SULL’ISTITUTO DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE.
SPUNTI DI INDAGINE
G r a z ia L o p a r c o *
Introduzione
Tra i fondatori d ell’O ttocento don B osco si distin se p er alcune scelte che si rispecchiarono nelle istituzioni a cui diede vita. Così, tra tante congrega
zioni fem m inili dedite a ll’apostolato, le F M A ebbero dei tratti identificanti e inconfondibili.
Q uesto con trib u to in ten d e in d ag are qu ali asp etti caratteristici di don B osco in m erito alla v ita religiosa si siano riflessi nello s ti le fem m inile. Il paradigm a donboschiano è perciò il punto di partenza, m a n on l ’unico fattore strutturante, difatti non si può prescindere d all’influsso del contesto sociale ed ecclesiale, in particolare dalle condizioni p er il riconoscim ento dei nuovi isti
tuti da parte della Santa Sede, né dalla m entalità cattolica riguardo alle don n e.
A ncora, v a richiam ata la m aturazione del nuovo m odello religioso fem m inile, grazie alle fondatrici della prim a m età d ell’O ttocento, che si erano battute per ottenere l ’approvazione della figura della superiora generale e di varie forme di apostolato, innervate poi nello Stato liberale con le sue esigenze legislative e am m inistrative.
M entre sono noti gli aspetti generali delle congregazioni, il m odello reli
gioso elaborato da don B osco va chiarendosi gradualm ente nei diversi piani di lettura dello sviluppo istituzionale, sicché, a m agg io r ragione, anche p er le F M A non si può offrire u n quadro esauriente, m a piste da approfondire, come u n sondaggio prelim inare ad altri scavi.
Lo s ta tu s q u a e s tio n is della ricerca in m erito al tem a pone in risalto alcuni punti fermi. Dopo le testim onianze confluite nella C r o n is to r ia 1, in m odo più do
* Figlia di Maria Ausiliatrice, docente di Storia della Chiesa presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, Roma; Presidente dell’Associazione Cultori di Storia Salesiana (ACSSA).
1 Cf Giselda Capetti (a cura di), Cronistoria dell’istituto delle Figlie di Maria Ausilia
trice. Roma, Istituto FMA 1974-1978, 5 vol. (abbrevierò Cronistoria).
cum entato Pietro Stella2 aveva m esso in luce alcuni aspetti inediti di don Bosco relativi alla scelta delle persone con cui iniziare l ’Istituto delle FM A 3. Tra il cen
tenario della m orte di m adre M aria D om enica M azzarello (1981) e in vista del centenario della m orte di don Bosco (1988), fu tem atizzato il rapporto tra il fon
datore e la confondatrice, sotto il profilo storico spirituale ed educativo. F u stu
diato soprattutto dal punto di vista delle FM A, scandagliando in che senso M aria M azzarello avesse elaborato una “fedeltà creativa” e non m eram ente esecutiva.
N el volum e A ttu a le p e r c h é v e r a sono approfonditi alcuni aspetti da M aria Ester Posada4, Piera Cavaglià5, A nita D eleidi6. In D o n B o s c o f o n d a to r e d e lla F a m ig lia S a le s ia n a , A tti della settim ana di spiritualità della Fam iglia Salesiana del 1989, A. D eleidi e P osada riprendevano il discorso della relazione intercorsa tra il fondatore e quella che sarebbe stata di fatto la confondatrice.
P. B raido ne tratta nel suo docum entato D o n B o s c o p r e t e d e i g io v a n i n e l s e c o lo d e lle lib e r tà 1. D a anni esiste la raccolta delle fonti relative alla prim a
2 Cf Pietro S tella, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, I: Vita e opere (= Studi storici, 3). Roma, LAS 19192.
3 Il primo studio critico sull’intenzione di don Bosco fondatore delle FMA è quello di Pietro S tella, Don Bosco I, nell’ottavo capitolo, pp. 181-208. A parte la ricostruzione docu
mentaria, è illuminante l’interpretazione dell’atteggiamento di don Bosco di fronte alla Santa Sede: con la mancata richiesta di approvazione dell’Istituto, quasi invoca libertà d’azione per dimostrare l’efficacia della sua formula, e poterla consolidare in qualità di fondatore. D’altra parte, l’arduo cammino per l’approvazione della Società Salesiana (1869) e delle sue Costitu
zioni (1814), gli aveva fatto sperimentare gli intoppi burocratici. Cf, su questo, vari contributi in Mario Midali (a cura di), Don Bosco Fondatore della Famiglia Salesiana. Atti del Sim
posio (22-26 gennaio 1989). Roma, EDB 1989, e lo studio di Francis Desramaut, Don Bosco en son temps (1815-1888). Torino, SEI 1996, in particolare i capitoli XIV-XVII. XXI-XXII.
4 Cf Maria Ester Posada, Alle origini di una scelta. Don Bosco Fondatore di un Istituto religioso femminile, in Roberto Giannatelli (a cura di), Pensiero e prassi di don Bosco nel centenario della morte (31 gennaio 1888-1988). (= Quaderni di «Salesianum» 15). Roma, LAS 1988, pp. 151-169; Ead., Don Bosco Fondatore dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausi
liatrice, in Mario Midali (a cura di), Don Bosco Fondatore..., pp. 281-303; Ead., Significato della «validissima cooperatio» di S. Maria Domenica Mazzarello alla fondazione dell’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, in Ead. (a cura di), Attuale perché vera. Contributi su S. Maria Domenica Mazzarello (= Il Prisma, 6). Roma, LAS 1981, pp. 53-68. Ed anche Ead., L ’lstituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice in rapporto a don Bosco, in M. Midali (a cura di), Don Bosco nella storia. Atti del I Congresso Internazionale di studi su don Bosco (= Studi storici, 10). Roma, LAS 1990, pp. 211-229.
5 Cf Piera Cavaglià, Il rapporto stabilitosi tra S. Maria Domenica Mazzarello e S. Gio
vanni Bosco. Studio critico di alcune interpretazioni, in M. E. Posada (a cura di), Attuale perché vera..., pp. 69-98.
6 Cf Anita Deleidi, Il rapporto tra don Bosco e madre Mazzarello nella fondazione dell’istituto delle FMA (1862-1876), in M. Midali (a cura di), Don Bosco Fondatore..., pp. 305-321.
1 Cf Pietro Braido, Don Bosco prete dei giovani nel secolo delle libertà. Roma, LAS 20093, diversi punti del II vol.
com unità8, m anca ancora tuttavia una ricostruzione storica com plessiva, criti
cam ente fondata e contestualizzata, del prim o periodo d ell’istituto. Si è co
m inciato a chiarire il rapporto tra le FM A e altre istituzioni sim ilari fem m inili contem poranee, sia in Italia che a ll’estero, com e pure ad approfondire il rap porto istitu z io n a le tra SDB e FM A , po ich é, sen za lo stu dio di entram be, ognuna delle due storie resta incom pleta9.
L a rico g n iz io n e b ib lio g ra fic a in d ica i lim iti d e ll’attu ale conoscen za, consente di sorvolare sugli aspetti già appurati e di concentrarsi sul tem a, di p er sé com plesso. R isalta, difatti, in p r i m i s la necessità di differenziare i piani su cui si collocano le ripercussioni del m odello religioso elaborato da don Bosco. Proprio la sua originalità suggerisce di n on lim itarlo al solo profilo spirituale. Le F M A sorsero nel 1872 com e religiose di vita attiva, dedite al
l ’educazione, quando don B osco aveva già collaudato la fondazione della P ia Società Salesiana e stava concludendo l’ite r di approvazione delle sue Costituzioni.
L’ipotesi di fondo è che egli fu interpellato dalla situazione di ragazze m oralm ente abbandonate nei quartieri periferici di Torino, alcune delle quali conobbe n e ll’opera della m archesa G iulia Barolo. D opo aver tem poreggiato, convinto di rispondere a una m issione d all’alto, allargò il cam po d ’interesse alle ragazze. M osso da u n unico scopo, pensò m ezzi sim ili p er il suo p erse
guim ento. N onostante le differenze di genere tra i religiosi com e tra i destina
tari, il nucleo era la carità vissuta da educatori ed educatrici. P er organizzare u n program m a di largo respiro, occorreva vincolare le persone, dar form a a strutture capaci di ten ere su v asta scala. P u r conoscendo v ari istituti, egli aveva idee piuttosto vaghe sulla v ita religiosa fem m inile,10 pertanto si fece
8 Cf Piera Cavaglià - Anna Costa (a cura di), Orme di vita tracce di futuro. Fonti e te
stimonianze sulla prima comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1870-1881). = Orizzonti, 8). Roma, LAS 1996.
