemblaggio degli elementi mediante le equazioni di equilibrio dei nodi e equazione di congruenza degli spostamenti (un nodo comune a due elementi deve avere lo stesso spostamento se pensato appartenente ad uno o all’altro elemento).

• soluzione numerica ed analisi dei risultati.

Per quanto riguarda la modellazione del problema, questa consiste nel rappresentare un sistema continuo con un numero infinito di gradi di libertà come un insieme finito di elementi attaccati tra loro.

Volendo fare una modellazione completa del tessuto muscolare ognuno di questi elementi implementa le caratteristiche meccaniche della componente attiva e di quella passiva.

Abbiamo visto che per assemblare gli elementi tra loro è sufficiente imporre l’equilibrio dei nodi e la congruenza degli spostamenti nodali; ma in realtà questa tecnica funzione soltanto se si può trascurare il lavoro alle interfacce.

Il lavoro virtuale interno dovuto alle forze scambiate all’interfaccia fra due elementi adiacenti può essere espresso come [2] :

(3. 8)

dove Lvi è il lavoro virtuale interno all’interfaccia, σ la tensione, ε la deformazione e V è il dominio del corpo.

(6)

Nel caso di materiale lineare elastico la (3.8) si trasforma nella (3.9):

Lvi E⋅εx2⋅ dH

(3. 9)

con E si è indicato il modulo di Young e con εx la deformazione in direzione x, H è la lunghezza dell’interfaccia e d è la distanza tra i due elementi nella fase di assemblaggio (Fig.3.2).

Fig. 3. 2: assemblaggio di due elementi

La fase di assemblaggio viene descritta dalla condizione d → 0; sotto questa ipotesi Lvi è sempre trascurabile a patto che la deformazione εx sia finita (3.9).

Affinché sia verificata questa condizione è sufficiente che il campo di spostamenti U sia continuo fino all’ordine n-1 con n ordine massimo della derivata di U che compare nella definizione della deformazione.

Nella formulazione di un problema agli elementi finiti esistono due diversi approcci:

• il punto da partenza è rappresentato dalle equazioni differenziali che descrivono l’equilibrio; la soluzione approssimata del sistema di equazioni differenziali può essere ottenuta con il metodo dei residui pesati [3].

• formulazione variazionale: il problema viene trasformato in equazioni differenziali di Eulero e risolto in questa forma.

In questo studio si è fatto riferimento al secondo approccio utilizzando la formulazione mista basata sugli spostamenti e pressioni virtuali [3].

(7)

3.3 Materiali incomprimibili: analisi FEM

Il tessuto muscolare può essere considerato pressoché incomprimibile, proprietà che rappresenta un vincolo per il modello.

Per un mezzo completamente incomprimibile il determinante del gradiente delle deformazioni è esattamente 1.

La condizione di incomprimibilità del mezzo può essere garantita o mediante l’utilizzo di vincoli geometrici oppure inserendo tale proprietà direttamente nella legge costitutiva [2,3]. In questo lavoro faremo riferimento al secondo metodo.

In un mezzo incomprimibile la pressione idrostatica non produce lavoro; dal momento che il metodo degli elementi finiti muove dal principio dei lavori virtuali la pressione idrostatica risulta una quantità indefinita.

Per continuare ad utilizzare il principio dei lavori virtuali il mezzo viene descritto come quasi incomprimibile condizione che corrisponde ad un materiale elastico lineare con coefficiente di Poisson prossimo a 0.5.

Un materiale così costituito richiede pressioni molto elevate per ottenere una piccola variazione di volume; l’equazione costitutiva deve essere in grado di descrivere questa situazione attraverso la componente idrostatica del tensore delle tensioni (p1) definita in modo che aumenti fortemente se il volume diminuisce.

Per caratterizzare un mezzo pressoché incomprimibile si utilizza una formulazione iperelastica agli elementi finiti. Come detto in precedenza il tensore degli strain di Green-Lagrange e quello degli stress di Piola Kirckoff sono energeticamente accoppiati; ne segue che esiste una densità di energia di deformazione W(E) tale che:

(3. 10)

La relazione (3.10) equivale ad una legge costitutiva; è necessario, a questo punto, cercare un’opportuna formulazione della funzione W.

Sussmann & Bathe [4] svilupparono una formulazione mista U-P (spostamenti-pressioni) da implementare in un elemento all’interno del codice di calcolo ANSYS per descrivere il

(8)

comportamento di materiali pressoché incomprimibili. La pressione viene introdotta come nuovo grado di libertà dell’elemento.

La densità di energia di deformazione W deve inoltre bilanciare il nuovo grado di libertà e la pressione calcolata dal cambiamento di volume pertanto può essere espressa in questa forma:

(3. 11)

W° rappresenta la densità di energia di deformazione basata sugli spostamenti, mentre Q rappresenta una parte addizionale dipendente sia dagli spostamenti che dalla pressione;

(3. 12)

(3. 13)

Dove Cij è la componente generica del tensore di Cauchy, Ic, IIc, IIIc sono gli invarianti del tensore delle deformazioni di Green-Lagrange, p1 è la pressione derivante dal cambiamento di volume, p2 la pressione ottenuta esclusivamente da interpolazione dei valori nodali (è la pressione vista come grado di libertà aggiuntivo) e k è il modulo di Bulk che è un indice dell’incomprimibilità del mezzo.

