L'ECONOMISTA
G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E
DEI BANCHIERI, DELLE STRADE F E R R A T E , DEL COMMERCIO, E DEGLI INTERESSI PRIVATI A B B O N A M E N T I
Un a n n o L 35
GLI ABBONAMENTI E LE INSERZIONI
si r i c e v o n o
R O M A FIRENZE 8. M a r i a in Via, 51 I Via del Castellaccio, 6
DAL BANCO D'ANNUNZI COMMISSIONI E RAPPRESENTANZE
I N S E R Z I O N I S e i mesi 2 0
GLI ABBONAMENTI E LE INSERZIONI
si r i c e v o n oR O M A FIRENZE 8. M a r i a in Via, 51 I Via del Castellaccio, 6
DAL BANCO D'ANNUNZI COMMISSIONI E RAPPRESENTANZE Un n u m e r o 1
Un n u m e r o a r r e t r a t o 2 Gli a b b o n a m e n t i d a t a n o dal d'ogni mese
GLI ABBONAMENTI E LE INSERZIONI
si r i c e v o n oR O M A FIRENZE 8. M a r i a in Via, 51 I Via del Castellaccio, 6
DAL BANCO D'ANNUNZI COMMISSIONI E RAPPRESENTANZE
In u n bollettino bibliografico si a n n u n z i e r a n n o tutti quei libri di cui s a r a n n o spedite due copie alla Direziono.
A i m o I - Y o l . I G i o v e d ì , 6
S O M M A R I O
f a r t e e c o n o m i c a 1 A n c o r a di u n a n u o v a s c u o l a t e d e s c a — Le convenzioni f e r r o v i a r i e ( I l i ) — L e a r t i tessili —• L e condizioni di Vene-zia — 11 r i a l z o nello sconto d e l l a B a n c a d ' I n g h i l t e r r a .
Atti ufficiali R i v i s t a b i b l i o g r a f i c a — G i u r i s p r u d e n z a c o m m e r c i a l e e a m -m i n i s t r a t i v a .
P a r t e f i n a n z i a r i a e c o m m e r c i a l e : R i v i s t a finanziaria g e . n e r a l o — Notizie g e n e r a l i sul m e r c a t o dello sete, delle l a n o e del tessuti — C o r r i s p o n d e n z a — Notizie c o m m e r c i a l i — Notizie v a r i e — Situazioni delle b a n c h e — Listini dello b o r s e — P r o d o t t i delle S t r a d e f e r r a t e del r e g n o . G a z z e t t a degli i n t e r e s s i privati — E s t r a z i o n i — B o l l e t t i n o bibliografico.
P A R T E E C O N O M I C A
ANCORA DI UNA NUOVA SCUOLA TEDESCA
( v e d i n . 13)
In nn precedente articolo noi abbiamo accenato le dottrine di una nuova scuola tedesca e ci siamo ri-serbati di ricercare qual fondamento abbiano le accuse che essa muove all'economia, quale Smith e i suoi discepoli la professarono, accuse, alle quali vedemmo non senza dispiacere associarsi un egregio giovane italiano, il signor Cusumano, che ne\VArchivio Giuri-dico dà prova de'suoi assidui e diligenti studi sulle scuole di economia della Germania.
Crediamo assai diffìcile di contestare a Smith il merito di avere pel primo additato con pienezza le leggi naturali che governano i fatti economici. Certo a nessuno verrebbe in mente di affermare che Smith non commettesse alcun errore o che i suoi seguaci non esagerassero mai qualcuno de'principii da lui so-stenuti, ma il fondo della scienza rimase e rimane alterato. A coloro che oggi in Italia per troppa ser-vilità, la quale nè è degno ossequio alla nobile Ger-mania, nè giusto riguardo alle tradizioni nostre, nulla vedono di buono se non nella scienza tedesca, ci permet-teremmo di rammentare che la scuola italiana, sebbene per le tristi condizioni nostre più povera delle stra-niere, ebbe sempre in mira le relazioni che passano
agosto 1874 N. 14
fra gl'interessi materiali e quelli di un ordine supe-riore. È vero del resto che il principio fondamentale dell'economia è questo di lasciare agire le leggi na-turali. Ma è strano anche negarne l'esistenza. Che si discuta sui limiti dell'azione dello Stato, lo compren-diamo, ma che tutto si riduca alla Storia non ci par dottrina accettabile. Che vi siano leggi economiche fondate nella natura delle cose, comunque l'ambiente della civiltà possa modificarne in vario modo l'azione, non ci sembra che possa porsi in dubbio, come non ci sembra che possa porsi in dubbio che quel che deve cercarsi si è questo, di lasciarle agire, salvo a prov-vedere alla tutela dei diritti, o in certe circostanze ad aiutarne lo svolgimento. Il rispetto alla concor-renza, o in altre parole la libertà, è un principio di cui l'esperienza ha ormai mostrato gli utili effetti.
Basterebbe accennare ai risultati della libertà com-merciale. Il male si è che la libertà spesso non è rispettata e quindi ci parve proprio strano che Schmoller potesse affermare e che altri dotti ripetessero e che scrittori italiani potessero alla lor volta ripetere, che il principio della libertà illimitata in materia econo-mica è stato proseguito fino alla sua ultima conse-guenza! Ci vuol poco a vedere quanto ciò sia lontano dal vero.
dei non abbienti, si seguono forse le massime dell'Eco-nomia? E allora, quando i principii della scienza sono disconosciuti in alto come ih basso, è egli lecito con-dannarla come colpevole dei mali ai quali non si prov-vede secondo i suoi insegnamenti? Non è per lo meno lecito di dubitare che tanti danni derivino appunto dall'averli disconosciuti ?
Noi crediamo che l'illustre presidente del Congresso di Eisenach vedesse giusto, e per parte nostra non sa-premmo accettare quella glorificazione dello Stato di-chiarato la più grandiosa istituzione moralizzatrice, che deve avere t u t t i gli scopi e t u t t i i mezzi ragionevoli por conseguirli. Nè ci persuade il dire che in un go-verno libero il paese e lo Stato sono la stessa cosa. Noi chioderemmo ai dotti tedeschi, cosi versati nella storia della civiltà ariti e a., se la. politica, libertà baataoao ad assicurare in Roma la libertà dell'uomo come uomo. E il maggior benefizio delle invasioni germaniche nel-l'impero non fu quello di aver portato nella società un principio ignoto a Roma, il sentimento della indipen-denza individuale?
Sappiamo bene che i seguaci della nuova scuola di-cono di non volere abolita la libertà del lavoro e del salario, nè approvano i prestiti chiesti da Lassalle pel-le classi operaie; che non disconoscendo del tutto i be-nefizi della libertà individuale, affermano dovere lo Stato agire più in senso qualitativo che quantitativo. Ma è anche vero che accettano, sebbene ridotte entro più angusti confini, le idee di Marx e di Lassalle sul-l'intervento dello Stato e che dubitano molto dell'ef-ficacia del principio dell' aiutarsi da sè, quantunque lo Schultze Delitsch ne abbia fatto scaturire le numerose e utilissime banche popolari della Germania. Ora la logica è inesorabile, e di conseguenza in conseguenza non si sa dove si possa giungere.
Pare a noi che ragione ed esperienza si uniscano ormai per darci dello Stato un adeguato concetto. Se noi consultiamo la storia, essa ci dice che dalla onni-potenza dello Stato presso i popoli antichi si è giunti grado a grado alla completa emancipazione dell'indi-viduo.
John Stuart Mill, nel suo stupendo trattato On Li-berty, ha risoluta la questione in modo da non lasciar dubbio sulla preferenza da darsi all'iniziativa indivi-duale. Certo non intendiamo che lo Stato debba esser ridotto a un'azione puramente negativa. Il meglio è nemico del bene e il possibile non è sempre il deside-rabile. Supponiamo, per esempio, che in un paese vi sia bisogno di un sistema di ferrovie che metta in co-municazione le varie provincie e vi porti il movimento e la vita, e che nessuno si muova ; dovrà il Governo lasciare che il paese sia soggetto a un incalcolabile danno per l'inerzia dei privati e delle autorità locali ? Se il loro sguardo non sa spaziare al di là dell'angusto orizzonte del villaggio nativo, lo Stato dovrà permet-tere che si perpetuino i tristi frutti dell'ignoranza? Per rispettare una teoria bellissima senza dubbio, ma
inapplicabile in modo assoluto in quelle circostanze di tempo e di luogo, dovrà disconoscere i bisogni reali? Quel che si può fare in una nazione come l ' I n -ghilterra, nella quale l'iniziativa privata è tanto po-tente, non può farsi dappertutto. Riguardo alle ferro-vie, nel Belgio, lo stato fece quello che in Inghilterra fecero le associazioni private. Del resto in molti è una singolare mania di legare a cielo l'Inghilterra senza conoscerla; costoro vorrebbero essere inglesi oggi, come ieri forse erano francesi e domani saranno tedeschi, pur di non esser mai del proprio paese. Ma l ' I n g h i l -terra ha appunto fra tanti altri il merito di non cono-scere quelle superbie meschine dei popoli meno avan-zati, nè sdegna imitare ciò che trova di buono negli altri paesi, al che dovrebbero guardare i fanatici suoi ammiratori. 11 governo inglese, in mezzo a nn popolo che è un prodigio di attività, cerca più che può di farsi dimenticare, ma esso ha u n ' a l t a idea de'suoi doveri anche morali, e interviene quando l'interesse generale reclama l'opera sua. E quando l'azione dello Stato si unisce con manifesta utilità a quella dei privati, è ac-colta con vera sodisfazione da quegli uomini liberi; i quali non hanno mai pensato a trascurare un vantag-gio pratico per non toccare un principio astratto. Lo stesso Stuart Mill che pone la semplice tutela della libertà come l'ideale del governo, dichiara che la que-stione dei limiti della sua azione dipende sempre dalle circostanze.