9 Tra altri contributi e studi, si segnalano le ricerche promosse dall’Associazione dei Cul
tori di Storia Salesiana, in collaborazione con l’ISS, attraverso i seminari regionali e i convegni internazionali, occasioni di studi locali e generali, secondo tematiche specifiche. Un primo ten
tativo di comparazione della presenza educativa dei Salesiani e delle FMA nella società italiana è apparso in occasione del 150° dell’Unità d’Italia, seguito da un approfondimento unitario che ha evidenziato le profonde convergenze e le connotazioni proprie dell’educazione di ragazzi e ragazze soprattutto delle fasce popolari dal 1859 al 2010. Cf Francesco M otto (a cura di), Salesiani di Don Bosco in Italia. 150 anni di educazione. Roma, LAS 2011; Grazia Loparco - Maria Teresa Spiga (a cura di), Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Italia (1872-2010). Donne nell’educazione. Documentazione e saggi. Roma, LAS 2011; Francesco M otto - Grazia Loparco (a cura di), Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice in Italia. Un comune percorso educativo (1859-2010). Roma, LAS 2013.
10 L’epistolario e le notizie biografiche attestano i contatti di don Bosco con superiore di vari Istituti femminili, come le Oblate di Tor de’ Specchi a Roma, le Domenicane, le Suore di
aiutare a scrivere le C ostituzioni, m a non delegò l ’enucleazione delle coordi
nate di fondo, finalizzate alla m issione.
P er esplorare qu est’ipotesi, indichiam o degli spunti d ’indagine attinenti ad alcuni piani di lettura che interagiscono nel com porre il m odello di vita re ligiosa salesiana, caratterizzata dalla varietà di opere educative, supportate da com unità rette da u n sistem a organico di valori e com piti.
1. L ’intuizione originaria: l’educazione cristiana affidata a un gruppo di giovani in sintonia
D iversi testim oni collaboratori di don B osco hanno raccontato come sia m aturata in lui la decisione di fondare un istituto fem m inile e i fatti che ne se
gnarono la realizzazione. Sebbene ci siano alcuni punti di differente interpre
tazione, appare certo che il fondatore neppure in questo caso si affidò a ll’im provvisazione e agì in m odo da assicurare alcuni re q u isiti11. La fondazione delle FM A fu l ’approdo di u n processo.
1.1. S c e lta d e lle p e r s o n e
L a scelta delle persone ritenute adatte è conferm ata dal fatto che don B osco scartò altre opportunità, p er certi versi p iù vantaggiose. Il contatto con l ’iniziativa di alcune donne im pegnate nel cam po educativo, dotate di alcuni requisiti culturali ed econom ici, com e B enedetta Savio e M. A ngelica Clarac, induce a pensare che la conoscenza delle Figlie di M aria Im m acolata (FMI) di M ornese avesse suscitato in lui particolare interesse. A conferm a della sua prudenza, l ’attesa della fondazione durò un decennio dal 1862-1864, periodo in cui egli conobbe don D om enico Pestarino e le m ornesine, fino al 187212.
Il contatto, m ediato dai racco nti di don Pestarino e da alcune v isite a M ornese, dovette con vincere don B osco circa la q u alità d ella form azione delle giovani, e la sintonia col suo progetto. A differenza dei prim i Salesiani,
S. Anna, e soprattutto le Fedeli Compagne di Gesù. Da esse ricevette collaborazione per il rammendo della biancheria dei ragazzi, oltre che aiuti economici. In compenso egli presentò loro alcune giovani postulanti. Fondazione francese del 1820, esse avevano Regole modellate su quelle gesuitiche, con grande potere della superiora, che poteva sciogliere le religiose anche dai voti perpetui. Si dedicavano alle scuole, sia gratuite che a pagamento; a Torino avevano un educandato. Cf varie lettere dal 1865 agli anni ’70, in Giovanni Bosco, Epistolario. Intro
duzione, testi critici e note a cura di Francesco Motto, vol. II-III. Roma, LAS 1996-1999.
11 Non mi soffermo su questi aspetti, già trattati dalle studiose citate.
12 Si evita qui di riproporre la bibliografia che si suppone già nota.
cresciuti alla sua scuola, a M ornese trovava un gruppo di giovani già im pe
gnate nella vita spirituale con un voto privato di castità e in alcune opere di ap o sto lato . M aria D o m en ica , co n q u alch e co m p ag n a, stav a in v esten d o energie sem pre m aggiori, staccandosi gradualm ente dalla fam iglia, p er restare con le prim e orfane accolte nel laboratorio. N el 1864 ella avvertì la conso
nanza con don B osco, disponendosi a collaborare p er l ’educazione delle ra
gazze in m odo sem pre più esclusivo13. D a ll’osservatorio del disagio giovanile di Torino capitale don B osco si volgeva al piccolo centro rurale, p iù vicino ai B ecchi che a una città, m a non tem ette di trovarvi vedute ristrette. D ’altronde ci era passato anche lui.
1.2. L e p r i m e in d ic a z io n i: r is a lto a l l ’a p o s to la to
A ll’inizio del dialogo tra don B osco e le FM I, probabilm ente due anni prim a d ell’incontro diretto, egli affidò loro com e una consegna, tram ite don Pestarino: “Pregate pure, m a fate del bene più che potete, specialm ente alla gioventù, e fate il possibile p er im pedire il peccato, fosse anche u n solo p ec
cato veniale” 14. A distanza di anni, una testim one dei prim i tem pi ricordava ancora la sottolineatura.
Le FM I avevano nella loro regola l ’indicazione di u n ’intensa v ita spiri
tuale, alim entata dai sacram enti, dalla devozione m ariana, d a ll’im pegno di castità, e da opere di c a rità 15. R isp etto alle altre asso ciazio n i di F ig lie di M aria, le FM I avevano spesso u n im pegno in parrocchia, sicché l ’invito di don B osco rafforzò u n ’attenzione già presen te16. D i certo era una sensibilità v iv a in M aria D om en ica che nello stesso 1862, d u rante la co n v alescenza dal tifo, intuì di poter riconvertire l ’im piego delle sue energie a favore delle ragazze. A nove anni, difatti, già finivano la scuola, proprio quando iniziava il m aggior bisogno di orientam ento nella vita.
D on B osco rafforzò l ’im portanza d e ll’apostolato, della carità operosa tra le ragazze, ponendosi in sintonia con tante donne che avevano rinunciato
13 Cf Sylvie Vrancken, Il tempo della scelta. Maria Domenica Mazzarello sulle vie del
l ’educazione. Roma, LAS 2000.
14 Cf Cronistoria I, p. 118.
15 Cf, in diversi punti, Maria Francesca Porcella, La consacrazione secolare femminile.
Pensiero e prassi in Giuseppe Frassinetti. Roma, LAS 1999 e Daniele Bruzzone - Maria Fran
cesca P orcella (a cura di), La formazione alla santità nella Chiesa genovese dell’Ottocento.
Il contributo di Giuseppe Frassinetti. Roma, LAS 2004.
16 Nelle parrocchie, dopo il 1864, si diffuse l’associazione delle Figlie di Maria. Esse forse davano l’idea di brave ragazze, più attente però a custodire la propria virtù che a impe
gnarsi attivamente per altri, al di là della famiglia.
a ll’ideale della contem plazione m o nastica, in terp ellate dalle urg enze della carità nella società m oderna volta alla secolarizzazione.
L’invito a “ fare il bene” non giunse in m odo generico, quasi filantropico, m a secondo la visione cristiana, allo scopo di salvare l ’anim a vincendo, anzi prevenendo il peccato. Fare “più che potete” è nello stile di don B osco, noto com e zelo, n ella consapevolezza che occorreva contrapporsi risolutam ente alle forze del m ale. E questo, dunque, no n tanto affidato a lunghe preghiere o a m ortificazioni corporali, quanto a u n ’attività indefessa e ben orientata.
N el prim o incontro tra don B osco e le FM I, in occasione della passeg giata autunnale a M ornese nel 1864, egli raccom andò ancora di essere co stanti nel praticare il bene e nel farlo p raticare11. La C r o n is to r ia riporta varie testim o n ian ze secondo cui don B osco, interrog ato se avesse in ten zione di fondare u n Istituto fem m inile p e r com pletare l ’opera, n el corso degli anni Sessanta, am m ettesse di pensarci, m a che ancora n on era giunto il m om ento opportuno18. Vari indizi fanno pensare a un processo. N el 1861, quando don P estarino previde che le FM I potessero passare ad abitare la C asa d ell’im m a
colata, v icin o a lla p a rro c c h ia , col b en e ficio di m in o ri sp ese e m ag g io re spazio, don B osco approvò, a condizione che le giovani guadagnassero col laboratorio il necessario p er vivere, senza dover tornare indietro. Iniziavano così la v ita com une, insiem e ad alcune allieve interne. L’autonom ia econo
m ica assicurata dal loro lavoro era peraltro u n tratto com une alle religiose d e ll’800, che n o n contav an o p iù sulle doti, sulle re n d ite , s u ll’elem osina, dovendo prom uovere delle opere senza l ’appannaggio di antichi p riv ileg i19.
