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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.01 (1874) n.30, 26 novembre

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

DEI BANCHIERI, DELLE STRADE FERRATE, DEL COMMERCIO, E DEGLI INTERESSI PRIVATI ABBONAMENTI Un anno Sei mesi Tre mesi Un numero Un numero arretrato . L. 35 . . . 20 ... 10 ... 1

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si licevono

R O M A F I R E N Z E

S. Maria in Via, 51 ' Via del Cnslellarcio, 6 DAL BASCO D'ANNUNZI COMMISSIONI E RAPPRESENTANZE

INSERZIONI

Avviso per linea L . 1 • Una pagina 1 0 0 • Una colonna 6 0 • f h un bollettino bibliografico si annunzieranno tutti quei libri di cui saranno spedite due copie alla Direzione.

Anno I - Voi. II

Giovedì 26 novembre 1874

N. 30

S O M M A R I O

P a r t e e c o n o m i c a : L'istruzione pubblica in Inghilterra —

Dell'in-gerenza governativa — 11 mare interno nell'Algeria — Progetto di legge per l'emissione ed il rimborso dei biglietti di Banca in Svizzera — Le Rela-zioni dei Giurati italiani sulla Esposizione universale di Vienna del 1873 — 11 movimento sociale in Inghilterra ed il recente discorso del signor Mundella — Rivista bibliografica — Rivista economica — Ferrovia del Gottardo.

IParte f i n a n z i a r i a © com m ©reial© : Rivista finanziaria

ge-nerale — Notizie commerciali — Atti ufficiali — Giurisprudenza commer-ciale e amministrativa — Listini delle borse.

Gazzetta degli interessi privati — Estrazioni — Bollettino bibliografico — Situazioni delle Banche — Prodotti settimanali delle Strade ferrate.

P A R T E E C O N O M I C A

L'ISTRUZIONE PUBBLICA IN INGHILTERRA

(Gontinuazion* vedi n . 28 o ! I l i

Trenta mila lire sterline, accordatesi come fondo di sussidii all'istruzione, costituiscono il primo anello da cui comincierebbe la catena de' trionfi che, secondo la scuola lombardo-veneta, il vincolismo ha riportato in Inghilterra sulla utopia della libertà ; e l'altro estremo anello sarebbe la legge Forster del 1870. Prima dunque di esaminare la portata di quest'ul-tima, gioverà l'aver ben conosciuto ciò che avvenne nell' intervallo.

Sul campo delle leggi emanate, si è creduto sco-prire due nuove istituzioni, che è d'uopo mettere fuor di lite.

Una è quella delle così dette scuole de' poveri (Poor schools), le quali erano già ben antiche, ed ora non ricevettero che un semplice traslocamento ed un nome speciale. Esistevano sino dal 1836 le scuole delle

Workhouses, come parte costitutiva del regime de' po-veri. Nel 1841, i commissarii credettero di avere os-servato che i fanciulli, ritenuti insieme agli adulti ad istruirsi in coteste case da lavoro, ne uscivano viziati nella morale; e vollero tentare l'esperimento di edu-carli in tante scuole esterne, raggruppati a distretti.

La prova diede effetti soddisfacenti, in vista de'quali, nel 1855, il Parlamento s'indusse, senza contrasti, a legalizzarla con un primo Atto (26 giugno; 18 Vitt., c. 34), che provvedeva al modo di repartire gli al-lievi; e sette anni appresso, con un secondo (17 lu-glio 1862; 26 e 27 Vitt., c. 43), il quale conferì ai Guardiani de'poveri la facoltà di contrarre de'patti convenienti con le scuole ordinarie, che fosser pronte a riceverli mediante retribuzione. Le pauper dunque non han nulla di nuovo ; son le scuole ordinarie, che prendono codesto titolo, o anche quello di District schools, quando accolgono un gran numero di fanciulli appartenenti a tutto un distretto, o prendono quello di Separate schools quando servono a una sola località.

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2 L ' E C O N O M I S T A 26 novembre 1874 % nel caso in cui tornasse vana ogni pratica presso i

pa-renti per sottrarli alla trista abitudine della vita er-rante ed oziosa. — In ambi i casi, dunque, si trattava di criminalità e di ordine pubblico, non di nuove isti-tuzioni; la libertà dell'insegnamento non vi entrava per nulla, qualora bensì i vincolisti non credano averla scoperta negli articoli in cui si dà facoltà di inden-nizzare le scuole cbe obbligatoriamente ricevessero queste due classi di giovanetti.

Sarebbe veramente soverchio lo aggiungere che un terzo equivoco è l'aver preso come nuove le Proprie-tari] schools, lo quali non sono che un nuovo titolo datosi a una parte delle scuole libere di cui già par-lammo : piccoli collegi o pensionati, sorretti da società per azioni, e affatto proprii della società fondatrice, ove s'insegnano anche le lingue e le matematiche. Nò Governo nè Parlamento vi ebbero alcuna parte.

L'unica novità, dunque, che possa esser degna di menzione, è la riforma delle scuole grammaticali, me-schina troppo, perchè i nostri avversarii debbano avere il coraggio di citarla come trionfo de' loro principii.

Mantenerle nella loro primitiva condizione pareva, e con ragione, un renderle inutili ai nostri tempi, e perciò tradire le intenzioni medesime de'fondatori. Bisognava liberarle dal divieto d'insegnarvi qualche cosa più che il latino ed il greco. Ma chi mai ne aveva il potere ? Nessuno. Ecco perchè il Parlamento si decise ad aprire una via legale di raggiungere questo intento. Lo fece con una legge del 7 agosto 1840 (3 e 4 Vitt., c. 78), la sola che in questa materia abbia importanza; ma lo fece all'inglese, non come si sarebbe fatto in Prussia o nell'Italia de'vincolisti: ' non si arrogò alcun potere, nè alcuno ne concedette

al Governo ; non prescrisse, nè manomise.

Soltanto, i rispettivi commissarii di ciascuna scuola furono autorizzati a proporre le elargazioni d'insegna-mento che reputassero desiderabili. E chi dovea con-sentirle, non furono nè i ministri di S. M., nè il Co-mitato del 1839; furono le Corti eli equità. Ma ad osse medesime non si diede già carta bianca. Dove-vano, il più scrupolosamente che si potesse, rispettare la volontà de' fondatori ; non potevano intervenire, se non sopra domanda in iscritto di due almeno tra i commissarii ; non potevano, in nessun caso, occuparsi nè delle scuole di regio patronato, nè delle solite pri-vilegiate ( Westminster, Christ's hospital, Eton, ec.), nè de' collegi universitarii. Sotto tali restrizioni soltanto, le Corti di equità potevano prudenzialmente decidere anche sui punti affini e connessi allo scopo della elar-gazione, come: ammissione degli studenti, bilancio della spesa, fusione di più scuole in una, condotta de'maestri e ispettori, loro pensioni di riposo. — Due brevi Atti successero a quello del 1840 : uno nel 1844, l'altro nel 1848, entrambi riguardanti il modo pra-tico di ripartire le scuole. Un terzo nel 1860, ma sin-golarmente bizzarro. Perchè, in apparenza, consecrava

l'importante principio di ammettere, nelle endoived così riformate, fanciulli appartenenti a un culto diverso da quello della scuola ; ma intanto faceva le eccezioni se-guenti :

1. tutte le scuole della Scozia e dell'Irlanda; 2. tutte quelle mantenute da soscrizioni private; 3. tutte quelle patronate dalla National Society • 4. tutte quelle la cui dotazione avesse espressa-mente prescritto l'insegnamento di un dato culto;

5. tutte quelle, infine, la cui fondazione datava da meno che 50 anni.

A farne il calcolo, il lettore si accorgerà che le ec-cezioni sorpassavano di gran lunga la regola!

Dopo questo provvedimento, il classicismo delle grommar privilegiate diveniva un anacronismo: si do-vea provvedere anche a queste. — Già, sin dal 1841, erasi anche a loro accordata la facoltà di alienare o acquistare qualche acre di suolo per edificarvi delle scuole. Ma nel 1864, una prima legge fece loro sapere che si sarebbero portate modificazioni ai loro statuti; e fu allora, che al titolo di endowed o di grommar venne sostituito quello di puhhlic schools.

Difatti poi, nel 1868, un lungo Atto riordinava il governo delle scuole appartenenti a questa seconda ca-tegoria: ma fu ben presto corretta, nel 1869, con un'al-tra, di non meno che 52 articoli. E qui, com'era ben naturale e logico, sparivano le Corti di equità, e le ap-provazioni si facevan dipendere dal Consiglio della Re-gina; ma del resto, tutte le altre raccomandazioni e riserve, contenute nella legge del 1840, si ripetevano e ribadivano.

Tale è la strepitosa riforma, che il preteso vincoli-smo britannico si permise, nel corso di ben 40 anni! Il Parlamento fu sempre docile a secondare le proposte ministeriali, per la evidente ragione che gl'interessi e i principii di partito e di setta religiosa non vi erano menomamente implicati. Ma se diamo ora uno sguardo ai resoconti delle sedute, troveremo tutt'altro.

