Indice
Introduzione
3
1 Reti complesse e sincronizzazione
5
1.1 Reti complesse
7
1.2 Parametri “statistici”
10
1.3 Topologia e matrici caratteristiche
13
1.4 Sincronizzazione
15
1.5 Stabilità dello stato sincrono
18
1.6 Master stability function
21
2 Il circuito di Chua
28
2.1 Caos deterministico
28
2.2 L'oscillatore caotico di Chua
29
2.3 Modello matematico
31
2.4 Dinamiche e biforcazioni del circuito di Chua
33
3 Set-up sperimentale
40
3.1 Schema generale
40
3.2 Controllo USB del set-up: il modulo UM245R
41
3.3 Interfaccia di acquisizione: NI compact DAQ
45
3.4 Nodi della rete: implementazione del circuito di Chua
47
3.5 Accoppiamento dei nodi
55
3.5.1 Scheda di resistori variabili 56
3.5.2 Scheda Topologia 69
3.6 Il software di controllo
72
3.6.1 Virtual Instruments 74
3.6.2 Descrizione Software realizzato 75
4 Risultati sperimentali
85
4.1 Indice di sincronizzazione
86
4.2 Descrizione delle misure effettuate
90
4.3 Sincronizzazione in dinamiche periodiche
92
4.4 Sviluppi futuri
101
Ringraziamenti
104
Introduzione
Il presente lavoro di tesi si pone come obiettivo la caratterizzazione del sincronismo in una rete di circuiti non lineari accoppiati mediante link dinamici. La scelta di voler considerare circuiti non lineari, nello specifico circuiti con dinamiche caotiche quali i circuiti di Chua, è stata effettuata con lo scopo di offrire un modello sperimentale che consentisse di validare teorie ed approcci numerici sviluppati proprio per tale tipo di reti, oltre a servire come punto di partenza per lo studio di applicazioni tecnologiche (crittografia, image-processing).
Nella prima parte sono stati introdotti concetti essenziali riguardo le reti complesse, come ad esempio alcuni dei parametri in grado di fornire una descrizione qualitativa o quantitativa di una generica rete, oltre che un modello in grado di descrivere lo stato di una rete attraverso un set di equazioni. Vengono inoltre presentate alcune delle tipologie di sincronismo, le condizioni necessarie affinché si possa avere sincronia ed un modello innovativo, sviluppato da alcuni ricercatori del Politecnico di Torino [10], per il calcolo dello stato sincrono in funzione dei parametri di accoppiamento dinamici, che verrà usato come modello di riferimento teorico nell'ambito di questo lavoro di tesi.
La seconda parte è incentrata sull'elemento con cui sono stati realizzati i nodi, vengono infatti introdotti i circuiti di Chua descrivendone il funzionamento e il modello matematico, oltre alle prime acquisizioni necessarie per la caratterizzazione delle diverse regioni di funzionamento.
La terza parte è dedicata alla presentazione del set-up sperimentale, progettato per l'analisi dello stato sincrono di una rete di circuiti di Chua accoppiati mediante link dinamici. Al fine di ottenere una descrizione esaustiva di tutto il set-up, il discorso è stato strutturato mostrando inizialmente una panoramica generale di tutte le parti
di cui esso è costituito, vengono poi analizzati nel dettaglio i singoli elementi circuitali ed il modo con cui sono connessi. Si riporta inoltre anche la descrizione degli elementi più significativi riguardo al software di controllo del set-up e acquisizione dei risultati.
Nella quarta e ultima parte si presentano i risultati ottenuti dalle acquisizioni, opportunamente elaborati al fine di avere un indice di sincronizzazione. Tale indice, di cui viene riportata un'ampia descrizione, ha permesso la visualizzazione tramite grafici dello stato sincrono della rete al variare dei parametri sui link, ovvero resistenze e capacità.
Tali risultati sono stati inoltre confrontati con il modello numerico introdotto precedentemente, evidenziando gli aspetti più significativi che emergono da tale confronto.
1 Reti complesse e sincronizzazione
Lo studio delle reti complesse è stato oggetto negli ultimi anni dell'interesse di diversi ambiti di ricerca, tale attenzione è dovuta principalmente alla capacità di questo tipo di reti di descrivere in maniera più aderente alla realtà fenomenologie che spaziano da eventi naturali alle interazioni sociali.
Il concetto fondamentale nello studio delle reti complesse è quello di considerare l'intero sistema qualcosa di diverso della somma delle parti che lo costituiscono, tali reti infatti presentano proprietà dette “emergenti” che non appartengono ai singoli elementi della rete. Si pensi ad una rete neurale: la capacità di risolvere problemi non affrontati in precedenza, ed in generale una qualsiasi forma di pensiero, nasce dall'interazione e dalla capacità di auto-organizzazione di una rete di elementi che hanno un ruolo limitato se presi singolarmente, ma che combinati opportunamente presentano proprietà sorprendenti, non prevedibili dall'analisi del singolo elemento costituente.
Ecco dunque la chiave di volta che sta alla base della teoria delle reti complesse: focalizzare l'attenzione non sulla complessità degli elementi del sistema, ma sul modo in cui essi interagiscono e sulle proprietà che emergono da tali interazioni. Una rete complessa deve avere quindi alcune caratteristiche fondamentali, come viene ampiamente illustrato in [1]:
Un elevato numero di elementi costituenti Un forte grado di interazione tra gli elementi
Per poter descrivere con un rigoroso formalismo matematico le caratteristiche di una rete complessa è necessario introdurre alcuni concetti fondamentali:
Nodo: è l'unita elementare della rete, il singolo soggetto in grado di interagire
con il resto della rete.
Legame (link): rappresenta la possibilità di interazione tra i nodi della rete, la
disposizione dei link in una rete determina la topologia della stessa. Ogni link può essere non orientato (o bidirezionale) se l'interazione tra i due nodi che lo sottendono è simmetrica, o orientato (o monodirezionale) se l'interazione ha un verso preferenziale, in tal caso sul link si rappresenta la direzione dell'interazione con una freccia con verso concorde al verso dell'interazione. Un link può inoltre avere un peso, ovvero un indice che rappresenta un costo secondo una metrica precedentemente stabilita.
Grado: è un parametro caratteristico del nodo, che indica il numero di archi
connessi ad esso. Nel caso di reti orientate si parla di grado di ingresso e grado
di uscita, in funzione dell'orientamento degli archi.
Componente: è l'insieme dei nodi raggiungibili da un nodo percorrendo gli archi
della rete. Per definizione il componente di un nodo considera il nodo stesso raggiungibile. Nel caso di reti orientate si ha una in-component, che rappresenta il numero di nodi dai quali si può raggiungere il nodo in questione, ed una
out-component che indica il numero di nodi raggiunti dal nodo in questione.
Percorso geodesico (shortest path): è il percorso minimo tra due nodi, nel caso
di archi non pesati è proprio il numero di archi necessari per giungere da un nodo ad un altro, nel caso di archi pesati è invece la somma dei pesi degli archi tra due
nodi. Indicheremo la lunghezza del percorso geodesico tra l'i-esimo nodo e il j-esimo nodo condij . Nel caso in cui tale percorso non esistesse, la distanza tra i due nodi è posta ad un valore infinito.
Diametro: è la massima distanza geodesica della rete, si ottiene considerando il
valore massimo tra tutte le distanze geodesiche calcolate su tutte le coppie di nodi della rete.
D=maxi,j∈ N
{
di,j}
1.1 Reti complesse
Risulta necessario introdurre un modello in grado di descrivere la dinamica complessiva di un'intera rete, sfruttando un set di equazioni differenziali scelte opportunamente. Tali equazioni differenziali dovranno portare in conto sia un termine che descriva le dinamiche proprie del singolo elemento della rete, sia un termine che descriva le dinamiche di interazione tra gli elementi della rete stessa. Altri aspetti che devono rientrare nell'ambito di tale modello sono la non linearità degli elementi della rete, essendo stati utilizzati in questo lavoro di tesi circuiti elettronici non lineari, e come la topologia della rete influenzi la dinamica di evoluzione della rete, essendo tale aspetto particolarmente significativo nelle reti di circuiti non lineari.
