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LA FORMAZIONE INTERNAZIONALE DEI QUADRI DEL MOVIMENTO OPERAIO NELL EMIGRAZIONE: IL CASO FRIULANO

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Academic year: 2022

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LA FORMAZIONE INTERNAZIONALE DEI QUADRI DEL MOVIMENTO OPERAIO NELL’EMIGRAZIONE: IL CASO FRIULANO

Gian Luigi Bettoli

1. Una lettera dalle Pampas

[Tandil - Sud America]. Abbiamo qui, da ben dieci mesi, uno sciopero colossale a cui parteciparono ben 1500 operai dei quali circa un terzo con famiglia; molti poveri diavoli sono sul lastrico, ma la compattezza non è mancata fra i lavoratori, anzi siamo arrivati a tali estremi che ormai riteniamo certa la vittoria.

Scriviamo però oppressi dal dolore perché anche in questo lontano lembo della terra il Friuli ha mandato i suoi crumiri. Sono quelli stessi che si sono fatti onore ad Amburgo, Kiel, Hannover, K[önig]sberg, ecc., ecc,, che hanno trovato il modo di venire anche qui a compiere il tradimento di Giuda.

Essi sono giunti la primavera scorsa ed è bene che il Lavoratore porti i nomi di questa gente che disonora tutta la provincia; essi sono Tositti Giovanni, Bertoli Giovanni, Colautti Gio Batta, di Castelnuovo del Friuli, e Brovedani Gio Maria, Zanier Giovanni e fratello, Lumier Giacomo e Tosoni Francesco di Clauzetto (Pradis).

Il Brovedani è stato anche al Nord America e conosce bene le regole di solidarietà stabilite dalle Unioni di mestiere e d’altra parte sapeva di venire in luogo ove vi era sciopero quando è partito di casa [...] Vi scriverò ancora dicendovi l’esito, ma per i traditori e i vili temo che saranno prossime brutte giornate1.

Questo messaggio, giunto negli ultimi mesi del 1909 dalla provincia di Buenos Aires al settimanale del Psi friulano, provoca innanzitutto un senso di disorientamento. Dunque, il mondo non ha atteso la fine del secondo millennio per immergersi nella circolazione planetaria: non confinandosi nelle ristrette prospettive in cui «il contadino siciliano analfabeta o il pastore delle colline birmane passavano tutta la loro vita e al di là delle quali tutto era e sarebbe rimasto per sempre sconosciuto››2.

La posta e i trasferimenti di persone, uniti alle nuove tecnologie del telegrafo e del telefono, permettono le comunicazioni attraverso i continenti e, quello che è più significativo, avvalorano l’intuizione di un proletariato internazionale: fenomeno antecedente all’epoca della globalizzazione, come suggeriscono gli studi di Marcus Rediker sui lavoratori del mare3.

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La struttura organizzativa dell’Internazionale Socialista, anche prima di esplodere sotto la pressione dell’imperialismo nel 1914, appare ben poca cosa rispetto all’esigenza di una forza politica capace di agire a livello mondiale4.

Ma sono altri i nodi di una rete capace di avvolgere il pianeta: a iniziare dagli scambi epistolari e della narrazione orale basati sulle reti parentali e vicinali, intrecciati dalla fitta fioritura di settimanali provinciali sorti sulla tradizione delle gazzette redatte e lette dalla borghesia intellettuale delle città di provincia. E’ a questi strumenti informativi che affidano i loro messaggi numerosi emigranti, scegliendo come garanti proprio gli esponenti di quella borghesia progressista: che - come gli Andreuzzi di Navarons di Meduno - erano stati capaci di coinvolgere le plebi montanare nelle battaglie del Risorgimento5.

Su questa rete di relazioni e di strumenti di informazione si poggiano le più ampie iniziative del socialismo internazionale per combattere il crumiraggio italiano e particolarmente friulano, promosse da Antonio Labriola per primo nel 1893 al congresso di Zurigo dell’Internazionale. Una rete di riferimenti per gli emigranti italiani, strutturata e finanziata soprattutto dalle organizzazioni sindacali degli imperi centroeuropei, con dirigenti bilingui, giornali in italiano, sezioni sindacali “nazionali”, tesseramenti di validità internazionale e viaggi di propaganda invernale nei luoghi di provenienza.

Nell’approccio a queste vicende, ho utilizzato come riferimento le tuttora valide indicazioni di ricerca formulate da Ernesto Ragionieri6. Basti pensare a come l’opportunità di uno studio de “L’Operaio Italiano”, il giornale del sindacato tedesco espressione - dal 1898 al 1914 - della più organica opera di organizzazione dei lavoratori italiani all’estero - abbia trovato due prime risposte, ambedue in ambiti locali, solo negli ultimi anni7.

Proprio nelle denunce lanciate da “L`Operaio Italiano” (sistematicamente ripetute, a poche settimane di distanza, su “Il Lavoratore Friulano”) non troviamo solo la conferma delle reti di arruolamento degli Streikbrechser in patria, ma possiamo ricostruire la storia della lotta contro questo fenomeno.

Emblematica la vicenda del clauzettano Giovanni Zanier, che già nel dicembre del 1900 era stato segnalato dalla Lega tedesca degli imprenditori edili fra gli intermediari consigliati: lo ritroveremo impegnato nel boicottaggio del grande sciopero di Halle del 19018.

Oggi di tutto ciò non rimane quasi ricordo, a dispetto dei percorsi di ricerca sui nessi fra la storia dell’emigrazione e la costruzione del movimento operaio9.

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2. Le reti internazionali e i loro nodi

Di una sorta di “distruzione della memoria” si è alimentata l’ideologia del moderatismo, a proposito di quel Nordest italiano che si vorrebbe da sempre estraneo a ogni forma di esperienza politica classista. Si tratta di un fenomeno culturale che tende a fagocitare e a reinterpretare anche le esperienze alternative, usufruendo di due fattori decisivi:

- il primo è: una storiografia e memorialistica centrata sul localismo e sull’esaltazione di singoli successi imprenditoriali. Essa è stata messa in discussione negli ultimi decenni da una moderna corrente di studi, che non ha potuto non tornare - significativamente - alla tesi di laurea del 1902 di Giovanni Cosattini, il massimo dirigente socialista friulano10; - il secondo è l’assenza fisica di parte della popolazione emigrata, dapprima temporaneamente dalla primavera a fine anno, e più tardi stabilmente. Una popolazione oggi naturalizzata in gran parte all’estero o nelle regioni del “triangolo industriale”

dell’Italia nordoccidentale, erede diretta di quelle culture antagoniste che si sono volute deliberatamente espungere dal tessuto locale.