D on B osco raccom andava al piccolo gruppo di am are il sacrificio, sof
frire qualunque pena p u r di portare anim e a Dio; stare allegre poiché la M a
donna voleva loro b ene20. D on D om enico Pestarino, forse su sua indicazione, suggerì alle FM I di scegliere una a cui riferirsi. F u eletta M aria D om enica, dopo av er consultato anche le rag azze in terne ed estern e21. Si in aug urav a u n ’organizzazione più accurata del laboratorio e della v ita com une. Intanto n e lla v isita successiv a, n el 1869, don B osco ra cco m an d a v a alle F ig lie di M aria la m ortificazione degli occhi, del gusto, un contegno corretto e disin
volto anche in chiesa, poiché il bu on esem pio è più efficace di una predica22.
11 Cf Cronistoria I, p. 149.
18 Cf ibid., p. 119-180. I riferimenti sarebbero del 1863, 1865, 1866.
19 Cf ibid., p. 186-188.
20 Cf ibid, p. 204.
21 Cf ibid., p. 205.
22 Cf ibid., p. 223.
L’orario-program m a, di cui no n resta traccia, m a ricordato da suor P etro
nilla, insisteva su ll’esercizio della presenza di Dio, l ’am ore al lavoro, il la
voro sul proprio carattere, p er divenire pazienti e liete, in m odo da rendere am abile la v irtù e più facile il vivere insiem e; lo zelo p e r la salvezza delle anim e. F arsi am are più che tem ere dalle fanciulle, avere vigilan za solerte, continua, am orosa, non pesante, non diffidente; tenerle sem pre occupate fra p reg h iera, lavoro, ricreazio n e; form arle a u n a p ie tà seria, co m battend o la m enzogna la vanità, la leggerezza23. Il tirocinio salesiano era avviato.
Q uando arrivò la svolta della fondazione, don B osco ebbe presente l ’u r
gente appello educativo, l ’esperienza m aschile abbastanza consolidata, una lim itata conoscenza delle congregazioni religiose fem m inili, com e le Fedeli C om pagne e le Suore di S. A nna. In fondo, com unità che risentivano del m o dello m onastico, p u r n e ll’apertura a ll’apostolato. L a m archesa G iulia Falletti di B arolo proveniva da u n am biente aristocratico, aveva fondato opere b en e
fiche e u n Istituto religioso nella città di Torino, nel contesto della R estaura
zione.
1.3. C o n fr o n to c o n le S u o r e d i S. A n n a , c o n u n a p r e c i s a id e a : d a v a n ti a lla C h ie s a e a llo S ta to
D o n B osco chiese n el 1871 alla superiora g enerale delle Suore di S.
A nna, E nrichetta D om inici, di redigere u n testo di C ostituzioni p er le Figlie di M aria A usiliatrice, adattando le loro e integrandole con quelle della Pia So
cietà Salesiana24. La consegna era di aggiungere e togliere rispetto alla regola m aschile, m a alla luce di uno scopo chiaro: “Fondare u n Istituto le cui figlie in faccia alla C hiesa siano vere religiose, m a in faccia alla civile società siano altrettan to lib ere cittad in e”25, p eraltro condiv iso d alla D o m inici. C u rio sa
m ente, secondo la puntualizzazione di P. Stella, va notato com e i chiari riferi
m enti ai diritti civili si sono potuti conservare nelle Regole originarie delle FM A, perché furono com pilate sulla base delle C ostituzioni salesiane no n an
cora m odificate secondo le censure indicate a R om a, m entre p er quel m otivo
23 Cf ibid., p. 225.
24 Tra i motivi per cui si rivolse alla Suore di S. Anna e non, ad es., alle Fedeli Com
pagne di Gesù, con cui aveva frequenti contatti, potrebbe esserci sia la maggiore consonanza nello spirito, sia il fatto che a Torino queste avessero una superiora locale, mentre le Suore di S. Anna avevano la generale, sia la spiccata autorità della superiora generale tra le Fedeli Com
pagne, mentre egli intendeva che il Rettor Maggiore fosse il superiore anche delle FMA.
25 Lettera di don Bosco a madre Enrichetta Dominici, Torino, 24 aprile 1871, edita in Orme di vita, doc. 3, p. 24.
scom parvero in quelle dei Salesiani26. In tal m odo il fondatore m ostrava rea
lism o e capacità di adattam ento ai tem pi della secolarizzazione, com e inse
gnava la Francia, senza arroccarsi su posizioni intransigenti riguardo alla viva questione rom ana che contrapponeva la Santa Sede allo Stato liberale. Resta da indagare se e quando altri istitu ti religio si fem m inili italiani adottarono quella form ula, in tem pi in cui i diritti civili fem m inili erano ancora limitati.
Lo scopo del nuovo Istituto era com une coi Salesiani: “A ttendere alla propria perfezione e [...] coadiuvare alla salute del prossim o, specialm ente col dare alle fanciulle del popolo una cristiana educazione”27. Lo spirito di carità ne era il fondam ento indiscusso.
Suor Francesca Garelli, segretaria generale, fu incaricata della redazione.
Il suo scritto, denom inato O r ig in a le G a r e lli n e ll’edizione critica delle C ostitu
zioni delle FM A, a confronto col testo più antico delle R egole delle FM A, m o stra alcune correzioni di don B osco dopo aver ascoltato le giovani m ornesine, in particolare per l ’art. XI, t. 9° sulla disciplina e l ’art. I sulla clausura28.
Il confronto tra le C ostituzioni delle Suore di S. A nna, che tanti viaggi a R om a erano costate alla fondatrice, e quelle delle FM A , m ette in luce diverse som iglian ze, m a anche n o tev o li d iffe ren z e29. Il testo d elle F M A risu ltav a sem plificato rispetto a certe p recisazio n i m in ute rigu ard an ti le p ratich e da osserv a re, re ta g g io d ella re g o la rità m o n astica, e d iv ersi rito c c h i av rebb e subito ancora in seguito. D ’altra parte, d all’inizio si ribadiva che le religiose conservavano i diritti civili, m a non potevano am m inistrare i loro beni, se non nei lim iti e m odi voluti dal Superiore M aggiore30.
26 Cf P. S tella, Don Bosco nella storia..., I, pp. 197-198, e pp. 148-149 in merito alle Costituzioni dei Salesiani. Il vescovo di Acqui, mons. Sciandra, approvò l’articolo 5 del titolo 2, 1878: “Le Suore entrando nell’istituto conservano i loro diritti civili anche dopo fatti i voti, ma non potranno amministrare i loro beni, se non nel limite e nel modo voluto dal Superiore Maggiore”.
27 Regole o Costituzioni per l ’Istituto delle Figlie di Maria SS. Ausiliatrice aggregate alla Società salesiana. Torino, Tip. Salesiana 1878, titolo I, art. 1. L’articolo rimane identico nelle Regole del 1885, titolo I, art. 1, attestando così la continuità con anteriori redazioni manoscritte. Cf Giovanni Bosco, Costituzioni per l ’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1872-1885). Testi critici a cura di Cecilia Romero FMA (= Fonti, Serie prima 2, Istituto Storico Salesiano). Roma, LAS 1983, pp. 82. 89. 126-127 (abbrevierò Costituzioni) .
28 Cf ivi 64. A p. 69 C. Romero espone le osservazioni sintetiche desunte dal confronto tra i testi.
29 Cf Regole fondamentali dell’Istituto delle Suore di S. Anna della Provvidenza. Torino, per Giacinto Marietti 1842; Costituzioni e Regole dell’Istituto delle Suore di S. Anna della Provvidenza. Torino, per gli Eredi Botta Tipografia Arcivescovile 1846. Questo testo aveva ricevuto l’approvazione dalla S. Congregazione dei VV. e RR. Mi riferirò a queste nelle cita
zioni, essendo quelle approvate dalla Santa Sede.