Consideriamo di avere una rete di N sistemi dinamici non lineari accoppiati, ognuno dei quali caratterizzati da un set di equazioni differenziali non lineari
˙
xi=fi(xi) (1.1.1)
dove x =[ x1,x2,....xn] T
∈Rn è il vettore di stato del sistema.
Le equazioni di stato, che descrivono la dinamica della rete possono essere scritte come:
˙xi=fi(xi)+c
∑
j=1 NGijH ( xj), i=1,2 , .... N (1.1.2) dove xi=[xi1, xi2,.... xi n]T∈Rn sono le variabili di stato dell'i-esimo nodo e
fi(xi): R n
→Rn è il campo vettoriale n-dimensionale che ne determina le dinamiche. La costante c rappresenta la forza di accoppiamento della rete, mentre
H (x ): Rn→Rn costituisce la funzione vettoriale di uscita, in fine i termini
Gij∈Rn sono gli elementi della matrice simmetrica di connettività G, una
matrice di dimensioni NxN che presenta somma degli elementi delle righe nulla ed elementi sulla diagonale principale strettamente negativi. La matrice di connettività specifica la forza di accoppiamento e la topologia di una rete, ed è legata ad alcune matrici caratteristiche, che verranno discusse nel seguito di questa trattazione, tramite relazioni che a breve verranno approfondite.
Per semplicità nel seguito di questa trattazione si farà l'ipotesi di avere una rete composta da elementi identici, in tal caso fi(xi)≡f ( x) , e che tali elementi
siano accoppiati tramite un tipo di connessione lineare detta accoppiamento
diffusivo.
Sotto queste ipotesi la relazione (1.1.2) può essere riscritta in questo modo:
˙xi=f ( xi)−c
∑
j=1 NlijΓxj, per i=1,2 , .... N (1.1.3) dove Γ è una matrice costante che specifica le variabili di stato dei singoli nodi su cui è stato chiuso un feedback-loop. Per semplicità assumiamo che Γ=diag (r1,r2,....rn) sia una matrice diagonale con ri=1 per una determinata i, ed rj=0 per i≠ j .
delle proprietà dinamiche della rete è la matrice L=(lij)∈RNxN , che offre
un'espressione matematica della topologia della rete. Tale matrice corrisponde alla matrice Laplaciana, della quale si avrà una trattazione approfondita nel seguito di questa trattazione. Se esiste un collegamento tra l'i-esimo nodo ed il j-esimo nodo l'elemento lij della matrice Laplaciana varrà -1, altrimenti sarà nullo. Gli elementi sulla diagonale della matrice L possono essere scritti in questo modo [1]: lii=−
∑
j =1, j≠iN
lij=−
∑
j =1, j≠i Nlji i=1,2 ,.... N (1.1.4)
Chiaramente, se il nodo i-esimo ha grado ki , gli elementi sulla diagonale principale possono essere scritti come:
lii=ki i=1,2 , ... N (1.1.5) Da quanto è stato introdotto risulta chiaro che la matrice Laplaciana caratterizza il termine di accoppiamento nel modello, in caso di grafo non diretto e in assenza di cluster isolati di nodi, risulta essere simmetrica, cioè L=LT . Un'ulteriore proprietà, di fondamentale importanza per lo studio della sincronizzazione dei sistemi complessi, è quella di avere gli elementi delle righe a somma nulla: infatti è proprio grazie a questa caratteristica che è possibile stabilire la dipendenza lineare delle colonne della matrice stessa, dunque si avrà det(L)=0 ed almeno un autovalore λ1=0 a cui corrisponde l'autovettore associato 1=(1,1,....1).
Le ipotesi fatte, ovvero quella di avere nodi identici, caratterizzati cioè dai medesimi campi vettoriali, e una funzione d’accoppiamento identica per ciascun nodo garantiscono l’esistenza di quello che in letteratura viene definito
synchronization manifold S, un insieme invariante per cui a regime avremo: xi(t)=xs(t) , ∀i . Dunque lo studio della stabilità dello stato sincrono si riduce
a quello delle proprietà dinamiche del sistema lungo tutte le direzioni dello spazio di stato che risultano essere trasversali rispetto alla synchronization manifold.
1.2 Parametri “statistici”
Risulta inoltre conveniente introdurre alcuni indici descrittivi attraverso i quali è possibile classificare una rete in funzione di alcune delle sue caratteristiche peculiari.
Distanza media
E' la lunghezza media dei percorsi geodesici della rete, ed è definita dalla relazione tratta da [2]:
L= 1
1
2n (n+1)
∑
dijdove n è il numero totale dei nodi della rete, e dij è la distanza geodesica tra
l'i-esimo nodo ed il j-l'i-esimo nodo. In questa definizione sono considerati anche tutti i
percorsi di distanza geodesica nulla, detti self-loop, nel caso in cui l'indice sia lo stesso.
Se ne deduce che tale parametro esprime quanto sia grande mediamente una rete, e fornisce un'informazione globale su come sono accoppiati i nodi. E' stato osservato infatti che molte reti complesse presentano una distanza media relativamente bassa, rispetto a reti con ugual numero di nodi e globalmente accoppiate (grafi completi). Si fa notare inoltre che con la precedente definizione, nel caso in cui vi fosse anche un solo nodo non collegato ad un altro, il valore della distanza media diventerebbe pari a infinito, avendo accettato la convenzione di porre la distanza geodesica ad un valore infinito nel caso di nodi non collegati. Per evitare questo inconveniente si può considerare il parametro
L−1= 1 1
2n (n+ 1)
∑
dij−1in modo da evitare che i valori infiniti di dij contribuiscano alla sommatoria.
Coefficiente di clustering
Tale coefficiente rappresenta il grado di aggregazione dei collegamenti in una rete, ed è particolarmente indicato per descrivere reti reali, avendo queste ultime la tendenza a creare gruppi fortemente connessi collegati tramite pochi link ad altri gruppi fortemente connessi. Si consideri a tal proposito l'esempio proposto in [2]: in una rete di amicizie, persone che conosciamo molto probabilmente si conosceranno tra di loro, creando un cluster inserito nella rete di conoscenze personali.
Dunque il coefficiente di clustering è definito come la frazione delle coppie di vicini di un nodo che sono esse stesse vicine tra loro. Supponiamo di avere un nodo i della rete, collegato tramite ki archi ai suoi ki nodi vicini, al massimo si potranno avere ki
(
ki−1)
/2 archi, se ogni nodo è connesso al nodo i. Ilcoefficiente di clustering è definito come il rapporto tra il numero di archi Ei che effettivamente collegano il nodo i ai suoi vicini ed il numero di tutti i possibili collegamenti ki
(
ki−1)
/2 , ovvero:Ci= 2 Ei
ki
(
Ki−1)
mentre il coefficiente di clustering dell'intera rete è definito come la media dei
Ci fatta su tutti i nodi della rete: C=1
n
∑
CiDegree distribution
Si tratta di uno degli indici statistici più significativi per classificare una rete complessa, in quanto la degree distribution (distribuzione di grado) è definita tramite una funzione di distribuzione P(k) che indica la probabilità che un nodo scelto casualmente abbia grado pari a k:
P(k)=n(k)
N
dove N è l'ordine della rete e n(k) è il numero di nodi che effettivamente hanno grado pari a k. Consideriamo ad esempio un reticolo regolare: ogni nodo della rete avrà lo stesso numero di archi degli altri nodi, in tal caso dunque la degree
distribution avrà l'andamento di una delta di Dirac centrata nel valore pari
all'unico grado di una siffatta rete. Se invece consideriamo una rete random, ovvero una rete in cui la presenza di un arco tra due nodi ha probabilità di esistere pari ad un valore stabilito, la degree distribution avrà l'andamento tipico delle distribuzioni di Poisson, crescendo fino ad un valore di picco in corrispondenza del grado medio <k> per poi decrescere esponenzialmente.
