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Recente evoluzione del concetto del danno risarcibile e in particolare del danno alla persone in Germania

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Recente evoluzione del concetto del danno risarcibile e in particolare del danno alla persone in Germania

Gregor Bender*

I. Evoluzione del concetto del danno risarcibile in generale II. Evoluzione del danno alla persona e la sua risarcibilità

I. Evoluzione del concetto del danno risarcibile in generale

Negli ultimi anni il concetto di danno risarcibile in Germania è stato oggetto di una riflessione costante anche da parte della dottrina giurisprudenziale, senza che si sia verificato però alcun passo di natura rivoluzionaria o di completa rilettura.

Si continua a considerare il danno risarcibile come danno patrimoniale, pur ribadendo il principio della Differenztheorie (la teoria della differenza) quasi come definizione classica ed irreversibile del danno risarcibile.

Quindi si potrebbe dire: niente di nuovo dalla Germania?

La risposta è certamente no, come dimostra un’attenta lettura di diverse sentenze del Bundesgerichtshof ( Suprema Corte), emesse dal 1986 in poi, che hanno fatto strada ad una rivoluzione tacita del concetto di danno.

Interpretazione flessibile della Differenztheorie come definizione del danno patrimoniale

In Germania la Differenztheorie - ben conosciuta dalla dottrina italiana - serve fino ad oggi come definizione classica del danno patrimoniale che, tradizionalmente, è la voce centrale dell’ambito del danno risarcibile.

Negli ultimi anni però il Bundesgerichtshof (la Suprema Corte) ha iniziato un’ interpretazione più flessibile della Differenztheorie che rende possibile una tutela risarcitoria in diversi casi problematici, limite tra il danno risarcibile e il danno non risarcibile.

La sentenza che ha portato ad una rilettura della Differenztheorie, è una sentenza delle Sezioni Civili Unite della Suprema Corte del 1986 e riguarda la risarcibilità della perdita di utilità di cose ed in particolare di una macchina danneggiata (BHG GSZ 9.7.1986, BHGZ 98, 212). Il problema della risarcibilità di una tale perdita non era risolto in modo soddisfacente e persuasivo né dalla dottrina né dalla giurisprudenza. Alla fine pure la patrimonializzazione - come viene praticata anche in Italia per l’allargamento del danno risarcibile - era fallita per la forte critica da parte della dottrina.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte non hanno trovato una nuova definizione del danno risarcibile, anzi, hanno ribadito la Differenztheorie come concetto fondamentale del danno risarcibile.

Ma poi la Corte ha presentato una nuova interpretazione della Differenztheorie:

Punto di partenza è stata la conferma che il Codice Civile lascia aperto il concetto di danno e di patrimonio. Poi la Corte riporta la Differenztheorie come operazione calcolatoria neutra nel paragone fra due situazioni di patrimonio: un confronto tra la situazione prima del danneggiamento come si sarebbe sviluppata senza l’evento dannoso e tra la situazione dopo l’evento dannoso.

Quest’operazione - secondo la Suprema Corte deve però considerare e giuridicamente valutare gli interessi coinvolti nella fattispecie. La risarcibilità di una perdita può essere conseguenza di vari aspetti di una valutazione giuridica, come per esempio la funzione riparatoria del risarcimento o il cosiddetto “Schutzzweck” della tutela risarcitoria o (nel caso di responsabilità contrattuale) lo scopo

* Avvocato in Duesseldorf

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del contratto oppure può risultare da una specifica necessità di tutela giuridica (Rechtsschutzbeduerfnis) giuridicamente riconosciuta.

Questa valutazione è - così continua la Suprema Corte sottoposta ad una permanente revisione secondo i vari e nuovi bisogni di una società moderna che si trova per se in un processo di sviluppi permanenti dai tempi in cui sono stati creati i nostri istituti di diritto civile nel Codice Civile (BGH GSZ 9.7.1986, BGHZ vol. 98, p. 212 (217 ss.).

