UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TRIESTE
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DEI MATERIALI CHIMICA APPLICATA
ETesi di Dottorato di Ricerca Ingegneria e Scienza dei Materiali in
XIII CICLO
MATERIALI DA COSTRUZIONE,
RESTAURO E RELATIVE TECNICHE DI INDAGINE NON DISTRUTTIVE
Dottoranda: Coordinat re e relatore:
Dott. Ing. Raffaella GEOMETRANTE
! (-(
Chiar. mo rof. Sergio MERIANIes
Anno Accademico
Ringrazio il Prof. Sergio Meriani per avermi condotto nel percorso di ricerca che ha portato all'elaborazione di questa tesi. La sua guida è stata determinante per lo svolgimento del programma scientifico-sperimentale avviato con il XIII Ciclo di questo Dottorato.
Un particolare segno di gratitudine al Dipartimento di Ingegneria Civile, nelle persone dell'ing. Antonio Rizzo, dell'ing. Franco Trevisan e del Sig. Boris Zidaric, del Laboratorio Prove Materiali da Costruzione, che mi hanno seguito nella fase sperimentale di questo elaborato con grande competenze e solerzia.
Desidero, inoltre, sottolineare il valore dell'opportunità offertami dall'ing. Dario Almesberger, della SER.CO.TEC. S.r.l., di applicare le conoscenze acquisite nel corso di questo Dottorato di Ricerca ai programmi di conservazione da lui avviati.
Questa esperienza si è dimostrata estremamente importante per il conseguimento di tutte quelle informazioni tecnico-pratiche indispensabili per l'approfondimento delle metodologie di indagine non distruttive, diagnostiche e di monitoraggio.
Ringrazio, infine, la Kamen Pazin, nella persona del Sig. Piero Suran, per la fornitura di numerosi campioni di pietra d'Istria, che ha permesso al realizzazione di un'indagine sperimentale su vasta scala.
INDICE
INTRODUZIONE ____________________________________________________________________________
Pag. 1PARTE A:
MATERIALI DA COSTRUZIONE _____________________________________ .. "
5CAPITOLO l
MATERIALI DA COSTRUZIONE FIBRORINFORZATI ______________ __
1.1 Materiali a base cementizia fibrorinforzati ____________________________________ __
1.2 Calcestruzzi fibrorinforzati ______________________________________________________________ _
Il
"
"
6 7
lO
1.2.1 Matrice cementizia___________________________________________________________________ " 11 1.2. 2 Fibre _________________________________________________________________________________________ _ "1.2 .3 Interfaccia fibra-matrice ________________________________________________________ __ "
l. 3 Tecniche di produzione_____________________________________________________________________ "
1.4 Approccio ai nuovi materiali--- "
CAPITOL02
FIBRE DI POLI(VINIL ALCOOL)- PV A____________________________________________ "
2 .l Poli(Vinil Alcool)______________________________________________________________________________ "
2.1.1 Proprietà del PV A____________________________________________________________________ "
Solubili tà _________________________________________________________________________________ . "
Resistenza a trazione ______________________________________________________________ . Il 12 13 16 19
22 23 24 26 28 Aderenza ___________________________________________________________________________ ---· " 29
Estrudibilità _____________________________________________________________________________ Pag. 30 2.1.2 Produzione···-···-·---·-···---···-··---· " 30 2.1.3 Aspetti economici ... " 31 2.2 Fibre di poli(vinil alcoolL... " 33 2.2.1 Proprietà delle fibre di PV A... " 34 2.2.2 Produzione __________________________________________ ... " 37 Trafilatura ad umido ... . 11 37 Trafìlatura a secco... " 40
Trafilatura mixata " 41
2.2.3 Applicazioni ... " 41 2.2.4 Aspetti economici ... " 42
CAPITOL03
MATERIALI A BASE CEMENTIZIA RINFORZA TI CON FIBRE DI PV A
3 .1 Caratteristiche dei materiali a base cementizia rinforzati
con fibre di PVA ---····--·---
3 .1.1 Scelta delle fibre ... ..