L' E C O N O M I S T A 3G7 riformatori lo invochino. Il loro difetto è anzi quello
di chiedergli troppo, il che porta seco il pericolo di ricondurre il dispotismo sotto una nuova forma. E seb-bene minore, pure è questo, a nostro avviso, il difetto della nuova scuola tedesca. Reclamare l'intervento dello Stato, dovesse anche soffrirne la libertà, ci pare un principio pericoloso. Una volta accettato, dove si va a finire? E in Germania dove lo Stato è così forte, aumentarne la potenza, presentandolo come un'istitu-zione altamente moralizzatrice e quasi una provvidenza non ha nessun pericolo per la libertà?
Se per evitare un male non si vuole andare incon-tro ad un alincon-tro peggiore, giova ridurre il concetto
dello Stato ne'suoi limiti naturali di difesa sociale, stabilir bene che non può oltrepassarli che per favo-rire indirettamente con opere pubbliche d'interesse generale la nazionale prosperità o per accrescere lo cognizioni col promuovere l'insegnamento e l'educa-zione popolare; finalmente tenere per fermo che quel che preme in un paese libero è l'azione individuale e che l'ideale del governo, la meta a cui si deve ten-dere è di ridurlo a una tutela dei diritti. Non vi si perverrà assolutamente, ma l'avvicinarsi sarà sempre un gran benefizio.
Ciò è importante di fronte alle odierne tendenze li-vellatrici, che sono uno dei pericoli della democrazia. Badi la nuova scuola di non diventare senza volerlo antesignana del dispotismo dello Stato.
—
LE CONVENZIONI FERROVIARIE
(vedi n u m e r i 3 e 5)
I I I
La relazione dell'onorevole Gabelli pubblicata, come a t u t t i è noto in questi ultimi giorni, ha fatto entrare la quistione delle Convenzioni ferroviarie, in una nuova fase, ed ha richiamato sulla medesima l'attenzione del-l'opinione pubblica, e del giornalismo italiano.
Infatti, sebbene l'epoca in cui il nostro Parlamento sarà chiamato ad emettere il proprio voto intorno alle Convenzioni medesime, sia tuttora di troppo indeter-minata; sebbene rimanga per di più indeciso, se agli attuali rappresentanti della nazione o ad una nuova le-gislatura dovrà incombere l'ardua missione di dare un migliore assetto al nostro regime ferroviario, la rela-zione dell'onor. Gabelli, non fu nè poteva essere do-cumento tale da passare inosservato; ma doveva per la necessità stessa delle cose, essere il fomite di una vivace polemica, provocando insieme calorose adesioni ed acerbe censure.
La gravità della quistione, l'ostilità che alle propo-ste minipropo-steriali erasi già manifestata per parte della maggioranza degli uffici della Camera, le divergenze di opinioni che si asserivano esistenti nel seno della stessa Commissione parlamentare, ma sopratutto la scelta del relatore nella persona dell'onor. Gabelli,
uomo quanto altri mai competente per tutto ciò che ha riguardo alla Amministrazione ferroviaria, e per di più tale da non arrestarsi a mezzo e da non risparmiare argomenti nel confutare le progettate misure alle quali da tutti si sapeva essere avverso, erano altrettante cause per le quali la sua relazione si attendeva colla più viva impazienza.
E, ci piace di constatarlo fino da ora, la generale aspettativa non rimase per nulla delusa.
Ben di rado più brillante, più completa, più dotta confutazione fu contrapposta da una Commissione par-' lamentare ad un progetto di legge! La relazione del-l'onor. Gabelli è da cima a fondo, una calorosa o spietata requisitoria, contro il sistema pur troppo in-valso fra noi, e del quale nel campo stesso delle fer-rovie è facile trovare non pochi esempi, contro il sistema cioè di fare incorrere con soverchia leggerezza lo stato in carichi ed in impegni gravissimi omettendo di rac-cogliere in pari tempo dati sufficienti a calcolare quale ne sarà la vera portata.
Molte delle censure dell'onor. Gabelli, possono a buon diritto considerarsi come massime preziose di retta Amministrazione, per cui, qualunque sia la sorte riservata dal Ministero alla Camera attuale, rimane sempre certa che l'opera clell'onor. Gabelli, ben lungi dall' avere come egli forse per soverchia modestia lo asserisce, e come da molti si va ripetendo, un'impor-tanza meramente storica, non potrà non esercitare una seria influenza su qualunque assemblea sarà chiamata a deliberare intorno alle Convenzioni proposte; e quali che possano essere le deliberazioni che verranno prese in proposito, non potrà mai dirsi, che la quistione sia stata insufficientemente studiata, e che facciano difetto i dati necessari a convenientemente risolverla.
Certamente noi non intendiamo dire con ciò che l'onorevole Gabelli, e con esso la maggioranza della Commissione parlamentare, siano in tutto e per tutto nel vere, e che tutte le loro conclusioni debbano venire accolte. Crediamo anzi che in molte parti, possano alle medesime contrapporsi delle serie obbiezioni, e per parte nostra ne dissentiamo radicalmente, anche in taluno dei punti di più capitale importanza.
Ciò non toglie però che la relazione dell'onorevole Gabelli, frutto di convinzioni seriamente pensate, ed esposta senza ambagi nè reticenze di sorta, sia un la-voro degno del maggiore studio e della maggior consi-derazione, e tale da meritare la pubblica riconoscenza.
Si è quindi per ciò che noi togliendo occasione dal medesimo ci accingiamo di buon grado a riprendere quel breve esame delle quistioni collegate colla appro-vazione delle Convenzioni ferroviarie, di cui, è già qualche tempo, avevamo incominciato a intrattenere i lettori dell' Economista.
radicai-368
mente ed assolutamente avverso alle medesime. Sola la Convenzione pel riscatto delle ferrovie Romane è sottratta alla generale ecatombe, per ragione di una ineluttabile necessità; ma anche una tale acquiescenza per parte della Commissione, non è scevra di condi-zioni e di limitacondi-zioni come meglio esporremo in ap-presso. — Del resto, il riscatto delle Meridionali, l'appalto dell'esercizio, la costruzione di nuove linee, ed il correlativo prestito di 300 milioni sono irremis-sibilmente condannate, senza che si riconosca militare in loro favore neppure l'ombra delle circostanze at-tenuanti.
Fra il sistema proposto dal ministero e quello della Commissione corre adunque la più assoluta divergenza. Partendo dal primo bisogna venire alla conseguenza che la Commissione ha frainteso i veri termini della quistione, e quindi formulato una congerie di obbietti uno più infondato dell'altro, accettando il secondo, è mestieri sottoscrivere alla più umiliante patente di insipienza e di incapacità amministrativa che un ga-binetto qualunque abbia mai potuto meritare.
Da che parte starà la verità? Da nissuna delle due, diremmo noi se ci venisse richiesta una risposta re-cisa; o per meglio dire, come suole il più delle volte accadere, la verità sta nel mezzo. Non tutte le
cen-sure mosse alle proposte del ministero sono ingiuste, moltissime anzi, sarebbe stoltezza il negarlo, sono di intuitiva evidenza, ma, d ' a l t r a parte, in quelle pro-poste si contengono dei principii giusti, che con qual-che opportuno temperamento, potrebbero venire util-mente attuati.
Questa, in poche parole, è la tesi che noi ci propo-niamo di svolgere e che ci auguriamo dimostrare essere l'unica accettabile per risolvere la gran que-stione del riordinamento del sistema ferroviario in Italia. Nel farlo però non sappiamo astenerci dal de-plorare che gli onorevoli componenti la minoranza della Commissione parlamentare non siansi data cura di esporre dettagliatamente, anziché con vaghe e ge-neriche proteste e riserve le ragioni del loro dissenso dagli altri colleghi, perchè ove lo avessero fatto cre-diamo ci sarebbe stato agevole trovare, nelle loro ar-gomentazioni, di che suffragare il nostro assunto, che forse non manca di qualche punto di contatto colle idee della minoranza suddetta.
Frattanto per procedere con ordine nell'esame delle contrarie opinioni che si dividono il campo, ci è me-stieri ritornare brevemente sopra un argomento già trattato da noi, e precisamente sulla convenienza di attribuire allo Stato la proprietà delle ferrovie na-zionali, poiché è contro l'attuazione di questo prin-cipio che la relazione parlamentare rivolge anzitutto i suoi virulenti attacchi.
