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Organismo di vigilanza e collegio sindacale: entità distinte e distinguibili

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Academic year: 2022

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Tribunale Bologna 24.07.2007, n.7770 - ISSN 2239-7752 Direttore responsabile: Antonio Zama

Organismo di vigilanza e collegio sindacale: entità distinte e distinguibili

Supervisory board pursuant to decree 231/2001 and board of auditor: distinct and distinctive entities

07 Giugno 2021

Sonia Mazzucco, Camilla Zanichelli

*Contributo sottoposto con esito positivo a referaggio secondo le regole della rivista

Abstract

Il D. Lgs. n. 231/2001 demanda il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei Modelli 231 ad uno specifico Organismo di Vigilanza, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo. Dal 2011 è prevista la possibilità che il ruolo di Organismo di Vigilanza venga svolto dal Collegio Sindacale, lasciando alle società e agli enti l’opportunità di optare per l’attribuzione di più funzioni in capo ad un unico soggetto, ovvero per la separazione dei compiti e delle responsabilità.

In base alle dimensioni, alla complessità e ai rischi che ne caratterizzano l’attività, società ed enti devono procedere alla nomina di un Organismo di Vigilanza che possa svolgere il proprio ruolo con coerenza ai fini della costante idoneità del Modello 231 nel suo complesso, anche di fronte all’autorità giudiziaria.

Abstract

Pursuant to the italian decree 231/2001 is legalised that the task of overseeing such operations, in compliance with the models, has been delegated to an organisation within the body vested with powers to act on its own initiative and conduct monitoring. Since 2011 there is the possibility that the role of Supervisory Board pursuant to decree 231/2001 will be carried out by the Board of Auditors, leaving to companies and institutions the opportunity to opt for the attribution of several functions in charge of a single entity, or for the separation of tasks and responsibilities.

Depending on the size, complexity and risks that characterize its activity, companies and institutions must proceed with the appointment of a Supervisory Board that can play its role consistently for the purposes of the constant suitability of the Model 231 as a whole, also before the judicial authority.

Sommario 1. Premessa

2. La composizione e i requisiti dell’Organismo di Vigilanza

3. Vantaggi e criticità conseguenti alla sovrapposizione dell’Organismo di Vigilanza col Collegio Sindacale 4. Aspetti operativi dell’assunzione del doppio incarico

5. I rapporti con l’Organismo di Vigilanza secondo le norme di comportamento del Collegio Sindacale CNDCEC

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Summary 1. Introduction

2. Composition and requirements of the supervisory board 3. Benefits and critical points concerning to the dual posts 4. Matters among the dual posts

5. The connections between the supervisory board and the board of auditor according to the rules of the italian CNDCEC

1. Premessa

Come noto, il D. Lgs. n. 231/2001 afferma che ai fini dell’esclusione della responsabilità amministrativa di società ed enti, gli stessi debbano adottare ed efficacemente attuare un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (di seguito “Modello 231”), oltre che nominare un Organismo di Vigilanza (di seguito anche “OdV”). In tal senso, l’art. 6, co. 1, lettera b), D. Lgs. 231/2001 asserisce che “il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei Modelli e di curare il loro aggiornamento è affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo”, mentre al successivo art. 7, co. 4, lettera a) del medesimo Decreto, viene stabilito come il sotteso Organismo debba svolgere verifiche periodiche. In merito all’attività di competenza dell’Organismo di Vigilanza diviene dunque interessante comprenderne le dinamiche relative ai rapporti con gli altri Organi, in particolar modo con il Collegio Sindacale.

Giova in tal senso ricordare come la Legge di stabilità 2012 (L. 183/2011), emanata al fine di introdurre misure dirette a diminuire il carico degli oneri e degli adempimenti amministrativi che gravano su Imprese e Cittadini, all’art. 14, co. 12, ha introdotto la facoltà per il Collegio Sindacale (o altro organo equivalente, nel caso di adozione di forme di governo societario differenti da quella tradizionale) di svolgere le funzioni dell’Organismo di Vigilanza. In ottemperanza a detta previsione, anche il D. Lgs. n.