Considerazioni empiriche hanno portato a stabilire che per un elevato numero di reti reali la distribuzione di grado si scosta significativamente dalla distribuzione di Poisson, ma risulta meglio descritta da una legge del tipo:
P ( k )≈k−a
Questo tipo di distribuzione decresce più rapidamente rispetto ad una distribuzione esponenziale, in tal modo si avranno pochi nodi con un grado alto e molti nodi con un grado basso.
1.3 Topologia e matrici caratteristiche
Lo studio dei sistemi complessi si basa fortemente sulla teoria dei grafi, per cui risulta necessario introdurre alcuni concetti su cui si basa tale teoria.
Una rete non diretta è detta connessa se, presa una qualsiasi coppia di nodi i e j, esiste un percorso che li collega. Ovviamente se esiste tale percorso, esisterà anche il percorso inverso da j ad i.
Una rete diretta è detta fortemente connessa se per qualsiasi coppia di nodi i e j esiste un percorso orientato che li collega. In questo caso, a differenza del caso precedente, è necessario seguire il verso stabilito dall'orientamento degli archi. Si definisce grafo associato ad una matrice Anxn e si indica con Γ ( A) il grafo diretto di n nodi P1,P2,. . .. Pn per il quale esiste un arco da Pi a Pj se e solo se aij≠0 .
Dunque essendo possibile associare un grafo ad una matrice, è possibile anche descrivere un grafo tramite alcune matrici, in particolar modo ve ne sono tre che risultano particolamente efficaci a tale scopo [3],[4]:
Matrice di grado: è una matrice diagonale, generalmente indicata con D,
in cui ogni elemento sulla diagonale rappresenta il grado dell'i-esimo nodo. Matrice di adiacenza: generalmente indicata con A, si costruisce ponendo
il generico termine aij pari al peso dell'arco diretto che unisce l'i-esimo nodo al j-esimo nodo. Se tale arco non dovesse esistere, il corrispondente valore viene posto pari a zero.
Tale matrice riveste un'importanza fondamentale nella descrizione di una rete di sistemi dinamici, per tale motivo è doveroso fare alcune brevi ma essenziali osservazioni.
Innanzitutto se la rete è bidirezionale la matrice di adiacenza risulta simmetrica, avendo l'arco che collega l'i-esimo nodo al j-esimo nodo lo stesso peso dell'arco che collega il j-esimo con l'i-esimo nodo. La seconda
osservazione riguarda la presenza di termini nulli sulla diagonale di tale matrice, sono presenti solo nel caso di archi che partono e terminano sullo stesso nodo. Infine si vuole far notare che l'i-esima riga della matrice di adiacenza rappresenta gli archi uscenti dall'i-esimo nodo, mentre l'i-esima colonna rappresenta gli archi entranti nell'i-esimo nodo.
Matrice Laplaciana: solitamente si indica con L ed è definita dalla
relazione L=D-A. Tale matrice caratterizza il modello dinamico che descrive l'evoluzione dell'intera rete, è dunque il parametro che riveste il ruolo di maggior importanza tra quelli fin'ora introdotti. Risulta utile sottolineare che, per come è definita, tale matrice sarà simmetrica se la matrice di adiacenza risulta simmetrica, ovvero nel caso in cui la rete sia bidirezionale. Inoltre gli autovalori di L saranno così ordinati:
λN<λN −1<.. .. . <λ1<0 , il primo autovalore sarà sempre nullo e il primo autovalore diverso da zero, ovvero quello più piccolo in modulo, determina buona parte delle proprietà dinamiche della rete. A titolo di esempio riportiamo un grafo e le matrici ad esso relative:
D=
(
11 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 12 0 0 0 0 0 17 0 0 0 0 0 0)
A=(
0 7 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 12 0 3 5 0 9 0 0 0 0 0)
L=(
11 −7 −4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 12 0 −12 0 −3 −5 17 −9 0 0 0 0 0)
1.4 Sincronizzazione
Lo studio della sincronizzazione dei sistemi complessi è diventato negli ultimi anni oggetto di particolare attenzione nell'ambito della ricerca scientifica, interesse
dovuto principalmente alla costante crescita e sempre maggior complessità di reti di uso comune, si pensi ad Internet, oltre che al possibile impiego di tali risultati in reti create ad hoc, si pensi allo sviluppo di reti neurali. Il concetto che sta alla base della sincronizzazione dei sistemi complessi è l'effetto di mutua sincronizzazione che si può avere tra due o più elementi costituenti la rete stessa. Tale fenomeno fu riscontrato per la prima volta da Christiaan Huygens nel 1673, mentre osservava due orologi a pendolo entrambi agganciati ad un'unica trave. Scoprì che se la fase iniziale ed il moto disaccoppiato dei due pendoli non erano troppo distanti, dopo un certo numero di oscillazioni essi si sincronizzavano. L'interpretazione che Huygens diede a tale fenomeno presente in [5], fornisce un'ottima spiegazione qualitativa dell'effetto di mutua sincronizzazione tra i due elementi: le impercettibili oscillazioni sulla trave indotte dal movimento dei pendoli accoppiavano il moto dei pendoli stessi, dunque la trave in questo caso assume il ruolo di variabile di accoppiamento tra i due elementi. Nel caso di reti complesse si avranno un numero elevato di elementi oscillanti accoppiati, e come vedremo in seguito, la topologia di tali accoppiamenti unitamente alla forza con cui avviene l'interazione determinano in maniera significativa la possibilità di sincronizzazione della rete.
E' opportuno introdurre una classificazione riguardante le diverse tipologie di sincronizzazione che si possono ottenere, considerando le ipotesi fatte in [6]:
Sincronizzazione completa: si ha quando le traiettorie sul piano delle fasi
dei singoli elementi della rete coincidono perfettamente. Ipotizzando di avere una rete costituita da N elementi identici, la condizione da soddisfare è:
limt → ∞∥xi−xj∥=0 per i , j=1,2 , .. , N
Con questo tipo di sincronizzazione si ha la convergenza totale dell'evoluzione dinamica degli elementi, indipendentemente dalle condizioni iniziali da cui sono partiti. Si supponga di avere due sistemi identici accoppiati, l'interazione tra questi due sistemi sarà tale da fare in modo che la traiettoria dell'evoluzione dinamica di uno influenzi la
traiettoria dell'altro e viceversa, e tale reciproca interazione è proporzionale alla differenza di evoluzione tra i rispettivi stati. Nel caso di
sincronizzazione completa tale differenza è nulla per cui ogni sistema non
risente dell'accoppiamento e procede nella sua evoluzione come se fosse disaccoppiato, nonostante ciò lo stato di ogni sistema coinciderà istante per istante.
Sincronizzazione generalizzata: si ottiene quando si prendono in esame
sistemi non identici, ovvero sistemi che hanno dinamiche di evoluzione non coincidenti. Nel caso di valori della forza di accoppiamento sufficientemente elevati, si avrà una relazione del tipo x2=F (x1) tra gli stati del sistema. Ciò implica che, conoscendo F, è possibile risalire allo stato del secondo sistema conoscendo lo stato del primo. Questo tipo di sincronizzazione è tipico dei sistemi con accoppiamento unidirezionale, ovvero sistemi in cui l'accoppiamento tra gli elementi costituenti ha un verso preferenziale, dove uno o più elementi, generalmente detti forzanti (driving), pilotano gli altri elementi.
