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C APITOLO II

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Academic year: 2021

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C

APITOLO

II

I palazzi pretori di Certaldo e Castelfiorentino

1.

L’aspetto attuale

In posizione emergente rispetto al centro cittadino, la mole del pretorio di Certaldo si erge nel punto di intersezione tra i due assi principali del paese, la via Boccaccio e la via del Rivellino (fig. 1)1. La sobria facciata in mattoni, sormontata da merli ed affiancata da una

bassa torre, è interamente costellata di stemmi araldici e targhe, apposti dai vicari che si sono avvicendati per quasi quattro secoli. La compattezza della cortina è rotta da due file sovrapposte di tre finestre ciascuna, le più alte delle quali sono però tamponate. Antistante il palazzo e spostata verso destra, si trova una loggia sorretta da pilastri in mattoni, recante tracce di affreschi (fig. 2).

Sulla sinistra è il portale d’ingresso, dal quale si accede ad un atrio di forma irregolare, coperto a volta e dipinto con stemmi ed iscrizioni.

Sulla parete destra si apre una porta in pietra serena che conduce alla “sala delle udienze”, coperta a volta ed affrescata; da questa si passa ad un piccolo andito tramite cui si accede ad un locale voltato facilmente identificabile come prigione dalle antiche iscrizioni dei reclusi. A destra dell’atrio si trova invece la “camera del cavaliere”, anche questa affrescata, corredata da un caminetto e da un piccolo armadio in pietra e scavato nel muro ad uso di cassaforte. Nel cuore del palazzo, in corrispondenza dell’ingresso principale, è un ampio cortile (fig. 3) attorno al quale l’edificio si sviluppa su due livelli. Nel corpo ubicato a destra si apre la cappella, poi l’ampia sala dei “dieci di balia” da cui si accede per un porta interna alla cosiddetta “stanza dei tormenti” e tramite un’altra porta ad un giardino, prima destinato ad orto.

Continuando il giro del cortile si passa ad uno stretto corridoio che conduce ad un piccolo vestibolo che fungeva da anticamera alle prigioni criminali, tre piccole stanze coperte a volta,

1 Per una descrizione approfondita del palazzo pretorio di Certaldo vedi in particolare: CIONI,1902, pp. 75-8;

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una delle quali ricavata alla base del torrione delle mura certaldesi congiunte al palazzo. Il corpo di fabbrica orientato a settentrione è preceduto da un loggiato a tre archi disuguali oltre il quale è una stanza anticamente destinata a stalla e ad essa contiguo un altro ampio locale dove si trovavano le prigioni delle donne, che reca tracce di una scala tramite cui si saliva ad un mezzanino dove si trovavano una cucina e una dispensa. Da questa stanza per una stretta scala si scende in un vano sotterraneo circolare coperto a volta, privo di luce ed umido, anticamente usato come segreta, successivamente riconvertito ad uso di cantina. Sul quarto lato, oltre l’accesso ad un secondo orto, un’elegante scalinata addossata alla parete si divide in due rampe divergenti. Salendo a destra si giunge ad una loggia coperta affacciata sul cortile e due sale piuttosto ampie, una delle quali affrescata.

Percorrendo la rampa sinistra della scala si arriva ad un “ridotto” collocato in corrispondenza dell’atrio voltato del pianterreno; dalla porta a destra si accede al cosiddetto “scrittoio del vicario, mentre a sinistra alla grande “sala del vicario”, dotata di tre finestre affacciate su via Boccaccio e ricoperta di dipinti ad affresco piuttosto danneggiati.

Sulla parete opposta alle finestre una porta conduce all’antico appartamento del vicario composto da tre camere susseguenti, la prima arricchita da un caminetto in pietra serena datato al 1488, le altre due destinate ad anticamera e camera da letto. Infine da quest’ultima, scendendo due scalini si arriva alla “camera delle serve”.

Oggi il palazzo è quasi completamente visitabile e in una ristretta porzione del pianterreno sono esposti alcuni reperti archeologici romani ed etruschi provenienti dal territorio.

Il pretorio di Castelfiorentino coincide con l’attuale palazzo del municipio affacciato su piazza del Popolo e lambito ai lati dalle odierne via Tilli e via Adimari (fig. 4). L’edificio è composto da un livello seminterrato, pianterreno, primo e secondo piano ed occupa una buona parte del lato lungo della piazza, contraddistinta da una forte inclinazione. Gli ambienti ospitano parte degli uffici comunali e il centro per l’impiego; la corte interna occasionalmente funge da spazio scenico durante la stagione estiva.

Su una parete dell’ufficio del sindaco al primo piano si trova un affresco attribuito alla scuola di Benozzo Gozzoli, raffigurante Santa Verdiana in atto di nutrire delle serpi (fig. 7) e datato da un’iscrizione sottostante al 1490. La stessa informa che il dipinto venne commissionato

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dal Podestà Jacopo Peri, probabilmente per ringraziare la santa di averlo guarito da un male all’inguine a seguito delle preghiere a lei rivolte2.

In occasione dei recenti lavori di ristrutturazione a cura dell’ufficio tecnico comunale, intorno alla raffigurazione di S. Verdiana santa sono riemersi alcuni stemmi araldici quattrocenteschi, probabilmente coevi, a testimonianza dell’antica funzione pubblica del palazzo (fig. 7)3. Le

armi, corredate da iscrizioni, si dispongono lungo la parete dell’ufficio proseguendo senza soluzione di continuità nell’adiacente sala della giunta, chiara dimostrazione del fatto che i due ambienti costituivano originariamente un’unica aula con funzioni di rappresentanza. Sullo stesso piano la “sala rossa”, adibita a spazio assembleare, ospita alcune lapidi ottocentesche prelevate dalla facciata a scopo conservativo4. Sulla parete opposta è

presente un ampio affresco celebrativo realizzato dall’artista contemporaneo Marcello Mori, che illustra una sintesi della vita castellana5.

Ancora nel corso di alcuni restauri novecenteschi è stata rinvenuta nella cornice in pietra di una delle finestre in facciata del pianterreno, un’iscrizione contenete un nome, uno stemma assai logoro e la data 1622 (fig. 5).

Sul tetto, in corrispondenza del portone centrale d’ingresso, si trova una torretta campanaria con l’orologio, le cui ore sono battute dalla caratteristica statuetta del “Membrino”, raffigurazione del ragazzino protagonista di una leggenda locale di origini cinquecentesche (fig. 6)6.

2.

Cenni storici

Si ritiene che la parte più antica del palazzo pretorio di Certaldo sia la struttura quadrilatera antistante, costruita intorno alla fine del XII secolo (fig. 1)7. Identificata con l'antica dimora

2 Al di sotto dell’affresco si legge: “HANC BEATAM VERDIANAM FECIT IACOBUS ANTONIUS DE PERIS PODESTAS

MCCCC90”. Vedi Benozzo Gozzoli in Toscana, 1997, pp. 113-115; NICCOLI,1982, p. 72.

3Vedi A

LLEGRI -TOSI, 2005, p. 80.

4 Sulla facciata rimangono alcune lapidi ad esempio in onore di Giuseppe Garibaldi, Vittorio Emanuele II,

Umberto I, del soldato ignoto sepolto in Campidoglio. Per le lapidi, iscrizioni, epigrafi presenti nel palazzo comunale e in tutto il territorio di Castelfiorentino vedi: RAGIONIERI -RISTORI, 2013.

