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L Islamizzazione dello Yoga nelle traduzioni dell Amritakunda

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Academic year: 2022

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L’Islamizzazione dello Yoga nelle traduzioni dell’Amritakunda

A cura di Carl W. Ernst. Carl W. Ernst è uno studioso di scienze Islamiche. È professore presso il Dipartimento di Studi Religiosi all'Università di Chapel Hill nella Carolina del Nord (USA)

1. LA TRASMISSIONE TESTUALE DELL’AMRITAKUNDA 2. ELEMENTI ISLAMICI NEL TESTO 3. ELEMENTI YOGICI NEL TESTO

Esiste un testo di pratica Yogica che fu trasmesso, studiato e compreso nei paesi Musulmani al di fuori del Subcontinente Indiano? La storia indica l’esistenza di un testo Sanscrito intitolato “Amritakunda“ o

“La Vasca del Nettare“ che fu integralmente Islamizzato, e che sopravvive nelle traduzioni in lingua Araba, Persiana, Turca e Urdu (recentemente è stata ritrovata una versione in lingua Ebraica nello Yemen). In questo testo sono contenuti i temi Islamici del Corano, ed il vocabolario filosofico,

terminologico e concettuale è tratto dal Sufismo. In breve, la storia di questa fonte singolare di pratica Yogica narra che ebbe un gran numero di lettori nel mondo Musulmano.

Una delle 21 miniature che illustrano le posizioni Yogiche nel “Bahr-ul-Hayat“(L’Oceano della Vita) dello Shaykh

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Muhammad Ghawth Gwaliyari Ibn Muhammad Sarni Hosaini, Manoscritto in Persiano, Nord India, 1718, raro non catalogato presso la University of North Carolina at Chapel Hill

1. LA TRASMISSIONE TESTUALE DELL’AMRITAKUNDA

L’Amritakunda o “La Vasca del Nettare”, è il nome di un testo Sanscrito o Hindi, il cui manoscritto originale è andato perduto. “La Vasca del Nettare” fu anche conosciuto col titolo di “Kamrubijaksa” o

“Il seme delle sillabe di Kamarupa”. [vedi nota 1] Questo testo circolò inizialmente in una traduzione in lingua Persiana che rappresentò la sua prima piattaforma di lancio nel mondo Islamico. Fu tradotto successivamente in Arabo stando all'introduzione del libro scritto nel 1210 nella regione del Bengala col titolo di “Hawd ma' al-hayat” (La Vasca dell'Acqua della Vita).

“Bahr-ul-Hayat“(L’Oceano della Vita) è il titolo della traduzione Persiana dell’Amritakunda. Dopo l’istituzione di un governo Musulmano nel Bengala, Bhojar Brahman, uno Yogi (asceta) di Kamarupa venne a Lakhnauti, la capitale del Sultanato del Bengala, per fare la conoscenza della città e dei dotti Musulmani. Ruknu-d-din Samarqandi era il Qazi di Lakhnauti al tempo del Sultano Ali Mardan Khalji.

Bhojar Brahman intrattenne una conversazione col Qazi e volle saperne di più sul Profeta (ص) dell’Islam e sui suoi insegnamenti. Lo Yogi Bhojar Brahman fu affascinato dai racconti del Qazi, abbracciò l’Islam e studiò le scienze Islamiche a tal punto che divenne autorizzato ad emettere decreti giuridici. In seguito, Bhojar Brahman presentò l’Amritakunda al Qazi, il quale ne restò affascinato a sua volta, ed iniziò la pratica della scienza dello Yoga fino al raggiungimento dello stadio della perfezione.

Il Qazi tradusse il testo Sanscrito dell’Amritakunda prima in Persiano, e poi dal Persiano all’Arabo. La versione Persiana la intitolò “Bahr-ul-Hayat “, e la versione Araba la denominò “Hawd ma' al-hayat”.

Entrambe le versioni sono state stampate e sono attualmente disponibili. Si tratta di un libretto di 10 capitoli e di 50 versi in poesia, in cui sono trattati aspetti della filosofia Yogica in relazione alla loro applicazione pratica. Percorsi e significati differenti sono stati suggeriti in questo libro. Anche la descrizione relativa all’esecuzione delle Asana (posture) non è trascurata. Il “Bahr-ul-Hayat” è un esempio abbagliante sulle interazioni culturali tra l’Induismo e l’Islam.

