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Le Mutilazioni Genitali Femminili

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Academic year: 2022

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Le Mutilazioni Genitali

Femminili

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[...] la vagina (chiamata kudo, kudoni) camminava tutta sola, non era ancora tutt’uno con la donna. La vagina andava da sola da tutte le parti del mondo. Era continuamente per strada. Dormiva proprio con tutti.

Un giorno incontra un asino e gli chiede: “[…] giaci con me?”

L’asino lo fa e Kudo dice: “Ah! Questo sì che è proprio piacevole!”

Poi incontra un cavallo e dice: “Dormi con me e prendimi!”

Il cavallo lo fa e la vagina dice: “Ah! Questo sì che è proprio piacevole!”

Incontra un leone e dice: “Dormi con me!”

Il leone obbedisce e Kudo ancora una volta dice: “Ah! Questo sì che è proprio piacevole!”

Kudo vuole proprio accompagnarsi e dormire con chiunque e ogni volta che incontra qualcuno dice: “Dormi con me!”

Un giorno però incontra uno scorpione (tchalea, tchalessi) e pronuncia sempre la stessa frase: Dormi con me! Prendimi!”

Lo scorpione lo fa. Durante il coito lo scorpione punge la vagina con la sua coda.

Proprio in quell’istante Kudo urla dal dolore, e fugge i preda al terrore. E così Kudo corre dalla donna e si nasconde da lei chiedendo: “nascondimi, proteggimi, te ne prego!” la donna lo fa, la protegge e da quel giorno le donne sono provviste della vagina.1

1 Frobenius in Lallemand, 1985, p. 130.

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Indice

Indice...2

Introduzione ...3

CAPITOLO 1 Le mutilazioni genitali femminili...5

1.1 Classificazione ...5

1.2 Distribuzione geografica ...7

1.3 Contesti ...9

CAPITOLO 2 Percorso storico ...11

2.1 Origine delle pratiche...11

2.2. Sviluppo di un discorso di tipo antropologico ...11

CAPITOLO 3 Descrizione delle pratiche ...14

3.1 La scelta del luogo dell'operazione e la fase preliminare ...14

3.2 L'operazione ...15

3.3. Le conseguenze ...16

3.3.1 Fisiche ...16

3.3.2 Psicologiche ...17

3.3.3 Socio-culturali...17

CAPITOLO 4 Motivazioni “altrui” e questioni del “noi” ...19

4.1 Tradizione e costume ...19

4.2 Motivazioni psico-sessuali...20

4.3 Motivazioni religiose ...22

4.5 Motivazioni igieniche ...24

4.6 Motivazioni estetiche ...26

CAPITOLO 5 Il pluralismo culturale ...27

5.1 E se fosse un diritto inalienabile? ...27

5.2 Oltre i diritti umani, tra relativismo e universalismo ...28

CAPITOLO 6 Tra il rispetto dei diritti umani e il rispetto delle diverse identità culturali... 30

6.1 L’evoluzione dell’approccio al tema delle mutilazioni genitali femminili...30

6.2 Il contributo dell’antropologia culturale ...32

CAPITOLO 7 La posizione delle donne e le pressioni sociali ...35

CAPITOLO 8 L’impegno politico per sradicare la pratica delle MGF ... 38

8.1 Esistono dei diritti umani universalmente riconosciuti? ...38

8.2 Gli strumenti legali internazionali e il ruolo delle ONG...39

8.3 La campagna “STOP FGM!”...41

8.4 Gli strumenti adottati a livello nazionale ...42

Conclusioni ...43

Bibliografia ...46

Sitografia...47

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Introduzione

Da qualche anno a questa parte il tema delle mutilazioni genitali femminili viene periodicamente riproposto all'attenzione della società grazie a numerose campagne di sensibilizzazione a favore della tutela dei diritti umani. Il fenomeno è oramai di portata mondiale, perché non riguarda più solamente i cosiddetti Paesi in Via di Sviluppo (PVS), ma anche le diverse realtà nazionali del Nord del Mondo, che sono interessate dai flussi migratori.

In Occidente il problema suscita regolarmente una reazione di sdegno, orrore e condanna, poiché le MGF vengono interpretate come forme di tortura e di violazione dei fondamentali diritti dell’uomo.

In Africa, tale indignazione viene vista come imperialistica, ignorante ed aggressiva. Il problema deriva dal fatto che molto spesso per gli occidentali risulta difficile evitare di esprimere giudizi morali, quando si discute di pratiche culturali diverse dalle proprie.

Ogni cultura, però, ha i propri precetti morali ed il proprio punto di vista. Le convinzioni riguardo i diritti umani, ad esempio, non sono in tutte le società equivalenti a quelle espresse nel contesto del dibattito occidentale. Le MGF sono spesso praticate da donne che vi credono fortemente, non sono sempre percepite come mutilazioni, ma al contrario come atti compiuti nel migliore interesse della donna. Renteln sostiene che "La cultura è così potente nel modo in cui forma le percezioni degli individui, che capire il modo di vivere nelle altre società dipende dal riuscire a vedere a fondo in ciò che si potrebbe chiamare la logica culturale interna"2.

È necessario, quindi, considerare il fatto che le donne oggetto di tali pratiche sono attori sociali, in costante interazione con la loro cultura, la loro religione, i loro sistemi di credenze e di significati, le loro reti locali di potere e gerarchie istituzionali,... Bisogna perciò portare avanti un approccio contestualizzato, che eviti giudizi morali. In tale modo è possibile mettere in campo conoscenze e capacità di comprensione dei fenomeni socio-culturali e capire sino in fondo le logiche di funzionamento e le implicazioni di queste pratiche. Soltanto in tale modo, sarà possibile intervenire adeguatamente. L'antropologo deve porsi come obiettivo la comprensione dal punto di vista degli altri, il che non vuol dire assumere un atteggiamento giustificatorio e/o relativista bensì una posizione aperta alla conoscenza che contribuisca a mettere in atto interventi fondati sul dialogo e realmente pensati in una prospettiva interculturale.

Tale obiettivo è anche quello della nostra relazione, che si propone di studiare il problema delle mutilazioni genitali femminili, da un punto di vista antropologico.

Nel primo capitolo si definisce il problema in esame, presentando una classificazione delle tipologie di mutilazioni genitali femminili effettuate oggigiorno e cercando di contestualizzarle (ad esempio, localizzandole geograficamente).

2 RENTELN, A. International Human Rights: Universalism versus Relativism, Londra, 1990.

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Il secondo capitolo consiste in un breve percorso storico, avente lo scopo di ricercare l’origine delle pratiche e l’evoluzione degli studi e dei resoconti aventi come oggetto le MGF.

Nel terzo capitolo si effettua una descrizione delle pratiche e delle loro conseguenze (di tipo fisico, psicologico e socio-culturale), a partire dal resoconto di Amina, una donna somala, mutilata all’età di sette anni ed intervistata da Igiana Scebo.

Nel quarto capitolo verranno prese in esame le motivazioni che spiegano ancora oggi il protrarsi della pratica.

Nel quinto capitolo si offre una panoramica generale sulla necessità di guardare oltre i diritti fondamentali e di porsi in una situazione intermedia tra relativismo culturale e universalismo. In più verrà presa in analisi la posizione di coloro che difendono la validità delle MGF, tra cui l’etnopsichiatra Tobie Nathan e l’antropologo Claude Lévi-Strauss.

Il sesto capitolo analizza l’evoluzione dell’approccio al tema delle MGF, tenendo in considerazione gli importanti contributi forniti dall’antropologia culturale.

Il settimo capitolo si concentra sulla posizione che le donne interessate dal fenomeno oggetto del nostro studio hanno assunto alla luce delle inevitabili pressioni sociali cui sono soggette.

L’ottavo capitolo approfondisce le modalità con le quali si è cercato di favorire un abbandono graduato della pratica, mettendo in piedi campagne di sensibilizzazione a livello nazionale e internazionale, che accompagnano gli strumenti legali di cui la comunità internazionale e i singoli paesi si sono dotati nel tempo.