5Vedi A

LLEGRI -TOSI, 2005, p. 82.

6 Per la leggenda del Membrino vedi ALLEGRI -TOSI 2005, pp. 83-87 e MONTANELLI,1999, pp. 65-73.

7 Per la storia del palazzo pretorio di Certaldo vedi: Opere d’arte e ricordi storici di Certaldo, 1895, pp. 3-11;

CIONI,1902, pp. 75-97; CIONI,1906; GIANCHECCHI,2004-2005; Certaldo alto, studi e documenti, 1975, pp. 226-281; ALLEGRI -TOSI, 1978; MORI, 2006, pp. 28-35; CASTELLUCCI,-BARGELLINI, 1991, pp. 21-32; Storia di Certaldo dalle

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dei conti Alberti, primi feudatari di Certaldo e delle terre limitrofe, in origine doveva avere l'aspetto di un edificio piuttosto semplice, munito di torre e con un cortile attiguo su cui si affacciavano gli ambienti di servizio.

Tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo la cittadina entra a far parte del dominio fiorentino e a partire dal 1420 è sede del Vicariato di Val d'Elsa e Val di Pesa. Per far fronte alla nuova destinazione d’uso il palazzo degli Alberti viene ingrandito per ospitare il vicario con la famiglia, i suoi ministri e i soldati, estendendosi nello spazio retrostante verso le mura castellane e costruendo una loggia nella parte antistante. La gran parte dell’edificio tuttora visibile fu costruito proprio nel corso del XV secolo.

A seguito delle pesanti devastazioni arrecate dalle truppe senesi e del duca di Calabria nel 1479, il pretorio viene sottoposto ad un lungo restauro durato tre anni.

Nei secoli successivi gli interventi più consistenti riguardano la parte tergale del palazzo, che viene progressivamente congiunta alle mura castellane8.

La soppressione del Vicariato di Certaldo con il motuproprio del 12 giugno 1784 determina la decisione della Comunità di alienare il pretorio e tutti i suoi arredi: i periti muratori Lorenzo Rigatti e Tommaso Tofani vengono incaricati di suddividere l’immobile in tre quartieri e di valutarne il valore del livello ed il prezzo di vendita. Il 28 marzo dell’anno i tre quartieri vengono ceduti a livello perpetuo a Giovanni Pruneti e ai suoi discendenti. Alla Comunità rimangono poche stanze del pianterreno e del primo piano, il pozzo interno e la torre dell’orologio.

Il nuovo proprietario procede con un’ulteriore parcellizzazione dei locali ottenendo ben quindici abitazioni di due o tre stanze ciascuna da affittare alle famiglie dei braccianti del luogo; persino la loggia esterna è tamponata e trasformata in case e botteghe (figg. 8-9)9.

A causa dei pesanti interventi voluti dal Pruneti e alla disinvolta destinazione d’uso degli ambienti da parte dei nuovi inquilini, nel giro di pochi decenni il palazzo raggiunge un

8 I locali del pianterreno ricavati nello spazio di risulta tra il palazzo e le mura, occupati dalle prigioni criminali,

dovevano già esistere nel XVII secolo, dato che le iscrizioni dei carcerati, talvolta datate, testimoniano la loro esistenza. Per quanto riguarda i locali corrispondenti al primo piano, l’inventario del 1633 parla per la prima volta di una “stanza buia”, particolare che presuppone che, in epoca precedente, la costruzione di nuove stanze abbia tolto luce ad una stanza più interna, diventata buia. Vedi GIANCHECCHI, 2005, pp. 58-59.

9 Una fotografia testimonia l’aspetto del palazzo prima dei lavori di restauro del 1895-97: la facciata è

intonacata e priva di merlature; al centro della cortina si apre un’unica grande finestra archi voltata, circondata da altre aperture quadrangolari collocate in posizione asimmetrica; la loggia tamponata contiene le casette dei braccianti (fig. 8).

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impressionante stato di fatiscenza accertato dalla relazione dell’ingegnere comunale Giovan Battista Petrioli, redatta nel 1855 per documentare le condizioni dell’edificio10.

Nel 1866 l’archivio del Vicariato viene ritirato da Castelfiorentino e ricollocato a Certaldo, mentre solo nel 1893, a seguito di due anni di trattative con gli eredi Pruneti-Lotti, riesce a riappropriarsi dell’intero palazzo e ad avviare il recupero dell’edificio11.

L’aspetto attuale del pretorio è frutto di una seconda campagna di restauro avviata nel 1961 a cura della soprintendenza.

La parte più antica del palazzo pretorio, oggi comunale, di Castelfiorentino coincide con quella che fa angolo con via Tilli: si tratta di un’antica costruzione quadrangolare di epoca medievale12, originariamente costituita al pianterreno da quattro ampie stanze coperte da

volte a crociera che diventavano due ampi saloni rettangolari al primo piano13. In seguito il

palazzo si è ampliato verso sinistra occupando tutto l’isolato fino a via Adimari ed assumendo la planimetria riscontrabile in alcune piante settecentesche (tavv. I-II)14.

Allo stato attuale delle ricerche non si dispone di informazioni certe circa le vicende costruttive dell’edificio, tuttavia si può presumere che il palazzo sia stato interamente ristrutturato a seguito di un devastante incendio occorso nel 154415.

Nel 1571 vengono sistemati nella torretta campanaria l’orologio e il cosiddetto “Membrino”, la figura che batte le ore sulla campana16.

10 La descrizione è pubblicata in Certaldo alto, studi e documenti, 1975, pp. 272-278.

11 Vedi MORI, 2006, p. 30. Un’altra fotografia della facciata del pretorio scattata dopo gli interventi evidenzia il

ripristino (in questo caso presunto) delle merlature a coronamento della facciata e della torre e delle due serie di finestre a sesto ribassato corrispondenti sul salone e sul secondo piano (fig. 9).

12 La fisionomia del corpo quadrangolare è ben riconoscibile nelle planimetrie settecentesche (tavv. I-II) come

in quelle attuali dell’edificio. Non è possibile circoscrivere meglio l’epoca di fabbricazione dell’edificio medievale, avendo come unico riferimento cronologico post quem la data del 1195, anno in cui si ha notizia dell’esistenza di un Comune di Castelfiorentino (Storia di Castelfiorenino, 1997, p. 22): un simile evento è infatti collegabile con l’esigenza di disporre di uno spazio pubblico per l’esercizio delle istituzioni cittadine.

13 Vedi ALLEGRI -TOSI, 2005, p. 80.

14 Allegri e Tosi sostengono che l’attuale palazzo è frutto di una sistemazione tardo barocca che ha inglobato

diversi edifici di età comunale. Vedi ALLEGRI -TOSI, 2005, p. 80.

15 Vedi CIONI, 1911, p. 191;ALLEGRI -TOSI, 2005, p. 80; NICCOLI, 1982, p. 72. Nello stesso incendio andarono

distrutti la maggior parte dei documenti conservati nell’archivio ad eccezione di alcuni quaderni, ragione per la quale è ancora più difficile ricostruire la storia del palazzo.