La prima fase del testo (forse risale agli inizi del tredicesimo secolo) è una probabile rappresentazione del “Kamrubijaksa” o “Il seme delle sillabe di Kamarupa”. Questo testo eclettico in lingua Persiana contenne la pratica del controllo del respiro, i riferimenti alla magia e alla divinazione, i riti al tempio delle Yogini in base ai principi della scuola tantrica Kaula e gli insegnamenti di Hatha Yoga secondo la tradizione Nath (popolarmente chiamata jogi). Tutti questi concetti furono contestualizzati ponendo in primo piano la supremazia della dea Kamakhya e riferendosi frequentemente al suo tempio principale in Assam (Kamarupa). Questo testo fu adattato da un traduttore Arabo anonimo che era stato formato nella scuola filosofica Illuminativa (Ishraqi) dell’Iran, probabilmente nel quindicesimo secolo. Questo traduttore Arabo anonimo riscrisse completamente il testo in Persiano e v’incorporò nell'introduzione del libro due narrazioni simboliche: la prima dal cosiddetto “Inno della Perla” degli Atti di Tommaso;

la seconda è una traduzione parziale di un trattato in lingua Persiana intitolato “Risala fi haqiqat al- ishq” (Messaggio sulla Realtà dell’Amore), originariamente scritto dal filosofo Illuminativista Shihab al-Din al-Suhrawardi il Martire (al-Maqtul).

La diffusione delle copie del manoscritto Arabo (“Hawd al-hayat”) dell’Amritakunda raggiunse tutti gli angoli del mondo Islamico. Almeno quarantacinque copie sono state trovate tra le biblioteche Europee

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e quelle dei Paesi Arabi, anche se la loro maggioranza era conservata ad Istanbul. Il contenuto del testo era così insolito che, forse per errore, la paternità era stata frequentemente attribuita al grande Sufi Andaluso Muhyi al-Din Ibn al-‘Arabi. Quest’attribuzione è sicuramente erronea. Il vocabolario del testo è formato soprattutto da termini tecnici Arabi presi in prestito dalla filosofia ellenistica con l’aggiunta di parole tratte dal lessico del Corano e del Sufismo. Il traduttore lavorò strenuamente per rendere le pratiche Yogiche filosoficamente comprensibili al lettore di lingua Araba. Inoltre, il testo

“Hawd al-hayat” rappresentava solamente l'inizio del lancio dell'Amritakunda nel mondo Islamico. La recensione più antica della versione Araba non esiste più, e le due recensioni posteriori mostrano un’ulteriore Islamizzazione del testo.

La “Vasca dell'Acqua della Vita” (Hawd ma' al-hayat) si differenzia dalle altre traduzioni Arabe e Persiane, poiché enfatizza le pratiche spirituali Indiane piuttosto che le dottrine. Sebbene al-Biruni (morto nel 1010) abbia tradotto lo “Yogasutra” di Patañjali in Arabo, si era concentrato eccessivamente su questioni filosofiche omettendo del tutto il tema Mantrico, e i suoi studi Indologici non furono letti ampiamente. La maggior parte dei testi Sanscriti tradotti in Persiano durante il periodo Mughal fu scelta per interessi politici e filosofici, mentre l’attrazione per la pratica spirituale era minima. Il testo Arabo della “Vasca dell'Acqua della Vita” fu noto a molti mistici Musulmani Indiani che erano interessati agli esercizi respiratori e ai canti liturgici degli Yogi: infatti, avevano osservato notevoli somiglianze tra le loro pratiche meditative e le tecniche dello Yoga. Un maestro Chishti, lo Shaykh

`Abd al-Quddus Gangohi (morto il 1537) familiarizzò con lo Yoga dei Nath e scrisse dei versi in Hindi su questo soggetto. Inoltre, insegnò la “Vasca dell'Acqua della Vita” ad un discepolo. Lo Shaykh Muhammad Ghawth Gwaliyari (morto il 1563), un maestro Sufi Indiano dell’ordine della Shattariyya, tradusse nuovamente la più antica versione Araba in Persiano col solito titolo di “Bahr-ul-Hayat”

(L’Oceano della Vita).

