Nonostante gli innegabili effetti positivi sul piano delle riforme e della modernizzazione, il rapporto con l’Unione Europea ha avuto dei costi ele- vati per la Turchia. Lo stallo del processo di adesione sta producendo una forte polarizzazione della società. L’Europa appoggia l’AKP attualmente al governo, ma deve mostrare più coerenza.
Secondo la posizione ufficiale dei governi turchi, l’adesione della Turchia all’Unione Europea è il risultato naturale dei duecento anni di sforzi compiuti per occidentaliz- zare il paese. La maggior parte degli intellettuali turchi vede l’Europa come una “for- za del bene”, specialmente in relazione al consolidamento democratico del paese. Per il settore del business, il processo di adesione all’UE
serve a stabilizzare l’economia e a consolidare le ri- forme economiche. Infine, per un significativo seg- mento del mondo politico e sociale, la rincorsa del- la Turchia all’UEfa da importante catalizzatore per risolvere i conflitti politici irrisolti del paese e per ampliare le libertà civili. Di conseguenza, si può facilmente sostenere che l’“EUro- pa” ha finora goduto di una buona reputazione in Turchia.
La Turchia, d’altro canto, è un “candidato scomodo” per l’UE1. La Francia e l’Austria hanno espresso pubblicamente la loro contrarietà alla sua adesione sostenendo in so- stanza che impedirebbe all’UEdi realizzare una vera unione politica. La Germania in- siste su una “relazione speciale” piuttosto che su un’adesione a pieno titolo. La Re- pubblica di Cipro e la Grecia sono interessate in primo luogo a sfruttare il processo di avvicinamento della Turchia come un modo per regolare i conti che hanno in so- speso con Ankara. I pregiudizi all’interno delle società europee nei confronti degli
Il dibattito ad Ankara
Emel Akçali
Emel Akçali, turca e cipriota, è visiting lec- turer e honorary research fellow per le scienze politiche e gli studi internazionali all’Università di Birmingham, in Inghilterra.
immigrati, e specialmente di quelli musulmani, contribuiscono inoltre a cristallizza- re negativamente i rapporti tra UEe Turchia. Nonostante ciò, molti turchi sembrano ancora entusiasti di fronte alla prospettiva di un’eventuale adesione: la ragione prin- cipale è che il progetto europeo agisce come un catalizzatore che spinge gli attori po- litici ad agire contro i deficit democratici del paese.
EUROPEIZZAZIONE E DIVISIONI INTERNE.L’ambiguità del processo di ade- guamento all’UEporta con sé anche delle implicazioni piuttosto costose per la Turchia.
Se l’ampliamento delle libertà civili e altri positivi sviluppi si stanno verificando sotto l’ombrello dell’integrazione, il modo di procedere all’europeizzazione, messo in atto da attori politici ideologicamente orientati, può frammentare e polarizzare la società turca.
Questo fenomeno viene spiegato generalmente come il risultato di una “recrudescenza nazionalista”2; ma le dinamiche interne turche sono molto più complesse.
Il partito conservatore democratico AKP(Partito della Giustizia e Sviluppo), che ha ra- dici islamiche, è stato finora un protagonista del processo di europeizzazione del pae- se: lo dimostra l’adozione di otto pacchetti legislativi tra il 2002 e il luglio 2004. Nel- lo stesso periodo, Ankara ha anche modificato drasticamente la sua politica estera su Cipro, dando pieno sostegno al piano dell’ONU per la riunificazione dell’isola. Per quanto concerne l’economia, la Turchia ha sperimentato una fase di crescita econo- mica (7.5% annuo nel periodo 2002-2006), favorita da un contesto di liquidità glo- bale e dalla bassa inflazione. Questi sviluppi positivi hanno portato l’AKP a una se- conda vittoria storica nel luglio 2007, aumentando la popolarità del processo di ade- sione all’UE– anche a dispetto delle reazioni nazionaliste, secolariste e socialiste che si sono manifestate durante il primo governo AKP. Questo rapporto – crescita econo- mica/Europa – è diventato più labile con l’esplosione della crisi economica del 2008.