16 Vedi NICCOLI, 1982, pp. 72-73 e 87. L’epoca di cui risale la statuetta del Membrino non è concorde: altri la

ritengono dell’inizio del XVIII secolo (vedi MONTANELLI, 1999, p. 65). Nel dicembre 2012 la scultura è stata

sostituita con una riproduzione realizzata da tre artigiani dell’associazione “All’Ombra di Membrino”; l’originale, particolarmente deteriorato dalla lunga esposizione alle intemperie, è stato sottoposto ad un intervento di restauro ed attualmente si trova esposto nell’atrio d’ingresso del Comune (fig. 6).

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Alla fine del XVIII secolo il palazzo subisce delle importanti trasformazioni e al termine dell’antica scalinata di accesso viene dipinta una Madonna alla quale tutti i sabati viene acceso un lume per ordine del Magistrato cittadino17.

Al 1867 risale un ulteriore intervento di restauro e ampliamento18.

Alcuni lavori sulla struttura della metà del XX secolo hanno portato alla scoperta di un’iscrizione datata al 1622 sulla cornice in pietra di una delle finestre del pianterreno, a sinistra del portone d’ingresso (fig. 5); nella stessa occasione alcune lapidi della facciata sono state smurate e collocate nella “sala rossa” al primo piano del palazzo.

Nel corso dei più recenti lavori di ristrutturazione del 1996-1998 curati dall’ufficio tecnico comunale, nell’ufficio del sindaco e nell’adiacente sala della giunta, sotto tamponature e imbiancature, sono riemersi alcuni stemmi araldici dipinti completamente martellati, collocati intorno al più noto dipinto di Santa Verdiana (fig. 7)19. Molto probabilmente tali

pitture, che grazie al lungo occultamento sotto uno strato di intonaco hanno conservato vividi i colori originari, risalgono ad epoca coeva a quella dell’affresco della scuola di Benozzo Gozzoli20.

Ultimamente il Comune ha acquisito alcuni fabbricati retrostanti il palazzo al fine ricavare nuovi spazi da destinare agli uffici e al centro dell’impiego.

3.

L’analisi della vicenda

Le vicende legate alla verifica e sistemazione dei due palazzi pretori di Castelfiorentino e Certaldo si intrecciano strettamente, tanto che persino nei documenti d’archivio le carte riguardanti Castelfiorentino rimandano all’inserto di Certaldo e viceversa.

Questo principalmente per due motivi: anzitutto tra 1778 e 1779 prende corpo il progetto di ridurre la piccola Certaldo, ormai da tempo in fase di declino, al rango di podesteria minore, trasferendo il Vicariato maggiore nella più florida Castelfiorentino, peraltro già sede della Cancelleria; parallelamente si decide di creare un unico Archivio comunitativo a

17 Vedi NICCOLI, 1982, pp. 72-73.

18 Vedi CIONI, 1911, p. 191; NICCOLI, 1982, p. 73. 19 Vedi ALLEGRI -TOSI, 2005, p. 80.

20 Allegri e Tosi ritengono gli stemmi quattrocenteschi (vedi ALLEGRI -TOSI, 2005, p. 80), mentre l’ex dirigente del

Comune di Castelfiorentino Giovanni Parlavecchia è dell’avviso che questi risalgano ad un periodo compreso tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo e che appartengano ad una mano non banale.

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Castelfiorentino, dove far confluire anche i fondi certaldesi e di Montaione, allo scopo di garantire una corretta conservazione dei documenti ed una rapida consultazione.

Al 13 luglio 1778 risale il partito del Magistrato di Castelfiorentino, deliberato in presenza del giusdicente locale, che approva una serie di interventi da farsi sul pretorio consistenti nell’ampliamento del quartiere del podestà, ma soprattutto nella creazione nel secondo piano del palazzo di un grande archivio a servizio proprio e delle Comunità di Certaldo e Montaione con annessa abitazione del cancelliere e stanza per le adunanze del Magistrato comunitativo. Il rappresentante della Comunità Giovanni Neri viene deputato a predisporre l’esecuzione dei lavori e alla loro sovrintendenza.

Tuttavia il cantiere non riesce a procedere a causa dell’ostruzionismo del nuovo podestà Giuliano Damiani, subentrato ad Anton Maria Braccini il primo febbraio 1779. Adducendo una serie di motivazioni che lasciano trasparire la malcelata intenzione di espandere il proprio quartiere negli ambienti del secondo piano, il giusdicente lamenta la ristrettezza della propria abitazione e l’inerzia della Comunità di fronte alle sue richieste di migliorie, facendo intendere che anche i predecessori avevano subito un trattamento simile.

Negli stessi anni, in una sua lettera rivolta al cancelliere Martini, l’auditore fiscale Brichieri Colombi afferma di aver avuto notizia del fatto che il palazzo pretorio di Certaldo “sia poco stabile e che in conseguenza possa minacciar rovina”21. In previsione di una spesa

esorbitante per rimettere in sicurezza l’edificio, ipotizza la possibilità di trasferire la Vicaria nella città di Castelfiorentino incaricando sia il cancelliere che il vicario Andrea Borrini di stabilire se il palazzo podestarile sia idoneo ad una possibile riconversione e di predisporre una perizia di spesa.

I due ministri reagiscono alla proposta in maniera completamente opposta: il vicario dipinge uno scenario devastante parlando di una situazione irrecuperabile, di una spesa vana e insostenibile e illustra con evidente soddisfazione gli innumerevoli vantaggi apportati dal trasferimento della sua sede a Castelfiorentino, come il fatto che quest’ultima costituisca il vero centro del Vicariato. A sua detta il pretorio di Certaldo si trova in una pessima condizione ed è bisognoso di consistenti interventi, mentre i lavori di adeguamento del pretorio di Castelfiorentino potrebbero essere fatti con circa 3000 scudi di spesa22. Il

21 Vedi Appendice, n. II.13. L’auditore non rivela chi abbia avanzato tali insinuazioni riguardo lo stato rovinoso

del pretorio, ma è logico credere che il responsabile possa essere proprio il vicario Borrini.

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giusdicente non manca nemmeno di gettare una certa dose di discredito sul cancelliere, sicuro di trovare in lui un saldo oppositore ai suoi piani.

In effetti il cancelliere Martini dimostra di essere di tutt’altro avviso quando dichiara all’auditore di aver constatato con i propri occhi che la frana al di sotto del pretorio non è di alcun nocumento al palazzo, essendo vecchia e ormai completamente stabilizzata e per di più notevolmente lontana dall’edificio23. Quest’ultimo, inoltre, non presenta alcun segno di

cedimento, ma solo “qualche piccolo crepolo, che [il vicario] non sa però da quanto tempo vi sia”. Conviene tuttavia sul fatto che sia necessario risistemare i quartieri del vicario e dei due notai civile e criminale, come già si era progettato di fare tre anni prima con spesa di 120 scudi sulla base di una relazione redatta dall’ingegnere Anastagi24.

Pur avendo ricevuto due pareri totalmente contrastanti l’auditore sembra dare completa fiducia al vicario, ignorando le rassicurazioni del cancelliere. Nella sua lettera rivolta al Granduca, Brichieri Colombi sostiene l’inutilità di investire una somma “immensa” nel rifacimento del pretorio di Certaldo data la debolezza del terreno su cui è sito, che lo rende passibile di rovina25. Dunque suggerisce di trasferire la Vicaria nella più popolata

Castelfiorentino, il cui pretorio è adattabile alla nuova destinazione con una spesa di circa 3000 scudi.