Senza ripetere però quella serie di considerazioni (già note ai nostri lettori), che ci indussero a scen-dere in un concetto diametralmente opposto a quello manifestato dall'onorevole Gabelli, ci limiteremo a
prendere in esame le argomentazioni di quest'ultimo, per vedere se le medesime fossero per avventura tali da doverci indurre a modificare la nostra opinione. L'onorevole Gabelli dopo aver dichiarato (ed in ciò concordiamo perfettamente con lui) che nella quistione dell'ordinamento delle proprietà ferroviarie come in quasi tutte le quistioni di ordine finanziario ed eco-nomico, riesce impossibile dettare massime generali ed assolute, soggiunge che la questione non può essere di dubbia soluzione per noi, giacché molte conside-razioni debbono indurre a rigettare il progettato ri-scatto: ed eccone (secondo la relazione) il perchè.
L'Italia, si dice, è un paese, in cui ben lungi dal regnare uniformità fra le varie provinole, si notano nelle condizioni intellettuali economiche e quindi nei respettivi bisogni, differenze sostanzialissimo fra re-gione e rere-gione, per cui lo Stato assumendo sopra di sè e regolando il servizio ferroviario di tutto il Regno, o dovrebbe applicare ovunque quelle misure che pos-sono essere utili soltanto in alcune provincie maggior-mente avanzate nella via del progresso, incontrando la taccia di prodigalità, o adottare differenti modi di trattamento, incontrando quella di essere ingiusta-mente parziale. Non è difficile peraltro rispondere a questo primo obbietto, osservando come un tale incon-veniente non si evita per nulla (e ne abbiamo tuttodì la prova) coll'attuale sistema delle sovvenzioni o del-l'ingerenza governativa nelle società ferroviarie, anzi si fa forse maggiore, poiché lo Stato che ha pagato e che paga per le ferrovie, ingenti somme di denaro, senza le quali esse non potrebbero esistere e che quindi ha in mano mezzi coercitivi sufficienti, per imprimere un dato indirizzo alloro esercizio, si ritiene egualmente re-sponsabile del cattivo andamento di questo, e di tutte le ingiuste diseguaglianze che ne possono derivare. Se non ohè anche l'onorevole Gabelli viene a distruggere di per sè stesso la sua obiezione quando, in altra parte del suo lavoro, combattendo non solo il pro-getto di costruire nuove linee, m a quello altresì di determinare a priori il numero minimo dei treni quo-tidiani sopra ciascuna linea, dice che, pel buon anda-mento del servizio ferroviario, bisogna lasciar da parte l'idea di un regime uniforme, e tenere soltanto per norma le esigenze ed i bisogni locali.
6 agosto 1874 L' E C O N O M I S T A
369 grandi Società ferroviarie? Di quale maggiore
inizia-tiva individuale godono mai questi ultimi? Non devono forse essi pure in tutto e per tutto dipendere da una direzione generale che spesso lascia dormire sul suo banco le richieste, le più giuste e le più urgenti? -Davvero che il vantare i benefizi dell'industria privata applicata alle ferrovie, quando questa debba esercitarsi da una Società anonima sullo stampo di quelle tante sorte fra noi, è dar prova di una tale ingenuità che noi non riusciamo neppure a comprenderei
Si dice poi in terzo luogo che viste le perduranti strettezze dell' erario nazionale, non è troppo remoto il pericolo che lo Stato, proprietario delle ferrovie, se ne faccia uno strumento di mire fiscali, rialzando le tariffe; nel qual caso il progettato riscatto anziché giovare nuocerebbe allo sviluppo economico del nostro ; paese. Certo, non lo neghiamo, l'inconveniente sarebbe gravissimo, e se non vi fosse modo di ripararvi dovreb-besi per ciò solo rigettare il riscatto. Ma che forse il Parlamento non conta per nulla ? Lo stesso onore-vole Gabelli, osservando che i proventi ferroviari ove si devolvessero a favor dello Stato, verrebbero ad as-sumere il carattere di pubbliche entrate, e dovrebbero perciò determinarsi preventivamente colla legge del bilancio, ci addita egli stesso il rimedio. Si stabilisca infatti la massima che il Parlamento dovrà fissare con apposita legge il maximum delle tariffe ferroviarie, ed ogni pericolo diverrà per questo lato impossibile.
Finalmente, e questo forse è l'obbietto più serio, la Commissione osserva che uno Stato come il nostro, il quale chiude ogni anno il suo bilancio con un visto-sissimo disavanzo, non può pensare a caricarsi di nuovi aggravi per farsi acquirente delle ferrovie nazionali, mentre gli stati in condizioni straordinariamente pro-spere hanno ritenuto inopportuno per sè un tale acqui-sto. Di più la Commissione, rilevando una frase un poco ambigua della relazione ministeriale, esprime il dubbio che l'acquisto della proprietà ferroviaria che oggi si propone non dovrebbe essere altro che un modo di pro-curarsi materia a qualche disastrosa operazione finan-ziaria per l'avvenire.
Noi non vorremmo certo negare che di fronte alle condizioni nostre finanziarie il riscatto delle ferrovie sarebbe un onere doloroso che noi andremmo ad im-porci. Ma sventuratamente per noi, non ci troviamo in situazione tale da poter liberamente scegliere il mi-glior partitito, e dobbiamo attenerci invece a ciò che può sembrarci il meno peggio.
Sino da quando si è riconosciuta la necessità di co-struire in Italia quelle linee ferroviarie che sono ormai quasiché compiute, nessuno si è mai dissimulato che questo grande fatto potesse verificarsi senza ingenti sacrifizi pecuniari per parte dello Stato. Solamente si è creduto che quello delle sovvenzioni e delle garanzie chilometriche fosse il sistema meno gravoso per il pub-blico erario. Non v'ha chi ignori quanto si fosse lungi dal vero! La storia delle ferrovie italiane ci dimostra
due cose, cioè: che malgrado i larghi sussidi e le ga-ranzie d'ogni genere che mai hanno cessato di ricevere, malgrado anche i cresciuti profitti, le Società ferroviarie sono sempre andate peggiorando nelle loro condizioni: che ogni qual volta lo Stato si imponeva un onere più gravoso sperando dare con ciò stabile assetto a questa od a quella Società ferroviaria, si trovava in breve nella necessità di ricorrere a maggiori sagrifizi. Questa deplorabile situazione di cose, che nulla ci assicura non possa continuare anche per l'avvenire, deve di per sè sola bastare a consigliare l'adozione di un provve-dimento definitivo, poiché per poveri come per ricchi è meglio sottostare a un sagrifizio grave ma determi-nato anziché rimanere esposti ad una serie indefinita di sagrifizi futuri.
Quanto poi al pericolo che il progettato riscatto ad altro non debba ridursi che a comprare oggi per aver dimani modo di vendere od ipotecare, come pur troppo autorizza a sostenerlo una frase poco felice della rela-zione ministeriale, noi diciamo — che se pure tale fosse (e non lo crediamo) l'intenzione del Ministero, questa non sarebbe che cosa meramente personale, e certo nè agli attuali nè a futuri ministri riuscirebbe facile, dopo l'esperienza del passato, l'ottenere dal Parlamento l'ap-provazione per operazioni finanziarie disastrose. In ogni modo, per rendere ancor più remoto questo peri-colo, basterebbe rigettare l'appalto dell'esercizio ad una unica e potente società, la quale colla sua stessa esi-stenza potrebbe servire d'incentivo e di mezzo a com-binazioni del genere di quelle temute.
Ecco perchè, malgrado la dottrina dell'onorevole relatore e l'autorità della Commissione parlamentare, noi rimaniamo sempre convinti della opportunità di accogliere in genere la massima del riscatto, salvo a discuterne le modalità della sua attuazione. Di queste pure avremmo voluto occuparci oggi, ma la tema di abusare di troppo della sofferenza dei nostri lettori ci costringe a differire questa ricerca sino alla prossima settimana.
LE A R T I T E S S I L I
La loro importanza relativa nei diversi Stati dell'Eu-ropa. — Sviluppo rapido dell'industria dei cotoni e sue cause.
I
370 L' E C O N O M I S T A sono trattate da niuno nel loro insieme. La raccolta e la
preparazione delle sostanze filamentose, i bisogni diversi, che soddisfanno i loro prodotti, la fabbricazione del filo e delle stoffe, i mezzi con cui si ottengono, i progressi tecnici e le loro conseguenze economiche e sociali, non sono in generale ricordate altro che in modo eccezionale. Eppure, senza esagerare, il valore dei prodotti filamentosi trasformati annualmente in Europa, ascende a una somma dai dodici ai tredici miliardi. Dna tal cifra potrebbe dar ragione a coloro che rimproverano all'industria di pro-durre soverchiamente, che l'accusano di accumulare i generi e di sopraccaricare i mercati, ma non deve per-dersi di vista che su questi dodici miliardi di prodotti tessili europei, se ne vendono nelle varie parti del globo, fuori dell'Europa, quattro miliardi e mezzo. La consu-mazione dei nostri paesi occidentali si limita dunque a 12-4,5, cioè a sette miliardi e mezzo e a 25 franchi a testa per una popolazione di 300,000,000 d' europei. Queste cifre, approssimativamente esatte quanto è pos-sibile in tempi normali, danno a divedere che la pro-duzione non è troppo elevata, ma che la consumazione è insufficiente. Che è mai una spesa media di 25 franchi per individuo per ogni specie di abiti nelle diverse sta-gioni dell'anno? La penuria di questa parte delle spese individuali reca meraviglia, quando si pensa che un certo numero di consumatori, secondo il loro gusto e il loro sesso, spendono, per il lusso e per le agiatezze, dieci, venti, cinquanta, cento e talvolta anche mille medie di 25 franchi. Il numero degli individui di ogni gruppo è, ò vero, in ragione inversa dell'aumento della spesa, più grande nelle città che nelle campagne, e diminuisce in tutti i casi la debole media di consumazione della massa, allorché si riflette alle cause che possono far aumentare questa consumazione in favore del maggior numero, si resta convinti che il mezzo principale è nell'aumento costante della produzione, se essa corrisponde a uno spac-cio proporzionato che dipende dalla prosperità generale delle popolazioni e dello stato dei progressi economici e tecnici. L'esattezza di queste considerazioni formulate implicitamente in un'assioma generale concernente l'of-ferta e la domanda, può dimostrarsi sempre più con le cifre del movimento industriale e commerciale a cui danno luogo le materie tessili nei principali paesi d'Europa. Per appurare la vera situazione relativa, dopo aver dato in massa la produzione di ogni paese, bisogna ricondurla all'unità. Ora, se si esamina la produzione di ogni paese indipendentemente dalla popolazione, si arriva al quadro seguente, che dà i rapporti per cento.