Le confraternite Sufi Qadiriyya, Mewlewiyya e Sanusiyya del Sind, della Turchia e dell’Africa

settentrionale continuarono a riferirsi alla “Vasca dell'Acqua della Vita” fino al diciannovesimo secolo.

Il testo Arabo fu due volte tradotto in Turco Ottomano e la traduzione Persiana di Muhammad Ghawth fu resa in Dakhani Urdu. La versione Araba è ancora in uso oggi; uno Sceicco Sufi di Damasco, esperto delle opere di Ibn al-‘Arabi, lo considera un trattato importantissimo.

La “Vasca dell'Acqua” fu l’unica traduzione Araba conosciuta di un trattato di Hatha Yoga che mise in relazione lo Yoga al misticismo Islamico e alla pratica Sufi. Questo libro fu l’esempio concreto di come uno scrittore Musulmano potesse interpretare la serie completa delle pratiche spirituali Indiane. Da uno sguardo rapido del testo si evince che fu preparato per i lettori Musulmani: si apre con un’invocazione a Dio e al Profeta Muhammad (ص) ed è cosparso di termini e di frasi attinte dal vocabolario religioso Islamico. Il traduttore ha tentato di descrivere minuziosamente le pratiche che includevano i canti e i Mantra Sanscriti, le tecniche respiratorie, le posture per la meditazione, una particolare forma di meditazione Kundalini sui cakra dipinti, l’invocazione delle dee e di altre pratiche specifiche.

Il testo non si preoccupa di favorire gli scambi interreligiosi tra l’Induismo e l’Islam. Il traduttore traccia un insieme di pratiche Yogiche e divinatorie provenienti da fonti svariate che non si trovano oggigiorno in nessun testo sopravvissuto di Hatha Yoga.

Ciononostante, le traduzioni diverse della “Vasca dell'Acqua della Vita” sono unanimi nell'affermare che quest’opera è la più famosa e rispettata tra le Sacre Scritture dell'India, anche se non è più rintracciabile nella letteratura Indiana. Le motivazioni della sua scomparsa sono presumibilmente politiche. Anche il traduttore Arabo ed anonimo dell’opera celò la sua identità per motivi di sicurezza.

All’epoca, circolavano dei rapporti in cui si sospettava che il ruolo giocato dallo Yogi convertito all’Islam, in realtà mascherasse che gli insegnamenti dello Yoga fossero contenuti nel Corano.

La prefazione della traduzione ha una struttura narrativa che poggia su materiali attinti dallo

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Gnosticismo Cristiano e dal Neoplatonismo Islamico: essa presenta un'interpretazione complessa del significato religioso e dello scopo della pratica Yogica che trascura le principali categorie della metafisica Indiana. Al contrario, il traduttore inserisce nel libro concetti provenienti dalle fonti

Islamiche. Le differenti redazioni del testo Arabo e le traduzioni susseguenti in Persiano, Turco e Urdu, contengono delle interpretazioni diverse che trasformano i concetti filosofici presenti della cultura arabo-ellenistica in chiave Sufi. La “Vasca dell'Acqua della Vita” non descrive l’Induismo come un sistema religioso e autonomo situato oltre i confini dell’Islam; infatti, secondo lo Sceicco Muhammad al-Sanusi (morto nel 1859), gli Yogi fanno parte delle confraternite Sufi.

Il testo Persiano dell’Amritakunda, intitolato anche “Kamrubijaksa” (“Il seme delle sillabe di