Che ha favorito, invece, le posizioni nazionaliste.
Più in generale, i nazionalisti sono preoccupati dagli sforzi di decentralizzare lo Sta- to e dalla trasformazione della tradizionale politica estera del paese, specialmente nei confronti di Cipro. I secolaristi temono la crescita del conservatorismo religioso nel paese, e diffidano degli impegni dell’AKP rispetto alla struttura secolare dello Stato turco. Da parte loro, i socialisti stigmatizzano il fatto che i benefici della crescita eco- nomica siano distribuiti in modo diseguale, e criticano il massiccio taglio ai sussidi agricoli – sebbene l’AKP abbia cercato di venire loro incontro sostenendo i servizi pubblici locali e le organizzazioni caritatevoli.
Anche se il successo elettorale dell’AKPè andato a braccetto con la popolarità dell’UE, 199
il secondo governo AKP non è stato accompagnato da un genuino sostegno da parte dell’UE. Le contraddizioni interne all’Unione e la enlargement fatigue hanno genera- to una crescente riluttanza a procedere con l’adesione della Turchia. A sua volta, an- che l’AKPha iniziato a distanziarsi dall’UE. Con il loro sostegno al piano di pace del- l’ONUper Cipro, il governo dell’AKPe la leadership turco-cipriota ritenevano davvero di aver rispettato una parte molto importante dei loro impegni per trovare una solu- zione generale a questo annoso problema. Come noto, il piano è divenuto lettera mor- ta a causa del “no” dei greci-ciprioti. Fallito il successivo tentativo di mediazione del- l’UE, la Turchia si è rifiutata di riconoscere la Repubblica di Cipro, che è dunque en- trata nell’Unione senza i turchi-ciprioti, e ha deciso di continuare a tener chiusi il suo spazio aereo e i suoi porti agli aerei e alle navi greco-cipriote. Per rappresaglia, Ci- pro ha bloccato il processo negoziale della Turchia con l’UE.
Questa vicenda ha seriamente danneggiato la credibilità dell’UEagli occhi dei turchi, e a essa si è aggiunta la crisi generata dalle vignette satiriche in Danimarca e la de- cisione presa dalla Corte europea dei diritti umani contro il bando del velo negli spa- zi pubblici. Di conseguenza, durante il suo secondo mandato, l’AKPha preferito con- centrarsi su un’agenda politica che si rivolge alla sua base elettorale, invece di lavo- rare per un generale processo di europeizzazione che potrebbe includere tutti i seg- menti della società turca.
La prima mossa dell’AKP è stata di nominare l’allora ministro degli Esteri, Abdullah Gül, a candidato presidenziale. La scelta del proislamico Gül (la cui moglie indossa il velo) è stata percepita come una provocazione dai secolaristi. Poco dopo, la lead- ership del partito ha introdotto anche l’emendamento costituzionale che rimuove il di- vieto di accedere all’università alle ragazze che portano il velo, sostenendo che ciò tu- tela il diritto alla libertà religiosa. Quest’iniziativa ha anche aggravato la frattura so- ciale e politica in Turchia tra i secolaristi, da un lato, i quali si opponevano alla can- didatura di Gül e al processo di riforma costituzionale, e i conservatori democratici e i liberali, dall’altro lato, entrambi favorevoli all’AKPe alle sue scelte politiche.
In ogni caso, queste decisioni hanno fatto crescere i timori che l’AKPabbia una con- cezione strumentale della democrazia. Nel frattempo, l’AKPha anche rallentato il pro- cesso di dialogo con gli interlocutori politici di etnia curda, alienandosi così la sua parte di elettorato curdo.