30 Cf G. Bosco, Costituzioni [1885], tit. II, art. 5.
R im andando il puntuale confronto ad altra occasione, si notino alcune varianti a m o ’ d ’esem pio: p e r l ’età delle candidate alla vita religiosa, m entre le Suore di S. A nna accettavano dai 16 ai 25 anni circa31, le FM A specifica
rono dai 18 ai 25, intendendo iniziare con giovani più m ature. M entre nelle prim e redazioni era prevista anche l ’am m issione delle vedove a certe condi
zioni32, nelle C ostituzioni stam pate del 1818 restarono solo le “giovanette n u bili” . D i fatto fino al 1818 aveva professato qualche vedova.
A proposito d e ll’istruzione da im partire alle ragazze, le prim e specifica
v an o che, o ffren d o u n ’a c c u ra ta e d u c a z io n e , n o n si sa re b b e ro in se g n a te quelle “scienze ed arti che sono proprie di u n ’educazione p iù elevata”33. Era l ’indice di u na m en talità conservatrice, che n o n m ettev a in d iscu ssion e la differente ed ucazione delle classi sociali, m a altresì il b u o n senso di no n creare delle “ spostate” , indugiando su attiv ità o rn am en tali, m entre la vita quotidiana esigeva abilità pratiche. N el prim o A b b o z z o di C ostituzioni delle F M A si specifica che nelle loro case riceveranno figlie di “m ediocre condi
z io n e ” (p er n o n creare co lleg i d ’élite) alle q u ali “n o n in seg n eran n o m ai quelle scienze ed arti che sono proprie di nobile e signorile educazione”, im pegnan dosi invece “a form arle alla p ietà ed a tutto ciò che p otrà servire a renderle buone cristiane e buone m adri di fam iglia”34. N elle C ostituzioni del 1885 cam bia la sfum atura, indican d o che si apriranno ed u cato ri (collegi)
“preferibilm ente p e r zitelle di um ile condizione, alle quali n on insegneranno che quelle scienze e quelle arti, che sono conform i al loro stato e volute dalle condizioni sociali” , ribadendo l ’im pegno a form arle nella p ietà p e r renderle buone cristiane e “capaci di guadagnarsi a suo tem po onestam ente il pane della v ita”35.
Sotto il profilo strutturale, una notevole differenza riguarda il rapporto tra le religiose, la superiora e il ruolo del vescovo, m olto più presente nella vita interna della com unità delle Suore di S. A nna, che tra le FM A . A onor del vero, no n si tratta solo d ell’autonom ia che don B osco auspicava p e r una m ag giore agilità in tutta la sua m issione, m a anche del fatto che le C ostituzioni delle Suore di S. A nna risalivano al prim o ’800, m entre a R om a si stava an
cora studiando l ’autorità della superiora generale, e si cercava di lim itarla per
31 Cf Costituzioni e Regole [SSA], tit. XI, art. 84.
32 Cf ms B, in G. Bosco, Costituzioni, p. 14.
33 Cf Costituzioni e Regole [SSA], art. 2.
34 Cf G. Bosco, Costituzioni [FMA], p. 43.
35 Cf G. Bosco, Costituzioni [1885], art. 3, p. 289-290.
le prevenzioni riguardo alle capacità fem m inili36. La figura del cardinal p ro tettore voleva esprim ere una form a di tutela, orientam ento e controllo. Inoltre le Suore di S. A nna non avevano riferim ento a u n Istituto m aschile con una spiritualità e m issione sim ile, sicché p e r la cura spirituale erano m olto più legate alle parrocchie e alle diocesi.
N elle opere le Suore di S. A nna distinguevano case e stabilim enti, per intendere le case di loro proprietà e quelle gestite in am m inistrazione, che in genere contavano u n num ero inferiore di m em bri37. Presso le FM A si adottò inizialm ente la distinzione linguistica nelle C ostituzioni, m a com unem ente l ’unica denom inazione usata fu quella di casa, a sottolineare l ’am biente fam i
liare38. I term ini di confronto si potrebbero m oltiplicare.
Dopo la prim a professione religiosa del 5 agosto 1872, la stessa suor Fran
cesca Garelli che aveva lavorato p er la stesura del testo delle Costituzioni fu in
viata a M ornese con una consorella p er introdurre le neo professe alla pratica.
Restando qualche m ese con loro, le Suore di S. A nna le orientarono a com por
tam enti più formalm ente religiosi rispetto alla spontaneità persino ingenua delle m ornesine. A pprezzarono il loro buono spirito, la sem plicità, lo spirito di m orti
ficazione, m a lam entavano m ancanza di regolarità e di “gravità”, a loro parere propria delle religiose. Essa induceva rispetto riverente secondo la m entalità dell’a n c ie n r é g im e , m a anche una certa distanza dalle bam bine e dalla gente.
Pure la regolarità negli orari e n ell’osservanza doveva essere acquisita lenta
m ente. Insom m a, l ’intento di presentare vere “religiose davanti alla C hiesa”
com p ortò il rife rim en to a u n m o dello rico n o sciu to , p oco inn ovativo nelle forme, m entre l ’attività educativa nel nuovo contesto postulava di fatto il supe
ram ento di certi schemi. O sservanza delle Regole e adattamento alle esigenze m utevoli della m issione erano un binom io in equilibrio incerto.
1.4. I l p a r a d ig m a : F a r e p e r le r a g a z z e c iò c h e i S a le s ia n i f a n n o tr a i r a g a z z i L a b ib lio g ra fia salesian a , m a sc h ile e fe m m in ile, in siste su lla so m i
glianza tra le due congregazioni fondate da don B osco, partendo d all’indica
36 Diversi studi di Giancarlo Rocca ed Eutimio Sastre Santos approfondiscono la chiarifi
cazione del ruolo della Superiora generale dinanzi alla Santa Sede. A titolo indicativo: Gian
carlo Rocca, Donne religiose. Contributo a una storia della condizione femminile in Italia nei secoli XIX-XX. Roma, Ed. Paoline 1992; Eutimio S astre Santos, L ’emancipazione della donna nei "novelli istituti”: la creazione della superiora generale, il Methodus 1854. Roma, Ediurcla 2006.
37 Cf G. Bosco, Costituzioni [FMA], p. 44, n. 27.
38 Le Deliberazioni dei Capitoli generali degli anni Ottanta assimilarono il linguaggio a quello dei Salesiani.
zio n e au to re v o le di P io IX 39, che lo av reb b e in c o ra g g ia to a “ fare p e r le ragazze ciò che i Salesiani fanno tra i ragazzi”40. D ifatti il m odello educativo delle FM A , connotativo della loro v ita religiosa, n o n fu tanto uno fem m i
nile - com e spesso avvenne in una specie di genealogia tra religiose - , m a quello dei salesiani, delineando così diversi aspetti in com une, n onostante la m entalità corrente pensasse le religiose e le loro opere diverse dai religiosi sacerdoti.
L’identica m issione fu il canale e l ’argom ento usato da don Bosco per presentare le F M A a chiunque e anche agli ecclesiastici, dalla Santa Sede ai vescovi, quasi a m otivare che non fosse necessario u n loro riconoscim ento pontificio, dal m om ento che i Salesiani erano già approvati e le FM A erano loro aggregate. N ella relazione alla Santa Sede del fam oso 1874 aggiungeva:
“ C om e ap p en d ice e d ip en d en te m e n te dalla C o n g reg azio n e S alesian a è la C a s a d i M a r i a A u s i l i a t r i c e ”41. Il fondatore n o n tro v av a m odo m ig lio re di
39 Cf le classiche fonti narrative: MB X, pp. 599-600, Cronistoria I, pp. 245-246; e G. Capetti, Il cammino dell’Istituto nel corso di un secolo I, pp. 19.21. Più direttamente resta la testimonianza di don Francesco Cerruti, sulla domanda di Pio IX a don Bosco, circa la cura delle ragazze. Egli rispondeva di aver voluto procedere gradualmente e poi fondare un’associa
zione religiosa che prendesse il nome da Maria Ausiliatrice, come monumento vivo di ricono
scenza. Cf Sacra Rituum Congregatio, Taurinen. Beatificationis et canonizationis Ven. Servi Dei Sac. Joannis Bosco Fundatoris Piae Societatis Salesianae et Instituti Filiarum Mariae Auxiliatricis. Summarium super dubio. Roma, Tip. Agostiniana [1923], p. 141. Stessa consape
volezza di una missione delle FMA simile a quella maschile è esposta da don Cagliero, cf ibid., p. 214 e don Francesia, cf ibid., p. 255.