Kamarupa”), descrive pratiche respiratorie appartenenti alla letteratura Shakta: ad esempio, enumera le attività umane da intraprendere durante il respiro-sole ed il respiro-luna. Si apprende che un individuo dovrebbe avvicinarsi “al Qadi [Giudice islamico] o all’Amir [termine Arabo per Sovrano]” solamente per un giudizio o per un processo quando il respiro della narice destra è favorevole (la respirazione tantrica attraverso il pingala implica sforzo fisico, passione, forza e combattimento). Rapporti informali riferiscono di maghi Musulmani che compiono riti magici in un cimitero Musulmano o Indù, in una Moschea o in un Tempio spopolato, normalmente dopo la preghiera del tramonto. Di tanto in tanto, recitano alcuni versetti del Santo Corano, specialmente il versetto del Trono (Ayatu-l-Kursi). È riferito che un Musulmano del Broach (un distretto situato nella parte meridionale dello stato Indiano del Gujarat) invocò con successo la partecipazione di una dea Yogini (una delle otto dee femmina create per prestare assistenza alla dea Durga) ai riti insieme ai suoi devoti (talvolta le Yogini sono forme- figure di questa divinità capace di subire decine di milioni di trasformazioni).

L’invocazione alla dea è inserita complessivamente in una cornice Islamica. L’invocazione è rivolta ad Allah e l’encomio al suo Profeta (ص):

“Preghiamo e adoriamo che Allah arrechi migliaia di arti e di meraviglie dalla segretezza

dell’inesistenza al cortile dell’esistenza, Egli adornò la corte sublime di corpi luminosi, Egli fece le dimore degli Esseri spirituali, Egli dispose la manifestazione del mondo sublunare con una varietà di piante e minerali, Egli fece la residenza ed il soggiorno degli animali, Egli scelse fra tutti gli animali l’umanità, creandola nella migliore forma al grido: “Invero creammo l'uomo nella forma migliore”

(Corano, 95 : 4), “Sia benedetto Allah, il Migliore dei creatori!” (Corano, 23 : 14). Molte benedizioni e saluti innumerevoli siano sulla Guida [cioè, il Profeta Muhammad (ص)] pura e santa del mondo, il migliore tra i figli di Adamo, le benedizioni e la pace di Dio siano su di Lui e su tutti Loro.”

Alla fine è citato un hadith del Profeta (ص) ed alcune allusioni mistiche forniscono il quadro religioso adatto per le pratiche magiche (55a).

In pratica, si può affermare che per il lettore medio Persiano, l’Amritakunda rientra nella categoria delle scienze occulte, e la sua origine Indiana serve solamente a migliorarne il fascino esoterico. Il testo impiega termini Arabi classici sia per l’astrologia magica (tanjim), sia per la convocazione degli spiriti (ihdar) (30b, 37b) e per il soggiogamento (taskhir) dei demoni, delle fate e dei maghi (55a).

Islamizzato, l’Amritakunda diventa familiare al Musulmano anche quando sono invocati gli spiriti delle dee Yogini dell’India. I canti liturgici o i Mantra degli Yogi funzionano come incantesimi, “afsun”, un termine Iraniano dal significato magico (51a). Sono riconoscibili anche le tecniche magiche

dell’astragalomanzia abbinate a quelle vudù (il termine vudù significa spirito protettore) (51b). Un altro metodo utilizza un pettine ottenuto dalla mano destra di un cane arrabbiato ucciso con un ferro

all’interno di un’area adibita alla cremazione (48b-49a).

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2. ELEMENTI ISLAMICI NEL TESTO

La “Vasca del Nettare” contiene numerose formule Arabe e molti riferimenti che lo relazionano al modello religioso Islamico (vedere carta 5). Ci sono sei citazioni chiarissime tratte dal Corano nella prima ed ancora esistente recensione Araba, a cui ne sono aggiunte altre due nella più recente revisione.

Un hadith (detto) del Profeta Muhammad (ﺹ) è citato ed un altro vi è implicitamente riferito. I termini attinti dal vocabolario della pratica religiosa, particolarmente quelli che si riferiscono ai nomi di Dio e alla preghiera, sono notevoli. Il testo è, inoltre, ornato di borchie con frasi pie e benedizioni, che abbelliscono oltre la metà dei capitoli. Termini cosmologici che si riferiscono al Corano appaiono con una frequenza straordinaria. Esistono almeno una dozzina di punti in cui specifici concetti e termini Sufi sono citati. Il traduttore cercò intenzionalmente di Islamizzare il testo rendendolo familiare al lettore Musulmano. Tre capitoli (I, III, e X) non contengono nessun concetto di spiritualità Indiana. Se riuniamo le citazioni filosofiche Islamizzate presenti nella prefazione (vedere sotto), risulta che un terzo della versione Araba della “Vasca dell'Acqua della Vita” consiste di aggiunte fatte al testo Indiano.