231/2001 è stato aggiornato con il co. 4-bis dell’art. 6, così disciplinato: “nelle società di capitali il Collegio Sindacale, il Consiglio di sorveglianza e il Comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’Organismo di Vigilanza di cui al comma 1, lett. b)”, aprendo nei fatti un nuovo modo di interpretare il ruolo dell’Organismo di Vigilanza.

Sin dall’introduzione della citata e prevista sovrapposizione dei ruoli, numerose erano state le palesi reazioni critiche nei confronti dei profili applicativi della norma. Confindustria, in primis, da subito si era esposta con perplessità, indicando quale gap sotteso allo specifico presupposto di Legge la previsione secondo cui i Sindaci stessi potessero rendersi potenziali autori di taluni reati presupposto e citando nel caso specificatamente i reati societari.

Banca d’Italia e ABI, in conseguenza, si erano pronunciate in termini possibilisti, ricordando però come gli Istituti di Credito potessero prevedere la sovrapposizione di ruolo solo dandone adeguata motivazione e sottolineando come tale previsione non potesse in alcun frangente rappresentare un obbligo, bensì sempre e solo una facoltà. Inoltre, la circolare ABI n. 1/2012 sanciva espressamente la contrarietà alla contestazione dell’inidoneità del Modello 231 per “asserita incompatibilità delle funzioni”, suggerendo in tal senso la macchinosa distinzione senza via d’equivoco degli incarichi, ovvero delle azioni svolte dall’Organo di controllo e di quelle portate avanti dall’Organismo di Vigilanza.

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Infine, anche l’Associazione degli Organismi di Vigilanza, nel position paper del 23 marzo 2012, aveva profondamente criticato la previsione normativa di specie e l’attribuzione mista dei ruoli, riportando al centro delle considerazioni l’ipotesi di un pesante conflitto d’interessi interno e della possibile carenza dei tratti basici che raffigurano la professionalità di un Organismo di Vigilanza in contrapposizione all’Organo di controllo.

Altra fonte di confusione latente in merito al delicato rapporto tra gli Organi di controllo e l’Organismo di Vigilanza, è stato poi il D.L. n. 5/2012 in materia di semplificazione e sviluppo. Lo stesso aveva difatti apportato ulteriori modifiche a quanto già previsto dalla Legge di stabilità 2012, consentendo alle società a responsabilità limitata l’adozione del Sindaco unico in alternativa al Collegio Sindacale e prestando così il fianco a diverse interpretazioni riguardo una suppletiva carica da attribuire ad un organo tra l’altro monocratico.

Partendo dalle valutazioni critiche rispetto alla previsione di sovrapposizione dell’Organo di controllo e dell’Organismo di Vigilanza, resta dirimente comprendere i profili che possono derivare da logiche applicative. In tal senso, dovranno essere ponderate le possibili implicazioni in tema di responsabilità, sia in capo al professionista autore del controllo, sia in capo alla società, la quale in un’ottima di mero risparmio potrebbe assumere taluni rischi senza probabilmente esserne nemmeno a conoscenza.

2. La composizione e i requisiti dell’Organismo di Vigilanza

L’Art. 6 del D. Lgs. n. 231/2001 prevede che si possa parlare di esonero dalla responsabilità amministrativa conseguente alla commissione di reati presupposto qualora l’Organo amministrativo abbia, tra le altre cose:

1. adottato modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire i reati considerati;

2. affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello e di curarne l’aggiornamento a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.

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La volontà del legislatore è quella di lasciare a società ed enti la più totale libertà di scelta nella composizione dell’organismo stesso: l’Organismo di Vigilanza può, difatti, essere previsto in forma monocratica, vale a dire costituito da una sola persona, oppure pluripersonale (altrimenti detto collegiale), ossia composto da più soggetti. Sia per la composizione monocratica che per quella pluripersonale la norma non regolamenta la presenza di componenti interni o esterni rispetto alla società o all’ente, sebbene nel caso di Organismo di Vigilanza monocratico possa risultare critica la presenza di un componente appartenente alla struttura aziendale, in riferimento ai chiari conflitti d’interesse riscontrabili.

