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"Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei tempi della giustizia civile".

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Academic year: 2022

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Parere sul d.d.: recante:

"Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei tempi della giustizia civile".

I1 Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 18 maggio 1988, ha approvato la seguente risoluzione:

1. Con nota del 16 febbraio 1987 il ~Ynistro di Grazia e Giustizia ha chiesto al C.S.M. di esprimere parere sul disegno di legge gover- nativo recante a Prowediwenti urgenti per l'accelerazione dei tempi della giustizia civile m, presentato in pari data al Senato.

La CommissiOne Riforma, investita dello studio preparatorio del parere, si e awalsa di un gruppo di esperti nominati dal Consiglio ai sensi dell'art. 15 del Regolamento di amministrazione e contabilita (sei professori di diritto processuale civile, sei awocati, sei magi- strati) (l), non solo per riceverne ausilio tecnico, ma soprattutto per arricchire la discussione attraverso la presenza di punti di vista diversi.

Nel corso di tali lavori si e anticipatamente sciolta la IX legisla- tura, donde la decadenza del disegno di legge in esame. Ne sul punto risulta assunta, fino ad oggi, alcuna nuova inMativa del Guardasigilli.

in tale situazione il Consiglio si e interrogato circa la persistema del proprio potere di esprimere parere, essendo, di questo, formal- mente venuto meno l'oggetto. Ogni perplessi& e rimasta peraltro supe- rata dalle parole stesse del Ministro, il quale, partecipando aila seduta consiliare del 29 ottobre 1987, ha dichiarato, fra l'altro, di attendere un contributo di riflessione deI Consiglio sul tema della giustizia civile.

Il Consiglio puo dunque legittimamente spendere i risultati dei- l'ampio dibattito svoltosi al proprio interno sull'argomento.

Cio peraltro non significa che la riflessione, privata del formale aggancio con il disegno decaduto, intenda trasformarsi in un generale giro di orizzonte sui temi della giustizia civile. il citato disegno, intorno al quale si e svolto il lavoro del Consiglio, continuera a costituire l'oggetto del discorso, anche se e il caso di precisare che ormai non si tratta tanto di esprimere un parere su quei testo quanto piuttosto di assumere tale ipotesi normativa (culturalmente rilevante anche se formalmente decaduta) come punto di riferimento di una analisi che appare pih correttamente inquadrabile nello schema della risoluzione.

D'altra parte, una volta che il disegno governativo venga assunto non nella sua individualita formale ma come momento di una storia

di Milano), Giovanni VERDE (Uniersith diNapoli).

Avvocati: Francesco BERTI RNOALDI VELI (Bologna), Mario BESANA (Milano), Pierlui. DI MARCO &ire-)., E m i o PARRELLI (Roma), Giuiiano PELA' (Roma), Andrea SCUDBRI; (Catania).

Magistrati: Michele LO ~ 1 ~ 0 ' (giudice Trib. Roma). Giuseppe MARTINETTO (pretore dir. Torino), Alessanflro PAOLUCCI (giudice Trib. Napoli), Roberto PREDEN (consigliere App. Rorha) Salvatore TROVATO (pretore Catania), Clau- dio VIAZZI (giudice Trib. ~ e n o v d .

N.B.

-

Recentemente l'aw. Pierluigi DI MARCO, impedito, t stato sosti- tuito con I'aw. Giuseppe LORATO del Foro di Taranto.

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culturale, visitata per trarre spunti (anche critici) e stimoli propo sitivi in funzione di future ipotesi di iniziativa legislativa, appare utile sia aprire qualche spazio di riflessione retrospettiva (v. i para- grafi 2 e 3), sia tener conto, ove necessario, di altre iniziative che, sebbene non ufficiali, sono in qualche modo parallele al disegno gover- nativo e costituiscono, come e noto, parte integrante del dibattito scien- tifico sd'argomento.

I1 riferimento e a due articolati privati, rispettivamente nati dal- l'associazionismo accademico (testo redatto per l'Associazione italiana fra gli studiosi. del processo civile dai professori Giovanni FABBRINI, Andrea

PROTO

PISANI e Giovanni VERDE, impegnativo per questo ultimo limitatamente ad una prima stesura) e da una componente del- I'associazionismo giudiziario, entrambi a struttura novellistica e in gran parte incidenti sugli stessi a nodi del pr-so B toccati dal disegno governativo, consultabili in Foro it., rispettivamente 1986, V, 511 e 1987, V, 74.

Dei lavori della Commissione Riforma (integrata come sopra) b stato redatto, oltre all'ordinario verbale, un resoconto ragionato D

dovuto alla cortesia del prof. FABBRINI. Esso viene allegato alla pre- sente risoluzione insieme ad una bozza di articolato costituente aggior- namento del testo FABBRINI

-

PROTO PISANI alla luce delle opinioni maturate nel gruppo di studio costituito presso il Consiglio.

2. I1 disegno in esame non nasce (sia consentito parlarne a al pre- sente n nonQstante la intervenuta decadenza) da improwisazione, ma ha alle sue spalle una storia culturale che merita di essere brevemente rievocata.

I1 6 ottobre 1973 (era allora imminente l'entrata in vigore del nuovo processo del lavoro) il Ministro di Grazia e Giustizia insedib un gruppo di studio, formalizzato poi in Commissione; con l'incarico di elaborare proposte di intervento sul codice di procedura civile.

Il risultato piu significativo e piu noto di tale programma fu un arti- colato del secondo libro del codice (disciplina del processo ordinario di cognizione), rimesso al Ministro nel 1977 e generalmente conosciuto come a progetto LIEBMAN n dal nome del presidente della Commis- sione. In estrema sintesi puo dirsi che tale articolato, calato sul m o dello della monocratici~ del giudice di primo grado in funzione della realizzazione di un processo effettivamente orale e concentrato, valo rizzava i poteri del giudice (anche d i apprezzamento della prova, con w n s w e n t e drastica riduzione dell'area della prova legale); aboliva il regolamento di competenza e trasformava in mezzo di impugna- none il regolamento di giurisdizione; cancellava in toto il n. 5 del- l'attuale art. 360 C.P.C.; mentre lasciava aperto (registrando le opposte posizioni emerse nella dommissione) ii problema dei r nova in appello.

Reinsediata ed allargata con DM. del 6 dicembre 1978, la Com- missione ricevette l'.ulteriore incarico di elaborare i principi e criteri direttivi di una legge delega al Governo per l'emanazione del nuovo codice di procedura civile. Il lavoro della Commissione, ultimato nel

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febbraio 1981, divenne, con alcuni a aggiustamenti 9 dell'ufficio legi- slativo del Ministero, oggetto del disegno di legge delega presentato al Senato il 25 febbraio 1981. I1 disegno, decaduto con la fine antici- pata dell'VIII legislatura, fu ripresentato, senza variazioni, nella

M,

il 30 mano 1984, ma anch'esso e recentemente decaduto.

In tale a iter 9 rappresenta un punto fermo

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almeno sul piano culturale

-

la relazione sul disegno di legge delega rassegnata dai senatore Nicolo LIPARI aiia Commissione giustizia del Senato nel- l'ottobre 1985 (cfr. Giust. civ., 1985, 11, 531). Essa merita menzione non solo per il livello scientifico che la contraddiitingue; non solo perche scioglie ambiguita e colma insufficienze del testo normativa;

ma anche per la perentorieta della diagnosi compiuta sulla gravita della crisi della giustizia civile.