Non è mai stata organizzata una riflessione sistematica a partite da alcuni indici rivelatori di questo vuoto, cosi pregnante da costituire un vero e proprio “buco nero”

della storia. Ne voglio indicare alcuni: come la campagna svolta dai socialisti nell’età giolittiana - nei territori di forte emigrazione temporanea come il Friuli - per conquistare lo spostamento delle elezioni nella stagione invernale. Il risultato delle elezioni politiche anticipate del 1909, che si svolsero insolitamente prima della partenza primaverile degli emigranti e furono segnate dal grande risultato delle candidature socialiste nei collegi di Tolmezzo e Spilimbergo (punti di riferimento dell’organizzazione degli emigranti) ne è una evidente conferma.

Nel primo dopoguerra - quando gli emigranti delle terre devastate dall’invasione del 1917-1918 non possono più recarsi negli “Imperi centrali”, anch’essi crollati economicamente - sono evidenti le prese di posizione di esponenti dei ceti dirigenti per chiudere la stagione di forti movimenti rivendicativi popolari, con l’espulsione dei lavoratori politicizzati attraverso l`incontrollata ripresa dell’emigrazione11.

Similmente, nel secondo dopoguerra, la partenza massiccia di sostenitori della sinistra è ricorrente nei dibattiti del Pci friulano e viene cosi sintetizzato da Arturo Colombi:

“Grave è il problema dell’emigrazione: legale e clandestina. Si assiste ad un esodo di massa; vi sono agenti che vengono ad organizzare l’emigrazione clandestina di massa; migliaia di nostri compagni sono già partiti, vi sono sezioni che hanno così perduto più della metà dei loro iscritti;

molte volte i migliori. Il fenomeno, che è comune anche nella provincia di Belluno, è destinato ad accentuarsi data la grave disoccupazione che colpisce la massa dei lavoratori non qualificati (55 mila disoccupati nella provincia). Bisogna che la federazione si preoccupi di non perdere i quadri

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migliori; di mantenersi in collegamento con gli emigranti, di ottenere da loro un contributo politico mediante la corrispondenza con essi, tra essi e le famiglie; ottenere un aiuto finanziario, preoccuparsi di far rientrare i migliori nel periodo preelettorale, ecc. Anche la Direzione del Partito dovrà eliminare questo problema. Si emigra nel Belgio, in Francia, in Svizzera, in Cecoslovacchia. In parte l’emigrazione è stagionale, in parte è permanente, in quanto partono già anche famiglie12.

Fenomeno comune ai due dopoguerra è peraltro lo scioglimento anticipato delle amministrazioni comunali di sinistra, a causa dell’emigrazione della maggioranza dei consiglieri socialisti e comunisti. Ovviamente non sono solo gli attivisti e gli elettori della sinistra a emigrare, ma è evidente che la partenza di operai e braccianti agricoli altera un panorama sociale nel quale tendono a diventare egemoni i ceti agrari e urbani legati alle forze moderate e conservatrici.

Eppure manca ogni studio sulle relazioni fra flussi migratori ed elettorali, che ci permetta di capire - avvalorando, ridimensionando o falsificando quanto ricavato dal dibattito politico, dai dati istituzionali e dalle memorie private - in quale forma e dimensione questi fenomeni abbiano inciso sulla società dei territori di provenienza e su quelli di arrivo.

A dispetto di tutto ciò, le tracce di una memoria “altra”, ormai sbiadite e private del loro più ampio significato, continuano a riemergere fra le pieghe delle Cronache familiari: come nel caso della richiesta di notizie via internet dei discendenti di una delle famiglie di socialisti Tramontini emigrati nel Vermont13.

Emersa nell’ambito di una ricerca sulla storia di lungo periodo del movimento popolare friulano, la questione dell’emigrazione si è definita come una ricorrente interfaccia della complessa vicenda svoltasi nei piccoli e grandi centri di una vasta provincia14 che, con 80.000 emigranti alle soglie della Prima guerra mondiale, si classificava ai primi posti a livello nazionale per la dimensione del fenomeno.

Una particolarità contraddistingue il Friuli italiano fino al 1914: l’assoluta prevalenza dell’emigrazione stagionale, costituita generalmente da lavoratori del settore edilizio, su quella definitiva indirizzatasi oltreoceano. L’emigrazione stagionale, anche nei suoi anni di massimo sviluppo a cavallo fra Ottocento e Novecento, rimane fenomeno meno studiato di quella transatlantica, come indicava già il pionieristico studio di Cosattini15. E’

prevalentemente all’interno di questo specifico approccio migratorio (di cui vanno ancora esplicitati completamente i risvolti in termini di storia sociale e di formazione dell’economia locale) che trae le sue radici la storia del movimento socialista in Friuli:

passato innanzitutto attraverso un’acculturazione svoltasi negli ambienti della socialdemocrazia tedesca, austroungarica e svizzera.

I dati derivati dalle prime ricerche disponibili dimostrano la formazione di una rete internazionale di riferimenti del movimento operaio, che si evolve a una prima fase di organizzazione affidata a dirigenti nativi e a quadri bilingui di provenienza non italiana16,

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che operano in collegamento con le organizzazioni del paese di provenienza, ad una fase successiva nella quale viene affidata la direzione delle sezioni locali nelle località di emigrazione a operai di origine italiana, fino a giungere alla fase più matura dell’assunzione, da parte di questi ultimi, di funzioni direttive nei sindacati dei paesi di insediamento.