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CAPITOLO 1

Le mutilazioni genitali femminili

Mutilazione genitale femminile è il termine utilizzato per fare riferimento alle operazioni tradizionali di rimozione e/o alterazione di parti dell'apparato genitale femminile esterno. Dato il carattere sociale delle pratiche, esse si applicano alle donne di determinati gruppi etnici o di determinate società e si svolgono secondo tipologie e regole cronologiche stabilite. Secondo i dati più recenti, le donne che hanno subito un'alterazione permanente dei loro organi genitali a scopi non terapeutici sono tra i 100 e i 140 milioni in tutto il Mondo. Si ritiene, inoltre, che almeno un paio di milioni di ragazze siano a rischio ogni anno.3

1.1 Classificazione

I primi tentativi per una sistematica classificazione delle pratiche, soprattutto in ambito medico- sanitario, apparvero già a partire dal XIX secolo e si susseguirono numerosi.4

Nella seconda metà degli anni '90 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) decise, dunque, di procedere ad una classificazione definitiva delle mutilazioni genitali femminili (MGF), adottando quella operata da Cook nel 1977, comprendente quattro differenti tipologie di operazioni che coinvolgono gli organi genitali della donna:

1. Circoncisione o Sunna (parola araba che significa tradizione): resezione del prepuzio, con o senza asportazione parziale o totale della clitoride;

2. Escissione o Tahara (in arabo, purificazione): ablazione della clitoride, con asportazione parziale o totale delle piccole labbra;

3. Infibulazione o circoncisione faraonica (perché si crede venisse praticata in Egitto durante il periodo delle dinastie dei Faraoni): resezione di parte o di tutti i genitali esterni (clitoride, piccole labbra e sezione mediale delle grandi labbra), sutura dei due lobi della vulva e restringimento dell'apertura vaginale;

4. Pratiche senza classificazione specifica. Sono incluse in tale categoria la perforazione, la penetrazione o l'incisione della clitoride e/o delle piccole labbra; lo stiramento della clitoride

3 Definizione e dati tratti dal Sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (www.who.org) e dal documento Female genital mutilation: a joint WHO/UNICEF/UNFPA statement, WHO, Geneva, 1997.

4 ERLICH, Michel. La femme blessée, essai sur les mutilations sexuelles féminines, Editions L’Harmattan, Parigi, 1986.

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e/o delle piccole labbra; la cauterizzazione della clitoride e del tessuto circostante; il raschiamento del tessuto circostante l'orifizio vaginale o l'incisione della vagina; l' introduzione di sostanze corrosive o erbe in vagina per causare emorragia o allo scopo di serrarla o restringerla; qualsiasi altra procedura che rimane all'interno della definizione di MGF.5

La classificazione dell'OMS si basa sull'utilizzo dell'espressione mutilazione, la quale, di fatto, esprime una connotazione negativa ed annulla completamente la dimensione culturale, generando molto spesso atteggiamenti etnocentrici. Coloro che criticano tale termine sono soprattutto le attrici sociali coinvolte, le quali percepiscono tali atti non come una mancanza o mutilazione, bensì come passaggi necessari e obbligati del percorso di crescita della loro persona, o addirittura come avvenimenti positivi della loro vita o della vita della loro comunità.6

Col fine di giungere ad una definizione che non esprima alcun giudizio di valore e che sia, quindi, il meno parziale possibile, Michela Fusaschi7 propone un nuovo schema classificatorio, che comprende le MGF all'interno della grande categoria di interventi di modificazione o alterazione che possono essere praticati, in maniera definitiva e con scopi non terapeutici, su tutto il corpo della donna. Le MGF compaiono all'interno dell'ampia categoria delle modificazioni a carattere definitivo, le quali, a loro volta, possono essere classificate in tre grandi classi:

1. Modificazioni a carattere riduttivo (sui genitali le più note sono le MGF, mentre meno ricordate sono tutte quelle pratiche a carico degli organi interni, come la castrazione o la sterilizzazione);

2. Modificazioni a carattere espansivo (per quanto concerne l'apparato genitale, esistono pratiche di allungamento clitorido-labiale e di dilatazione vaginale);

3. Altre modificazioni (quelle a carico degli organi genitali consistono nella deflorazione rituale, nell'introcisione e nelle pratiche abortive che comportano alterazioni definitive e permanenti).

Ad ogni modo, l'espressione mutilazione genitale femminile resta quella attualmente maggiormente utilizzata.

5 Cfr. Female genital mutilation, op. cit.

6 “…tale espressione risultasse offensiva per le dirette interessate, che non potevano accettare di considerare mutilati i propri corpi. Ma soprattutto […] la ritenevano inadeguata a descrivere delle trasformazioni che per loro rispondono a dei canoni estetici di bellezza e di perfezione del corpo femminile che sono profondamente radicati nella loro cultura.

MGF è infatti un’espressione etnocentrica fondata su canoni occidentali…”, Antropologia delle mutilazioni genitali femminili, a cura di Carla Pasquinelli, AIDOS, Roma, 2000.

7 FUSASCHI, Michela. I segni sul corpo. Per un’antropologia delle modificazioni dei genitali femminili, Torino, Bollati Boringhieri, 2003, pp. 30 ss.

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1.2 Distribuzione geografica

Per descrivere le pratiche nel migliore dei modi è necessario analizzarne la distribuzione geografica.

Le MGF si praticano principalmente nelle regioni tropicali.

In Africa vi sono più di 25 paesi interessati dal fenomeno (come mostra la Tabella 1), i quali si trovano in un'area, situata tra il Tropico del Cancro e l'Equatore, che si estende per tutta la larghezza del continente. La tipologia di mutilazione varia di paese in paese e non necessariamente gruppi etnici geograficamente contigui praticano lo stesso tipo di mutilazione. Le infibulazioni rappresentano circa il 15% delle pratiche ed, in particolare, interessano quasi tutta la popolazione femminile di Somalia, Gibuti e Sudan settentrionale.

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Tabella 1. Mutilazioni genitali femminili in Africa. Dati per Paese

Benin 50% escissione soprattutto nel Nord del Paese

Burkina Faso 72% escissione quasi tutti i gruppi etnici del Paese praticano le MGF

Camerun 20% circoncisione ed escissione le MGF sono praticate in alcune aree del Nord e del Sud-Ovest del Paese Repubblica

Centroafricana 43% circoncisione ed escissione le MGF sono prevalenti in circa una decina dei 48 gruppi etnici del Paese Ciad 60% escissione ed infibulazione l'infibulazione viene eseguita nella parte orientale del Paese, al confine con

il Sudan

Costa d'Avorio 43% escissione soprattutto nei riti di iniziazione animisti, tra le popolazioni rurali del Nord, Nord-Est ed Ovest del Paese

Rep. Dem. del

Congo 5% escissione parte Nord-equatoriale del Paese

Gibuti 98% escissione ed infibulazione circa il 95% delle donne di tutti i gruppi etnici è infibulato Egitto 97% circoncisione, escissione

ed infibulazione

le FGM sono praticate da musulmani e cristiani, l'infibulazione è prevalente nella zona meridionale del Paese

Eritrea 95% circoncisione, escissione

ed infibulazione le FGM sono praticate da quasi tutti i gruppi etnici Etiopia 85% circoncisione, escissione

ed infibulazione

le FGM si praticano tra quasi tutti gli oltre 70 gruppi etnici del Paese, l'infibulazione è praticata nelle aree confinanti con Sudan e Somalia Gambia 80% escissione ed infibulazione 7 dei 9 gruppi etnici praticano le FGM, in particolare sono praticate sul

100% delle donne Fula e Sarahuli

Ghana 30% escissione le FGM sono prevalenti nelle regioni del Nord e sono anche praticate dai nomadi del Sud

Guinea 99% circoncisione, escissione

ed infibulazione non ci sono distinzioni di etnia, religione e regione Guinea-Bissau 50% circoncisione ed escissione soprattutto tra i Fula e i Mandinka (70-80% delle donne) Kenya 38% circoncisione, escissione

ed infibulazione l'infibulazione è praticata nelle zone orientali, confinanti con la Somalia Liberia 60% escissione 13 gruppi etnici praticano le FGM

Mali 94% circoncisione, escissione ed infibulazione

le FGM sono molto comuni in tutto il Paese, l'infibulazione è praticata nelle aree meridionali