Come anticipato pocanzi, è prevista la possibilità che il Collegio Sindacale, o un organo equivalente nel caso di adozione di forme di governo societario differenti da quella tradizionale, venga investito del ruolo di Organismo di Vigilanza. Sul punto, occorre distinguere l’ipotesi secondo cui un solo membro del Collegio Sindacale sia nominato nel contempo Organismo di Vigilanza, da quella di totale sovrapposizione dei due Organi, previsti in forma pluripersonale.

Il conferimento dell’attività di controllo all’Organismo di

vigilanza, così come l’adeguatezza del suo intervento, sono,

dunque, presupposti indispensabili per l’esonero dalla

responsabilità e rendono evidente il principio di effettività in

materia 231: in tal senso, è importante che questi presupposti

non rappresentino un adempimento meramente formale, ma che

l’Organismo di Vigilanza sia effettivamente posto nelle

condizioni di assolvere ai complessi e delicati compiti di cui la

legge lo investe. L’Organismo di Vigilanza deve essere

in grado di svolgere attività specialistiche che presuppongono la

conoscenza di strumenti e tecniche ad hoc e deve essere

caratterizzato da continuità d’azione, al fine di assolvere in

modo efficace il suo ruolo in favore di società ed enti

. Una corretta individuazione dei professionisti che compongono

l’Organismo di Vigilanza sottende, poi, una ponderazione in

merito alle esigenze specifiche della società o dell’ente, alle loro

dimensioni e alla complessità aziendale intrinseca. La nomina

deve essere approcciata valutando i compiti conferiti

all’Organismo di Vigilanza dalla legge, nonché i requisiti

necessari ai fini dell’adeguato svolgimento di tali compiti, anche

alla luce della giurisprudenza maturata sul punto.

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Intendendo in questo frangente soffermarci sulla nomina formale, dal punto di vista dei requisiti soggettivi – quali autonomia, onorabilità e continuità d’azione – è ormai assodato che uno dei sindaci possa essere chiamato a far parte dell’Organismo di Vigilanza, nonostante non risulti sovrapponibile la fase pratica di designazione. Da un lato, difatti, la nomina del Collegio Sindacale è rimessa ad una delibera assembleare, mentre, dall’altro, la designazione dell’Organismo di Vigilanza – inclusa anche la previsione secondo cui siano nominati uno o più componenti del Collegio Sindacale – si configura quale atto gestorio e quindi è di stretta competenza dell’Organo amministrativo, il quale vi potrà procedere in prima istanza in sede di adozione del Modello 231. Unico caso di contemporanea nomina è, invece, la designazione dell’intero Collegio Sindacale a rivestire le funzioni dell’Organismo di Vigilanza: in questo frangente pare d’uopo rammentare la tesi secondo la quale la nomina del Collegio Sindacale con funzioni di Organismo di Vigilanza intervenga in sede assembleare (organo deputato al business judgement rule).

Quale che sia la scelta organizzativa compiuta dalla società o dall’ente, l’Organismo di Vigilanza dovrà sempre rispettare alcuni basilari requisiti e risultare realmente dotato dei poteri e compiti previsti dal legislatore. Per verificare se esista già, nell’ambito dell’organizzazione societaria, una struttura dotata dei requisiti necessari per svolgere le funzioni attribuite all’Organismo previsto dal D. Lgs. n. 231/2001, pare utile individuarne i principali requisiti, desumibili dal decreto stesso e interpretati dalla Giurisprudenza.

Come disciplinato dalle linee guida di Confindustria, i requisiti per la designazione al ruolo di Organismo di Vigilanza sono riconducibili ai presupposti di seguito riportati.