Inghilterra 39 °/0
Francia 26 Russia - . . 10
Austria 8 Prussia (prima della guerra) . . 7
Italia 3, 5 Belgio 3, 3
Svizzera 2 , 3 Spagna 0 , 9
100 °/o Se, d'altra parte, si ricerchi la produzione e la con-sumazione per individuo in ogni paese, il luogo occupato da alcuni sarà modificato nel modo seguente :
P r o d u z i o n e C o n s u m o p e r i n d i v i d u o p e r individuo Inghilterra Fr. 143,68 8 5 , 2 3 Francia 74,30 52, 73 Belgio 60,00 38,00 Austria 28,56 27,11 Prussia-Zollverein (prima
del-la guerra) 27,38 14,11 Russia 15,35 12,52
Fr. 349, 24 229, 70 Per spiegare come noi siamo arrivati alle cifre sinora esposte, prenderemo prima ad esempio quelle che con-cernono l'Inghilterra. La produzione annuale dei fili e dei tessuti vi si eleva a una somma totale di 4,536,000,000 di franchi, comprendendo l'insieme dei prodotti del cotone, della seta, della lana, della canapa, del lino, del jute, dell'alpaga, del mohair; dividendo questa cifra in una popolazione di 31,500,000 anime, abbiamo trovato i 143 franchi e 68 cent, del quadro per la produzione di ogni individuo. Se da questa cifra totale della produzione si sottraggono due miliardi e mezzo che rappresentano al minimo il valore dell' esportazione inglese dell' insieme dei prodotti filamentosi, e aggiungendovi l'importazione di 649,000,000 circa, la consumazione interna è rappre-sentata da 2,685,000,000 di franchi, cioè quasi un con-sumo di 85 franchi e 23 cent, per individuo. Nessun paese presenta una consumazione cosi elevata ; essa è in rapporto con la cifra della produzione, la quale è mag-giore di molto.
Se, da un altro lato, noi esaminiamo le cifre concer-nenti la Francia, noi avremo, per la produzione interna in fili e tessuti di ogni specie, 2,750,000,000 negli anni che precedettero gli ultimi avvenimenti; aggiungendo a questa cifra una somma media di 495,800,000 franchi p e r l e stoffe importate, si avrà per un anno 3,245,800,000 franchi, che rappresentano l'insieme degli articoli tessili del mercato francese. Eliminandone le esportazioni an-nuali che ascendono a 1,268,100,000 franchi, alla stessa epoca, resteranno per la consumazione interna franchi 1,977,700,000, i quali, divisi per 37,000,000 di individui, danno i 52 franchi e 73 cent, precitati.
Il paragonare le cifre di questo quadro conferma la correlazione che esiste fra la produzione e la consuma-zione. Se, per farsi un'idea anche più chiara della po-tenza produttrice e della consumazione di ogni paese, si stabiliscano all'1/100 per i sei principali paesi di Eu-ropa, si arriva al quadro seguente:
R a p p o r t o per 100 R a p p o r t o p e r 100 dei p r o d o t t i tessili dei p r o d o t t i tessili f a b b r i c a t i por a n n o c o n s u m a t i p e r a n n o e p e r individuo e per i n d i v i d u o Inghilterra . . . 41,14 37,08 Francia . . . . 21,27 22,49 Belgio . . . . 17,18 16,45 Austria . . . . 8,17 11,70 Antica Prussia. . 7,84 6,09 Russia . . . . 4 , 4 0 6,19 100, 00 100, 00
6 agosto 1874 L' E C O N O M I S T A 371 solo in ragione del benessere creato dal lavoro industriale,
ma ancora sotto l'influenza dell'agricoltura e del com-mercio.
Più queste sono prospere e più la spesa generale si eleverà. Tuttavia, malgrado la valida influenza dell'ele-mento agricolo e commerciale, benché in certi paesi la consumazione dei tessili superi la cifra della produzione, il movimento industriale ha una tale preponderanza, che i quadri della consumazione non ne sono modificati. Que-sto fatto dimostra da sè solo la parte importante della industria automatica che moltiplica la potenza dell'ope-raio. Nei paesi, ove la produzione è rimasta la conse-guenza della forza muscolare, i resultati si trovano ne-cessariamente limitati a quantità relativamente insigni-ficanti. La Russia, per esempio, che impiega quasi tanti operai quanti ne impiega l'Inghilterra, ma ove il filare e il tessere sono eseguiti in gran parte a mano, figura nelle ultime file della produzione e della consumazione. Non è quindi il salario quotidiano, di pochi kopecks, appena sufficiente ai bisogni alimentarii, che permette di fare una riserva per 1' acquisto di abiti. La debole inedia della consumazione individuale indicata non po-trebbe tuttavia essere ottenuta neanche in Russia senza le spese elevate della classe ricca e senza le risorse che vi offre il lavoro agricolo, in ispecie la coltura della canapa e del lino, l'allevamento delle bestie bovine ecc.
La media delle consumazioni della Prussia, un po' in-feriore anche a quella della Russia, risulta, al contrario, principalmente dalla produzione manifatturiera, e non potrebbe esser raggiunta, mercè l'insufficienza dei mezzi di cui dispone la massa della popolazione, insufficienza dimostrata dalla sua notevole emigrazione.
Benché i nostri quadri si riferiscano soltanto ai prin-cipali paesi dell' Europa, bastano a rivelar l'ordine della loro importanza; se, infatti, noi estendiamo questi qua-dri, aggiungendovi quei paesi di cui abbiamo soltanto le produzioni, i gradi reciproci non cambieranno punto. L'Inghilterra, la Francia e il Belgio continuano a rima-nere alla testa; la Svizzera vi prenderebbe il quarto posto, l'Italia il quinto, il sesto sarebbe riservato alla Spagna; aggiungendo a queste nazioni altre del Nord e delle spiaggie del Mediterraneo, secondarie sotto il rapporto industriale, si arriverebbe alla cifra di 12 miliardi, al-meno, cifra enunciata qui sopra.
I nostri lettori scuseranno questi particolari, e le cifre forse troppo numerose, in favore di fatti a cui servono di dimostrazione ci provano che non siamo più al tempo in cui la produzione di un paese si calcolava in propor-zione del numero de'suoi abitanti. La produpropor-zione della Gran Brettagna è quasi quattro volte quella della Rus-sia, mentre la popolazione di quest' ultima è maggiore del doppio; 77,000,000 contro 31,500,000; 4,000,000 belgi danno quanto 25,600,000 russi e la produzione di uno svizzero corrisponde quasi a quella di quattro spagnuoli. Risulta, senz'altro, da ciò che precede che la potenza produttiva è in ragione dello sviluppo dei mezzi mate-riali, i più in progresso, della diffusione, delle conoscenze professionali, e dell'esperienza acquistata. Sebbene alcuni di questi mezzi, considerati nei loro principii generali applicati ai rami più importanti delle arti tessili, siano attualmente del dominio universale, non bastano tuttavia a tener fronte a quei paesi che riuniscono l'insieme
de-gli elementi a cui alludiamo. È incontestabile che oggi si filano nelle Indie certi cotoni con la macchina auto-matica formata dai costruttori di Manchester, e che altri costruttori francesi hanno montato filatoi e tessiere au-tomatiche nelle Repubbliche dell'America del Sud. Questi mezzi, di cui più agevolmente dispongono la Russia e la Spagna, non hanno potuto tuttavia, sotto il rapporto dei resultati, equiparare la distanza che esiste fra questi paesi e quelli che sono i più avanti nell'industria. I mo-tivi di queste differenze e le anomalie che presentano alcuni dei paesi favoreggiati, al punto di vista della si-tuazione geografica, non possono spiegarsi completamente con l'assenza di una parte degli elementi che fanno la fortuna dei principali passi manifatturieri. Vi sono, se-condo noi, cause intime che modificano le attitudini in-dustriali delle popolazioni. Queste eause meriterebbero esse sole uno studio particolare, noi ci limiteremo a far notare che fra le condizioni, che influiscono sullo sviluppo del lavoro della manifattura in generale, indipendente-mente dal carattere delle sostanze trasformate, ve ne sono di speciali che contribuiscono a far var are il grado di potenza produttrice dei diversi paesi con la natura dell'industria. A prima vista l'Inghilterra e la Francia sole sembrano egualmente adatte a assimilarsi tutte le industrie manifatturiere ; ma, esaminandole più da vicino, si riconoscono a queste nazioni attitudini proprie nelle quali eccellono più o meno. Si sa che il Regno Unito è di molto il più innanzi nella produzione delle stoffe in cotone; la Francia, al contrario, occupa il primo posto nell 'insieme delle specialità, con le quali ha relazione il lavoro della seta. Questa superiorità della Francia è molto notevole, poiché, or fa un secolo, essa era considerata fra i paesi più inferiori per la coltura. Nei rami fonda-mentali, ove la Francia e l'Inghilterra sembrano essere eguali, vi sono tuttavia articoli proprii di ciascuna di esse.
I tessuti di lana, fra gli altri, i tessuti del genere
me-rinos, che l'industria francese fornisce al mondo intero,
mancano quasi all'Inghilterra; essa ha una supremazia notevole nella produzione delle magnifiche stoffe formato con lana lunga, di cui il popéline è il tipo principale. Differenze analoghe si trovano nelle industrie della te-leria. L'Inghilterra ha la prima saputo profittare del-l' invenzione, tutta francese, della filatura del lino e l ' h a applicata, non solo a questa materia, ma anche al jute,
o canapa dell'India, in una proporzione considerevole;
la Gran Brettagna è rimasta addietro alla Francia nella trasformazione delle canape. Fatti analoghi si notano nelle trasformazioni di certe fibre animali esotiche. Il
mohair e 1' alpaga formano una parte importante e
L' E C O N O M I S T A 6 agosto 1874
gli altri paesi manifatturieri dell' Europa presentano la-cune e differenze anche più spiccate e varietà industriali di cui i motivi sono difficili a spiegarsi alla prima. Il Belgio, per esempio, così industrioso, che si è rapida-mente appropriato il lavoro del cotone e che praticava uno dei primi in Europa quello del lino e delle lane, non possiede tutte le parti di quest' ultima specialità ; quella dei tessuti lisci in lana gli manca quasi del tutto, come gli manca l'industria della canapa e tutto ciò che ò relativo alle numerose trasformazioni della seta. La Svizzera, in apparenza sì poco favoreggiata sotto il rap-porto industriale, il clima della quale non è propizio alla coltura del gelso e che è obbligata ad andare ben lungi a cercare le materie prime filamentose, ha dato immenso sviluppo a certe parti del lavoro delle sete e dei cotoni. La fabbricazione degli altri prodotti tessili vi è quasi insignificante, malgrado il genio manifattu-riero de'suoi abitanti. Se queste differenze non sono espli-cabili senza serie ricerche, quelle della superiorità di alcune nazioni in eerte direzioni si mostrano, al contra-rio, da sè. Le ragioni della prosperità dell' industria se-ricola in Italia sono ben naturali. Nessun terreno è più acconcio alla coltura del gelso, nessun clima e più pro-pizio all' educazione del baco da seta ; questo paese al-tresì appropriandosi uno dei primi in Europa tutto ciò che è relativo alle trasformazioni dei fili e di certe spe-cie di seterie, è divenuto classico in questa via. Esso ha saputo in questi ultimi tempi reagire con molta ener-gia contro 1' epidemia che, per tanti anni, ha compro-messo l'industria sericola. Vi furono applicati con per-severanza e intelligenza i rimedi suggeriti in tutti i tempi, e quelli trovati di fresco da uno scenziato fran-cese, così che si pervenne a ridurre la produzione al suo stato normale. D' altra parte, conoscendo le risorse del suo territorio e del suo clima, l'Italia sviluppa nella sua parte mediterranea la coltura del cotone, che vi fa ogni anno notevoli progressi. Una parte delle filature del paese è alimentata dal cotone raccolto sul suo territo-rio. Allato a questi notevoli fatti dell'attività industriale italiana, dobbiamo segnalare i tentativi modesti ma pro-gressivi che vi si sono compiuti nella specialità delle lane e delle telerie, queste ultime tanto favoreggiate dalla coltura delle canape più stimate. La Germania e 1' Austria, così innanzi nella produzione delle belle lane, posseggono da varii secoli la fabbricazione delle lane in drappo, nella quale non sono superate da alcuno; esse hanno fatto anche, non senza successo, tentativi per le trasformazioni delle seterie coi fili prodotti in Francia e in Italia, per le belle qualità, e soprattutto con le sete esotiche per la massa dei prodotti ordinari. Ma anche in questi paesi, la bella industria di cui 1' articolo me-rino» offre il tipo è ancora ne' suoi primordi e non si sviluppa altro che coli' adoperare fili francesi e alsaziani. Le industrie delle sostanze vegetali, del cotone, della canapa, del lino, dei fili da cucire e della teleria, vi sono, al contrario, più avanzate e presentano da certi punti di vista, qualità notevoli, negli stabilimenti del-l'Austria e della Germania. I nostri apprezzamenti som-mari su quest'ultima non si applicano, ben inteso, alla Alsazia, di cui la situazione industriale e i progressi co-spicui sono resultato del genio speciale della popolazione alsaziana e del gusto francese.
Malgrado la vasta estensione del territorio russo, ove si possono coltivare quasi tutte le materie prime, anche il gelso, nella sua parte meridionale, le diverse indu-strie tessili cominciano solo a svilupparvisi dal punto di vista della manifattura: quasi tutto il lavoro, come noi 1' abbiamo detto precedentemente, vi si fa a mano e i prodotti, ottenuti dalle trasformazioni automatiche, di-mostrano che non si è ancora raggiunta 1' esperienza e 1' abilità dei paesi più innanzi nell' industria.
Della Spagna, una volta tanto celebrata per il lavoro dei tessuti, che si è assimilata, per la prima, i metodi di trasformazione conosciuti dagli orientali, noi ne par-leremo sol per memoria, poiché se le arti tessili vi sono sopravvissute alle sue dissensioni funeste, la loro esi-stenza è dovuta soltanto a un regime protettore dei più
energici. (continua).
LE CONDIZIONI DI VENEZIA
Onorevole signor Direttore,
Ho letto con un interesse relativo la serie di corri-spondenze che sotto il titolo: le condizioni di Venezia furono pubblicate recentemente nella Gazzetta d'Italia. Una di quelle corrispondenze e precisamente la settima in data 16 giugno dove è discorso della questione la-gunare, ha fermata però in modo singolare la mia at-tenzione. Parvemi che il problema vi fosse trattato con una certa leggerezza con poco esatto apprezza-mento sulle idee e sugli intendimenti attuali di Ve-nezia, verso la quale il corrispondente, pure mostrando amore ed interesse, non fu nè giusto, nè benevolo nei suoi scritti.
La vita dei popoli non dee misurarsi soltanto su quella degli individui ma bisogna valutare e compren-dere in un tutto, una grande epoca e su quella stu-diare, ragionare, giudicare e predire. Quale garanzia può presentarci uno scrittore che volesse analizzare le condizioni di un popolo prendendo come base dei suoi studi e delle sue speculazioni un decennio o due? Molti effetti che all'occhio del volgare osservatore, anche fornito di ingegno, ma non di profonde cognizioni, ap-paiono chiaramente derivare da cause recenti, hanno origine invece da altri coenti e da altri fatti, che sfug-gono, ove manchi quella facoltà, non a tutti concessa, di abbracciare con un sol colpo d'occhio una grande epoca, ed una serie complessa di avvenimenti e di fatti, a prima vista disparati e disgiunti, ma in realtà stret-tamente collegati e conseguenti.
6 agosto 1874
mentre ascoltano con indifferenza e non insuperbiscono ai ricordi dei loro avi tanto spesso invocati, non ge-mono nè si scoraggiano al piagnisteo dei loro con-temporanei, abbia esso pure lo scopo, cbe si vorrebbe dire santo e patriottico di esagerare il male per fo-mentare maggiormente il bene.
Le vere condizioni economiche di Venezia si pos-sono tratteggiare, ben inteso a larghi spazi, in poche parole.
Venezia in altri tempi fu grande e forte sul mare, e spinse tant'oltre la sua prosperità da non aver ri-vali. Un cumulo di circostanze favorevoli secondarono l'ardimento de'suoi cittadini ove non sia meglio dire, che l'ardimento dei cittadini secondò le circostanze favorevoli, cessate le quali, Venezia cadde da quella fa-volosa prosperità a cui era giunta e per lungo tempo visse dei resti della sua fortuna e delle ricchezze che aveva accumulate, subendo l'altalena della prosperità e delle crisi che subirono tutti gl'i altri porti del mondo. Pretendo con queste quattro parole d'essere arrivato sino al principio del presente secolo.
Perduta l'indipendenza, vessata in tutti i modi, go-vernata da chi vedeva di mal occhio la sua prosperità e voleva che Trieste divenisse la Venezia commerciale moderna e Pola l'arsenale dell'antica Venezia, la città nostra perdette tutto il suo potere su quel mare dove avea dominato sola dapprima, in comune più tardi.
I Veneziani che videro chiuso il loro porto ed il loro arsenale dal Governo nemico, non perdettero nè atti-vità nè coraggio, ma compresero, con quel tatto che li distinse sempre, ehe bisognava rivolgere altrove e il danaro e la speculazione. Ed i nostri ricchi Veneziani si rivolsero alla terraferma.
Io vorrei domandare se fu mai calcolato con quali danari abbiano avuto, da mezzo secolo a questa parte, vita, vigore e prosperità le numerose industrie del Ve-neto; — a quali danari si debba la rigogliosa agricol-tura e l'incontrastabile miglioramento che subirono le campagne del Veneto; — con quali danari si siano si-lenziosamente, ma realmente, bonificati immensi spazi di terreni paludosi intorno alla laguna, bonificazioni che, a chi le conosce paiono impossibili, tanto ardita-mente concepite ed eseguite.
I capitali dei nostri Veneziani non rimasero inope-rosi negli scrigni, come affermano coloro che vorreb-bero conoscere la struttura geologica di un paese esa-minando l'erba dei suoi prati. — Dal mare passarono alla terraferma; — i bastimenti si mutarono in cascine, le ancore in aratri; ecco tutto; e se v' è chi non se ne accorse, i fatti non sono per questo meno veri.
Fu lenta la trasformazione, ma lenta in paragone alla vertiginosa rapidità con cui l'epoca nostra vorrebbe la maturazione di qualunque avvenimento, non lenta in paragone alle innumerevoli difficoltà di diversa na-tura che vi si frapponevano.
Ed in questo fatto, incontrastabilmente vero, si tro-verà anche facilmente la causa del lento sviluppo della
373 Venezia commerciale di adesso, seppure si può chiamar lento il progresso di un commercio che ogni anno va meglio che triplicandosi; — si troverà la causa della difficoltà di impiantar cantieri proprio qui dove tanti ne esistevano; — della scarsezza di scolari veneziani nelle scuole nautiche e commerciali di questa città che diede tanti marini e tanti negozianti, eco.
Ma il dire per questo che Venezia non risorgerà mai più, e dubitare del suo avvenire, è una frase e nulla più, una frase che manca di senso pratico e di vej'ità.
Date tempo al tempo ! Lasciate che scorrano gli anni ' e non pretendete di raccogliere oggi il frutto di una pianta ieri seminata; — non pretendete che una popo-lazione schiacciata per lunghi anni da avvenimenti sfavorevoli al suo benessere, scatti su come una molla, solo perchè il soffio della libertà la benefica; — e non pretendetelo specialmente quando siete costretti voi stessi a confessare che questo soffio celeste venno ac-compagnato da una fittissima schiera di angeli e di serafini sotto forma di imposte, balzelli, gelosie, diffi-coltà, diffidenzo ed errori d'ogni fatta, accompagna-mento tutt'altro che opportuno ad agevolare i miracoli che attendevate.
Possibile che nella nostra epoca così eminentemente positiva ed esclusivamente utilitaria, gli uomini di un' altra epoca tutta sogni e poesia, non comprendano che sono spostati, e che la più bella prova di amore che possano dare alla patria si è quella di condannarsi spontaneamente al silenzio? — Al contrario, tutti par-lano, tutti giudicano, anche se il suono della loro voce, accordata ad un corista ormai fuori d'uso, riesce stuo-nato colle moderne leggi che regolano l'armonia!
Guardate! — Si apre l'istmo di Suez, e t u t t i rico-noscono l'immenso vantaggio che l ' I t a l i a può trarre da questo avvenimento. Ma subito si vuol vederlo e palparlo questo vantaggio, perchè nella mente di certi uomini si è immaginato che da secoli interi una flotta innumerevole carica di halle di cotone, di droghe e di altri prodotti asiatici, attenda al di là del Mar Rosso l'apertura dell' istmo per gettarsi sull' Italia ed inon-darla di commercio!
E dopo cinque o sei anni dall'apertura questi infe-lici sognatori rimasti disillusi, nulla palpando si mettono in coro lamentoso a sentenziare che l ' I t a l i a non approfitta punto dell'istmo di Suez e che la sua apatia è incurabile !
Si è dimenticata siffattamente la storia da non ri-cordare con quanta lentezza e fatica si formi la pro-sperità di un popolo? Si è d i m e n t i c a t a . . . . ma taglio corto alla digressione, tanto più che ella, signor Di-rettore, sarà di già spaventato al pensare che non sono che all'esordio.
volontà, obbedisce a degli istinti. — Se coprite con un vaso opaco una pianta, ed al vaso praticate un foro da un lato, vedrete la pianta lentamente piegarsi e finire col volgersi verso il foro; è un bisogno di luce e di aria quello a cui obbedisce la pianta. — Una città posta dove è Venezia non può che diventare una città emi-nentemente marittima. — Se non vi concorresse la vo-lontà degli uomini, vi concorrerebbe il loro istinto. — Se circostanze eccezionali hanno stornata dal mare la forza espansiva commerciale, se così posso esprimermi, dei Veneziani, appena il mare le ritornerà libero, si riverserà di nuovo in esso.
Per raggiungere la meta non occorre che il tempo. Della prosperità avvenuta di Venezia io non dubito punto giacché ritengo che risponda ad una legge fisica come la caduta dei gravi. — Ma se in Olanda, dove l'uomo trovò una ottima posizione commerciale, si fab-bricarono città dove sembrava non potessero esistere, sono gli uomini che cercarono l'opportunità commer-ciale od è questa che chiamò quelli? Io dico, prendete gli abitanti degli Abruzzi e spargeteli sulle coste na-poletane, in due o tre generazioni muteranno costumi e diventeranno necessariamente pescatori e marini. — Venezia diventerà uno dei più grandi porti com-merciali d'Europa perchè deve necessariamente dive-nir tale.
Ciò per Venezia commerciale, in quanto alla Venezia morale, o alla Venezia municipale per esprimermi me-glio, le cose vanno è vero non troppo bene. Ma, giova ben persuadersene non ne hanno colpa gli uni più degli altri. Le circostanze sono difficilissime e molte le esi-genze ; — tutto è da fare e non si vede da qual parte dar principio alla trasformazione morale e materiale della città. Basterebbero all'uopo otto o dieci uomini di cuore, di testa e di coscienza, che sapessero e voles-sero prendere le redini dell'Amministrazione e, senza guardarsi intorno, si rivolgessero diretti, con idee bene stabilite, ad una meta ben precisata. — Ma di queste decine d'uomini che sono, o credono d'essere allo scopo adattatissimi, chi lo crederebbe? ve ne sono troppe !
Le cose più semplici si complicano, le più evidenti si travisano, le necessità si mostrano come errori, e l'opinione pubblica traviata dalle esposizioni poco esatte e dai giudizi partigiani, si confonde e non risulta con-tenta di quelli stessi che poi chiama a reggere la città, lo non ispero che una cosa sola, che cioè il governo, intorno all'opera del quale verso Venezia, parlò egre-giamente il corrispondente già citato, che il governo, dico, continui per stranissime combinazioni a trattare Venezia così male, e che questo fatto gravissimo pro-duca una vera e leale alleanza di tutti gli elementi buoni e giovani della città, per scongiurarlo.
E qui parendomi d'aver reso eccessivamente lunga la mia lettera, mi trovo costretto a domandarle, si-gnor Direttore, il permesso di scriverne un'altra sulla
6 agosto 1874 questione lagunare, il vero scopo per il quale presi la penna e chiesi posto nel suo giornale.
A. J .
—
IL RIALZO NELLO SCONTO
D E L L A B A N C A D ' I N G H I L T E R R ALunedì, 27 luglio, la Banca alzò il suo sconto al 3 per cento. Dall'ultimo rapporto, una somma considerevole di moneta francese fu presa per Parigi ; si ebbe il solito riflusso di moneta a motivo della raccolta e dei viaggi, e il risultato è la riduzione della riserva nel diparti-mento della Banca d' Inghilterra a 10,773,000 sterline, e della moneta e dell' oro in verghe à 22,478,000 ster-line, dopo la quale non sarebbe saggio il permettere altre riduzioni. Come vi fu un ritiro considerevole, dac-ché lo sconto fu alzato, può divenire presto necessario il fare un altro rialzo.
Ai nostri più antichi lettori queste figure sembreranno troppo larghe per parlarne così, ma poiché noi avemmo spesso occasione di spiegare che la riserva di una banca non è una quantità astratta che possa giudicarsi da mere figure, deve giudicarsi col paragone alle obbliga-zioni contro le quali è tenuta. E durante i pochi anni decorsi le obbligazioni dell' Inghilterra sono molto au-mentate. Specialmente dal principio della guerra franco-germanica, e dalla sospensione dei pagamenti in ispecie eseguita dalla Banca eli Francia, può esser richiesta al nostro paese una quantità di oro in verghe maggiore di quella che fu sino ad ora possibile, e poiché soltanto essa può ottenersi dal Banking Department della Banca d'Inghilterra, la riserva in tale dipartimento e il totale dell' oro debbon'essere nella. Banca proporzionalmente ac-cresciuti.
Quali sono dunque i prospetti per il futuro ? Come già dicemmo la Banca di Francia ha conservato per pa-recchi mesi uno sconto più alto di quello ammesso nelle altre città dell' Europa.
Il mercato esterno di Parigi non segni completamente la Banca di Francia nei prezzi che essa ammise; ma ne fu molto influenzato, appunto come Lombard Street prova una viva influenza per i prezzi della Banca d'In-ghilterra, anche quando non li segue esattamente. Vi fu nella settimana decorsa quasi l'I per cento di differenza nei prezzi del mercato libero di Londra e di Parigi, e questo è prezzo sufficiente per tentare il denaro ad an-dare da una capitale all'altra.
6 agosto 1874 375 il suo prezzo nel mercato. Non vi è ragione perchè
debba perdere un utile sulla vendita della moneta fran-cese, che qualunque altro possessore di questa ne ritrar-rebbe, e per rendere straordinariamente cara questa moneta.
Col far ciò, crescerebbe soltanto alla fine gli utili di altri speculatori sulla moneta francese e diminuirebbe i propri! ; e un aumento nello sconto quando le condi-zioni naturali del commercio tendano a diminuire la riserva bancaria di questo paese, non è un male, è un bene. E il vero modo di impedire ulteriori richieste sul nostro contante e di arrestare un traffico che non può esser utile, e investimenti che possono riuscir perniciosi. Sebbene un ulteriore aumento dello sconto sia presto probabile, non vi è, come dicemmo, ragione la quale noi possiamo scorgere, per aspettarsi nel prossimo autunno un tale aumento nel prezzo del denaro, come il vedemmo nei due decorsi. I preparativi della Germania per coniar moneta, e quelli della Banca di Erancia per ritornare ai pagamenti in ispecie, sembrano esser venuti a buon fine, ed è a queste che il valore eccessivamente alto della mo-neta, nei tempi a cui alludemmo, deve essere ascritto. Noi possiamo però aspettarci che nel corso dell' anno, la moneta acquisterà maggior valore ; tale è il corso usuale delle cose. Per il solito, la moneta nell'ottobre e nel no-vembre è più cara che in giugno e in luglio, e possiamo attenderci che ciò accadrà anche ora. Il commercio al-tresì si ravviva, e vi è la probabilità di un' eccellente raccolta in tutto il mondo, e ciò contribuirà a rendere in questo autunno la richiesta della moneta maggiore che in molti altri. Ma se accade un rialzo nel valore della moneta, sarà moderato e graduale, e noi non ab-biamo motivo eli temere, se la Banca d'Inghilterra si
conduce con discrezione. (Economist). —
A T T I U F F I C I A L I
La Gazzetta Ufficiale pubblica i seguenti atti officiali: 20 luglio. — 1. Relazione a Sua Maestà circa l ' a n d a -mento dei servizii amministrativi dei Comuni del regno pel 1873.
— La direzione generale dei telegrafi annunzia l'a-pertura di un nuovo ufficio telegrafico in Ostellato, pro-vincia di Ferrara.
La direzione generale delle poste annunzia l'apertura di nuovi ufficii postali in Canino, provincia di Roma; Carpino, idem di Foggia Cerveteri, idem di Roma; Con-tarina, idem di Rovigo ; Cusano Mutri, idem di Bene-vento ; Pellestrina, idem di Venezia ; Roncade, idem di Treviso; Solarussa, idem di Cagliari; Valenzano idem di Bari ; Zuppino (Sivignano), prov. di Salerno.
21 luglio. — 1. Legge in data 4 luglio che impone di ridurre a coltura i beni incolti dei Comuni che sono patrimoniali o divenissero tali.
2. Regio decreto 29 giugno che aggiunge all'elenco delle strade provinciali della provincia di Massa-Car-r a Massa-Car-r a quella che dipaMassa-Car-rtendosi dalla città di PontMassa-Car-remoli, passando per Zeri, deve condurre al confine della pro-vincia di Genova presso Monte Farà.
3. Regio decreto 29 giugno che all'elenco delle strade
provinciali di Pesaro ed Urbino aggiunge quella che dal confine col territorio della Repubblica di San Ma-rino deve raggiungere la strada detta Feltresca del Conca, presso Mercatino di Montegrimano.
4. Regio decreto 23 giugno che approva alcune modi-ficazioni dello statuto della Banca Mutua Popolare di Padova.
5. Avviso di concorso per esami all'impiego di com-putista presso le Intendenze di finanza. Le domande d'ammissione dovranno essere presentate non più tardi del 1 settembre prossimo.
22 luglio. — 1. Decreto ministeriale 7 luglio che de-termina i segni caratteristici dei nuovi biglietti da L. 50 che la Banca nazionale nel regno ha deliberato di so-stituire a quelli ora in corso.
2. Disposizioni nel personale giudiziario.
Pubblica inoltre alcune ordinanze di sanità marittima, che revocano le precedenti ordinanze colle quali e r a stata vietata l'introduzione nel territorio del regno del bestiame e suoi prodotti provenienti dal littorale del-l'Albania, dal littorale della Siria e dal golfo di Salom'a.
23 luglio. — Legge che sopprime alcuni articoli del regolamento 2 5 agosto 1870 sulla imposta di ricchezza mobile e ne modifica alcuni altri.
— Tabella graduale degli scrivani giornalieri del Mini-stero delle finanze, i quali furono dichiarati idonei al-l'impiego di ufficiale di terza classe nel Ministero mede-simo in seguito all'esame da essi sostenuto nei giorni 14 e 15 giugno passato.
— Concorsi alle cattedre di algebra complementare e geometria analitica nella regia Università di Torino, e di oftalmoiatria e clinica oculistica in quella di Modena.
24 luglio. — 1. R. Decreto 4 luglio, che approva il nuovo statuto della Cassa di Risparmio di Padova.
2. R. Decreto 4 luglio, che autorizza la Società coo-perativa di consumo degli operai di Medicina, sedente in Medicina, e ne approva lo statuto.
25 luglio. — R. decreto 29 giugno, col quale è appro-vato lo statuto o regolamento organico dell'Istituto di belle arti in Roma.
— La Direzione generale dei telegrafi avvisa che il 21 corrente in Montecassino, provincia di Palermo, è stato aperto un ufficio telegrafico governativo al servizio del Governo e dei privati con orario limitato di giorno.
27 luglio. — 1. R. decreto 22 giugno, che approva le riforme allo statuto dell'Accademia di belle arti di Firenze.
2. Lo statuto medesimo.
3. Nomine nell' ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e disposizioni nel personale della Regia marina.
28 luglio. — 1. R. decreto 9 luglio 1874, che prova le tabelle annesse al medesimo, col quale si ap-prova il ruolo organico degli impiegati dell'ufficio cen-trale dell' amministrazione dei canali, ed i rispettivi stipendi.
pub-blici al capitolo : Spesa per riduzione della chiesa del
Carminello in Palermo ad uso di ufficio postale.
2. R. decreto 11 luglio, che dal fondo predetto auto-rizza una seconda prelevazione di lire 2,500,000 da iscriversi nel bilancio del Ministero dei lavori pubblici e da ripartirsi così: lire 2,300,000 al capitolo
Asset-tamento e riparazioni straordinarie alle opere idrau-liche in causa delle piene del 1872, e lire 200,000 al
capitolo Riparazione e sistemazione delle opere
idrliche danneggiate dalie piene straordinarie dell' au-tunno 1868.
3. R. decreto 11 luglio, che approva le variazioni al bilancio definitivo di previsione della spesa del Ministero delle finanze per l'anno 1874 ed a quello dell'entrata per lo stesso anno emergenti dalle tabelle A e B unite al decreto.
4. Decreto ministeriale 30 giugno, per cui gli allievi ingegneri del genio civile Balzaretti Giovanni, Gulla Luigi, Inglese Ignazio e Valente Pantaleo sono inviati in missione, i primi due in Francia, il terzo e il quarto in Inghilterra, allo scopo di perfezionare la loro col-tura e la pratica dell'arte; l'ultimo dei quali vi si man-terrà a sue spese.
L'onorevole Morpurgo, segretario generale del Mini-stero di agricoltura e commercio, ha diretto ai presidenti dei Comizi e delle Società agrarie del Regno la seguente circolare con cui accompagna una istruzione popolare sulla polmonea contagiosa dei bovini:
Roma, addì 27 giugno 1874. Preoccupandosi della frequenza colla quale la polmonea contagiosa si sviluppa nei nostri bovini e dei danni gra-vissimi che essa suole inferire ai medesimi, questo Mi-nistero ha pregato il professor Francesco Papa, valente cultore delle discipline e pratiche veterinarie, di redigere una breve istruzione popolare destinata a mettere in guardia gli allevatori di bestiame contro siffatta epi-zoozia e a diffondere la cognizione dei mezzi atti a re-primerla.
Il prof. Papa ha corrisposto premurosamente all'invito ed ha dettato poche pagine nelle quali la semplicità della parola e della forma è opportunamente riunita alla giu-stezza delle idee scientifiche e dei pratici suggerimenti.
Io trasmetto alla S. V. siffatta istruzione, e la prego di distribuirla fra quei membri del Comizio che si oc-cupano dell' allevamento bovino, procurandone pure la. divulgazione in quegli altri modi che stimerà migliori, ed anche per mezzo del Bollettino Commale o di altro giornale del circondario.