40 Nel voto di padre Claudio Benedetti, consultore della S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, richiesto di esprimersi sull’istituto delle FMA e sulle loro Costituzioni, si trova sinte
tizzata una versione dell’origine dell’istituto trasmessa da don G. Marenco (1853-1921), pro
curatore generale dei salesiani (1899-1909). Secondo la relazione don Bosco nel 1868 aveva pensato a un aiuto per il guardaroba, e nel 1870 Pio IX benedisse l’idea ed aggiunse: “Queste buone figliuole prestano la loro opera di carità verso i fanciulli, e sta bene; ma io vorrei che volgessero la loro attività anche verso le fanciulle, e facessero per esse ciò che i Salesiani fanno per i fanciulli”. Figlie di Maria Ausiliatrice. Voto, ms del consultore Claudio Benedetti del SS. Redentore, Roma, 17 febbraio 1904, n. 17358/15 [ma, in realtà, la data deve essere posteriore, come risulta da riferimenti interni al dicembre 1904. A matita è aggiunto: 1905], in ACIVCSVA, T 41, «Figlie di Maria Ausiliatrice», b. 1. Le informazioni sono tratte dalla rela
zione di don Giovanni Marenco sull’andamento dell’istituto: Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Relazione alla S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, Roma, 15 novembre 1904, 7 p. dattiloscritte, con firma autografa. Se ne trova copia originale in ACIVCSVA, T 41, b.1, in ASC C 593 e in AGFMA. Anche la testimonianza di don Rua prende le mosse, per la fondazione, dalla necessità pratica avvertita da don Bosco di provvedere alla biancheria della numerosa famiglia. Quando però esplicita lo scopo, è univoco: “Esercitare in favore del sesso femminile, a un dipresso le stesse opere, che i Salesiani esercitano verso i fanciulli”. Summa- rium super dubio [G. Bosco], p. 280. Come si nota, emerge una certa oscillazione nella presen
tazione della genesi delle FMA, dettata da criteri pratici.
41 Relazione di Don Bosco alla Santa Sede, Torino, 23 febbraio 1874, in OE XXV 382.
esprim ere il com une im pegno educativo, che riferirsi al paradigm a m aschile, già approvato sia dalle autorità ecclesiastiche che da quanti stim avano e ri
chiedevano localm ente le opere salesiane.
In tal m odo don Bosco sottolineava, in linea di principio, p iù le som i
glianze che le differenze n e ll’educazione di ragazzi e ragazze, che pure erano ancora ben visibili nel secondo Ottocento. N e ll’orario scolastico, ad esempio, erano previsti i lavori fem m inili solo per le allieve, com e pure il pianoforte, il francese, la pittura com e m aterie facoltative dei collegi (probabilm ente m an cava qualcosa di sim ile nei collegi salesiani m aschili). P er la form azione al la
voro, egli organizzò a Valdocco laboratori p er vari m estieri richiesti dalla città, m entre le FM A si lim itarono inizialm ente a laboratori di cucito e ricam o. Era un indicatore del ruolo attribuito a uom ini e donne nella fam iglia e nella so
cietà, m entre verso la fine dell’Ottocento anche in Italia il m odello fem m inile com inciò a cambiare, in ordine a im pieghi pubblici e alla m anodopera nelle in dustrie, extra fam iliari. I ceti popolari risentirono particolarm ente dei cambi, le ragazze in m odo u n p o ’ diverso rispetto ai ragazzi. P er naturale conseguenza le FM A si adoperarono com e m aestre com unali e negli asili infantili, gestiti da piccole com unità e in piccoli centri, diffondendosi capillarm ente nel territorio, con m odalità e criteri talora differenti rispetto ai Salesiani. Proprio la stessa m issione tra i ceti popolari richiedeva alcune diversificazioni.
2. Spunti sull’influsso del fondatore sul piano giuridico
D on B osco, p u r procedendo con cautela e chiedendo consiglio, aveva chiaro il progetto di fondare una congregazione a d h o c p er le nuove esigenze educative fem m inili. L’edizione critica delle C ostituzioni, prim a in vari testi m anoscritti e poi stam pate, consente una riflessione sugli interventi diretti del fondatore in diversi articoli. N ei capitoli generali delle F M A egli si face ra p presentare dal direttore generale. Senza cam bi di rotta, il m odello salesiano si conferm ava nelle D eliberazioni capitolari, che rispecchiavano quelle dei Sale
siani p er le figure di governo, la valenza educativa di com piti e attività com u
nitarie. M adre C aterina D aghero nel 1884 n otificava a don B osco che ave
vano cercato di adattare le «bellissim e ed im portantissim e deliberazioni dei C apitoli G enerali dei Salesiani nostri fratelli e degni suoi figli», con la sp e
ranza che l ’osservanza cooperasse al buon andam ento della C ongregazione42.
42 Cf lettera di suor Caterina Daghero a don Bosco, Nizza Monferrato, 22-8-1884, edita in Cronistoria IV, pp. 301-308; MB XVII 130-131 e in Bosco, Costituzioni, p. 180. Impropria-
D unque, l ’intervento diretto di don B osco, dei direttori a contatto con le FM A, la voce delle stesse che riflettevano su ll’esperienza e talvolta sulle di
screpanze tra le norm e e la loro attuabilità, contribuivano a definire gradual
m ente il m odello religioso.
Le prim e C ostituzioni dedicano am pio spazio al governo d e ll’istituto, alle relazioni intercorrenti tra le religiose, la superiora generale, il rettor m ag giore dei salesiani, i confessori, i vescovi. D ifatti l ’argom ento era cruciale nel riconoscim ento dei nuovi Istituti. Le F M A nascono “sotto l ’im m ediata dipen
denza del superiore generale della società di S. F rancesco di Sales, cui danno il nom e di Superiore m aggiore”43. Si specifica che sono a g g r e g a te ai sale
siani, n o n sono u n “sec o n d ’ordine”44. L a rap ida espansione delle case non lascia dubbi sulla centralizzazione, con m olta dipendenza dal rettor m aggiore o dal direttore generale.
D on B osco riteneva che l ’appartenenza d e ll’Istituto delle F M A alla So
cietà salesiana fosse in qualche m odo com presa n e ll’approvazione pontificia delle C o stitu zio n i n el 187445, m entre il ra p p o rto tra i due istitu ti n o n era conform e con le disposizioni della S. C ongregazione dei V escovi e R egolari e l ’atto giuridico d e ll’aggregazione, p e r com e era inteso, n o n co nferiva al superiore dei Salesiani alcuna ingerenza di g iurisdizione su ll’Istituto delle FM A.
mente il verbo “adattare” dell’originale è trascritto “adottare”. Madre Daghero aveva 29 anni ed era superiora generale di un Istituto esteso in diversi paesi d’Europa e d’America, dunque si può comprendere la ricerca di appoggio su norme sicure e collaudate dall’esperienza dei Sale
siani. Nel Capitolo successivo, del 1886, furono lette e approvate le Deliberazioni dei Sale
siani, riviste e adattate. Cf Cronistoria V, pp. 110-111.
43 Ms A, art. 1.
44 Cf le spiegazioni fornite da Cecilia Romero, in Bosco, Costituzioni, p. 148-149; si veda inoltre la voce di Valentino Macca, Aggregazione, in Guerrino Pelliccia - Giancarlo Rocca (a cura di), Dizionario degli Istituti di Perfezione I. Roma, Ed. Paoline 1974, coll. 150
151. Al tempo di don Bosco l’atto giuridico dell’aggregazione, riservata al Moderatore su
premo di un ordine, faceva sì che un istituto religioso aggregato partecipasse sostanzialmente della spiritualità dell’ordine aggregante, oltre che dei beni spirituali e delle opere meritorie di cui esso godeva. L’istituto aggregato conservava tuttavia la sua autonomia, mentre l’ordine ag
gregante si impegnava a dare un aiuto spirituale; se necessario si prestava per l’assistenza mo
rale e il ministero pastorale, senza ingerenza giurisdizionale. Sulla questione, cf Grazia Lo- parco, Verso l ’autonomia giuridica delle Figlie di Maria Ausiliatrice dai Salesiani. “Relatio et votum ” di G. M. van Rossum per il S. Uffizio (1902), in RSS 28 (2009) 178-210; EAD., L ’auto
nomia delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel quadro delle nuove disposizioni canoniche, in Francesco MOTTO (a cura di), Don Michele Rua nella storia (1837-1910). Atti del Congresso Internazionale di Studi su don Rua (Roma - Salesianum 29-31 ottobre 2010). (= Istituto Storico Salesiano, Studi, 27). Roma, LAS 2011, pp. 409-444.
45 Una lettera di don Bosco a don D. Pestarino, del 17 aprile 1874, confermerebbe la sua convinzione. Cf G. Bosco, Costituzioni, p. 149, con i riferimenti alla fonte.