Come da prassi la Segreteria di Finanze procede con una controverifica del parere dato dall’auditore fiscale girando la questione al soprassindaco con biglietto del 12 luglio 1779; questi a sua volta, due giorni dopo, si rivolge al cancelliere Martini intimandogli di procedere con un approfondimento.

23 Vedi Appendice, n. II.15.

24 In una lettera databile all’aprile 1777, il vicario Giuseppe Gamucci riferisce che i lavori proposti dall’ingegnere

erano stati ratificati dal soprassindaco e successivamente accettati dal Magistrato cittadino che aveva provveduto ad indicare i costruttori, nominare il capomastro Lorenzo Rigatti come soprintendente e a fare approvvigionamento di materiali (vedi Appendice, n. II.8). Tuttavia i rappresentanti avevano interrotto il cantiere sostenendo di non aver mai avallato tali spese, essendo queste per lo più inutili (Vedi Appendice, n. II.9). La Comunità si dichiarava contraria ad ogni intervento di ampliamento del quartiere del vicario dal momento che il giusdicente disponeva già di una vasta abitazione in buono stato. Ancora più inaccettabile era il progetto di suddividere la grande sala del primo piano al fine di accrescere il numero delle stanze a disposizione, rinunciando ad un così prestigioso spazio di rappresentanza. In definitiva i lavori proposti da Anastagi non erano stati mai realizzati e l’unica concessione da parte della Comunità era consistita nell’acquisto di alcuni mobili, dei quali pure il giusdicente aveva lamentato la scarsità (Vedi Appendice, n. II.2 e II.3). Per l’intera vicenda vedi Appendice, dal n. II.1 al n. II.10.

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Sentiti gli ordini, il funzionario incarica il capomastro Tommaso Tofani di compilare una perizia sulla spesa occorrente per adattare il pretorio di Castelfiorentino a sede di Vicariato26.

Il perito lavora al progetto tra la metà del mese di luglio e la fine del mese di agosto, periodo in cui l’ingegnere Anastasio Anastagi giunge a Castelfiorentino per visitare il pretorio come disposto da regio rescritto del 14 luglio 1777. Il 23 luglio Tofani è ancora in attesa del beneplacito del soprassindaco per procedere con la realizzazione della pianta del pretorio, operazione che ritiene propedeutica alla stesura di una relazione scritta dettagliata27;

sebbene l’autorizzazione non arrivi mai, il capomastro procede ugualmente nella redazione del progetto grafico, comprendente tre planimetrie del palazzo, una per ogni piano, e il prospetto della nuova facciata (tavv. III-VI).

Come riferisce egli stesso, Anastagi visiona il materiale elaborato dal capomastro e, trovandolo più che soddisfacente, nella sua relazione del 1 settembre 1779 si limita a descrivere la pianta e ad apporre le stime di costo per ogni singola voce in concerto con lo stesso Tofani e con il maestro Lorenzo Rigatti28. Ne risulta una spesa complessiva di 5463.5

scudi, ma ipotizzando al contempo che la cifra possa salire fino a circa 5800 scudi.

In adempimento all’incarico ricevuto, Anastagi esegue anche una perizia sugli interventi indispensabili per ridurre in buon grado il palazzo nell’attuale stato di podesteria minore. Dopo aver elencato gli ambienti presenti in ogni piano, passa a descrivere una serie di piccole opere di sistemazione e rifacimento per un totale di lire 1230.13.4.

Nella stessa occasione l’ingegnere visita anche il pretorio di Certaldo. Nella relazione, datata al 30 agosto 1779,29 vengono previste due soluzioni: se si decide di optare per la

sistemazione del palazzo conservandolo nel suo stato di sede vicariale, la spesa da sostenere è da ritenersi pari a £ 4771.17, nel caso invece lo si riduca al rango di podesteria è sufficiente un investimento minimo di £ 145.10.

Fondamentale è la parte introduttiva della perizia, in cui il tecnico esprime la sua opinione circa la stabilità del poggio su cui è ubicato l’edificio. Documentando la situazione per mezzo

26 Vedi Appendice, n. II.20. 27 Vedi Appendice, n. II.18.

28 Vedi Appendice, n. II.22; in particolare “A tutti i Pezzi posti sulle misure rilevate nella Relazione che il Tofani

ha accompagnata con le piante suddette, e con il prospetto della facciata di quella Fabbrica con seria considerazione, vi sono state poste le somme di concerto con l'istesso Tofani, con il muratore Lorenzo Rigatti, e mio”. L’unica osservazione dell’ingegnere riguarda il quartiere del notaio civile dove viene proposto di ricavare due alcove nello spazio di una camera.

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di un disegno (tav. VIII), Anastagi rileva come la vecchia frana sia distante dalla fabbrica del pretorio circa 84 braccia e costituisca tutt’al più una minaccia per l’orto della vicina prepositura, che tuttavia rimane intatto, eccetto un pezzo delle mura castellane che lo delimitano. Inoltre è possibile constatare come le acque del fiume Agliena, vera causa della frana, col passare degli anni abbiano allontanato il loro corso dalle pendici del poggio, creando un terrapieno attualmente coltivato. Per allontanare definitivamente il pericolo dell’erosione provocata dalle correnti, basta fare qualche pescaia di legname e seminare lungo gli argini alcune piante che con le loro radici aiutino a trattenere il terreno.

Infine, dopo aver affermato che il pericolo di rovina del pretorio è più che remoto, Anastagi confuta l’affermazione avanzata dal vicario riguardo la centralità di Castelfiorentino nel Vicariato, sostenendo che al contrario la cittadina si trova ad un’estremità.

Sulla base di queste tre relazioni, tenendo conto del parere autorevole dell’ingegnere Anastagi e della propria ispezione oculare, il cancelliere Martini è in possesso di tutti gli elementi per dimostrare al soprassindaco Nelli l’irragionevolezza della proposta di trasferimento della sede vicariale avanzata dall’Auditore fiscale, contestando una ad una le tesi apportate da quest’ultimo30. In particolare alla lettera viene allegata una pianta

dimostrativa del Vicariato da lui commissionata al perito muratore Rigatti al fine di ribadire la centralità di Certaldo nella circoscrizione (tav. VII); vengono dunque smascherate le motivazioni venali dell’ambizioso giusdicente che, esercitando le proprie funzioni in una terra ricca e popolata come quella di Castelfiorentino, si sarebbe certamente garantito prospettive di maggiore guadagno.

Martini accenna poi al fatto che il progetto di ristrutturazione ed ampliamento del pretorio di Castelfiorentino avrebbe enormemente danneggiato le attività di due commercianti, detentori di alcuni spazi a livello dalla Comunità31 e ancor più inficiato il progetto di

realizzazione dell’archivio comunitativo, dell’abitazione del cancelliere e della sala delle adunanze del Magistrato nel secondo piano dell’edificio, già in corso d’opera.