"
11
"
3 .1.2 Prova di miscibilità... "
3.1.3 Caratterizzazione delle fibre RMH ... .. 11 43
46 46 48 48 3.2 Cracking potential o potenziale di fessurazione ... " 49 3.2.1 Procedura sperimentale ... " 50 3.2.2 Misurazione e calcolo ... " 52
3.2.3 Conclusioni " 56
3.3 Resistenza all'urto Il
3.3.1 Procedura sperimentale ... "
3.3.2 Conclusioni --- "
3.3.3 Sviluppi futuri---····--·----·---·--·----·---··-·-·---"
60 63 66 66
APPENDICE A
POTENZIALE DI FESSURAZIONE ______________________________________________________ Pag. 69
APPENDICE B
RESISTENZA ALL'URTO ______________________________________________________________________ _ Il 71
APPENDICE C
PROCEDURE DI MESCOLAMENTO FIBRE- MATRICE E
RESISTENZA ALL'URTO ______________________________________________________________________ _ Il 80
APPENDICE D
UTS- IMPACTOR ____________________________________________________________________________________ _ Il
85
PARTE B:
RESTAURO E RELATIVE TECNICHE DI INDAGINE
NON DISTRUTTIVE
IlCAPITOL04
IL PROGETTO DIAGNOSTICO--- Il 4.1 Indagini diagnostiche non distruttive_______________________________________________ "
4.1.1 Indagine termografica______________________________________________________________ "
4.1.2 Indagine ultrasonica_________________________________________________________________ "
4.1.3 Indagine sonica ________________________________________________________________________ "
4.1.4 Indagine rnagnetornetrica________________________________________________________ "
4.2 Analisi strutturale Il
90
91 93 94 99 101 103 105
4.2.1 Indagine endoscopica______________________________________________________________ " l 06 4.2.2 Martinetti piatti________________________________________________________________________ " l 08
CAPITOLO 5
CANTIERI DIAGNOSTICI E DI MONITORAGGIO ________________________ Pag. 110 5.1 Torre dell'orologio in piazza San Marco- Venezia _______________________ " 111 5.2 Chiesa della Santissima Annunziata- Trento _________________________________ " 112 5.3 Basilica di Santa Maria di Collemaggio- L'Aquila _______________________ " 114 5.4 Business Centre Unis- Sarajevo______________________________________________________ " 115 5.5 Santuario di Nostra Signora delle Grazie- Imperia _______________________ " 117
CAPITOL06
SPERIMENTAZIONE DI LABORATORIO:
CARATTERIZZAZIONE DI ELEMENTI LAPIDE! CON ANALISI U L TRASONICHE NON DISTRUTTIVE_______________________________________________ "
6.1 Principi del metodo--- "
6.2 Caratterizzazione della pietra d'Istria______________________________________________ "
6.2.1 Procedura sperimentale--- "
6.2.2 Caratterizzazione fisico-meccanica ______________________________________ __ "
6.2.3 Caratterizzazione ultrasonica _________________________________________________ _ "
6.2.4 Risultati "
6.2.5 Conclusioni "
119 120 122 124 124 127 130 133
BIBLIOGRAFIA_______________________________________________________________________________ " 13 6
Introduzione
La n cerca per l'edilizia ha sempre avuto sviluppi difficili e controversi, specialmente per quella ancora distante da immediate applicazioni produttive e commerciali; tuttavia esiste una tendenza verso studi rivolti alla caratterizzazione e al comportamento dei materiali. Nel campo dei nuovi materiali e delle possibili mescolanze tra materiali diversi in uno stesso elemento, la ricerca sembra essersi rapidamente spostata da un puro studio di miglioramento delle prestazioni di tipo meccanico o dell'estensione dell'affidabilità, a concetti di prodotto tendenti ad offrirsi come semi-componenti e componenti edilizi, o come manufatti evoluti.
Le soluzioni composite sono sempre esistite in edilizia in una vasta ricchezza di casi; vi è quindi una predisposizione degli operatori ad accettare formule e sequenze operative diverse per la costruzione di parti rilevanti degli edifici. In questo senso, con i materiali compositi si amplia prevalentemente il mercato dei possibili utenti della moderna tecnologia, estendendo la possibilità di scelta, anche migliorativa, rispetto alle prestazioni mediamente offerte dai materiali tradizionali.
Dagli anni '70 fino ad oggi si sono aperte fondamentalmente due strade per migliorare le prestazioni dei componenti cementizi: l'impiego di fibre di rinforzo e l'impregnazione con polimeri organici. In Italia stanno riscuotendo particolare interesse i calcestruzzi e le malte fibrorinforzati in quanto l'esperienza finora acquisita ha già dimostrato il contributo del rinforzo fibroso in funzione del tipo di composito cementizio.
Tra gli sviluppi futuri delle fibre e del relativo composito sono ipotizzabili i seguenti affinamenti: nuovi tipi di fibre polimeriche con caratteristiche
modificate; variazione della geometria e della morfologia delle fibre; trattamenti superficiali; messa a punto di miscele contenenti fibre e additivi di lavorazione;
sviluppo di nuove tecniche di produzione dei manufatti.
Particolarmente interessante risulta essere l 'utilizzazione delle fibre quale rinforzo di materiali cementizi. Infatti, la necessità di studiare e sperimentare innovativi materiali fibrorinforzati per l'edilizia nasce da richieste del mercato edile ben precise e sempre più insistenti, mirate al superamento del vincolo del peso e al conseguimento di livelli prestazionali sempre più elevati tali da consentire, a progettisti e produttori di manufatti, la realizzazione di soluzioni sempre più innovative e funzionali.