Autonomia e indipendenza: il requisito è intrinseco nella norma, la quale affinché il Modello 231 spieghi efficacia esimente, all’articolo 6, comma 1, lettera b), del D. Lgs. n. 231/2001 richiede che “il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento” sia stato affidato a “ un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo”. Inoltre, la Giurisprudenza ha affiancato al requisito dell’autonomia quello dell’indipendenza (cfr. G.i.p. Tribunale Milano, ordinanza 20 settembre 2004). Il primo requisito, infatti, sarebbe svuotato di significato se i membri dell’Organismo di Vigilanza risultassero condizionati a livello economico e personale o versassero in situazioni di conflitto di interesse, anche potenziale.

I requisiti di autonomia e indipendenza si possono tradurre nella pratica nella necessità di evitare ogni coinvolgimento di carattere operativo all’Organismo di Vigilanza, al fine di scongiurare ogni identità, anche parziale, tra controllato e controllante e nella eliminazione pratica delle ingerenze o dei condizionamenti di tipo economico o personale da parte del vertice societario. All’interno del Modello 231 vanno previste effettive cause di ineleggibilità e decadenza dal ruolo di membro dell’Organismo di Vigilanza, al fine di garantire onorabilità, assenza di eventuali conflitti d’interesse e relazioni di parentela con gli organi societari.

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Professionalità: requisito da considerare in riferimento alle competenze, agli strumenti e alle tecniche che l’Organismo di Vigilanza deve possedere per poter svolgere efficacemente la propria attività . Anche la Giurisprudenza si è espressa denotando l’essenzialità della verifica del possesso di specifiche competenze professionali, rammentando come non sia sufficiente un generico rinvio al curriculum vitae dei singoli, ma che il Modello 231 debba esigere che i membri dell’OdV abbiano competenze in “ attività ispettiva, consulenziale, ovvero la conoscenza di tecniche specifiche, idonee a garantire l’efficacia dei poteri di controllo e del potere propositivo ad esso demandati” (così Trib. Napoli, 26 giugno 2007). Il requisito di professionalità si può tradurre nella pratica con la nomina di soggetti competenti in materia ispettiva e consulenziale, in grado di compiere attività di campionamento statistico, di analisi, valutazione e contenimento dei rischi, di elaborazione e valutazione dei questionari.

Continuità d’azione: per garantire l’efficace e costante attuazione di un Modello 231, soprattutto nelle aziende di grandi e medie dimensioni, si rende necessaria la presenza di una struttura dedicata a tempo pieno all’attività di vigilanza sul Modello stesso, priva di mansioni operative che possano portarla ad assumere decisioni con effetti economico-finanziari (cfr. Trib. Roma, 4 aprile 2003).

Con riferimento agli Organismi di Vigilanza a composizione collegiale, il requisito della continuità di azione può essere soddisfatto attraverso molteplici profili applicativi: ad esempio, attraverso la presenza di componenti interni che possano offrire un contributo frequente, oppure, nel caso di componenti esterni, attraverso la costituzione di una segreteria tecnica o di referenti che possano assicurare la costante individuazione di una struttura di riferimento nella società o dell’ente.

Il requisito di continuità d’azione si può tradurre nella pratica con la previsione di una struttura dedicata all’attività di vigilanza e attraverso la cura costante della documentazione comprovante l’attività svolta.

3. Vantaggi e criticità conseguenti alla sovrapposizione dell’Organismo di Vigilanza col Collegio Sindacale

In ottemperanza alla Legge di stabilità 2012 (L. n. 183/2011), l’art. 6, co. 4-bis, D. Lgs. n.231/2001 – come già richiamato – ha previsto che: “nelle società di capitali il Collegio Sindacale, il Consiglio di sorveglianza e il Comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’Organismo di Vigilanza di cui al comma 1, lett. b)”.

Indipendentemente dalla concreta equipollenza dell’Organismo di Vigilanza con il Collegio Sindacale, appare sempre maggiormente evidente l’importanza della previsione di una fattiva collaborazione tra i due organi, da concretizzare attraverso l’attivazione di flussi informativi costanti sui rispettivi operati, nel rispetto dell’autonomia e dell’insindacabilità che contraddistinguono le rispettive operatività. Anche la norma corre in tal senso, prevedendo difatti all’art. 2409 del Codice Civile che il Collegio Sindacale debba vigilare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società, di cui i Modelli 231 costituiscono senz’altro parte integrante.