Sincronizzazione di fase: questo tipo di sincronizzazione è di particolare
interesse soprattutto nel caso di reti di oscillatori caotici, delle quali si farà un'approfondita analisi nel seguito di questa trattazione. Con questo tipo di sincronismo gli oscillatori di una rete avranno tutti una fase comune, mentre le ampiezze di tali oscillatori risulteranno scorrelate
Bounded Synchronization: in questo caso si ha una fascia di tolleranza
all'interno della quale risulta confinato l'errore di sincronizzazione, inteso come distanza tra la traiettoria del singolo elemento rispetto alla traiettoria di sincronizzazione. Deve valere la seguente relazione:
limt → ∞∥xi−xj∥⩽εper i , j=1,2 , .... N
Sincronizzazione con ritardo: si ha quando la differenza tra l'uscita di un
asintoticamente limitata.
1.5 Stabilità dello stato sincrono
Il modello di rete introdotto, descritto dalla relazione (1.2.3), sotto determinate condizioni necessarie presenta un andamento di stabilità asintotica dello stato sincrono. In generale la condizione di sincronizzazione di una rete di N elementi prevede che valga la relazione:
x1(t )=x2(t)=...= xN(t) , per t → ∞ (1.5.1)
Sfruttando le ipotesi di accoppiamento diffusivo (1.1.4), e le proprietà della matrice di accoppiamento, si trova che lo stato di sincronizzazione è una soluzione del tipo
˙
s(t)∈Rn di ogni nodo isolato, ovvero vale la relazione:
˙s( t)= f (s (t )) (1.5.2)
Tale stato s(t) può essere un punto di equilibrio, un'orbita periodica o un attrattore caotico, come si vedrà successivamente. Dunque è possibile affermare che lo stato asintoticamente sincrono di una rete modellata secondo la relazione (1.1.4) può essere raggiunto se valgono determinate condizioni che riguardano le dinamiche del singolo nodo, la forza di accoppiamento c, la matrice di collegamento Γ e la matrice Laplaciana L, determinata dalla topologia della rete.
E' possibile, sfruttando alcuni concetti della teoria di stabilità di Lyapunov, effettuare un'analisi sulla condizione di stabilità dello stato sincrono, ottenendo un modello teorico di riferimento per i risultati sperimentali, dunque si riportano in breve i punti salienti di tale teoria.
Teorema 1.1 [7]
Sia x = 0 un punto di equilibrio per il generico sistema non lineare
˙
x = f ( x ) x ∈ Rn
ovvero f(0) = 0 e Ω un intorno del suddetto punto di equilibrio ( 0∈Ω⊂Rn) . Se
esiste una funzione V : Rn→Rn continua e differenziabile che soddisfa le seguenti proprietà:
1. V (0)=0
2. V ( x)>0 ∀x ∈Ω−{0 }
3. V ( x)≤0˙ ∀x ∈Ω−{0 }
allora possiamo affermare che il punto di equilibrio x=0 è stabile, inoltre se vale anche V ( x)<0 ∀ x ∈Ω−{0}˙ allora x=0 è Localmente Asintoticamente
Stabile (LAS).
Questo teorema non garantisce l'esistenza di una funzione stabilizzante, né offre strumenti analitici per il calcolo della stessa. Per ottenere un'espressione analitica di una funzione stabilizzate però si può usare il seguente teorema:
Teorema 1.2 [7]
Consideriamo un generico sistema lineare:
˙x =A x x ∈Rn
caratterizzato dalla presenza dell’unico punto di equilibrio x=0. Per sistemi lineari è possibile definire la seguente funzione di Lyapunov:
V ( x )=xtP x con P = PT
>0
Si vede che tale funzione V(x) soddisfa le prime due condizioni per la stabilità enunciate nel teorema precedente. Facendo alcuni passaggi si ottiene un'ipotesi aggiuntiva per soddisfare anche la terza condizione, per cui in conclusione possiamo dire che le condizioni di asintotica stabilità sono le seguenti:
ℜe {λi}<0 ∀ i
∃P= PT>0 :(ATP+ P A)=−Q con Q>0
Questi risultati possono essere estesi anche al caso di reti di sistemi dinamici non lineari, come proposto da Wang & Chen [8],[9].
Teorema 1.3
Consideriamo il modello di rete proposto dalla relazione (1.2.4). Siano:
0=λ1>λ2⩾λ3⩾... λN (1.5.3) Gli autovalori della sua matrice L. Supponiamo che esista una matrice, di dimensioni n x n, D>0, e due costanti ̄d <0 e τ>0 tali che:
[Df (s (t))+d Γ]T D+ D[ Df (s (t))+d Γ]≤−τ In (1.5.4)
per tutti i valori di d ≤̄d , dove In∈Rn è la matrice identità. Se inoltre vale:
c λ2≤̄d (1.5.5)
lo stato di sincronizzazione è esponenzialmente stabile.
La disuguaglianza presente nella relazione (1.5.5) è equivalente a:
c⩾
∣
̄dλ2
∣
(1.5.6)un valore piccolo di λ2 corrisponde ad un elevato valore di ∣λ2∣ , dunque la rete può sincronizzarsi anche per valori bassi della forza di accoppiamento. Da questa considerazione si evince l'importanza della matrice Laplaciana, in quanto la capacità di sincronizzazione di una rete può essere stabilita dalla valutazione del
secondo più grande autovalore di tale matrice.
1.6 Master stability function
Abbiamo visto come sia possibile, attraverso un' analisi degli esponenti di Lyapunov dell'intera rete, prevedere l'esistenza di uno stato di sincronismo localmente stabile. Questo tipo di approccio risulta però poco adatto al caso di reti con un numero di elementi elevato, essendo la quantità di calcoli sufficientemente elevata da causare tempi di computo eccessivamente lunghi anche per i calcolatori di ultima generazione, oltre a poter causare problemi di instabilità numerica. Per semplificare la parte computazionale nel 1998 Pecora e Caroll [11] hanno proposto un approccio che sotto alcuni vincoli consente di identificare le condizioni di sincronia stabile, dividendo il problema in due parti: una relativa alla topologia della rete, l'altra inerente al calcolo degli esponenti di Lyapunov di un sistema dello stesso ordine di un singolo oscillatore non accoppiato.
Si prenda in considerazione il modello di rete generale descritto dalla relazione (1.1.3), con una matrice di accoppiamento L simmetrica. Siano λi e vi
rispettivamente gli autovalori e gli autovettori ad essi associati, tali che
Lvi=λivi e vj T
vi=δij . Le proprietà (1.1.4) e (1.1.5) oltre a garantire
l'esistenza della synchronization manifold S, garantiscono anche che gli autovettori
vi , associati agli autovalori λi=(1,2 , .... N ) , spazzano tutte le direzioni dello
spazio di stato trasversali rispetto ad S.
Una condizione necessaria per la stabilità della synchronization manifold è che l’insieme degli (N-1)n esponenti di Lyapunov che corrispondono alle direzioni del piano delle fasi trasversali all’iperpiano n-dimensionale x1=x2=...= xs, , siano
tutti negativi. È importante sottolineare che tale condizione è necessaria, ma non sufficiente.
Sia δxi(t)= xi(t)− xs(t )=(δ xi ,1(t) , δ xi , n(t) ,.... , δ xi , n(t))T lo scostamento
dell'i-esimo vettore di stato dalla synchronization manifold, e si considerino gli N vettori colonna n-dimensionali X =( x1,x2,..., xN)T e δX =(δ x1,δx2,....,δ xN)T .
Si avrà dunque:
δ ˙X =[ IN⊗Jf ( xs)+cG⊗ JH ( xs)] δX (1.6.1)
dove il simbolo ⊗ rappresenta il prodotto diretto tra matrici, mentre J è l'operatore Jacobiano.