I1 processo civile

-

si legge nella relazione LIPARI

-

non solo

non serve pih a far giustida, ma produce e radica ingiustizia, perche e a strumento per allontanare nel tempo la realizzazione dei ditti m:

. . .

a esito tanto piu perverso in quanto tendenzialmente destinato ad attuarsi nei confronti dei soggetti deboli dell'ordiamento, posto che quelli economicamente e socialmente piu proweduti riescono a realbare, specie nel quadro di quel rigurgito contrattualistico che contraddistingue la presente stagione, forme alternative e sollecite di giustizia privata S.

3. Non e improprio qualche rapido accenno ai contenuti della legge delega sia perche, come e detto esplicitamente nella relazione al disegno anticipatono, questo intende calarsi entro la trama di quel- l'ipotesi normativa pih generale, sia perche il C.S.M., per tanti a m i silenzioso sui temi di riforma della giustizia civile, trova propizia questa occasione per un minimo di estensione del discorso.

In verita 'non puo negarsi che la delega (nutrita di precedenti culturali come il a progetto LIEBMAN S) si muova su linee tenden- zialmente condivisibili, ma e anche vero che su di essa pesano limiti e insufficienze, pur se va precisato che non pochi di tali momenti negativi sono imputabili non tanto al testo originario della Commis- sione quanto agli a aggiustamenti P operati in sede ministeriale.

Anzitutto

-

per comune riconoscimento

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si tratta di delega a maglie troppo larghe: difetto che in taluni casi (come quello del rapporto fra parti e giudice quanto ai poteri probatori) si risolve in un vero e proprio a vuoto di scelta m. La stessa opzione nel senso della monocraticita del giudice in primo grado, con a riserve di collegialith S,

e fortemente appannata dal fatto che ali'individuazione di queste ultime e chiamato come criterio (sia pure concorrente) anche il valore della causa. Si aggiunga che viene sciolto nel senso della arnmissibilita dei

a nova in appelio il dilemma rimasto aperto nel progetto LIEBMAN.

Contro il testo della Commissione viene mantenuto il regolamento preventivo di giurisdizione, del quale gia nel progetto LIEBMAN era prospettata la trasformazione in mezzo di impugnazione. Inoltre e espulso dal disegno di legge delega (mentre compariva nel testo della

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Commissione) il principio secondo cui il giudice deve provocare il contraddittorio delle parti sulle questioni che solleva di ufficio, owe- rosia a observer lui-meme v, come dice il C.P.C. francese, la regola del contraddittorio.

Ma soprattutto, mutuando un'osservazione della relazione LIPARI, va rilevato come il disegno di legge delega si arresti al di qua delle novita che stanno emergendo sul piano del diritto sostanziale. Esso lascia volutamente fuori

Ie

situazioni soggettive a struttura metaindi- viduale con la motivazione che le relative tutele processuali potranno essere piii opportunamente dettate dalle singole leggi speciali (sul- l'inquinamento, sulla tutela dei consumatori, ecc.): una scelta, dunque, di decodificazione, pericolosamente rinunciataria perchC apre la via a logiche neocorporative e a prospettive di statuti processuali di categoria.

4. Tali discutibili profili del disegno di legge delega non si river- berano necessariamente sul disegno anticipatorio: sia perche alcuni di essi (a cominciare da quello della concorrenza del criterio del valore per la individuazione deUe riserve di collegialita) sono radicalmente abbandonati nel disegno in esame, sia perch6 nei riguardi di questo ultimo, per la sua stessa natura di intervento interlocutorio e dichia- ratamente parziale, non trovano spazio molte delle considerazioni cri- tiche generali sopra formulate.

Per quel che vuol essere e nei limiti che vuol avere, la a filosofia v

del disegno e tendenzialmente condivisa dal Consiglio, sia pure con riserve su singoli aspetti (riserve, sia detto in parentesi, tutt'altro che marginali, 4aivolta incidenti su veri e propri a snodi culturali v, e che tuttavia non sembrano giustificare una certa eccessivita di critica che si e avuta in dottrina).

In particolare e condivisa dal Consiglio la scelta di un intervento di tipo novellistico e limitato all'essenziale. La crisi del processo civile e cosi radicata e profonda (in termini di cultura oltreche di efficienza pratica) da rendere necessario, dapprima, un circoscritto intervento di cr pronto soccorso v, capace di innescare una inversione di tendenza su cui possa calarsi in un secondo momento, senza reazioni di rigetto altrimenti inevitabili, una riforma piu generale. La scelta del modello novellistico ha dunque non solo una portata tattica, ma anche un valore strategico.

D'altra parte va rilevato che la intitolazione del disegno, esclusi- vamente incentrata sulla a accelerazione dei tempi della giustizia civile

*,

fa torto ai contenuti della proposta normativa. Previsioni come quelle della tendemiale monocraticita del giudice di pnmo grado, della intro duzione di un sistema di preclusioni e della esecutivita della sentenza d i pnmo grado non sono semplicemente strumenti per fare a piu presto W .

La monocraticita e anche la condizione per attuare l'identita fra giudice che assume la prova e giudice che decide la causa, la divari- cazione dei quali, nell'attuale procedimento innanzi al tribunale, sta

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alla base di una catena di effetti la cui negativita (tanto in termini culturali quanto in termini di efficienza organizzativa) e sottolineata dalla piu sensibile dottrina processualistica.

Le preclusioni, poi, certamente non servono soltanto ad accelerare, ma a far si che nel processo civile possa dawero penetrare la benefica legge del dialogo, il cui presupposto e la tempestiva e autoresponsabile determinazione dell'oggetto di cui si discute, non esposto (come accade oggi fino alla rimessione della causa al collegio) a cambiamenti che logorano tanto l'efficacia del contraddittorio quanto l'autorevolezza del giudice.

Infine la esecutivita della sentenza di primo grado potra piacere o non piacere (in seguito sara detto di contrarieta affacciatesi nel dibattito consiliare), ma certo neppure essa si esaurisce in un fatto meramente acceleratorio, involgendo la concezione stessa del rapporto fra primo e secondo grado di giudizio.

5. Prima di passare ali'esame del testo &l disegno occorre dar conto di una lacuna che in esso e stata denunciata da alcuni Consi- glieri. Si tratta della mancata introduzione di una norma che, ridu- cendo o escludendo i vantaggi economici derivanti al debitore dal prolungamento del processo (i discorso riguarda le obbligazioni pecu- niarie), dovrebbe disincentivare le manovre dilatorie.

E' stato richiamato, in questa prospettiva, i'art. 429, comma temo,

C.P.C., introdotto con la riforma del processo del lavoro; e si e ricor- dato come una proposta di legge di iniziativa parlamentare (Macis ed altri, del 1985), costituente anch'essa un a intervento urgente D sul codice di procedura civile, esordisca (art. 1) proprio con una norma che si propone la suddetta finalita attraverso la modificazione del saggio degli interessi legali nelle obbligazioni pecuniarie. L'accogli- mento di una simile ipotesi normativa e stato caldeggiato sia perche essa eviterebbe, o almeno attenuerebbe, strategie defatigatorie special- mente d a parte di a debitori forti B (tipico e il caso delle compagnie assicuratrici), sia perche la minor appetibilita economica della resi- stenza processuale avrebbe comunque un benefico effetto di deflazione del contenzioso.

La validita del suggerimento non sembra contestabile, ma occorre tuttavia tener presente che la norma riguarderebbe (a differenza del citato art. 429, teno cornma, limitato ratione materiae) tutte le obbli- gazioni pecuniarie, con riflessi di ordine finanziario generale la cui valutazione sfugge alla competenza del Consiglio.

