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Introduzioneallameccanicadeilaminati Capitolo1

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Academic year: 2021

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(1)

Capitolo 1

Introduzione alla meccanica dei laminati

Sommario. In questo capitolo si richiamano i concetti essenziali della meccanica dei continui anisotropi, in parti-colare introducendo la teoria classica dei laminati per lo studio della meccanica della lamina e dei laminati; viene introdotto quindi il concetto di tensione interlaminare e se ne analizza il contributo al fenomeno della delamina-zione.

Summary. This chapter recalls the essential concepts on anisotropic continuum mechanics, and in particular fo-cuses on the classical lamination theory and its application to the mechanics of laminae and laminates; it’s then introduced the notion of interlaminar tension and it’s analysed its contribution in the delamination phenomena.

1.1

Introduzione

Nelle sue applicazioni il materiale composito viene frequentemente impiegato sotto forma di lamina-toottenuto dall’impilamento successivo di un numero definito di lamine; ognuna di queste può essere costituita da fibre disposte lungo una stessa direzione, o da diverse combinazioni in configurazioni di complessità via via crescente [Baker, Dutton, e Kelly, 2004; Tong, Mouritz, e Bannister, 2002].

Le caratteristiche meccaniche delle lamine ne rendono impossibile l’impiego come elementi isolati, principalmente a causa degli andamenti anisotropi della risposta elastica e della resistenza del materiale, nonché per la ridotta rigidezza a flessione e l’alta suscettibilità ai fenomeni di instabilità a compressione [Vasiliev e Morozov, 2007].

Per il laminato le caratteristiche meccaniche dipendono pertanto sia da quelle dei singoli strati (defini-te dalla natura del ma(defini-teriale ma anche dall’orientamento delle fibre) sia dal numero degli s(defini-tessi, sia dalla particolare sequenza di impilamento. Per la progettazione è quindi necessaria una accurata modellazione basata sulla teoria classica dei laminati: questa fornisce un modello matematico che descrive la risposta elastica di un laminato supponendo che il comportamento meccanico sia assimilabile a quello di una lastra dalle opportune caratteristiche meccaniche equivalenti [Jones, 1999], risultando particolarmente utile in fase di progetto.

1.2

Meccanica della lamina

1.2.1 Richiami sui continui ortotropi

Comportamento elastico di un materiale ortotropo

Dato un continuo, e definito il sistema di riferimento {O : x1, x2, x3}, è possibile definire il vettore

spostamento u, le cui componenti sono, nelle direzioni degli assi coordinati, u, v e w.

Si definiscono quindi le componenti di deformazione: in particolare le deformazioni lineari sono ε11= ∂ u ∂ x1 , ε22= ∂ v ∂ x2 , ε33= ∂ w ∂ x3 , (1.1) 3

(2)

Figura 1.1: componenti di sforzo in un elemento infinitesimo di continuo.

e gli scorrimenti angolari sono γ23= ∂ v ∂ x3 +∂ w ∂ x2 , γ31= ∂ w ∂ x1 + ∂ u ∂ x3 , γ12= ∂ u ∂ x2 + ∂ v ∂ x1 . (1.2)

Sfruttando le proprietà di simmetria maggiore e minore, valgono le seguenti relazioni tra componenti di sforzo e componenti di deformazione [Timoshenko, 1940; Timoshenko e Goodier, 1951]:

               σ11 σ22 σ33 σ23 σ31 σ12                =         C11 C12 C13 C14 C15 C16 C12 C22 C23 C24 C25 C26 C13 C23 C33 C34 C35 C36 C14 C24 C34 C44 C45 C46 C15 C25 C35 C45 C55 C56 C16 C26 C36 C46 C56 C66                        ε11 ε22 ε33 γ23 γ31 γ12                . (1.3)

La simmetria permette di ridurre a 21 il numero di costanti linearmente indipendenti in caso in cui il materiale sia anisotropo. In forma compatta si può scrivere

σ

σσ =Cεεε, (1.4)

dove σσσ è un vettore che raccoglie le componenti di sforzo, εεε le componenti di deformazione, eC è la matrice che descrive il tensore delle rigidezze e è costituita dalle 21 costanti indipendentiCij.

In Tabella 1.1 è riportata la conversione tra notazione tensoriale e notazione di Voigt. Notazione per gli sforzi Notazione per le deformazioni

Tensoriale Voigt Tensoriale Voigt σ11(σ1) σ1 ε11 ε1 σ22(σ2) σ2 ε22 ε2 σ33(σ3) σ3 ε33 ε3 σ23= τ23 σ4 2ε23= γ23 ε4 σ31= τ31 σ5 2ε31= γ31 ε5 σ12= τ12 σ6 2ε12= γ12 ε6

Tabella 1.1: conversione tra notazione tensoriale e notazione di Voigt [Jones, 1999; Vannucci, 2002] Analogamente è possibile definire la relazione inversa

ε

εε =Sσσσ, (1.5)

dove il tensore delle cedevolezzeS è descritto da una matrice simmetrica 6 × 6 anch’essa costituita da 21 costanti indipendenti,Sij, e corrisponde all’inversa diC.

(3)

1.2. MECCANICA DELLA LAMINA 5

Se per le caratteristiche del materiale è possibile individuare due piani di simmetria tra loro ortogo-nali, si verifica che tali proprietà di simmetria sussistono anche rispetto ad un ulteriore piano ortogonale ai primi due: in tal caso il materiale si definisce ortotropo [Jones, 1999].

In tal caso, rispetto a un sistema di riferimento opportunamente orientato secondo tali piani di simmetria, l’Equazione 1.3 diventa

               σ11 σ22 σ33 σ23 σ31 σ12                =         C11 C12 C13 0 0 0 C12 C22 C23 0 0 0 C13 C23 C33 0 0 0 0 0 0 C44 0 0 0 0 0 0 C55 0 0 0 0 0 0 C66                        ε11 ε22 ε33 γ23 γ31 γ12                . (1.6)

Il numero di costanti linearmente indipendenti si riduce in questo caso a 9; e analogamente anche l’Equazione 1.5 può essere riscritta in funzione di sole 9 costanti linearmente indipendenti.

Nel caso di materiale ortotropo il tensore delle cedevolezzeS, nell’Equazione 1.5, può essere riscritto introducendo le costanti dell’ingegnere:

S =          1 E1 − ν21 E2 − ν31 E3 0 0 0 −ν12 E1 1 E2 − ν32 E3 0 0 0 −ν13 E1 − ν23 E2 1 E3 0 0 0 0 0 0 G1 23 0 0 0 0 0 0 G1 31 0 0 0 0 0 0 G1 12          , (1.7)

dove E1,E2 eE3 sono i moduli di Young rispettivamente nelle direzioni x1, x2e x3, mentreG23,G31e

G12sono i moduli di elasticità a taglio e infine ν23, ν31e ν12sono i coefficienti di Poisson.