Tale percorso, apparentemente lineare nell’epoca della Seconda Internazionale, dovrà essere riorganizzato nel primo dopoguerra, per lo spostamento dei paesi di emigrazione (dall’Europa germanofona a quella francofona) e gli effetti - in patria - della distruzione delle organizzazioni proletarie legali da parte della dittatura fascista, con la clandestinizzazione dei collegamenti. In questo periodo, quanto ai principali quadri

“friulani”, si assiste a un cambiamento di funzione dei riferimenti del Segretariato dell’emigrazione di Udine - la più corposa organizzazione del movimento socialista italiano rivolta agli emigranti, insieme alla Società umanitaria di Milano - che ritroviamo in funzioni direttive e di collegamento della rete dell’emigrazione antifascista democratica in Francia, Germania e Svizzera.

Un terzo cambiamento avviene con il secondo dopoguerra, nel quale tende ad affermarsi l’emigrazione interna e si irrigidiscono le divisioni fra la sinistra comunista e socialista, per la diversa scelta di campo internazionale.

Se sul piano italiano il particolare orientamento autonomo del Psi favorisce il mantenimento di contatti unitari, su quello internazionale sembra evidenziarsi una diversità di approccio fra chi privilegia il lavoro politico e sindacale nelle organizzazioni dell’emigrazione italiana e chi al contrario sceglie di lavorare nelle organizzazioni sindacali di orientamento socialista dei paesi di emigrazione (che fanno parte del1’Icftu, come le italiane Cisl e Uil., mentre la CGIL fa parte della Fsm).

Un aspetto specifico, anch’esso poco noto, è quello del contributo dato dagli esponenti formatisi nell’emigrazione alle vicende dei movimenti operai dei paesi di arrivo, e delle stesse organizzazioni italiane di livello nazionale o metropolitano.

La conoscenza di questi fenomeni può trarre utili informazioni dalle ricerche quantitative di tipo demografico, sociologico ed economico. A tal proposito va ricordato il contributo del saggio di Elena Saraceno - ancor oggi da sviluppare completamente nelle sue conseguenze - che ha evidenziato come intere aree del Friuli, in particolare quelle montane di emigrazione, abbiano mostrato sul lungo periodo una contrapposizione fra la dimensione economica (sottosviluppo ed economia di sopravvivenza) e sociale (classe operaia maggioritaria). Fenomeni cui si potrebbero sovrapporre, sul piano politico, maggioranze moderate - caratterizzate da una abnorme presenza socialdemocratica, retaggio della lontana seminagione del Segretariato dell’emigrazione - e fenomeni di radicalizzazione a sinistra negli anni Settanta del XX secolo, in corrispondenza con i rientri degli emigranti.

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E’ peraltro opportuno che i fili della conoscenza storica quantitativa (necessariamente lenti e dipendenti da un impegno diffuso e certosino, cui si oppone la mancanza di adeguate risorse) vengano intrecciati con quelli dell’analisi qualitativa, in primo luogo selezionando le molteplici vicende biografiche dei quadri emersi nelle ricerche locali.

Incrociando la ricerca d’archivio, e la raccolta delle interviste dei protagonisti viventi, con uno studio comparativo fra le diverse esperienze territoriali, in modo da ricostruire la topografia delle aree di provenienza e i percorsi di spostamento da una sede di impegno all’altra, in Italia e all’estero.

In questa sede si vogliono presentare alcune esemplificazioni di percorsi rappresentativi di un secolo di storia, a un tempo regionale e internazionale17.

3. Le storie

I precursori: mosaicisti e terrazzieri

Fra i primi e più qualificati emigranti sono i terrazzieri e i mosaicisti, provenienti dal territorio ai piedi delle Prealpi Carniche18.

Sequals e il suo Comune sono da remota epoca celeberrimi pel lavoro del battuto (volgarmente terrazzo). I battuti antichissimi che abbelliscono i grandiosi palazzi di Venezia e del Veneto, sono opera dei terrazzai di Sequals. Quei battuti sono anche detti pavimenti alla veneziana appunto perché fu a Venezia che gli operai Sequalsesi fecero le prime prove, le quali ebbero così splendido successo, da essere richiesta l’opeta di quei valenti a Trieste e mano mano a Vienna, Pest, Gratz, Bruxelles, Marsiglia, Lyon, Nimes e Parigi. E’ noto che Voltaire per la corrispondenza coi letterati del Veneto si serviva dei terrazzai di Sequals, i quali anche oggi tengono alta in tutta Europa ed incontrastata la supremazia in quell’arte. E dico arte inperciocché da suoi più distinti cultori, veri artisti, ella sia stata portata alle altezze delle arti belle, coi pavimenti e le volte a mosaico19.

È in un’opera di carattere tutt’altro che storiografico che troviamo - collocata in una significativa consecutio temporum dopo i combattenti garibaldini del Risorgimento e quelli dei Vosgi del 1870 - la notizia della morte sulle barricate della Comune del 1871 del sequalsese Francesco Pasquali, forse uno dei mosaicisti impegnati nella realizzazione della decorazione dell’Opéra di Parigi, l’impresa che contribuì alla rinascita dell’arte musiva internazionale20.

A partire dalla fine dell’Ottocento emigra in varie città dell’Inghilterra e della Scozia il mosaicista socialista Giovanni Battista Toffolo di Panna, che nel 1901 promuove una Società dei mosaicisti a Londra21.

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Analoga esperienza è quella del veterano Luarin di Arzene, oratore nell’autunno 1909 alla conferenza costitutiva del sindacato dei mosaicisti della Federazione della Seine22.

L’era della Società umanitaria

Il socialismo prefascista usufruisce - nella sua strumentazione di forme politiche, sindacali, mutualistiche, cooperative, culturali, formative e, non ultime, di amministrazione locale - di una istituzione singolare come la Società umanitaria, a un tempo strumento di welfare sperimentale e think tank del movimento.