È necessario diagonalizzare tale sistema per poter ottenere N equazioni disaccoppiate, dunque bisogna moltiplicare il vettore δX per la matrice Q−1
, dove con Q si intende la matrice le cui colonne sono gli N autovettori di L. Effettuando quindi questa trasformazione lineare:
δy=Q−1
⋅δx (1.6.2)
si ottiene il seguente sistema N-dimensionale disaccoppiato:
δ ˙yi=[Jf ( xs)−c λiJH ( xs)] δ yi (1.6.3)
Indicando con Ki=c λi (i=1,2 , ... , N ) l’insieme di valori del parametro
normalizzato K le equazioni del sistema (1.6.3) sono strutturalmente equivalenti e differiscono solo per il parametro ki . Quanto detto ci permette di riscrivere la (1.6.3) come:
δ ˙y=[ Jf ( xs)−KJH ( xs)] δ y (1.6.4)
Ognuna delle equazioni costituenti il sistema (1.6.4) è caratterizzata da n esponenti di Lyapunov i cui valori saranno funzione del parametro generalizzato K. L’andamento del più grande tra questi determina quella che in letteratura è nota
come Master Stability Function Λ(K).
L'algoritmo necessario per il calcolo della master stability function risulta comunque oneroso dal punto di vista computazionale, in quanto per ogni valore della master stability function da un lato bisogna identificare un attrattore, dall'altro l'algoritmo che stima gli esponenti di Lyapunov deve convergere. Sfruttando l'ipotesi di avere attrattori periodici e tramite una tecnica detta bilanciamento
armonico, è possibile avere un ulteriore risparmio computazionale per identificare
con buona approssimazione la periodicità delle oscillazioni di un oscillatore non lineare. Vediamo nel dettaglio come è possibile sfruttare quest'ipotesi per ottenere un'analisi dello stato di sincronia stabile.
Bilanciamento Armonico
Si supponga di avere un sistema la cui dinamica può essere descritta da una relazione del tipo:
d
dt[q (x )]+g ( x)=0 (1.6.5)
e dove la variabile di stato x (t)∈RL ammetta almeno una soluzione periodica di periodo T, detta xT(t) . Ricordando che una qualsiasi funzione scalare ψT(t )
periodica può essere approssimata con la serie di Fourier troncata: ψ(t)≃a0+
∑
k K
(akcos (k ω t)+bksin (k ω t)) (1.6.6) dove a0, ak, bk sono i coefficienti di Fourier e ω=2/T .
Si considerino M =2K+1 campioni di x (tm) compresi tra (0,T], con
tm=mT / M , m=1,.. , M , allora è possibile collegare i coefficienti di Fourier ai campioni sfruttando l'inversa di un'apposita matrice Γ :
Γ−1=
(
1 γ1,1C γ1,1S ... γ1, KC γ1,1S ⋮ ⋮ ⋮ ⋮ ⋮ ⋮ 1 γCM ,1 γSM ,1 ... γCM , K γM , KS)
∈RMxM (1.6.7)i cui coefficienti valgono:
γCp , q=cos
(
q2 π p2K+1
)
, γp ,q S=sin
(
q2 π p2K+1
)
. (1.6.8)Dunque vale la relazione:
ΨF=Γ Ψ dove: Ψ=
(
ψ(t1) ⋮ ⋮ ⋮ ⋮ ⋮ ψ(tM))
, ΨF =(
a0 a1 b1 ⋮ aK bk)
Ricordiamo inoltre che possiamo legare i coefficienti di Fourier della derivata rispetto al tempo ˙ψ(t) ai coefficienti relativi a ψ(t) tramite la relazione:
˙
ΨF=ω Ω ΨF (1.6.9)
dove Ω è una matrice di dimensioni MxM i cui unici valori non nulli sono Ω2k ,2k +1=k e Ω2k+1,2k=−k , per k=1,...,K. Sia ΓL=1L⊗Γ , allora il vettore dei coefficienti di Fourier XF della soluzione di dimensione L e periodica di periodo T xT(t) è legato ai campioni di tempo
X =[ x1(t1),... , x1(tM), x2(t1).... , x2(tM), xL(t1)... , xL(tM)]'
dove l'apice ' indica la trasposta, tramite la relazione XF=ΓLX . Tramite questa
relazione è possibile trovare i coefficienti di Fourier per un sistema descritto dalla relazione 1.6.5.
Supponiamo ora di avere un sistema L-dimensionale del tipo:
d
dt[C (t)δ(t)]− A(t)δ(t)=0 (1.6.10)
dove C(t) e A(t) sono matrici di dimensioni L x L con periodicità T , allora si avranno L moltiplicatori di Floquet λl=eμlT tali che μ
l(t)e
μlt sono L soluzioni
indipendenti per il sistema 1.6.6. Gli esponenti di Floquet, ovvero i valori μl , sono tali per cui la loro parte reale coincide con gli esponenti di Lyapunov relativi sempre al sistema 1.6.6. Se C(t) e A(t) sono le matrici Jacobiane dei campi vettoriali q() e -g() della relazione 1.6.5 valutate su di una soluzione periodica, allora i moltiplicatori di Floquet contengono informazioni sulla stabilità locale di tale soluzione periodica.
Dunque è possibile sfruttare i moltiplicatori di Floquet nella tecnica del bilanciamento armonico: eμlT è un moltiplicatore di Floquet corrispondente alla
soluzione μl(t) (supponendo di prendere i campioni di tempo dal vettore Ul ed
i coefficienti della serie troncata di Fourier da UlF , per cui varrà la relazione
precedentemente introdotta UF=ΓLU ) se μl e Ul sono soluzioni del
seguente problema:
(ΓLAMΓ−1L −ω ΩMΓLCMΓ−1L )UlF=μlΓLCMΓ−1L UlF (1.6.11)
dove AM e CM sono blocchi matriciali di dimensioni LM x LM costruiti espandendo ogni elemento di A e di C in un blocco diagonale di campioni di tempo, e ΩL=1L⊗Ω .
Le soluzioni della relazione 1.6.4 daranno LM differenti autovalori. Questi corrispondono ad un sottoinsieme degli infiniti esponenti di Floquet, che determinano L indipendenti moltiplicatori di Floquet. Tali autovalori saranno disposti lungo linee verticali nel piano complesso, per ottenere risultati precisi è necessario prendere quelli con la parte immaginaria più piccola.
Master stability function nel dominio della frequenza
Tale approccio consente lo studio delle condizioni di sincronizzazione nelle reti di oscillatori non lineari accoppiati. Consideriamo una rete con N elementi modellata dalla relazione: d dt
[
q( xn)+v∑
n1 =1 N Zn n1r ( x n1)]
+g (xn)+w∑
n1 =1 N Zn n1h( x n1)=0 (1.6.12)dove xn∈RL è lo stato L-dimensionale dell' n-esimo elemento, q : RL→RL e
g : RL→RL descrivono le non linearità degli elementi non accoppiati,
Z ∈RNxN è la matrice che descrive l'accoppiamento degli elementi, v,w sono le forze di accoppiamento,e h : RL
→RL e r : RL
→RL descrivono le interazioni
non lineari tra gli elementi.