Non va, inoltre, dimenticato che da quando l'asbesto è stato bandito dal mercato (1992), la necessità di trovare una tecnologia alternativa ad un prodotto così ampiamente utilizzato ha ulteriormente incentivato la ricerca verso un materiale fibroso alternativo, atossico e non nocivo per la salute dell'uomo.
Alla luce di queste considerazione e richieste specifiche, il Dottorato di Ricerca di in Ingegneria e Scienza dei Materiali del XIII ciclo è stato intrapreso con l'esplicito obiettivo di acquisire una conoscenza approfondita ed aggiornata delle problematiche relative ai materiali a base cementizia fibrorinforzati.
Questo lavoro va ad inserirsi all'interno di un contesto sperimentale m cm fortissima è la necessità di definire, quanto prima, le linee guide di riferimento per la produzione, l'applicazione e l'utilizzo di malte e calcestruzzi fibrorinforzati.
Infatti, tutta la catena produttiva che va dal confezionatore dei premiscelati all 'utilizzatore finale deve essere ripensata ed adeguata alle nuove esigenze.
Vista la vastità dell'argomento, è stato inizialmente indispensabile intraprendere un'estesa ricerca bibliografica che ha permesso di delineare un preciso e dettagliato stato dell'arte dei materiali fibrorinforzati a base cementizia.
Quindi, si è focalizzata l'attenzione sulle fibre polimeriche e fra queste hanno suscitato il maggior interesse quelle in PV A - Poli(Vinil Alcool). Ci si è orientati
questo tipo di fibre, sono stati decisamente incoraggianti, ancorché i margini di miglioramento risultino notevoli.
Infatti, i materiali cementizi rinforzati con fibre di PV A potrebbero potenzialmente costituire un'alternativa alla tecnologia che faceva uso di fibre di asbesto, dal momento che garantiscono non solo un prodotto atossico e non nocivo per la salute dell'uomo ma anche un comportamento meccanico potenzialmente buono.
Durante lo svolgimento di questa ricerca, non ci si è dedicati esclusivamente alla caratterizzazione e alla sperimentazione dei materiali cementizi fibrorinforzati ma, parallelamente, sì è deciso di affrontare il problema della durabilità di tali prodotti; infatti, si è ritenuto limitato uno studio, seppur approfondito, di tutti quegli aspetti precedenti alla messa in opera di un materiale, senza valutare poi il degrado a cui queste applicazioni potrebbero andare incontro.
Questi materiali, sia che vengano utilizzati per il miglioramento prestazionale di nuove opere (ad esempio pavimentazioni industriali, intonaci, shotcrete etc.) sia che vengano impiegati in ripristini o restauri di strutture degradate, saranno comunque soggetti ad un deterioramento che deve essere conosciuto e controllabile. Se poi, come nel secondo caso, servono a ripristinare una situazione di per sé già ammalorata, allora, la conoscenza delle cause e dello sviluppo del degrado presente sulla struttura preesistente diventa essenziale per un appropriato intervento.
Infatti, si deve tenere nella giusta considerazione un'applicazione dei materiali fibrorinforzati che sta riscuotendo un successo sempre crescente: si tratta del recupero, ripristino e restauro non solo di costruzioni in calcestruzzo armato e storicamente recenti, ma anche di monumenti ed edifici storici che, sottoposti ad agenti atmosferici aggressivi, eventi sismici disastrosi o semplicemente a cambiamenti d'uso, necessitano di un intervento duraturo, che non appesantisca la struttura e che non ne trasformi irrimediabilmente la natura e la filosofia costruttiva originaria.
Per monitorare correttamente una situazione di degrado e condurre un'indagine diagnostica accurata è indispensabile una conoscenza adeguata dell'applicabilità delle tecniche non distruttive e delle informazioni che da queste si possono ottenere. D'altra parte, una corretta applicazione della metodologia del restauro presuppone una adeguata conoscenza, preliminare al progetto di intervento, dei dati materiali e storici che connotano e denotano la specificità culturale conservativa del manufatto oggetto dell'intervento.
Da qui è nata l'esigenza di approfondire tale argomento avviando una complessa indagine sperimentale condotta presso i laboratori dei Dipartimenti di Ingegneria dei Materiali e Chimica Applicata e di Ingegneria Civile dell'Università di Trieste. In questa fase, si è verificato l'utilizzo, l'applicabilità e l'efficacia di alcune delle più importanti tecniche di indagine non distruttive attualmente impiegate nell'ingegneria civile. Inoltre, si è voluto verificare le potenzialità di queste tecniche quale metodo per la caratterizzazione dei diversi materiali da costruzione. Vista l'importanza rivestita dalla pietra d'Istria nello sviluppo architettonico del nord est italiano, ed in particolare della repubblica di Venezia, un'accurata indagine è stata avviata proprio su questo materiale.