Il processo di Islamizzazione fu complessivo. La prima versione ancora esistente del testo Arabo (manoscritto famiglia a) rappresenta sola la tappa iniziale di questo processo che fu velocizzato nella versione successiva (manoscritto famiglia b). Non soltanto la famiglia b aggiunge nuovi passaggi e temi Islamici, ma strappa, tronca e deforma molte citazioni Indiane. I nomi Indiani dei pianeti sono stati alterati o omessi nelle recensioni Arabe, sebbene siano stati conservati perfettamente nelle traduzioni Persiane, forse perché agli scrivani Indo-Persiani erano familiari i termini Hindi (vedere carta 3).

La recensione posteriore (famiglia b) omette del tutto le seguenti identificazioni:

1) Brahma e Vishnu con Abramo e Mosé (Int.3);

2) il termine Yogico alakh e la sua traduzione in Allah (IV.4), 3) i tre Yogi identificati con le figure esoteriche Islamiche (V.4) 4) la descrizione della suzione uretrale [vedi nota 2] (VI.5) 5) la maggior parte della descrizione sulla settima Yogini (IX.9).

I manoscritti della famiglia b aggiungono ulteriori materiali testuali estranei e includono dei versi in Arabo già inseriti all'inizio della prefazione. Un trattato sul cuore secondo la psicologia dei Sufi è inserito in appendice al capitolo X. L'Islamizzazione del testo procedette anche a livello visuale. La traduzione Araba include quattordici diagrammi per la visualizzazione meditativa, e nove di essi sono messi in rapporto ai cakra. I paragoni tra i manoscritti indicano un sottile, ma inconfondibile processo di regole grammaticali, mentre i diagrammi girano sempre più attorno alle lettere Arabe o alle

raffigurazioni cabalistiche comuni alle opere Arabe d’occultismo.

L’inserimento di materiali Islamici nelle traduzioni della “Vasca dell'Acqua della Vita” fu

accompagnata da un’altra tecnica: ai nomi e ai temi Indiani furono trovati degli equivalenti Islamici.

(vedere carta 4)

Il termine Sanscrito alakh, “l'incondizionato,” fu tradotto in Allah, sia per la sua somiglianza sonora e seducente, sia per l’aspetto quasi identico che assunse nella scrittura Araba. Brahma e Vishnu furono tradotti in Abramo e Mosé, e i tre leggendari Yogi furono associati a dei Profeti dell’Islam.

Quest’ultima identificazione è stata fatta per il conseguimento completo del controllo del respiro:

“Quando avrai raggiunto questa stazione, esamina attentamente e giudiziosamente tre cose: 1) che l'embrione respiri mentre si trova nella placenta, anche se l'utero della madre non respiri; 2) che il pesce

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respiri nell’acqua senza che l’acqua entri nel pesce; 3) che l’albero attiri l’acqua nelle sue vene e ne permetta la crescita. L’embrione è lo Sceicco Gorakh che è Khidr (la pace sia su di Lui), il pesce è lo Sceicco Minanath [Matsyendranath] che è Giona (la pace sia su di Lui), ed il terzo è lo Sceicco

Chaurangi che è Elia (la pace sia su di Lui), questi sono coloro che hanno raggiunto l’acqua della vita.

(V.4).”

Molti termini tecnici sono dati in Sanscrito e in Arabo: homa o “sacrificio" è tradotto “du`a o

invocazione”, “japa” o “preghiera contata” diventa `azima o “formula incantatoria”, e il termine chiave Yogi (nel nord India jogi) sta per murtad o “asceta.” Brahman, il termine che indica la casta sacerdotale dei bramini, è tradotto in `alim o “studioso.” Ma com’è stato notato sopra, molte di queste equivalenze sono sfumate nelle recensioni successive del testo Arabo. Lo sforzo di tradurre nomi Indiani in termini Islamici è stato abbandonato nelle recensioni successive o nelle citazioni del testo; infatti, la parola Sanscrita che identifica alakh con Allah assume un’apparenza radicalmente differente. A metà del diciannovesimo secolo, un trattato Sufi dello Sceicco Nord Africano Muhammad al-Sanusi incluse una sezione di pratica Yogica (al-jujiyya) proprio come fece il ramo Ghawthiyya della confraternita Sufi Shattariyya.