È importante ricordare che, per un materiale ortotropo, vale la relazione νij Eii = νji Ejj , (1.8) ma che in generale νij6= νji. (1.9)

Infine se in ogni punto del materiale esiste un piano rispetto al quale le proprietà meccaniche sono uguali in tutte le direzioni, il materiale si chiama trasversalmente isotropo e l’Equazione 1.3 diventa

               σ11 σ22 σ33 σ23 σ31 σ12                =         C11 C12 C13 0 0 0 C12 C11 C13 0 0 0 C13 C13 C33 0 0 0 0 0 0 C44 0 0 0 0 0 0 C44 0 0 0 0 0 0 C11−C12 2                        ε11 ε22 ε33 γ23 γ31 γ12                ; (1.10)

sono sufficienti 5 costanti per la descrizione del comportamento di un materiale trasversalmente isotropo. Definito Σ come

(4)

è possibile esprimere la relazione che intercorre tra le costantiCij eSij [Jones, 1999; Vannucci, 2002]. Infatti C11= S 22S33−S223 Σ , C12= S13S23−S12S33 Σ , C13= S12S23−S13S22 Σ , C22= S 33S11−S213 Σ , C23= S12S13−S23S11 Σ , C33= S11S22−S212 Σ , (1.12) C44= 1 S44 , C55= 1 S55 , C66= 1 S66 . La scrittura delle relazioni inverse è immediata: definita infatti Γ

Γ =C11C22C33−C11C223−C22C213−C33C212+ 2C12C23C13, (1.13) è immediato ottenere S11=C22C33 −C223 Γ , S12= C13C23−C12C33 Γ , S13= C12C23−C13C22 Γ , S22=C 33C11−C213 Γ , S23= C12C13−C23C11 Γ , S33= C11C22−C212 Γ , (1.14) S44= 1 C44 , S55= 1 C55 , S66= 1 C66 .

Valori ammissibili dei moduli di elasticità

Come noto il lavoro degli sforzi è definito dal prodotto tra le componenti di sforzo e le rispettive comnenti di deformazione; il rispetto della seconda legge della termodinamica richiede che tale lavoro sia po-sitivo, e questa richiesta costituisce un vincolo per le costanti di elasticità. Lempriere mostrò formalmente come, perché questo avvenga, le matriciS e C, debbano essere definite positive [Jones, 1999].

Supponiamo sia applicata la sola componente di sforzo σ11: le deformazioni associate sono definite

dagli elementi disposti sulla diagonale del tensoreS; questi elementi devono essere quindi positivi, S11,S22,S33,S44,S55,S66> 0 (1.15)

o, in termini dei moduli elastici,

E1,E2,E3,G23,G31,G12> 0. (1.16)

Analogamente, è possibile ipotizzare uno stato di sforzo che conduca ad una semplice deformazione estensionale ε11; da questo è immediato verificare che le costanti sulla diagonale del tensoreC debbano

essere positive:

C11,C22,C33,C44,C55,C66> 0. (1.17)

Conseguentemente

(1 − ν23ν32) > 0, (1 − ν13ν31) > 0, (1 − ν12ν21) > 0, (1.18)

ed essendoC definito positivo, il determinante dovrà essere positivo:

∆ = 1 − ν12ν21− ν23ν32− ν31ν13− 2ν21ν32ν13> 0. (1.19)

Inoltre, dalle Equazioni 1.12, è necessario che

(5)

1.2. MECCANICA DELLA LAMINA 7

Figura 1.2: direzioni principali nella lamina.

Ricordando adesso l’Equazione 1.8, è possibile riscrivere le Equazioni 1.18 come |ν21| < r E2 E1 , |ν32| < r E3 E2 , |ν13| < s E1 E3 , |ν12| < r E1 E2 , (1.21) |ν23| < s E2 E3 , |ν31| < r E3 E1 ; analogamente, l’Equazione 1.19 può essere riscritta come

ν21ν32ν13< 1 − ν212 E1 E2− ν 2 32EE23− ν 2 13EE31 2 < 1 2. (1.22)

1.2.2 Ortotropia della lamina

Stato piano di tensione nel riferimento materiale

Sia data la lamina in materiale ortotropo illustrata in Figura 1.2. Indichiamo con {O : x1, x2, x3} il

riferi-mento rispetto al quale si identificano le direzioni materiali (in particolare si pone l’asse x1parallelo dalla

direzione delle fibre e l’asse x3 perpendicolare al piano della lamina). Convenzionalmente si definisce

l’asse x1con il termine di asse forte, ovvero l’asse secondo cui il modulo di Young è maggiore.

Gli assi x1, x2e x3prendono anche il nome di assi di ortotropia.

Supponiamo che la lamina sia soggetta ad uno stato piano di tensione tale che le uniche componenti non nulle siano

σ116= 0, σ226= 0, σ126= 0. (1.23)

Come noto, a questo stato di sforzo sono associate le seguenti deformazioni fuori dal piano medio della lamina:

ε33=S13σ11+S23σ22, γ23= 0, γ31= 0, (1.24)

dove, ricordando l’Equazione 1.7, possiamo porre S13= − ν13 E1 = −ν31 E3 , e S23= − ν23 E2 = −ν32 E3 . (1.25)

Le restanti componenti di deformazione possono essere determinante scrivendo le equazioni costitu-tive nella seguente forma:

   ε11 ε22 γ12    =   S11 S12 0 S12 S22 0 0 0 S66      σ11 σ22 σ12    . (1.26)

(6)

Figura 1.3: simmetrie materiali per una lamina unidirezionale.

È poi possibile invertire l’Equazione 1.26 per ottenere la relazione tra sforzo e deformazione:    σ11 σ22 σ12    =   Q11 Q12 0 Q12 Q22 0 0 0 Q66      ε11 ε22 γ12    , (1.27)

dove le costantiQij sono le cosiddette rigidezze ridotte per lo stato piano di tensione, e possono essere

determinate direttamente dall’Equazione 1.6 applicando le ipotesi di stato piano di tensione (Equazione 1.23), ottenendo

Qij=Cij−Ci3Cj3

C33

. (1.28)

Per la lamina in esame otteniamo pertanto Q11= S22 S11S22−S212 , Q12= S12 S11S22−S212 , Q22= S11 S11S22−S212 , Q66= 1 S66 ; (1.29) o, sostituendo i moduli elastici,

Q11= E1 1 − ν12ν21 , Q12= ν12E2 1 − ν12ν21 , Q22= E2 1 − ν12ν21 , Q66=G12. (1.30)

Quanto detto è in generale valido per un materiale ortotropo. Nel caso in cui si consideri una lamina di materiale composito unidirezionale, è possibile introdurre ulteriori condizioni, legate alla simmetria materiale. In particolare, considerando il cubetto elementare illustrato in Figura 1.3, una rotazione attorno all’asse x1non altera la risposta nelle direzioni concordi con x2e x3: questo permette di affermare che

E3=E2, (1.31)

e che

ν31= ν21 e ν13= ν12 . (1.32)

Analogamente, è intuitivo osservare come la risposta a taglio nei piani (x1, x2) e (x1, x3) è identica:

G13=G12. (1.33)

Il piano (x2, x3) può pertanto essere considerato piano di isotropia: qualunque direzione appartenete

(7)

1.2. MECCANICA DELLA LAMINA 9

Figura 1.4: sistemi di riferimento per la lamina.