Non di meno, la previsione sopra citata si pone ad un passo ancora più avanti rispetto al coordinamento applicativo dei due organi, rimettendo alla discrezionalità delle società ed enti la scelta di affidare le funzioni di Organismo di vigilanza al Collegio Sindacale o ad un organo equivalente nel caso di adozione di forme di governo societario differenti da quella tradizionale.

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Nel merito, l’aggiornamento dell’esercizio 2020 del Codice di Corporate Governance[1], documento redatto ad opera delle Associazioni di impresa (ABI, ANIA, Assonime, Confindustria), di investitori professionali (Assogestioni) e di Borsa Italiana S.p.A., nelle raccomandazioni relative al sistema di controllo interno e di gestione dei rischi[2], prevede l’attribuzione all’organo di controllo o a un organismo appositamente costituito delle funzioni di vigilanza di cui al D. Lgs. n. 231/2001. Non di meno, lo stesso contributo prevede che la società o l’ente debbano fornire nella relazione sul governo societario le motivazioni delle scelte effettuate in merito alla composizione dell’Organismo di Vigilanza.

E’ utile sottolineare in questo frangente che, rispetto alla precedente versione del Codice, viene contemplata l’ipotesi secondo cui l’Organismo di Vigilanza non coincida con il Collegio Sindacale, raccomandando, in tal caso, di valutarne una composizione mista che possa garantire la presenza anche di soggetti coinvolti nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi. Inoltre, la previsione di un Organismo di Vigilanza composto solo da membri esterni risulta assolutamente compatibile con il Codice, purché sia assicurato – mediante il supporto delle funzioni aziendali e la cura di adeguati flussi informativi – un adeguato coordinamento con i soggetti coinvolti nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi.

A tal proposito, società ed enti devono valutare l’opportunità di investire il Collegio Sindacale della funzione di Organismo di Vigilanza considerando parametri oggettivi, quali la complessità organizzativa, la natura dell’attività svolta e le dimensioni aziendali. L’opportunità va valutata caso per caso: probabilmente sono inclini a percorrere tale opzione organizzativa soprattutto società ed enti caratterizzati da una minore complessità strutturale, dove è più sentita l’esigenza di razionalizzazione dei controlli interni, nonché quelle che non presentano specifiche esigenze di articolazione della governance.

Qualora fosse intenzione dell’Organo amministrativo optare per investire il Collegio Sindacale anche del ruolo di Organismo di Vigilanza occorre tuttavia considerare le funzioni e gli scopi intrinsechi dei due organi, scongiurando la duplicazione dei compiti in capo a soggetti diversi.

Il Collegio Sindacale, infatti, ricopre nelle realtà applicative un ruolo centrale all’interno del sistema dei controlli, sempre meno incentrato su verifiche contabili e improntato invece in favore di una vigilanza inerente legittimità e correttezza dell’operato dell’Organo amministrativo, come pure sull’osservanza dei modelli organizzativi. Il ruolo dell’Organismo di Vigilanza in tal senso è invece maggiormente esteso, essendo lo stesso costantemente a diretto contatto con tutte le aree sensibili al rischio reato, non esclusivamente con quelle di carattere societario. Nel sotteso contesto, all’Organismo di Vigilanza potrebbero essere richieste competenze strumentali a controlli in ambito ambientale, informatico o nel contrabbando e di tali cognizioni specialistiche i membri dei Collegi Sindacali potrebbero essere sprovvisti.

In riferimento poi al requisito della continuità d’azione, occorre considerare che, ai sensi dell’art. 2404 del Codice Civile, il Collegio Sindacale si riunisce almeno ogni 90 giorni. Per assicurare la continuità di azione tipica dell’Organismo di Vigilanza, invece, la previsione – seppur non regolamentata – della frequenza delle riunioni è sicuramente maggiore.