6. L'art. l del disegno di legge modifica l'art. 48 dell'ordinamento giudiziario (r.d. 30 gennaio 1941, n. 12)' proponendo la seguente nuova formula: a In materia civile la giurisdizione (del tribunale) e eserci- tata da un giudice singolo, tranne il caso in cui e previsto l'esercizio collegale delle funzioni S. In campo civile, cioe, il tribunale opera di regola monocraticamente, salve le cosiddette e riserve di collegialita D.

Queste ultime sono individuate dall'art. 3 come segue: a) giudizi di appello e decisioni su reclamo; b) giudizi devoluti alle sezioni spe-

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cializzate; C ) giudizi in materia elettorale; d) altri giudizi regolati dal codice civile e da leggi speciali in cui e previsto l'esercizio collegiale delle funzioni.

L'art. 4 dispone infine che la collegialita, quando sussiste, e col- legialita u piena B (v. anche il nuovo testo dell'art. 350 per l'appello), comprendente non solo la decisione ma anche la trattazione e la istru- zione della causa, esclusa la delegabilita (ammesso invece dal disegno di legge delega) di singoli atti istruttori ad un componente del collegio.

I1 Consiglio ha preliminarmente rilevato che, una volta ridotti al denominatore comune della monocraticita tanto il tribunale quanto il pretore, perde sostanzialmente significato la distinzione fra i due uffici, almeno per la giustizia civile. Portare tale rilievo alle sue logiche conseguenze significherebbe perb aprire un complesso raffronto fra le concorrenti linee di riforma &l processo civile e del processo penale e intraprendere un difficile discorso di ordinamento giudiziario involgente anche I'annoso problema della revisione delle circoscrizioni, con inevitabile svuotamento del significato di a pronto soccorso che deve invece essere proprio

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come gia detto

-

del primo e piu imme- diato intervento suila giustizia civile.

I1 dibattito consiliare non ha ignorato gli aspetti positivi insiti nel modello collegiale (decisione maturata attraverso il dialogo; col- legio come luogo di formazione professionale), ma e tuttavia sfociato in una posizione largamente adesiva al disegno di legge. Si e rilevato che esiste comunque, nei fatti, una a monocraticita occulta s o e stri- sciante W , cioe un sostanziale e progressivo logoramento dei metodo decisorio collegiale neila giustizia civile. Si B aggiunto che l'opzione in favore della monocraticita ha finito per Mporsi anche in paesi, come la Francia, piu del nostro culturalmente legati alla tradizione della collegiaiita. Si e poi notato che le ampie e importanti attribuzioni di competenze per materia al pretore dagli anni '60 ad oggi impediscono quanto meno di configurare la monocraticita come un u modello mi- nore W di giustizia, se addirittura non la indicano come il modello in cui meglio si traducono, in primo grado, certe esigenze di persona- lizzazione e sbmratizzazione che rappresentano un aspetto del ruolo emergente della giustizia civile.

Infine va ripetuto (un cenno gih si e fatto nel paragrafo n. 4) che la monocraticitii & mezzo al fine dellpattuazione del principio di oralita, inteso come coincidenza fra giudice che raccoglie la prova e giudice che su questa forma il proprio convincimento e decide la causa. Tmppo alti sarebbero, infatti, i costi, in termini organizzativi e di risorse personali, per realizzare la medesima coincidenza in caso di collegialita, perche cib implicherebbe la presenza del collegio anche nella trattazione e istruzione della causa.

Questa soluzione di u collegialita piena D e in verita adottata dal disegno in esame, per giunta con la esplicita esclusione della delega- biiita di atti istruttori ad un componente del collegio, ma cib e possi- bile proprio perche, in tale disegno, la collegialita rappresenta un'ipo- tesi marginale. D'altra parte, va tenuto presente che nel dibattito

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consiliare sono emerse posizioni vivacemente critiche nei riguardi della non delegabilita, esprimente

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si e detto

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una astratta coerenza al principio di oralita, ma totalmente elusiva dei bisogni pratici che caratterizzano, oggi, il processo civile italiano.

Quanto alie riserve di collegialita il Consiglio ha condiviso i'orien- tamento

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enunciato nella relazione ai disegno e tendenzialmente tradotto neli'art. 3 dello stesso

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della loro individuazione in base a situazioni processuali (appello, reclamo) o a particolari valenze della collegialita (sezioni speciaiizzate); non, invece, ratione mateticle, 4 sia

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si legge nella citata relazione

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per i'opinabilita di scelte che dovrebbero avere riguardo all'importanza delle controversie, sia per non lasciare troppi spazi ai possibili conflitti fra le funzioni del giudice singolo e di quello collegiale n.

Con tale impostazione metodologica non e in armonia la previ- sione dei giudizi elettorali, in realta individuati a per materia D dalk lettera C ) deli'art. 3; e soprattutto confligge la troppo ampia ed impre- cisa formula della lettera d). Posto che questa intenda particolarmente riferirsi, come pare, alla materia concorsuale, & stato osservato che il modello collegiale b accettabile per i momenticardine della procedura, come la dichiarazione di fallimento o di insolvema e la relativa oppo- sizione, ma che ad esso dovrebbero andar sottratte le cause che, se si svolgessero al di fuori o indipendentemente dai contesto concorsuale (revocatorie, accertamenti dei crediti o di diritti di terzi, cause coin- volte dalla cosiddetta a vis attrattiva n), cadrebbero entro la regola della monocraticita (vedi, sul punto, allegato n. 2).

7. I1 consenso espresso dai Consiglio verso questa parte del disegno non esonera dal dar conto di un'alternativa tecnica risultante dagli altri articolati e fatta oggetto di approfondimento nel gruppo di studio.

Si e osservato che i'attuale intelaiatura del codice e basata sulla dicotomia a giudice istruttore/collegio n. Sarebbe dunque impropria, stanti i limiti connaturati ad un intervento novellistico, una scelta che comportasse un generale sommovimento, come awerrebbe distin- guendo il tribunale in due modelli (da un lato il a giudice singolo D, dall'altro la r coilegialita piena W) entrambi diversi e scollegati dalla attuale intelaiatura. Di qui la proposta che nel caso (eccezionale) di collegialita si mantenga l'attuale binomio r giudice istruttore/collegio n,

mentre nella ipotesi (normale) di monocraticita sarebbe il giudice istruttore a decidere la causa come giudice singolo (qualcosa di simile a quanto avvenne, per norma transitoria della legge n. 53311973, rela- tivamente alle cause di lavoro pendenti innanzi al tribunale al mo- mento della riforma).

Si e aggiunto che le questioni di ripartizione, alliinterno del tribu- nale, tra materie collegiali n e a materie monocratiche W devono non gia assurgere a questioni di competenza ma rilevare soltanto come questioni di composizione del giudice. Ne segue che, mantenendosi la dicotomia a giudice istruttore/collegio (cosiddetta r collegialita im- perfetta a), il solo atto nulio, per erronea composizione deli'organo

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decidente, e la sentenza, mentre la contrapposizione, voluta dal disegno, fra r giudice singolo W e r collegialita piena W, estesa cioe anche alla trattazione e all'istruzione della causa, comporterebbe, in caso di errore di scelta, la rinnovazione di tutti gli atti.