Stato piano di tensione in un orientamento arbitrario

L’Equazione 1.27 è valida quando il riferimento sia coincidente con il riferimento materiale o di ortotro-pia, ovvero quando l’asse x1sia coincidente con la direzione delle fibre e l’asse x3sia ortogonale al piano

medio della lamina.

Qualora invece il sistema di riferimento sia ruotato rispetto al riferimento materiale, è necessario individuare la relazione che permetta di passare da un sistema di coordinate all’altro.

Individuiamo quindi un sistema di riferimento {O : x, y, z}, ruotato attorno all’asse x3di un angolo θ

(Figura 1.4). Tale rotazione mantiene gli assi x3e z coincidenti.

Definiamo σσσ il vettore che raccoglie le componenti di sforzo riferite al sistema principale:

σσσ =    σ11 σ22 σ12    ; (1.34)

analogamente, sia σσσ il vettore che raccoglie le componenti di sforzo riferite al sistema ruotato:

σσσ =    σx σy σxy    ; (1.35)

Analoghe definizioni possono essere introdotte per i vettori che definiscono le componenti di deforma-zione, εεε e εεε: εεε =    ε11 ε22 ε12    , e εεε =    εx εy εxy    . (1.36)

Definiamo la matrice di trasformazione T come

T = 

cos2θ sin2θ 2 sinθ cosθ sin2θ cos2θ −2 sinθ cosθ − sinθ cosθ sinθ cosθ cos2θ − sin2

θ 

. (1.37)

È quindi possibile scrivere la relazione che lega le componenti di sforzo definite rispetto al sistema di riferimento {O : x, y, z} a quelle nel sistema di riferimento materiale, applicando questa trasformazione:

σσσ = T−1σσσ ; (1.38)

analoga relazione lega le componenti di deformazione:

(8)

Introduciamo la matrice di Reuter, R =   1 0 0 0 1 0 0 0 2  , (1.40)

che permette di passare dalla notazione che adotta la deformazione a taglio ε12 a quella che adotta lo

scorrimento angolare γ12(vedi Tabella 1.1 a Pagina 4).

Applicando le definizioni 1.38 e 1.39 all’Equazione 1.27, e ricordando la matrice di Reuter appena introdotta, si ottiene

σ

σσ = T−1σσσ = T−1QRTR−1εεε . (1.41) È possibile mostrare che

RTR−1= T−T, (1.42)

dove T−Tindica la trasposta dell’inversa della matrice T.

Introduciamo quindi la matrice delle rigidezze ridotte trasformate nel sistema di riferimento ruotato, Q: Q = T−1QT−T, (1.43) tale che σ σσ =Qεεε. (1.44) In particolare Q =   Q11 Q12 Q16 Q12 Q22 Q26 Q16 Q26 Q66  , (1.45) dove

Q11=Q11cos4θ + 2 (Q12+ 2Q66) sin2θ cos2θ +Q22sin4θ ,

Q12= (Q11+Q22− 4Q66) sin2θ cos2θ +Q12 sin4θ + cos4θ ,

Q22=Q11sin4θ + 2 (Q12+ 2Q66) sin2θ cos2θ +Q22cos4θ ,

Q16= (Q11−Q12− 2Q66) sin θ cos3θ + (Q12−Q22+ 2Q66) sin3θ cos θ ,

Q26= (Q11−Q12− 2Q66) sin3θ cos θ + (Q12−Q22+ 2Q66) sin θ cos3θ , Q66= (Q11+Q22− 2Q12− 2Q66) sin2θ cos2θ +Q66 sin4θ + cos4θ .

(1.46)

È evidente l’accoppiamento tra lo scorrimento angolare e lo sforzo normale così come tra la defor-mazione lineare e le tensioni tangenziali: rispetto ad un generico orientamento una lamina ortotropa si comporterà come un solido anisotropo. Una lamina nella quale gli assi materiali {O : x1, x2, x3} non

sia-no allineati agli assi naturali {O : x, y, z} si definisce lamina generalmente ortotropa per rimarcare che, malgrado l’apparente comportamento anisotropo, rimangono comunque quattro le costanti linearmente indipendenti che descrivono il legame sforzi–deformazioni del materiale.

È possibile esprimere la relazione inversa tra sforzi e deformazioni nel nuovo sistema di riferimento: l’Equazione 1.26, ricordando le definizioni 1.38 e 1.39, diventa

ε

(9)

1.2. MECCANICA DELLA LAMINA 11

dato che

RT−1R−1= TT. (1.48)

Definiamo il tensore delle cedevolezze ridotte trasformateS come

S = TTST, (1.49)

e, in analogia alle 1.46, possiamo definire i singoli componenti in modo che

S =   S11 S12 S16 S12 S22 S26 S16 S26 S66  , (1.50) dove

S11=S11cos4θ + (2S12+S66) sin2θ cos2θ +S22sin4θ ,

S12= (S11+S22−S66) sin2θ cos2θ +S12 sin4θ + cos4θ ,

S22=S11sin4θ + (2S12+S66) sin2θ cos2θ +S22cos4θ ,

S16= (2S11− 2S12−S66) sin θ cos3θ − (2S22− 2S12−S66) sin3θ cos θ ,

S26= (2S11− 2S12−S66) sin3θ cos θ − (2S22− 2S12−S66) sin θ cos3θ , S66= 2 (2S11+ 2S22− 4S12−S66) sin2θ cos2θ +S66 sin4θ + cos4θ .

(1.51)

È opportuno introdurre a questo punto i coefficienti di influenza mutua di Lekhnirskii [Jones, 1999], ovvero coefficienti di accoppiamento tra le azioni di taglio e le deformazioni estensionali. Sia ηi,ij il

coefficiente di influenza mutua del primo tipo che definisce l’allungamento nella direzione i dovuto dalle azioni taglianti nel piano ij:

ηi,ij=

εi

γij

, (1.52)

quando l’unica sollecitazione sia σij. Si definisce poi ηij,iil coefficiente di mutua influenza del secondo

tipo, che definisce lo scorrimento angolare nel piano ij causato dallo sforzo in direzione i: ηij,i=

γij

εj

, (1.53)

per la sola sollecitazione σi.