Non può mancare un settore dedicato all’emigrazione, che promuove nel territorio i Segretariati dell’emigrazione. Il primo e più significativo viene organizzato a Udine, grazie in particolare a Cosattini e a un agronomo astigiano, G. Ernesto N. Piemonte, che viene inviato dall’Umanitaria come direttore nel 1903. Ambedue saranno i principali esponenti del socialismo friulano:

Cosattini farà anche parte della direzione del Psi dal 1906 al 1908, proprio in quanto rappresentante del Segretariato, così come dal 1910 al 1912 vi siederà Riccardo Spinotti, presidente delle Cooperative Carniche, grande struttura di consumo, Credito e lavoro sorta a Tolmezzo come risposta alle esigenze degli emigranti23. Cosattini e Piemonte saranno eletti deputati dal 1919; Piemonte sarà il presentatore della proposta di riforma agraria per il Psi. Nel 1923 Piemonte è costretto all’emigrazione dall’avvento della dittatura, mentre Cosattini, rieletto ancora nel 1924 (è a lui che Matteotti confida la previsione dell’imminente martirio), rimane in Italia, pur costretto a trasferirsi a Trieste per sfuggire alle violenze fasciste.

Il Segretariato si avvale dell’opera di corrispondenti nei centri friulani – dove organizza le sue sezioni e quelle del sindacato edile, in collaborazione con le Società operaie e le amministrazioni comunali - e nei luoghi di emigrazione.

Questi organismi forniscono sia consulenza ed assistenza, che istruzione e formazione professionale, anche attraverso biblioteche itineranti24.

Uno dei corrispondenti esteri è Antonio Bellina, commerciante di legname originario di Venzone e organizzatore a Villach, in Carinzia, della Lega dei segantini nel 1907-1908, che viene espulso dalle autorità a causa della sua attività. Si tratta dell’unico friulano individuato fino ad ora all’interno della socialdemocrazia austriaca, che ha contato invece importanti dirigenti italo-absburgici impegnati nell’organizzazione degli emigranti italiani, come il triestino Antonio Gerin e il trentino-tirolese Silvio Flor senior, oltre a mettere a disposizione un altro triestino, Giuseppe Podgornik/Piemontese, per la direzione de

“L’Operaio Italiano” in Germania25.

Il Segretariato forma operai che promuovono la sindacalizzazione delle loro categorie, prevalentemente in collaborazione con la Federazione delle arti edili di Torino e con la

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Federazione muraria germanica. Spicca fra loro Augusto Vuattolo, di Cividale, organizzatore dei fornaciai, che opera sia in Friuli che in Germania, dove dal 1910 al 1923, è sindacalista degli edili e direttore de “L’Operaio Italiano”. Espulso dalla Germania, è poi dirigente del sindacato edile in Svizzera dal 191426.

Attività di primo piano, svolta di conserva fra Umanitaria, segretariati e sindacati edili italiano e tedesco, è la propaganda invernale, nella quale si impegnano tutti i dirigenti disponibili raggiungendo le più sperdute località per organizzare gli emigranti e affrontare - in veri e propri processi popolari nelle fumose sale delle osterie - gli arruolatori di crumiri. Primeggiano il deputato Dino Rondani, l’organizzatore della Federazione delle arti edili Giuseppe Borghesio27, lo svizzero Giovanni Valär e Podgornik. Il primo a recarsi in Friuli, nel 1901, è il socialista veneziano Vittorio Buttis, dirigente sindacale attivo per decenni fra Italia, Svizzera, Germania, Brasile e Stati Uniti d’America28.

Forse il più importante di questi quadri è Valär, svizzero ma di famiglia di origini friulane, formatosi intellettualmente in Toscana a fianco di dirigenti socialisti come Modigliani. Esule a causa della repressione umbertina del 1898, è direttore de

“L’Operaio Italiano” ad Amburgo e Berlino fra il 1900 ed il 1908 e poi - dopo un breve periodo nel sindacato svizzero – direttore dell’Ufficio emigrazione della Società umanitaria dal 1909 al 1919. Una citazione di Valär si trova in molti studi sull’emigrazione del primo Novecento, senza che si sia sentito il bisogno di approfondire la vicenda di quello che può essere considerato il principale protagonista dell’opera di organizzazione degli operai italiani in Germania”.

Nell’esodo dopo la sconfitta del primo dopoguerra

Nei primi due decenni del secolo si forma nell’emigrazione una generazione di attivisti che, dopo la guerra, si troveranno a dirigere l’espansione tumultuosa dei movimenti popolari. In Svizzera Buttis, in quegli anni, era entrato in contatto con gli ambienti nei quali opera Ettore Brovelli, operaio edile piemontese che verrà espulso dalla Confederazione nel 1912, a causa delle manifestazioni contro la persecuzione del dirigente italo-americano dell’IWW Ettore Giovannitti. Dirigente sindacale e del Psi in Lombardia, Brovelli nel 1920 diventa segretario della Camera del Lavoro di Udine. Nella Svizzera tedesca si forma il giovane intonacatore Costante Masutti di Prata di Pordenone che, nel 1919-1921, sarà il segretario degli edili pordenonesi30.

Ma presto molti dovranno riprendere la valigia, in un esodo in cui emigrazione economica e politica si intrecciano inestricabilmente. Il comunista Masutti, esule in Francia dopo aver ucciso uno squadrista, emigra in Urss dove lavora come operaio stakhanovista. Sfuggito avventurosamente alle “grandi purghe” degli anni Trenta - nelle

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quali muore il genero Emilio Guarnaschelli31 - riesce a ritornare in Francia, aderendo alla dissidenza trockista e poi tornando nel Psi.

Pietro Sartor - insegnante di formazione cattolica, fra i fondatori del Partito comunista in Friuli e organizzatore della difesa armata antifascista di Torre di Pordenone - nel 1921 è pure costretto a fuggire. Viene inviato a svolgere le funzioni di segretario della Lega degli edili e del Pcd’Italia a Firenze, così come Masutti, prima di espatriare per sempre, era stato per breve tempo segretario degli edili in Trentino e Sudtirolo, in sostituzione di quel Flor che era stato organizzatore in Austria.