Dato che la curia rom ana prestava m olta attenzione e no n gradiva novità rispetto alla p rassi sperim entata, sollevò delle osservazioni a ll’Esposizione dello stato m orale e m ateriale della C ongregazione Salesiana alla S. Sede, nel m arzo 1819. L a risposta di don B osco provocò nuove osservazioni e schiari
m enti, tentando di m ostrare l ’equilibrio tra la superiora generale, il direttore generale, il superiore m aggiore, i vescovi ordinari46.
N o n volendo rinunciare alla sua form ula, don Bosco cercava appoggio in u n ’esperienza consolidata, così si orientò verso un a dipendenza delle FM A dal R ettor m aggiore, sim ile a quella delle Figlie della carità dai L azzaristi41, assecondando in tal m odo il consiglio autorevole espresso in precedenza da Pio IX, secondo le testim onianze della C r o n is to r ia 48.
D ’altra parte la superiora generale aveva d all’inizio un a reale autorità.
Sin dal 5 agosto 1812 don Pestarino era stato richiesto da don B osco di la
sciare il governo interno alle religiose, restando com e consigliere e direttore spirituale49. Il governo spettava alla superiora eletta, sebbene preferisse ini
zialm ente il più m odesto titolo di “vicaria”, riconoscendo M aria A usiliatrice com e vera superiora.
L e R eg o le san civ an o che il C ap ito lo S u p erio re (c o n sig lio g enerale) aveva il com pito di governare e dirigere l ’Istituto. Esso era com posto dalla superiora generale, la vicaria, l ’econom a e due assistenti, in dipendenza dal R ettor M aggiore, che poteva presiedere il C apitolo superiore tram ite u n diret
tore delegato50. Tutte le case dipendevano nel “m ateriale e m orale” dalla su
periora generale, libera di trasferire le religiose e assegnare i com piti, m entre p er acquisti e vendite di stabili o costruzioni doveva intendersi col direttore generale e avere il consenso del superiore m aggiore51.
A ttraverso le lettere e altre testim o n ian ze si evince la fid ucia di don Bosco nelle capacità educative e nella form azione spirituale di M adre M azza-
46 Cf G. Bosco, Costituzioni, pp. 153-158.
41 In una lettera al sig. Stella, superiore lazzarista, d. Bosco esprime una richiesta: “Nella nostra Congregazione abbiamo la categoria delle Suore dette Figlie di Maria Ausiliatrice e vorrei che avesse presso a poco dal Superiore de’ Salesiani la medesima dipendenza che hanno le Figlie della carità dal Superiore dei Lazzaristi. La S. V. potrebbe rendermi un importante ser
vizio coll’imprestarmi una copia dell’Opuscolo, che mi dicono ella ha fatto stampare”. Lettera di d. Bosco al sig. Stella, Torino, 13 giugno 1885, in Eugenio Ceria (ed.), Epistolario di S.
Giovanni Bosco, IV. Torino, SEI 1959, p. 325-326.
48 Cf Cronistoria I, p. 245. Dopo il 1900, con la definizione canonica delle Congrega
zioni religiose, le Figlie della carità non rientrarono in quella tipologia, pertanto anche il loro modello risultò inappropriato per le FMA.
49 Cf ibid, pp. 301-308.
50 Cf G. Bosco, Costituzioni [1878], tit. III, art. 1-4.
51 Cf ibid., tit. III, art. 4.
rello, la collaborazione circa il discernim ento e l ’am m issione alla vestizione e professione, la scelta del personale p er le nuove fondazioni, sicché i direttori trovavano un terreno coltivato. Q uesto tem a m erita com unque u n approfondi
m ento, ponendo a confronto fonti norm ative, docum entarie e narrative.
L a dip en d en za delle re lig io se dai v esc o v i era u n argom en to centrale n e ll’’800 e p er esperienza don B osco cercò di m uoversi con cautela, senza ri
nunciare alle sue idee. In occasione della prim a professione, il 5 agosto 1872, fu m olto prudente: quasi non voleva andare a M ornese, preferendo lasciare solo m ons. Sciandra, vescovo di A cqui, a ricevere i voti52. In seguito n on si perdev a occasione p e r invitare il vescovo, scrivergli, assicurargli sottom is
sione. L’apertura di altre case in diocesi differenti esigeva oculatezza, p er lo stato canonico incerto delle FMA.
Il confronto tra i diversi testi costituzionali delle F M A m ostra il rispetto dei ruoli e degli am biti, m a più dipendenza dai salesiani che dai vescovi per alcuni aspetti, quasi le religiose potessero usufruire d ell’esenzione data a don B osco p e r la P ia Società Salesiana.... N o n a caso le osservazioni alla re la
zione sulla C ongregazione, provenienti dalla S. C ongregazione dei Vescovi e R egolari, si riferiscono alla posizione poco soddisfacente delle FM A in rap porto ai Superiori salesiani. N elle C ostituzioni del 1885 si aggiungeva che la superiora generale ogni anno avrebbe reso conto al superiore generale dello stato m orale fisico e m ateriale d ell’istituto, “ ed avvenendole di avere denaro oltre lo stretto bisogno glielo consegnerà, affinché lo im pieghi secondo che ei giudica della m aggior gloria di D io”53. E ra evidente che la cruda povertà dei prim i anni non aveva suggerito una sim ile disposizione.
A confronto con altre religiose, im pegnate a definire i m argini di auto
nom ia rispetto a ll’autorità del vescovo e al ruolo del cardinal protettore, p e r le FM A, ancora di diritto diocesano m a aggregate a u n Istituto di diritto p o nti
ficio, il riferim ento diretto era il R ettor M aggiore, superiore m aggiore con am pie facoltà, delegate al direttore generale, scelto tra i consiglieri generali della Società Salesiana.
I d irettori incaricati, prim a don D om enico P estarino (fino al decesso, 1874), poi G iuseppe C agliero (1874), G iovanni C agliero (1874-75), Giacom o C ostam agna (1875-77), G iovanni B attista L em oyne (1877-83), G iovanni B o
netti, C lem ente B retto, G iovan ni M arenco furono i m ed iato ri del m odello donboschiano a M ornese, N izza, C hieri..., p e r cui l ’approfondim ento delle loro figure, delle lettere intercorse con don B osco e altri consiglieri in riferi
52 Cf Cronistoria I, pp. 297-298.
53 Cf G. Bosco, Costituzioni [1885], tit. VI, art. 4.
m ento alle FM A chiarirà la m e n s che soggiaceva ad alcuni orientam enti e op
zioni, la loro evoluzione. Inoltre si potrà sapere com e essi, insiem e ad altri consiglieri, ad esem pio don C erruti p er le scuole e don R occa p er l ’econom ia, alm eno inizialm ente, incisero p er la vita religiosa e p er l ’apostolato, p er l ’a
desione alle proposte di fondazione di case o di nuove opere54. O vunque era possibile, il confessore, il conferenziere, il predicatore degli esercizi spirituali era un salesiano, varie volte direttore locale, p er assicurare l ’unità di spirito e di orientam ento. N el 1887, quando declinavano le forze di don B osco, i Sale
sian i d el capito lo su p erio re d iscu ssero u n ’ev en tu ale m a g g io re au to no m ia delle FM A , m a poi, p e r tim ore delle conseguenze e condizionati dalla loro im m agine delle religiose, optarono p e r la dipendenza da don Rua, successore designato di don B osco, e da don B onetti, catechista generale55. C ioè p er la continuazione del rapporto anteriore, che pertanto superava la figura del fon
datore e si istituzionalizzava m aggiorm ente.
N el m odello religioso concepito da don B osco, p er i salesiani il direttore era anche confessore. A nalogam ente, le FM A im paravano che, dopo il con
fessore, la superiora era destinata da D io a dirigerle nella virtù, pertanto dove
vano incontrarla p er u n rendiconto una volta al m ese o più spesso se neces
sario, escludendo però le “ cose interne, o le esterne quando queste form assero m ateria di confessione, a m eno che p er ispirito di um iltà e volontariam ente si volessero m anifestare p er avere utili consigli e direzione”56. Se da u na parte il colloquio intendeva m antenere l ’unità di spirito, il senso di appartenenza, la cooperazione alla com une m issione, la presenza del confessore salesiano evi
ta v a l ’ev e n tu ale p re te sa della su p erio ra circa la m a n ife sta z io n e d ella co scienza, com e avvenne in altri Istituti57.
54 Rispetto a don G. Cagliero, che visse poco a Mornese, ma fu più presente tra le FMA in America Latina, e a don G. Costamagna che aveva soprattutto l’interesse di far santificare in breve tutte le suore, don G. B. Lemoyne sembra aver maggiormente inciso per l’aspetto educa
tivo, nel passaggio a Nizza, con un collegio più strutturato e impegnativo.