Ricordando le opportune definizioni dei coefficienti Sij in funzione delle costanti dell’ingegnere

(Equazione 1.7), è possibile individuare i valori apparenti dei moduli di elasticità nel riferimento ruotato. Abbiamo pertanto: 1 Ex = 1 E1 cos4θ +  1 G12 − 2ν12 E1  sin2θ cos2θ + 1 E2 sin4θ , νxy Ex =ν12 E1 sin4θ + cos4θ − 1 E1 + 1 E2 − 1 G12  sin2θ cos2θ , 1 Ey = 1 E1 sin4θ +  1 G12 − 2ν12 E1  sin2θ cos2θ + 1 E2 cos4θ , 1 Gxy = 2  2 1 E1 + 2 1 E2 + 4ν12 E1 − 1 G12  sin2θ cos2θ + 1 G12 sin4θ + cos4θ , ηxy,x Ex =  2 1 E1 + 2ν12 E1 − 1 G12  sinθ cos3θ −  2 1 E2 + 2ν12 E1 − 1 G12  sin3θ cosθ , ηxy,y Ey =  2 1 E1 + 2ν12 E1 − 1 G12  sin3θ cosθ −  2 1 E2 + 2ν12 E1 − 1 G12  sinθ cos3θ . (1.54)

(10)

(a) moduli di Young (b) modulo a taglio (c) coefficiente di Poisson

Figura 1.5: esempio dell’andamento, al variare dell’angolo θ , dei moduli elastici di una lamina in fibra di carbonio e matrice epossidica (esempio proposto da Jones [1999]:

E1= 207 GPa,E2= 5.2 GPa,G12= 2.59 GPa e ν12= 0.25).

In Figura 1.2.2 è illustrato un esempio dell’andamento dei moduli elastici di una lamina in fibra di carbonio e matrice epossidica al variare dell’orientamento del riferimento rispetto agli assi materiali.Ex

raggiunge il valore massimo, pari aE1, per θ = 0◦ e il valore minimo diE2 per θ = 90◦;Eymostra un

andamento simile aEx ma con il minimo vicino a θ = 0◦ e il massimo per θ = 90◦. Si osserva inoltre

cheGxy raggiunge il valore massimo per θ = 45◦. Questi andamenti sono però soltanto indicativi: per

una lamina ortotropa, come mostrano le Equazioni 1.54, non è ovvio in generale che i valori massimi e minimi delle costanti di elasticitàExedEysi individuino in corrispondenza delle direzioni materiali della

lamina [Jones, 1999].

1.3

Teoria classica dei laminati

Come abbiamo già accennato nei paragrafi precedenti, i materiali compositi fibrorinforzati non possono essere impiegati sotto forma di singole lamine, ma vengono più frequentemente realizzati sotto forma di laminati.

Nei paragrafi seguenti affronteremo brevemente le caratteristiche salienti della teoria classica dei laminati, adattandola poi all’uso particolare nei compositi fibrorinforzati.

1.3.1 Descrizione del modello meccanico

La teoria classica è valida sotto le seguenti ipotesi: • aderenza perfetta tra le lamine;

• comportamento elastico lineare delle singole lamine; • piccoli spostamenti, rotazioni e deformazioni; • spessore totale piccolo;

(11)

1.3. TEORIA CLASSICA DEI LAMINATI 13

Figura 1.6: cinematica del modello di Kirchhoff.

Il modello cinematico di Kirchhoff richiede tre ulteriori ipotesi relative alla deformazione di ogni segmento ortogonale al piano medio del laminato, che, in particolare, deve rimanere rettilineo, ortogonale al piano e di lunghezza inalterata [Vannucci, 2002].

Definiamo un punto P appartenente al laminato di coordinate (x, y, z); il vettore u = {u, v, w}Tne sarà lo spostamento.

Il punto B, proiezione di P sul piano medio del laminato, si porta in B0 attraverso una traslazione verticale w0e traslazioni assiali u0in direzione x e v0in direzione y (Figura 1.6). Pertanto lo spostamento

nella direzione dell’asse x del punto P sarà

u= u0− z sin β , (1.55)

dove β è l’angolo che forma con l’asse z la normale alla superficie media in B0. Poiché per ipotesi il segmento normale al piano medio resta rettilineo e ortogonale alla superficie media deformata, l’angolo β è anche l’angolo che il piano tangente alla superficie media forma con l’asse x. La distanza di P0dalla superficie media rimane z per la stessa ipotesi.

Lo spostamento di P lungo z sarà invece

w= w0+ z (cos β − 1) . (1.56)

Per l’ipotesi di piccoli spostamenti e rotazioni, dato che

sin β ≈ β , (1.57)

e

cos β ≈ 1, (1.58)

è possibile scrivere che sin β ≈ tan β ≈ ∂ w0 ∂ x . (1.59) Da questo otteniamo u= u0− z ∂ w0 ∂ x , (1.60) e, analogamente, v= v0− z ∂ w0 ∂ y . (1.61)

Lo spostamento verticale invece diventa semplicemente

(12)

Il campo di spostamenti di un punto P di coordinate (x, y, z) è dunque descritto dal campo vettoriale, lineare in z, u(x, y, z) =      u0(x, y) − z∂ w0∂ x(x,y) v0(x, y) − z∂ w0∂ y(x,y) w0(x, y)      . (1.63)

Dato lo spostamento definito dall’Equazione 1.63, applicando la definizione di deformazioni (Equa-zioni 1.1 e 1.2), otteniamo: εxx= ∂ u0(x, y) ∂ x − z∂ 2w 0(x, y) ∂ x2 ; εyy= ∂ v0(x, y) ∂ y − z ∂2w0(x, y) ∂ y2 ; εzz= 0; εxy= 1 2  ∂ u0(x, y) ∂ y + ∂ v0(x, y) ∂ x  − z∂ 2w 0(x, y) ∂ x∂ y ; εxz= 0; εyz= 0. (1.64)

Conseguenza diretta delle assunzioni fatte sul modello cinematico alla Kirchhoff, il campo delle defor-mazioni è piano.

Indichiamo con εεε0il vettore delle piccole deformazioni lineari del piano medio,

ε εε0=    εx0 εy0 εxy0    =      ∂ u0(x,y) ∂ x ∂ v0(x,y) ∂ y ∂ u0(x,y) ∂ y + ∂ v0(x,y) ∂ x      , (1.65)

e con χχχ il vettore delle curvature del piano medio, assimilabile grazie all’ipotesi di piccoli spostamenti e rotazioni all’Hessiano della funzione w0(x, y):

χχχ =    χx χy χxy    =        ∂2w0(x,y) ∂ x2 ∂2w0(x,y) ∂ y2 2∂2w0(x,y) ∂ x∂ y        . (1.66)

Si ottiene così l’espressione del vettore delle deformazioni del laminato: ε

εε = εεε0+ zχχχ . (1.67)

1.3.2 La legge fondamentale dei laminati

La conoscenza del campo di deformazione, attraverso il legame costitutivo, conduce alle tensioni, e da queste alle risultanti delle azioni interne.