Avallando le osservazioni di Martini, il 24 settembre 1779 il soprassindaco trasmette l’intero fascicolo al Granduca; Nelli argomenta il suo parere negativo al trasferimento della Vicaria, mettendo in luce soprattutto la sensibile spesa che andrebbe a gravare sulle Comunità interessate, a fronte dei danni arrecati ad alcuni commercianti e alla perdita degli spazi della

30 Vedi Appendice, n. II.24.

31 Per la supplica che i due commercianti Simone Ricciolini e Nicola Bastianoni rivolgono al sovrano vedi

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scuola32. Chiede dunque l’approvazione sovrana per mantenere la situazione in essere e

acconsentire alle sole spese di sistemazione dei due pretori pari a £ 4771.17 per Certaldo e £ 1230.13.4 per Castelfiorentino, come previsto dalle relazioni di Anastagi.

A seguito del rescritto di assenso del successivo 2 ottobre, Nelli intima al cancelliere di partecipare al Magistrato cittadino le determinazioni prese e dare inizio ai lavori secondo le perizie tecniche e con l’assistenza del provveditore di strade, ricordando l’intera normativa recentemente emanata circa la ripartizione delle spese33.

Nel contempo viene intrapresa la ristrutturazione del secondo piano, approvata con partito del 13 luglio 1778. Tuttavia una lettera del soprassindaco del 4 settembre 1780 rivolta alla Segreteria Reale e una successiva comunicazione del Cancelliere Giuseppe Maria Marbinucci34 riferiscono che i lavori per nuovo archivio sono bloccati a causa dell’avversione

del nuovo podestà in carica Giuliano Damiani35. Il giusdicente infatti sostiene di non voler

rinunciare alla quiete di cui gode essendo costretto a soffrire il rumore dei passi nelle stanze del piano superiore, le quali per altro gli sono indispensabili per tenere la frutta e per stendere il bucato. Il cancelliere riferisce inoltre come, dopo la visita dell’Ingegnere, il ministro abbia provveduto in segreto a mettere la serratura a due delle porte del secondo piano e come adesso pretenda che la Comunità rinunci ai locali suddetti e anzi gli costruisca un accesso a suo comodo.

Il cantiere riprende solo nell’agosto del 1782 a seguito dell’intervento risolutore dell’auditore fiscale, il quale, su richiesta del soprassindaco, intima a Damiani la collaborazione36.

Gli interventi al palazzo pretorio di Castelfiorentino vengono ultimati tra il 1780 e il 1781, come riportato in una lettera del 12 luglio 1784 dell’aiuto cancelliere Vannucchi37 scritta in

risposta al soprassindaco Mormorai. Nondimeno è ancora necessario qualche piccolo aggiustamento: modificare il sito della carcere perché “poco sicura, angusta, e senza bottino” spostandola nella stanza del banco, che a sua volta può essere trasferito in un locale contiguo e ridurre la dimensione di tre grandi finestre che sono “al piano della sala a

32 Vedi Appendice, n. II.27. La spesa necessaria per l’adattamento del pretorio di Castelfiorentino si aggira sulle

40.600 lire. Vedi Appendice, n. II.24.

33 Vedi Appendice, n. II.28.

34 Vedi Appendice, n. II.26, n. II.32 e n. II.33.

35 Giuliano Damiani succede a Antonio Maria Braccini il primo febbraio 1779. Vedi Appendice, n. II.19. 36 Vedi Appendice, n. II.34 e n. II.35.

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colonnini”38 per diminuire il freddo e porle in simmetria con le nuove finestre della fabbrica.

A tal fine si prevede la spesa di circa 150 scudi.

D’altro canto non esiste un’analoga comunicazione che assicuri circa l’esecuzione dei lavori al pretorio di Certaldo39. Questo perché, vista la sopravvenuta soppressione del Vicariato con

motuproprio del 12 giugno del 1784 e la conseguente decisione della città di affittare o alienare l’immobile a privati cittadini40, non si ha più la necessità di accertarsi sulla

sistemazione del pretorio.

Ciò nonostante, alcuni passi della Descrizione del palazzo vicariale redatta dall’ingegnere Petrioli nel 185541, poco prima che il Comune di Certaldo si riappropri dell’edificio,

testimoniano che gli interventi prescritti erano stati effettivamente realizzati. Nella descrizione si legge ad esempio che sul lato sinistro dell’atrio del pretorio si trova uno stanzino “il quale si dice che servisse di passare onde accedere nella Carcere Pubblica mediante una bassissima porta che attualmente vedesi murata”42. Tale locale è sicuramente

identificabile con un piccolo passare progettato dall’ingegnere Anastagi43.

Inoltre nella contigua stanza facilmente riconoscibile nell’attuale “camera del cavaliere” Petrioli descrive un altro “piccolo stanzino impiantito ed a palco il quale serve per uso di capanna”: si tratta di un vano destinato a dispensa ideato dallo stesso ingegnere nel sito del vecchio banco del notaio criminale44.

Proseguendo ci si accerta poi che la scala in legno all’interno della torre dell’orologio è stata rifatta45, come stabilito nella relazione di Anastagi.

Per fare un ultimo esempio, Petrioli riferisce che “sotto la Loggia ed a contatto dell’ultima descritta Stalla vi è una Porta priva di affisso la quale mette in un piccolo passare per il quale

38 Appendice, n. II.36.

39 Esistono solo una serie di lettere dell’agosto-settembre 1781 che documentano la decisione di demolire due

camini, sistemare la cappa di quello del notaio civile, verificare le condizioni dei tetti e sistemare l’uscio della porta d’ingresso dell’appartamento del vicario per una spesa di £ 35.10. É interessante il fatto che i due camini siano da demolire perché divenuti inutili “essendo stati rimurati”; questo indica chiaramente che sono stati fatti dei lavori. Vedi Appendice, n. II.29, n. II.30 e n. II.31.

40 Vedi infra, § 2.

41 La descrizione è pubblicata in: Certaldo alto, studi e documenti, 1975, pp. 272-278. 42 Certaldo alto, studi e documenti, 1975, p. 273.

43Cfr. infra, § 4.

44 Tale ipotesi è rafforzata dal fatto che Petrioli prosegue affermando: “dai vecchi del luogo intendo che tanto

questa stalla [la “camera del cavaliere”] quanto il Capannino che lo stanzino antecedentemente descritto formavano tutta una Stanza la quale serviva per il Banco del notaro Criminale” ed infatti questa era la destinazione assegnata alla stanza dalla relazione di Anastagi. Vedi Certaldo alto, studi e documenti, 1975, p. 273 e infra, § 4.

45 “Questa Torre [del Pubblico Orologio] contiene in se n° 4 Scale di Legno mediante le quali si può salire nella

sommità ove per mezzo di una botola si passa nel ripiano su cui riposa il Castello dell’Orologio”.Certaldo alto, studi e documenti, 1975, p. 274. Cfr. infra, § 4.

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si accede al quartiere locato a Luigi Mannucci. Già quartiere del sopra-stante”; dal passare, salendo una scala e svoltando a sinistra si accede ad “vastissima e nera cucina”, mentre svoltando a destra si passa ad una camera in cui “il Soprastante poteva affacciarsi ad un finestrino che ora è murato dal quale vedeva tutti i Carcerati che si trovavano nelle segrete”46. La descrizione richiama palesemente il quartiere del soprastante ricavato nel

mezzanino del corpo settentrionale dell’edificio, nelle stesse forme in cui lo progetta Anastagi nel 1779.