Mauritania 25% circoncisione ed escissione le FGM sono praticate sul 95% delle donne Soninke e Halpulaar

Niger 5% escissione

Nigeria 25% circoncisione, escissione

ed infibulazione l'infibulazione è praticata nel Nord-Ovest del Paese

Senegal 20% escissione le FGM sono prevalenti tra la popolazione musulmana e sono praticate soprattutto nelle regioni orientali del Paese

Sierra Leone 90% escissione tutti i gruppi etnici, eccetto i Creoles (situati principalmente nella capitale, Freetown) praticano le FGM

Somalia 96-100% infibulazione quasi tutte le donne somale vengono mutilate

Sudan 89% nel

Nord escissione ed infibulazione predomina l'infibulazione, praticata nel Nord del Paese e solo in misura molto minore nel Sud

Tanzania 18% escissione ed infibulazione le FGM sono praticate in 5 regioni del Paese Togo 12% escissione praticata soprattutto nel Nord del Paese Uganda 5% circoncisione ed escissione praticate nel distretto di Kapchorwa

Fonti:

a) FUSASCHI, Michela. op. cit., Tabella I, pp. 29-30.

b) Tratto dal Sito Web Amnesty International (www.amnesty.org).

c) Tratto dal Sito Web AIDOS (www.dirittiumani.donne.aidos.it).

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Al di fuori del continente africano, l'escissione è praticata nel Sud della penisola araba (nell'Oman, nello Yemen del Sud e negli Emirati Arabi Uniti). La circoncisione, invece, è praticata dalle popolazioni islamiche dell'Indonesia, dello Sri Lanka e della Malesia. Alcuni focolai molto limitati sono stati inoltre segnalati in America Latina, tra alcune tribù dell'Amazzonia peruviana e venezuelana, ma non vi sono molte informazioni al riguardo. Infine, queste pratiche sono molto diffuse tra le comunità immigrate in Nord America, Europa, Australia e Nuova Zelanda, da paesi in cui si praticano le MGF.8

1.3 Contesti

Per quanto riguarda il contesto in cui si svolgono le differenti pratiche, esso muta notevolmente, oltre che in relazione alla tipologia di intervento e geograficamente, anche in relazione all'età della bambina o della ragazza che viene sottoposta all'intervento. Tale età cambia a seconda del gruppo etnico di appartenenza e viene prestabilita in alcune situazioni socialmente, mentre in altre in seguito al verificarsi di altri importanti eventi connessi (come ad esempio lo sviluppo fisico della ragazza, con la comparsa della prima mestruazione, o il matrimonio). Alcuni gruppi etnici preferiscono praticare le MGF durante il periodo neo-natale, nei primi 40 giorni di vita della bambina (come, ad esempio, gli Amhara in Etiopia9). Vi sono poi gruppi etnici che mettono in atto la pratica durante la prima infanzia (come gli Yoruba in Nigeria10), mentre altri preferiscono aspettare la pubertà (come i Malinké in Mali11). Altri ancora ritengono che l'operazione vada effettuata nel periodo immediatamente precedente (come i Kikuyu in Kenya12) o immediatamente successivo alla comparsa delle prime mestruazioni. Infine, vi sono culture che scelgono il periodo prematrimoniale (ad esempio, i Gourmantché in Burkina Faso13) o la prima gravidanza. Alcuni studi, insieme coi dati raccolti dall'OMS, presentano il fatto che si sta giungendo ad una progressiva riduzione dell'età delle bambine coinvolte, per evitare il rifiuto consapevole da parte di queste ultime e per ridurre la resistenza al dolore14.

L'infibulazione è quasi sempre individuale, a differenza dell'escissione, che riveste un carattere collettivo per un buon numero di società. In quest'ultimo caso, tutte le donne appartenenti ad una medesima classe di età vengono sottoposte ad una seduta operatoria comune; si tratta di vere e

8 Cfr. Sito Amnesty International (www.amnesty.org) e sito AIDOS (www.dirittiumani.donne.aidos.it).

9 LESLAU, Wolf. Coutumes et croyances des Falachas, mémoire, Institut d'Ethnologie, n. 61, Paris, 1957.

10 SIMMONS, Donald C. Sexual life, marriage and childhood among the Efok, in "Africa", n. 30, 1960, pp.153-165.

11 KANTÉ, Nambala. Forgerons d'Afrique noire, Paris, L'Harmattan, 1993.

12 KENYATTA, Yomo. Au pied du mont Kenya, Paris, Maspero, 1960.

13 CARTRY, Michel. La calebasse de l'excision en pays gourmantché, in "Journal de la Societé des Africanistes", XXXVIII, n. 2, 1968, pp.189-225.

14 Come sostiene HOSKEN, Fran. The Hosken Report: genital and sexual mutilation of females,Lexington, 1982, lo scopo è quello di avere bambine che siano “troppo piccole per opporre resistenza”.

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proprie feste, che costituiscono reali momenti di aggregazione ed eventi molto importanti per l'intera società. Tale procedura viene integrata all'interno di riti di iniziazione più vasti, che riguardano l'infanzia o l'adolescenza delle donne della comunità.15

La periodicità delle sedute di escissione è fissata in anticipo, in funzione di determinati criteri socio- culturali. Per alcune etnie, le pratiche vengono effettuate semestralmente (come, ad esempio, i Chuka in Kenya16), mentre per altre annualmente (come nel caso dei Coniagui in Guinea17) o ogni due o più anni (come i Bambara in Mali18). L'ordine di passaggio obbedisce spesso a delle regole precise, che dipendono da diversi criteri. A volte la prima è la maggiore del gruppo o la figlia dell'uomo più anziano, altre volte è la ragazza considerata più matura (fisicamente o psicologicamente), poiché generalmente eserciterà una sorta di autorità morale sulle sue compagne e dovrà far regnare la disciplina nel corso della seduta. Viene, in alcuni casi, accordata attenzione anche all'ultima. Nel corso degli anni, i rituali tradizionali sono andati modificandosi, a causa soprattutto dell'inevitabile ibridazione con altre culture e sembra che si stia assistendo ad una progressiva disaffezione nei confronti di tali pratiche collettive, in seguito alla disintegrazione delle strutture tradizionali.

Quando la pratica è effettuata individualmente, il contesto si presenta diametralmente opposto, senza feste né cerimonie. Non vi è alcuna periodicità nello svolgimento dell'operazione e, soprattutto, le persone coinvolte, oltre alla protagonista, sono molto poche; il rito si esercita all'interno della famiglia, senza che vi siano spettatori esterni. Sempre più incentrati esclusivamente sull'individuo sono, ad esempio, i riti recenti che vengono praticati in contesti urbani o migratori.19

15 ERLICH, Michel. op.cit., FUSASCHI, Michela. op.cit.

16 BROWNE, G.S.O., The circumcision ceremony in Chuka, in "Man", XV, 1915, pp. 65-68.

17 DE LESTRANGE, Monique. Les Coniagui et les Bassari, Paris, PUF, , 1955.

18 IMPERATO, Pascal J. African Folk Medicine. Practices and Beliefs of the Bambara and Other Peoples, Baltimore, York Press, 1977.

19 ERLICH, Michel. op. cit., FUSASCHI, Michela. op. cit.

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CAPITOLO 2 Percorso storico

2.1 Origine delle pratiche

Per riuscire ad individuare le specificità socioculturali e storiche delle MGF è necessario andare ad esaminarne le origini e a studiarne i valori ed i significati specifici che vengono loro attribuiti.

L'origine della pratica è sconosciuta ed incerta. Non esistono delle testimonianze che indichino come e quando l'usanza sia iniziata e in che modo si sia diffusa. Esistono tuttavia due teorie principali: una sostiene che l'usanza nacque in un luogo (si pensa soprattutto la penisola araba oppure l'Egitto) per poi propagarsi in altre zone; l'altra invece ritiene che le operazioni si siano sviluppate in maniera indipendente, in aree differenti e in momenti storici diversi e non hanno dunque un'origine comune.20

Sembra oramai indiscusso che l'origine delle pratiche sia molto antica. Esistono alcune testimonianze che rivelano come già nel primo millennio avanti Cristo il costume fosse conosciuto e praticato in Egitto.21 Tali dati, però, sono pochi e disorganici e non ci permettono di ottenere notizie significative in relazione a tali pratiche.