Le tensioni, espresse secondo un sistema di riferimento generico, possono essere così definite: σi=C1iεx+C2iεy+C6iεxy con i= 1, . . . , 6. (1.68)

Lo stato di tensione non è, in generale, piano. Ricordando quanto detto per la lamina (Paragrafo 1.2.2), il cui comportamento trasversalmente può essere assunto isotropo, e definendo x1 l’asse

ortogo-nale al piano di isotropia, abbiamo

C =         C11 C12 C12 0 0 0 C12 C22 C23 0 0 0 C12 C23 C22 0 0 0 0 0 0 C22−C23 2 0 0 0 0 0 0 C66 0 0 0 0 0 0 C66         ; (1.69)

(13)

1.3. TEORIA CLASSICA DEI LAMINATI 15

ruotando il sistema di riferimento attorno all’asse x3 di un angolo θ , otteniamo l’espressione della

tensione ortogonale al piano, non nulla: σ3=C12(cos θ )2+C23(sin θ )2  εx+C12(sin θ )2+C23(cos θ )2  εy− cos θ sin θ (C12−C23) εxy (1.70)

Mentre lo stato di deformazione è piano, sembrerebbe non essere lecito assumere uno stato di tensio-ne piano; tuttavia si ammette accettabile la semplificaziotensio-ne che σ3= 0: infatti, sulla superficie esterna

del laminato il valore della tensione σ3 è pari a quello delle eventuali pressioni traversali agenti sulla

stessa (che possiamo in questa sede supporre assenti) e di uno o due ordini di grandezza inferiori alle altre componenti del tensore degli sforzi nel piano. Inoltre, ammettendo che le tensioni abbiano un anda-mento continuo nello spessore del laminato, comunque piccolo, è lecito aspettarsi che il valore assoluto di σ3resti limitato e trascurabile rispetto a quello delle altre tensioni [Vannucci, 2002].

Questa semplificazione non è accettabile quando si abbiano tensioni tri–assiali di rilevante intensità (punti di vincolo o di introduzione di carichi concentrati).

È opportuno osservare che supporre nulle le tensioni a taglio in direzione x3(σ4e σ5) non

permette-rebbe di garantire l’equilibrio di un elemento di piastra sotto l’azione di carichi ortogonali al piano medio; inoltre la tensione σ3 risulta discontinua all’interfaccia degli strati. Questo paradosso, che discende

di-rettamente dal modello cinematico di Kirchhoff, mette in luce la forza dell’ipotesi semplificativa σ3= 0

ed evidenzia la necessità di superare la teoria classica approfondendo lo studio attraverso modelli e teorie di ordine superiore.

Figura 1.7: distribuzione delle tensioni negli strati del laminato.

La teoria classica dei laminati ci fornisce un valido strumento per predire il comportamento macro– meccanico del laminato, ma perde consistenza quando attraverso di essa si ricerchino i campi di sforzo e deformazione nelle singole lamine [Jones, 1999].

Ipotizzando quindi che il campo di sforzo sia piano, possiamo adottare come legame costitutivo quello riportato nell’Equazione 1.27, dove le componentiQij sono funzione delleCij.

Fissiamo un riferimento globale in funzione del quale si esprimono tutte le grandezze tensoriali e vettoriali di ciascuno strato e del laminato. Questo riferimento non coincide necessariamente con il riferimento di ortotropia dei singoli strati, che dipende dall’orientamento delle fibre: nel riferimento globale {O : x, y, z}, quindi, la singola lamina sarà governata dalla matrice Q, e in generale non avrà comportamento ortotropo ma anisotropo.

Sia dunque {O : x, y, z} il riferimento globale del laminato; definiamo invece riferimento materiale il riferimento locale {O : x1, x2, x3} che sia sistema di ortotropia per la singola lamina e rispetto al quale

siano note le caratteristiche meccaniche della stessa. Convenzionalmente si fa coincidere con l’asse x1

l’asse forte lungo il quale sono allineate le fibre (Figure 1.4 e 1.8) [Jones, 1999; Vannucci, 2002]. Il calcolo della matrice Q deve quindi essere effettuato considerando la rotazione a partire dal riferimento di ortotropia (−θ ).

Le sole azioni interne che si possono calcolare con il modello meccanico introdotto sono le azioni di membrana, o di lastra (sforzi normali e tangenziali nel piano medio) e quelle di piastra (momenti flettenti e torcenti del piano medio).

(14)

Figura 1.8: riferimento materiale della lamina e riferimento globale del laminato.

Figura 1.9: azioni di lastra (forze normali e tangenziali) e di piastra (momenti flettenti e torcenti) in un elemento del laminato.

La definizione delle azioni interne fornisce, posto t lo spessore del laminato,

N = t 2 Z −t 2 σ σσ dz (1.71) e, M = t 2 Z −t 2 σ σ σ z dz. (1.72)

Per ottenere il legame tra le azioni interne e le deformazioni sostituiamo nelle Equazioni 1.71 e 1.72 il legame costitutivo dell’Equazione 1.27, e applicando l’integrazione su tutti gli strati del laminato (si spezza l’integrale in tante parti quante sono le lamine, e per ognuna di esse si assume la rigidezza dello strato con la sua orientazione, θ ).

Otteniamo quindi N = n

k=1 zk Z zk−1 σσσkdz = n

k=1 zk Z zk−1 Qk(θk)  ε εε0+ zχχχ dz = (1.73)   n

k=1 zk Z zk−1 Qk(θk) dz  εεε0+   n

k=1 zk Z zk−1 Qk(θk)z dz  χχχ

(15)

1.3. TEORIA CLASSICA DEI LAMINATI 17 e, M = n

k=1 zk Z zk−1 σ σ σkzdz = n

k=1 zk Z zk−1 Qk(θk)z  ε ε ε0+ zχχχ dz = (1.74)   n

k=1 zk Z zk−1 Qk(θk)z dz  εεε0+   n

k=1 zk Z zk−1 Qk(θk)z2dz  χχχ .

Nelle Equazioni 1.73 e 1.74Qk(θk) indica il tensore Q dello strato k-esimo, ruotato di θk in senso

trigonometrico rispetto al riferimento globale O : x, y, z. I limiti di integrazione sono le quote superiore ed inferiore dello strato k-esimo, secondo lo schema di Figura 1.10 con n pari al numero totale degli strati.

Figura 1.10: sequenza di impilamento del laminato.

Nelle equazioni precedenti per convenzione e semplicità si pone, essendo iQk(θk) indipendenti dalla

coordinata z, A =

n k=1 (zk− zk−1)Qk(θk), (1.75) B =

n k=1 z2k− z2k−1 Qk(θk) (1.76) e D =

n k=1 z3k− z3k−1 Qk(θk). (1.77)

Si ottiene dunque la legge fondamentale dei laminati, che scritta in forma matriciale è  N M  =  A B B D   ε εε0 χ χ χ  . (1.78)

Adottando invece la notazione estesa si ha                Nx Ny Ns Mx My Ms                =         A11 A12 A16 B11 B12 B16 A12 A22 A26 B12 B22 B26 A16 A26 A66 B16 B26 B66 B11 B12 B16 D11 B12 B16 B12 B22 B26 D12 B22 B26 B16 B26 B66 D16 B22 B66                        εx0 εy0 εxy0 χx χy χxy                . (1.79)

(16)

Si vede come

N =Aεεε0+Bχχχ, (1.80)

e che

M =Bεεε0+Dχχχ. (1.81)

Le azioni membranali sono legate alle deformazioni del piano medio, ma anche dalle curvature; allo stesso modo le azioni flessionali sono legate non solo alle curvature del piano medio, ma anche alle deformazioni lineari.