Nel caso concreto la Suprema Corte ha riconosciuto alla perdita di utilità della macchina una necessità di tutela (Rechtsschutzbeduerfnis) che risulta dalla valutazione degli interessi coinvolti.

Secondo la Suprema Corte la macchina è un bene essenziale della cui permanente disponibilità l’uomo ha bisogno per i suoi scopi di vita e che merita perciò una tutela risarcitoria. In questo modo la giurisprudenza ha allargato nel frattempo la tutela risarcitoria anche ad altri oggetti della vita quotidiana come il televisore, la bicicletta, la cucina (in particolare il forno, il frigorifero) ecc.

Così, la Suprema Corte ha introdotto un’interpretazione flessibile della Differenztheorie, secondo cui non c’è più bisogno di una differenza calcolabile monetariamente nel patrimonio nel senso stretto.

La Suprema Corte applica però questa nuova interpretazione con molta previdenza e ristrettezza esaminando diversi cosiddetti Fallgruppen (gruppi di casi).

La dottrina ha pienamente condiviso la nuova interpretazione della Differenztheorie e ha constatato che così anche la giurisprudenza tedesca si sta muovendo in direzione ad un case law sotto la vecchia etichetta della Differenztheorie.

Disputa tra la Suprema Corte (BGH) e La Corte Costituzionale (BVerfG) su “il bambino come danno”

Una prima prova della nuova interpretazione della Differenztheorie si può trovare nella disputa intercorsa tra la Suprema Corte e la Corte Costituzionale sul cosiddetto “bambino come danno”, cioè sul bambino come danno che riguarda la risarcibilità dei costi di mantenimento di un bambino che i genitori non volevano concepire.

La controversia è stata aperta dalla Corte Costituzionale nella sua ultima sentenza del 28.05.93 (NJW 1993, 1751) , in riferimento alla nuova legge sulla riforma del codice penale a riguardo dell’aborto. La Corte Costituzionale ha riconfermato l’obbligo dello stato di creare e garantire una tutela effettiva della vita dell’embrione e della nascita del bambino. Questa tutela deve essere garantita dall’ordinamento giuridico anche tramite gli istituti di diritto civile.

Nella stessa sentenza però la Corte Costituzionale dice che una qualificazione dell’esistenza di un bambino per se come fonte di danno patrimoniale sia incompatibile con la dignità umana del bambino tutelata come diritto fondamentale dall’art. 1 della nostra Costituzione. Sotto questo aspetto di diritto costituzionale la Corte Costituzionale ha criticato la giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale il costo per la mantenimento di un bambino nato in seguito ad uno stupro o per responsabilità professionale di un medico possa rappresentare un danno risarcibile.

Questa forma di risarcimento - secondo la Corte Costituzionale - sta in contraddizione alla dignità umana del bambino. La Corte Costituzionale lascia però aperto con quale altro istituto giuridico di diritto civile si potrebbe tutelare la vita dell’embrione se non tramite la tutela risarcitoria.

La Corte Costituzionale infine invita apertamente ed in maniera assolutamente insolita la Suprema Corte a correggere questa sua giurisprudenza.

Ancora entro l’anno 1993 la Suprema Corte ha trovato occasione a rispondere all’invito della Corte Costituzionale rifiutandolo e confermando la propria giurisprudenza. La sentenza del 16.11.93 (BGHZ vol. 124, p. 128) tratta del problema della risarcibilità dei costi per il mantenimento di un bambino cerebroleso e nato solo per una errata consulenza di un medico esperto nel settore delle analisi genetiche.

La Suprema Corte risponde direttamente alla Corte Costituzionale dicendo che verrà senz’altro riconosciuto la contraddizione tra la dignità umana del bambino tutelata dalla Costituzione da un lato ed la definizione dell’esistenza del bambino come danno risarcibile dall’altro. Ai fini di una tutela

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risarcitoria però la Suprema Corte vuole differenziare chiaramente l’esistenza del bambino ed i costi economici per il suo mantenimento.

Su questo punto la Suprema Corte torna largamente alla sua nuova e più flessibile definizione della Differenztheorie e del danno risarcibile come è stato riportato qui sopra.

Secondo la Suprema Corte una valutazione degli interessi giuridicamente tutelati sia del bambino che dei genitori comporta necessariamente al riconoscimento della tutela risarcitoria. Infine la Suprema Corte respinge l’argomento della Corte Costituzionale secondo cui la tutela risarcitoria è accompagnata da un elemento peggiorativo della dignità umana del bambino. Secondo la Suprema Corte il risarcimento si riferisce solo agli aspetti economici di una fattispecie della vita, cioè all’esistenza di un bambino incapace, senza pregiudicarne la sua dignità umana. Al contrario la tutela risarcitoria - sempre secondo la Suprema Corte può essere un contributo a migliorare la situazione personale del bambino, in quanto toglie il peso finanziario del suo mantenimento dalle spalle dei genitori. Questa sentenza fa vedere con quale flessibilità la Suprema Corte voglia applicare la Differenztheorie nella valutazione degli interessi coinvolti pur riferendosi a valori costituzionali interpretati diversamente dalla lettura della Corte Costituzionale.

La sentenza della Suprema Corte apre la prospettiva ad un concetto del danno risarcibile sempre più flessibile ed orientato ai bisogni della società moderna che è in continua trasformazione. La Suprema Corte ha esposto espressamente l’obbligo della giurisprudenza a considerare il svolgimento della società accompagnandola con attenzione sulla rilettura permanente delle frontiere del danno risarcibile.

II. L’evoluzione nel settore del danno alla persona

Nel ramo dei danni risarcibili in conseguenza ad una violazione dell’integrità psicofisica il danno patrimoniale continua ad occupare la posizione più importante.

Il danno patrimoniale

Il danno patrimoniale risarcibile in conseguenza ad una lesione all’integrità psicofisica come illecito civile o da responsabilità oggettiva si può dividere nelle tre posizione classiche:

1. costi pecuniari per le cure mediche e ospedaliere 2. perdita di guadagno

3. costi di mantenimento maggiori in seguito ad una lesione.

Mi permetto di trascurare la posizione sia dei costi per cure mediche sia quella del aumento dei costi della vita per la persona lesa al fine di considerare subito i principi della risarcibilità della perdita di reddito.

In Germania la giurisprudenza della Suprema Corte continua a respingere una risarcibilità del danno alla capacità lavorativa generica considerata in sé per sé. Problemi dogmatici - conosciuti anche in Italia - come il pagamento continuo del salario della vittima da parte del suo datore di lavoro non hanno provocato una riforma della vecchia giurisprudenza, come l’hanno fatto in Italia nei concetti del danno alla salute o danno biologico.

Quindi un danno risarcibile da mancato guadagno richiede in ogni caso una perdita concreta ed economicamente quantificabile nell’attività professionale svolta dalla vittima. Le perdite si devono realizzare nella situazione individuale e concreta della persona lesa considerando la sua posizione professionale nel momento della lesione e il suo probabile sviluppo nel futuro. La vittima ha l’onere di prova delle sue perdite future anche se il giudice ha una larga discrezionalità nel calcolo del danno ( vedi paragrafi 252, 842, Suprema Corte, 287 ZPO). La lunga pratica tedesca comporta nella maggior parte dei casi di danno da lucro cessante a risultati soddisfacenti ed adeguati ai bisogni delle vittime.

Però in alcuni ipotesi di danni alla persona né la dottrina né la giurisprudenza hanno trovato una risposta soddisfacente alle richieste delle vittime.

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Rimane ad esempio qualche perplessità pensando che fino ad oggi la perdita/impedimento del lavoro della casalinga è considerata come una parte del risarcimento per mancato guadagno. La casalinga come vittima di una lesione ha tradizionalmente diritto al risarcimento indipendente dal fatto se un’altra persona ha fatto il suo lavoro di casalinga ed è stata pagata per questo.