Sartor, una volta riparato all’estero, sarà responsabile dell’emigrazione italiana in Francia (per il sindacato comunista Cgtu) e poi in Belgio fino alla morte a Bruxelles nel 1927, probabilmente provocata da agenti fascisti. Suo collaboratore in Francia e Belgio è Michele Sammartino, operaio meccanico torinese e segretario della Camera del Lavoro di Pordenone nel 1920-1922. La sua compagna Elvira Pomesano, bracciante torinese, è una delle prime organizzatrici delle donne sia in Friuli che nell’emigrazione. Saranno attivi politicamente fino all’occupazione nazista del Belgio nel 1940.

I fascicoli del Cpc testimoniano per altro di un numero molto alto di esuli politici fra i quali emergono personalità capaci di assumere ruoli dirigenti nelle comunità di emigranti.

Come nel caso di Pietro Babille di Roveredo in Piano, attivista sindacale nel primo dopoguerra e poi dirigente dell’emigrazione socialista a Chambery. Venanzio Parutto di Claut, formatosi come apprendista nell’industria automobilistica milanese negli anni della guerra, si aggira isolato per la Francia fino a riprendere contatti con il Pcf nel clima del Fronte popolare, per poi arruolarsi nelle Brigate internazionali in difesa della repubblica spagnola32. Non si sottraggono a un ruolo di protagonisti anche personaggi non certo cristallini, come l’umbro Francesco Igi, sindacalista cattolico nel primo dopoguerra a Bergamo e in Friuli e poi collaboratore di Guido Miglioli in Francia e Belgio, fino all’emarginazione come probabile agente della polizia politica fascista. Nei primi anni di esilio Igi dirige un grande sciopero degli edili della Costa Azzurra.

Ci sono poi i giovani formatisi nelle famiglie emigrate durante la dittatura. Il pordenonese Piero Pasquotti, tecnico e attivista sindacale in uno stabilimento chimico e segretario amministrativo della sezione del Psi di Grenoble, morirà nel 1937 come volontario nelle Brigate Internazionali in Spagna. Bruno Favot, di Chions, in Francia studia alla scuola d’arte; rientra in Italia per dirigere la Federazione giovanile comunista nel Nordovest; arrestato e confinato, sarà poi il massimo dirigente della Resistenza nella pianura del Friuli occidentale.

I fratelli Pietro ed Emilio Fabretti, una volta imparato il mestiere di fornaciai emigrano in Argentina, dove diventano dirigenti del sindacato edile e sono protagonisti del grande sciopero di Buenos Aires del 1936, nel quale sono coinvolti decine di migliaia di lavoratori: per questo vengono rimpatriati e inviati al confino. Durante e dopo la Resistenza saranno dirigenti sindacali e del Pci a Pordenone e Udine.

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Invece altri giovani comunisti, passati per la clandestinità, la repressione fascista e l’esilio - come il gruppo di Torre della Fgcd’Italia capeggiato da Achille Durigon, oppure Mario Berto, veneziano stabilitosi nel Pordenonese – prendono le distanze dallo stalinismo durante la repressione contro anarchici e trockisti a Barcellona nel 1937.

Durigon - nel dopoguerra - sarà rappresentante degli anarchici nella Cgil pordenonese.

L’America è la terra dove cercano rifugio sia l’anarchico terrorista Silvio Astolfi di Sacile, attivo fra Argentina e Uruguay (dove sparisce nel nulla, forse eliminato dalla polizia), che il sindacalista anarchico istriano Andrea Tomsich (attivo in Friuli nei primi anni Dieci), costruttore di aerei, segnalato in Argentina e Bolivia. Il muratore Carlo Marinato, che appena eletto sindaco socialista nel 1920 aveva proclamato un soviet agrario a Pravisdomini, ritorna in Argentina dov’era nato, figlio di emigranti, e da lì conduce la sua personale battaglia epistolare contro il fascismo. Il socialista Orazio Infanti, di Martignacco, riprende la sua attività di dirigente sindacale agrario in Argentina, dove incrocia le iniziative dell’ex deputato comunista di Gorizia Giuseppe Tuntar33.

Incontri di questo genere si svolgono anche nel Nord America, dove fra gli emigrati comunisti sono noti la friulana Tina Modotti e il triestino Vittorio Vidali. Un altro triestino, Giovanni Pippan, dirigente della “Repubblica di Albona” proclamata dai minatori istriani nel 1921, collabora con Buttis a Chicago nella Federazione Socialista Italiana, anche se per un periodo aderisce al Partito comunista americano. Organizzatore dei tessili in New Jersey e dei minatori in Illinois, Pippan viene ucciso nel 1933 dai killer del padronato per la sua attività di sindacalista dei fornai34.

Dai Segretariati dell’emigrazione al Centro estero socialista

Un ristretto gruppo di questi emigranti politici si segnala per la continuità di rapporti mantenuti, coerentemente con il passato di dirigenti delle strutture socialiste rivolte all’emigrazione. Vuattolo è attivo a Zurigo - qui avrà sede il Centro estero socialista, diretto da Ignazio Silone, durante la Seconda guerra mondiale - sia come Segretario centrale della Flel (il sindacato dei lavoratori edili e del legno, di cui sarà anche lo storico35) sia come punto di riferimento degli antifascisti.

A Zurigo giunge Valär, diventando un organizzatore degli antifascisti italiani.

Nell’immediato dopoguerra, abbandonato l’incarico all’Umanitaria, si era impegnato nel movimento cooperativo nel Sud Italia e aveva poi lavorato al Commissariato generale dell’emigrazione fino al suo scioglimento. Esule in Germania dal 1930, è il referente della Concentrazione antifascista fino all’avvento del nazismo e al rientro in Svizzera.

Piemonte è in Francia come responsabile amministrativo della cooperazione e del Partito socialista in esilio, che rappresenta anche nella Concentrazione antifascista.

Collabora con Pallante Rugginenti, il sindacalista tessile milanese che era stato segretario

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della Camera del Lavoro di Udine nel 1915 ed è uno dei massimi dirigenti della Cgl e del Psi fino alla morte nel 1938. Piemonte riprenderà i contatti con Masutti fuggito dall’Urss, con il quale condividerà le peripezie della difficile sopravvivenza durante l’occupazione tedesca del 1940-1944.