In altre parole è evidente un accoppiamento tra azioni membranali e curvature e tra momenti e de-formazioni del piano medio, e questi accoppiamenti sono descritti in entrambi i casi dal tensoreB, che prende il nome di tensore di accoppiamento flessio–estensionale.

A (tensore di rigidezza membranale) lega le azioni e le deformazioni membranali, mentre D (tensore di rigidezza flessionale) lega i momenti con le curvature.

L’effetto di accoppiamento è sconosciuto nelle piastre omogenee, ed è per questo che nel caso dei laminati compositi si è costretti a trattare contemporaneamente i casi di membrana e di piastra, che invece nella teoria classica possono essere distinti per una analisi più agevole.

Il tensore di rigidezza membranaleA non dipende dalla sequenza di impilamento delle lamine. Va-lori non nulli diA16eA26indicano un accoppiamento tra estenzione e taglio: carichi longitudinali

com-portano estensione e scorrimento angolare.B e D presentano una forte dipendenza dalla sequenza di impilamento delle lamine.

Dalla definizione diA, B e D, dato che i tensori di rigidezza delle lamine sono simmetrici, discende che

A = AT,

B = BT,

D = DT.

(1.82)

Con una serie di operazioni che qui per brevità non riportiamo, e utilizzando l’algebra matriciale, si può invertire la relazione 1.78, ottenendo

 ε ε ε0 χχχ  =  a b bT d   N M  , (1.83)

dovea, b e d sono ancora tensori che descrivono le cedevolezze del laminato, e ognuna dipende da A, B eD secondo le seguenti definizioni:

a = A − BD−1B−1,

b = B − DB−1A−1,

d = D − BA−1B−1.

(1.84)

Notiamo che la matrice della legge inversa ha conservato la simmetria globale, ma non gode più di tutte le simmetrie della matrice della legge diretta (Equazione 1.78), dal momento cheb non è un tensore in generale simmetrico.

1.4

Laminati compositi fibro–rinforzati

1.4.1 Laminati accoppiati e disaccoppiati

La legge inversa per i laminati (Equazione 1.83) permette di visualizzare con più facilità gli accoppia-menti flesso–estensionali.

(17)

1.4. LAMINATI COMPOSITI FIBRO–RINFORZATI 19

Supponiamo per esempio che il laminato sia soggetto a soli sforzi menbranali (M = 000). Pertanto  εεε0 χ χχ  =  a b bT d   N 000  →  ε εε0=aN, χχχ =bTN. (1.85)

A seguito dell’accoppiamento, le azioni membranali provocano nel laminato non solo una deformazione del piano medio, ma anche una curvatura. Se per esempio il laminato è sottoposto soltanto ad uno sforzo monoassiale Nxla conseguente curvatura sarà

χ χχ =    χx χy χxy    = Nx    b11 b12 b16    : (1.86)

il laminato si incurva nelle due direzioni e si torce (Figura 1.11).

Figura 1.11: esempio di laminato con accoppiamento (b 6= 000) soggetto a forza assiale N.

Si definiscono laminati disaccoppiati quei laminati per i qualiB = 000, ovvero per i quali si verifica il caso particolare

(

N =Aεεε0,

M =Dχχχ. (1.87)

In tal caso, sostituendo nelle Equazioni 1.84 si ottiene a = A−1,

b = 000, d = D−1.

(1.88)

Solo in questo caso c’è corrispondenza di simmetria elastica tra i tensori diretti ed inversi: per un lami-nato disaccoppiatoa ed A hanno le stesse simmetrie elastiche, così come d ed D. Se per esempio A è ortotropo,a lo è ancora e con gli stessi assi di ortotropia.

In generale se una simmetria elastica esiste, questa concerne una rigidezza o una cedevolezza di lastra o di piastra e non, in generale, l’intero comportamento del laminato.

Tornando ai laminati, e richiamando l’Equazione 1.76, è facile verificare che una semplice configu-razione cui corrispondaB = 000 è quella caratterizzata da lamine disposte in modo simmetrico rispetto al piano medio, ossia che

θp= θ−p, con



p= n−12 se n dispari;

p= n2 se n pari. (1.89)

Questa regola molto semplice è quella seguita nella quasi totalità dei casi pratici. Tuttavia si deve sot-tolineare che, contrariamente a quanto spesso affermato a torto, questa regola non è necessaria ma solo sufficiente per il disaccoppiamento elastico [Vannucci, 2002].

(18)

Lo svantaggio più grande di utilizzare sequenze simmetriche sta nel fatto che, al fine di raggiungere il disaccoppiamento si è obbligati ad aumentare il numero degli strati strettamente necessari al raggiun-gimento, per esempio, dei soli requisiti di rigidezza o resistenza; in altre parole, l’utilizzo delle sequenze simmetriche, quando si sia alla ricerca di particolari proprietà meccaniche, può comportare l’impiego di un numero di strati molto superiore rispetto a quello minimo cui si sarebbero potute ottenere le suddette proprietà richieste.

Lo sviluppo di laminati disacoppiati a sequenza non simmetrica ha suscitato interesse in campo accademico [Vannucci e Verchery, 2001], ed è ottenibile in modo esatto facendo ricorso sia al concetto di sequenza quasi–banale sia a soluzioni numeriche generalmente approssimate [Vannucci, 2002].

1.4.2 Laminati bilanciati

I laminati equilibrati (o bilanciati, dall’inglese balanced) sono quelli per cui ad ogni lamina orientata dell’angolo θ ne corrisponde una orientata dell’angolo −θ : sono quindi laminati con un numero pari di strati.

Questi laminati mostrano un comportamento ortotropo in membrana nel loro riferimento globale. Infatti, supponendo per semplicità che tutte le n lamine abbiano lo stesso spessore h, abbiamo

A =h n n

k=1 Qk(θk) = h n n 2

k=1  Qk(θk) +Qk(−θk) , (1.90)

ma essendo la lamina ortotropa valgono le seguenti relazioni:

Q16(−θk) = −Q16(θk), e Q26(−θk) = −Q26(θk). (1.91)

Immediatamente si verifica quindi che

A16=A26= 0. (1.92)

Questo non è verificato in generale per la flessione, e solo se la sequenza è antisimmetrica, ovvero se θ−k= −θk, si osserva che

D16=D26= 0, (1.93)

e il laminato è ortotropo non solo in membrana ma anche in flessione.