Si vuole stabilire sotto quali condizioni la topologia della rete, descritta dalla matrice Z, porta alla stabilità della synchronization manifold. Andando a sostituire nella relazione 1.6.12 ad xn il valore xT , che corrisponde alla soluzione con periodicità comune alle dinamiche di tutti gli elementi della rete, ma che è soluzione anche dell'oscillatore isolato descritto dalla relazione 1.6.5, eseguendo un approccio variazionale ed uno sviluppo in serie arrestato al primo ordine si ottiene:
d dt
[
Dq(x T )δn+v∑
n1 =1 N Znn1Dr (x T ) δn1]
+Dg( x t )δn+w∑
n1 =1 N Znn1Dh(x T ) δn1=0dove Dq( xT), Dr (xt), Dg( xT), Dh(xT) sono le rispettive matrici Jacobiane valutate sulla soluzione xT . Sia:
Δ=[δ'1,....,δ 'N]'∈R DN
d dt[(1N⊗Dq( x T )+vZ ⊗ Dr (xT)) Δ]+(1 N⊗Dg ( x T )+W ⊗Dh( xT)) Δ=0 (1.6.13) Considerando ̂Z la matrice costruita con gli autovalori di Z sulla diagonale e Q quella con i corrispondenti autovettori come colonne, e moltiplicando entrambi i lati di 1.6.13 per Q−1⊗1D avremo:
d dt[(1N⊗Dq( x T )+v ̂Z ⊗ Dr (xT))(Q−1⊗1D) Δ ] +(1N⊗Dg (xT)+ ̂W ⊗ Dh(xT))(Q−1⊗1D)Δ=0 (1.6.14) Sia allora Θ=(Q−1⊗1 D)Δ e [θ1,θ2,..., θN]=Θ con Θ∈RL N, θn∈RL , allora
la relazione 1.6.14 può essere riscritta come:
d dt[(Dq(x T )+v ̂z Dr (xT ))θn]+(Dg ( xT )+w ̂z Dh(xT ))θn=0 (1.6.15)
e la stabilità della synchronization manifold può essere stabilita dall'evoluzione della soluzione θn .
2 Il circuito di Chua
2.1 Caos deterministico
La definizione di Caos deterministico può apparire come un evidente ossimoro, essendo stati abituati nella maggior parte dei casi a dover trattare con modelli matematici deterministici, ovvero in grado a partire dalle condizioni iniziali, e conoscendo le equazioni che regolano un determinato fenomeno, di predire con assoluta certezza l'evoluzione precisa descritta da tali modelli.
Fu solo nel 1961 che, in maniera del tutto casuale, il matematico e meteorologo Edward Lorentz scoprì l'andamento caotico delle soluzioni di un modello matematico apparentemente deterministico. Ciò accade poiché, volendo ripetere dei calcoli sulle previsioni meteorologiche con risultati ottenuti da calcoli fatti in precedenza, i risultati furono ben distanti da quelli di partenza. Lorentz intuì che il diverso numero di cifre decimali utilizzato nei due casi, pur avendo differenze inferiori allo 0,1%, portava a risultati sorprendentemente diversi. Giunse a porre tale questione all'interesse della comunità scientifica internazionale con il suo celebre articolo intitolato: «Il battito di ali di una farfalla in Brasile può provocare
un tornado in Texas?» , nel quale coniò il famoso termine “Butterfly effect”,
proprio per sottolineare come certi modelli, se pur perfettamente deterministici e semplici da descrivere, risultano talmente soggetti alle condizioni iniziali da non poterne prevedere l'evoluzione.
Risulta evidente quindi la necessità di un tipo di approccio in grado, a partire dal determinismo di un modello matematico classico, di generare valori apparentemente caotici. Una delle peculiarità del caos deterministico è la forte dipendenza dalle condizioni iniziali: scostamenti anche minimi da fissate
condizioni portano ad evoluzioni molto distanti da quelle che ci si aspetterebbe. Un sistema dunque può essere detto caotico se presenta alcune caratteristiche:
Sensibilità alle condizioni iniziali: per variazioni infinitesime degli ingressi si hanno variazioni finite dell'uscita.
Imprevedibilità: non è possibile prevedere l'andamento del sistema, a partire da condizioni iniziali assegnate
L'evoluzione del sistema è caratterizzata, nello spazio delle fasi, da “traiettorie di stato” (orbite), diverse tra loro. Nel caso in cui esse restino tutte confinate in uno spazio limitato si parla di strani attrattori, ed in tal caso il sistema non evolve verso l'infinito per nessuna variabile.2.2 L'oscillatore caotico di Chua
Ideato dal prof. Leon O. Chua [12] nel 1983, il circuito da lui stesso battezzato “circuito di Chua” è uno dei più semplici da realizzare tra i circuiti autonomi a mostrare un comportamento caotico, come riuscì a dimostrare l'anno seguente il Prof. Matsumoto [13], tanto da essere definito “an universal paradigm of chaos”. Esso presenta quattro componenti lineari, un resistore, un induttore e due condensatori, ed un resistore non lineare detto diodo di Chua.
Tale circuito esibisce proprietà tipiche dei sistemi che rientrano nella definizione di caos deterministico:
è sensibile alle condizioni iniziali
le traiettorie sull'attrattore restano confinate in una regione di spazio limitata
ha un comportamento non predicibile data la presenza di oscillazioni aperiodiche.
In letteratura sono presenti diverse implementazioni del circuito di Chua, tra queste si è deciso di presentare quella che presenta la maggior robustezza ed economicità, proposta da Kennedy in [14]:
Da quanto si evince anche dallo schema circuitale, il resistore, l'induttore e i due condensatori sono componenti elettrici standard, mentre il resistore non lineare presenta una caratteristica tensione-corrente che necessita un ulteriore chiarimento. Tale caratteristica infatti presenta un andamento lineare a tratti che è di fondamentale importanza per stabilire la dinamica e le biforcazioni che sono proprie di questo circuito:
si intende far notare infine che sono soddisfatti i requisiti minimi necessari, ma non sufficienti, affinché il circuito esibisca comportamento caotico:
almeno tre componenti dinamici almeno un componente non lineare
almeno un componente attivo, o localmente attivo
Il solo diodo di Chua soddisfa le ultime due condizioni, essendo un resistore non lineare localmente attivo.
2.3 Modello matematico
Attraverso le leggi di Kirchoff il circuito di Chua può essere descritto tramite le seguenti relazioni: dv1 dt = 1 C1 [G (v2−v1)−g (v1)] (2.3.1)
dv2 dt = 1 C2 [G(v1−v2)−iL] (2.3.2) diL dt =− 1 Lv2 (2.3.3)
con G=1/ R , v1, v2, iL rispettivamente le tensioni ai capi dei condensatori e la corrente nell'induttore, e g (v1) la caratteristica non lineare del diodo di Chua, ovvero:
g (vR)=GbvR+(Gb−Ga)E0, se v1⩽−E0
g (vR)=GavR, se∣v1∣⩽−E0
g (vR)=GbvR+(Ga−Gb)E0, se v1⩾E0 (2.3.4)
in cui Ga è la pendenza del segmento interno della caratteristica, mentre Gb è la pendenza dei tratti esterni. Partendo da queste relazioni, tramite un processo di adimensionalizzazione è possibile giungere ad espressioni più semplici.
Siano: x=v1 E0 , y=v2 E0 , z = iL (E0G), τ= tG C2 , a=Ga G , b= Gb G ed: α=C2 C1 , β= C2 LG2
le variabili di stato adimensionalizzate, ponendo inoltre:
f (x )=bx +b−a se x ⩽−1 ax se∣x∣<1 bx+a−b se x≥1
è possibile riscrivere le equazioni di stato in questa forma: ˙x=α[ y−x − f (x )]
˙z=−β y
dove α, β sono detti parametri di biforcazione mentre f(x) è la funzione non lineare a tratti che rappresenta la caratteristica del diodo di Chua dopo l'adimensionalizzazione.