2.2. Sviluppo di un discorso di tipo antropologico

Ancora più produttiva del ricostruire le origini delle MGF sembra essere l'analisi di come si sia evoluto nei secoli lo "sguardo" nei confronti di tali pratiche, poiché il tema delle mutilazioni genitali femminili rientra nell'ambito più generale del confronto con l'alterità culturale e deve essere letto all'interno della relazione tra "noi" e gli "altri".22

Per un periodo storico particolarmente lungo i temi in questione vennero trattati utilizzando un punto di vista tipicamente "maschile", "sessuato" ed "europeo", con un certo grado di superficialità ed approssimazione, consegnandoci in tale modo "una visione riduttiva, assolutamente deculturalizzata e deprivante del fenomeno".23 Nello sguardo di esploratori, conquistatori e

20 BILOTTI, Edvige. La pratica della mutilazione genitale femminile, in “Un mare di donne”, n. 3 (gennaio-giugno 1997).

21 Il primo a descrivere l’uso delle pratiche è Erodoto (484-424 a.C.), il quale afferma che le MGF vengono praticate dai fenici, dagli ittiti, dagli etiopi e dagli egiziani. Attorno al 25 a.C., inoltre, Strabone racconta come gli egiziani

circoncidessero i ragazzi e recidessero le ragazze. Infine, due medici che vissero nel I Millennio a.C., Soramus e Aetius, descrissero in maniera dettagliata l’operazione praticata in Egitto e gli strumenti utilizzati. Cfr, BILOTTI, Edvige, Ibidem.

22 FUSASCHI, Michela, op. cit., pp. 50 ss.

23 FUSASCHI, Michela, ibidem.

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missionari europei prevalgono l'immaginazione, lo stupore e l'orrore, originando un "repertorio piuttosto statico e stereotipato di definizioni e di immagini […] pure nei confronti di aree geografiche e culturali lontane e ben diverse fra loro"24. Le testimonianze dell'età della colonizzazione e dell'espansone europea, nella quale l'Occidente cristiano entra in contatto con culture sconosciute, sostanzialmente inseriscono le MGF all'interno del vasto catalogo delle stranezze e delle mostruosità dei popoli "selvaggi".

L'etnocentrismo caratteristico dei racconti riguardanti le MGF viene eliminato per la prima volta alla fine del XVI sec. con De Montaigne, il quale scrive:

"...se certi fatti sembrano straordinari, ciò è frutto della nostra ignoranza della natura […]L'assuefazione indebolisce la vista del nostro giudizio."25

Ad ogni modo, è soltanto durante l'Illuminismo che nasce un discorso di tipo antropologico, in seguito ad una crescente volontà di conoscere la variabilità umana e l'origine di differenze e somiglianze socio-culturali. Una delle prime analisi comparative su "circoncisione, infibulazione e castrazione" è quella di Leclerc del 1749, il quale, per la prima volta, si pone l'obiettivo di spiegare quali siano le motivazioni alla base di tali pratiche.26 Le considerazioni di Leclerc verranno successivamente riprese anche da Diderot e D'Alembert e da Voltaire.

Tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo si consolida la letteratura di viaggio e si hanno numerosissime descrizioni, anche piuttosto dettagliate, delle pratiche di MGF messe in atto nel continente africano27, in cui è evidente un cambiamento di sensibilità e un complessivo avanzamento delle conoscenze. Nonostante ciò, la letteratura di viaggio, così come la prima letteratura medica, appare ancora impregnata

"di un misto di paternalismo, superiorità e disprezzo nei confronti di questi popoli

"primitivi" che fa da pandant con l'ideologia umanitarista che anima molti uomini di cultura del tempo".28

24 SURDICH, Francesco. Letteratura di viaggio e alterità, in AA.VV. Universalità e differenza: cosmopolitismo e relativismo nelle relazioni tra identità sociali e culture, Milano, Franco Angeli, 1996.

25 DE MONTAIGNE, Michel. Saggi, a cura di Fausta Garavini, Milano, Adelphi, 2002.

26 LECLERC, Georges-Louis. Histoire naturelle, a cura di J. Varlot, Paris, Gallimard, 1984.

27 Cfr., ad esempio, BRUCE, James. Voyage aux sources du Nil en Nubie et en Abyssinie. 1768-1772, London, 1790- 1792.

28 FABIETTI, Ugo. L'ideologia del primitivo nella cultura contemporanea, Bologna, Zanichelli, 1977.

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Soltanto tra la fine dell'800 e gli inizi del '900 si riuscirà a superare una tale impostazione eurocentrica, grazie soprattutto alla nascita dell'antropologia moderna ed alla necessità per l'etnologo, attraverso lo sviluppo della tecnica dell'osservazione partecipante, di spogliarsi della propria "presunzione di civiltà" in favore della conoscenza. L'antropologia si "professionalizza" e si comincia a raccogliere dati finalizzati allo studio delle popolazioni "altre". Inoltre, a partire dal contributo di Denise Paulme29, gli studi sulle MGF non sono più caratterizzati dalla visione prettamente maschile caratteristica dei resoconti degli anni precedenti.

29 "Se si considera che l'inchiesta etnografica era pressoché sempre condotta con l'aiuto e in vicinanza dei soli elementi maschili della popolazione, l'immagine che ne risulta si trova a essere, in larga misura, quella che gli uomini, e solo loro, si fanno della propria società", tratto da Femmes d'Afrique Noire, a cura di Denise Paulme, Paris-La Haye, Mouton & Co., 1960, pp. 6 ss.

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CAPITOLO 3

Descrizione delle pratiche

A questo punto, è necessario analizzare le pratiche di mutilazione genitale femminile. A partire da un caso studio specifico, tratto da un'intervista effettuata da Igiana Scebo ad una donna somala ("La donna violata")30, è possibile analizzare le differenti fasi dell'operazione.

3.1 La scelta del luogo dell'operazione e la fase preliminare

"...Avevo circa sette anni. Come vuole la tradizione, mi fecero fare un bagno e le donne si misero a cantare per me. Quel giorno sarei diventata donna. Sapevo benissimo che l'operazione sarebbe stata dolorosa, la mamma mi aveva spiegato tutto..."

La scelta del luogo dove svolgere l'operazione dipende principalmente dal carattere individuale o collettivo della pratica. Nel primo caso, non vi è generalmente un obbligo particolare e generalmente si predilige il domicilio familiare, oppure la casa di un parente o di un vicino. Nel secondo caso, esistono molto spesso precise indicazioni e tempi ben definiti da rispettare. Infatti, dovendo raggruppare tutte le postulanti in uno stesso luogo ed essendo la cerimonia associata ad un rito di iniziazione, sono necessari dei siti prescelti per l'occasione, che possono essere, ad esempio, vicino ad un albero o ad un corso d'acqua specifico, ai margini del bosco, oppure in una radura.

L'operazione viene fatta molto spesso precedere o seguire da periodi (che hanno una durata che può variare da qualche ora a qualche mese di tempo) in cui le giovani donne sono isolate dal resto della comunità.

In alcune società esistono dei protocolli molto rigorosi riguardo le pratiche, che precisano il momento della giornata, la stagione o il mese dell'anno in cui effettuare l'operazione. Esistono, inoltre, prescrizioni riguardo la fase preliminare, durante la quale le future iniziate vengono riunite in luoghi sconosciuti se non a loro, poste sotto la responsabilità di una donna anziana e sottoposte a tutta una serie di prescrizioni alimentari, cosmetiche, di vestiario e sociali, ricevendo in tal modo una sorta di preparazione alla loro futura vita di donne. Nei giorni e nelle ore precedenti l'operazione spesso si dà vita ad una preparazione rituale che comprende delle misure medicinali a

30 Tratto dal Sito Web Nigrizia.it (www.nigrizia.it).

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scopo emostatico e a volte anestetizzante, un'alimentazione costipante e una dieta idrica. In alcuni casi si fa precedere l'operazione da un bagno freddo, che viene reputato anestetizzante e per alcune culture simboleggia l'annegamento dell'infanzia. In molti casi, le altre donne presenti incoraggiano la ragazza con dei canti di gioia.