L’inquadramento nel danno da mancato guadagno rende evidenti le difficoltà dogmatiche che hanno avuto la giurisprudenza e la dottrina a motivare tale risarcimento tramite un reddito fittizio della casalinga. Nel corso dei anni la Suprema Corte ha concesso un tale diritto al risarcimento anche ad un uomo, che come marito svolgeva attività domestiche. La Suprema Corte riferisce nella sua argomentazione alla Differenztheorie modificata come sopra già dimostrata, che include una valutazione dei interessi giuridici coinvolti, che chiede necessariamente una forma di risarcimento.

La dottrina e la giurisprudenza si dividono però sulla possibilità di concedere un tale diritto al risarcimento anche alle copie che vivono insieme senza essere sposate. Secondo la mia personale valutazione gli interessi coinvolti in questa fattispecie sono comparabili a quelli della coppia sposata e bisogna riconoscere un diritto al risarcimento anche ad un partner di una coppia non sposata che svolge il lavoro di casalinga a condizione che i partner condividano la vita in una sfera privata comune. La concessione del diritto al risarcimento sarebbe un vero esempio per l’evoluzione del concetto di danno risarcibile orientato verso i nuovi bisogni della nostra società moderna. Una decisione della Suprema Corte su questo problema non è ancora stata emessa.

Il danno immateriale

Nel caso di una lesione colpevole dell’integrità psicofisica l’ordinamento tedesco prevede nel paragrafo 847 BGB un pieno risarcimento anche per il danno non patrimoniale.

Il paragrafo 847 del Codice Civile è ben conosciuto sotto il nome Schmerzensgeld (risarcimento per danno morale), e qui vorrei ricordare che tale norma comprende molto di più che il semplice danno morale, cioè per i dolori e sofferenze della lesione. Il danno non patrimoniale nel senso del § 847 del Codice Civile comprende tutte le conseguenze dannose per lo stato fisico o psichico del danneggiato, le limitazione del sentimento della vita, della gioia di vivere, nonché i malesseri, le pene, le tribolazioni, gli affanni e i disagi, cioè ogni menomazione al ritenersi essere interamente uomo. Un concetto abbastanza largo da comprendere quasi ogni ipotesi di danno non patrimoniale.

Meritano la nostra attenzione qualche novità nella giurisprudenza della Suprema Corte a riguardo del risarcimento per danno morale secondo il paragrafo 847 e una revisione del testo legale che è entrato in vigore il 1.7.1990.

I danni minimi

Anche qui vorrei innanzitutto riferire brevemente una sentenza della Suprema Corte che riguarda questi cosiddetti danni minimi, che tante volte non sono più che un sentirsi male, una irritazione dei sensi o una indisposizione.

La Suprema Corte ha dovuto considerare nella sua sentenza del 14.1.1992 (NJW 1992, 1043) un caso in cui la vittima ha sentito invadere la sua casa di un gas chimico che - in seguito ad un incidente - era uscito da una vicina fabbrica chimica. Il gas non era tossico, ma il soggetto era preoccupato del fatto accaduto e poi si sentiva male dalla paura e gli venne mal di testa. La Suprema Corte ha dichiarato che anche un minimo mal di testa rappresenti una lesione dell’integrità psicofisica e che principalmente ogni lesione colpevole dia diritto ad un risarcimento anche per i danni immateriali del paragrafo 847 del Codice Civile.

La Suprema Corte ha deciso che il giudice di I grado nella sua discrezionalità possa negare nella quantificazione del risarcimento per danno morale un diritto ad esso, se le lesioni sofferte sono minime e senza conseguenze permanenti come indisposizioni tipiche della vita quotidiana.

Questa sentenza della Suprema Corte ha riscontrato largo consenso perché risponde ad una vecchia richiesta da parte delle compagnie assicurative. Sarà però difficile trovare un limite alle

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piccole lesioni che non meritano alcun risarcimento. Questo sarà compito dei giudici di I grado cui discrezionalità è notevole e difficile a correggere dalle Corti d’Appello e dalla Suprema Corte?