2.4 Dinamiche e biforcazioni del circuito di Chua
Il circuito di Chua, per quanto finora visto, presenta interessanti peculiarità riguardo alla caoticità intrinseca in esso. Un ulteriore aspetto da approfondire però riguarda le varie dinamiche che possono verificarsi e come alcuni parametri possono influenzarne la dinamica. Il modo più intuitivo per ottenere il regime di funzionamento di tali circuiti è osservare l'intersezione tra la caratteristica del diodo di Chua e la retta di carico -1/R :
I punti in cui le due caratteristiche si intersecano corrispondono ai punti di
equilibrio del circuito, da cui si intuisce che il valore del resistore R è un parametro di biforcazione, in quanto al variare della pendenza di tale retta varia la regione di funzionamento del circuito. Rispetto alle equazioni adimensionalizzate, variare R corrisponde a variare il parametro β , e con esso si spostano anche i punti di equilibrio esterni sulla caratteristica non lineare. Nel caso si volesse mantenere inalterati tali punti, bisognerebbe variare il parametro adimensionale α , agendo sul valore C1 , ma ciò risulta poco conveniente dal punto di vista pratico, per cui si preferisce agire unicamente sul valore R.
È possibile visualizzare le diverse regioni di funzionamento del circuito andando a considerare due delle tre variabili di stato (solitamente v1, v2 ) riportandole su di un unico grafico, dunque vediamo quali attrattori si riscontrano al variare di R. Si ipotizzi di avere un valore di R sufficientemente elevato, tale che i punti di funzionamento esterni della caratteristica siano punti di equilibrio stabili, mentre il punto centrale sia un punto di equilibrio instabile: in tale situazione il sistema, a seconda delle sue condizioni iniziali, tenderà a portarsi su uno dei due punti di equilibrio stabile. Dunque, se ci si pone su di un punto della caratteristica interno (rispetto ai punti di equilibrio), quello che si osserva è un'evoluzione del sistema che tenderà ad allontanarsi esponenzialmente dall'origine per poi avvolgersi con una spirale intorno al punto di equilibrio stabile:
Al diminuire del valore di R accade che la traiettoria si sposta dalla regione esterna a quella interna, alternandosi periodicamente tra queste regioni. Si sviluppa quindi un'orbita periodica attorno al punto di equilibrio, detta ciclo limite 1T:
Al decrescere ulteriore del parametro di biforcazione R si giunge alla biforcazione
di Hopf, per tali valori i punti di equilibrio delle regioni esterne non risultano essere
più stabili, e dunque il sistema avrà tre punti di instabilità. In questa situazione si ha duplicazione del periodo, e l'orbita esegue due giri intorno alla instabilità. Tale regione di funzionamento è detta ciclo limite 2T:
Continuando a diminuire il valore di R si avranno 4, 8, 16 e così via, cicli attorno al punto di instabilità, fino a raggiungere infiniti cicli dell'orbita. Tale regione di funzionamento corrisponde ad uno strano attrattore, detto strano attrattore a
spirale di Chua, ed è un esempio chiaro di regime caotico nello spazio di stato: fig 2.6: Ciclo limite 2T
Continuando a scendere con il valore di resistenza si osservano due di questi attrattori separati da una zona ambigua. Ovvero si osserva l'orbita eseguire un certo numero di giri intorno ai punti di instabilità, spostandosi da un punto ad un altro per poi tornare al punto iniziale. Questo tipo di attrattore è detto attrattore double
scroll :
Diminuendo ancora il valore di resistenza la regione di funzionamento continua ad essere quella che corrisponde al caso double scroll, fatta eccezione per alcuni valori per i quali l'orbita caotica mostra un comportamento periodico; tali valori sono detti finestre nel caos.
3 Set-up sperimentale
Scopo di questo elaborato è quello di effettuare una misura delle tre variabili di stato v1, v2 , il di quattro circuiti di Chua tra loro connessi tramite link dinamici, con la possibilità di poter variare sia la topologia della rete sia il valore della forza di accoppiamento, al fine di valutare la sincronizzazione tra questi in funzione di tali parametri variabili. Per rendere più chiaro il ruolo di ogni elemento del set-up sperimentale necessario allo scopo prefisso, si è ritenuto opportuno schematizzare il tutto in un diagramma a blocchi.
3.1 Schema generale
Il set-up può essere schematizzato in questo modo:
PC: tramite un opportuno software realizzato in Labview [15], è possibile selezionare il valore di resistenza desiderato per la scheda di resistori variabili, oltre a poter impostare il tipo di acquisizione più efficiente per la tipologia di misura che si vuole effettuare e salvare i dati acquisiti per una successiva elaborazione degli stessi.
ACQUISIZIONE: l'hardware compactDataAcQuisition della National Instruments consente di acquisire un numero anche elevato di segnali contemporaneamente, nello specifico le tre variabili di stato di ogni Chua, rendendoli disponibili al PC tramite porta USB.
SCHEDA DI RESISTORI VARIABILI: Pilotabile tramite interfaccia USB, consente di selezionare un valore sui 256 disponibili di resistenza per variare la forza di accoppiamento tra le tensioni v1 dei Chua.
SCHEDA DI INTERCONNESSIONE: Permette di variare la topologia degli accoppiamenti in maniera agevole e intuitiva.
SCHEDA 8 CHUA: Su questa scheda sono presenti 8 Chua, dei quali vengono riportate verso la scheda di interconnessione le variabili che si intende accoppiare, nello specifico le tensioni v1 , e verso il sistema di acquisizione tutte e tre le variabili di stato.
3.2 Controllo USB del set-up: il modulo UM245R
Tra i diversi standard di interfacciamento con un computer, lo standard USB per le sue caratteristiche intrinseche, quali la velocità di trasferimento dati (fino a 480 Mbits/s nella versione 2.0) o la possibilità di gestire le periferiche in plug-and-play (dunque senza necessità di riavviare il PC), sta prendendo il posto delle interfacce storicamente presenti sui PC. Proprio a causa della larga diffusione di questo tipo
di standard di interfacciamento si è scelto di voler automatizzare il valore della forza dell'accoppiamento tra i circuiti di Chua interfacciando la scheda dei resistori al PC tramite porta USB, il tutto è reso possibile dal modulo UM245R [16].
Il modulo UM245R, prodotto dalla FTDI e mostrato in figura 3.2, è l’evoluzione del circuito integrato FT245R, che rappresenta il più recente dei dispositivi a circuito FTDI, con interfaccia USB UART.
Il circuito integrato FT245R è un’interfaccia parallela FIFO (First In First Out) dotata di connessione USB, con il nuovo sistema di protezione “FTDIChip-ID”. É disponibile, tra le specifiche, un modo di interfacciamento che consente il “Bit Bang Mode” in modalità sincrona e asincrona.
Il “Bit Bang Mode” consiste in una particolare modalità di invio dei bit, grazie alla quale i bit vengono trasmessi in successione, per cui al posto delle 8 linee di ingresso/uscita è come se si avesse a disposizione un unico bus bidirezionale ad 8 bit.
I moduli ad interfaccia parallela/USB usano l’FT245R con una versione per di più semplificata, che consta di una piena integrazione sul dispositivo della memoria esterna EEPROM, del circuito di clock e dei resistori USB.
L’UM254R è fornito su una PCB (Printed Circuit Board), cioè una basetta a circuito stampato, progettata per inserire il dispositivo nella presa standard USB, con un opportuno cavo, dotato di 24 pin, in modo tale da poter essere inserito in uno zoccoletto. Si riporta in figura 3.2 una rappresentazione del modulo con vista dall'alto per evidenziare i pin presenti.
Al fine di realizzare la scheda di resistori variabili, sono stati necessari solo alcuni dei pin disponibili:
Vcc: Tensione di alimentazione Gnd: Massa
Dbx: Bit di Ingresso-Uscita.
Gli otto bit DB0-DB7, devono essere configurati opportunamente per pilotare i vari dispositivi. A tal scopo sono state utilizzate sia le librerie software che i produttori mettono a disposizione , sia i driver per il sistema host, che nel nostro caso è costituito dal personal computer. Dal sito del produttore del modello UM245R è possibile scaricare le librerie di gestione scritte in LabView ed il relativo driver che ne consente l’esecuzione.