Parallelamente sono state effettuate una serie di campagne diagnostiche realizzate in vari cantieri italiani e non (vedi allegato) che hanno permesso di verificare sul campo l'efficacia di questo tipo di prove.
I risultati raccolti ed elaborati in questi tre anni sono riportati in questa tesi di Dottorato di Ricerca.
PARTE A:
MATERIALI DA COSTRUZIONE
Capitolo l
Materiali da costruzione fibrorinforzati
L 'impiego delle fibre in edilizia risale ai tempi più antichi; nel corso dei secoli, fibre naturali organiche vennero spesso utilizzate per rinforzare quei materiali che risultavano estremamente deboli agli sforzi di trazione rispetto a quelli di compressiOne.
Probabilmente il testo più antico in cui viene citato per la prima volta un materiale composito di questo tipo, ovvero mattoni di argilla rinforzati con paglia, è l'Esodo. Più precisamente nel capitolo dedicato all'istruzione ai capi dei lavori forzati 5: 6-7 viene riportato:
" In quel giorno il faraone diede questi ordini ai sorveglianti del popolo e ai suoi scribi:
«Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevate
Circa nello stesso periodo, approssimativamente 3500 anni fa, mattoni cotti al sole rinforzati con fibre di paglia venivano utilizzati per costruire la collina alta 57 m di "Aqar Quf' (attuale Baghdad) [1].
Per arrivare ad uno sfruttamento massivo dei materiali compositi fibrorinforzati, si deve però attendere l'introduzione, a livello industriale, del cemento Portland. Lo sviluppo, poi, del processo Hatschek1, diede il via alla produzione di quello che sarebbe diventato uno dei più importanti e dibattuti materiali compositi dell'era moderna: il cemento-amianto.
Nel corso dei decenni, nuovi tipi di fibre sono stati introdotti come rinforzo di un gran numero di materiali diversi (epossidici, plastici e ceramici) [2] e grosso interesse è stato catalizzato da nuove combinazioni fibra-matrice.
1.1 Materiali a base cementizia fibrorinforzati
I materiali a base cementizia non rinforzati sono caratterizzati da una bassa resistenza e deformabilità se sottoposti a uno sforzo di trazione ovvero hanno un comportamento di tipo fragile. Quindi, prima di essere utilizzati come materiale da costruzione, necessitano di un rinforzo che tipicamente consiste in barre di acciaio che aumentano la capacità del calcestruzzo di sopportare carichi di diverso tipo (trazione, taglio).
Le fibre possono costituire un ottimo rinforzo secondario, se non propno sostituire, in casi particolari, il ferro d'armatura.
1 "Metodo Hatschek": processo produttivo di laminati che si basa sul fenomeno di filtrazione: le fibre vengono mescolate al cemento in una sospensione relativamente diluita che, posta in un'apposita macchina, crea uno strato sottile continuo di materiale per i cicli di lavorazione successiva (formatura, rollatura, etc.). In questo processo l 'amianto ha avuto un ruolo determinante per la formazione della lamina cemento-amianto, grazie alla sua capacità di depositarsi sulla rete
Storicamente occorre distinguere l'evoluzione delle fibre come rinforzo del calcestruzzo in due periodi: il primo è antecedente al 1960 e corrisponde a una lenta fase di esplorazione in cui è quasi totalmente assente l'aspetto applicativo, almeno a livello industriale; il secondo periodo, dal 1960 in poi, è caratterizzato da una sviluppo parallelo dell'incremento delle applicazioni, con l'introduzione sul mercato di molteplici tipologie di fibre: da quelle di acciaio (dritte, piegate, deformate a gancio o con estremità ingrossate), a quelle di vetro, organiche, minerali (legno, agave, juta, bambù, cotone, amianto) e sintetiche (polipropilene lisce, ritorte, fibrillate; nylon; kevlar; poliestere).
Le proprietà, l'efficacia nonché il costo di queste fibre variano considerevolmente da tipo a tipo. Alcune delle fibre più comuni e le loro principali proprietà sono riportate nella tabella l [3].
Il calcestruzzo fibrorinforzato (FRC - Fibre Reinforced Concrete), oltre agli ingredienti usualmente impiegati - quali cemento, acqua, inerti e eventuali additivi - contiene elementi di rinforzo sotto forma di fibre, che conferiscono ai materiali stessi significative proprietà riguardanti sia l 'aspetto meccanico, legato a concetti di duttilità, distribuzione delle tensioni e energia di frattura del materiale fibrorinforzato, che la durabilità, strettamente connessa alla riduzione delle fessurazioni indotte nei manufatti durante la fase plastica per evaporazione e migrazione dell'acqua d'impasto. Naturalmente l'efficacia delle fibre come rinforzo della matrice cementizia dipende dalla quantità con cui sono state impiegate e dalla loro distribuzione all'interno della miscela; questi due parametri, a loro volta, sono correlati alle dimensioni massime delle particelle che compongono la matrice: diverse, infatti, saranno le quantità di fibre introdotte e il loro orientamento, a seconda che la matrice sia una pasta di cemento, una malta o un calcestruzzo.
TIPO MOD. RES.A ALLUNG.
DI FIBRA DIAM. DENS. E LAS T. TRAZ. AROTT.
[~m] [g/cm3] [GPa] [MPa] [%]
amianto crisotilo 0,02-0,4 2,60 160 3200 2-3
vetro AR 8-15 2,78 70-80 2400 2
carbonio 12-20 1,60 40 600-800 2-2,4
da ece
carbonio 7 l ,77 240 4000 0,5-1
daPAN
PP fibrillato 60-80 0,93 14 550 8
PE 5-100 0,95 15-30 700-2600 10
PVA 14-400 1,30 35-45 1600-1900 3,5-6
PAN 16-100 l, 18 13-17 400-1000 6-11
cellulosa 20-120 1,50 4-70 500-900
acciaiO l 00-500 7,84 200 500-2000 0,5-3,5
matrice 2,50 10-45 3,7 0,02
cementizia
Tab. l - Principali proprietà di alcuni tipi di fibre utilizzati nei calcestruzzi
Il rinforzo fibroso risulta migliore delle barre di acciaiO nelle seguenti applicazioni:
negli elementi m fogli sottili, nei quali le armature ordinarie non possono essere impiegate e le fibre costituiscono, pertanto il rinforzo primario;
- in componenti strutturali soggetti a stati locali di sollecitazione o deformazione particolarmente elevati, come opere in galleria, strutture a prova di esplosione, pali prefabbricati da infiggere nel terreno con magli: casi in cui se ci fosse la tradizionale armatura, le vibrazioni causerebbero cricche e fratture nel conglomerato;
in elementi strutturali ove le fibre vengono addizionate per controllarne la fessurazione dovuta al ritiro in fase plastica o a variazione di temperatura, come nelle piastre o nelle pavimentazioni; per questi scopi le fibre hanno un ruolo di rinforzo strutturale secondario (fibre di processo).
Nelle ultime due realizzazioni, le fibre non sono introdotte con lo scopo di elevare la resistenza del composito, anche se talvolta un modesto beneficio può manifestarsi; il loro ruolo, oltre a ritardare e a contenere lo stato fessurativo, è quello di provocare un'alterazione del comportamento del composito in fase fessurata; le fibre, infatti, portano un incremento della tenacità alla frattura (intesa come lavoro di deformazione per giungere alla rottura del materiale), di duttilità strutturale (resistenza alla fatica, assorbimento dell'energia d'urto, maggiore capacità di mantenimento dei carichi anche dopo la formazione di fessure) e di durabilità del manufatto (contenimento della fessurazione da ritiro in fase plastica).
Tuttavia il rinforzo fibroso non sostituisce il rinforzo tradizionale: le fibre e le barre d'acciaio esercitano funzioni diverse nella moderna tecnologia del calcestruzzo e vi sono diverse applicazioni strutturali nelle quali, sia le fibre che le barre continue dovrebbero essere impiegate contemporaneamente [3].
1.2 Calcestruzzi fibrorinforzati
Le proprietà dei materiali cementizi fibrorinforzati dipendono dalla struttura del composito stesso che è costituita da:
l. matrice cementizia 2. fibra
3. interfaccia fibra-matrice
1.2.1 Matrice cementizia
A seconda dell'inerte contenuto, si possono distinguere tre tipi di matrice cementizia: la pasta che è costituita da cemento e acqua, la malta da cemento, acqua e sabbia, il calcestruzzo da una malta a cui viene aggiunto dell'aggregato grossolano.
Le malte o le paste di cemento fibrorinforzate vengono generalmente utilizzate sotto forma di fogli sottili principalmente per rivestimenti. In queste applicazioni le fibre agiscono da rinforzo primario e il loro contenuto varia tra il 5 e il 20% in volume.
Nei calcestruzzi fibrorinforzati, il contenuto delle fibre è decisamente inferiore ( <2% in volume) e le fibre agiscono come rinforzo secondario, principalmente per limitare le fessurazioni.
Le dimensioni massime dell'inerte impiegato per la composizione della matrice cementizia devono essere correlate alla caratteristiche dell'armatura fibrosa utilizzata, al fine di ottenere una distribuzione uniforme delle stesse. Naturalmente il dosaggio minimo di cemento dove essere fissato in relazione alla dimensione dell'aggregato che non dove comunque superare di 0,5 volte la lunghezza della fibra e di 113 la dimensione massima dell'elemento; è quindi necessario un equilibrio fra il diametro degli inerti e la lunghezza delle fibre in quanto gli inerti di eccessiva dimensione possono ridurre il contributo delle fibre stesse.