55 Cf ASC D 869, Verbali Riunioni Capitolari I/A (14/12/1883-31/01/1888), 14 febbraio 1887.
56 Cf G. Bosco, Costituzioni [1878], tit. XVI, art. 25.
57 La S. Congregazione dei Vescovi e Regolari emanò il 17 dicembre 1890 il decreto Quemadmodum, con obbligo di inserirlo in tutte le Costituzioni, proprio a salvaguardia della libertà di coscienza delle religiose e in qualche modo per ribadire la specificità del sacerdote come guida spirituale, specie in relazione ai sacramenti. Anche tra le Suore di S. Anna era pre
visto che liberamente le religiose parlassero con le superiore con apertura di cuore, una volta al mese. Cf Costituzioni [SSA], tit. XIV, art. 97; tit. XX, art. 148. Per motivare il rendiconto mensile per le FMA e gli atteggiamenti appropriati, don Bosco cita S. Francesco di Sales e le Visitandine. Cf Introduzione alle Costituzioni [1885], riportate come Ammaestramenti ed esortazioni di S. G. Bosco alle FMA, in appendice alle Costituzioni delle FMA (1982), p. 247.
Lo spirito di fam iglia, tipicam ente salesiano, si riferiva a “un a fam iglia b en ordinata”, tradizionale, che non prevedev a la discussione degli ordini dei superiori e diffidava del “prurito di riform a», della critica e delle m orm ora
zioni. Forse ci fu più collegialità tra le FM A , perché le prim e erano cresciute insiem e, senza che una di loro prendesse l ’iniziativa com e le a d e r , piuttosto condividendo l ’autorevole riferim ento a don B osco? D opo l ’im pronta data da m a d re M a z z a re llo , la d istin z io n e dei ru o li d o v ev a esse re co m u n q u e contem perata con la m aternità della direttrice e le relazio ni fraterne, la con
divisione della m issione, la com unicazione delle notizie, la confidenza con i superiori. Il com une riferim ento agli stessi testi norm ativi, le visite delle su p erio re e dei su p erio ri alle case, la co rrisp o n d en za , i tra sfe rim e n ti p er v a lo riz z a re le co m p ete n ze p ro fe s sio n a li e re a liz z a re m e g lio la m issio n e erano strateg ie organizzative ind ovinate. E sse si specificaron o soprattutto n elle D elib erazio n i dei C apitoli G enerali, che co stituiv an o u n a no rm ativ a interna.
C irca la professione religiosa, inizialm ente non si esplicitò l ’obbligo dei voti perpetui, che non erano previsti p er le Suore di S. A nna com e in m olti altri Istituti58, m entre stavano a cuore a don Bosco. Si parlava di voti tem po
ranei, triennali; dopo uno o due trienni, il Superiore m aggiore, d ’accordo col C apitolo superiore, poteva am m ettere ai voti perpetui, “qualora giudichi tale cosa tornare utile alla R eligiosa ed all’istituto”59. Si adottò la form ula m olto in uso tra le religiose: “I voti obbligano finché si dim ora in C ongregazione”60.
Lo scioglim ento dai voti dipendeva dal Som m o Pontefice “o” dal Superiore m aggiore61; era stato don Bosco a inserire il riferim ento al Som m o Pontefice nel testo indicato com e M anoscritto D, intorno al 18 1462.
D a ll’inizio si p arlò di u n ’u n ica classe di religiose, senza distinzione, m entre in m olti istituti sussisteva la doppia classe. Era prescritta una dote di 1000 lire (secondo le indicazioni prudenziali della Santa Sede), m a si poteva transigere su ll’effettivo versam ento, se la candidata avesse avuto doti equi
po llen ti, com e ad es. abilità p ro fessio n ali o u n a p aten te m ag istrale. In tal m odo si allargava la possibilità di accesso alla C ongregazione e si confer
58 Cf Costituzioni e Regole [SSA], tit. II, art. 2: «Si fanno voti temporanei».
59 Cf G. Bosco, Costituzioni [1878], tit. I, art. 4; Costituzioni [1885], tit. II, art. 2-3.
60 Cf G. Bosco, Costituzioni [1878], tit. I, art. 4; tit. II, art. 9.
61 Cf G. Bosco, Costituzioni [1878], tit. II, art. 9; [1885], tit. II, art. 3.
62 Il testo studiato da Cecilia Romero, contiene il puntuale riferimento a p. 95. Recente
mente questa redazione è stata pubblicata a sé in forma anastatica: Costituzioni per l ’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Edizione anastatica delle prime Costituzioni corrette da san Giovanni Bosco. Roma, Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice 2008.
m ava la tendenza delle religiose a vivere del proprio lavoro. A nche le Suore di S. A nna si regolavano in quel m o do63.
3. Il piano formativo e spirituale
P er la form azione sp iritu ale delle F M A don B osco n o n com in ciò da zero, né im pose u n m odello esclusivo. Egli trovava a M ornese u n gruppo di giovani allenate. Le radici spirituali erano vicine, p er i riferim enti alfonsiani m ediati da G iuseppe Frassinetti, la centralità dei sacram enti e della devozione m ariana alla base d e ll’im pegno di carità, u n a m en talità ascetica apostolica, volta a prom uovere il bene p iù che a com battere e riparare il m ale. Soprat
tutto le FM I che gravitavano intorno a M aria M azzarello avevano già espe
rien z a educativa, con u n a dedizione crescente. O ccorreva fo rm are le re li
giose. L a sintesi tra tradizione e novità no n era facile, andava elaborata sul campo.
3.1. L e q u a lità d e lle n u o v e r e lig io s e
L’in ten to di don B osco di spo g liare “ di certe p ra tic h e e co stu m an ze tro p p o da asc eta”64 la co m u n ità salesian a p e r serv ire m eg lio la m ission e, com e si poteva adattare al fem m inile?
Il m ovente educativo era centrale p er don B osco com e p e r M aria M azza
rello; d ’altronde al m om ento di creare un a congregazione fem m inile, egli che n o n co n o scev a a fondo quel m ondo, p e r certi asp etti re stò an corato a u n archetipo piuttosto m onastico, senza nulla togliere alla novità delle opere di apostolato, anzi p er legittim arle a ll’interno di u na vita visibilm ente spirituale.
L a regolarità d ell’osservanza, certi com portam enti nelle relazioni interperso
n ali, n e l co n tatto co n p e rso n e estern e, la c lau su ra di alcu n i a m b ien ti, il silenzio, la m ortificazione esterna ed interna, erano canoni com uni della vita religiosa fem m inile. Le FM I non li conoscevano, si affidavano m aggiorm ente allo slancio spontaneo del loro zelo e alla sem plicità d ell’am biente contadino, m a la m ediazione form ativa dei sacerdoti, portatori di un a m entalità e di un im m aginario religioso fem m inile, si fece sentire.
L a figura del direttore salesiano nei grandi collegi o oratori fem m inili, anche nei centri privi di u n ’opera salesiana m aschile, era preziosa com e co n
63 Cf Costituzioni e Regole [SSA], tit. XI, art. 85.
64 Cf Cronistoria I, p. 251.
fessore di suore e ragazze, p er le conferenze, le celebrazioni d ell’anno litur
gico, la direzione delle asso ciazio n i n asc en ti, com e q u ella delle F iglie di M aria65.
La form azione delle FM A era m olto pratica, ristretta nei contenuti della fede e della cultura religiosa, orientata a sviluppare le qualità personali n eces
sarie a svolgere la m issione. In riferim ento ai N ovissim i, ben presenti a quel tem po, M. M azzarello aveva affinato u n suo m odo di intendere il rapporto col soprannaturale. A d esem pio, m entre le lettere di m adre E nrichetta D om inici erano zeppe di riferim enti a ll’inferno e al giudizio, in quelle di m adre M azza- rello la p aro la “inferno” non com pare u n a sola volta, m entre m olto spesso addita il P aradiso, la gioia, lo Sposo celeste, l ’allegria, incorag giando alla lotta66.
Tra le letture spirituali, dapprim a spiccavano opuscoli del Frassinetti, di S. A lfonso, di don B osco e poi l ’I n d ir iz z o e p a s c o lo a lla p i e t à d e lle g io v a n i, di E lisabetta G irelli67. N el 1871 nelle L e ttu r e c a tto lic h e com pariva L a c o r o n a d e l la v e r g in i tà e L a g i o v a n e c r i s t i a n a 68. In seguito, n elle C o stitu zio ni del 1878 si indicavano alcune letture com uni, oltre a quelle scelte dalla superiora:
L ’I m i t a z i o n e d i G e s ù C r is to , la M o n a c a S a n ta e la P r a t i c a d i a m a r G e s ù C r is to di S. A lfonso, la F ilo t e a di S. F rancesco di Sales adattata alla gioventù, il R odriguez, e le vite di santi e sante che si erano dedicati a ll’educazione69.