Il driver scaricato è il file FTD2XX.dll, che va inserito nelle cartelle dove si trovano le librerie. Nelle librerie sono presenti diversi tipi di primitive che consentono di eseguire svariate operazioni sul modulo, che vanno dalle più
semplici, tipo azioni di apertura, lettura, scrittura a quelle più complesse di configurazione. Vediamo alcune delle primitive che sono state utilizzare per configurare correttamente il funzionamento del modulo in esame:
Ft_Open: attiva il dispositivo e restituisce il valore di un puntatoredenominato Handle, che è utilizzato per un accesso successivo al dispositiv o
Ft_SetBitMode: riceve in ingresso l'Handle generato dalla Ft_Open econsente di settare i bit DB0-DB7 come bit di input o di output, attraverso il valore di una maschera “Bit Mode Mask” in ingresso. Se il valore del Bit-Mask del corrispondente pin vale 0 allora viene settato come input, mentre viceversa viene settato come output se il Bit-Mask corrispondente vale 1. Nel nostro caso gli 8 pin di I/O saranno settati come output. È richiesto inoltre il valore di un altro parametro di ingresso detto “Mode”, che determina il modo di interfacciamento del dispositivo che può risultare un interfacciamento parallelo, oppure del tipo “Bit-Bang-Mode”, sincrono o asincrono. Nell’ambito di questo elaborato di tesi l’UM245R è configurato con un interfacciamento del tipo “Asyncronous Bit Bang Mode”.
Ft_Write: scrive i dati sul dispositivo. Analogamente alla primitiva precedente, riceve in ingresso l’Handle generato dalla Ft_Open; attraverso il parametro di ingresso “Buffer”, che è analogo alla maschera “Bit Mode Mask”, è possibile selezionare i dati da scrivere, mentre il parametro “Bytes To Write” indica il numero di byte che vengono scritti.
Ft_Close: serve a chiudere il dispositivo e necessita del parametro diingresso Handle generato ,come precedentemente indicato, dalla primitiva Ft_Open.
precedenti primitive, in modo da poter effettuare controlli e stabilire eventuali cause di errori durante l'utilizzo, tramite il parametro Ft_status, di si riportano alcuni dei valori possibili:
FT_OK=0 (operazione eseguita con successo);
FT_INVALID_HANDLE=1 (l’indirizzo assegnato al modulo UM245R è scorretto o assente, rieseguire Ft_Open);
FT_DEVICE_NOT_FOUND=2 (il dispositivo non è stato trovato , probabilmente si sta tentando di riscrivere sul modulo dopo aver gia chiuso la comunicazione tramite la primitiva Ft_Close);
FT_DEVICE_NOT_OPENED=3 (operazione eseguita senza la corretta cronologia, cercando ad esempio di chiudere una comunicazione mai aperta);
FT_IO_ERROR=4 (probabile incoerenza tra byte inviati in”Buffer” e byte specificati in “Bytes To Write”).
3.3 Interfaccia di acquisizione: NI compact DAQ
Un sistema di acquisizione è un dispositivo hardware che consente la raccolta automatizzata delle informazioni da sorgenti di misura analogica e digitale, deve essere in grado quindi di raccogliere segnali da sorgenti di misura e digitalizzarli per poter successivamente immagazzinarli.
Il suo compito è quello di trasferire nel modo più adatto e performante i segnali esterni sul PC, in modo tale da poterli riprodurre ed elaborare. In particolare deve “catturare” il segnale analogico/digitale, proveniente da una qualsiasi sorgente, e a salvarlo in un file riconoscibile e utilizzabile dal PC, preservandone naturalmente tutte le caratteristiche.
Allo stesso modo questo dispositivo permette, nella maggior parte dei casi, il processo contrario. Una scheda di acquisizione può infatti presentare anche delle uscite controllate tramite degli appositi algoritmi, il suo impiego in questo caso specifico è relativo alla possibilità di fornire al PC i dati da esaminare, poiché collegata a quest’ultimo tramite l’interfaccia USB.
In questo modo si può creare una sorta di oscilloscopio virtuale, attraverso la scheda di acquisizione stessa ed un driver LabView opportuno, riducendo significativamente i costi e l’ingombro della strumentazione di misura.
L’hardware compactDataAcQuisition della National Instruments è un sistema modulare che permette di effettuare misure elettriche e da sensori per applicazioni da banco, con tutta la semplicità plug-and-play della tecnologia USB.
La facilità di utilizzo e il basso costo di un data logger con le prestazioni e la flessibilità della strumentazione modulare permettono a NI CompactDAQ di effettuare misure veloci ed accurate in un sistema compatto, semplice e a costi accessibili.
Le opzioni software flessibili di NI semplificano l’utilizzo di NI CompactDAQ per la registrazione dei dati per applicazioni semplici o per sviluppare un sistema
completo di controllo e di test automatizzato.
La progettazione modulare permette di misurare sino a 256 canali simultaneamente, tenendo presente ovviamente il trade-off tra il numero di segnali acquisiti e la frequenza di campionamento.
Inoltre, i convertitori analogico-digitali per modulo e i moduli isolati individualmente assicurano misure veloci, accurate e sicure.
Tutti i moduli sono automaticamente sincronizzati e un singolo sistema NI CompactDAQ può trasferire simultaneamente input analogico ad alta velocità, output analogico, input digitale e output digitale attraverso una singola connessione USB.
La scelta di questo sistema di acquisizione è stata determinata proprio da questi aspetti fin'ora evidenziati, in particolare l'impostazione modulare del sistema rispecchia la modularità del set-up sperimentale e la possibilità di aggiungere ulteriori canali risulta utile nell'eventualità di voler aumentare il numero di circuiti costituenti la rete.
3.4 Nodi della rete: implementazione del circuito di Chua
Per descrivere in maniera esaustiva l'implementazione della scheda su cui sono stati assemblati gli otto circuiti di Chua, utilizzati nella parte sperimentale di questo lavoro di tesi, risulta opportuno analizzare gli elementi principali del singolo circuito di Chua, in particolare riferendoci all'induttore ed al diodo di Chua, per poi giungere alla descrizione dell'intera scheda assemblata.
Implementazione del diodo di Chua
Il diodo di Chua utilizzato in questo lavoro di tesi è stato realizzato tramite amplificatori operazionali. Un amplificatore operazionale è un circuito elettronico che presenta in genere un ingresso differenziale ed una singola uscita:
e presenta una caratteristica di trasferimento non lineare che può essere scritta come:
v0=f (vd)=
{
−Esat se vd⩽−Esat/Av Avvd se ∣vd∣⩽−Esat/Av
Esat se vd⩾Esat/Av
dove Esat è la tensione di saturazione dell'uscita, e dipende dal particolare design
del circuito.
Tali amplificatori verranno utilizzati esclusivamente nella regione in cui
v0=Avvd , detta regione lineare. Risulta utile richiamare alcune delle peculiarità
degli amplificatori operazionali, valide all'interno delle ipotesi di idealità: alta impedenza in ingresso, bassa impedenza di uscita e elevato guadagno in tensione
Av .
L'elemento non lineare del circuito di Chua che intendiamo realizzare si comporta come un resistore asintoticamente passivo:
Supponiamo di avere l'operazionale in condizioni di funzionamento ideali, e che valgano le considerazioni fatte in precedenza: non circolando corrente nel terminale di ingresso positivo, abbiamo per tale corrente questa espressione:
i=v −v0 R1
sfruttando sempre le stesse ipotesi, è possibile affermare che anche nel terminale negativo non circola corrente, se ne ricava dunque la seguente espressione per la tensione:
v=vd+R2+R3(1+ Av)
Av(r2+R3) ∗v0
considerando l'ipotesi di guadagno elevato, e supponendo di avere R1=R2 , da queste espressioni si ricava: