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Diabete di tipo 1 in età pediatrica all’esordio:

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Academic year: 2021

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RIASSUNTO

Introduzione. Nel periodo compreso tra il giugno 2009 e il giugno 2013 il Gruppo di Studio per l’Accreditamento e il miglioramento della Qualità (GSAQ) della Società Italiana di Pediatria (SIP) ha sviluppato uno studio multicentrico sul diabete di tipo 1 (DT1) all’esordio.

Metodi. Hanno aderito allo studio 28 centri ospedalieri, prevalentemente lombardi, che hanno compilato e inviato le schede informatizzate relative alla totalità dei casi. Sono state rilevate le caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti, le modalità del trattamento, l’eventuale insorgenza di complicanze e l’esito del ricovero.

Risultati. La completezza dei dati raccolti è buona. Sono stati reclutati 234 pazienti. La durata dei sintomi prima della diagnosi è risultata estremamente variabile, con un media di circa 20 giorni. Ottantasette pazienti (37,2%) presentavano chetoacidosi (DKA), dei quali 28 (12%) in forma grave (pH < 7,10); i pazienti in DKA presentavano una maggiore incidenza di disidratazione, shock e coma, ma non differivano significativamente dai soggetti con esordio non in DKA per durata dei sintomi, glicemia all’esordio ed HbA1c. Sono state rilevate alcune non conformità nella gestione dei casi rispetto alle raccomandazioni, quali la mancata rilevazione di parametri vitali, l’utilizzo inappropriato dei bicarbonati e l’inizio della terapia insulinica prima di una congrua reidratazione. Tra le complicanze del trattamento la più frequente è stata l’ipopotassiemia, si è verificato un caso di edema cerebrale e nessun decesso.

Conclusioni. Frequentemente l’esordio del diabete di tipo 1 in età pediatrica avviene tuttora in condizioni di DKA, spesso associata a problematiche mediche rilevanti. Il trattamento della DKA deve essere effettuato da personale esperto in grado di gestire in modo ottimale la situazione, in accordo con le raccomandazioni SIEDP/ISPAD. Abbastanza spesso il ricovero avviene in ospedali con modesta esperienza nel trattamento della DKA; i dati raccolti in questi ospedali, in cui il personale è fattivamente interessato alla qualità delle cure, dimostrano risultati paragonabili a quelli di centri con ampie casistiche. L’utilizzo di un network consente una raccolta dati accurata, in tempo reale, utilizzabile per il miglioramento delle cure.

SUMMARY

Childhood type 1 diabetes at onset: network for collection of case records in Italian hospitals

Introduction. Between June 2009 and June 2013, the Study Group for Accreditation and Quality Improvement (GSAQ) of the Italian Society of Pediatrics (SIP) developed a multicenter study on type 1 diabetes at onset, within a network established to describe the in- hospital management of different acute diseases.

Methods. Twenty-eight hospitals joined the study, mainly from Lombardy. These hospitals completed and sent back the digital files of all their cases. Patients’ demographic and clinical details, treatment modalities, complications and the outcome of hospital treatment were recorded.

Results. The data collected were sufficiently complete; 234 patients were recruited. The duration of symptoms before diagnosis varied widely, with an average of 20 days. Eighty-seven patients (37.2%) presented with diabetic ketoacidosis (DKA), severe (pH < 7.10) in 28 of them. Patients with DKA had a higher incidence of dehydration, shock and coma, but did not differ significantly from those without DKA in terms of duration of symptoms, glycemia at onset and glycated hemoglobin (HbA1c). There were some cases of non-compliance with the recommendations for case management, i.e. failure to record vital signs, wrong use of bicarbonates, and starting insulin therapy before adequate re-hydration. The most frequent complication was hypokalemia. One patient developed cerebral edema, but none died.

Conclusions. The onset of type 1 diabetes in childhood is frequently marked by DKA, often with other severe medical issues. DKA must be treated by skilled personnel, able to manage the situation professionally and in accordance with SIEDP/ISPAD recommendations.

Patients are often treated in a general hospital with less experience in this field. However, these hospitals, where staff are really interested in the quality of care, produced data comparable to those of centers with larger caselists. The use of a network permits accurate real- time collection of data that can be used for the improvement of treatment.

Corrispondenza: dott. Luigi Gargantini, Via Fontanelle 25, 24040 Arzago d’Adda (BG) e-mail: luigi.garga@gmail.com

Pervenuto il 28-04-2016 • Revisione del 17-07-2016 • Accettato il 24-07-2016

Parole chiave: network, diabete di tipo 1, ketoacidosi • Key words: network, type 1 diabetes, ketoacidosis

Abbreviazioni: DKA, diabetic ketoacidosis, chetoacidosi diabetica; DT1, diabete di tipo 1; ev, endovena; FC, frequenza cardiaca; FR, frequenza respiratoria; GSAQ, Gruppo di Studio per l’Accreditamento e il miglioramento della Qualità; HbA1c, emoglobina glicata; ISPAD, Inter- national Society for Pediatric and Adolescent Diabetes; Na, sodio; sc, sottocute; SIEDP, Società Italiana di Endocrinologia e Diabetolo- gia Pediatrica; SIMEUP, Società Italiana di Medicina Emergenza Urgenza Pediatrica; SIP, Società Italiana di Pediatria.

Diabete di tipo 1 in età pediatrica all’esordio:

casistica ospedaliera italiana raccolta mediante network

Gargantini L

1

, Cirillo D

2

, Perduca AG

2

, Zampolli M

3

, Ortisi MT

3

, Parola L

2

1UO Pediatria, AO Treviglio, Treviglio (BG); 2Dipartimento di Pediatria, AO Ospedale Civile Legnano, Ospedale G. Fornaroli, Magenta (Milano); 3Dipartimento di Pediatria, AO Sant’Anna, Como

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Lo strumento del network offre la possibilità di visualizzare dati statistici inerenti i dati del proprio centro e paragonarli in tempo reale ai medesimi dati raccolti a livello regionale o nazionale per confrontare le proprie scelte diagnostico- terapeutiche con quelle dei colleghi di altri centri.

Il diabete è stato diagnosticato in base ai criteri interna- zionali e la presenza o meno di DKA definita in base al pH ematico (< 7,30).

Sono stati raccolti i dati relativi a sesso, età, etnia dei ge- nitori, durata dei sintomi al momento della diagnosi, con- dizioni cliniche all’ingresso, stato di shock, dati di laboratorio, trattamento effettuato, complicanze, esito.

Le informazioni utilizzate per lo studio sono state raccolte in un’apposita scheda inviata dai referenti ospedalieri su- bito dopo la dimissione dei pazienti, prima dell’archivia- zione delle cartelle cliniche.

Risultati

Hanno aderito allo studio 28 centri ospedalieri, in mag- gioranza lombardi, che hanno inviato le schede infor- matizzate relative alla totalità dei casi giunti alla loro osservazione nel periodo di studio, immediatamente dopo la loro dimissione.

Sono stati reclutati complessivamente 234 pazienti, 108 fem- mine e 126 maschi, di età compresa tra 7 mesi e 17 anni e 5 mesi, la fascia d’età prevalente è stata quella fra i 5 e i 10 anni (38%). L’accesso in ospedale è stato spontaneo (tramite pronto soccorso) nel 40% dei soggetti, per invio da parte del medico curante nel 60%.

Il numero totale dei pazienti per singolo centro varia da 1 a 59. Abbiamo arbitrariamente distinto centri minori (sino a 10 casi) e maggiori (oltre 10 casi). I primi (22 cen- tri) hanno reclutato 75 pazienti, i secondi (6 centri) hanno reclutato 159 pazienti, pari al 68% del totale.

L’etnia dei genitori è in maggioranza europea (86% dei padri e 80% delle madri), mentre la provenienza extra- europea è prevalentemente africana (11% dei padri e 12% delle madri).

L’insorgenza dei sintomi indicativi di diabete (polidipsia, poliuria, polifagia) ha preceduto la diagnosi per un pe- riodo di giorni estremamente variabile, da 0 a 150 giorni con una media di 20 giorni, in circa un terzo dei casi meno di una settimana.

Molto variabile è risultata la glicemia rilevata all’esordio che va da 111 a 1255 mg/dl, situandosi per lo più tra i 400 e i 600 mg/dl.

L’HbA1c varia da 6,7% (49,7 mmol/mol) a 19,1% (185,2 mmol/mol), con una media di 11,8% (105,5 mmol/mol).

Il pH ematico rilevato all’esordio varia da 6,8 a 7,49. Il 37,2% dei pazienti presentava DKA (pH < 7,30), il 12%

in forma grave (pH < 7,10). La chetonemia è stata misu- rata in 85 pazienti (36%) con range da 0,2 a 7,8 mmol/l (in 57 pazienti > 2 mmol/l).

Introduzione

Il diabete in età pediatrica esordisce frequentemente con chetoacidosi (DKA), un evento spesso drammatico e po- tenzialmente letale.

Per tali ragioni è indispensabile l’elaborazione di strategie di politica sanitaria che, da un lato, riescano a prevenire la DKA stessa attraverso una diagnosi precoce basata sul riconoscimento dei primi sintomi di diabete e, dall’altro, nei casi in cui sia fallito questo primo obiettivo, ne con- sentano un trattamento sicuro ed efficace.

Il Gruppo di Studio di Diabetologia della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) ha recentemente messo a punto e pubblicato le raccoman- dazioni per la gestione della DKA diabetica, condivise con la Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP)(1). In tale documento vengono for- nite indicazioni uniformi ai medici di pronto soccorso e dei reparti pediatrici per la gestione dell’emergenza, della terapia infusionale glucosalina e insulinica.

Nel 2008 il GSAQ della SIP si è fatto promotore di un net- work per il monitoraggio delle caratteristiche cliniche e della gestione ospedaliera in ambito pediatrico dei sog- getti con alcune patologie: meningite, asma grave, pia- strinopenia e diabete di tipo 1 all’esordio. La finalità non è epidemiologica ma di autovalutazione e valutazione tra pari per il miglioramento della qualità delle cure; i dati raccolti possono essere riesaminati sempre rispetto alle raccomandazioni delle linee guida di riferimento e ai dati di tutto il network. La possibilità di vedere i propri dati e confrontarli in tempo reale tra pari ha lo scopo di mettere in atto provvedimenti migliorativi.

In questa sede vengono presentati i risultati attinenti l’esordio della malattia diabetica in 28 ospedali italiani tra giugno 2009 e giugno 2013.

Sono state valutate le caratteristiche dei pazienti, il de- corso clinico, l’aderenza alle raccomandazioni durante il trattamento in ospedale e le modalità di dimissione.

Metodi

La raccolta dei dati è stata effettuata tramite compila- zione di schede on-line accessibili dopo registrazione al sito internet del network http://networkpediatrico.sip.it/

index.php.

La scheda è stata redatta da un panel di esperti facendo ri- ferimento alle raccomandazioni ISPAD per il diabete in età pediatrica ed è stato creato un link perché queste fossero di- rettamente consultabili dal sito del network(2). Per limitare il bias legato all’interpretazione clinica soggettiva del singolo medico, sono stati selezionati parametri il più possibile obiettivi, preferendo informazioni quantificabili (frequenza respiratoria, frequenza cardiaca, pH, glicemia, HbA1c, Na) a dati scarsamente oggettivabili e standardizzabili.

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Tabella 1 pH all’esordio e caratteristiche dei pazienti.

pH < 7,10 pH 7,10-7,30 pH > 7,30 n pazienti (%) 28 (12) 59 (25,2) 147 (62,8)

Glicemia media (mg/dl) 531 529 465

HbA1cmedia (%) mmol/mol 11,8 105,5 12,2 109,8 11,6 103,3 n pazienti shock (%) 11 (39) 4 (7) 1 (0,7)

n pazienti coma (%) 3 (11) 0 0

Disidratazione > 10 (%) 12 (43) 3 (5) 2 (1,3)

Durata media sintomi (gg) 19 17 20

Tabella 2 Aderenza alle raccomandazioni ISPAD

Raccomandazione Pazienti n %

Rilevazione FC Sì 197 84,1

Rilevazione FR Sì 84 35,9

Rilevazione chetonemia Sì 85 36

Uso di bicarbonati No 223 95

Inizio terapia insulinica

dopo reidratazione in Sì 79/87 90

pazienti con pH < 7,30

Tabella 3 Decorso ed esito.

Pazienti n %

Complicanze

nessuna 209 89,3

edema cerebrale 1 0,4

ipopotassiemia 23 9,8

altro 3 1,3

dimesso 216 92,3

Esito ricovero trasferito 18 7,7

deceduto 0 0

iniezioni sc 208 96

Insulina alla dimissione pompa sc 4 2

non indicato 4 2

– l’utilizzo di bicarbonati (nel 5% dei soggetti);

– modalità di somministrazione di insulina (sc anziché ev nel 15% degli esordi);

– esito del ricovero: 17 pazienti (8%) trasferiti a centri di riferimento e uno in rianimazione (una bambina di 9 anni con pH 6,91 ed edema cerebrale).

Per tutti i parametri considerati le caratteristiche dei pa- zienti afferenti ai centri con maggior numero di pazienti non sono differenti da quelle dei pazienti afferenti ai cen- tri minori.

Discussione

In questo studio sono stati raccolti i dati di tutti i pazienti con esordio di DT1 afferiti a 28 reparti pediatrici ospe- dalieri, prevalentemente lombardi. Il progetto è stato proposto a tutte le divisioni pediatriche italiane dal

“Gruppo di studio sulla qualità delle cure” della Società Italiana di Pediatria, ma è stato accettato solo dai centri interessati a un esperimento di autovalutazione. Pertanto non sono compresi dati di importanti centri di riferi- mento che non hanno inviato la loro casistica. Riteniamo che i dati siano fedelmente descrittivi della situazione at- tuale degli ospedali periferici e quindi dei più comuni quadri di presentazione in tali sedi e dell’attuale approc- cio diagnostico e terapeutico.

I dati ci permettono alcune considerazioni dagli impor- tanti risvolti pratici.

La registrazione dell’etnia dei pazienti (almeno parzial- mente extraeuropea) indica una distribuzione simile a quella della popolazione residente; non è stata eviden- ziata una correlazione tra etnia e gravità dell’esordio, pe- raltro dimostrata in altre casistiche(3).

A parte i casi di soggetti a rischio (familiari, iperglicemie occasionali) entrati in un programma di follow-up, nei quali il diabete può essere diagnosticato con accerta- menti di laboratorio periodici (glicemia a digiuno, curva da carico orale di glucosio) in condizioni di benessere, la tempestività della diagnosi è affidata al precoce ricono- scimento dei sintomi stessi.

Nella nostra casistica la diagnosi non è stata molto pre- coce, essendo trascorse mediamente 2-3 settimane tra la comparsa dei sintomi classici e la prima misurazione della glicemia. Lo stesso intervallo è stato osservato nella casi- stica raccolta in Sassonia nel decennio scorso, dove pe- raltro una condizione di DKA era presente solo nel 27,1%

dei soggetti all’esordio con un’incidenza > 30% solo prima dei 5 anni di età(4).

L’intervallo tra i primi sintomi e la diagnosi non differisce tra i pazienti con esordio senza DKA, DKA lieve-mode- rata e DKA grave.

Se è vero che la velocità del passaggio da una fase all’al- tra del DT1 è estremamente variabile, altrettanto vero è che i sintomi stessi possono essere più o meno eclatanti;

Il Na corretto è stato calcolato e riportato in 225 casi (96%), varia da 126 a 160 mEq/l, con una media di 139,4.

La tabella 1 illustra le caratteristiche dei pazienti in rap- porto al pH: l’incidenza di disidratazione grave, shock e coma è maggiore nei casi con esordio in DKA, soprat- tutto severa.

Nessuna correlazione significativa è stata riscontrata fra severità della DKA e l’origine geografica dei genitori e la loro professione, la durata dei sintomi prericovero, i li- velli di glicemia di presentazione e di HbA1c.

Per quanto riguarda l’aderenza alle raccomandazioni (ISPAD, SIEDP) sono stati selezionati alcuni indicatori di gestione ottimale dei casi, per evidenziare le eventuali inosservanze (Tab. 2).

Sono stati inoltre presi in considerazione (Tab. 3):

– le complicanze insorte durante il trattamento della DKA: ipopotassiemia nel 10% dei casi;

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la diagnosi potrà essere, quindi, più o meno precoce in rapporto anche al livello di attenzione delle famiglie e dei medici.

In ogni caso, dato che nel singolo paziente iperglicemico pauci-sintomatico il momento dello scompenso meta- bolico non è prevedibile, la diagnosi precoce resta l’unica possibilità per prevenire la DKA.

Esperienze italiane del decennio scorso hanno dimostrato che è possibile raggiungere tale obiettivo mediante un’adeguata azione di sensibilizzazione sulla popolazione e sui medici del territorio, purché periodicamente rinfor- zate(5).

Secondo i dati della letteratura l’incidenza della DKA al- l’esordio è molto variabile(6).

Dalla revisione sistematica di Usher-Smith l’incidenza di DKA all’esordio varia dal 12,8 all’80%, minore nei Paesi ad alta incidenza di DT1 e maggiore nei Paesi vicino al- l’equatore con basso PIL e minore quota di PIL investito nella spesa sanitaria(7,8).

Nella nostra casistica la frequenza della DKA all’esordio è risultata del 37,2%, valore in linea con quelli presentati da un recente studio epidemiologico del gruppo di stu- dio diabetologia della SIEDP che ha esaminato oltre 7000 casi di DT1 all’esordio della popolazione pediatrica ita- liana di un decennio (2004-2013)(9). La DKA è risultata essere presente all’esordio nel 32,9% dei casi registrati nell’Italia peninsulare e in Sicilia e in forma grave nel 6,6% (pH inferiore a 7,1). È interessante rilevare come in Sardegna, ove l’incidenza di diabete è maggiore, i casi di DKA corrispondano al 17,3% degli esordi(9).

Tale dato conferma che una maggiore conoscenza della malattia è fondamentale per un precoce riconoscimento dei sintomi di esordio e quindi per la prevenzione del- l’evoluzione in DKA.

Anche i dati di altri Paesi europei sono simili. Nello studio multicentrico spagnolo relativo al periodo 2004-2008 l’incidenza di DKA all’esordio è del 39,5%(10). Nello stu- dio austriaco relativo al periodo 1989-2011 il 37,2% dei pazienti si è presentato in DKA (nell’11,2% in forma grave), senza modifiche dell’incidenza nel ventennio(11). La presenza di DKA e la gravità della stessa correlano con le manifestazioni cliniche più gravi (disidratazione, shock, coma).

Tra gli obiettivi dello studio vi è stato quello di rilevare l’osservanza, durante il trattamento, delle raccomanda- zioni ISPAD, una delle più autorevoli fonti a livello inter- nazionale(2,12).

In linea generale le raccomandazioni sono state osser- vate. In una percentuale elevata di casi si rileva però la mancata registrazione di frequenza cardiaca e respirato- ria, parametri necessari perché tachicardia e tachipnea possono essere fra i segni clinici più importanti della DKA.

Le linee guida raccomandano la misurazione delle fre- quenze, insieme alla pressione arteriosa, almeno ogni

ora, o più frequentemente se necessario; il rallentamento della frequenza cardiaca è tra i segni di allarme del- l’edema cerebrale.

Il dosaggio ematico dei corpi chetonici e, più precisa- mente, del beta-idrossi-butirrato, ottenibile semplice- mente e rapidamente con l’utilizzo di reflettometri appropriati, è molto utile per la conferma dello stato di DKA e per monitorare la risposta al trattamento, ma è stato disponibile solo per circa un terzo dei pazienti; tale percentuale è nettamente inferiore a quella riscontrata dal gruppo di studio SIEDP(13). È una metodica preferibile alla tradizionale rilevazione della chetonuria per la mag- giore latenza della comparsa e scomparsa dei corpi che- tonici nelle urine.

Nei pazienti considerati a maggiore rischio di scompenso metabolico, quali i bambini più piccoli, viene raccoman- data la disponibilità della misurazione della chetonemia anche a domicilio.

L’elevata percentuale di valutazione dei livelli di Na cor- retto è indicativa dell’attenzione nei confronti dei segnali d’allarme per edema cerebrale(14).

Non tutti i pazienti sono stati gestiti nell’ospedale di ar- rivo; a parte la bambina con edema cerebrale ricoverata in rianimazione, 17 soggetti sono stati trasferiti ad altro centro, per lo più appena posta la diagnosi, prima an- cora di iniziare la terapia insulinica. Tale comportamento appare in linea con alcune indicazioni nazionali(1). La reidratazione iniziale è stata effettuata sempre con so- luzione fisiologica e nel 90% dei casi la terapia insulinica è stata iniziata dopo 1-2 ore di reidratazione. Viene con- siderata inappropriata la somministrazione di insulina du- rante la prima ora di reidratazione in quanto aumenta il rischio di edema cerebrale(15,16), comportamento segna- lato nel 10% degli esordi.

Una percentuale discreta dei pazienti all’esordio inizia la terapia insulinica sc anziché ev, probabilmente per scarsa dimestichezza con i metodi consigliati di infusione.

Nel 5% dei casi sono stati utilizzati i bicarbonati, il cui im- piego, sconsigliato in tutte le raccomandazioni, è fra i fat- tori di rischio per l’edema cerebrale ed è giustificato solo nei rari casi di iperkaliemia potenzialmente letale(17-19). Fra l’altro nella nostra casistica 2/11 dei pazienti trattati con bicarbonati avevano pH > 7,10.

Dai dati a disposizione si evince una bassa incidenza di complicanze durante il trattamento: non si è registrato alcun decesso e in un solo paziente giunto in DKA grave si è avuto edema cerebrale.

La frequenza di ipopotassiemia (intorno al 10%) potrà ulteriormente ridursi seguendo le ultime raccomanda- zioni SIEDP che sottolineano l’importanza di un attento monitoraggio e l’aggiunta precoce di potassio alla solu- zione fisiologica usata per la reidratazione iniziale.

La quasi totalità dei pazienti è stata dimessa in terapia in- sulinica con iniezioni sc. Solo 4 (i più giovani di età) con

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microinfusore, confermando la tendenza attuale a ricor- rere al microinfusore solo in un secondo tempo, dopo la fase di remissione.

Conclusioni

Un caso di diabete all’esordio costituisce sempre un evento impegnativo per la struttura ospedaliera; la DKA si configura poi come un’importante emergenza.

Per tale motivo è necessario evitare improvvisazioni e se- guire protocolli coerenti con le linee guida più aggior- nate delle società scientifiche.

A tale proposito le raccomandazioni ISPAD 2014(20)so- stengono che la DKA diabetica(12)debba essere trattata in centri che dispongano di:

– protocolli scritti per il trattamento della DKA in età pediatrica;

– personale infermieristico addestrato al trattamento della DKA in età pediatrica;

– un laboratorio che garantisca un monitoraggio fre- quente e puntuale dei parametri biochimici.

Inoltre, ogni volta che sia possibile, la gestione del pa- ziente deve essere affidata a un pediatra esperto nel trat- tamento della DKA diabetica.

In merito a quest’ultima raccomandazione teniamo a se- gnalare come la maggior parte dei centri che hanno par- tecipato allo studio, allo scopo di aderire il più possibile alle linee guida, pur non potendo garantire la presenza in ospedale di un pediatra diabetologo 24 ore su 24, abbia un’organizzazione dell’équipe che consente una pronta reperibilità.