Il contenuto dell'acqua di impasto, a causa dell'assorbimento, varia a seconda del tipo e la natura delle fibre: l'esperienza suggerisce rapporti acqua/cemento (a/c) variabili da 0,4 a 0,6 con il contenuto di cemento da 250 a 430 kg/m3, necessari per rivestire la superficie delle fibre.
Gli additivi superfluidificanti consentono di migliorare la lavorabilità pur riducendo il rapporto a/c, mentre si posso utilizzare pozzolane per ridurre il contenuto di cemento, aumentare la lavorabilità e migliorare le proprietà del materiale indurito a lungo termine; alcune ricerche hanno dimostrato risultati
ottimali ottenuti per sostituzione del 25-35% di cemento con cenere volante.
1.2.2 Fibre
Le dimensioni delle fibre costituenti l'armatura fibrosa e la loro quantità ottimale devono essere scelte in relazione alle caratteristiche e alle finalità d'impiego del conglomerato cementizio fibroso. In questa scelta deve essere tenuta in considerazione anche la forma delle fibre e la loro dispersione nella matrice. Per una loro distribuzione uniforme nelle tre dimensioni è opportuno adottare fibre con lunghezza inferiore a 15 mm per malte, intonaci e spritz-beton2 e superiore ai 15 mm per i calcestruzzi ordinari; la quantità ottimale di fibre da introdurre nella matrice cementizia dipende anche dalla distribuzione granulometrica degli aggregati, dal rapporto aie, dal rapporto lunghezza!diametro (1/d) delle fibre e dalla lunghezza delle fibre stesse.
Le fibre con lunghezza compresa tra 0,2 e 8 cm e dimensioni trasversali pari circa a l/l 00 della lunghezza, si oppongono al propagarsi delle mi ero fratture che si formano nella massa del conglomerato sottoposto a stati tensionali. Questa proprietà porterebbe a una maggiore capacità di assorbire energia di deformazione e quindi a una più elevata tenacità, una maggiore resistenza all'intaglio, una fessurazione visibile ritardata, una migliore resistenza alla fatica3 per elevato numero di cicli e un meno rapido deterioramento per un basso numero di cicli;
2 Denominazione in lingua tedesca, divenuta d'usuale impiego per il calcestruzzo proiettato: si tratta di un conglomerato cementizio messo in opera per proiezione mediante getto di aria compressa, che lancia con forza la malta cementizia contro la parete da rivestire, in modo da farvela aderire e evitare l'impiego di casseforme.
3 Se una struttura in calcestruzzo viene sottoposta a milioni di compressioni ripetute, la sua resistenza a compressione diminuisce a causa della microfessurazione. Tale resistenza a carichi ripetuti del calcestruzzo e il suo limite di fatica (o di durata), dipendono dal numero di cicli di carico e dal rapporto fra la tensione minima e quella massima in un ciclo. La conoscenza del limite
inoltre l 'uniforme dispersione delle fibre nel conglomerato conferisce una certa isotropia di resistenza che non si registra nel calcestruzzo armato. Alcune applicazioni del conglomerato fibroso si sono avute pertanto per elementi strutturali sottoposti ad urti (es. pavimentazione di aeroporti), a shock termici e a fatica.
1.2.3 Interfaccia fibra-matrice
Nel conglomerato fibrorinforzato, il collegamento tra fibra e matrice avviene per aderenza, come per il calcestruzzo armato. Dal punto di vista macroscopico, l'aderenza appare come una resistenza allo sfilamento: il parametro che la rappresenta nel modello di calcolo è la tensione tangenziale, detta appunto aderenza, che si deduce da una prova di sfilamento e che si ipotizza distribuita uniformemente sull'interfaccia barra-cis o fibra-cis. La valutazione dell'adesione fra matrice e fibra di rinforzo è di importanza fondamentale nello studio delle caratteristiche meccaniche dei materiali compositi; in particolare la perfezione e la continuità dell 'interfaccia fibra-matrice condizionano la resistenza del compositoi, tanto da rendere questa zona, un'area critica.
Il trasferimento alle fibre di una parte conveniente del canco applicato al composito è possibile solamente se tra i componenti esiste una perfetta aderenza;
è evidente come i fenomeni che intervengono all'interfaccia, dove si stabiliscono i legami fra fibra e matrice, sono fondamentali per valutare le possibilità applicative del composito. E' importante quindi la conoscenza della stato superficiale delle fibre impiegate: sotto carico, infatti, in corrispondenza di difetti superficiali quali microfessure, bruschi cambiamenti di sezione o altre discontinuità, si possano innescare cedimenti prematuri conseguenti ad accumuli localizzati di tensioni.