4.

I progetti

Il primo progetto per la sistemazione del pretorio di Castelfiorentino viene elaborato dal muratore Tommaso Tofani e consiste in una relazione scritta corredata da tre planimetrie a colori, ciascuna per ogni piano del palazzo, e da un disegno della facciata (tavv. III-VI)47.

Tofani riceve l’incarico dal cancelliere Martini nel luglio del 1779 su istanza del soprassindaco, che gli chiede di approntare una perizia per l’eventuale trasformazione del palazzo podestarile di Castelfiorentino in sede di Vicariato, al fine di valutare la validità della proposta avanzata dall’auditore fiscale.

Considerato lo scarso spazio a disposizione per ricavare i quartieri per il vicario, per i due notai civile e criminale e l’abitazione per il soprastante e tenendo conto dell’impossibilità di valersi del secondo piano del palazzo, già destinato alla realizzazione dell’archivio, dell’abitazione del cancelliere e della sala delle assemblee del Magistrato cittadino, il perito muratore vaglia la possibilità di utilizzare gli spazi del pianterreno occupati dalla scuola pubblica e dall’archivio (ricavato nel soprastante mezzanino) e quelli concessi in affitto al fornaio Simone Ricciolini, che vi ha ricavato la sua bottega e il magazzino delle merci, come pure di acquistare una parte del confinante orto dello stesso commerciante, in parte da edificare e in parte da destinarsi a cortile.

Nella relazione vengono descritti gli ambienti destinati a comporre i tre piani dell’edificio indicando per ciascuno la destinazione, le opere murarie da realizzare oppure gli interventi di sistemazione delle strutture preesistenti, infine la stima dettagliata dei costi.

46 Certaldo alto, studi e documenti, 1975, p. 275. Cfr. infra, § 4. 47 Vedi Appendice, n. II.20.

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Segue un calcolo distinto della spesa da sostenere per “i pietrami”, per la facciata, per le vetrate e imposte, per i “ferramenti”, per lo scavo delle fondamenta e per gli intonaci.

Nella parte finale vengono valutate anche le somme previste per il rimborso dell’affittuario della Comunità Simone Ricciolini nonché il danno causato dalla perdita del canone del livello e la spesa per stabilire il sito per la scuola pubblica in altro luogo.

Considerando quindi l’esborso di lire 25650 per l’adattamento dei tre piani del palazzo, di lire 2521 per il materiale lapideo interno ed esterno, di lire 4187 per imposte e vetrate, di lire 1645 per “ferramenti”, di lire 1400 per escavazioni ed intonaci esterni, di lire 180 per rimborso a Ricciolini e lire 2660 per l’interruzione degli affitti e la nuova scuola, il costo finale del progetto ammonta a 38246 lire, equivalenti a 5463.5 scudi.

L’intera parte sinistra del primo piano del palazzo (tav. IV) è riservata al quartiere del vicario48: salite le due rampe dello scalone principale si accede ad una “galleria” stretta e

lunga che termina alle testate con due terrazzini che prospettano rispettivamente sulla facciata e sul cortile interno al palazzo. Tramite un “andito” si entra a destra in un piccolo vestibolo (con una soprastante camera) dal quale si passa ad uno stanzino adibito a spogliatoio e al gabinetto, mentre a sinistra si trovano la stanza d’udienza coperta a volta e una camera a “volterrana” con suo terrazzino. Il corridoio prosegue immettendo in un’ampia sala voltata con due finestre, una delle quali corredata di terrazzo; l’adiacente salotto comprende un caminetto e due finestre; da questo si passa ad un’anticamera con due “alcove” voltate sopra cui è collocato un ambiente ad uso di dispensa, funzionale alla vicina cucina. Quest’ultima è dotata di caminetto incassato nel muro e acquaio; su un lato una scaletta consente l’accesso alla camera della servitù, ricavata su un piano soppalcato sopra la cucina49.

Il vicario può inoltre contare su alcuni locali del pianterreno (tav. III) consistenti in una stalla affacciata sulla strada di Borgo Nuovo, una rimessa e tre “cellette”, una delle quali ricavata su un soppalco dell’attigua cantina del cancelliere e le altre due situate nella parte opposta del palazzo affacciate sulla strada detta “de’ preti”50.

Il quartiere del notaio criminale occupa la restante parte del primo piano del pretorio e si compone di un ampio salotto coperto a volta con un caminetto e due finestre, due camere contigue di cui una affacciata sulla piazza, corredata da un piccolo spogliatoio soppalcato e

48 Per una più immediata comprensione della destinazione degli ambienti del palazzo vedi figg. 8-11. 49 Probabilmente tramite la stessa scaletta si accede anche alla dispensa.

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gabinetto; dal salotto si accede poi alla cucina e da quest’ultima ad una stanza per la servitù. A pianterreno, a sinistra dell’ingresso principale, è collocata la stanza del banco, coperta “a volterrana”. Infine al notaio sono accordati due piccoli spazi ad uso di magazzino per la brace e dispensa, ricavati nel sottoscala.

L’abitazione del notaio civile è interamente ubicata al pianterreno nella parte sinistra del palazzo e consta di una stanza per le udienze comunicante con la piazza, voltata e provvista di una panca murata in pietra; il contiguo banco civile è fornito di un piano soppalcato. Nell’angolo meridionale del palazzo si trova la cucina con il caminetto incassato nello spessore del muro e l’acquaio. Da qui parte una scala in pietra, sotto la quale è ricavato il gabinetto e al di sopra una piccola dispensa; tramite questa salita si raggiunge una camera, anch’essa voltata, dotata di una finestra sulla facciata del palazzo. Nel mezzanino al di sopra della stalla e della rimessa del vicario sono sistemati rispettivamente il salotto del notaio civile e l’alcova. Adiacenti a quelli destinati dell’altro notaio sono gli stanzini da utilizzare come dispensa e magazzino per la brace.

L’abitazione del soprastante, il guardiano della prigione, è composta da due camere e una cucina con annessa dispensa al primo piano e una celletta al pianterreno, tutte posizionate all’estremità nord dell’edificio51.

Sempre a pianterreno, prossime all’abitazione del soprastante, sono tre carceri segrete, tutte munite di latrina, di un proprio accesso e di una finestrella prospiciente la corte interna, con mura spesse mezzo braccio o tre quarti di braccio e coperte con volta reale. Una quarta segreta è ricavata sul mezzanino al di sopra della cantina, anch’essa affacciata sul cortile.

Le due carceri pubbliche sono ugualmente collocate al pianterreno, con le finestre rivolte verso la piazza, coperte a volta reale e fornite di latrine: quella degli uomini si trova tra i due banchi civile e criminale, mentre alla prigione pubblica delle donne, posta nel cantone dell’edificio, si accede per mezzo di una stanza ad uso comune dei ministri, con annesso magazzino per le spazzature.

Il cortile, lastricato e provvisto di pozzo, ricalca in parte lo spazio della vecchia corte e in parte viene ampliato occupando un pezzo di orto del Ricciolini.