Senza licenza dei superiori no n avrebbero letto altro (1885), conferm ando una com une tendenza allo stretto controllo delle letture.
Passando alla pratica form ativa, nel prim o “discernim ento vocazionale”
don B osco indicava come adatte “quelle che sono ubbidienti anche nelle cose più piccole; che non si offendono p er le correzioni ricevute e m ostrano spirito di m ortificazione”70.
Il “ sogno delle castagne”, di fine 1881, avrebbe ribadito l ’u bbidienza com e prova delle candidate provviste dello spirito di Dio, al di là d ell’appa
renza che rende difficile scandagliare i cuori71. D unque don B osco (o la m e
65 Le Figlie di Maria promosse nelle case delle FMA gradualmente si staccarono dalla Unione Primaria di S. Agnese a Roma, diffusa capillarmente nelle parrocchie, e costituirono un ramo salesiano, legato alla basilica di Maria Ausiliatrice a Torino.
66 Cf Maria Henrica Dominici, Edizione critica integrale degli scritti (a cura della Con
gregazione delle Suore di S. Anna). Roma, SGS 1994-1996, 2 vol.
67 Cf Cronistoria I, pp. 239-240.
68 Cf ibid., p. 249.
69 Cf Bosco, Costituzioni [1878], tit. XVI, art. 2. Mentre in questo testo si specificava:
«L’educazione della tenera età», nel ms D, anteriore, si diceva «educazione della gioventù».
70 Cronistoria I, p. 247.
71 Cf MB XV, pp. 364-366.
m oria che se ne conservò?) puntò su quei requisiti rispondenti alla m entalità tradizionale sulle donne e non tanto, p er esem pio, sulla capacità di stare volen
tieri in m ezzo alle ragazze, sullo spirito d ’iniziativa. In vista del com pito edu
cativo, però, non bastava l ’esercizio ascetico; già i testi originari assegnavano alle novizie l ’im pegno di abilitarsi nei vari com piti, “offizii”, scuole e cate
chism i12, m entre per le Suore di S. A nna si specificava solo la preparazione n e
cessaria a divenire m aestre: perfezionarsi n e ll’arte del leggere, dello scrivere e conteggiare, nei lavori m anuali, tenendo conto che durante la Restaurazione nel R egno di Sardegna n on era ancora obbligatoria la patente p er insegnare.
A lla vigilia della prim a professione, don Bosco dava norm e pratiche di com portam ento religioso che rivelavano l ’incertezza di contem perare il m o dello tradizionale sintetizzato negli occhi bassi, con uno attivo, spontaneo, se
reno. Stava tentando di im m aginare le sue suore: “Il vostro passo deve essere giusto: né affrettato, né lento, e tutto il vostro m odo di fare m odesto, raccolto, non im pacciato, disinvolto anzi; e che riveli la serenità del vostro cuore: la testa b en diritta, gli occhi bassi, in m odo che no n solo l ’abito, m a tutto il con tegno vi faccia riconoscere religiose, cioè persone consacrate a D io”13.
Prom ise grande avvenire se le FM A si fossero m antenute um ili, “ sem plici, povere, m ortificate”14. In altri term ini l ’espansione delle opere aveva b i
sogno della solidità interiore prodotta da una vigilanza e ascesi a tutta prova, p er non evaporare n e ll’esibizionism o o in false sicurezze. L a serenità, neces
saria nella v ita com une e con le allieve, sgorgava dalla grazia di Dio, dal
l ’unione con Lui, dalla fiducia n e ll’aiuto e nella presenza di M aria.
3.2. P r e g h ie r a e p r a t i c h e d i p i e t à
L a p ie tà o tto c e n te sc a era p iù d ev o z io n a le che litu rg ic a e le co n g re
gazioni fem m inili in genere avevano m olte p ratich e devozionali. L a scelta educativa di don B osco, di non caricare i ragazzi di troppe devozioni, m a di essere costanti, ebbe dirette ripercussioni nelle com unità religiose che condi
videvano con gli allievi anche la m aggioranza dei m om enti di preghiera15. Si trattava delle preghiere del buon cristiano, con quelle insistenze che fecero di don B osco un form atore di giovani santi.
12 Cf G. Bosco, Costituzioni [1878], tit. VIII, art. 1.
13 Cf Cronistoria I, p. 300.
14 Cf la prima predica alle FMA nel 1812, in Cronistoria I, p. 306.
15 Indicativo, a riguardo, il modo di intendere il fioretto per il mese di maggio da madre Mazzarello: non aggiungere altre cose, ma rinnovarsi nello spirito, attuando bene le pratiche di pietà quotidiane. Cf Cronistoria II, p. 134.
N e i p rim i anni le F M A usavano u n libretto di p reg hiere di C arlo F o gliano, U n lib r e tto e d u n te s o r o o s s ia la f i g l i a d iv o ta d i G e s ù S a c r a m e n ta to e d i M a r ia S S . e a m a n te d e lla p r o p r i a p e r fe z i o n e , che don C ostam agna tradusse in spagnolo m entre era in viaggio sul Savoie con le prim e m issionarie FM A 76.
Purtroppo il m anoscritto n on è pervenuto, lasciando una lacuna nella cono
scenza delle preghiere recitate dalla prim a com unità e circa la loro distribu
zione nella giornata77.
L a v ita sp iritu ale s ’in cen trav a su lla m essa q uo tid ian a, con fessio n e e com unione frequente. M aria A usiliatrice era sentita presente e attiva, a lei ci si rivolgeva col rosario, il ricordo dei dolori e delle allegrezze78, che le mor- nesine coltivavano anche prim a, difatti da FM I erano m olto devote d ell’A ddo
lorata. I dolori e le allegrezze di M aria erano com m em orate alle ore stabilite - nel ricordo di Petronilla M azzarello - perché don Bosco li aveva pensati in coincidenza con le ore canoniche, in m odo da rappresentare una preghiera co
m une con la C hiesa79. Il Sacro Cuore, gli A ngeli Custodi erano oggetto di de
vozione, oltre ai protettori s. Giuseppe, s. Teresa, s. Francesco di Sales80.
R ispetto alle Suore di S. A nna, p er le F M A si sottolineava la com unione frequente, anche q u o tid ian a “ con licen z a del co n fesso re” 81. N e ll’edizione delle C ostituzioni del 1885 si aggiunse che se un a religiosa riteneva di do
versi astenere dalla com unione, non doveva avvisarne la superiora, tuttavia superata la settim ana, essa doveva intervenire ed eventualm ente provvedere ai bisogni spirituali82.
76 Cf lettere delle prime missionarie a madre M. Mazzarello, Isola Flores, 14 dicembre 1877, in P. Cavaglià - A. Costa (a cura di), Orme di vita..., d. 83, p. 209. Carlo Fogliano, Un libretto ed un tesoro ossia la figlia divota di Gesù Sacramentato e di Maria SS. e amante della propria perfezione. Biella, Tip. Flecchia e Chiorino 18657. L’indicazione è anche nella Cronistoria II, p. 124.
77 Cf P. Cavaglià - A. Costa (a cura di), Orme di vita..., d. 83, p. 209, n. 15. Nel II Capitolo generale del 1886 si comunicava la proposta di avere un unico libro di preghiere, da tutte desiderato. Segno che non c’era. Cf Cronistoria V, p. 111.
78 Don Bosco aveva da giovane quella devozione, ne scrisse un opuscolo nel 1844, Corona dei sette dolori di Maria, con sette brevi considerazioni sopra i medesimi, esposte in forma di Via Crucis. La inserì poi ne Il Giovane Provveduto. Cf Cronistoria I, pp. 257-258.
79 Cf Cronistoria II, pp. 124-125.
80 L’indicazione dei tre santi protettori era nel cap. IX delle Costituzioni (1871). Cf Cro
nistoria I, p. 254.
81 Per le Suore di S. Anna era prescritta la comunione “regolarmente alla domenica, e in tutti i giorni festivi, ed in quelli di martedì e giovedì, e nei giorni anniversari della nascita, vestizione e professione delle suore, e pel rimanente secondo il calendario”. Costituzioni e Regole [SSA], tit. XIV, art. 99. Per le FMA cf G. Bosco, Costituzioni, almeno dal ms G, tit. XI, art. 4 (p. 235) e fino all’edizione del 1885.
82 Cf G. Bosco, Costituzioni [1885], tit. XVII, art. 8.