Tutti avevano avuto certamente occasione di incontrare Giuseppe Sinicco da Premariacco, emigrato a Londra all’inizio del secolo e diventato durante il fascismo segretario del Psi in Gran Bretagna36.

Nelle file dell’emigrazione antifascista europea si intrecciano rapporti che avranno un influsso anche sulle vicende del dopoguerra, e che vedono la presenza di Luigi Antonini, il sindacalista italo-americano che tesse i legami con l’antifascismo socialista in esilio sotto la dittatura. Antonini è dirigente dell’Ilgvu, uno dei due sindacati tessili che devono il loro orientamento industriale e classista (estraneo alla tradizione dell’Afl) all’imprinting dato loro dai dirigenti di origine ebraico-orientale proveniente dal Bund, e che promuovono nel 1934 quel Jewish Labor Committee che sostiene la rete di solidarietà con i dirigenti socialisti europei in fuga dai fascismi dilaganti. Nel dopoguerra Antonini sarà uno dei sostenitori sia della scissione socialdemocratica del 1947, sia della successiva scissione sindacale37.

Il secondo dopoguerra

Se minore è il materiale raccolto riguardo a questo periodo, esso non è meno significativo. Basti pensare alla direzione della Flel in Svizzera, passata da Vuattolo al ticinese Ezio Canonica, protagonista di uno spostamento a sinistra dell’Unione sindacale svizzera (di cui sarà segretario generale negli anni Settanta) che trova le sue radici nella grande forza dell’immigrazione straniera38. La successione di Canonica segna una continuità che attraversa il “secolo breve”, con l’assunzione della segreteria da parte del comunista friulano Romeo Burrino, di Moruzzo, partigiano, sindacalista metalmeccanico in Friuli e poi esule politico in Svizzera dal 195439. Burrino è dapprima responsabile del settore internazionale della Flmo (metalmeccanici e orologiai) e poi segretario centrale della Flel fino al pensionamento nel 198840.

Dall’esilio rientra a più riprese gran parte dei quadri della sinistra, anche se per molti - soprattutto gli operai - non si tratterà che di un momento transitorio. Se Piemonte torna dopo la Liberazione, per riorganizzare le fila del Psi friulano (e poi della socialdemocrazia), Masutti rientra a più riprese, assumendo sulle sue spalle - fra il 1947 ed il 1949 - la ricostruzione del partito nel Pordenonese dopo la scissione. Non potendo però diventare segretario della Camera del Lavoro per l’ostracismo degli ex compagni comunisti, è costretto a ritornare in Francia, dove diventa dapprima segretario della sezione di Parigi e poi della Federazione del Psi, fino alla morte nel 1960.

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Nell’Udinese una funzione analoga a quella di Masutti è svolta da un altro emigrante rientrato dalla Francia nel dopoguerra: Azzo Rossi, che assumerà il ruolo di vicesegretario socialista della Camera del Lavoro provinciale.

Si tratta di solo alcuni fra i tanti casi - di chi poi è ritornato in patria e di chi ha messo radici all’estero - sui quali lavorare. In conclusione, ci limitiamo a citarne uno: all’inizio degli anni Cinquanta - terminata l’ondata degli “scioperi a rovescio”, realizzati (prima della nuova grande emigrazione) dagli ex partigiani dei due versanti, veneto e friulano, della Foresta del Cansiglio – partirà da Caneva per fare l’apprendista a Milano il giovane Antonio Pizzinato, che diventerà segretario generale della Cgil dal 1986 al 1988.

NOTE

1 Crumiri col vessillo rosso!, “Il Lavoratore Friulano”, n. 267, 13 novembre 1909, p. 1.

2 E.J. Hobsbawm, Le rivoluzioni borghesi 1789-1848, Milano, il Saggiatore, 1976. Lo stesso grande storico britannico sentiva poi il bisogno di approfondire gli studi sull'emigrazione, ispirando il lavoro di S. Sassen, Migranti, coloni, rifugiati, Milano, Feltrinelli, 1999, p. 9.

3 M. REDIKER, Sulle tracce dei pirati, Casale Monferrato, Piemme, 1996; P.

LINEBAUGH e M. REDIKER, I ribelli dell’Atlantico. Marinai e rinnegati: la storia perduta di un’utopia libertaria, Milano, Feltrinelli, 2oo4.

4 Cfr. in particolare G. Haupt, La II° Internazionale, Firenze, La Nuova Italia, 1973.

5 Su “Il Lavoratore Friulano” (n. 21 e 22 del 5 e 22 aprile 1905, 80 del 2 giugno 1906 e 122 del 23 marzo 1907) appaiono nella rubrica Sottoscrizione permanente i messaggi di emigranti a Barre, Montpellier e Northfield nel Vermont (Usa), centri di escavazione mineraria che contano una forte presenza di operai italiani di orientamento socialista e anarchico. I numerosi sottoscrittori provengono prevalentemente dalla Val Tramontina, fulcro dell’insurrezione garibaldina del 1864; e della diffusione del mazzinianesimo, del protestantesimo valdese e del socialismo. l messaggi si concentrano sulla polemica anticlericale, la scolarizzazione laica e l’organizzazione sindacale. Le idee nuove sono testimoniare dai nomi dei figli di Vincenzo Fracassi e Caterina Crozzoli: Avvenire, Libera e Alba. All’insurrezione garibaldina di Navarons accenna il testo divulgativo di R.

(13)

MONTELEONE, Cospiratori, guerriglieri, briganti. Storie dell’altro risorgimento, Trieste, Einaudi Ragazzi/E. Elle. 1995, pp. 80-83.

6 Cfr E. RAGIONIERI, Italiani all’estero ed emigrazione di lavoratori italiani: un tema di storia del movimento operaio “Belfagor”, XVII (1962), pp. 64°-669; ID., Il movimento dei lavoratori emigrati nell’impero asburgico in un giornale sindacale di lingua italiana

“L’Operaio Edile” (1910-1914), "Movimento Operaio e Socialista", X (1964), n. 3-4, pp.

197-218.

7 G. L. BETTOLI, GIi emigranti italiani nell’organizzazione sindacale tedesca attraverso le pagine de “L'Operaio italiano”, “Storia contemporanea in Friuli”, XXXV (2005). n. 36. pp.