Nel 2008 la Corte costituzionale ha aperto una causa contro l’AKPcon l’ipotesi di ban- dirlo dall’attività politica, sulla base delle sue iniziative considerate provocatorie ri- spetto ai principi secolari dello Stato turco. Di fronte a questa crisi potenzialmente si- 200
201 stemica, l’UEha sostenuto l’AKP, affermando che la sua messa al bando avrebbe di- rettamente minacciato il processo d’integrazione. L’intervento di Bruxelles è stato pe- rò percepito dai secolaristi euroscettici come la conferma degli sforzi messi in atto dall’UEper trasformare lo Stato turco, con l’obiettivo ultimo di indebolirlo. I liberali, dal canto loro, hanno dato il loro sostegno sia all’AKPche all’UE, dichiarando che que- st’ultima stava cercando di consolidare la democrazia in Turchia.
La sentenza della Corte costituzionale, alla fine, ha prodotto solo pochi avvertimenti diretti al governo AKP. Tuttavia, poco dopo la chiusura di questo caso, l’Alta Corte pe- nale di Istanbul ha lanciato una grande operazione, soprannominata “Ergenekon”3, con l’obiettivo di smantellare un’organizzazione segreta nel settore della burocrazia e della sicurezza che stava apparentemente preparando il terreno a un colpo di Stato militare contro il governo dell’AKP.
Sembra che l’organizzazione sia una costola dei gruppi sorti negli anni Ottanta per combattere le forze separatiste del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e del- l’Esercito segreto per la Liberazione dell’Armenia (ASALA). Dalla fine della guerra fredda, le attività di queste organizzazioni si sono legate strettamente a quelle della mafia, in conseguenza dell’esaurimento delle loro fonti di finanziamento, ed esse han- no assunto la bandiera del kemalismo, del patriottismo e dell’antioccidentalismo. Il problema è che l’operazione Ergenekon ha collegato queste organizzazioni terroristi- co-mafiose con quasi tutti i politici, gli accademici, i capi sindacali, i giudici, i gior- nalisti e i generali in pensione di ispirazione kemalista e secolare. Gli inquirenti af- fermano addirittura, anche in base al ritrovamento di armi e materiale esplosivo, che
le persone coinvolte nell’organizzazione stessero pianificando attacchi terroristici da fare passare come attacchi degli islamisti, dei marxisti o del PKK, in modo da legitti- mare l’intervento dell’esercito nella vita politica turca.
Finora le numerose ondate di arresti hanno colpito quasi 200 figure pubbliche, tra le quali (oltre a ex ufficiali dell’esercito) eminenti professori e direttori di ONG. I segmenti liberali della società turca, oltre ai sostenitori dell’AKP, hanno accolto positivamente questa delicatissima indagine, ritenendola un passo ulteriore nel processo di demo- cratizzazione del paese. La Commissione europea ha dichiarato di seguire con atten- zione lo sviluppo dell’operazione Ergenekon, e di aspettarsi che essa sia condotta fino in fondo. Il popolo turco, in generale, ha delle riserve rispetto al coinvolgimento dei militari nella politica, ma alcuni seri problemi procedurali nell’ambito delle indagini sollevano dei dubbi sull’affidabilità dell’operazione: ad esempio, in assenza di prove concrete, per alcuni è difficile credere che esistano dei collegamenti tra i vari arresta- ti, dal momento che si collocano su posizioni politiche anche molto diverse tra loro.
C’è poi il sospetto, in molti segmenti della società turca, di un qualche coinvolgi- mento dell’AKPnell’operazione Ergenekon, anche perché i dettagli delle indagini tra- pelano continuamente attraverso i mass media pro AKP, causando la denigrazione pubblica degli arrestati. Circola perfino l’ipotesi che il caso sia stato aperto, con il ta- cito sostegno sia dell’UEche degli Stati Uniti, per mettere a tacere tutti gli oppositori dell’AKPe gli euroscettici, accusandoli di attività antidemocratiche e terroristiche.