Nuovo testo legale del paragrafo 847 del Codice Civile

Il 1.7.1990 è entrato in vigore una modifica del testo legale del paragrafo 847 del Codice Civile che cancella la vecchia seconda frase del primo paragrafo della norma. Per questo non è più necessario che la vittima stessa esprima la sua volontà a far valere il diritto al risarcimento prima che questa persona muoia. Gli eredi della vittima possono comunque far valere questo diritto. Così il diritto al risarcimento espresso dal paragrafo 847 non è più strettamente personale in quanto non è più condizionato dalla volontà della persona lesa. Questo comporta una depersonalizzazione ed una oggettivazione di questo diritto. Ne consegue che il diritto al risarcimento non è più dipendente dalle circostanze personali della vittima ed in particolare della possibilità a dare alla vittima una soddisfazione o una vera reintegrazione personale.

Questa oggettivazione trova chiara espressione nelle sentenze del Oberlandesgerich Oldenburg del 4.2.1994 ( Zeitschrift für Schadensrecht 1994, 123) e del Oberlandesgerich Stuttgart del 2.5.1994 ( NJW 1994, 3016). Il tribunale di Oldenburg concede senz’altro il diritto al risarcimento secondo il paragrafo 847 del Codice Civile agli eredi di una persona lesa da un incidente e morta in coma senza mai aver riacquistato coscienza. Il tribunale di Stuttgart invece , nonostante, ciò ha trovato in un caso del tutto analogo difficoltà a concedere il diritto al risarcimento secondo § 847 del Codice Civile agli eredi della persona morta in coma perché quest’ultima non poteva esprimersi nella sua volontà a far valere il proprio diritto al risarcimento. Il tribunale di Stuttgart riconosce una certa oggettivazione del diritto al risarcimento dal modificato paragrafo 847 del codice civile, però non trova una motivazione per un risarcimento nella funzione riparatoria per danno morale, ma solo nella funzione punitiva del diritto al risarcimento secondo il § 847 del Codice Civile. Secondo il tribunale di Stuttgart bisogna riferirsi alla funzione punitiva perché una persona in coma non può più sentire una soddisfazione o una reintegrazione del suo equilibrio psicofisico nel senso della funzione riparatoria.

Questa motivazione del tribunale di Stuttgart però è nel suo riferimento alla funzione punitiva superata dalla nuova giurisprudenza del Codice Civile sul diritto al risarcimento del danno morale.

Secondo questa giurisprudenza il diritto al risarcimento per danno morale come pieno risarcimento per danno non patrimoniale spetta anche alla vittima che per la gravità della lesione non è in grado di rendersi conto della lesione e che per questo motivo non soffre delle sue condizioni ( ad esempio persone cadute in coma, o con gravissimi danni psichici con conseguente grave incapacità oppure persone cerebrolesi).

Con questo torniamo ad una delle più importanti sentenze della Suprema Corte in ambito del danno alla persona degli ultimi anni.

Vorrei ricordare che la Suprema Corte ha concesso nel passato a persone con gravissimi danni solo cifre modeste per un danno morale riferendosi ad una funzione soddisfattoria e punitiva o una semplice pena simbolica. ( BGH 16.12.1976 NJW 1976, 1147), specificando che una vera reintegrazione nel senso della funzione riparatoria del risarcimento per danno morale sarebbe solo possibile se la vittima potesse rendersi conto sia della lesione sia del risarcimento. Per l’impossibilità di una reintegrazione la Suprema Corte non ha quantificato la somma per danno morale nella misura oggettiva delle conseguenze negative sofferte dalle vittime.

Questa vecchia giurisprudenza è stata abbandonata dalla Suprema Corte nella sentenza del 13.2.1992 (NJW 1992, 781). Si tratta del caso di una bambina che è stata danneggiata gravemente al momento della sua nascita a causa di un errore dell’ostetrico ( perdendo quasi completamente la capacità psichica poiché è nata cerebrolesa). La bambina è rimasta gravemente incapace di sentire e di sviluppare una personalità umana.