Tuttavia, essendo la sequenza non simmetrica, il laminato sarà in generale accoppiato. Quindi, se ancheA e D sono ortotropi, in generale a e d non lo saranno, dato che B 6= 000; è un caso tipico che mostra la difficoltà di definire le simmetrie elastiche per i laminati: a causa dell’accoppiamento si ha ortotropia in rigidezza ma non in cedevolezza [Vannucci, 2002].

1.4.3 Laminati angle-ply

In un laminato angle-ply, caso particolare di laminato equilibrato, i soli possibili orientamenti delle fibre delle lamine sono θ e −θ .

In questo caso, si verifica che, sempre nell’ipotesi di lamine di altezza h,

A =h n n

k=1 Qk(θk) = h 2  Qk(θk) +Qk(−θk) = h   Q11 Q12 0 Q12 Q22 0 0 0 Q66  . (1.94)

Il laminato è ortotropo in membrana e le componentiQijche compaiono nell’Equazione 1.94 sono quelle

di una singola lamina, espresse nel riferimento ruotato di θ rispetto al riferimento globale. In generaleD non è ortotropo, e è frequente l’uso di sequenze angle-ply simmetriche.

(19)

1.5. DELAMINAZIONE 21

1.4.4 Laminati cross-ply

I laminati cross-ply sono laminati nei quali gli unici orientamenti ammessi sono 0◦o 90◦.

La peculiarità dei laminati che presentino questa sequenza di impilamento è che, essendo le lamine ortotrope con gli assi di ortotropia coincidenti con quelli del laminato globale, questi sono ortotropi sia perA che per B e D. Questo resta verificato anche se si ha lo stesso numero di strati nelle due direzioni ortogonali.

1.4.5 Laminati quasi isotropi

In letteratura tecnica si indica con quasi isotropo un laminato per il quale la sequenza comporta solo orientazioni a 0◦, ±45◦e 90◦e il numero degli strati a 45◦deve essere uguale a quello a −45◦.

In queste condizioni, ricordando quanto detto ai Paragrafi 1.4.3 e 1.4.4, il comportamento in mem-brana è ortotropo.

Se inoltre il numero degli strati in ogni direzione è identico, allora il comportamento di membrana è isotropo; questo non vale però per quello di flessione.

Questi laminati sono molto utilizzati in aeronautica: essi offrono una buona uniformità in rigidezza e resistenza secondo tutte le direzioni e un discreto contrasto alla propagazione delle fessure.

1.4.6 Laminati isotropi

Anche se nella maggior parte dei loro impieghi i laminati in composito hanno un comportamento aniso-tropo, modellato nella fase di progettazione secondo le esigenze strutturali, in certi casi si possono usare laminati a risposta isotropa. Questo potrebbe essere necessario per esempio quando si debbano conciliare i requisiti di leggerezza con quelli di una risposta elastica costante in ogni direzione, dovendo rispondere a sollecitazioni di diversa natura e direzione.

Werren e Norris [1953] hanno dato per primi una regola semplice, sufficiente ma non necessaria, per l’isotropia in membrana: se lo strato di base è costituito da lamine unidirezionali si deve disporre lo stesso numero q di strati secondo m orientazioni diverse (con m ≥ 3) sfalsate di un angolo costante pari a π/m. Generalmente, si applica questa regola di Werren e Norris a sequenze simmetriche così da ottenere laminati disaccoppiati e isotropi in membrana.

L’isotropia totale diA e di D, o anche solo di D, è molto più complicata e al momento non sono state identificate regole generali. Una soluzione esatta per un laminato totalmente isotropo prevede una sequenza di 48 strati; successivamente, sono state tentate soluzioni totalmente isotrope con un numero sempre inferiore di strati [Vannucci, 2002; Vannucci e Verchery, 2001].

1.5

Delaminazione

La crisi di un laminato composito frequentemente si manifesta coinvolgendo fenomeni di delaminazione, ovvero la formazione di distacchi tra due lamine adiacenti.

Questa particolare modalità di crisi è prodotta da stati di tensione triassiali che si sviluppano in prossimità dei bordi liberi dei laminati, o, in generale, di zone di concentrazione degli sforzi.

Inoltre, i compositi fibrorinforzati vengono prodotti attraverso la polimerizzazione ad alte tempera-ture della matrice polimerica, e la differenza di coefficienti di dilatazione termici tra le diverse fasi del materiale, una volta che questo sia posto a temperatura ambiente, può portare alla formazione di autoten-sioni talmente intense da provocare fessurazioni; anche l’esposizione, ed il conseguente assorbimento di umidità possono introdurre autotensioni di notevole entità.

Non bisogna inoltre dimenticare la forte sensibilità dei materiali compositi al danno da impatto, sia esso provocato in esercizio (in campo aeronautico sono critiche le collisioni con i volatili o l’impatto della grandine) o durante la lavorazione o la manutenzione (tipico è il caso di un utensile che inavvertitamente cada sul composito in lavorazione, o urti accidentali dovuti al trasporto) che portano alla formazione di pericolosi danneggiamenti interni di difficile individuazione.

(20)

Figura 1.12: tensioni interlaminari in un laminato angle-ply sollecitato a trazione [Jones, 1999].

1.5.1 Tensioni ai bordi liberi

La teoria classica dei laminati (Paragrafo 1.3) non riesce a descrivere l’andamento degli sforzi σzz, σzxe

σzy: questi sforzi prendono il nome di sforzi interlaminari.

Sforzi interlaminari e teoria classica dei laminai

Consideriamo una laminato rettangolare di larghezza 2b caratterizzato da una sequenza di impilamen-to simmetrica angle-ply, con angolo di laminazione θ e formaimpilamen-to da n lamine orimpilamen-totrope di altezza h0.

Abbiamo verificato (Paragrafo 1.4.3) come questa particolare sequenza di impilamento non presenti ac-coppiamento flesso–estensionale. Supponiamo inoltre che la piastra sia sottoposta al solo sforzo normale Nx(Figura 1.12).

Applicando la legge fondamentale dei laminati (Equazione 1.78) a questo caso particolare (M = 0 e B = 0) le deformazioni, espresse nel riferimento di ortotropia di ogni singola lamina, sono

ε εε = T−TA−1N = 1 n h0 Nx Q11Q22−Q212    Q22cos2θ −Q12sin2θ Q22sin2θ −Q12cos2θ −2 sin θ cos θ (Q12+Q22)    , (1.95)

dove T è la matrice di rotazione del riferimento definita a Pagina 9. È evidente come ε11 e ε22

riman-gano uguali in tutti gli strati, mentre ε12cambi segno al cambiare dell’orientamento delle fibre, essendo

funzione dispari dell’angolo θ .

Se si calcolano quindi le tensioni per ogni singola lamina nel riferimento del laminato, si ottiene σ σσk=Qkεεε = Nx n h0      1 0 Q16Q22−Q26Q12 Q11Q22−Q212      k , (1.96)

e σxyrisulta non nulla.