Non puo disconoscersi la plausibilita di tali riflessioni n6 conte- starsi che il a vulnus W, che il mantenimento della collegialita imper- fetta recherebbe al principio. di ordita, non sarebbe intollerabile, stante la limitatezza delle riserve di collegialita secondo il disegno in esame.

I1 Consiglio non e quindi insensibile all'altemativa in questione, ma cio su un duplice presupposto: che le riserve di collegialita riman- gano effettivamente un r modesto residuo W; e che il mantenimento della collegialita imperfetta resti nei limiti del fine dichiarato di favo- rire l'intervento d'urgenza, Mpregiudicate le diverse e piu coerenti linee di una futura organica riforma.

8. Sul tema della competenza il Consiglio non puo andare al di la di alcune rinessioni generiche e aperte, essendo il discorso forte- mente condizionato dal tipo d i giudice onorario che si intende man- tenere o introdurre. Se si conserva l'attuale figura del conciliatore, che indagini statistiche e sociologiche segnalano come chiaramente

a al tramonto W, e sconsigliabile estendere la competenza di tale giudice anche soltanto nei limiti previsti nel disegno di legge (infortunistica stradale con soli danni alle cose fino al valore di lire tre milioni).

Esigenze di funzionalita della giustizia a togata W spingerebbero in tal senso, ma probabilmente cio servirebbe soltanto a creare un'area di

r denegata giustizia S. Si aggiunga che, nella misura in cui tale crescita di competenza del conciliatore riuscisse

a

non restare sulla carta, si produrrebbe un aumento dei ricorsi per tassazione (ormai unico mezzo di impugnazione contro le sentenze di tale giudice) in contrasto con l'esigenza di deflazionare il carico di lavoro della Suprema Corte.

Aii'opposto, se fosse possi%ile rivitalizzare la figura del giudice onorario o, meglio, realizzarne una figura nuova e interamente ripen- sata, correlativamente rivedendo, per gli effetti negativi che produce, l'abolizione deli'appello, si potrebbe non solo accettare l'ipotesi di ampliamento di competenza delineato dal disegno, ma forse anche andare piu oltre, trasferendo al nuovo giudice onorano tutta I'infor- tunistica stradale, senza limiti di valore almeno per quanto riguarda i danni alle cose.

Assunto come un a dato W l'attuale giudice conciliatore ed esclusa percio la possibilita di elevare o di rendere addirittura esclusiva la sua competenza in tema di infortunistica stradale, resta aperto il pro- blema se concentrare tale materia (al di sopra del milione di lire) presso il pretore, come proposto dall'articolato FABBRINI-PROTO PISANI, owero ripartirla fra pretore e tribunale secondo le regole generali di competenza per valore. I1 Consiglio ha optato per la non concentrazione presso il pretore, temendo che tale organo possa nsuE tare schiacciato (non solo quantitativamente ma anche qualitativamente)

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da tale tipo di contenzioso. D'altra parte, stante la prevista struttura monocratica del tribunale, la soluzione prescelta non i? di ostacolo all'attuazione di una proposta emersa nel gruppo di studio e assai apprezzata nel dibattito consiliare: quella secondo cui alle cause di infortunistica stradale (sicuramente segnate da caratteri di tipicita e ripetitivita che le collocano nella categoria delle controversie a di massa W) dovrebbe applicarsi il rito del lavoro.

Piena adesione merita l'unificazione, operata dal disegno di legge, di tutte le cause di locazione entro la competenza pretorile. Occorre peraltro espressamente stabilire che a tale contenzioso, opportuna- mente unificato quanto alla competenza, si applica in tutti i casi il rito del lavoro. Nel corso della discussione consiliare i? stata profilata l'opportunita che analoga unificazione di competenza

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presso il pre- tore o presso le sezioni agrarie

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si verifichi per le cause in materia agraria. Va inoltre ricordata la opportuna riunificazione sotto la com- petenza pretorile deile controversie a relative alla misura e alle moda- lita di uso dei servizi del condominio W, improwisamente scisse in due tronconi dalla miniriforma del 1984.

Ritiene infine il Consiglio di suggerire la riscrittura deii'art. 38

C.P.C., nel senso di equiparare il regime deii'incompetenza per valore

al regime vigente dell'incompetenza per territorio derogabile e di l i i i - tare la rilevazione, anche di ufficio, deil'incompetenza per materia e per territorio inderogabile entro la prima udienza di trattazione deila causa. Questa proposta ha una tale potenzialita di semplificazione e accelerazione da entrare di pieno diritto anche nel quadro di un inter- vento urgente e volutamente limitato.

9. I1 disegno mantiene per l'atto introduttivo del giudizio il mo- dello della citazione a comparire a udienza fissa, limitandosi a pochi (seppure non trascurabili) ritocchi al vigente art. 163. Non e dunque mutuata la scelta in favore della forma del ricorso, compiuta dal disegno di legge delega @unto 13 C).

I1 carattere limitato ed urgente deli'intervento normativo in esame e la conseguente esigenza di non cambiare oltre l'indispensabile giusti- ficano il mantenimento deil'attuale meccanismo di introduzione della causa, anche se cib non e in linea con la necessita che l'udienza venga fissata per una data in cui il giudice

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secondo il quadro comples- sivo del suo lavoro

-

sia in grado di effettivamente dirigerla. Un cor- rettivo iri questo senso i? dato tuttavia dall'ultimo comrna dell'art. 168 bis (nuovo testo), il quale concede al giudice designato di cr spostare la data della prima udienza non oltre sessanta giorni da quella indicata dall'attore D. Tale previsione e apprezzabile, perche cio che conta vera- mente non e tanto l'accelerazione a in assoluto * .quanto il fatto che il processo, magari a costo di una pausa iniziale, sia posto in condi- zione di non partire sul

*

piede sbagliato W di una udienza di mero rinvio, che e intrinsecamente diseducativa.

I1 Consiglio ritiene invece inopportuno l'intervento del disegno sul capoverso deil'art. 164, a proposito di nullita della citazione e di

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effetto sanante della costituzione del convenuto. Si tratta di un tema assai tormentato dal punto di vista teorico, che appunto dovra essere affrontato con grande attenzione in sede di riforma generale;

ma non certamente di uno dei fattori di crisi del processo civile, da prendere in considerazione nell'ambito di un intervento urgente.

La nuova formulazione, del resto, non si segnala per chiarezza ne tiene adeguato conto di approfondimenti teorici da cui emerge i'esistenza di ipotesi di nullita della citazione che resistono anche aila costituzione del convenuto (si pensi alla mancata determinazione del- l'oggetto della domanda o alla carente enunciadone dei fatti, che uno degli articolati privati dice sanabili dalla costituzione del convenuto soltanto a condizione che quest'ultimo, col proprio atto difensivo, consenta di colmare il vuoto). Si aggiunga che il passaggio

-

nella

nuova formula normativa

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dalla prospettiva dei diritti quesiti del convenuto a quella delle decadenze in cui sia incorso l'attore sembra aprire piu dubbi di quanti sia in grado di chiuderne (che si vuol fare di una prescrizione del diritto dell'attore maturata tra la domanda nulla e la costituzione del convenuto?).

Se qualche cosa, a proposito di nullith della citazione, poteva non essere fuori posto nel quadro di un intervento urgente, essa sarebbe stata l'esplicita previsione deila rinnovabilita (con effetto ex tunc) della citazione nulla per insufficienza del termme per comparire:

se non altro perche tale ipotesi e piuttosto frequente statisticamente e tuttavia rappresenta

-

come e stato detto in dottrina

-

la piu bande fra le cause di possibile fallimento del processo.