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Ed ancora occorre ricordare come, nell’esercizio delle proprie attività a favore della società o dell’ente, anche il Collegio Sindacale possa rendersi autore di condotte delittuose ai fini della responsabilità amministrativa ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001. In tal senso, il rischio di sovrapposizione tra controllore e controllato non può essere ignorato, ma anzi deve essere prontamente ponderato al fine di evitare che da una condotta non opportunamente segnalata e mappata nella sua rischiosità possa derivare un reato.

In tal senso, preme ricordare un aspetto particolarmente critico, riconducibile ai reati societari, delitti appartenenti al c.d. “catalogo dei reati 231”, che vedono spesso coinvolti in sede penale i Sindaci assieme all’Organo amministrativo, qualora questi non abbiano correttamente vigilato e impedito la commissione di tali reati da parte degli Amministratori o comunque di altri Soggetti posti in posizioni apicali.

Infine, giova rilevare anche la previsione dell’’obbligo di impedire l’altrui reato in capo ai Sindaci (si ricorda – nel merito – all’art. 40 c.p. “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”), non riscontrabile nelle previsioni in campo all’Organismo di Vigilanza.

A riguardo a completezza di trattazione, rileva evidenziare come cominci a diffondersi nelle aule di Tribunale una tesi – non condivisa dalle scriventi – secondo la quale nella valutazione dell’efficace implementazione delle previsioni di cui al D. Lgs. n. 231/2001, viene sostenuto in sintesi che debba essere valutato anche il comportamento dell’Organismo di Vigilanza ai fini dell’imputazione della responsabilità 231 dell’ente, nel senso di accertare se l’Organismo si sia attivato o meno nella prevenzione del reato, come a voler riconoscere un suo preciso compito di impedire la commissione della condotta delittuosa, stravolgendo in tal modo lo stesso spirito su cui la norma si fonda.

È recente in tal senso un’ultima pronuncia del Tribunale di Milano (Sez. II) del 7 aprile 2021 sul caso Monte dei Paschi di Siena, che ha riguardato anche la responsabilità amministrativa degli enti ex D. Lgs. n. 231/2001, sulla quale i Giudici in estremissima sintesi hanno valutato l’inidoneità del Modello – e pertanto la responsabilità dell’ente – adducendo quale principale motivazione l’omessa (o almeno insufficiente) vigilanza da parte dell’OdV, che non avrebbe svolto la sua funzione di controllo ed intervento nelle condotte oggetto del procedimento giudiziario de quo (“operazioni Santorini ed Alexandria”).

Tale decisione appare in disarmonia con lo spirito della normativa e con le funzioni ed i compiti propri dell’OdV, contribuendo a consolidare – purtroppo – il convincimento che la responsabilità dell’ente possa derivare anche solo tenendo in considerazione l’operato dell’OdV, senza una adeguata valutazione anche del Modello 231 implementato nella specifica realtà oggetto di accertamento.

Ma v’è di più. In tal modo si sta delineando la tesi secondo la quale – in via interpretativa per la decisione giurisprudenziale del 7.4.2021 ma non solo – l’OdV “debba” impedire la commissione dei reati presupposto 231, tanto che nella decisione qui richiamata si legge in sostanza che se l’Organismo si fosse attivato, il reato non si sarebbe commesso.

Tale tesi come detto non solo non è in armonia con lo spirito della normativa 231, ma va ad incidere profondamente sulla “carta d’identità” dell’Organismo di Vigilanza, modificandone i tratti essenziali e principali della sua stessa natura, come a significare che esso debba vigilare il rispetto del Modello Organizzativo 231 con l’obiettivo ultimo di impedirne la commissione dei reati che lo stesso modello intende prevenire, con l’assunto di ravvedere un dovere di intervento, ovvero in via interpretativa l’applicazione del secondo comma dell’art. 40 del codice penale.

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Non è condivisibile la suddetta decisione, e si auspicano interventi legislativi volti a chiarire inequivocabilmente il perimetro del ruolo e dei compiti dell’Organismo di Vigilanza e delle connesse sue responsabilità, che non può e non deve avere un ruolo impeditivo sulla condotta delittuosa, ma deve avere una funzione esclusivamente preventiva di controllo sulle misure volte alla prevenzione di quello stesso reato. La differenza è sottile ma decisamente sostanziale, rischiando di attribuire all’Organismo anche un tipo di controllo nuovo e diverso dalla sua funzione, ovvero quello sulla gestione dell’Organo amministrativo della Società.