La Suprema Corte ha riconosciuto che in un caso del genere il fatto che la vittima non possa sentirsi soddisfatta o che non possa rendersi conto di una reintegrazione - anche incompleta per la

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natura del danno - , non abbia alcuna rilevanza per la quantificazione del risarcimento per il danno morale. Secondo la Suprema Corte il risarcimento per il danno morale e quello per un danno comunque immateriale devono essere valutati solo con la misura e con le circostanze oggettive della lesione e con le sue conseguenze. Quest’ultime comprendono non solo i dolori e le sofferenze fisiche e psichiche causati dalla lesione, ma come la Suprema Corte sottolinea anche “la perdita di personalità e di qualità personale in seguito alla grave lesione del cervello che sono da considerarsi in se per se un danno immateriale da risarcire nell’ambito del paragrafo 847 del Codice Civile, cioè come danno morale e sono da quantificare dal giudice d’istanza secondo l’equità.

La Suprema Corte si riferisce per la sua motivazione alla valutazione della Costituzione che nel suo art. 1 tutela la dignità umana.

( Dunque un risarcimento per danno morale solamente simbolico concesso in caso di tali lesioni gravissime non sia una adeguata forma di tutela per il bene della dignità umana tutelata dalla Costituzione ). La Suprema Corte si limita alla semplice frase che il bene della dignità umana costituzionalmente tutelato “richieda una maggiore tutela” di che quella che un risarcimento solo simbolico per danno morale possa garantire.

Rimane qualche perplessità come mai la Suprema Corte non si riferisca all’integrità psicofisica tutelata dall’art. 2 della Costituzione né spieghi come arrivare dalla tutela costituzionale alla tutela risarcitoria.

In ogni caso la sentenza della Suprema Corte significa un passo in avanti molto importante e lungamente atteso dalla dottrina tedesca. La sentenza della Suprema Corte è da condividere.

Vorrei aggiungere che anche senza esplicito riferimento alla Costituzione sarebbe stato possibile motivare il diritto al risarcimento per danno immateriale determinato dalla perdita di personalità ricordando la vecchia giurisprudenza del Reichsgericht (del tribunale imperiale) e della Suprema Corte stessa in riferimento al risarcimento del danno morale riferito solo alla misura oggettiva della lesione e delle perdite sofferte dalla vittima ( si veda la sentenza della Suprema Corte del l6.7.1995, BGHZ 18,149,154). In questa vecchia giurisprudenza era già espresso che il diritto al risarcimento per danno morale non necessariamente richieda la possibilità della soddisfazione della vittima nel senso che la vittima debba avere la capacità psichica di sentirsi soddisfatta. La funzione soddisfattoria è sempre stata solo una tra le diverse funzioni del risarcimento per danno morale. Anche a questo riguardo la Suprema Corte ha sottolineato nelle sue prime sentenze che si possa accentuare le diverse funzioni a seconda del caso. Casi che chiedono per la gravità delle lesioni e delle conseguenze negative per la salute della vittima una adeguata reazione del ordinamento la funzione soddifattoria poteva già sempre essere ridotta a favore di una concentrazione e quantificazione dello risarcimento per danno morale in riferimento alla misura oggettiva della lesione e delle sue conseguenze.

Comunque la Suprema Corte ha nella sua sentenza accolta una vecchia critica avanzata dalla dottrina tedesca ed ha inserito nel orientamento tedesco un ragionamento molto simile a quello del danno biologico o del danno alla salute.

Però la Suprema Corte nella sua sentenza cerca di limitare l’impressione che dalla sua motivazione possa derivare una prospettiva di danno alla persona completamente nuova. La Corte sottolinea che la motivazione nel suo riferimento alla Costituzione e la concentrazione sulle conseguenze dannose in se e per se sia applicabile solo al gruppo di casi simili di vittime con gravissime perdite psichiche ed una quasi completa perdita della capacità di sentire. Anche questa limitazione al gruppo di casi è molto tipica nella giurisprudenza della Suprema Corte in tema del danno risarcibile, come già sopra ricordato.