3.2 L'operazione

"...Arrivai dalla mammana, addetta all’operazione, allargai le gambe e pregai.

Altre due donne mi tenevano le gambe, per impedirmi di muovermi durante l’operazione. Il tutto avveniva senza anestesia, mi ricordo il dolore fortissimo, ma nonostante tutto cercavo di non divincolarmi, fuggire era considerato una grande vergogna. Al termine mi vennero legati i fianchi e stetti così per circa una settimana, dovevo dare il tempo alla ferita di cicatrizzarsi…".

La tipologia di operazione subita da Amina, la donna intervistata da Igiana Scebo, è l'infibulazione.

Nel seguente paragrafo si provvederà a descrivere soltanto tale tipo di mutilazione genitale.

L'operazione viene effettuata quasi sempre da una donna e le persone che assistono sono generalmente tutte donne. L'operatrice tradizionalmente è una delle più anziane della comunità, di solito una levatrice locale e specializzata nella pratica, ma può essere in alcuni casi anche la stessa madre della ragazza. Gli strumenti che vengono utilizzati sono lame di rasoi, coltelli, forbici e in alcuni casi pezzi di vetro. Raramente vengono sterilizzati prima dell'operazione, e, salvo nei casi in cui le operazioni vengono eseguite in ospedale, non vengono mai usati anestetici. La bambina è solitamente tenuta ferma da una donna stesa sotto di lei, che le immobilizza gambe e braccia, oppure da alcune donne del villaggio.

A seconda dei differenti costumi, la ferita viene ricucita con un filo di seta, di crine o per suture, oppure con delle spine di acacia. Per facilitare la cicatrizzazione si utilizzano alcune sostanze adesive come il malmal31, tuorlo d'uovo e zucchero, succo di limone o miscugli di erbe; mentre per controllare l'emorragia viene spesso utilizzata la cenere. Per aiutare la guarigione ed eliminare odori sgradevoli, vengono arse sotto la ragazza tradizionali erbe aromatiche, come per esempio, l'asal, e della linfa essiccata. In seguito all'operazione le gambe della ragazza vengono legate, col fine di immobilizzarla per diverse settimane (dai 15 ai 40 giorni), per permettere la cicatrizzazione della ferita.

31 Una mistura di pasta composta da zucchero e gomma.

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Con il termine defibulazione si intende l'operazione di apertura della vulva occlusa. Tale pratica viene messa in atto alla vigilia del matrimonio. In tutte le società in cui si pratica l'infibulazione, è il marito ad avere il privilegio di effettuare tale apertura, utilizzando mezzi naturali o strumenti taglienti, oppure facendo ricorso ad un'operatrice.

Inoltre, solitamente, in seguito ad ogni nascita, viene praticata la reinfibulazione, che consiste nel richiudere la vulva, per restituire al corpo della donna la condizione prematrimoniale, che era stata ottenuta attraverso l'operazione iniziale.

3.3. Le conseguenze32

3.3.1 Fisiche

"...L'operazione ti cambia la vita. Fatti normali come il ciclo mestruale si trasformano in un vero incubo. Non parliamo poi dei rapporti sessuali o delle gravidanze..."

I rischi e le complicazioni per la salute dipendono dal tipo di mutilazione, dalle condizioni igieniche, dall'abilità della persona che opera e dalla resistenza opposta dalla bambina. Le complicazioni possono essere di due tipi:

Complicazioni immediate: Come, ad esempio, emorragie, shock post-operatori, ritenzione urinaria, possibilità che vengano lesionati altri organi, che sopraggiungano infezioni e tetano o che venga contratto il virus dell'HIV. Non è possibile valutare il numero dei decessi, poiché generalmente vengono tenuti nascosti alle autorità sanitarie. In ogni caso, le persone che effettuano l'operazione non sono ritenute responsabili dai genitori se l'operazione provoca morte o infezione;

Complicazioni a lungo termine: Sono frequenti le infezioni croniche, la formazione di corpi estranei all'interno della vagina e fenomeni di incontinenza e dismenorrea. Le donne mutilate avvertono spesso un forte dolore durante il rapporto sessuale e a volte diventano sterili per le infezioni che si propagano agli organi riproduttivi. Per le donne infibulate sono inevitabili delle complicazioni al momento del parto, poiché la riapertura della cicatrice è necessaria per permettere la nascita del bambino. La tradizione vuole che la donna sia reinfibulata dopo il parto.

32 Tratto da A Systematic Review of the Health Complications of Female Genital Mutilation, including Sequelae in Childbirth, Department of Women’s Health Family and Community Health, WHO, Geneva, 2000.

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Inoltre, in tutti i tipi di mutilazione viene amputata una parte del corpo femminile contenente nervi importanti per il godimento sessuale. Per le donne infibulate la consumazione del matrimonio può richiedere parecchie settimane, a causa delle difficoltà legate all'apertura della cicatrice.

3.3.2 Psicologiche

Se l'operazione risulta essere particolarmente dolorosa, essa è fonte di grave trauma per la bambina.

Molti resoconti personali contengono riferimenti all'ansia precedente all'operazione ed al successivo senso di umiliazione e di tradimento da parte dei genitori, in seguito al dolore provato.

Vi sono, al tempo stesso, anche molti riferimenti all'orgoglio provato nell'essere come tutte le altre, nell'essere diventata "pulita" oppure nell'aver sofferto senza gridare. Molte ragazze mutilate ricordano con gioia il momento dell'operazione, perché lo associano alle particolari vesti indossate per l'avvenimento, al buon cibo mangiato o ai regali ricevuti. L'identità comunitaria e l'appoggio da parte della famiglia, del villaggio e delle compagne sono fondamentali a generare effetti psicologici positivi, in grado di contrapporsi e superare la negatività del dolore sofferto.

3.3.3 Socio-culturali

"In Somalia quasi la totalità della popolazione femminile è infibulata, la donna non infibulata diviene automaticamente una fuori casta un'impura. Le probabilità che una donna non infibulata trovi marito e si inserisca in società sono quasi nulle."

"La pratica è ormai entrata nella tradizione, la si fa senza discussione. Per molte ragazze l'operazione significa entrare nel mondo delle donne adulte […] Per le ragazze ignare è un momento di grande gioia e nessuna è consapevole dei rischi dell'operazione."

Le MGF si inseriscono in un percorso di iniziazione, consistente nel passaggio dall'infanzia all'età adulta, o in un processo di integrazione in un ristretto gruppo sociale, come, ad esempio, l'ingresso in una confraternita. Esse rientrano in quella categoria di rituali, definita riti di passaggio da Van Gennep33, ovvero quei riti che accompagnano ogni modificazione di ruolo, di stato e/o di posizione sociale. La mutilazione dunque, attraverso i suoi tre stadi (separazione, limen e aggregazione), diventa un rituale di costruzione dell'identità sociale e dell'appartenenza etnica. Denise Paulme sostiene che il fine delle pratiche è quello di “fare delle donne a partire dalle ragazze, degli adulti sociali pienamente coscienti del ruolo che appartiene loro e che non potevano comunque occupare

33 VAN GENNEP, Arnold. I riti di passaggio, Boringhieri, Torino, 1985.

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in precedenza”34.

Una donna mutilata ha seguito le tradizioni della sua società e della sua cultura, e per questo motivo è eleggibile per il matrimonio, mentre una ragazza non mutilata viene spesso respinta dalla società ed è bersaglio di disprezzo e scherno.

34 PAULME, Denise L'initiation des filles en Pays Kissi (Haute-Guinée), in Atti della II Conferencia internacional dos africanistos ocidentais em Bissau, Ministério das Colonias, Junta de investigaçoes coloniais, vol. 5, pp. 303-331.

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CAPITOLO 4

Motivazioni “altrui” e questioni del “noi”

35

Le mutilazioni genitali femminili si perpetuano perché traggono la loro ragion d’essere da motivazioni di ordine:

• Tradizionali e di costume

• Psico-sessuale

• Religioso

• Sociale

• Igienico

• Estetico

4.1 Tradizione e costume

Che cosa spinge una madre a sottoporre la propria figlia a mutilazioni genitali? La risposta è semplice: ci crede. La tradizione è una giustificazione ampiamente sostenuta per il persistere delle MGF. Esse sono regolarmente eseguite come una pratica integrale della conformità sociale e in linea con l’identità della comunità.36 Per una famiglia tradizionale è estremamente raro mettere in discussione l’essenza dell’usanza che è sostenuta da una consuetudine fortemente radicata.

La tradizione viene data per scontata, “porta con sé la sua stessa validità e lo status quo non viene mai messo in dubbio”.37 Sembra che le “ragioni” siano razionalizzazioni che tentano di spiegare un costume che “si è così completamente intessuto nella struttura di alcune società, che le «ragioni»

non sono più particolarmente rilevanti, poiché invalidandole la pratica non cessa”.38

35 Il titolo di questo capitolo è preso a prestito da FUSASCHI, Michela, op. cit.

36 TABA, 1980, pp. 21-22.

37 SANDERSON, 1981, pp. 47 ss.

38 WHO, 1986, pp. 37 ss.

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4.2 Motivazioni psico-sessuali

Una possibile spiegazione la suggerisce Meinardus (1967) che mette in relazione le MGF con la credenza faraonica della bisessualità degli dei: da qui la credenza che ogni persona sia dotata di un’anima maschile e di una femminile.39

Le società che credono nella natura duale e androgina dei bambini pensano che la parte femminile della natura dei ragazzi risieda nel prepuzio del pene, mentre la parte maschile della natura delle ragazze risieda nella clitoride. L’essere umano presenterebbe quindi, sin dalla nascita, gli attributi dell’altro sesso che andrebbero “corretti” al fine di inserire l’individuo nella categoria sessualmente appropriata. Il corpo dell’uomo e della donna necessiterebbero pertanto di una “correzione”, che è, ovviamente, una “correzione culturale”, o meglio un “completamento”, percepito dagli stessi attori sociali come l’unico intervento possibile per perfezionare la natura. Questo intervento “esterno” ed

“artificiale” avrebbe quindi lo scopo di inserire gli individui così “completati” nei ruoli sociali pertinenti alla propria categoria sessuale.

Presso le popolazioni di Sudan, Mali, Kenya e Nigeria la clitoride è considerata poi come organo aggressivo, che minaccia quello maschile e mette addirittura in pericolo la vita del nascituro.

La clitoridectomia e/o l’escissione sopprimono quindi un organo sovente considerato come potenzialmente minaccioso che ha, allo stesso tempo, l’improprietà di evocare l’organo maschile e di essere inadeguato a un’immagine della femminilità in relazione alla procreazione.40

Tuttavia, la ragione fornita il più delle volte per la persistenza della pratica è quella di attenuare il desiderio sessuale femminile.41 L’escissione servirebbe quindi a proteggere la donna dalla tentazione, dal cadere vittima dei propri istinti sessuali, preservando la sua castità. E’ ovvio che questa credenza si può capire considerando i contesti sociali in cui le MGF avvengono, ovvero quelli in cui la verginità costituisce una condizione irrinunciabile per il matrimonio e dove il matrimonio è l’unica prospettiva per una donna.

L’infibulazione si presenterebbe dunque come una misura protettiva nei confronti non tanto delle donne ma di coloro che le prenderanno in moglie, una sorta di garanzia di integrità verginale che si traduce in alcuni paesi anche in una valutazione di natura economica della ragazza attraverso l’istituto noto come “prezzo della sposa”. Si tratta di un pagamento in bestiame o in denaro che la famiglia dello sposo versa a quella della sposa per acquistare diritti su di lei e sulla prole e per risarcire la perdita della donna in termini di capacità produttive e riproduttive.42 I genitori

39 BILOTTI, Edvige, La pratica della mutilazione genitale femminile, op. cit., pp. 7-18.

40 BILOTTI, Edvige, op. cit.

41 Rapporto del Minority Rights, Circoncisione femminile, escissione e infibulazione. Realtà e proposte di cambiamento. Group, a cura di Scilla McLean, Londra, Bulloni Editore, 1980.

42 FUSASCHI, Michela, op. cit.

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incoraggiano le figlie a sottomettersi alla circoncisione nella speranza di ottenere un più alto prezzo della sposa.

In realtà, da un punto di vista prettamente medico, la verginità è garantita dalla presenza dell’imene e può succedere a volte che, date le precarie condizioni in cui vengono effettuate queste operazioni, la membrana dell’imene venga rotta causando così la perdita della verginità.

Inoltre, in società dove l’uomo ha parecchie mogli e non riesce a soddisfarle fisicamente tutte, le mutilazioni aiuterebbero a limitare il desiderio sessuale femminile.43

Ma, se l’intenzione è questa, i fatti, da un punto di vista strettamente medico, dicono il contrario:

l’escissione riduce la sensibilità, ma non il desiderio, che è invece un attributo psicologico.

Quanto invece all’idea che una donna infibulata sia più fedele al marito, sappiamo che la promiscuità è una forma di comportamento che nasce da una combinazione complessa di circostanze sociali, su cui il mantenimento o la rimozione di organi genitali sensibili non ha alcun impatto diretto.44

Nelle società patriarcali è diffusa l’idea che le MGF migliorino le prestazioni sessuali maschili:45 si pensa che la clitoride, essendo omologa al pene, generi un’eccitazione addizionale all’uomo causando così un rapido epilogo del rapporto sessuale. E questo per l’uomo, in molte società patriarcali, è considerato un affronto.

Questa motivazione è valida solo laddove i maschi siano stati condizionati a credere che il piacere sessuale possa essere ottenuto solo con donne circoncise, sottomesse e passive durante il rapporto.

La verità è che solo pochi uomini concorderanno sul fatto che la passività da parte della donna contribuisca al piacere sessuale. Anzi, gli uomini intervistati a caso in alcuni paesi africani hanno confessato che apprezzano maggiormente l’atto sessuale con donne non circoncise che con quelle circoncise.

Ulteriore ragione per il persistere delle MGF risiede nel fatto che secondo alcuni queste rendano le donne più fertili:46 alcune testimonianze riportano infatti la credenza secondo la quale la secrezione delle ghiandole dei genitali di una donna non circoncisa uccida lo spermatozoo nella vagina.

In realtà, anche in questo caso, risultati medici hanno dimostrato che la circoncisione è una delle cause dell’infertilità, specialmente nelle ragazze giovani che sono affette da infezioni pelviche causate appunto dalla circoncisione.47

43 Rapporto del Minority Rights Group, ibidem.

44 Sito Web Aidos (www.dirittiumani.donne.aidos.it).

45 Rapporto del Minority Rights Group, op. cit.

46 FUSASCHI, Michela, op. cit.

47 Sito Web Aidos, ibidem.

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4.3 Motivazioni religiose

E veniamo alle religioni. Le MGF vengono spesso presentate come dovere religioso. Spesso in passato, molti autori hanno utilizzato la prevalenza della mutilazione genitale nelle comunità islamiche come argomento contro l’Islam. Tuttavia, nel Corno d’Africa, la circoncisione è parimenti diffusa fra mussulmani, cattolici, protestanti, animasti e atei; inoltre sia le fonti storiche che quelle religiose provano che le MGF siano anteriori alla diffusione delle grandi religioni.

In nessuna religione esistono dettami espliciti ai quali poter ancorare queste tradizioni. Ciò è valido anche per la fede islamica, predominante nei paesi dove tali pratiche sono più diffuse.48 L’Islam infatti non le proscrive, né le prescrive, mentre riconosce la circoncisione maschile.

L’unico appiglio esistente nella tradizione mussulmana per giustificarle, è un controverso hadit (detti e fatti attribuiti al Profeta), nel quale si racconta che Maometto, vedendo un giorno una donna specializzata nelle escissioni operare una bambina, le avrebbe detto:

“La circoncisione è una sunna per gli uomini e solo una makruma per le ragazze.

Quando incidi, non esagerare nel tagliare, così facendo il suo viso sarà più splendente e il marito sarà estasiato”.

Se la parola “sunna” (cioè costume, che fa parte della tradizione ed è vincolante) ha un significato ben preciso e risale allo stesso Maometto, il termine “makruma” è tutt’altro che chiaro e possiamo tradurlo con “azione onorevole, dignitosa”.

Tuttavia l’escissione e l’infibulazione sono importanti per la tradizione islamica: lo si può dedurre anche dal fatto che la giurisprudenza coranica ammette, tra la cause legittime di divorzio, i difetti anatomici della sposa e tra questi viene menzionata un’escissione mal riuscita. Nella tradizione islamica la donna con il suo corpo e la sua sessualità occupa una posizione ambivalente: se, da un lato, è matrice della vita e perciò santuario vivente, dall’altro esprime una potenza negativa che va controllata, incanalata, “protetta” e mai esibita o lasciata libera di espandersi. E’ perciò comprensibile perché l’istituzionalizzazione di spazi separati per le donne (nella casa, nella vita pubblica e nella pratica religiosa) abbia potuto radicarsi così in profondità.

Alla donna viene quindi riconosciuta una forza speciale. Ma proprio per questo la sua forza va controllata e disciplinata. Il maschio, non potendogliela sottrarre, le riconosce il diritto di esprimerla in spazi separati. E l’imposizione di pratiche rescissorie diventa un mezzo per dominare la donna in una società patriarcale dove l’uomo può avere più di una moglie.

48 BILOTTI, Edvige, op. cit.

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Sembra che le religioni, islamica come le altre, ricerchino una razionalizzazione a posteriori della pratica. Quando la religione viene a contatto con la tradizione, quest’ultima viene allora assimilata e presentata come parte del culto. Le religioni svolgono dunque un ruolo fondamentale “a giochi fatti”, ovvero per legittimare la pratica e contribuire alla sua conservazione.49

Le MGF vengono inoltre considerate necessarie per impedire la masturbazione, proibita dalla legge islamica.50

4.4 Motivazioni sociali

Per quanto non si possa semplificare la ricerca, sociologi e antropologi sono in genere concordi nell’affermare questo punto di vista: l’escissione fa parte dei riti di iniziazione dell’età adulta.51 Per molte ragazze l’operazione significa entrare nel mondo delle donne adulte ed è equiparabile ad una sorta di prima Comunione per l’intensità con cui è vissuto l’evento: un’elaborata cerimonia con canzoni, danze, canti particolari intesi ad insegnare alla giovane i doveri e le caratteristiche desiderabili quali moglie e madre.

Si può quindi interpretare la pratica in termini di “riti iniziatici”, come passaggio dalla pubertà all’età adulta. Le pratiche dell’escissione o dell’infibulazione vengono poste in essere come atti che preludono al matrimonio e, allo stesso tempo, preparano la donna per l’uomo e per il futuro ruolo di moglie e di madre.

Al momento di essere operate le ragazze vengono considerate come morte. Dopo l’operazione sono considerate come rinate progressivamente ad una nuova vita.

In ogni caso, il fine ultimo sarebbe quello di permettere alla donna di contrarre il matrimonio nel pieno rispetto delle regole socialmente definite. Sotto questo punto di vista, quindi, la mutilazione sessuale acquista significato solo con riferimento ad un codice socio-culturale definito. Per queste pratiche, infatti, si potrebbe parlare di atti di istituzioni, poiché queste operazioni sarebbero poste in essere al fine di assegnare alla donna un posto sociale giudicato conforme al suo sesso.

Questo significa rendere noto, comunicare in un duplice senso: da un lato far sapere a qualcuno

“quello che è” e fargli sapere quindi che si deve comportare di conseguenza (“diventa ciò che sei”, Bourdieu), dall’altro far conoscere a tutta la comunità ciò che “lei” è, ovvero una donna, con tutte le conseguenze sociali che ciò comporta.

In questo senso le modificazioni genitali femminili divengono vere e proprie investiture:

l’investitura consiste nel far conoscere e riconoscere una differenza, nel farla esistere in quanto differenza sociale, conosciuta e riconosciuta dall’agente investito e dagli altri. Le MGF trasformano

49 FUSASCHI, Michela, op. cit.

50 EL SADAWI, 1980.

51 ELEN e MAKKI, 1990, pp. 28 ss.

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la rappresentazione che se ne fanno gli attori sociali (prima era ragazza, ora è donna) e trasformano i comportamenti che vengono adottati nei loro confronti (dopo l’escissione, la donna è ritenuta più

“pulita” e pronta per il matrimonio).

Gli atti di istituzione contengono per gli attori sociali coinvolti, ma anche per l’intera comunità, un grande potere: il potere per cui attraverso l’operazione giungono a dimostrare agli individui in questione che sono legittimati ad esistere, che la loro esistenza serve a qualcosa. Il che equivale a dire che questi atti di istituzione sarebbero al contempo percepiti come atti identitari.

Tuttavia, sembra che oggi in molte società la cerimonia sia scomparsa e sia l’escissione che l’infibulazione sono eseguite ad un’età di gran lunga inferiore, per cui non si può ritenere che esse abbiano a che fare con l’ingresso nell’età adulta o con il matrimonio e il ruolo sociale della bambina dopo la mutilazione resta del tutto inalterato. Questo porterebbe a riflettere sul fatto che in assenza di simbolismo, con nessun senso di “ingresso in una vita nuova” e con la soppressione dei festeggiamenti comunitari, il danno psicologico causato dalla mutilazione è forse più grave e il dolore fisico più difficile da sopportare.

4.5 Motivazioni igieniche

Secondo un’ulteriore interpretazione, gli organi genitali femminili nella loro completezza naturale sarebbero “irrimediabilmente” sporchi. Infatti, in alcuni paesi dove si praticano queste operazioni, agli organi esterni è associata talora l’idea di umido e sporco che viene direttamente connessa all’immagine di una sessualità non controllata, ritenuta caratteristica delle donne non sposate o delle prostitute.

In Egitto, per esempio, la ragazza non ancora circoncisa è chiamata nigsa (impura, sporca) e nel Sudan il termine colloquiale che designa la circoncisione è tahur (depurazione, purificazione).52 In più, secondo alcune informatrici somale interpellate su questi punti, l’infibulazione, in quanto misura igienica, sarebbe anche legata al tabù del sangue mestruale e quello legato alle secrezioni genitali: un’infermiera somala impiegava il termine wasax, letteralmente “sporco”, per indicare il ciclo mestruale.

Tuttavia, secondo studi medici, le normali secrezioni delle ghiandole sono impercettibili e aumentano solo durante il rapporto sessuale per facilitare la penetrazione. Se si verificano secrezioni abbondanti e maleodoranti significa che si è in presenza di infezioni le quali dovrebbero essere prontamente curate.53

52 BODDY, 1989, pp. 55 ss.

53 Sito Web Aidos (www.dirittiumani.donne.aidos.it).

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Connessa a queste argomentazioni, è la convinzione secondo cui le MGF siano una prevenzione delle morti natali. Alcune comunità, come già detto, credono che la clitoride abbia il potere di uccidere il primogenito, qualora durante il parto, questa tocchi la testa del neonato.54

In realtà, l’idea che il neonato possa morire se durante il parto viene a contatto con la clitoride, non ha alcun fondamento scientifico. Al contrario, esiste una vasta documentazione sul fatto che il parto delle donne non circoncise è sano e normale, dimostrando l’infondatezza dell’argomento addotto.55 Le MGF vengono considerate infine, come garanzia di buona salute.56 Viene sostenuto che le donne circoncise siano sempre sane, non lamentino mai problemi di salute, eccetto quelli causati dal soprannaturale. Addirittura si crede che la circoncisione abbia effetti curativi per esempio contro la depressione e la malinconia. In un’intervista rilasciata qualche anno fa, che ha suscitato aspre polemiche, l’etnopsicologo Tobie Nathan ha sostenuto:

“Molte ragazze africane che vivono in Francia o che non sono state escisse, presenterebbero gravi disturbi. Ora, solo il rituale di escissione permette di curarle, di ricostruirle. […] L’escissione non è che una conseguenza di una teoria più vasta, comune a tutta l’Africa, che riguarda la fabbricazione degli esseri umani. […]

L’escissione, come la circoncisione per gli uomini, è un rito iniziatici maggiore.

Senza questo rituale, una donna è incompleta, è sradicata, è sconvolta e pertanto si crea lei stessa dei rituali di iniziazione, come per esempio la sua prima volta. […]

gli etnopsichiatri sanno molto bene che una giovane donna escissa non vive queste traversie. L’escissione è in qualche modo un meccanismo di prevenzione mentale, un beneficio sociale straordinario, che la società francese dovrà d’urgenza riconsiderare.” 57

Esiste, in realtà, un’abbondante documentazione circa le miriadi di complicazioni per la salute cui le donne sottoposte alle mutilazioni sessuali vanno incontro. Ma spesso, in alcune società, succede che le donne vengano, sin da piccole, istruite a non lamentarsi e a considerare tali sofferenze come

“parte dell’essere donna”.58

54 EPELBOIN, 1979.

55 Sito Web Aidos (www.dirittiumani.donne.aidos.it).

56 Sito Web Aidos, ibidem.

57 FUSASCHI, Michela, op. cit.

58 Sito Web Aidos, ibidem.

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4.6 Motivazioni estetiche

Alcune giustificazioni delle MGF sono basate su fattori estetici. Ma di quale estetica si tratta?

Noi sappiamo che il concetto di bellezza e dell’immagine del corpo varia da cultura a cultura.

“Tutte le culture possiedono una propria nozione su come il corpo dovrebbe essere modellato, sulle sue dimensioni e sul suo ornamento. Le immagini di come dovrebbe essere un “bel” corpo sono incredibilmente varie; l’apparenza formale del corpo in un gruppo potrebbe sembrare non del tutto umana ad un rappresentante dell’altro gruppo”.59

Il tipo di estetica con cui è necessario misurarsi per comprendere le ragioni della mutilazione è il concetto di bellezza intesa come ordine, proporzione, misura. L’obiettivo delle MGF è l’eliminazione dell’imperfezione fisica, il raggiungimento dell’armonia e delle forme. La mutilazione risponde ad una estetica intesa come purezza, forza, coraggio, basata sulla netta demarcazione dei ruoli sessuali ed ottenuta attraverso l’eliminazione degli elementi “ambigui” nel corpo.

Si tratta dunque di una bellezza insieme estetica, scientifica e morale.60

In particolare, presso alcune culture esiste una teoria prevalente secondo la quale i genitali femminili possano crescere durante lo sviluppo, come accade per i genitali maschili. Da ciò potrebbe risultare una situazione imbarazzante in cui la clitoride giunga a pendere fra le gambe come il pene maschile.

In realtà, secondo una prospettiva medica, sappiamo che la configurazione, la struttura e le funzioni della maggior parte degli organi del corpo, sono determinati da influenze genetiche ed ormonali. Gli ormoni del sesso nel corpo determinano le caratteristiche chiaramente distinguibili dei due sessi. Se quindi la clitoride di una donna si sviluppasse troppo si tratterebbe di una manifestazione di un disordine interno che necessiterebbe di un’immediata attenzione specifica.61

59 FISCHER, 1986, pp. 123 ss.

60 BILOTTI, Edvige, op. cit.

61 A. EL DAREER, Woman, why do you weep?, London, Zed Press, 1982.

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CAPITOLO 5 Il pluralismo culturale

5.1 E se fosse un diritto inalienabile?

C’è anche chi difende la validità delle mutilazioni genitali femminili. Si tratta soprattutto di etnologi e antropologi francesi.

Tobie Nathan, già citato nelle pagine precedenti, un etnopsichiatra che insegna all’Università Paris VIII, afferma:

“Altro che tortura, questa pratica si inserisce in una teoria più vasta, comune a tutta l’Africa, riguardante il concepimento e la nascita degli esseri umani. In questo continente si considera che il neonato provenga da un altro mondo e che sia stato modellato da una divinità in maniera un po’ imperfetta: l’educazione e l’iniziazione servono appunto per perfezionarlo”.

Nathan, che incarna una delle posizioni più radicali, arriva a riabilitare, come già visto, le mutilazioni genitali femminili:

“l’escissione è un meccanismo di prevenzione, uno straordinario beneficio sociale […] Senza il rituale dell’escissione la donna è incompleta, errante, in una sorta di turbinio di elementi. Cerca dunque altri tipi di iniziazione, più metropolitani”.

Secondo lo psichiatra, le donne escisse sono molto più equilibrate e l’incidenza della malattia mentale tra loro è quasi nulla e sostiene inoltre che i riti iniziatici (come appunto le mutilazioni) possono essere modificati soltanto se è un popolo intero a farlo.

A dare man forte a Nathan, troviamo l’antropologo Claude Lévi-Strauss che, in anni recenti, ha affermato che c’è “poesia e bellezza” nelle mutilazioni, che costituiscono un attentato all’integrità del corpo infantile “solo secondo una morale occidentale”.62

A questo si aggiunge il fatto che nella maggior parte dei popoli primitivi è molto difficile ottenere una giustificazione morale, o una giustificazione razionale di un’usanza o di un’istituzione: anche quando si hanno delle risposte, esse hanno sempre il carattere di razionalizzazione. Le ragioni

62 Citazioni tratte dal Sito Web Nigrizia.it (www.nigrizia.it).

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inconsce per cui si pratica un’usanza o si condivide una credenza, sono in genere assai lontane da quelle con cui il soggetto cerca di giustificarle.63

5.2 Oltre i diritti umani, tra relativismo e universalismo

Un lavoro sulla mutilazione genitale femminile ci espone al rischio di essere considerati etnocentrici. Emerge un contrasto tra relativismo e universalismo, piuttosto comune, del resto, quando si trattano argomenti che coinvolgono il pensiero e i costumi tradizionali. I relativisti sottolineano il diritto di ciascuno a conservare intatto il proprio sistema di valori e un corrispondente “diritto di essere lasciati soli” nelle decisioni attinenti alla propria sfera personale.

Di contro, gli universalisti, che attualmente sembrano dominare il dibattito, si oppongono alla pratica delle MGF sulla base dei comprovati effetti sulla sessualità femminile, oltre che dei rischi per la salute che l’intervento può causare nel breve e nel lungo periodo. Sempre secondo gli universalisti, il relativismo culturale e il rispetto per le diverse tradizioni possono essere facilmente utilizzati come cortina di fumo dietro cui celare l’inerzia.64

Gli occidentali, basandosi spesso su presupposti “astorici” e su atteggiamenti figli dell’

“evoluzionismo culturale”, tendono a vedere la pratica delle mutilazioni semplicemente come un atto di violenza contro le donne che pertanto deve essere abolito e le MGF sono quindi interpretate come una forma di tortura e di violazione dei diritti umani fondamentali.

Fran Hosken65 giudica le MGF come una forma di violenza da parte degli uomini sulle donne. Le paragona allo stupro, alle percosse, alla prostituzione forzata, alla segregazione. Nei suoi scritti le donne sono rappresentate come vittime della violenza maschile e sono ridotte ad una unità universale sulla nozione riduttiva della loro oppressione.

La specificità culturale e il processo storico della pratica sono ignorati. Oltre la “sorellanza”, ci sono complesse condizioni culturali e specificità storiche da capire e rispettare. La rappresentazione di tutte le donne del cosiddetto “Terzo Mondo” come una categoria universale costituita da persone generalmente deboli e sottomesse (come erano deboli e sottomesse le donne occidentali durante il secolo scorso) è semplicista, pregiudiziale e presuppone un atteggiamento evoluzionista.66

Ciò non significa che, in nome di superficiale relativismo culturale, dobbiamo accettare in modo asettico tutte le prassi che derivano dalle “altre” culture, calpestando i nostri valori basilari: tuttavia non c’è nulla di più controproducente del voler imporre determinati comportamenti a persone che

63 FUSASCHI, Michela, op. cit.

64 FAVALI, Lydia, Le mutilazioni del corpo: tra relativismo e universalismo. Oltre i diritti fondamentali?

65 Fran HOSKEN, The Hosken Report, op. cit.

66 BILOTTI, Edvige, op. cit.

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