Muhammad al-Sanusi s’ispirò chiaramente agli scritti di Muhammad Ghawth e al testo Arabo della

“Vasca del Nettare” ed il passaggio relativo ai termini alakh-Allah appare così rimaneggiato:

“Se qualcuno desidera testimoniare al mondo ignoto, deve incrociare gli occhi sul naso ed immaginare nel cuore la parola Allah, Allah, senza muovere la lingua. Se si raggiunge il livello della perfezione in questa pratica, nessuna magia ed alcun veleno potrà influenzarlo, la malattia non lo toccherà, i mondi nascosti gli saranno svelati, la sua preghiera sarà esaudita e sarà famoso fra gli uomini per la sua pietà.”

In questo passaggio non vi è più alcuna espressione “Indiana” e la pratica è identica al modello tecnico Sufi.

Formazioni filosofiche

È evidente che la versione Araba della “Vasca del Nettare” fu composta da un filosofo Iraniano familiarizzato al vocabolario della scuola Illuminativa (Ishraqi). La prova più evidente al riguardo è fornita dalla versione Araba ampliata (Int.9-12) che comprende anche altri testi, tra cui il “Trattato sulla realtà dell’amore” “Risala fi haqiqat al-ishq” ed il testo gnostico “L’Inno della Perla” (Atti di

Tommaso) del mistico Persiano Shihab al-Din al-Suhrawardi. Si ritrova anche una definizione caratteristica della psicologia Avicenniana-Illuminativista, ossia “la disciplina degli stati dell’anima razionale consapevole e distintiva” (Int.14), o più semplicemente, “il controllo dell’anima razionale”

(IV.1). La collocazione significativa che questa locuzione occupa nella prefazione chiarisce il ruolo essenziale degli insegnamenti Yogici del testo. Si ha per effetto una prolessi che assimila la

psicofisiologia dello Yoga sulla base delle categorie psicologiche di Aristotele e di Avicenna, anche se quest’assimilazione non è effettuata nel testo. Più esattamente, nella prefazione del testo è enumerata la lista Greco-Araba riguardante i cinque sensi interni, i cinque sensi esterni, le sette facoltà vegetali e le due facoltà motorie animali, che sarebbero familiari alle opere tarde di Aristotele in lingua Araba. Allo stesso tempo, il resoconto suggerisce una struttura complessiva capace di interpretare le pratiche Yogiche come mezzo per scoprire il vero sé attraverso una disciplina del corpo e della mente. Non esiste nessuna indicazione simile di antropologia filosofica in altri trattati di lingua Sanscrita connessi alla tradizione Yogica.

Oltre a questi riferimenti evidenti alla filosofia della scuola Illuminativa, la versione Araba nell’insieme si richiama ad un vocabolario filosofico Arabo più diffuso, condiviso e riconosciuto da più scuole. I termini filosofici contenuti nel trattato hanno innanzi tutto un significato cosmologico, ed includono le informazioni sui quattro umori (caldo, freddo, umido, asciutto) (VI.2-3, X.2), sulla moderazione (al- amr al-awsat) (IV.1, VIII.1), sui contrari (diddan) (III.4, V.2, X.2), sull’anima razionale (al-nafs al-

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natiqa) (I.3, V.2, VI.2, X.4), sull’intelletto universale (`aql al-kull) (I.2, I.3) e sul creatore (al-bari) (I.2, I.3).