Per questa limitazione ai casi di vittime cerebrolese con gravissime perdite di coscienza e di capacità psichica non è possibile applicare il ragionamento della sentenza così come a tutti gli altri casi di danni all’integrità psicofisica. Questo riguarda in prima linea la concentrazione sulla circostanza oggettiva della lesione e le sue conseguenze sulla vita e personalità della vittima.

Perciò nella maggior parte dei casi tutto il sistema di risarcimento dei danni alla persona rimane come era prima della sentenza appena menzionata. La situazione rimane invariata per esempio a

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riguardo di un incidente stradale standard che comporta dei costi per cure mediche e per conseguenze temporanee e/o permanente per la capacità lavorativa.

Per questo tipo di danno alla persona la pratica assicurativa e la giurisprudenza d’istanza in Germania applicano ai fini della quantificazione del danno immateriale delle tabelle (Schmerzensgeldtabellen) in cui vengono riportate numerose sentenze dei tribunali catalogate secondo gli elementi oggettivi (cioè medicolegali) della lesione e delle sue conseguenze patologiche.

L’assicurazione o il tribunale concede poi alla vittima una somma di denaro orientato alle somme pagate nei precedenti casi simili.

Il risarcimento per danno morale viene quindi quantificato con questo metodo tabellare solo nel caso dell’incidente standard, senza che risulti con chiarezza se il risarcimento per danno morale si riferisca solo al danno morale ( ai dolori e alle sofferenze psicofisiche) o se copra anche altre forme di danno immateriale come la perdita della capacità per un libero sviluppo della propria personalità nei rapporti personali e sociali. Queste tabelle si riferiscono - come detto - solamente agli elementi oggettivi della lesione sotto gli aspetti medico-legali. Per questo motivo il risarcimento per danno morale quantificato da queste tabelle può - secondo la mia opinione -coprire solamente il danno per la lesione dell’integrità fisica di per se. Tutte le altre conseguenze negative per il libero sviluppo della personalità non sono comprese nel risarcimento per danno morale secondo queste tabelle e nella maggior parte dei casi vengono quindi trascurate ai fini del risarcimento. Le vittime, in genere accettano questo risultato.

Se però il caso concreto comprende delle conseguenze negative di notevole intensità per la vita e il libero svolgimento della personalità della vittima spesso il risarcimento per danno morale quantificato in base alle suddette tabelle non dà alla vittima piena soddisfazione per il risarcimento ottenuto. In tal caso è facile chiedere ulteriori pagamenti perché i presupposti legali per il risarcimento per danno morale e per ulteriori risarcimenti per danni immateriali sono identici ( è richiesto la fattispecie di un illecito civile compiuto con colpa. Se quindi la vittima è in grado di far vedere delle perdite concrete di possibilità a svolgere la sua vita personale egli può chiedere ulteriori risarcimenti di danni. La giurisprudenza è ricca di precedenti in cui le vittime hanno chiesto il risarcimento per le diverse conseguenze negative sulla loro vita personale a causa di lesioni fisiche.

Queste forme di danno alla persona risarcibili corrispondono in gran parte al concetto teorico del danno alla salute. Il sistema tedesco offre quindi nel caso di un illecito civile una tutela simile a quella italiana se la vittima non si ferma a chiedere solo il risarcimento per danno morale che risulta spettargli secondo le tabelle suddette ma chieda anche la valutazione di ulteriori conseguenze sulla propria vita personale a causa delle lesioni riportate.

Come risultato delle mie considerazioni vorrei sottolineare che l’ordinamento tedesco sotto la guida della giurisprudenza della Suprema Corte si è avvicinato ad una intensità della tutela risarcitoria della persona simile al concetto di danno alla salute. In Germania si cerca però di garantire questa tutela sempre sulla base dei vecchi principi e sotto l’etichetta dei termini e concetti tradizionali nella loro costante rilettura e correzione parziale dei diversi gruppi di casi. Così si arriva in sostanza allo stesso scopo principale dei nostri ordinamenti, che hanno in comune il rispetto per i valori fondamentali della vita e dell’integrità psicofisica dell’uomo che è esposto ai pericoli della società moderna.

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