Affinché tra i componenti del compositi si sviluppi una buona aderenza, occorre anzitutto che la matrice bagni perfettamente la superficie delle fibre, anche se
particolarmente dannose possono essere le alterazioni superficiali che inevitabilmente si producono portando le fibre a contatto della matrice. La superficie delle fibre può infatti corrugarsi fortemente, rendendo così possibili ulteriori accumuli localizzati di tensione, tali da abbassare e talora compromettere le caratteristiche ultime di resistenza del composito.
E' importante evidenziare che la presenza di superfici interfacciali poco resistenti rafforza il composito in quanto ne aumenta il lavoro di frattura, rendendolo più tenace. Generalmente l'aggiunta di quantità di fibre anche piccole nei compositi più diffusi, aumenta la resistenza e la tenacità del calcestruzzo proprio perché le fessure vengono arrestate o deviate dalla presenza delle fibre stesse.
Infatti, considerando una fessura presente in un materiale e una superficie di interfaccia a circa 90° rispetto alla direzione di avanzamento della fessura, si può ipotizzare che in prossimità dell'apice della fessura si avranno sforzi di trazione non solo in direzione ortogonale alla fessura stessa ma anche parallelamente ad essa (questi ultimi sono minori ai precedenti e il loro rapporto è di circa l: 5).
Quando la fessura raggiunge l'interfaccia possono presentarsi due casi: se la resistenza a trazione dell 'interfaccia è superiore a 115 della resistenza del materiale circostante, l'interfaccia non cede e il materiale si comporta come un ordinario solido fragile; se invece, come avviene nella maggior parte dei compositi, la resistenza dell 'interfaccia è inferiore a 115 di quella del materiale circostante, l'interfaccia cede; la fessura non può continuare a avanzare nella direzione iniziale e viene deviata nella direzione trasversale.
Tale meccanismo è noto come "meccanismo Cook-Gordon" e quando si verifica si ha uno sfilamento delle fibre dalla matrice.
o o o
o o
Fig. l -Meccanismo "Cook-Gordon"
I materiali compositi cementizi sono caratterizzati da una zona di transizione in prossimità delle fibre in cui la microstruttura della matrice è considerevolmente diversa da quella presente al di fuori dell'interfaccia. La natura e la dimensione di tale zona di transizione dipendono dal tipo di fibra, dalla tecnologia di produzione utilizzata e dalla particolare natura della matrice. Quest'ultima è principalmente costituita da particelle colloidali di C-S-H (silicati di calcio idrati) e cristalli di CH (idrossido di calcio) formatesi a seguito della reazione di idratazione delle particelle di cemento, il cui diametro varia in un intervallo compreso tra l e l 00
).!ID (il valore medio è pari a ~lO)lm). In realtà, tra i due prodotti della reazione di idratazione, solo C-S-H è determinante per l'indurimento, mentre la calce contribuisce in modo trascurabile a questo processo. Il C-S-H, ancorché si presenti in forme particellari diverse, è di natura prevalentemente fibrosa. Con il progredire della reazione di idratazione, le fibre di C-S-H tendono a intrecciarsi fra loro in maniera sempre più fitta; è a questo punto che inizia l'irrigidimento del sistema.
Nella zona di transizione non si sviluppa la densa microstruttura tipica della matrice, caratterizzata dall'intreccio delle fibre di C-S-H. Al suo interno si trova,
invece, una notevole quantità di cristalli di CH, che tendono a depositarsi in ampie cavità derivanti da spazi in cui si era precedentemente accumulata dell'acqua.
Questo fenomeno avviene essenzialmente per due motivi:
l. bleedinl e intrappolamento d'acqua in prossimità delle inclusioni di rinforzo;
2. impacchettamento insufficiente dei grani di cemento di -l Of.lm nella zona compresa tra i 20 e i 40 f.lm intorno alla superficie delle fibre.
La scarsa presenza degli intrecci delle fibre dei C-S-H nella zona di transizione ne determina la sua debolezza.
1.3 Tecniche di produzione
Innovative tecniche di produzione sono state sviluppate, incentivate dallo sviluppo di nuove fibre e di nuove applicazione. Infatti, per produrre un materiale fibrorinforzato a base cementizia, le tecniche di produzione devono essere adeguate alle caratteristiche della matrice e a quelle della particolare rinforzo fibroso.
La geometria della fibra risulta essere un fattore decisamente rilevante: in generale, fibre lunghe con diametro piccolo sono più efficaci nel FRC indurito ma nello stesso tempo creano notevoli disagi durante l'impasto del calcestruzzo fresco.