Tuttavia, avendo supposto che i bordi siano liberi, per y = ±b è necessario che  σxx σxy σxy σyy   0 ±1  =  0 0  → σxy= σyy= 0. (1.97)

Questo è in evidente disaccordo con quanto trovavo applicando la legge costitutiva (Equazione 1.96); infatti σxy= Nx n h0 Q16Q22−Q26Q12 Q11Q22−Q212 , (1.98)

(21)

1.5. DELAMINAZIONE 23

che è una grandezza in generale 6= 0: questo risultato è meccanicamente impossibile. Considerando poi i lati della piastra ortogonali all’asse x, giungiamo alla stessa incongruenza per le tensioni σyx.

Perché le deformazioni delle single lamine siano compatibili con quelle dell’intero laminato dovreb-bero essere introdotte delle tensioni di taglio non nulle che però, dalle condizioni al bordo, non sarebdovreb-bero ammissibili.

Si ha dunque un paradosso meccanico: isolando una striscia di laminato di lunghezza unitaria e separando i vari strati, si vede che ciascuna lamina è sottoposta ad una azione tagliante dovuta alla presenza delle tensioni σxy nel suo spessore. Dal momento che σyy= 0 e che σxxha una distribuzione

costante lungo y, tale coppia può essere equilibrata solo dalle tensioni che le singole lamine scambiano tra loro.

Figura 1.13: tensioni interlaminari tra gli strati di lamine.

Tali tensioni, dette tensioni di taglio interlaminari (shear interlaminar stresses) saranno dello stesso tipo delle σxy, in modo tale da equilibrare l’azione tagliante dovuta a queste stesse tensioni:

Z Ω1 σxydydz + Z Ω2 2yσxzdxdy = 0. (1.99)

Per reciprocità dunque anche le σzxsaranno non nulle: anche se lo stato di sollecitazione è piano, quello

di tensione non lo è necessariamente.

(22)

Appare quindi fondamentale la corretta valutazione delle tensioni di taglio: questa potrà ottenersi adottando un modello cinematico più raffinato che tenga conto anche degli effetti di taglio. Una esatta conoscenza delle tensioni di taglio è importante non soltanto per la verifica della resistenza del materiale, ma anche, e soprattutto, perché potrebbero provocare, soprattutto presso i bordi liberi, l’insorgere di fenomeni di delaminazione (Figura 1.14); a tali fenomeni danno un contributo anche le tensioni σzz,

sollecitando il materiale in una direzione nella quale la resistenza è minore. Approccio con la meccanica dei continui

Un corretto approccio al problema sarebbe allora quello tridimensionale; nel riferimento materiale il legame costitutivo è                σ1 σ2 σ3 σ4 σ5 σ6                =         C11 C12 C13 0 0 0 C12 C22 C23 0 0 0 C13 C23 C33 0 0 0 0 0 0 C44 0 0 0 0 0 0 C55 0 0 0 0 0 0 C66                        ε1 ε2 ε3 ε4 ε5 ε6                , (1.100)

dove abbiamo richiamato la notazione di Voigt (Tabella 1.1 a Pagina 4).

Considerando la rotazione necessaria per passare al riferimento globale del laminato otteniamo                σ1 σ2 σ3 σ4 σ5 σ6                =         C11 C12 C13 0 0 C16 C12 C22 C23 0 0 C26 C13 C23 C33 0 0 C36 0 0 0 C44 C45 0 0 0 0 C45 C55 0 C16 C26 C36 0 0 C66                        ε1 ε2 ε3 ε4 ε5 ε6                . (1.101)

Supposte le forze di volume nulle, e considerato uno stato di sollecitazione N = {Nx, 0, 0}T per il

quale le componenti di tensione non dipendono da x, abbiamo che le equazioni indefinite di equilibrio si riducono a      σ6,2+ σ5,3= 0, σ2,2+ σ4,3= 0, σ4,2+ σ3,3= 0. (1.102)

Nell’Equazione 1.102 il simbolo σi, j indica che la tensione i-esima è derivata rispetto alla direzione

j-esima.

Inoltre, per le simmetrie del problema e per il fatto che le componenti di tensione non sono funzione di x, le componenti di spostamento saranno

   u= λ x +U(y, z) v= V (y, z) w= W (y, z) con con con

U(y, z) = −U (−y, z) = U (y, −z), V(y, z) = −V (−y, z) = V (y, −z), W(y, z) = W (−y, z) = −W (y, −z),

(1.103)

posto λ > 0. Le componenti di tensione rispettano così le simmetrie del problema.

Introducendo il legame costitutivo (Equazione 1.101) nelle Equazioni 1.102 ed esprimendo le com-ponenti di deformazione in funzione delle comcom-ponenti di spostamento (Equazioni 1.103), si ottengono le equazioni di equilibrio in funzione di U , V e W :

  

 

C66U,yy+C55U,zz+C26V,yy+C45V,zz+ C36+C45 W,yz= 0,

C26U,yy+C45U,zz+C22V,yy+C44V,zz+ C23+C44 W,yz= 0,

C36+C45 U,yz+ C23+C44 V,yz+C44W,yy+C33W,zz.

(23)

1.5. DELAMINAZIONE 25

Figura 1.15: distribuzione delle tensioni nella semilunghezza del laminato [Jones, 1999].

Figura 1.16: spostamenti longitudinali u(y, z), sulla superficie del laminato, al variare di y [Jones, 1999].

Definendo opportune condizioni ai bordi, le Equazioni 1.104 possono essere risolte per via numerica negli spostamenti U , V e W .

Le tensioni di taglio interlaminari si concentrano in una zona a ridosso del bordo libero (Figura 1.15), la cui estensione è dell’ordine di grandezza dello spessore totale del laminato [Baker et al., 2004; Jones, 1999]. La soluzione negli spostamenti si discosta in modo sostanziale da quella della teoria classica (Figura 1.16).

Il semplice modello illustrato mette in evidenza l’esistenza di tensioni interlaminari di tipo σxz, σyze

(24)

Esempio di laminato cross-ply

Figura 1.17: laminato cross-ply d’esempio [Jones, 1999].

Dato ad esempio un laminato cross-ply costituito da 4 lamine (gli strati esterni siano disposti a 90◦e gli interni a 0◦, come illustrato in Figura 1.17). Le tensioni σyynello spessore saranno:

σyy= − Nx 2h0 (Q11−Q22)Q12 (Q11+Q22)2− 4Q212 . (1.105)

Se si isola una porzione di una lamina, si osserva che per l’equilibrio alla rotazione attorno all’asse x,devono sussistere delle tensioni normali, la cui distribuzione deve essere inoltre auto–equilibrata. Una possibile soluzione è quella riprodotta in Figura 1.18, proposta da Pipes e Pagano [Jones, 1999]: le tensioni σzztendono a zero lontano dal bordo, mentre in prossimità dello stesso si approssimano a infinito.

Queste tensioni sono in grado di provocare delaminazioni al bordo con il progressivo distacco delle lamine anche in condizioni di carico di intensità relativamente esigua.

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