La parte a destra del segno di uguaglianza dell’equazione (3.12) è costituita da due termini: il primo rappresenta la parte isotropica della densità di energia di deformazione, mentre, il secondo descrive il comportamento anisotropico dovuto esclusivamente alla componente passiva del muscolo.

In questo modo il muscolo viene visto come un materiale composito in cui la matrice rappresenta il muscolo passivo e le fibre di rinforzo rappresentano le componenti attive (generatori di forza).

(9)

Per quanto riguarda, invece l’equazione (3.13) questa formalizza il bilancio tra la pressione p2, intesa come grado di libertà aggiuntivo e la p1 dovuta ad un cambiamento di volume; è proprio il termine Q che permette di descrivere, all’interno della densità di energia di deformazione stessa il vincolo di incomprimibiltà.

La forma della densità di energia di deformazione varia da una formulazione all’altra; una delle più usate è la formulazione polinomiale che sfrutta la definizioni degli invarianti modificati Icm, IIcm, IIIcm [3]:

(3. 14)

L’introduzione degli invarianti modificati permette di separare le quantità che non dipendono dal volume (tutte quelle che sono funzione esclusivamente di Ic, IIc) da quelle che dipendono dal volume (sono funzioni di IIIc).

Infatti la componente idrostatica del tensore delle tensioni può essere scritta nella forma (3.15):

(3. 15)

Una possibile formulazione polinomiale di ordine n per un materiale iperelastico è la seguente:

(10)

Una formulazione estremamente semplice che deriva da questa è quella di Mooney-Rivlin (APPENDICE A) nella quale compare soltanto la dipendenza lineare dal primo e dal secondo invariante (Icm,IIcm) [6,7].

La formulazione polinomiale appena riportata si riferisce al caso isotropo; se il mezzo presenta una qualche anisotropia la formulazione si complica e la densità di energia di deformazione non dipende soltanto dai tre invarianti.

Una possibile formulazione per il caso anisotropo è riportata nella 3.17.

(3. 17)

Se conosciamo la funzione densità di energia di deformazione possiamo calcolare la matrice di rigidezza come presentato nel lavoro di Johansson [9].

(11)

Riferimenti

[1] VALENTA J. (1993). Biomechanics. Elsevier Publishing Company. pp 134-142. [2] CESARI F. (1989). Introduzione al metodo degli elementi finiti. Pitagora

[3] BATHE K.J. (1996). Finite Element Procedures. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hal.. [4] BOVENDEERD P.H.M. (1990). The mechanics of the normal and ischemic left ventricle during the cardiac cycle. Ph.D. Thesis, University of Limburg, Maastricht, The Netherland. [5] VAN LEEUWEN J.R., KIER W.M. (1997). Functional design of a tentacles in squid: linking sarcomere ultrastructure to gross morphological dynamic. Philos. Trans. R. Soc. Lond. B 336, 275-292.

[6] BATHE K.J. et al. (1987). A finite element formulation for nonlinear incompressible elastic and inelastic analysis. Comp. Struct. 26, 357-409

[7] RIVLIN R.S. (1984). Forty Years of Nonlinear Continuum mechanics. Proc. IX Int. Congress on Rheology, Mexico, pp. 1-29.

[8] MOONEY M. (1940). A theory of large elastic deformation. J.Appl. Phys. 6, 582-592. [9] JOHANSSON T. & alt. (2000). A Finite-Element Model for Mechanical Analysis of Skeletal Muscles. J. Theor. Biol. 206, 131-149.

Figura

Fig. 3. 1: caratteristica meccanica del muscolo sartorio

Riferimenti

Documenti correlati

Determinare il tensore di inerzia di un corpo rigido formato da masse puntiformi di massa m poste ai vertici di un cubo di lato a, collegate tra loro con barre di massa

Il tensore di inerzia è

[r]

Scegliendo l’origine del sistema di riferimento nel centro di massa e gli assi ˆx, ˆy e ˆz paralleli ai lati di lunghezza a, b e c rispettivamente, abbiamo che il tensore di inerzia

Se scegliamo la direzione z perpendicolare alla lamina e l’origine su di essa per tutti i punti sarà ovviamente z

Il tensore di inerzia è semidefinito positivo, perchè i suoi autovalori (momenti principali di inerzia) non possono

In ogni punto di un corpo deformato ci sono almeno tre piani, detti principali, con vettori normali detti direzioni principali dove il. corrispondente vettore delle deformazioni è

Come già detto, una delle criticità nei riguardi dell’azione sismica per l’edificio in esame è l’assenza di cordoli in corrispondenza dei solai; questo porta