9-84; L. Rossa, L'Operaio Italiano. Periodico in lingua italiana dei Liberi Sindacati Tedeschi (1898- 1914), Mantova, Associazione dei mantovani nel mondo, 2007.

8 Cfr BETTOLI, Gli emigranti italiani cit., pp. 63-64. Cfr. inoltre E. Ellero, Il crumiraggio friulano all’estero fra Ottocento e Novecento, “Storia contemporanea in Friuli”, XII (1982), n.

13, pp. 137-155.

9 Faccio riferimento per la bibliografia a: P. BEVILACQUA, A. DE CLEMENTI, E.

FRANZINA (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana, vol. I Partenze, Roma, Donzelli, 2001 e vol. II Arrivi, ivi. 2002 e, per la storia del movimento operaio, a D.R.

GABACCIA, Emigranti. Le diaspore degli italiani dal medioevo a oggi, Torino, Einaudi, 2003 (Si mitra di una studiosa che condivide l’impostazione di Ragionieri). In ambito locale, per il Veneto - la regione che ha dato i maggiori contingenti migratori nell’Italia centro- settentrionale - cfr. in particolare: E. FRANZINA, La grande emigrazione, Venezia, Marsilio, 1976 e ID., Storia dell’emigrazione veneta dall’Unità al Fascismo, Verona, Cierre, 1991. Per aree venete specifiche, cfr. A. ROSADA, Emigranti e socialisti feltrini nel prima decennio del Novecento. "Studi Storici”, V (1964), n. 4, pp. 691-729, e M.

PUPPINI Movimento operaio ed emigrazione in Carnia e Canal del Ferro dai primi del ‘900 alla Resistenza, “Qualestoria”, X (1982), n. 3, pp. 83-119, opera prima di una ampia produzione sull’emigrazioni e il movimento operaio friulani. Per gli studi in area friulana, cfr. J. GROSSUTTI, Saggio bibliografico, in Ti ho spedito lire cento. Le stagioni di Luigi Piccoli, emigrante friulano. Lettere familiari (1905-1915). Pordenone, Biblioteca dell`Immagine, 1997.

10 Ricerche come quelle di E. SARACENO, Emigrazione e rientri. Il Friuli-Venezia Giulia nel secondo dopoguerra, Udine, Il Campo, 1981; F. MICELI, Emigrazione Friulana (1815-1915). Liberali e geografi, socialisti e cattolici a confronto , “Qualestoria”, X (1982). n. 3, pp. 5-38 e ID., L’emigrazione temporanea del Friuli, di G. Cosattini, introduzione a G.

COSATTINI, L’emigrazione temporanea del Friuli, Trieste-Udine, Regione Autonoma Friuli- Venezia Giulia, 1983. oltre ai citati Marco Puppini e Javier Grossutti. Cfr. inoltre i

(14)

recenti: F. MICELLI e J. GROSSUTTI (a cura di), L’altra Tavagnacco. L’emigrazione friulana in Francia tra le due guerre, Tavagnacco, Amministrazione Comunale, 2003. M.

ERMACORA, D. GORLATO, L. KRISCH, W. SCHOBERSBERGER, Baumeister dal Friuli. Costruttori e impresari edili migranti nell’Ottocento e nel primo Novecento, Artegna, Associazione culturale Grop Pignot, 2006 c G. FERIGO (a cura di), Mistruts, Piccoli maestri del Settecento Carnico, Udine, Forum, 2006.

11 «Tale mio provvedimento di licenziamento mirava a costringere molti operai non bisognosi e sobillatori ad emigrare. Infatti posso dire d’aver raggiunto lo scopo, perché in settimana partiranno per la Francia pel Belgio circa una sessantina d'operai e fra questi una squadra di veri turbatori dell’ordine pubblico». Cfr. Archivio Storico del Comune di Aviano, b. 971, 1920, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5.1. Scioperi e disordini, agitazioni operaie, minuta di lettera del commissario regio Fabris al sottoprefetto di Pordenone, 25 settembre 1920.

12 Cfr. FONDAZIONE ISTITUTO GRAMSCI, Fondo Pci 1943- 1991 . Regioni e Province, 1946, Udine, f. 111, pp. 1609-1674, sf. pp. 1609-1629, dattiloscritto Osservazioni sulla Conferenza di Organizzazione della Federazione di Udine.

13 Si tratta della richiesta di Libera Fracassi sul sito:

http://familytreemaker.genealogy.com/users/d/w/y/Michael-D-Dwyer/index.html, pubblicata il 5 settembre 2ooo e scaricata il 25 maggio 2008.

14 Fino al 1968, quando fu costituita la Provincia di Pordenone, tutto il territorio del Friuli era riunito nella Provincia di Udine, che dal 1927 aveva anche incluso parte del Friuli asburgico (il mandamento di Cervignano) e la carinziana Val Canale. Del territorio considerato linguisticamente e storicamente friulano rimangono esclusi dalla circoscrizione udinese solo due dozzine di comuni, appartenenti, per diverse ragioni storiche, alla provincia di Venezia ed a quella di Gorizia. Fino al dibattito all'Assemblea Costituente nel 1946-1947, il Friuli viene ritenuto generalmente appartenente alla regione storica del Veneto.

15 A distanza di oltre un secolo questo lavoro giovanile, compiuto sorto la direzione di un esponente di punta del positivismo come Achille Loria, appare insuperato e fondamentale in materia di emigrazione temporanea.

16 Prevalentemente svizzeri e austriaco-giuliani.

17 L’esigenza di mantenere l’esposizione a livello di estrema sintesi mi induce di ridurre al minimo le note esplicative. In mancanza di altre fonti, le notizie sono tratte in primo luogo dalla stampa operaia friulana e dai fascicoli ad nomen conservati presso l`Archivio Centrale dello Stato, fondo Casellario Politico Centrale.