UNA SOCIETÀ DINAMICA SOTTO PRESSIONE.La società turca sta diven- tando più polarizzata e insicura. È innegabile che la struttura unitaria e secolare del- lo Stato-nazione turco è stata messa seriamente alla prova soprattutto dalle realtà del mondo globalizzato, come anche dalle richieste di settori etnici e religiosi della so- cietà. Tuttavia, l’UEè fortemente coinvolta in questo processo, e sta giocando un ruo- lo ambiguo a causa delle sue stesse riserve sull’esito ultimo dell’adesione turca. Lar- ga parte della società teme in sostanza che, se non accompagnato dalla protezione della struttura legale dell’UE, l’ampliamento delle libertà religiose e di quelle con- cesse alle minoranze etniche possa condurre sia all’islamizzazione del paese che al- la disintegrazione territoriale. Queste preoccupazioni non sono senza fondamento, se non altro perché il terrorismo del PKKnon si è fermato.
Intanto, anche l’Islam politico esercita un’influenza crescente sulla società turca, in forme ulteriori rispetto al ruolo dell’AKP. In particolare, Fethullah Gülen è un influen- te predicatore ed educatore islamico, residente dal 1998 negli Stati Uniti e attivo an- 202
che nei paesi dell’Asia centrale, come pure in Russia e Africa, grazie a grandi risor- se finanziarie. Il suo movimento fa un uso scaltro del nazionalismo turco a fianco del- la religione, mostrando del resto un atteggiamento di apertura verso altre nazioni, gruppi etnici e religioni. Questa è una delle principali ragioni per le quali il movi- mento di Gülen ha iniziato a ricevere il sostegno degli intellettuali liberali turchi, che lo vedono come una piattaforma promettente per la coesistenza multiculturale.
Vale però la pena di notare che nel 2000 Fethullah Gülen è stato perseguito in Turchia per aver incitato i suoi seguaci a creare un’organizzazione illegale per cambiare la strut- tura della repubblica secolare e creare uno Stato islamico. Alcuni membri delle forze armate hanno anche affermato che il movimento di Gülen avrebbe cercato di infiltrare le loro fila e fatto pressione su settori governativi per indurli a prendere misure contro i militari. Gülen, che risiede in America dal 1998, è stato prosciolto da queste accuse nel 2006; pur non essendo rientrato in Turchia, egli dispone di un’influente rete di re- lazioni nel mondo dei media, della cultura e, probabilmente, delle istituzioni.
Anche a prescindere da queste divisioni ideologiche, la società turca deve oggi preoc- cuparsi di altri seri problemi. L’alto livello di disoccupazione, che è costantemente cresciuto durante il governo AKP, è destinato ad aggravarsi con l’attuale crisi econo- mica globale. L’Eurobarometro del 2008 indica che l’UEnon occupa un posto centra- le nelle preoccupazioni quotidiane dei cittadini turchi, e che solo il 49% dei turchi vede l’adesione all’UEcome uno sviluppo positivo per il paese. In tale contesto non facile, alcuni sostengono che la Turchia avrebbe bisogno di un partito di ispirazione socialdemocratica che concentri la sua azione sulle riforme economiche e sulla de- mocratizzazione senza mettere in pericolo gli assetti sociali esistenti4; un partito per cui le riforme non dipenderebbero dall’adesione all’UE. Peccato che un partito così non esista in Turchia – o non esista ancora.
Resta il fatto che, dal punto di vista dell’UE, il caso turco è un banco di prova crucia- le per la sua capacità di promuovere e consolidare la democrazia. Un caso in cui l’U- nione deve assolutamente dimostrare maggiore coerenza, e comprendere a fondo le dinamiche interne di un paese per poter agire davvero come una “forza del bene”.
1Harun Arikan, Turkey and the EU: an awkward candidate for EUmembership, Ashgate, 2006.
Ioannis N. Grigoriadis, “Upsurge amidst political uncertainty: nationalism in post-2004 Turkey”, SWP
Research Paper, Berlino 2006.
2Ergenekon è il nome di un luogo leggendario nella mitologia nazionale, che simboleggia l’unità del po- polo turco.
3Ziya Önis, “Conservative globalists vs. defensive nationalists. Political parties and paradoxes of Euro- peanisation in Turkey”, Journal of Southern Europe and the Balkans, vol. 9, n. 3, 2009.
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