Intellettuali Arabi di formazione scientifica avrebbero riconosciuto nella “Vasca del Nettare” alcuni riferimenti espliciti ai luoghi comuni contenuti nell’enciclopedia del decimo secolo conosciuta come

“Le Epistole dei Fratelli della Purezza”. Il tema della corrispondenza tra il corpo umano considerato un microcosmo e il macrocosmo, è stato ben sviluppato dal pensiero Greco del primo periodo. Questa dottrina è descritta dai “Fratelli della Purezza” nella loro enciclopedia, la quale ha forti propensioni al Pitagorismo. Dal primo capitolo della “Vasca del Nettare” (I.2), possiamo raccogliere le seguenti corrispondenze tra il microcosmo ed il macrocosmo:

1. narici, occhi, orecchi, e bocca : sette pianeti

2. sensi : stelle

3. testa : cielo

4. corpo (juththa) : terra

5. ossa : montagne

6. nervi : oceani

7. vene : fiumi

8. capelli : alberi (ashjar)

9. pelle, sangue, carne, legamenti, muscolo, osso, e cervello : sette regioni

10. risveglio : giorno

11. sonno : notte

12. felicità : primavera

13. tristezza : inverno

(8)

14. fame : estate

15. sazietà : autunno

16. pianto : acqua

17. riso : lampo

18. cuore : trono

19. cervello : volta del cielo

20. anima : intelletto universale

21. intelletto : creatore

A questa lista vanno aggiunte le informazioni presenti in alcuni manoscritti della famiglia b:

22. arterie : sorgenti

23. arti principali : montagne

24. cervello : miniera

25. membra, arti : animali

Il suddetto elenco può essere comparato ad una serie simile di equivalenze tra il microcosmo e il macrocosmo ritrovata nelle “Epistole dei Fratelli della Purezza” (i termini simili o ripetuti sono segnati in grassetto col numero di riferimento relativo alla lista del primo capitolo della Vasca del Nettare sopra riportato):

corpo (jasad) :terra (variante di n.

4)

ossa : montagne (variante n.

(9)

5)

cervello : miniera (variante di n.

24)

pancia : oceano (parziale; n.

6)

intestini : fiumi (parziale; n.

7)

vene : ruscelli (parziale; n. 7)

carne : polvere

capelli : piante (nabat) (variante di n.

8)

da capo a piedi : civiltà

schiena : deserto

fronte : est

schiena : ovest

destra : sud

sinistra : nord

respiro : erbe

discorso : tuono

strilli : fulmini

(10)

riso : lampo (variante di n.

17)

pianto : pioggia (variante di n.

16)

miseria e dolore : scuro di notte

sonno : morte

risveglio : vita

infanzia : primavera (parziale; n.

12)

gioventù : estate (parziale; n. 14)

maturità : autunno (parziale; n.

15)

vecchiaia : inverno (parziale; n.

13)

La lista dei “Fratelli della Purezza” riporta ancora una dozzina di equivalenze tra la condizione umana e i movimenti planetari, con una particolare attinenza all'astrologia. La serie delle venticinque

corrispondenze tra il microcosmo ed il macrocosmo nella “Vasca del Nettare” è presentata, in primo luogo, nel contesto di un insegnamento Yogico Soli-Lunare (I.1) associato alla respirazione alternata tra la narice destra e la sinistra. Com’è mostrato dai termini in grassetto riportati sopra, sei di queste

corrispondenze sono tratte dai “Fratelli della Purezza”, e in altre sette corrispondenze, uno solo dei termini è presente nella lista dei “Fratelli della Purezza”. Le informazioni dal punto 18 al 21 contengono termini derivanti dal modello cosmologico Islamico. I manoscritti appartenenti alla

famiglia b aggiungono quattro ulteriori informazioni estrapolate dalla lista dei “Fratelli della Purezza”, le quali procedono ad un’Islamizzazione maggiore del testo. La traduzione Persiana di Muhammad Ghawth (che si differenzia ampiamente dal testo Arabo su questo punto) contiene altre quattro equivalenze prese dalla lista dei “Fratelli della Purezza” che sono assenti da qualsiasi manoscritto Arabo della “Vasca del Nettare”, ma che probabilmente riflette la recensione Araba del primo periodo, da cui deriva la sua traduzione Persiana.

Questo passaggio è seguito da una riflessione sul microcosmo e sul macrocosmo secondo il linguaggio della filosofia Islamica, del Corano e degli hadith (detti profetici). Le speculazioni sul microcosmo e sul macrocosmo hanno giocato certamente un ruolo importante nel pensiero Indiano, e si ritrovano frequentemente negli scritti Yogici, ma il materiale contenuto in questa versione Araba (I.2-3) non

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