4. I rapporti con l’Organismo di Vigilanza secondo le norme di comportamento del Collegio Sindacale CNDCEC

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha aggiornato alla data del 12 gennaio 2021 con le disposizioni introdotte dalla Legge 30 dicembre 2020 n. 178, le “Norme di comportamento del Collegio sindacale – Principi di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate”.

In merito al tema in trattazione, si evidenzia che il documento ha dedicato una apposita norma ai “ Rapporti con l’Organismo di Vigilanza” (n. 5.5), la quale in particolare dispone che “Ai fini dello svolgimento dell’attività di vigilanza, il Collegio sindacale acquisisce informazioni dall’Organismo di Vigilanza in merito alla funzione ad esso assegnata dalla legge al fine di vigilare sull’adeguatezza, sul funzionamento e sull’osservanza del Modello adottato ex D. Lgs. n. 231/2001.

Il Collegio sindacale verifica che il Modello preveda termini e modalità dello scambio informativo dell’Organismo di Vigilanza a favore dell’organo amministrativo e dello stesso Collegio sindacale”.

La norma prevede pertanto che vi sia in capo al Collegio Sindacale uno specifico compito di controllo dell’operato dell’OdV e che siano previsti e adeguatamente rispettati, i flussi informativi dell’Organismo verso l’organo di gestione e lo stesso Collegio.

Inoltre, il documento in esame riporta anche l’indicazione dei “criteri applicativi” della norma, dove specifica che nel caso in cui l’OdV non fosse composto anche da sindaci o nell’ipotesi in cui i suoi compiti fossero integralmente affidati al Collegio Sindacale, il Collegio debba acquisire informazioni al fine di verificare gli aspetti inerenti il requisito dell’“autonomia” richiesta dal legislatore.

Sul punto viene subito da notare che la formulazione del “criterio” così formulato, parrebbe escludere in capo al Collegio Sindacale una verifica dell’autonomia dell’Organismo nell’ipotesi in cui l’OdV fosse costituito anche da Sindaci, non comprendendo la previsione di tale eccezione in considerazione del fatto che tale verifica debba essere operata anche sull’Organismo inteso nel suo insieme e non solo sul singolo componente, come anche sostenuto da Confindustria nelle proprie Linee Guida.

Inoltre, come visto, la norma prevede in capo al Collegio una verifica che nel Modello Organizzativo ex D. Lgs. n. 321/2001, sia disciplinato adeguatamente lo scambio informativo dell’OdV a favore dell’Organo amministrativo e del Collegio stesso, laddove nella trattazione poi operata nei criteri applicativi viene precisato che tale verifica debba riguardare tutti i flussi finalizzati a garantire l’efficace attuazione del MOG.

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Importante segnalare la possibilità in capo al Collegio Sindacale di stabilire con l’Organismo termini e modalità per lo scambio di informazioni rilevanti, concordando anche un programma di incontri nel corso dell’anno; di tutte queste attività, il Collegio provvederà a formalizzarne gli esiti nel Libro delle adunanze e delle delibere.

Altro rilevante aspetto su cui soffermarsi, è quello relativo al compito affidato al Collegio Sindacale di sollecitare l’adozione del Modello Organizzativo nelle società che ne siano prive e, in caso di inerzia dell’amministrazione senza valide ragioni, darne conto nella relazione a margine del bilancio ex art.

2429 c.c. al fine di consentire all’Assemblea di poter prendere atto dell’iniziativa dell’Organo di controllo, anche ai fini delle disposizioni di cui all’art. 2407, co. 2, c.c.