51 In realtà nella relazione di Tofani si parla di due stanze terrene per il soprastante, mentre nella pianta ne

viene indicata solo una. Questa stanza e le tre adiacenti sarebbero da costruire dai fondamenti sul pezzo di orto da acquistare dal fornaio Ricciolini. Inoltre una delle due camere del primo piano reca la dicitura “altra stanza per il Soprastante o sia per altri Ministri” ad indicare che lo spazio non è di pertinenza del solo guardiano.

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Al cancelliere sono assegnati i due ambienti residui al pianterreno: l’ampia cantina vicina al quartiere del vicario e del notaio civile e una stanza adiacente la carcere pubblica delle donne, che però non sembra avere una destinazione particolare52. Il quartiere vero e proprio

del cancelliere è dislocato al secondo piano del palazzo (tav. V), come già stabilito dal Magistrato comunitativo a partire dal 1778, e si compone di un salottino con soprastante camera per i domestici53, una dispensa, un ampio salotto con caminetto e due finestre, una

cucina con sopra la colombaia, un locale a servizio della cucina per riporre le legna con al di sopra un’altra stanzetta accessibile tramite una botola e infine ben quattro camere, di cui una con un vano armadio ottenuto nello spessore del muro e un’altra con annesso stanzino ad uso di spogliatoio e latrina.

Sullo stesso piano si dispongono l’archivio, con caminetto e tre finestre, e lo spazioso salone per le assemblee del Magistrato cittadino.

Il fronte del palazzo prospiciente la piazza (tav. VI- fig. 11) presenta una serie regolare e ordinata di aperture, inquadrate da una cornice in pietra54 e disposte su livelli sovrapposti

che rispecchiano la suddivisione interna dei piani. Partendo dal piano stradale, caratterizzato da una forte pendenza, troviamo due portoni simili nell’aspetto ma di misure diverse, tre piccole finestrelle più basse, corrispondenti alle stanze seminterrate della cucina del notaio civile e delle due carceri pubbliche, e più sopra quattro aperture quadrangolari appartenenti alle stanze del pianterreno. Al livello superiore una sequenza alternata di finestre e terrazzini marca il piano nobile e al secondo piano l’ultima serie di aperture ricalca perfettamente la posizione delle sottostanti. Al centro del fastigio si trova un elegante orologio, il cui castello è accessibile percorrendo il vano scale ricavato nello spessore del muro della facciata, visibile in tutte le planimetrie.

Quando sul finire dell’estate del 1779 Anastagi si appresta a fare la visita dei due pretori di Certaldo e Castelfiorentino, trova che il dibattito sul rifacimento dei due edifici è già nel suo pieno corso. In realtà l’ingegnere si era occupato del pretorio di Certaldo solo tre anni prima, ma per varie vicissitudini i lavori non avevano avuto corso55.

52 Nella relazione descritta come “Stanza per uso della Cancelleria”. Vedi Appendice, n. II.20. 53 La camera della servitù è raggiungibile con una scala non visibile nella pianta.

54 Nella relazione si parla di “cardinaletto”. 55 Vedi infra, nota 24.

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Per ambedue i pretori l’ingegnere redige una doppia stima: una dove indica gli interventi e le spese da fare nel caso si opti per il trasferimento del Vicariato e l’altra nell’ipotesi in cui si preferisca non fare cambiamenti, ma solo apportare migliorie a quanto esistente.

Nella relazione sul pretorio di Castelfiorentino del primo settembre 1779 Anastagi si limita a descrivere brevemente la disposizione degli ambienti ideata da Tofani, aggiungendo in pianta delle lettere utili ad identificare rapidamente gli ambienti, e suggerisce un’unica variazione, finalizzata ad accrescere il numero delle stanze del quartiere del notaio civile. Nella parte finale il tecnico dichiara che il preventivo dei costi è stato elaborato stimando ognuna delle voci della relazione di Tofani, in concerto con quest’ultimo e con il muratore Lorenzo Rigatti, fino a pervenire all’importo finale di 5463.5 scudi, cifra suscettibile di salire fino a circa 5800 scudi a causa dei costi dei trasporti della pietra gonfolina56 e degli imprevisti

che frequentemente occorrono nel cantiere di un vecchio edificio.

Le parole dell’ingegnere sembrano suggerire che al momento del suo arrivo in Castelfiorentino Tofani aveva approntato la nota delle opere da effettuare, ma senza completarla con le relative quotazioni57. Confrontando questo dato con una lettera del 23

luglio rivolta al soprassindaco, in cui il cancelliere riferisce la richiesta del capomastro di poter eseguire il disegno del progetto perché gli è indispensabile per la stesura di una relazione dettagliata, si può certamente affermare che la perizia del muratore, non datata, risalga alla fine del mese di agosto 1779.

La perizia di Anastagi prosegue con una sintetica descrizione del pretorio nella sua condizione attuale e un’altrettanto scarna esposizione dei lavori da fare nel caso in cui il palazzo resti la sede di una podesteria minore, senza allegare alcuna pianta58.

Dal primo ingresso dalla piazza si raggiungono il banco del Podestà, la stalla e al di sopra di questa una camera precedentemente utilizzata dal notaio civile ed ora usata come stanza per le legna. Sempre a pianterreno è la carcere pubblica e il cortile su cui si affaccia una loggia.

56 La gonfolina è una pietra arenaria simile alla pietra serena, ma più dura e ruvida e perciò detta anche

macigno. Le cave si trovavano soprattutto a Carmignano, Lastra a Signa e Firenzuola.

57 Lo si comprende meglio leggendo le parole di Anastagi: “A tutti i Pezzi posti sulle misure rilevate nella

Relazione che il Tofani ha accompagnata con le piante suddette, e con il prospetto della facciata di quella Fabbrica con seria considerazione, vi sono state poste le somme di concerto con l'istesso Tofani, con il Muratore Lorenzo Rigatti, e mio” Vedi Appendice, n. II.22, c. 368.

58 Almeno per quanto riguarda il pianterreno è possibile utilizzare due piante, non datate, ma certamente

coeve, collocate nell’inserto del pretorio di Certaldo, una a c. 466, l’altra a c. 508. La prima probabilmente è precedente perché vi è riportato come affittuario della Comunità Ganiberti, mentre nell’altra è indicato Ricciolini, che gli era succeduto nel livello (tavv. I-II).

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Tramite il secondo ingresso dalla strada si accede ad una scala che porta al primo piano dove si trovano una grande sala da cui si passa a due camere, una delle quali dotata di camino, mentre in corrispondenza della sottostante loggia è collocata la cucina.

In questo caso gli interventi prescritti consistono nell’ampliamento del quartiere del Podestà mediante la costruzione di una nuova camera tra la cucina e la parete della scuola pubblica con suo corridoio di accesso, palco, tetto, porte e finestra59, a cui si aggiungono la

sistemazione delle tegole del tetto e il rifacimento delle finestre della sala rivolte verso la piazza. Il totale dei nuovi lavori ammonta a £ 1230.13.4 delle quali £ 10 riguardanti spese di mantenimento.