(15)

18 Sui mosaicisti friulani cfr. i lavori di Javier Grossutti. Alcune relazioni sono scaricabili da internet, come: La “sezione lavoro ed emigrazione" del Museo provinciale della vita contadina “Dio gene Pensi” di Cavasso Nuovo (Pordenone): alcune tessere per ricostruire il mosaico dell’emigrazione friulana, Gualdo Tadino, 2002; L'emigrazione dal Friuli Venezia Giulia in Canada, s.d. e il recente Italian Mosaicist and Terrazzo Workers in New York City.

Estimating the Size, Characteristic and structure of a Higt-Skill Building Trade, 2007- 2008.

19 L. POGNICI, Spilimbergo e suo distretto, Pordenone, Antonio Gatti, 1872, p. 579;

certamente basato su F. PELIZZO, Notizie statistiche dalla Provincia del Friuli del dottor Francesco Pelizzo di Spilimbergo, 3 vol. manoscritti, Udine. 1846.

20 POGNICI. Spilimbergo cit., pp, 579-584.

21 Mosaicisti-Terrazai unitevi! “L’Emigrante”, anno V, n. 2, febbraio 1910. Si tratta del bollettino del Segretariato dell’emigrazione di Udine, Altre notizie su Toffolo ne “Il Lavoratore Friulano”.

22 L'organizzazione dei mosaicisti, corrispondenza da Parigi. “Il Lavoratore Friulano”, n. 267.

13 novembre 1909, p. 1.

23 M. RIDOLFI, Il PSI e la nascita del partito di massa. 1892-1922, Roma-Bari. Laterza, 1992, PP. 172-173.

24 E’ stato recentemente individuato un fondo librario privato, proveniente dalla Biblioteca della Sezione del Segretariato di Dardago di Budoia. Un altro, proveniente in parte da iniziativa originata dal Circolo di Studi Sociali di Trieste (allora città austriaca di emigrazione), è conservato presso la Biblioteca comunale di Vivaro.

25 Su Gerin e Flor, cfr. RAGIONIERI, Il movimento dei lavoratori italiani cit.; su Podgornik, cfr. l’introduzione a G. PIEMONTESE, Il movimento operaio a Trieste, Roma, Editori Riuniti, 1974.

26 Cfr. la scheda biografica in A. VUATTOLO, Storia della Federazione Svizzera dei Lavoratori Edili e del Legno. 1873-1953, Zurigo, Flel, 1953-1956.

27 Più volte segnalato su "Il Lavoratore Friulano", Borghesio - negletto dalla storiografia sindacale, è uno dei massimi organizzatori del sindacato edile prefascista - è attivo anche fra gli emigranti nella Francia meridionale. Verrà arrestato come componente del Centro interno socialista nel 1931.

28 Recentemente sono state pubblicate le sue memorie, uscite nel 1940 a Chicago. cfr.

V., Memorie di vita di tempeste sociali, a cura di C. Bermani, Roma, Ediesse, 2006. Cfr.

inoltre: Echi d’Italia. La propaganda nel Friuli, “L'Operaio Italiano”, n. 5, 2 marzo 1901, p.

(16)

7, e U. CHIAROMONTE, Vittorio Buttis: un riformista tra esilio ed emigrazione (1866-1950), estratto da “Bollettino Storico per la Provincia di Novara”, LXXVIII (1987), n. 1.

29 Al suo proposito un consistente fascicolo è conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato, fra i fascicoli riservati della Direzione di Polizia Politica.

30 L’archivio personale di Masutti è conservato presso il Centro studi “Piero Gobetti"

di Torino.

31 Cfr. E. GUARNASCHELLI, Una piccola pietra, Milano, Garzanti. 1982.

32 ARCHIVIO CASA DEL POPOLO DI TORRE, Fondo Commissione Quadri della Federazione del Pci, b. non numerata, f. Parutto Venanzio.

33 Cfr. L. PATAT, Giuseppe Tuntar, Udine. Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, 1989.

34 Cfr. BUTTIS, Memorie di vita di tempeste sociali cit., p. 129; PIEMONTESE, Il movimento operaio a Trieste cit., p. 414. Informazioni più ampie gli sono state dedicate in Jugoslavia: cfr. la nota biografica in appendice a G. SCOTTI e L. GIURICIN, La Repubblica di Albona e il movimento dell'occupazione delle fabbriche in Italia, “Quaderni del Centro di ricerche storiche”, I (1971), pp. 153-163 e E. MILLER e G. SOMMI PANOFSKY, L’organizzazione sindacale radicale italiana negli Stati Uniti: il contributo di Giovanni Pippan, 1924-1933, “Quaderni del Centro di ricerche storiche”, VII (1983-84), pp. 1-38.

35 Cfr. VUATTOLO, Storia della Federazione Svizzera cit.

36 Cfr. fra le altre fonti: G. SINICCO. Memorie di un calzolaio da Borgnano a Londra, Udine, Pellegrini. 1950.

37 Cfr. C. COLLOMP, The Jewish Labor Committee, American Labor, and the Rescue of European socialists, 1934-1941, “International Labor and Working-Class History”. n. 68, 2005, pp.112-133; del ruolo dell’Ilgwu parla Buttis, Memorie di vita di tempeste sociali cit., p.

141. Nel fascicolo di Vuattolo conservato al Cpc si trova un riferimento a una visita del 1935 di Antonini in alcuni centri svizzeri, fra i quali la Cooperativa italiana di Zurigo, attorno alla quale ruotano gli esuli socialisti.

38 Cfn K. AESCHBACH e D. ROBBIANI, “Ciao Ezio!”, Canobbio (Ch), Scoe- Aurora, 1979.

39 L’emigrazione, soprattutto in Svizzera, è il prezzo della sconfitta negli anni Cinquanta per interi gruppi operai, come alla Safop ed al Cotonificio Veneziano di Pordenone.

(17)

40 Cfr. l’intervista rilasciata dalla moglie Giuliana Filipponi all’autore il 15 ottobre 2oo7; cfr. inoltre Il cordoglio della Filef per la morte del presidente dell’Alef Romeo Burrini,

“Emigrazione notizie", XX (1998), n. 8, scaricato il 28 settembre 2006 dal sito www.fiei.org/en1998/en8.pdf.

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