10. Farlancio della crisi del processo civile, nulla sarebbe piu sbagliato che indugiare nella ricerca di responsabilith di questo o quel ceto professionale. Se gli awocati chiedono e i giudici concedono rinvii, non si tratta, ne per gli uni ne per gli altri, di neghittosita.

ma di una comune sbagliata fiiosofia del processo civile, che i giudici sentono, e gli awocati tendono a far sentire, come qualcosa in cui il magistrato non esprime se non una presenza saltuaria e nient'affatto significativa, fino al momento in cui sara chiamato a formulare una decisione su un oggetto che awerte come astratto ed estraneo.

Nel rassegnare questi riiievi, non si pensa necessariamente a fenomeni di piu acuta degradazione, come per esempio quello della prova raccolta direttamente dai difensori nei corridoi del palazzo o perfino al di fuori delle mura di questo. In realta anche una prova assunta dal giudice ai suo tavolo, ma in udienze diverse e lontane fra loro, da luogo ad un identico fenomeno di estraneazione e di passivita del magistrato, che offre una presenza meramente formale, senza essere in grauo di comprendere e di dominare quanto accade davanti a lui.

Certo su tale situazione incide il sovraccarico quantitativo, che rende problernatica la possibili& di seguire efficacemente le cause, ma e lecito domandarsi se non si tratti, almeno in parte, di un circolo vizioso, nel senso che il sovraccarico si determinerebbe anche mrche

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i processi civili non sono gestiti dal giudice, per tutte le conseguenze che cio comporta in termini sia di mancate conciliazioni, sia di per- dute occasioni di chiarimento e di semplificazione, sia infine di cre- sciuta difficolta nel momento decisorio, ove il giudice non si trova di fronte il risultato di una sua attivita preparatoria ma qualcosa che si e afifastellato disordinatamente e perfino casualmente.

Sono cose piu volte dette e che qui e sufficiente richiamare per ribadire la ne-sita di una inversione di tendenza: non verso una concezione autoritaria deiia giustizia civile, ma verso la consapevolezza che essa e funzione pubblica anche quando sono privati i diritti in contesa, per cui e naturale il recupero deila figura e dell'autorevolezza del giudice lungo l'intero arco deiia procedura.

Perchb cresca l'autorevolezza del giudice occorre operare sulla sua professionalita, dare nuova cultura e nuovo mestiere. E qui il pensiero corre al reclutamento, al tirocinio, alla formazione pmfes- sionale permanente del magistrato. Ma il processo stesso (il discorso e qui limitato a quello civile) educa o diseduca. Diseduca quando, per avere un oggetto mutevole, sempre suscettibile di variazioni e sorprese, solo in apparenza funzionali al concetto di difesa, tanto le parti quanto il giudice finiscono per essere travolti da un meccanismo di deresponsabilizzazione, nel quale si impoveriscono le nozioni stesse di difesa e di contraddittorio. Mentre educa quando, mirando a con- seguire, attraverso un'articolata fase iniziale, un suo oggetto respon- sabilmente definito, si pub parlare di esso come di un c< progetto razionale a, realmente costruito sul contraddittorio delle parti e real- mente funzionale al corretto dispiegarsi dei poteri direttivi del giudice.

Su queste considerazioni si fonda il giudizio pienamente positivo che il Consiglio esprime sulla introduzione (meglio: sulla reintrodu- zione) di un seno sistema di preclusioni nel processo ordinario di cognizione. Come e emerso nel corso dei lavori del gruppo di studio,

a il ritorno all'idea deiie preclusioni non va inteso come rimedio di emergenza a cui si e costretti dalla necessita di tagliare in qualche modo, in qualunque modo, la durata del processo. Certo, se ne otterra anche questo beneficio riflesso, di inestimabile valore pratico. Ma l'idea delle preclusioni, se intesa ed attuata con equilibrio, garantisce e realizza anche altri valori di primaria importanza per il processo:

serve d a correttezza trasparente del contraddittorio di parti autore- sponsabiii sotto la direzione effettiva e non illusoria dell'organo giuri- sdizionale D.

Le preclusioni, insomma, servono non soltanto a far presto, ma a far bene: da un lato rendendo razionale la piu forte presenza del giudice attraverso la rapida determinazione del contesto su cui i suoi poteri andranno ad esercitarsi; dall'altro trasformando un assurdo gioco a a mosca cieca D in un leale confronto dominato dalla legge del dialogo, con relativa crescita non solo dei poteri direttivi del magi- strato ma anche della dignith delle parti e del ministero dei difensori.

11. L'idea delle preclusioni, presente nel disegno di legge, e dunque in via di principio condivisa dal Consiglio, ma serie perplessita sono

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sorte circa il modo in cui quella scelta risulta tecnicamente attuata.

I nuovi testi degli artt. 180 e 183, proposti dal disegno, fanno della prima udienza il momento temporale entro il quale tutto puo ancora essere fatto (sia sul piano delle allegazioni che su quello deile iniziative probatorie) e dopo il quale nulla puo piu essere fatto (ne dalle parti ne dal giudice). Nessuna preclusione si coordina alle scritture prepa- ratorie (citazione e comparsa di risposta) e resta praticamente fermo il sistema attuale secondo cui ciascuna parte puo costituirsi in prima udienza a condizione che l'altra si sia costituita nel termine a lei assegnato dalla legge.

Perplessita sono sorte anzitutto con riferimento ai poteri del giudice: da un lato perche e difficilmente accettabile una preclusione che impedisca anche a lui, dopo la prima udienza, il rilievo di ufficio di questioni come il difetto di giurisdizione o la non integrita del contraddittorio; dall'altro perche i poteri direttivi del giudice rischie- rebbero di svuotarsi una volta che la mancanza di preclusioni colle- gate agli atti introduttivi e addirittura la possibilita di costituzione di una delle parti in udienza lo ponessero

-

nell'udienza stessa

-

di fronte ad un materiale ancora fluido o addirittura, fino a quel momento, sconosciuto.

Inoltre il descritto sistema, che tutto consente in prima udienza e tutto nega dopo di essa, e che neppure richiede la costituzione anti- cipata di entrambe le parti, puo costringere ciascuna di queste a controallegare e a controdedurre nell'udienza stessa, fronteggiando i mutamenti dell'impostazione difensiva dell'altra o addirittura cono- scendo per la prima volta in quella sede la difesa altrui.

La traduzione tecnica del principio delle preclusioni, operata dal disegno in esame, e insomma assai infelice; e certo non rappresenta, ora che quel disegno b decaduto, un buon punto di partenza per nuove iniziative.

Registrate tali giuste prese di distanza sui piano dell'attuazione tecnica, deve tuttavia restare ferma l'idea di fondo di un processo non quasi immortale m (per dirla con ANDRIOLI), ma razionalmente cadenzato e dominato da principi di lealta e autoresponsabilita.

La necessita di uscire dall'attuale situazione di sfascio non sembra, del resto, offrire alternative.

12. In tal senso ha operato il gruppo di studio costituito presso il Consiglio. Da esso viene la proposta che il sistema delle preclusioni si articoli secondo le cadenze sottoindicate, rispettose sia della neces- sita che alla prima udienza (se non la si vuole predestinata ad un mero rinvio) si pervenga con un materiale assertivo almeno tendem zialmente definito e, cio che piit conta, preventivamente conosciuto da tutti i protagonisti (giudice incluso) del processo, sia dell'esigenza di collegare differenziati momenti di preclusione alla formazione del- l'oggetto del conoscere (aliegazioni) e alla indicazione degli strumenti di conoscenza (prove) :

l) per l'attore, allegazione nell'atto introduttivo

-

a pena di decadenza

-

dei fatti storici posti a fondamento della domanda;

(13)

2) per il convenuto, allegazione nella comparsa di risposta

-

a

pena di decadenza

-

dei fatti storici modificativi, impeditivi O estin- tivi; e

-

sempre a pena di decadenza

-

proposizione delle eccezioni in senso stretto di merito o di rito, nonche proposizione di domande riconvenzionali;

3) costituzione del convenuto anticipata rispetto all'udienza, pena la decadenza di cui al punto 2;

4) in prima udienza, possibilita per l'attore di allegazione di fatti storici nuovi correlati alle domande ed eccezioni del convenuto e per entrambe le parti, previa autorizzazione del giudice, possibilita

-

ferme le allegazioni dei fatti storici

-

di modificare le domande, eccezioni e conclusioni formulate;

5) termini perentori, correlati alla data della seconda udienza fissata dal giudice, per la produzione e richiesta dei mezzi di prova;

nonche ulteriori termini perentori (sempre correlati, come momento

c ad quem W, alla predetta seconda udienza) per la formulazione di prova contraria alla prova altrui;

6) discussione e decisione, nella seconda udienza, suli'ammissi- bilita e rilevanza dei mezzi di prova richiesti;

7) nel caso in cui vengano disposti di ufficio mezzi di prova, concessione di un temine alle parti per dedurre le prove che si rendono, in relazione a cio, necessarie;

8) possibilita di superare in corso di causa le preclusioni matu- rate (sia in punto di allegazioni e di eccezioni che in punto di prove) soltanto per motivato prowedimento del giudice che accerti la forza maggiore o il fatto deli'awersario;

9) adeguamento della tecnica degli interventi e delle chiamate alla struttura della fase introduttiva del giudizio come sopra delineata.

Anche attraverso l'occasione di un recente incontro di studio per la formazione professionale dei magistrati (Trevi, 11-13 dicembre 1987) il Consiglio ha preso conoscenza di c sperimentazioni W in corso da parte di alcuni giudici per gestire in modo diverso e piu autorevole, fin da ora, il processo civile. In particolare e emerso che uno dei mag- giori ostacoli a tali tentativi (che in fin dei conti esprimono la volonta di non cedere alla frustrazione e di esercitare non rassegnatamente il proprio mestiere) e rappresentato dalla possibilita di costituzione del convenuto in udienza. Quando cio avviene (ed e nei fatti la regola) il processo e fatalmente destinato a partire con un rinvio, che pesa come un simbolo negativo perche trasforma in un c vuoto W quello che dovrebbe essere l'incontro fra le parti e il giudice. La previsione deila costituzione anticipata rispetto all'udienza e dunque necessaria, ma tuttavia non ancora sufficiente, perche poco gioverebbe il fatto che il giudice e la controparte giungano in udienza informati delle difese del convenuto se queste si esauriscono in una generica conte- stazione. D'altra parte, perche sia esigibile che cio non avvenga, e necessario che l'attore, a sua volta, abbia a vuotato il sacco m, irremo- vibilmente quanto ai fatti e con serie condizioni quanto alla modifi-

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cabilita delle conseguenze giuridiche che se ne vogliono trarre. Orbene e significativo che proprio muovendo dal vivo dei bisogni espressi dalle cr sperimentazioni. si venga a disegnare una trama costruttiva che conferma in pieno la proposta del gruppo di studio.

E' nota i'obiezione secondo cui un sistema di preclusioni neghe- rebbe la possibilita, ritenuta benefica per entrambe le parti, di ade- guare man mano il proprio programma difensivo allo svolgimento dinamico del processo e alle sue progressive acquisizioni. Tale punto di vista non e stato ignorato nel dibattito consiiiare, ma non ha ricevuto consenso, perchC un processo di tal genere sarebbe (come, di fatto, e oggi) interamente nelle mani delle parti e l'esperienza insegna che cio induce quella catena di effetti negativi (frustrazione del giudice, episodicita della sua presenza, prevalenza dal momento del diritto sul momento del fatto, stile delle sentenze, ecc.) in cui sta il nucleo culturale della crisi della giustizia civile.

Quanto poi all'obiezione che discipline piu elastiche costituireb- bero minor pericolo per i soggetti meno proweduti o peggio assistiti, b stato osservato che non si potrebbe mai pensare al miglioramento e all'ammodernamento del processo (che cosa dovrebbe dirsi per il nuovo processo penale?) se ci si bloccasse s d a Iinea pessimistica di una presunta inadattabilita degli operatori; a parte il fatto che un processo piii elastico D , come e appunto quello attuale, non ha mai dato prova

-

con le sue lentezze, i suoi vuoti di attivita, le sue sorprese

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di essere vantaggioso per i soggetti deboli.

Un'ultima notazione sull'argomento. E' noto che il ceto forense e tradizionalmente accusato di aver opposto atteggiamenti di ostilita aii'introduzione di un sistema di preclusioni. E' dunque di conforto che gli awocati partecipanti al gruppo di studio istituito presso il CSM.

non si siano schierati in tal senso. Sarebbe augurabile che in cib p tesse leggersi il segno di una ormai diffusa consapevolezza che la crisi del processo civile ha toccato il fondo e che non t possibile uscime senza un coraggioso salto di qualita, che incida sui nodi del costume ancor prima che su quelli della procedura.

13. Altro punto assai delicato del disegno governativo e quello concernente i c.d. a prowedimenti di ingiunzione W (art. 182, nuovo testo). Essi consistono in ordinanze totalmente o parzialmente antici- patone della tutela di condanna, emesse su istanza di parte in corso di causa quando: a) l'altra parte non contesta di dovere la prestazione;

b) esistono i presupposti propri del decreto ingiuntivo (artt. 633 e 636 C.P.C.) e l'infondatezza della domanda non appare probabile in base alie eccezioni proposte dali'altra parte; C ) la fondatezza della domanda appare probabile in base agli elementi di prova allo stato acquisiti.

Approfondimenti non sono necessari relativamente all'ipotesi enun- ciata sub b), fondata suii'esistenza di una prova privilegiata: si tratta di un meccanismo che non crea particolari problemi, .ma che

t

anche povero di reale riiievo innovativo ai fini deiio sveltimento del processo civile. Poco v'& da dire anche su quella di cui alla lettera a). costi-

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tuente una generalidone della previsione deli'art. 423, primo comma,

C.P.C., introdotto con la riforma del rito del lavoro: nella discussione consiliare e semplicemente emerso il suggerimento di precisare che la non contestazione deve provenire dalla parte costituita, apparendo sconsigliabile una eccessiva penalizzazione deila contumacia.

Serie e non superate perplessita sono invece emerse relativamente alla ipotesi sub C ) , che fa della semplice probabilita di fondatezza della domanda la base del prowedimento anticipatorio.

L'ipotesi e inedita. Non configura (come l'art. 423, secondo c o m a , c.p-c.) una ordinanza prowisionale perche puo riguardare anche l'intera prestazione e non si fonda su una cognizione piena (in parte qua) ma su una cognizione sommaria. Non si coordina ad una prova privile- giata

-

nel concetto includendosi anche la non contestazione del con- venuto

-

perche queste i<potesi sono contemplate in altre parti deila norma, Non si lega neppure aila particolare natura del diritto, perche qualsiasi prestazione pub essere oggetto del prowedimento in esame.

N6 infine presuppone un epericulum in mora., tale non essendo di per se sola la durata del processo.

Al Consiglio non e sfuggito che tale previsione sarebbe capace di un grosso effetto di alleggerimento della crisi del processo civile e po- trebbe addirittura rappresentare una normachiave in una strategia di rapido smaltimento deii'arretrato. La misura ipotizzata, infatti, proprio perche &data ad una valutazione di tipo probabilistico-intuitivo e proprio perche scollegata da altri parametri (natura del diritto, C peri- culum in mora

*),

sarebbe suscettibile di un'applicazione molto ampia.

Inoltre essa avrebbe non soltanto l'effetto (immediato) di awicinare nel tempo il soddisfacimento del diritto, ma probabilmente anche quello (mediato) di scoraggiare l'ulteriore resistenza nel merito, in- ducendo se mai (soprattutto in cause vecchie e di opinabile esito) alla ricerca di chiusure transattive. Insomma una gran quantita di processi potrebbe per tal via trovare uno sbocco pratico senza entrare in quel

a a l l o di bottiglia che e rappresentato dalla pronuncia della sentenza.

In verita la crisi del processo civile e giunta a livelli tali che anche rimedi inediti potrebbero apparire non privi di giustificazione.

Nel dibattito consiliare, tuttavia, si e atfermata l'opinione che la mi- sura in esame non possa essere accettata perche, nel bilancio di van- taggi e svantaggi, una sua innegabile capacita emergemiale di smalti- mento quantitativo e apparsa sovrastata dalla sua incapacita di incidere positivamente sui profili qualitativi della crisi del processo civile.

Se e vero che tale crisi consiste, da un lato, nella caduta dei valori deiia cognizione piena, avvilita da tempi e da prassi che ne hanno sowertito l'essenza, e dall'altro nella edatizzazione della cognizione sommaria, appare chiaro che il prowedimento anticipatorio in que- stione non contrasta ne l'uno ne l'altro profilo di crisi. Di certo non pub parlarsi di contributo al recupero dei valori del processo ordi- nario, se si prevede che proprio dal seno di questo

-

senza altro r e quisito che quello della a probabilita W

-

possa scaturire una forma cosl estremizzata di provvedimento anticipatorio; e tanto meno di con-

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tributo al recupero della specificita della tutela sommaria, se e carat- teristica del prowedimento predetto proprio l'estraneita alla selezione di valori da cui quella specificith dovrebbe discendere.

La riflessione consiliare e dunque sfociata, sul punto, in un avviso negativo. I1 gruppo di studio costituito presso il C.S.M. ha peraltro sondato Ia possibilita di un provvedimento anticipatorio alternativo ri- spetto a quello ritenuto inaccettabile ed e alla fine pervenuto alla pro- posta di un modello di condanna con riserva, per la cui costruzione si rinvia agli allegati. In precedenza era stata invece ipotizzata un'or- dinanza esecutiva da emettersi ad istruzione chiusa, ma tale soluzione, seppure non e logicamente in contrasto con la funzione anticipatona attribuita ai provvedimento (sussistendo pur sempre un lasso di tempo apprezzabile fra la fine deil'istruttoria e il deposito della sentenza), appare troppo scopertamente collegata ad un problema (il famoso

r d o di bottiglia W del momento decisorio) che dovrebbe trovare piu diretta soluzione attraverso un cambiamento nella concezione del do- cumentmsentenza e del suo stile (almeno in primo grado). Ma di cio sara detto fra poco.

14. Sul modo di pronuncia della sentenza il disegno si intrattiene in due luoghi: nel penultimo comma dell'art. 180 (nuovo testo) e nello ultimo comma dell'art. 184 (nuovo testo) rispettivamente relativi aila ipotesi di causa matura per la decisione senza istruttoria e di esauri- mento dell'istnittoria. In entrambi i casi e previsto che il giudice, neil'udienza stessa, inviti le parti alla discussione orale e pronunci la sentenza (evidentemente con lettura pubblica del dispositivo), che dovra poi essere depositata in cancelleria, integrata daila motivazione, nei quindici giorni successivi (art. 280). In entrambe le ipotesi predette e pero anche prevista la possibilith che il giudice inviti le parti a trattare brevemente per iscritto le questioni di cui ritenga necessario un approfondimento, fissando, non oltre 45 giorni, una nuova udienza Tale trama procedimentale, sostanzialmente coincidente con quella del rito del lavoro, incontra il favore del Consiglio, salvo qualche isolato atteggiamento pessimistico circa i'utiiita della discussione orale.

Piu variegate proposte circa le modalitii di pronuncia delia sen- tenza sono emerse nell'arnbito del gruppo di studio anche perche tale gruppo ha mantenuto aperto il problema della conservazione della figura del giudice istruttore nei casi di riserva di collegialita (cfr.

supra, n. 7). In questo quadro e stato previsto che ove le parti, nel passaggio della causa dali'istruttore al collegio, non chiedano la discus- sione orale, debba eliminarsi l'attuale vuoto simulacro dell'udienza di spedizione e procedersi senz'altro alla decisione in camera di consiglio, previo lo scambio degli scritti conclusionali. D'altra parte, quando si veritica la discussione orale, la effettivitCt di questa va garantita dalla immediata pronuncia della sentenza, mediante lettura del dispositivo nella stessa udienza. Infine viene proposta, con riferimento al giudizio di pretura, la possibilita che il giudice non si limiti alla lettura del dispositivo ai termine dell'udienza di discussione, ma proweda anche

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ad esternare la contestuale motivazione, da dettarsi direttamente a verbale.

Quest'ultima previsione (riferita al giudizio pretorile ma forse su- scettibile di qualche estensione) offre il destro a talune considerazioni che i1 Consiglio ritiene di non secondaria importanza, pur dandosi anche carico

-

per mantenere un giusto rapporto fra ottimismo delle ipotesi e limiti della realta

-

di qualche reazione di scetticismo che si e verificata.

Quando il giudice e investito di seri poteri direttivi e realmente li esercita; quando egli e coinvolto insieme alle parti in un comune con- traddittorio che mira a sfrondare l'inutile e ad identificare, in fatto e in diritto, il vero a nocciolo s della contesa; quando i fascicoli, non invasi dalle profluvie della trattazione scritta, rimangono oggetti leg- gibili e non degradano a inaffrontabili monumenti di archeologia;

quando la prova orale, assunta unitariamente e contestualmente, e appena esaurita nel momento in cui il giudice decide e i risultati di essa sono vivissimi nel ricordo e nella coscienza di tutti i presenti;

quando si verificano tali condizioni, non e impensabile che il giudice sia in grado non solo di pronunciare il dispositivo, ma anche di wr- redarlo di una motivazione, succinta come la vuole la legge.

Non e detto che cib debba diventare la regola; anzi l'ipotesi 8 probabilmente da scartare a priori per tutte le sentenze di secondo grado. Ma per una certa percentuale di processi di primo grado (ma- gari i piu lineari, il che non vuol dire bagatellari) la novita potrebbe avere uno spazio pratico. E tanto piii lo avra quanto piu chiara diven- tera, nella cultura dei giudici, la concezione di cio che la sentenza deve essere: non un documento avulso dal processo, vivente di vita propria, e nel quale, quindi, tutto deve essere raccontato e analizzato anche indipendentemente dalle reali necessita argomentative sulle quali il giudice ha finito per puntare; e soprattutto non una a difesa B (sorretta da tutti i motivi possibili, come deve fare l'avvocato che non sa quale tra essi sara piu gradito o meglio compreso) della decisione presa, ma un .r rendiconto di cio che si e pensato per giungere a tale decisione. Cio consentirebbe uno stile sobrio e discorsivo, articolato in proposizioni semplici perche essenziali e convinte: e dunque potrebbe non essere inesigibile che i1 giudice tentasse la prova della dettatura a verbale.

I1 problema del a colio di bottiglia v della decisione (o meglio:

dell'autonoma e paludata scritturazione del documento-sentenza), che e una delle cause principali della crisi delIa giustizia civile, sarebbe per

tai via alleggerito. Si tratterebbe, del resto, non di un mero espediente tecnico, ma di un fatto culturale: da un lato perch6 una simile forma di sentenza non sarebbe concepibile se il processo stesso, nel suo in- sieme, non cambiasse, realizzando le condizioni sopra evidenziate;

dall'altro perche, in tale prospettiva, la sentenza non sarebbe pih la sola unita di misura della dignita lavorativa del giudice, ma divente- rebbe Parte di un piu ampio spettro di riferimenti valutativi.

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15. I1 aisegno di legge (nuovo testo dell'art. 282) prevede la im- mediata esecutivita della sentenza di primo grado, generalizzando un orientamento gia manifestatosi per alcuni importanti settori (lavoro e previdenza, indennita assicurative in tema di infortunistica da circola- zione, ecc.). E' prevista la sospensione deli'esecuzione a quando dalla stessa possa derivare ail'altra parte gravissimo danno D ed il relativo potere b affidato al giudice d'appello. La sospensione pub essere anche paniale.

il gruppo di studio ha valutato favorevolmente, con la perplessita di qualche componente, la generalizzazione deli'esecutivita, ma ha rila vato che ad essa dovrebbe corrispondere La modifica del secondo comma dell'art. 336 C.P.C., da riportarsi al testo originario del 1942 che non richiedeva il passaggio in giudicato della sentenza di riforma per la produzione degli effetti contemplati dalla norma stessa: modifica oltre- tutto opportuna (come sara detto a tempo debito) per elimuiare uno dei possibili incentivi al ricorso per tassazione. Nel gruppo si

t

inoltre

ritenuta inadeguata la indicazione del a grirvissimo danno D come mica ragione di sospensione e piu rassicurante

-

a salvaguardia dell'inte resse del soccombente

-

una formula (che potrebbe essere quelia dei

a gravi motivi D) inclusiva dell'apprezzamento del e fumus D di fonda- tema deli'appello.

Piu

variegate posizioni sono emerse nel dibattito consiliare. Ac- canto a quelle, maggioritarie, che hanno rivendicato alla sentenza di primo grado un ruolo forte nell'economia del processo perche il primo grado b il luogo di piu significativo impatto fra e jurisdictio D e e res judicanda D, e a quelle che hanno preso atto di una linea di tendenza che ha ormai tolto. gi8 nel diritto vigente, m t t e r e di eccezione alla immediata esecutivita, sono emerse posizioni decisamente critiche verso la ralizzazione di quest'ultima.

T a l m si

t

limitato ad evidenziare i possi'bili pericoli pratici della scelta, suggerendo un correttivo secondo cui la immediata esecutivita potrebbe abilitare ail'inizio ma non alla conclusione deli'esecuzione forzata, in pratica al pignoramento ma non d a liquidazione dei beni.

Si b pero obiettato che il correttivo (peraltro inapplicabile nel campo delle esecuzioni in forma specifica) si risolverebbe nel fare della con- danna di primo grado un titolo di automatica legittimazione ad un equivalente del sequestro conservativo (indipendentemente dal pericolo nel ritardo) in attesa del a vero titolo esecutivo D rappresentato dalla sentenza di appello.

Altri ha richiamato una diffuss contrarieta della classe forense e ha precisato che la generalizzazione della esecutivita potrebbe essere interpretata come sfiducia nel decolio della riforma, la quale, puntando ad una rapida definizione

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grazie alle preclusioni

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del primo grado di giudizio, e ad un ancor piu rapido esaurimento del giudizio di a p pello, non dovrebbe aver bisogno di far conto altresi sulla esecutivita della sentenza di primo grado, che si risolverebbe pertanto in un ec- cessivo sacrificio per il soccombente.

(19)

La questione e passata anche attraverso il problema dei c nova D in appello, per cui ali'esame di tale ulteriore profilo e condizionata la chiusura del resoconto di opinioni sul punto ora in esame.

16. Quanto ai c nova in appello, nulla il disegno cambia nell'at- tuale art. 345.

Si tratta

-

come si ricordera

-

di un problema assai sofferto, dilemmaticamente rimasto aperto nel progetto Liebman e poi risolto dal disegno di legge delega nel senso deila ammissibili6 dei c nwa D.

In termini di coerenza alla delega e spiegata appunto la posizione della novella in esame.

Tale scelta ha trovato scarso consenso nel dibattito consiliare.

Unica consideiazione favorevole b stata quella che il rinvio della difesa ad altro tempo puo essere sospettato di preordinazione a l l ' i n q h mento del contraddittorio in un processo come l'attuale, mentre il sistema delle preclusiod e la esecutivita deila sentenza di primo grado rendono per un verso impossibile l'inquinamento del contraddittorio neli'ambito del primo grado e per altm verso estremamente irnpre babile una tattica che riservi e d o d e prove per l'appello.

VZ

del vero in tale discorso; ma e anche vero che il processo e un sistema e in un sistema le singole parti si tengono l'una con l'altra, per cui si pub ben dire che la razionalinazione del primo grado rende meno probabile l'uso dei c n o v a ~ in appello, ma si puo anche dire che il divieto dei c nova D serve a r a f F o m la razionalizzazione del primo grado.

La massima parte dei Consiglieri si e pronunciata in senso con- trario ai c nova D perche in essi ha scorto, rispetto alle altre parti piu qualificanti del disegno, una contraddizione. Come e stato detto in dot- trina, un legislatore che istituisca un primo grado privo di preclusioni libero tanto di introdurre un appeilo c chiuso D quanto di consentire i a nova D, ma quando il primo grado e segnato da un sistema di p r e clusionf, come nel disegno in esame, l'apertura a nuove eccezioni e a nuove prove in secondo grado costituisce una inaccettabile incoerenza, perche trasforma in una paralisi temporanea (non si puo piu ora, ma si potra di nuovo in appello) cio che deve essere una d d e n t a , per sua natura definitiva. Come osservo Francesco Carnelutti, e se la parte potesse liberamente fare in appello tutto cio che non ha fatto in primo grado, anche quando un termine perentorio sia stato assegnato al suo fare, e chiaro che tutto il sistema di stimoli alla sua azione, sui quali e fondato il processo civile, riuscirebbe sconvolto D.

La inaccettabilita delle conseguenze, che discenderebbero dalla coe- sistema di preclusioni in primo grado e c nova D in appello, e stata acutamente sottolineata: nel caso di eccezioni o prove tardive il giu- dice dovra, in base al sistema di preclusioni, pronunciare una sentenza di un certo tipo, allo stato c giusta D, ma con la consapevolezza che essa e destinata alla riforma in appello perche cambieranno le a regole del gioco D rispetto al momento della prima decisione. Si tratta di una apona grave, produttiva di sfiducia e di disorientamento, certamente

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