Assai più ampia è la relazione di Anastagi riguardante il pretorio di Certaldo, datata 30 agosto 1779. Nella prima parte il tecnico dà il suo parere riguardo la presunta imminente rovina del palazzo a causa di uno smottamento. Avvalendosi dell’ausilio di uno schizzo che riproduce la topografia del luogo (tav. VIII), l’ingegnere asserisce che la frana, peraltro occorsa diversi anni addietro, è ben lontana dal pretorio, restando semmai prossima all’orto della prepositura. Rileva inoltre che il cedimento è provocato dall’erosione delle acque del fiume Agliena, che in quel punto fanno una curva infrangendosi sulle pendici del poggio; per evitare il problema è sufficiente raddrizzarne il corso, cosa che peraltro si è già verificata spontaneamente, e costruire qualche pescaia coperta di vegetazione per favorire il consolidamento del terreno circostante. In conclusione il pretorio si trova assolutamente fuori pericolo e non c’è motivo di spostare la sede vicariale a Castelfiorentino, considerando anche il fatto che quest’ultima non si trova al centro del distretto, bensì ad un’estremità. Per questo motivo Anastagi seguita la sua relazione con l’elenco degli interventi necessari nel caso non si proceda con il trasferimento. Tra le diverse voci elencate vengono distinti gli interventi di semplice risarcimento, notati a margine con numeri da 1 a 11 e conteggiati a parte rispetto alle spese per i nuovi lavori.

Per prima cosa viene illustrata la sistemazione delle prigioni: allargare le grate delle quattro segrete60, aprire una nuova finestra nella carcere pubblica delle donne per favorire la

59 Con la costruzione della nuova camera Anastagi esaudisce la richiesta del Podestà Giuliano Damiani diretta

alla Segreteria Reale e da questa inviata al soprassindaco il 18 agosto 1779.

60 Le carceri segrete vengono definite “dell’oriuolo”, “del gallinaio”, “dell’ortaccio” e “del torrione” perché

prossime rispettivamente alla torre dell’orologio, al pollaio, all’orto meridionale e l’ultima perché ricavata all’interno del torrione circolare delle mura confinanti con il palazzo. La carcere pubblica delle donne veniva invece detta “del pozzo” perché prospiciente a quest’ultimo (fig. 3).

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ventilazione, togliere il “vespaio”61 a tutte e cinque gli ambienti e rifare il pavimento per

togliervi l’umidità.

Per il banco dei due notai l’ingegnere propone di adattare le due stanze che si trovano ai lati dell’ingresso del pretorio: in quella di sinistra va demolito il casotto murato che anticamente serviva al notaio criminale, mentre l’altro del notaio civile va alzato fino alla volta per trasformarlo in dispensa. Infine per liberare la stanza dal passo alla carcere pubblica degli uomini62 è necessario aprire una nuova porta sotto l’ingresso del pretorio e costruire un

muro divisorio che crei un piccolo andito.

Anche la stanza sul lato opposto dell’ingresso, da destinare al banco dell’altro notaio, va resa indipendente dal passaggio alla segreta “dell’oriuolo” attraverso l’erezione di una parete divisoria che crei un vestibolo con accesso corrispondente a quello dello spogliatoio.

Ancora nel pianterreno vanno ricavati due piccoli magazzini delle legna per i notai, uno da farsi con un tramezzo nel locale adibito a forno, e l’altro da realizzare sotto il portico che dà sul cortile63.

Il quartiere del vicario al primo piano è composto da un salone, uno scrittoio, una grande camera con caminetto “alla francese”, una più piccola fornita di latrina, un’alcova con suo ricetto e camino, una cucina con dispensa e forno, camere per la serva e per il servitore; Anastagi va incontro alle richieste di ampliamento avanzate dal giusdicente suggerendo l’impiego del palco inutilizzato sopra il grande salone, nel cui spazio si possono ottenere quattro stanze. La scala di accesso, costituita da due rampe di 15 gradini in pietra ciascuna, può essere costruita nella camera della domestica, situata in corrispondenza del sottostante andito d’ingresso al palazzo64. La spesa totale per la creazione del secondo piano, comprese

le opere in muratura, travature, materiale lapideo, serrature e vetrate, è valutata in complessive £ 1768.

Trovandosi l’accesso al castello dell’orologio della torre nel palco sopra il salone, l’ingegnere propone di ripristinare il passaggio all’interno della torre costruendo una scala di legno di quercia con entrata attraverso l’orto meridionale.

61 Il vespaio è un’intercapedine che viene lasciata tra il suolo e l’impiantito delle stanze terrene per tenere il

pavimento sollevato e difenderlo dall’umido.

62 Le carceri si trovavano nell’edificio adiacente il pretorio identificato come casa del Bargello.

63 Inoltre è necessario rifare il cancello al pollaio, riempire una buca che si trova nella scala che scende nella

cantina nella stanza della legna del vicario, allargare e poi coprire la fogna che passa davanti alla porta del forno.

(20)

All’attuale quartiere del vicario occorrono invece solo alcuni interventi di manutenzione quali rafforzare le travi del soffitto del salone, mettere una nuova soglia alla prima camera, alzare la cappa dei caminetti per facilitare l’esito del fumo e rifare la predella della latrina. All’opposto, nei quartieri dei due notai65 servono profonde ristrutturazioni necessarie a

renderne autonomi agli accessi e dotarli di un numero sufficiente di stanze: una cucina, latrina, un salotto e tre camere per ciascuno. Al termine della scala di ingresso Anastagi progetta un divisorio da ricavare nella stanza cosiddetta dei tormenti66 che crei un ingresso

al quartiere del notaio criminale; la cucina, di cui l’appartamento è mancante, può essere costruita nello spazio del cammino di ronda al di sopra della carcere del detta del gallinaio, compresa di muratura, palco, tetto, finestre, camino e acquaio.

Nel quartiere del notaio civile la realizzazione di un altro tramezzo nella cosiddetta stanza oscura dà origine ad una camera sufficientemente illuminata e la parte rimanente, sommata allo spazio della vecchia cucina e del forno, ad un ampio salotto.

Da ultimo l’ingegnere afferma la necessità di sistemare i tetti dell’intera fabbrica.

Il totale della relazione ammonta a 4771.17 lire di cui 4442.7 lire per nuovi lavori e 329.10 lire per i soli risarcimenti.

Nel caso in cui si opti per trasferire il Vicariato a Castelfiorentino, determinando il declassamento di Certaldo al rango di podesteria, è sufficiente effettuare solo una parte delle spese di risarcimento, corrispondenti a 145.10 lire.

Tuttavia le traslazioni ipotizzate non si verificano e la Comunità di Certaldo intraprende i lavori di rinnovamento secondo la perizia di Anastagi. Malauguratamente tale spesa si rivelerà inutile dato che, dopo soli pochi anni dal completamento del cantiere, il Vicariato di Certaldo verrà soppresso e il palazzo venduto e riconvertito in un affollato condominio per poveri braccianti.

65 I quartieri dei notai erano situati nella zona orientale del palazzo, raggiungibili imboccando la rampa destra

dello monumentale scalone di accesso al primo piano. È difficile ricostruire con precisione la disposizione delle stanze.

66 La stanza dei tormenti, dove il condannato veniva torturato in fase di interrogatorio, è attualmente

identificata nell’ambiente al pianterreno collocato tra la stanza dei dieci di Balia e le prigioni criminali. In realtà le fonti dimostrano che il locale avesse tale ubicazione solo a partire dal 1605. Il successivo inventario del 1633 rileva la stanza dei tormenti al piano superiore, attigua alla cosiddetta “stanza buia”. Vedi in proposito CIONI, M., 1906, p 39.

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