In mancanza di tali requisiti il paziente va trasferito ad altra struttura con competenze adeguate. Nelle realtà ospedaliere che hanno partecipato al network si sono evi- denziate caratteristiche di patologia e di gestione del- l’esordio di diabete simili a quelle riscontrate nello studio epidemiologico, necessariamente retrospettivo, della SIEDP; il valore del network risiede nella possibilità di uti- lizzo reale e immediato dei risultati in ogni singola unità operativa. Infatti, si è rivelato un ottimo sistema di mo- nitoraggio della gestione clinica del bambino con DT1 all’esordio, facendone emergere i punti di forza e le cri- ticità su cui indirizzare interventi di miglioramento. Il con- fronto dei propri risultati con la propria casistica e con la casistica nazionale, sempre consultabile in tempo reale, permette un’autovalutazione tempestiva. Sulla base dei dati raccolti è possibile proporre strategie mirate di for- mazione del personale sanitario e indicazioni per favorire la corretta applicazione delle raccomandazioni nella pro- pria realtà locale mediante l’istituzione di specifici per- corsi assistenziali diagnostico-terapeutici. Una nuova raccolta dati a distanza di tempo potrà fornire una con- ferma della reale efficacia delle strategie messe in atto.

L’elaborazione di una nuova scheda che esamini detta-

gliatamente il periodo pre-esordio potrebbe evidenziare criticità correggibili che localmente impediscono un sol- lecito sospetto clinico e quindi una prevenzione della DKA.

Ringraziamenti

Gli autori desiderano ringraziare tutti i pediatri che hanno raccolto i dati negli ospedali partecipanti allo studio.

Membri del GSAQ:

Ospedale Pugliese-Ciaccio Catanzaro: Celia Magno Eu- genio, Citriniti Felice; ASL Locri: Mammì Francesco, Bruz- zese Mariella; Spedali Civili Brescia: Plebani Alessandro, Prandi Elena, Felappi Barbara; OORR Bergamo: Conter Valentino, Vitali Alberto; AO Busto Arsizio: Cherubini Si- monetta; ASL CN1 – Ospedale SS. Annunziata-Savi- gliano: Besenzon Luigi, Aimar Antonella; AO Melegnano:

Gargantini Gianluigi, Valenti Manuela; AO Legnano: Flo- res D’Arcais Alberto, Macellaro Patrizia; Azienda Ospe- daliera Desio e Vimercate – Ospedale di Vimercate:

Rondanini Gianfilippo, Calzi Patrizia; AO Legnano – Ospedale “G. Fornaroli” Magenta: Parola Luciana, Racchi Elisabetta, Cirillo Dante; AO Treviglio: Gargantini Luigi, Pennati Maria Cristina, Maccherini Marisa; AO Sant’Anna, Como: Longhi Riccardo, Ortisi Maria Teresa; ASL 14 Chioggia: Crivellaro Carlo; Ospedale San Carlo Borro- meo, Milano: Podestà Alberto, Tonella Monica; AO Pavia – Ospedale di Voghera: Fugini Carlo; Ospedale Maggiore Crema: Chiara Alberto, Corsano Luisella; Ospedale Gal- marini Tradate: Giorgetti Roberto; Ospedale Valduce Como: Maccabruni Mario, Panzeca Rossana; ASL Cro- tone: Paravati Francesco, Lazzaro Nicola; ASL Latina- ospedale: Colella Maria Giovanna; ASL 4 Chiavari:

Beluschi Carla, Ivaldi Maurizio; ASL2 Savona – Ospedale Pietra Ligure: Navone Carla, Ventura Francesca; Ospedale Levante Ligure-La Spezia: Parmigiani Stefano, Maddaluno Simona; Ospedale E. Agnelli, Pinerolo: Grazia Giuseppe, Rossio Luca; ASL Foggia – Ospedale San Severo: D’Ono- frio Angela Maria; AUSL3 Catania: Indriolo Carmelo;

Ospedale Galatina: Montinaro Raffaele, Cazzato Maria Domenica; Ospedale San Bortolo, Vicenza: Bellettato Massimo, Meneghini Anna.

Conflitto di interessi

Nessuno.

Bibliografia

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