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3 26 novembre 1874

Ad emancipare le scuole da ogni giogo religioso, Russell fu favorevole sempre. Battuto più volte, parve nel 1843 aver già trionfato, colle 10 clausole, relative alla educazione, da lui proposte in via di emendamento al Factory bill. Il ministero le accettava e lodava; il partito liberale battea le mani, quando Graham presen-tavasi addolorato alle terza lettura, per dichiarare che il Governo abbandonava tutta la parte concordata con Russell, perche « nè eragli riuscito di vincere le osti-lità de' dissidenti, nè avea potuto ottenere che il par-tito della Chiesa anglicana gli prestasse il suo appog-gio; e senza un comune accordo e consenso, il Bill, in quel modo emendato, ad altro non sarebbe mai stato buono, fuorché a generare urti infiniti, ardenti ani-mosità di fede religiosa ». Era vi tanta verità in code-ste parole, che Russel non potè fare a meno di rico-conoscere saggia e discreta la condotta del ministero, limitandosi a raccomandare che si cogliesse la prima opportunità favorevole per ritornare sull'importante argomento.

E l'opportunità sembrò venuta dieci anni dopo, al-lorché Russell, ministro senza portafoglio, annunziò un bill sull'educazione nazionale; ma non fu poi pre-sentato. Ancora tre anni di aspettativa, ne'quali una mozione di Packington, applaudita da gran parte della Camera, ispirò a Russell il coraggio di deporre sulla tavola dodici risoluzioni (6 marzo 1856). Il vento parea spirare propizio : sulla domanda del proponente, la Camera ben volentieri aderì a formarsi in Comi-tato per esaminarle. Illusione ! Henlev si oppone. La deliberazione vien differita dapprima, ma il domani (11 aprile), Russell, scoraggiato e dimesso, si riduce a pregare che si volessero almeno accettare le prime clausole: estendere il sistema delle ispezioni, stabilire scuole distrettuali, applicarvi i fondi di beneficenza divenuti soverchi o dannosi.... Indarno sempre. Si viene a partito, e 260 voti contro 58 seppelliscono il progetto di Russell. Da allora in poi, tutto sembrò finito ; non si videro che due nuove mozioni negli anni posteriori, tentativi impotenti: quella di Cran-worth nel 1859, ritirata da lui medesimo; e quella di Dillivyn, nell'anno seguente, rigettata dalla Camera. Nulla di meraviglia. Avveniva a Russell ciò che era tante volte accaduto a'partigiani della Chiesa stabilita. Russell era un cuore liberale, onesto e sin-cero; era ciò che i faccendieri della politica e delle sètte chiamano ingenuo, quando non osano d'insul-tarlo. I suoi amici formavano un gruppo, collocato in mezzo a'due grandi atleti di quella lotta, fanatici entrambi, l'uno per la Chiesa anglicana, l'altro pel-le confessioni dissidenti, per la Chiesa cattolica, o per l'assoluta negazione d'ogni credenza religiosa. Queste due schiere di militanti, quand'eran di fronte, si equi-libravano, e il gruppo di Russell dovea decidere. Ma è ben raro che esso abbia potuto appoggiarli, perchè, troppo sensato, non trovava il filo con cui rannodarsi al bigottismo degli uni, alle smoderatezze degli

al-tri, all'egoismo di entrambi. Entrambi avevano sulle labbra le belle parole educazione nazionale, o libera; ma in fondo all'animo celavano il proprio credo, la potenza delle proprie consociazioni, l'avidità de'loro aderenti. Infatti il gruppo de'liberisti si trovò spesso in contrasto cogli uni o cogli altri nel momento in cui più affettavano ardore di libertà; e non bisogna dimenticare che, quando nel 1850 si discuteva una mozione di Fox, che voleva radicalmente secolarizzata l'istruzione, non si videro soli gli Strafford e gli Arun-del a proporre si rimandasse a 6 mesi, ma si udì pure la voce di Russell, che dichiarava eminentemente dispotica la proposta, e la faceva respingere da 287 voti contro 56. Di faccia a un nemico ingenuo tanto, da prendere sul serio il nazionalismo e la libertà, tutti si stringevano a vicenda la mano, e riuscivano a sba-razzarsene. Padroni del giuoco rimanevano i due par-titi-atleti, e il loro palio stava nel fondo de'sussidii. Così è, che i differenti gabinetti e il Comitato del 1839 riuscirono sempre a mantenerli in tregua, medianto una altalena continua di promesse e concessioni ; e così il giorno in cui lo Stato cominciò a venire in aiuto come una retroguardia, per usare la frase prediletta de'vincolisti italiani, quel giorno dev'esser detto dav-vero fatale. Trentamila lire sterline pardav-vero un grande sforzo nel 1839 ; ma due anni erano scorsi appena, quando Peel, per sedare la burrasca che gli minac-ciavano, d'altro non ebbe bisogno fuorché domandare 10 000 lire di più. Le pressioni crescevano di anno in anno. Nel 1847 parvero tutte acquetate, perchè? perchè il Ministero ottenne un fondo portato a 100000 lire sterline che si credette bastevole a tutte le avi-dità. Non avvenne così : la lezione era appresa a me-moria ; fedeli a questa tattica salutare, tutti i Gabi-netti si fecero un pregio di esacerbare le loro domande; e nel 1857, il fondo della educazione si vede votato in lire 331 233; e nel 1868, in lire 804 002. In meno di 30 anni adunque, da 750 000 si ascese a 20 milioni di franchi! Nè qui si finisce.

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816 L ' E C O N O M I S T A 26 novembre 1874 % Il Comitato del 1839 fu, in una parola, ciò che

sempre sono i Governi, quando vogliono far pompa di zelo, mettendo le mani su cose alle quali la so-cietà può bastare da sè. E dal punto di vista della finanza, noi, senza volere entrare nel campo della po-litica, ci permetteremo di raccomandarlo all'onorevole Quintino Sella, aderente e propagatóre della Circolare di Padova. E infatti ci sembra ben degno della sua attenzione questo piccolo e vago modello di ciò che è chiamato a divenire lo Stato italiano, quando i con-gressisti di Milano saran riusciti a far passare nelle nostre leggi le loro storture economiche!

DELL'INGERENZA. GOVERNATIVA

(continuazione vedi n . 20, 27 e 28)

Noi consentiamo pienamente coi nostri avversarii, quando sostengono, che lo Stato, o per dir meglio, il Governo ha una personalità propria, e che deve esercitare una grande influenza sulla vita nazionale; consentiamo del pari che esso deve avere una certa azione nei fenomeni della produzione e della distri-buzione della ricchezza. Ma non andiamo tant'oltre da dimenticare, che, a costituire la società, non solo il Governo, ma due altre personalità da esso distinte con-corrono, cioè il comune e l'individuo, e che, per ot-tenere quelPequilibr.o instabile generatore di progresso, è mestieri che nè Governo, nè Comune, nè individuo si sopraffacciano l'un l'altro e si assorbiscano. La ge-nesi della società dimostra la verità di questa pro-posizione. Nell'origine della società esistevano due sole di queste personalità, il Governo e l'individuo, e fin dalle epoche storiche della Grecia e di Roma, noi vediamo in lotta fra loro la libertà e l'autorità, l'indi-viduo che tenta sottrarsi al potere dei governanti, i vernanti che tentano accrescere l'autorità loro sui go-vernati.

E per far fronte all'azione invasiva del Governo, per resistergli in questa lotta d'antagonismo, i governati sentirono presto il bisogno di collegarsi, di chiedere e di ottenere circoscritta l'azione del Governo. È ciò che fecero, rivendicando quelle immunità, quei diritti po-litici, che costituivano poi gli statuti, le costituzioni, e che i governanti, per amore o per forza dovettero accordare e rispettare.

Ma le naturali associazioni di cittadini, che si erano formate, e che costituirono le città, i comuni, riconob-bero necessario e naturale di sottrarsi affatto alla di-pendenza del Governo, in ciò che riguardava, non l'interesse generale dello Stato, ma l'interesse parti-colare delle comunità, ciò che rifletteva la loro econo-mia interna, e quindi, o strapparono al Governo la concessione, o si arrogarono, suo malgrado, il diritto di fare da sà statuti e ordinamenti per l'amministra-zione del comune.

E, progredendo nella via dell'emancipazione, le mi-nori associazioni private sorte nel seno del Comune

istesso, vollero alla lor volta regolare da sè i loro in-teressi, e così si ebbero gli statuti delle confraternite, delle maestranze, delle società artigiane.

E finalmente, spezzato anche quest'ultimo vincolo all' indipendenza personale, ciascun individuo volle po-ter regolare da sè i proprii inpo-teressi privati.

Intanto, col progredire dell'umanità, gli uomini avevano capito, che non era punto necessario che il Governo avesse un potere illimitato, indipendente, ed interessi distinti da quelli della nazione, ma che esso doveva essere un'emanazione della nazione, delegato da essa per regolare gl'interessi sociali. Sorto così il principio della nazionalità, ed attuato in quasi tutta l'Europa, parve cessare quella lotta dei privati per sottrarsi all'ingerenza del Governo. Dacché la nazione si governava da sè, non vi era pericolo che il Governo opprimesse gì' individui, potendo sempre la nazione revocare al Governo il potere che gli aveva conferito.

Ma l'esperienza ha dimostrato che anche nei paesi retti a Governo elettivo costituzionale, vi ha fatal-mente una tendenza di quella parte del popolo che è al potere, di estendere man mano la propria autorità sulla parte del popolo che è governata. In pratica si vide che all'oppressione del sovrano autoritario, si sur-rogava l'oppressione della maggioranza sulla mino-ranza, il dispotismo dell'opinione pubblica, e che av-veniva spesso, che la nazione opprimesse una parte di sè stessa.

Non è a far meraviglia di ciò, quando si tenga conto della natura umana, della tendenza che ha ogni uomo di far prevalere le proprie idee, i proprii gusti, il pro-prio interesse, e quindi anche della facile tentazione cui va soggetta una maggioranza ad imporsi alla mi-noranza.

Allora ricomincia la lotta fra Governo ed individuo, in cui l'autorità cerca assorbire l'individualismo, e questo tenta sottrarsi, quanto può, a quella. Questa lotta ebbe varie le sorti presso le varie nazioni, favo-revoli all'individualismo in Inghilterra, favofavo-revoli al-l'Autorità in Francia. E per questa stessa ragione, nella piccola società del Comune, vi fu antagonismo fra mag-gioranza che vorrebbe imporsi, e minoranza che vor-rebbe emanciparsi.

Definire con un taglio netto, dove termini l'autorità del Governo, sul Comune e sull'individuo, dove debba cessare l'ingerenza del Comune negli affari privati, dove cominci l'assoluta libertà dell'individuo, è quasi impossibile, giacché dipende da varie speciali condi-zioni di luogo, di tempo, e di progresso. Ma si possono tuttavia stabilire alcune regole generali, che, applicate ai varii casi pratici, danno la chiave per risolvere ogni dubbio.

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26 novembre 1874 L' ECONOMISTA 817 Non accenniamo ad un'altro ente, che vive e

fun-ziona, cioè la provincia, giacché tutti lo riconoscono, essa è una superfetazione artificiale, creata pei bisogni dell'amministrazione politica, ma che non ha ragione di esistere, e può, quandochessia scomparire, senza che ne soffra l'armonia sociale.

(Contìnua)

— — . ~

IL MARE INTERNO NELL'ALGERIA

Il progetto di creare un mare interno al sud del-l'Algeria è tuttora allo studio ed in quasi tutte le adunanze dell' Accademia delle Scienze di Parigi forma oggetto di qualche interessante comunicazione. Mo'te e sene obiezioni sono state fatte a questo progetto, le uue riguardanti le condizioni materiali di realizzazione le quali fanno dubitare della sua ^possibilità; altre di ordine economico attaccano la sua utilità, ed alcune da ultimo fanno anche consi-derare l'impresa come pericolosa e nocevole.

Fra tutte queste comunicazioni noi ne esamine-remo soltanto due, una del sig. Fuchs, relativa alla topografia ed alla geologia del fondo del golfo di Gabès, l'altra del signor Cosson, oppositore del signor Roudaire fondata su ragioni di economia agricola e commerciale, ed infine una risposta del sig. Roudaire a queste due memorie.

In seguito alle osservazioni del signor Fucbs, la diga che separa la depressione delle coste del golfo Gabès è formata di roccie dure che sarebbe diffi-cile e costoso il traversare, e, contrariamente al-1 opinione emessa dal signor Roudaire, la sabbia non vi entrerebbe che per una piccolissima porzione; di più i punti più bassi di questa diga si troverebbero a circa 60 o 65 metri al disopra del livello del mare. Ecco del resto la conclusione che il signor Fuchs deduce dai suoi studii:

« 1° Non vi fu mai, a memoria di uomo, alcuna comunicazione diretta fra il Mediterraneo e la de-pressione saharese. Questa ultima ha invece sempre costituito un lago salato, il lago Tritone di Erodoto, di cui l'origine è identica a quella di tutti i laghi analoghi [Chotts e Sebkhas) dispersi nel nord dell'Al-geria e della Tunisia; questa depressione è stata ed è tuttora separata dal mare mediante una diga potente, larga circa venti chilometri e formata da un gruppo di colline di gres e calcaree.

« 2° Queste colline che costituiscono l'istmo di Gabes hanno subito un recente sollevamento di 12 a 15 metri che non ha dovuto esercitare che "una in-significante influenza sul disseccamento del lago.

« 3° La presenza dell'acqua nella depressione saharese ha coinciso colla esistenza di grandi corsi d'acqua nella stessa regione; essa deve, come queste ultime, la sua apparizione ad un periodo di grande umidità atmosferica ed in generale ad un insieme

di condizioni climateriche distinte dalle condizioni attuali.

« 4° La sparizione di queste condizioni (alle quali non è estraneo il diboscamento generale) è stato un fenomeno cosmico generale ed ha prodotto in una vasta zona, degli effetti di disseccamento presso a poco identici, trasformando in deserti regioni fino allora rinomate per la loro fertilità. »

Di queste conclusioni una sola presenta un inte-resse pratico dal puuto di vista della creazione del mare interno. Ed infatti che questo mare abbia o no anticamente comunicato col Mediterraneo è cosa interessantissima per la storia, ma dal punto di vista che l'apertura di questa comunicazione presenta sol-tanto un interesse secondario.

Il signor Roudaire nella sua risposta sembra del resto stabilire la realtà di questa antica comunica-zione con documenti storici molto seri; ma concede al signor Fuchs che può essersi ingannato sulla ubi-cazione di questa comuniubi-cazione e che forse bisogne-rebbe cercarla sopra un punto della costa diverso da quello indicato nella sua Memoria.

Le conclusioni del signor Fuchs relative ai lavori da eseguirsi per tornare a stabilire questa comu-nicazione, additerebbero, se esse sono esatte, un ostacolo quasi insormontabile alla esecuzione del pro-getto. Egli crede infatti che bisognerebbe andare oltre 50 chilometri dalla costa per trovare il punto di depressione che abbia la quota zero e come abbiamo detto attraversare una catena di colline elevate for-mate di gres quarzoso e ferruginoso e di calcare. Fortunatamente per il progetto del signor Roudaire il signor Fuchs si appoggia per provarlo su livella-zioni barometriche fatte, è vero, con molta accura-tezza e che sembrano concordanti fra loro, ma che tuttavia, al pari di tutte le livellazioni di questo genere, non hanno un carattere di certezza sufficiente per accettarne i resultati senza controllo. Un nuovo studio topografico deve dunque farsi prima di venire ad una definitiva conclusione a questo riguardo.

(6)

6 L ' E C O N O M I S T A 26 novembre 1874 % potranno risultare dalla sua formazione, si trova che

il canale dovrà fornirgli annualmente 15 miliardi di metri cubi di acqua per compensare soltanto le perdite dovute all' evaporazione. Osservando inoltre che non si può ammettere una velocità nell' acqua superiore a un metro per secondo e che il canale deve avere una profondità sufficiente onde possa al fondo stabilirsi una contro corrente che getti nel Mediterraneo le acque concentrate per la evapora-zione, il signor Fuchs conchiude che il canale dovrà avere almeno 10 metri di profondità, 100 metri di larghezza sopra una lunghezza che in forza delle considerazioni suespresse valuta a più di 50 chil. Un tale lavoro porterebbe con sè la necessità di tra-sportare 50 milioni di metri cubi di rocoie dure ed altrettanti di sabbia, lavoro di cui non può valutarsi la spesa a meno di 300 milioni. L'impresa è di tata natura da consentire che si raccolga un tal capitale? E cosa più che dubbiosa.

La seconda nota, quella del sig. Cosson, contiene obiezioni di un altro ordine, che ci sembrano molto meno serie essendo basate su semplici considerazioni economiche di un interesse secondario dal punto di vista europeo e di fronte ai risultati che si possono attendere dalla realizzazione di questo progetto, ov-vero sopra timori un poco chimerici ed il signor Roudaire non deve prendersi gran pena per opporgli delle ragioni vittoriose. Il primo timore si è quello che non si possa essere padroni di limitare l'esten-sione di questo nuovo mare e che esso non invada l'Oued-Rir al quale la coltura del dattero dà un considerevole valore. Questa obiezione sarebbe giu-stissima se si trattasse di forare di seguito la diga e di lasciare irrompere il mare in questa depres-sione di suolo prima di averla studiata completa-mente e di averne fatta livellazione ben particola-reggiata. Il signor Roudaire risponde che la sua esplorazione gli ha chiaramente dimostrato che il mare interno sarebbe ben limitato da coste che presentano una inclinazione sufficiente per evitare i timori del sig. Cosson.

Dal punto di vista economico il signor Cosson ci sembra che voglia troppo preoccuparsi della si-tuazione attuale di questa parte dell' Affrica e di non tener conto abbastanza delle modificazioni pro-fonde che l'esistenza di un mare interno recherebbe non solo nel commercio, nell'industria e nella col-tura delle sue sponde, ma ancora nelle condizioni di esercizio di tutta la superficie che si estende dai chotts al Mediterraneo. Infine havvi un'ultima obie-zione contenuta nella sua Memoria e che vi è appena bisogno di rifiutare. Il signor Cosson teme che le filtrazioni saline del mare interno vengano ad alte-rare lo strato artesiano che si estende sotto le sab-bie di tutta la parte orientale dell'Algeria. Ma questo strato considerato nel suo insieme per il fatto stesso che si mostra in alcuni punti molto più elevato che

il livello del mare progettato, deve trovarsi sotto una pressione superiore a quella che potrebbe eser-citare l'acqua di questo mare. Se dunque una comu-nicazione qualunque venisse a stabilirsi fra questo strato ed il mare, non sarebbe, salvo qualche punto poco esteso e sotto l'influenza di certe condizioni locali, l'acqua del mare che penetrerebbe nello strato sotterraneo, ma al contrario l'acqua di questo strato che irromperebbe nel mare. Se dunque possono aver luogo delle infiltrazioni, ciò che d'altronde è poco probabile, esse si produrranno generalmente nel senso inverso di quello temuto dall'autore.

Riassumendo da tutta questa discussione risulta; 1° Il fatto innegabile che esista al sud della pro-vincia di Costantina una vasta depressione di terreno al disotto del livello del Mediterraneo, dal quale non è separata da ostacolo insormontabile.

2° Che soltanto un accurato e completo studio del terreno potrà far conoscere quali sarebbero 1' e -stensione e la profondità del mare, come pure l'im-portazione dei lavori da eseguirsi per stabilire la comunicazione. In conseguenza di ciò è impossibile farsi presentemente una esatta opinione della pos-sibilità della realizzazione pratica di questo progetto e bisogna attendere con pazienza i resultati del-l'esplorazione per la quale una somma di 10,000 franchi è stata inscritta nel bilancio dell'Algeria. Al-lora soltanto una seria discussione che riposi su basi certe potrà chiarire la questione.

Progetto di legge per l'emissione ed il rimborso

dei biglietti di Banca in Svizzera

(Vedi n. 29)

Il terzo titolo della legge è consacrato, alla circola-zione ed al rimborso dei biglietti.

Non vi è luogo di trattenersi sulle disposizioni rela-tive ai biglietti consumati o deteriorati, ai biglietti per-duti o distrutti, ai diritti dei portatori di biglietti non pagati. Esse non hanno nulla di nuovo nè di particolare e la Commissione li conserva senza modificazione. Ma vi è disaccordo tra il Consiglio federale e la Commissione, sulla questione se le succursali delle Banche devono esser tenute al rimborso dei biglietti alla prima richie-sta, come le stesse banche. Il Consiglio federale vuole che sia così e lo dice nel suo progetto. Ma il relatore della Commissione dichiara che una tale disposizione è altrettanto ingiusta quanto ineseguibile. Questo sarebbe imporre, dice egli con ragione, secondo noi, un obbligo infinitamente più grave alla Banca che, con gran van-taggio del pubblico e del commercio, apre banchi e suc-cursali, che alla Banca la quale ha soltanto una sede principale.

Così vuole che le succursali, banchi ed agenzie abbiano ventiquattro ore di tempo per il rimborso dei biglietti. Ora siamo giunti ad alcune disposizioni della legge che, secondo noi, meritano la più seria attenzione.

(7)

7 26 novembre 1874

quanto di rimborsare questi biglietti in contanti senza ritenzione.

« Per regola, dice il progetto di legge, il pagamento « deve aver luogo alla presentazione ; in via d'eccezione, « la banca che dovrà effettuarlo, potrà prevalersi di un « ritardo massimo di tre volte ventiquattr' ore. »

La Commissione, più precisa e più pratica sentendo l'inconveniente, senza dubbio di questa espressione vaga, in via eccezionale, modifica radicalmente l'articolo. Dopo aver detto, come il Consiglio federale, che tutte le Ban-che d'emissione saranno tenute a rimborsare, in con-tanti, senza ritenzione i biglietti delle altre banche, essa aggiunge: o di procurarne il rimborso. E poi, per ben definire e limitare quest'obbligo, completa l'articolo così: « Nel caso in cui la riserva della banca dalla quale « si reclama il rimborso non gli permettesse di rim-« borsaro immediatamente i biglietti di un'altra Banca, « le sarà accordata una mora massima di due volte ven-« tiquattr' ore per procurarsi la somma necessaria dalla « banca debitrice. La banca che serve da intermediaria « non può esser resa responsabile dei ritardi che ne pos-« sono nascere, se essa ha fatto i suoi reclami a tempo « utile. »

Il che vuol dire, in altri termini, che l'obbligo impo-sto a questa banca, qualificata qui di semplice inter-mediaria si ridurrà alla trasmissione immediata alla banca debitrice della richiesta di rimborso. E se questa banca debitrice manca di soddisfare all'articolo 13 se-guente, che le prescrive di spedire alla prima richie-sta, la copertura dei biglietti presentati al rimborso, la banca intermediaria sarà esonerata da ogni obbligo e da ogni responsabilità su questo riguardo.

Che diventa dunque in tal caso il principio del mutuo rimborso dei biglietti?

Osserviamo questa frase: « Nel caso in cui la riserva « della banca dalla quale si reclama il rimborso, non « le permettesse dì rimborsare immediatamente » ciò vuol egli dire: Nel caso in cui la cifra di questa riserva fosse inferiore a quella del richiesto rimborso? Evidentemente no, perchè questa banca deve, prima di tutto, provve-dere alle esigenze della propria circolazione.

La frase potrebbe tutto al più significare: Nel caso in cui la banca alla quale il rimborso è richiesto, non disponesse di una somma sufficiente oltre la riserva uguale ad un terso della propria circolazione. » E ancora non potrebbe darglisi questo significato rigoroso, perchè una

riserva ridotta al MINIMO legale potrebbe essere

imme-diatamente manomessa da una richiesta di rimborso di biglietti. L'amministrazione di una banca può sola esser giudice di ciò che essa può prevedere su quest'oggetto e, per conseguenza, di ciò che le permette lo stato della sua cassa. È dunque evidente, che in pratica, una banca invitata a pagare i biglietti di un'altra banca, non farà che ciò che le converrà, e si ridurrà, se le piace, alla semplice parte d'intermediaria, senza poter domandare nè discutere le sue ragioni.

Crediamo dunque che la Commissione, riducendo le esigenze della legge ai limiti del giusto e del possibile, viene forzatamente a distruggere il principio del mutuo rimborso obbligatorio.

E evidentemente desiderabile, quasi necessario, che il nuovo biglietto di banca svizzera uniforme di tipo, sia,

in tutta l'estensione della Confederazione, ricevuto in pagamento e facilmente cambiabile in contanti.

Nel sistema del Consiglio federale la soluzione del problema è tosto trovata. La legge interviene ed im-pone una specie di mutualità per il rimborso dei bi-glietti. Ma siccome le leggi non sono fatte per restare nel dominio della teoria e bisogna bene renderle appli-cabili, è necessario di dare a quest'ingiunzione alcuni temperamenti.

La stessa legge non stabilisce un obbligo assoluto di rimborsare immediatamente questi biglietti. Essa am-mette per eccezione un ritardo di tre volte ventiquat-tr'ore; ma non dice quali sono i casi d'eccezione.

La Commissione ne prevede uno: l'insufficienza della riserva, e in questo caso, esonera la banca dall'obbligo del rimborso immediato.

Questo è logico, ma, logicamente anche ne resulta che l'obbligo del mutuo rimborso sparisce.

Indipendentemente dall'insufficenza di risorse in con-tanti può presentarsi per una banca un altro motivo legittimo per rifiutare il rimborso dei biglietti, ed è la mancanza di fiducia nella Banca i di cui biglietti sa-ranno presentati. Chi sarà il giudice della realtà del motivo allegato per prevalersi del ritardo e del fonda-mento di questo motivo?

La questione è seria. Ci vuol poco per scuotere, in certi momenti, il credito il più solido.

L'uso che sarà fatto del ritardo a causa del suo ca-rattere eccezionale, inspirerà, secondo il movente che gli attribuirà il pubblico, delle diffidenze contro la banca che se ne prevarrà, o contro la banca, i di cui biglietti non saranno rimborsati.

Non si saprebbe rifletter troppo agl'inconvenienti gravi che possono risultarne.

L'articolo 15 del progetto di legge dice che « in caso di forza maggiore, nel caso, per esempio, in cui le comunicazioni fossero seriamente interrotte, il Consiglio federale potrà sciogliere provvisoriamente la banca dal-l'obbligo d'accettare in pagamento e di rimborsare con-tro contanti i biglietti di tale o tal' altra banca deno-minata. » Un tal potere può diventare, per il Consiglio federale, la sorgente di seri imbarazzi, ed anche far pesare su di lui una grave responsabilità morale. No-tiamo che l'espressione: in caso di forza maggiore, è vaga e più o meno elastica. L'esempio citato del caso in cui le comunicazioni fossero seriamente interrotte, non è tale da rendere più chiara l'intenzione del legislatore. La Commissione vi aggiunge, ma sempre a titolo di esempio, il caso di guerra.

L'articolo 16 del progetto porta: « Ogni banca è tenuta a spedire, alla prima richiesta, la copertura in contanti (la Commissione aggiunge, o in biglietti di quel-l'altra banca) di quei suoi propri biglietti che un'altra banca avesse rimborsati, o che le fossero stati depositati a tale scopo » (invece di quest'ultima parte della frase, la Commissione dice: « o di cui fosse stato domandato il rimborso.) »

« La spedizione dei biglietti e del loro contro valore si fa a spese e risico della banca che ha emesso i bi-glietti in questione. »

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deten-820 L ' E C O N O M I S T A 26 novembre 1874 % trice di biglietti il loro rimborso senza spese. In quanto

al primo paragrafo, determina, senza grande utilità, sembra, un modus vivendi e non cambia niente alle po-sizioni dì diritto. I biglietti di una banca dovendo da essa esser pagati a vista, sarà sempre comodo alla banca detentrice il fare presentare i biglietti allo sportello della banca debitrice.

Al titolo quarto del progetto di legge, Controllo della confederazione, troviamo nuovamente il Consiglio fede-rale e la Commissione in disaccordo. Se ci dovessimo pronunziare, daremmo senza esitare ragione a que-st'ultima. Per essa questo controllo non deve avere per scopo che il constatare che la situazione di ciascuna delle banche, è conforme alle prescrizioni della legge, e questo controllo deve rinchiudersi in questo limite.

A questo effetto le banche dovranno fornire, a giorni fissi, al Dipartimento federale delle finanze, certi docu-menti fatti secondo un formulario uniforme, bilanci men-sili, bordergux settimanali di cassa, stato della circo-lazione dei biglietti ecc. che il Dipartimento farà in seguito pubblicare.

Il Consiglio federale potrà accertarsi dell'esattezza di questi documenti facendoli confrontare con i libri.

Se una banca è in contravvenzione alla legge e se specialmente manca di rimborsare i suoi biglietti, il Consiglio federale può domandare che il diritto d'emis-sione gli sia ritirato. Il tribunale federale decide.

Tutte le controversie di natura civile che potessero sorger dall'emissione dei biglietti, sono della competenza del tribunale federale.

Tali sono le sole disposizioni di questo titolo della legge nel progetto della Commissione. Esse sembrano sufficienti, salvo che vi fosse luogo forse di prevedere il caso che una banca d'emissione perdesse tale determinata frazione del suo capitale.

Il Consiglio federale si attribuisce, col suo progetto di legge, una parte molto differente da quella cui do-vrebbe limitarsi, secondo la Commissione, così :

« Egli (il Consiglio federale) nomina un commissario per le banche, che dipende dal Dipartimento delle finanze.... e che dovrà procedere, una volta almeno per semestre, all'ispezione di tutte le banche.

« Per ciascuna di queste ispezioni, il Consiglio fede-rale potrà unirgli alcune persone al corrente degli affari nel circolo di attività della banca da ispezionare.

« Ogni infrazione alla presente legge, particolarmente, ogni ritardo da parte delle banche nel rimborso dei propri biglietti, o la constatazione dai Commissario fede-rale della perdita di una parte del loro capitale pos-sono o cagionare per parte del Consiglio federale il ritiro dell'autorizzazione d'emettere biglietti di banca, o esser punite dal Consiglio federale con una ammenda di 5000 a 10,000 franchi.

« Qualunque querela contro una banca d'emissione dovrà, se riguarda fatti su cui il Consiglio federale deve decidere, essere indirizzata in primo luogo ed in iscritto al Dipartimento delle finanze.

« Il Consiglio federale farà regolamenti speciali sul ritiro dei biglietti in circolazione di quelle banche di emissione che fallissero, o alle quali il Consiglio fede-rale avesse ritirato l'autorizzazione d'emettere biglietti, o che vi avessero rinunziato da sè stesse.

« Sarà prelevato a profitto della Cassa federale una tassa annua del 2 per mille sulla circolazione media dei biglietti di ciascuna banca. »

Il Consiglio federale infliggendo ammende, ricevendo querele a carico delle banche, regolando anobe le con-dizioni del ritiro dei biglietti in caso di fallimento, di liquidazione, interviene singolarmente, ci sembra, in questioni ohe sono del dominio dei tribunali. Non vi è là una strana confusione di poteri?

Ohe dire in seguito di quosta ingerenza nelle opera-zioni delle banche, di queste ispeopera-zioni fatte non solo dai commissari, ma anche da persone che il Consiglio destinerà a piacer suo secondo l'ispirazione del momento, ed alle quali le banche dovranno comunicare senza dub-bio le loro scritture, libri, corrispondenze e documenti qualunque? Che dire finalmente e soprattutto di questo possibile ritiro del diritto d'emissione, in seguito di una semplice costatazione fatta dal commissario federale della perdita di una parte del capitale? Una tale costatazione non è una cosa tanto semplice! Essa si complica di questioni d'apprezzamento sulle quali potrebbe essere disaccordo tra il commissario e la direzione di una banca. E poi come ammettere che basti, per motivare il ritiro del diritto d'emissione, la perdita di una parte qualunque del capitale, per minima ohe sia quando il capitale dimi-nuito restasse egli ancora al disopra del minimum fissato dalla legge?

Tutto oiò bisogna ben dirlo, non sembra bastante-mente maturato. Non sappiamo qual sorte sia riserbata al progetto di legge ; ma comprenderemmo difficilmente che stabilimenti finanziarli accettassero questa tutela e questo regime arbitrario al quale vogliono sottometterli.

Per apprezzare del resto le conseguenze di un simile sistema, basta il vedere come queste disposizioni del progetto di legge siano state interpretate dallo stesso giornale che le ha difese.

<i Dal momento, diceva egli, ohe lo Stato mette un certo numero di stabilimenti in rapporto forzato gli uni cogli altri, egli deve per parte sua mettersi in grado di potere affermare che ciascuno di questi stabilimenti è e resterà degno della fiducia che è reclamata in suo favore. »

La forza data così all'intervento del potere federale è logica. Se lo Stato forza gli stabilimenti di credito ad aver fiducia gli uni negli altri, è di -rigorosa equità cbe egli resti, in qualche maniera, garante di coloro per i quali reclama, ed esige questa fiducia. Ma questa interpreta-zione logica non è essa la condanna di questo sistema d'intervento? Un meccanismo finanziario che deve con-durre a tali conseguenze è egli accettabile?

Controllare numerose banche in maniera « da potere affermare » ehe ciascuna è e resterà degna di fiducia, grave incarico in primo luogo!... anche, egli è permesso di credere che, in pratica questo controllo dell'autorità federale sarebbe contemporaneamente faticoso alle ban-che ban-che vi fossero sottoposte ed illusorio al punto di vista della sicurezza per i portatori dei biglietti.

Il progetto di legge termina con un titolo di dispo-sizioni transitorie. Non vi troviamo da notare ehe ciò cbe è relativo alle attuali banche d'emissione che sì oc-cupano di altre operazioni fuori dello sconto.

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Com-26 novembre 1874 L' E C O N O M I S T A 821 missione vuole, che la banca cassa d'emissione si restringa

ad una specialità limitata che egli definisce: « opera-zioni di sconto o che ne dipendono. » Dovendo regolare la sorte di molte banche d'emissione attuali che non sono comprese in questo programma egli lascia loro la facoltà di praticare simultaneamente l'emissione e le « opera-zioni miste, p e r dieci anni, al termine dei quali esse dovranno optare. » Per godere questa tolleranza dovranno prendere l'impegno « di separare dal loro capitale una parte distinta che sarà destinata all'emissione dei bi-glietti ed alle operazioni di sconto e che dovrà fare l'oggetto di una contabilità separata e di speciali bi-lanci. »

I n questo caso, le prescrizioni della legge relative al massimo dell'emissione, non si riferiscono che al capitale messo in riserva.

Non si capisce facilmente il senso e la portata di questa espressione: Separare dal loro capitale una parte

distinta. Si t r a t t a forse di u n a semplice questione di

scrittura? I n questo caso la misura, utile forse per fa-cilitare il controllo, non aggiungerebbe nulla alle garan-zie reali che si vogliono dare ai portatori di biglietti.

Trattasi forse al contrario, come si deve supporre, di stabilire in fatto ed in diritto una separazione assoluta t r a le due parti del capitale della banca? La misura sembra allora dover presentare più di una difficoltà di applicazione. Non è così facile di scindere così un'intra-presa finanziaria.

D ' a l t r o n d e , se il biglietto di Banca diviene, come vuole il Consiglio federale, u n titolo di credito privile-giato, a cosa dunque serve questo capitale messo in

ri-serva? Questo privilegio accordato ai portatori di biglietti

dovrà, senza dubbio, colpire indistintamente tutto l'attivo della banca. Sarebbe, in fatti, ben superfluo il dare a questi portatori un privilegio sopra una parte distinta-, che già loro apparterrebbe, ad esclusione di tutti gli altri creditori, questi avendo solo il diritto di far ver-sare alla loro massa il residuo, se ce ne fosse, dopo il rimborso integrale dei biglietti. È impossibile dunque il non ammettere che questo privilegio si eserciterebbe sul-l'attivo intero della banca fallita. Fin' d'allora, l'utilità, la ragione di essere del capitale messo in riserva non si vede più. Se si ritorna alla supposizione di una sem-plice questione di scrittura, si è forzati di riconoscere che la redazione del Consiglio federale è difettosa. Essa si spiega troppo.

Nessuna di queste ultime disposizioni si trovano nel progetto della Commissione. Questa non ammettendo che le Banche d'emissione siano obbligate, per legge, di ri-stringersi alle « operazioni di sconto ed a quelle che vi si riferiscono; » il titolo di disposizioni transitorie diviene, nel contro-progetto, infinitamente più chiaro e più sem-plice che nel progetto.

Le banche attuali avranno un anno, dopo la promul-gazione della legge, per fornire al Consiglio federale la prova che esse adempiscono le condizioni volute per otte-nere l'autorizzazione di emettere biglietti.

Quelle che non avranno potuto ottenere questa auto-rizzazione (senza dubbio perchè non avranno potuto for-nire la prova in questione?... l'articolo non lo dice ma è ben così che bisogna intendere) dovranno ritirare i loro biglietti dalla circolazione.

Arrivati al termine di questo esame dobbiamo ricono-scere che il lavoro della Commissione denota uno studio profondo della questione, la pratica e la cognizione degli affari.

Il progetto di legge elaborato dal Consiglio federale sembra in molte parti inammissibile. Si può forse dire pertanto che il contro-progetto sia irreprensibile? Che il meccanismo finanziario che egli consacra sia ciò che la Svizzera poteva sperare di meglio? Si risponderà, no, crediamo senza esitazione e troppa temerità.

Le banche svizzere hanno, con la loro privata ini-ziativa, e senza intervento del potere federale fatto già molto; non potrebbero fare ancora p i ù ? Non potevasi aspettare che esse realizzassero, con un libero sforzo, questa unificazione che la legge sta per imporre loro tutto ad u n t r a t t o mentre essa non dovrebbe avere che a completare, a sanzionare?.... La creazione volontaria e spontanea di una cassa centrale e speciale d'emissione nella quale ogni Banca interverrebbe liberamente.... Fermia moci subito! Gli Svizzeri "sono generalmente gente d'affari pratici e prudenti. Noi li studiamo in ciò per istruirci, e non per consigliarli.

LE RELAZIONI DEI GIURATI ITALIANI

sulla Esposizione universale di Vienna del 1873 *) I BOSCHI J5 I LOBO PRODOTTI

Per cura del Ministero di agricoltura industria e com-mercio ci sono finalmente pervenute le relazioni dei Giu-rati italiani sulla esposizione universale di Vienna. Queste relazioni compilate dai membri più autorevoli della com-missione italiana, sono fornite di grande interesse per-chè dal loro complesso si può acquistare un' idea della natura e dell'importanza dei varii prodotti del suolo nelle diverse regioni, non che dello stato dell'arti, del-l'industrie e della coltura intellettuale nelle nazioni che intervennero alla gran mostra internazionale.

L'Econo-mista andrà d'ora innanzi riassumendo le cose più

impor-tanti contenute in queste relazioni fermandosi di pre-ferenza su quanto nelle medesime riguarda l ' I t a l i a . Cominciamo oggi dal parlare dei Boschi e dei loro prodotti.

Presentiamo innanzi tutto il seguente quadro della varia estensione della superficie boschiva negli Stati europei 2) che concorsero a questa parte dell' esposizione

viennese avvertendo che non t u t t e queste cifre sono del pari recenti :

Stati Superfìcie boschiva Russia Ettari 190,074,159 Svezia e Norvegia . . . » 30,569,000 Impero Austro - Ungarico. » 14,791,717 Impero germanico . . . » 14,154,262 Rumenia » - 8,000,000 Italia » 5,025,893 Spagna » 4,747,059 Svizzera » 786,900 Partogallo » 561,000 Belgio . » 434,896 Grecia » 350,770 ') Dalla relazione del Big. Giovanni Carlo Siemoni.

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822 L ' E C O N O M I S T A 26 novembre 1874 % Non abbiamo in questo quadro fatto menzione della

Francia perchè essa non intervenne alla mostra fore-stale, cosa tanto più dolorosa in quanto cbe nella espo-sizione del 1867 l'amministrazione forestale francese aveva fatto una bellissima figura ed era stata emula non sfortunata dell'Austria. Però da una statistica fore-stale francese, in cui non si tien conto delle modifica-zioni avvenute dopo l'annessione di Nizza e Savoia e la perdita dell'Alsazia-Lorena, la superficie boschiva della Francia resulta di ettari 8,900,000.

Notiamo qui che secondo la enciclopedia forestale di Piischel la superficie boscosa della Svizzera sarebbe di ettari 612,750.

L'Italia viene solo come vedesi la sesta nella suesposta tabella, e la sua superficie boschiva sta all'intera super-ficie territoriale nel rapporto di 17,64 per cento, mentre l'impero Austro-ungarico è coperto di bosco per una superficie di 23 per cento dell'intero territorio, la Svezia (senza la Narvegia) per una superficie di 42 per cento, e la Eumeni a per una superficie di oltre 53 per cento. Il Portogallo e la Grecia sono anche in proporzione del-l'estensione territoriale meno boschive dell'Italia.

La superficie boschiva dell' Italia è distribuita nelle varie regioni della penisola nel modo seguente :

B li G I O N E P O P O -LAZIONE S U P E R F I C I E Territoriale E t t a r i RAPPORTO Orila superficie boschiva

coll'es-Rosrliiva colla po-Ettari P°l'*i<>ne tensioni) torritor.

Piemonte e Liguria.. 3,5110,736 3,432,793 633,316 18, 00*/, 18,59*/, Lombardia 5,601,780 4,718,982 846,749 1.5,11 , 17,94 » Modena 490,64". 539,025 57,186 11,05 . 16,09 » Parma 474,598 373,945 153,053 32,24 » 26, CO » Toscana 1,997,007 2,403,109 634,355 32,24 » 20,38 » Antico Stato

Ponti-ficio (non com-presa doma, Ci-vitavecchia, Vi-terbo ecc.) 2,436,083 2,934,473 427,272 17,12 » 14,55 . Napoli 0,787,289 8,330,959 1,097,927 10,18 » 12,87 » Sicilia Sardegna 2,392,414 588,064 2,924,024 2,425,018 125,61.3 1,045,022 5,24 » 77,79 » 4,29 » 13,12 » 24,273,770 28,482,335 5,025,893 24,273,770

I prodotti di tutte le selve dell'impero Austro-unga-rico si possono argomentare dalla quantità del legname esportato nell'anno 1865 la quale ascese alla ragguar-devole cifra di 1,890,000 steri rappresentanti un valore di 25 milioni di franchi. E giustamente si osserva a tal riguardo che la citata cifra è sempre a considerarsi come molto inferiore allo produttività potenziale di quelle selve in molte delle quali per difetto di strade e di con-venienti modi di trasporto sono accumulate immense quantità di materia legnosa.

La rendita lorda di tutte le selve dell'impero ger-manico ascende a 265,831,400 marchi. Per rendere più comprensibile alla intelligenza di ognuno questa rag-guardevolissima cifra gli ordinatori della esposizione te-desca erano ricorsi ad un cubo di legno dorato avente per ogni lato metri 1, 7. Il suo volume era per conse-guenza metri cubi 4,397 e supposto che il massello fosse stato di oro puro avrebbe rappresentato appunto la sopra-indicata somma.

II prodotto annuo di tutti i boschi della Francia si fa ammontare da alcuni a circa 36 milioni di metri cubi,

da altri solamente a 20 milioni dei quali 2 milioni di steri di legname da opera e 18 milioni di legname da ardere e da carbone. Siccome il consumo annuo interno ascende a circa 55 milioni di steri cioè a 10 milioni di legname da costruzione ed a 45 milioni di legname per combustibile, così avviene che il disavanzo annuo ascende in Erancia, prendendo per base la produzione di 20 mi-lioni, a circa steri 35,000,00'h Ora per provvedere una tale ingente quantità di legname furono spesi nel 1857 circa 70 milioni di franchi e nel 1865 circa 157 milioni, dai quali sono da dedurre soltanto circa 31 milioni di franchi che rappresentano il valore del legname greg-gio di ogni qualità esportato annualmente all'estero. Queste notizie della produzione boschiva in Francia non sono, come si vede, molto recenti, ma non fu possibile raccoglierne altre.

Il valore totale della produzione dei boschi della Bus-sia Europea (poco si conosce ancora del rimanente di quel vastissimo impero) si fa ascendere a 160 milioni di rubli ossia a 640 milioni di lire nostre all'anno.

La produzione boschiva della Svezia è di più di 30,000,000 di steri; quanto alla Norvegia si sa che nel 1866 produsse steri 2,99-3,989 tra tavoloni e piani ed altri legnami da eostruzione.

Vorremmo alle sopraesposte notizie aggiungerne altre di simil natura che si riferissero alla produzione legnosa annua del regno di Italia, ma l'Italia è sventuratamente nel novero di quei paesi per i quali mancarono i dati statistici indispensabili su cui potersi fidare, poiché-quelli esistenti vennero raccolti come meglio poteasi e piuttosto per induzione che per notizie positive di fatto.

Lasciando quindi da parte tutto ciò che riguarda in Italia la statistica dei prodotti parleremo della parte che il nostro paese ebbe a Vienna nell'esposizione fore-stale. E siamo lieti di poter dire che l'Italia, sebbene non si presentasse alla mostra universale con un gran numero di espositori di cose forestali, pure superò di gran lunga ciò che aveva fatto nelle mostre precedenti, il che venne poi dimostrato dal numero delle ricom-pense cbe furono assegnate agli italiani. - Infatti il nu-mero complessivo dei nostri espositori in questa cate-goria non superava i 10, e 8 furono le ricompense ot-tenute.

Primeggiavano in questa serie le raccolte messe in-sieme a cura della amministrazione forestale italiana e in ispecie una collezione dei legnami che crescono nelle nostre selve a cominciare dal Larice, dal Faggio, e dl'Abete, e scendendo fino a quelli che avvicinano al-l'africana la Flora d'Italia come i Pistacchi, la Palma di San Pier Martire, la Palma da datteri, la Ginestra dell'Etna per non parlare di quella specie che possono dirsi coltivate come l'Arancio, il Limone, l'Ulivo, il Ca-rubbio ecc. Questa raccolta fu abilmente posta insieme dal Direttore dell'Istituto forestale di Vallombrosa e da esso illustrata con una memoria.

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26 novembre 1874 L' E C O N O M I S T A 823 Per tutti questi titoli l'amministrazione forestale ebbe il

gran diploma di onore.

Altre ragguardevoli raccolte di legnami furono presen-tate dalla Giunta speciale di Belluno, dai fratelli Bernac-chi di Forlì, dall'Istituto tecnico di Treviso, dal dottore Alessandro Fioretti, dal R. Parco di Caserta che espose una collezione non numerosa ma molto importante di coni di pini esotici.

Fra le poche industrie forestali che in Italia si hanno e che siano esercitate dagli scarsi abitatori delle selve è da contare la fabbricazione di piccoli oggetti in legname di faggio, d'acero o di tiglio che alle meno agiate fami-glie preSteno l'ufficio di stovifami-glie o di altri domestici utensili.

Fra i prodotti forestali dell'Italia figuravano il Som-maco e la Manna coltivati in Sicilia. La coltura del sommaco (Rhns coriaria) nella provincia di Palermo è quasi triplicata negli ultimi quattro lustri, ed oggi la detta pianta vi occupa una superfice di ettari 2030; tale aumento devesi alla facilità della cultura del sommaco ed al ricco guadagno che somministra. La produzione to • tale di sommaco nella provincia di Palermo si fa ascen-dere a circa chilogrammi 39,310,780; alla produzione del sommaco va collegata l'industria della sua triturazione alla quale sono addette nella sola provincia di Palermo undici macchine a vapore. La esportazione del sommaco eia Palermo fu nel 1872 di chilogrammi 21,354,039; la media del prezzo di questo prodotto è di lire 31 per quintale se in polvere, di lire 26 se in foglie.

I terreni destinati alla coltura della manna nella sola provincia di Palermo ascendono ad ettari 2070 e la esportazione del prodotto nel 1872 fu di chilog. 94,238; la media dei prezzi della manna in cannelli è di lire 8 per ogni chilogrammo; il valore della manna in sorte varia da lire 1,60 a lire 5,60 per chilogrammo.

Così abbiamo riassunto le cose più importanti del-l'esposizione forestale italiana, la buona riuscita della quale lunge dal fomentare in noi un vano orgoglio deve metterci sulla via di seguitar l'esempio offertoci da altre nazioni le quali di gran lunga ci precedono in materia di boschi, sia che questi vogliansi riguardare nella loro estensione, sia che si considerino sotto il punto di vista della cultura e del buon governo. E bene non farsi il-lusioni: i premi di questa classe si sono in gran parte ottenuti mettendo in mostra gli avanzi di un'antica ric-chezza che forse fra pochi anni sarà sparita affatto; gli altri paesi invece si aprirono la via alle ricompense e quel che più monta a sempre crescente prosperità mi -gliorando la coltivazione dei boschi esistenti e creandone dei nuovi laddove la mano dell'uomo li aveva distrutti. Notiamo anche che noi non possediamo che un solo isti-tuto forestale, quello di Yallombrosa, il che invero è assai poco in confronto ai numerosissimi della Germania e dell'Austria.

Non ci tratterremo ora sulle esposizioni forestali dei paesi dell'Affrica, dell'Asia, dell'America e dell'Austra-lia che figurarono a "Vienna. Ma non possiamo dispen-sarci dal constatare che passando dall'Europa alle re-gioni situate dall'altra parte dell'Atlantico, al continente americano e all'Australia si trova che anche colà i piro-dotti naturali delle selve vanno crescendo di numero e di importanza ; talché si può arguire che, come in

Eu-ropa, i boschi vi saranno in breve fatti segno a mag-giori diligenze utilizzandoli in modo da ricavarne il maggior possibile prodotto senza nuocere alla loro esi-stenza.

Le condizioni dei paesi non europei sono in generale troppo dissimili dalle nostre, qualunque sia l'aspetto sotto il quale si vogliano considerare, perchè si possa sperare che fin d'ora le selve siano sottoposte agli studi che per esse fioriscono fra noi. In Europa infatti la su-perficie boschiva o è ridotta ai giusti termini ovvero, ed è questo disgraziatamente il caso più frequente, si trova al di sotto di ciò che stimasi conveniente pei bisogni reali della popolazione e per mantenere l'equilibrio dei fenomeni d'ordine superiore; nelle contrade invece non europee ed in quelle specialmente del nuovo mondo, i boschi rappresentano molte volte la maggior parte dei-suolo coltivabile ed è certo ch'essi dovranno subire una notevole diminuzione man mano che la popolazione an drà accrescendosi.

Aggiungeremo alle cose fin qui dette, che fra i paesi dell'Africa fu notevole l'esposizione forestale dell'Algeria paese che ha una superficie boschiva di 1,440,000 ettari-In Algeria fu introdotto con felice successo VEucalyptm ylobulus, pianta di cui ora si parla nuovamente fra noi con un entusiasmo lodovolissimo, ma forse in qualche parte superiore al merito che essa ha nelle nostre con-trade.

Nell'Asia menzioneremo l'esposizione forestale del Giap-pone e quella dell'India inglese, non importante que-st'ultima come si sarebbe aspettato da un paese in cui l'amministrazione dei boschi è regolata come nel meglio ordinato d'Europa.

Nell'America fu stupenda e svariatissima l'esposizione dei boschi del Brasile il quale fra l'altre cose volle pre-sentare tutto intero un colosso delle sue foreste, un fusto di Araucaria brasiliana alto 40 metri.

Il movimento sociale in Inghilterra

eli il recente discorso del signor Inndella

Il signor Mundella, rappresentante di Sheffield al Par-lamento inglese, presiedeva, il 7 di questo mese, la riunione annuale della Società cooperativa di consumo d'Accrington e Church (the Accrington and Cliurch in-dustriai cooperative Society) e distribuiva premi agli allievi i quali frequentano le scuole serali che essa man-tiene.

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824 26 novembre 1874 Essa non ba cominciato cbe nel 1863 ad occuparsi

del-l'educazione professionale, ma dipoi ha fondato un ga-binetto di lettura la cui biblioteca ora possiede 3000 volumi incirca. Come si è detto, la Società ha parimente istituito alcune scuole serali, alle quali ha annesso un eccellente laboratorio. Per queste differenti ragioni essa si è imposta dei sacrifizi che, durante 1' anno passato, sono ascesi alla somma di 6090 franchi.

Gli oggetti che rientrano nel dominio della Società, sono : drogheria, vestiario, panni, calzoleria, macelleria ed ebanisteria, ma quest'ultima da quest'anno solamente. Essa ha fatto fabbricare in eccellenti condizioni trenta case e le ha vendute ai suoi soci accordando loro grandi facilitazioni per il pagamento. Finalmente ha creato una cassa di risparmio per uso di questi stessi soci.

La loro recente riunione annuale ha avuto luogo nelle sale dell'istituto Peel, vasto edilizio, eretto in memo-ria di questo illustre uomo di Stato, e vi assistevano circa 1200 persone. Il signor Mundella, prendendo la parola, ha fatto subito allusione ai rapidi progressi del-l'associazione, « uno di quei meravigliosi esempi di self help di cui ciascuno doveva godere, e di cui la molti-plicazione portava alla grandezza ed alla prosperità futura di questo immenso impero, che si chiama impero britannico. » Qui tutto, ha continuato il signor Mun-della, è stata l'opera degli operai stessi ; erano essi cbe avevano fornito i fondi dell'opera, essi che l'avevano sostenuta e diretta ; con quale successo, i resultati finan-ziari dell'anno passato ce lo attestano in maniera elo-quente. Così dunque il sistema cooperativo, come doveva intendersi, aveva per effetto di riavvicinare il consuma-tore al produtconsuma-tore e di far rientrare i profitti della vendita nella borsa del primo. Aveva anche il vantag-gio di liberare l'operaio dalla tirannia dei piccoli debiti, forzatamente usurai, e d'insegnargli il risparmio, per la necessità stessa di non poter fare compre cbe con contanti, senza parlare della fiducia cbe il suo eserci-zio prolungato e felice, naturalmente ispirava ai coo-peratori.

Il signor Mundella ha sviluppato quest'ultimo punto di vista, allargandolo, cioè estendendo le sue osservazioni su tutti i lati morali della questione. La Società d'Accrington maneggiava 3000 lire sterline alla settimana; ma per tutti i magazzini cooperativi di Manchester si trattava di 2,000,000 di lire sterline. Si parlava volentieri un poco da per tutto del grande avvenire riservato all'industria britannica. Ebbene! fatti di questo genere presentavano per questo avvenire le prospettive le più seducenti. Così la Società cooperativa di consumo d'Accrington, da una parte distribuiva ai suoi soci i dividendi che si elevavano per un anno alla somma di più di 15,000 lire sterline e dal-l'altra, fabbricava abitazioni per gli operai, abitazioni convenevoli e delle quali questi stessi! operai le rimborsa-vano le spese di costruzione.

E quale scopo più elevato potevano proporsi, di quello di rendere un operaio proprietario della sua propria abi-tazione? « Non era egli dargli una base nel suo paese, e — se gli era permesso di così dire — trasformarlo fin d'allora in capitalista, in conservatore, ma nel miglior senso della parola, in conseryatore di tutto ciò cbe real-mente meritava di essere conservato. »

L'oratore non si è meno felicitato della cura cbe la So- |

cietà d'Accrington aveva consacrata all'istruzione profes-sionale; il suo gabinetto di lettura riceveva tredici giornali quotidiani, cinquantaquattro riviste settimanali, venti riviste mensili, ed era frequentata, in media giornaliera, da duecento persone.

Il signor Mundella ha trovato maggior merito ancora nelle classi serali, « perchè esse tendevano a procurare ai figli degli operai i mezzi di educazione sociale cbe era interamente mancata ai loro stessi padri. » Egli par-lava dell'istruzione, della temperanza e del gusto al ri-sparmio; se questi mezzi di educazione in parte man-cassero all'attuale generazione, la colpa di questa situa-zione non era solo degli operai, ma era in larga misura del potere legislativo: egli aveva dato troppo ascolto ai discorsi di certe persone, che ripetevano su tutti i toni, che il legislatore aveva già fatto troppo, per persone, cbe per parte loro sembravano decise a non far niente per sè stesse. Se gli operai non avevano fatto abba-stanza, il legislatore aveva fatto meno ancora, ed il signor Mundella, credeva dargli specialmente un'eccel-lente indicazione, raccomandandogli di decretare l'obbligo ed il buon prezzo dell'istruzione primaria.

In seguito ba richiamato l'attenzione del suo uditorio sull' avvenire dell' industria inglese. E qualche tempo cbe il presidente della Camera di commercio di Man-chester, ha trattato il medesimo soggetto. Il sig. Mun-della pensa che egli lo ba considerato con un poco di pessimismo, ma ritiene tuttavia come vere alcune sue vedute. Egli aveva avuto tutta la ragione di dire ohe se gl'inglesi desideravano veramente mantenere la loro superiorità industriale, dovevano'stare a giorno più di quello che forse noi facevano, coi progressi degli altri popoli. Essi avrebbero torto di contar troppo sul loro antico prestigio; d'ora in avanti loro necessitava com-battere, e lo strumento di questa lotta si trovava in una applicazione dei nuovi dati della scienza ai processi in-dustriali. Dal principio di questo secolo in poi la popo-lazione dell'Inghilterra, della Scozia e del paese di Galles era infatti arrivata da poco meno di 10,000,000 d'anime a poco più di 25,000,000: in altri termini essa era più cha raddoppiata nello spazio di 74 anni. La posizione insulare del paese non gli permetteva di aggiun-gere al suo territorio un acre di più, e nel medesimo tempo l'estensione delle città esistenti, e la fondazione di nuove città non potevano che diminuire la superficie ara-bile. Da questa doppia circostanza era resultato che la prosperità dell'Inghilterra si era di più in più legata al suo sviluppo industriale, e appunto perciò era divenuto necessario che ricercasse sempre più i mezzi di garantire a questo sviluppo le condizioni le più favorevoli.

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L' E C O N O M I S T A 825 dell'economia, due cose a dir vero inseparabili 0 che

mu-tualmente si riproducono?

Disgraziatamente era cosa troppo provata che le abi-tudini intemperanti costituivano il gran male, il vero flagello di queste classi ,• del paese stesso. Sono soli pochi giorni che un membro del Ministero, il solicitor ge-neral, portando la parola davanti agli osti e trattori patentati di Preston riuniti a banchetto, non temeva di affermare che il capitale impegnato nel loro commercio sorpassava, in tutto il paese, il capitale impegnato nelle tre industrie del cotone, della lana e del ferro insieme riunite.

Il signor Mundella era felice di poter negare l1

esat-tezza di simile asserzione ; essa certamente provava che il signor Holker era un mediocre statistico, se era un buonissimo giurisperito! Non poteva però dissimularsi, di fronte a documenti autentici, che gì' Inglesi si abban-donavano troppo facilmente alle bibite, e che era del loro interesse di ben sorvegliarsi ed emendarsi su questo proposito.

Un altro punto interessantissimo per 1' avvenire del-l' industria britannica era quello dei rapporti tra il ca-pitale ed il lavoro. Essi sono creduti cattivissimi, e più cattivi ancora che in qualunque altro paese. « Forte « nella sua personale esperienza e per le informazioni « che gli è stato possibile raccogliere da diverse parti » il signor Mundella nega assolutamente questa asserzione. Egli non credeva, per esempio, che in nessun luogo vi potesse essere un' armonia più completa tra operai e pa-droni come nella città d'Acerington. «Si vedevano cammi-« nare, se era permesso il dire così, l'uno a braccio del-« l'altro e poteva arditamente invocare su questo riguardo « la testimonianza di una persona che aveva il piacere di « vedere in quello stesso momento al suo fianco, il signor « John Bullock, direttore dell' officina The Globe Iron works. » Questo onorevole industriale non aveva respinto la domanda che gli avevano fatta i suoi operai di dimi-nuire le loro ore del lavoro giornaliero, ed il valore ef-fettivo del lavoro è rimasto lo stesso. Il signor Bullock ha pure ammesso i suoi operai ad una partecipazione nella sua intrapresa, e si è trovato contentissimo di que-sta misura, come pure gli stessi suoi operai.

Si è parlato dei pericoli di cui la concorrenza estera minacciava l'industria del cotone nella Gran Brettagna. Il signor Mundella la teme poco. Da dove verrebbe ? Dal Belgio, si risponde. Ma il Belgio non conta che cinque milioni di abitanti, di cui la metà non sa nè leg-gere nè scrivere, e se, per servirsi delle espressioni di lord MacaUlay « la bandiera dell' industria deve essere « un giorno strappata dalle mani del popolo inglese, non « si può supporre che ciò si faccia da una nazione igno-« rante e depravata ; ciò non potrebbe farsi che da un « popolo che superasse gì' Inglesi in intelligenza, virilità « e libertà. » Si cita anco l'America come formidabile rivale della sua antica metropoli ; si esagerano certa-mente i fatti, e uno dei suoi amici, che è tornato d'Ame-rica, ha dichiarato al signor Mundella, che dopo un at-tento esame di ciò che avveniva oggigiorno in quel paese, come dalle prospettive tanto della sua industria cotoni-fera come dell'industria metallurgica, era in grado di affermare che nè i proprietari delle fucine, nè i filatori del Lancashire o del Yorkshire, non avevano da questo |

lato da concepire alcuna apprensione. I fabbricanti di ferro della Gran Brettagna potevano dunque continuare con tutta sicurezza a far venire carbon fossile dalla Nuova Scozia, ed a fabbricare coli' aiuto di questi car-boni ruotaie superiori a quelle americane. In quanto all' industria del cotone, le enormi tariffe con cui gli Stati Uniti avevano colpito i prodotti inglesi, permette-vano solo ai produttori americani una concorrenza arti-ficiale.

Diminuite queste tariffe, - e questa è la loro sorte inevi-tabile, - nè in America nè altrove la lotta sarebbe pos-sibile su questo terreno, nemmeno per un solo anno.

Terminando, l'onorevole membro del Parlamento, ha scongiurato i suoi uditori di contribuire, per quanto di-penderebbe da essi, e specialmente coi loro sforzi per istruirsi, alle brillanti prospettive dell'industria della loro patria. Ha fatto in seguito allusione agli atti i più recenti della legislatura sul regime industriale del paese, Factory Acts che debbono entrare in vigore il 1" gen-naio dell'anno venturo.

A torto, secondo lui, i capitalisti ne avevano conce-pite delle inquietudini, e sperava, che in pochissimo tempo queste inquietudini sparirebbero, poiché gli operai, liberi di lavorare, d'ora in avanti, durante un minor numero di ore, terrebbero ^certamente a onore il compensare questa differenza con un lavoro più coscienzioso e più as-siduo. In ultimo luogo, il signor Mundella ha parlato delle difficoltà sorte tra i padroni del Lancashire orien-tale ed i loro operai, esprimendo la speranza che l'ac-cordo potrebbe farsi coli' intermediario di delegati degli uni e degli altri, che deliberando in comune, arrive-rebbero a formulare le condizioni accettabili per gli operai come per i padroni, ed a mantener così la buona armonia, di cui i loro rapporti da un gran numero di anni erano rimasti impressi.

Il signor Mundella ha parlato per tre quarti d'ora, ed il suo discorso è stato costantemente ascoltato con una attenzione la più simpatica. Tutte le parti non erano forse fatte per piacere egualmente all'uditorio; questo ha avuto farò il buon senso di ascoltare pazien-temente quelle che potevano urtare i suoi pregiudizi, ed anche qualche volta sottolinearle con applausi, Ciò fa l'elogio dell'oratore e degli uditori.

Sarebbe desiderabile ohe gli uomini pubblici si met-tessero da per tutto Come in Inghilterra in frequente contatto, quasi giornaliero, con le classi lavoratrici. Così imparerebbero da una parte e dall'altra a meglio cono-scersi, ed a rinunziare a reciproche prevenzioni non meno pericolose. La difesa dei principii conservatori non ri-schierebbe più di essere confusa con quella d'interessi egoisti, coinè parimente la Cura degl'interessi popolari con la diserzione dalle idee d'ordine. « I poveri domandano più di ciò che è giusto, scriveva Bastiat nel 1849, ed i ricchi ricusano tinche ciò che è giusto. »

-RIVISTA BIBLIOGRAFICA

L A C O N C O R R E N Z A per L'Avv, Francesco Angioni-Contìni Sassari, 1874.

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