Tele previsione assume ancora più rilevanza in considerazione dell’introduzione del secondo comma dell’art. 2086 del codice civile, operata con la riforma della normativa fallimentare, che prevede nello specifico che l'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, debba istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, “ anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale”, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

5. Aspetti operativi dell’assunzione del doppio incarico

La tematica relativa alla composizione dell’Organismo di Vigilanza, e conseguentemente dei suoi requisiti e delle incompatibilità dei suoi membri, nonostante siano trascorsi 20 anni dall’entrata in vigore del D. Lgs.

n. 231/2001, ancora suscita forti dibattiti dagli operatori della materia.

In particolare ci si riferisce ad uno dei temi più controversi, ovvero quello relativo alla possibilità prevista dall’art. 6 co. 4-bis del Decreto di poter assegnare le funzioni dell’OdV al Collegio Sindacale.

Il legislatore ha così ritenuto che possa esservi coincidenza tra le due funzioni senza che ciò comprometta la sovrapposizione e l’indipendenza richiesta all’Organismo.

Ora, come già suesposto, il Decreto in esame non ha fornito indicazioni circa la composizione dell’OdV – che può avere composizione monocratico ma anche collegiale – né tantomeno ha chiarito le eventuali incompatibilità dei suoi componenti, limitandosi a specificare che l’OdV debba avere “autonomi poteri di iniziativa e di controllo” (art. 6 comma 1 lett. b).

Ecco quindi che è stata rimessa alla società la valutazione circa la scelta nella composizione dell’Organismo.

Considerata tale citata carenza, di fondamentale importanza nel tempo sono state le pronunce giurisprudenziali nonché le Linee Guida di Confindustria, che hanno offerto degli importanti chiarimenti, diventati nella prassi operativa riferimenti imprescindibili.

I requisiti dell’OdV sono stati già approfonditi nei § che precedono, per quanto qui rileva sottolineare come, fermo il requisito della professionalità, l’unico limite oggettivo nella scelta della composizione dei componenti dell’Organismo è quello relativo alla non coincidenza tra controllato e controllante ( Cass. Sez. Unite 24.4.2014 n. 38343), affinchè sia garantita “l’autonomia dell’iniziativa di controllo da ogni forma di interferenza o condizionamento da parte di qualunque componente dell’ente e, in particolare, dall’organo dirigente” (Cass. Pen sez. V 18.12.2013 n. 4677).

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Sulla compatibilità della carica di componente del Collegio Sindacale con quella di componente dell’Organismo di Vigilanza, per quanto come detto prevista dalla normativa di riferimento, a parere delle scriventi minerebbe i requisiti di autonomia e indipendenza, in disarmonia tra l’altro con il principio stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. Pen. SS.UU. 38343/2014 – Caso Thyssenkrupp).

Medesima posizione è sostenuta anche da Confindustria, che ravvisa altresì un problema di mancato rispetto del requisito della continuità di azione.

Ad oggi tale possibilità è comunque prevista dal legislatore, per cui in caso di sovrapposizione si ritiene quanto mai indispensabile che l’operato dei due soggetti, sia da un punto di vista formale che operativo, sia assolutamente distinto e distinguibile.

In conclusione del presente approfondimento, ci si augura che proprio in occasione dell’entrata in vigore della normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti ex D. Lgs. n. 231/2001, possa essere intrapreso un percorso di valutazione da parte del legislatore sulla previsione di cui al comma 4 bis dell’art. 6 del decreto, operando un intervento che tenga conto dell’effettiva portata pratica di tale previsione considerata l’importanza e la centralità dell’Organismo di Vigilanza nel “Sistema 231”

, atteso che la nomina dello stesso rappresenta – assieme all’efficace adozione di un idoneo Modello Organizzativo – il requisito imprescindibile ai fini dell’esonero da responsabilità amministrativa degli enti.

1. Il Comitato per la Corporate Governance (ABI, ANIA, Assonime, Confindustria, Assogestioni e Borsa Italiana S.p.A.) ha approvato il nuovo Codice di Corporate Governance pubblicato sul sito del Comitato il 31 gennaio 2020.

2. Cfr. Raccomandazione n. 33, lett. a) del nuovo Codice di Corporate Governance

TAG: Sistema 231, Organismo di Vigilanza, collegio sindacale

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