Pel M i n i s t r o E . M O K P U R G O . La memoria del prof. Francesco Papa consta .di dieci capitoli, nei quali sì discorre circa l'origine e la diffu-sione della polmonea, la natura della malattia, il suo andamento e decorso, i suoi sintomi e terminazioni, le sue cause, la cura dei malati e le precauzioni riguardo agli animali sospetti, i mezzi preservativi, tra cui primo l'innesto, i provvedimenti di polizia sanitaria, la disin-fezione delle stalle e l'uso delle carni.
Non crediamo fuori di luogo riprodurre qui quanto il professor Francesco Papa scrive circa i provvedimenti di polizia sanitaria:
6 agosto 1874 « La polmonea è raramente spontanea, e nel maggior numero dei casi è la contagione che la sviluppa, la dif-fonde e la fa rigenerare indefinitamente; alla medesima perciò sono applicabili tutte le disposizioni legislative e tutti i provvedimenti sanitari che l'esperienza secolare ha dimostrati valevoli a prevenire lo svolgimento, ad arre-stare od almeno limitare la diffusione delle malattie epi-zootiche e cantagiose.
« Questi provvedimenti riguardano le autorità, gli uffi-ziali sanitari ed i proprietari.
« I doveri di questi sono di fare la dichiarazione della malattia al Sindaco, e di sottoporsi a quelle misure di polizia, indispensabili per limitare la diffusione del morbo, le quali sono l'isolamento degli animali sospetti che può essere protratto ad oltre 40 giorni, e la sequestrazione de-gli infetti.
« Sventuratamente però la dichiarazione sì utile a tutti vi ene ben di rado messa in uso dai proprietari per non gettare il discredito sul capitale rappresentato dal loro bestiame ed altresì per potere, a loro talento, vendere, trafugare tanto gli animali ancora sani, quanto gli am-malati. Anzi sapendo che i veterinari chiamati in questi frangenti, farebbero tosto la voluta dichiarazione, ricor-rono di preferenza agli empirici, destri a tener mano altresì a vendere e trafugare clandestinamente gli animali con-taminati.
« I proprietari pertanto che sono onesti e coscienziosi non debbono rifiutarsi a subire le due misure supreme che reclama la polizia sanitaria, la dichiarazione cioè ed il
sequestro.
« Essi eseguiranno le ordinazioni che sarà per prescri-vere il veterinario e chiuderanno l'ingresso delle proprie stalle agli empirici, ai ciurmatori, non porranno fiducia negli amuleti, nei nastri benedetti, negli specifici o segreti che vengono spacciati nelle campagne durante il dominio delle epizoozie; e dovranno ottemperare a tutte le pre-scrizioni dell' autorità riguardanti il sotterramento degli animali morti e la disinfezione delle stalle. »
RIVISTA BIBLIOGRAFICA
Histoire de l'Economie Potitique des anciens peuples de l'Inde, de l'Egypte, de la Jiidée et de la Grece par M.
du Mesnil-Marigny, 2" edition. Paris, H. PJon, due volumi in-8.
Ecco un libro molto attraente tanto per la forma quanto per la sostanza. L'autore non è uno sconosciuto : è gran tempo che il signor du Mesnil-Marigny occupa Un posto importante fra gli economisti. La sua nuova opera tanto più interessa in quanto riguarda una parte della scienza fin qui completamente inesplorata.
Per molte persone l'Economia politica era una scienza affatto moderna, non aveva nulla da prendere in pre-stito ai tempi antichi. Tutt' al più vi si trovava qualche uso da studiare, qualche specie di transazione di cui noii era inutile di tener conto. Ma ammettere che l'antichità avesse un insieme di nozioni esatte sull'Economia poli-tica, che i primi legislatori se ne fossero occupati sul serio, ecco quello che si metteva in dubbio da moltissimi, quello che il signor du Mesnil-Marigny ha voluto dimo-strare.
6 agosto 1874 L' E C O N O M I S T A 377 È difficile a immaginarsi quanto sia attraente la
sto-ria considerata sotto cotesto nuovo punto di vista, quanta luce venga fatta sopra avvenimenti già conosciuti ma male apprezzati. La guerra di Troia, quella del Pelo-ponneso, la rovina di Cartagine e di Corinto non hanno più per sola causa il desiderio di vendicare una ingiu-ria, di prendere una rivincita. La protezione degli in-teressi materiali, la necessità di abbassare un' industria rivale, di togliere di mezzo dazi protettori, proibizioni ingiuste, divengono le cause di quelle lotte dell'antichità. Il protezionismo di cui l ' i d e a prima era stata attri-buita al ministro Colbert, era stato messo in pratica fino da tempi remotissimi. I Chinesi gelosi della loro in-dustria serica s'opponevano all'esportazione dei bachi da seta sotto pena di morte, gli Egizi proteggevano la fab-bricazione delle loro stoffe speciali imponendo dazi d'en-trata sopra i prodotti simili provenienti dall' estero.
Un tal modo di considerare la storia dà a questo studio un interesse non comune.
G. P.
GIURISPRUDENZA COMMERCIALE E AMMINISTRATIVA
L' avvallante come qualsiasi altro coobbligato cambia-rio, se non vi è espressa convenzione in contracambia-rio, è tenuto ad effettuare il pagamente dell'effetto cambiario nel do-micilio in esso indicato, come ancora può essere ivi citato e notificato allo stesso modo con cui può esserlo l'accet-tante e il traente.
(Corte d'Appello di Torino, 28 aprile 1874.)
Non possono riproporsi nel giudizio di appello quei punti di contestazione dai quali fu receduto in prima istanza.
Il rimborso delle penali pagate por titolo di tasse arretrate non dovute non può far carico alla pubblica Amministrazione che non se ne- è locupletata.
L'Amministrazione del demanio non è tenuta a pa-gare i frutti sulle somme indebitamente riscosse a titolo di tassa.
Il disposto dell'articolo 2 del regio decreto 1 settem-bre 1866 (n. 3203) non vale a trattenere il libero adito ai tribunali a chiunque si creda in diritto di essere sgravato dal pagamento d'una tassa.
Cassazione di Firenze, 31 dicembre 1873.
Rappresentano la mercede dell' esattore le penali le-gittimamente dovute, e non quelle indebitamente per-cette.
L'applicabilità del principio solve et repete ricorre in caso di controversia sulla quantità del tributo, non quando sia questione intorno alla imponibilità o non imponibi-lità del reddito.
Gli interessi non sono mai dovuti dalla Regia Am-ministrazione in caso di rimborso di tasse indebitamente percette, perchè essa stessa non può ripeterli in caso di tasse illegalmente rifiutate.
La comparsa del citato sana le irregolarità della ci-tazione.
Cassazione di Firenze, 31 dicembre 1873.
Una società o ditta commerciale si reputa che eser-citi il commercio anche durante il periodo della sua liquidazione agli effetti dell' applicazione dell' imposta sui redditi di ricchezza mobile procedenti da commerci. È sottratto all'esame ed alla decisione dell'autorità giudiziaria, e spetta al sovrano apprezzamento delle Commissioni istituite per l'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile, il fatto se siasi verificato reddito du-rante il periodo della liquidazione di una società o ditta.
Corte d'Appello di Milano, 17 aprile 1874.
Tassa di macinazione — spese del giudizio.
I termini della contestazione nei giudizi fra finanza e mugnaio per la quota fissa di macinazione si misu-rano dalla proposta della finanza e dall'offerta del mu-gnaio, costituente il punto di partenza d'onde ha causa ed origine l'ulteriore procedimento, e al quale perciò deve aversi riguardo per misurare la rispettiva soccom-benza delle parti.
I criteri di proporzione stabiliti dall'articolo 11 del regolamento 25 giugno 1871, n. 279, come norma am-ministrativa per la fissazione dell' onorario dei periti nominati dal presidente del tribunale sono inapplicabili alle spese del giudizio per le quali procedono le regole comuni tracciate dal Codice di procedura in relazione al contenzioso giudiziario.
Corte d'Appello di Lucca, 14 agosto 1873.
PARTE FINANZIARIA E COMMERCIALE
RIVISTA FINANZIARIA GENERALE
5 a g o s t o .
Il movimento di rialzo che da qualche tempo, si va manifestando, specialmente nella borsa di Parigi, con una risolutezza e con una costanza di cui ben di rado si videro esempi, ha fatto nella ottava decorsa nuovi e rilevanti progressi. A ciò ha specialmente contribuito il rigetto del progettato scioglimento dell'Assemblea, e la proroga di questa sino al 30 novembre. I 3 mesi di calma relativa che per tal guisa vengono assicurati alla Francia, furono infatti largamente, e forse anche troppo largamente scon-tati dagli speculatori francesi i quali incoraggiati dal-l' attuale serenità deldal-l' orizzonte politico hanno spinti i corsi della rendita a un segno del quale da molto tempo non rimaneva che una reminiscenza meramente storica.
L'ultimo listino di Parigi infatti portava il prezzo di 99 90 per la rendita francese 5 0[0 ex coupon e quello di 64 per la nostra, cosicché di fronte alla realtà dei fatti anche le previsioni della scorsa settimana debbono ap-parire di troppo modeste.