Per superare queste difficoltà, sono stati adottati una serie di accorgimenti:
modificazione della geometria delle fibre così da incrementare l'aderenza con la matrice senza aumentarne la lunghezza (fibre uncinate, deformate o reti fibrillate);
trattamento chimico della superficie della fibra per migliorame la dispersione nella matrice;
modificazione delle proprietà reologiche della matrice attraverso l'utilizzo di additivi chimici {principalmente superfluidificanti) e minerali (come fumo di silice e ceneri volanti);
utilizzo di speciali tecniche di produzione per assicurare la dispersione di quantità sufficientemente grandi di fibre all'interno della matrice.
Le tecniche di produzione attualmente disponibili sono:
premiscelazione (premix process): le fibre vengono unite alla matrice in un miscelatore e sono trattate come un semplice ingrediente aggiunto al cemento.
Poiché le fibre riducono la lavorabilità, possono essere utilizzate in bassa percentuale;
spruzzo (spray-up process): è una tecnica utilizzata soprattutto nel caso di compositi cementizi con fibre di vetro, le quali, unite a un impasto liquido di cemento, vengono spruzzate sulla superficie da proteggere per la realizzazione di spessori sottili. Tale metodo consente di incorporare una percentuale maggiore di fibre (fino al 6%);
gunitaggio (shotcretiniJ: apportando una modifica alle tecniche di gunitaggio tradizionale, è stato possibile produrre una tipologia di fibre d'acciaio adatta per rivestimenti di gallerie. Anche con questo metodo può essere aggiunto alla matrice un volume di fibre abbastanza elevato;
tecnica di riduzione (pulp type process): nel cemento-amianto le fibre erano disperse in una pasta liquida, che veniva privata dell'acqua per produrre elementi di piccolo spessore; tale processo necessitava di un contenuto di fibre
4 Dall'inglese to bleed che significa essudare. E' un fenomeno che a causa della diversa massa volumica delle particelle solide e dell'acqua, porta all'accumulo di acqua sulla superficie oppure,
~ll'interno del composito stesso, in prossimità del materiale di rinforzo
' Il termine shotcrete è stato introdotto all'inizio degli anni '30 daii'American Railway Engineering Association ed è stato poi adottato nel 1951 dall'ACI per indicare il processo di gunitaggio.
pari al 9-20% del volume;
posa in opera manuale (hand lay up): con questo metodo vengono collocati negli stampi strati di fibre sotto forma di reti, impregnati con un impasto liquido e quindi vibrati o compressi; si ottiene così un materiale denso e con elevato contenuto di fibre;
produzione continua (continuous production process): le fibre sono impregnate con un impasto cementizio fluido, immergendole in un bagno di cemento con un processo continuo. Le fibre impregnate possono essere inserite nella quantità desiderata fino a una percentuale del 15%.
Sono state, inoltre, sviluppate specifiche tecniche per la realizzazione dei manufatti con armatura fibrosa orientata: a questo proposito è possibile distinguere le tecniche basate sull'impiego di fibre continue e quelle che, invece, si basano su li' orientamento di fibre corte inizialmente randomizzate. Tra le prime, adatte soprattutto per l'impiego con fibre di vetro, va ricordato il metodo ad avvolgimento e quello ad impregnazione; fra le seconde, i sistemi basati sulla vibrazione orientata e i sistemi di orientamento elettromagnetico.
La posa in opera del conglomerato cementizio fibroso viene eseguita come per il conglomerato cementizio semplice, anche se è consigliabile impiegare vibratori esterni, impasti di maggiore fluidità e limitare la durata di un'eventuale vibrazione per non creare fenomeni di separazione o concentrazione dell'armatura fibrosa;
per evitare il ricorso a rapporti a/c troppo elevati, è possibile ottenere qualche vantaggio dall'utilizzo dei superfluidificanti.
n
metodo di stagionatura più diffuso è il processo in autoclave, ampiamente utilizzato in Australia e in USA, e sviluppatosi solo recentemente in Europa soprattutto per la produzione di tubi in pressione. Nei processi in autoclave, dopo un'iniziale prestagionatura in aria, il prodotto viene conservato per circa 8 ore inun tempo relativamente breve rispetto ai manufatti stagionati all'aria che richiedono un numero maggiore di ore di maturazione.
1.4 Approccio ai nuovi materiali
La riconosciuta pericolosità derivante dall'inalazione delle fibre di amianto ha recentemente indotto a ricercare idonei sostituti per questo materiale, tali da permettere l 'utilizzabilità nei medesimi impianti di produzione con prodotti finali con caratteristiche tecniche comparabili a quelle derivanti dali 'utilizzo d eli' asbesto. Importanti studi condotti al fine verificare l 'utilizzabilità di altre fibre quali rinforzo dei materiali cementizi, hanno portato all'individuazione di numerosi materiali alternativi, inorganici e organici, naturali e artificiali (fig. 2).
Deve essere comunque sottolineato che l'amianto, quale rinforzo di matrici cementizie, rivela avere caratteristiche uniche; la presenza contemporanea di proprietà quali resistenza chimica, peso leggero, resistenza termica, alto potere isolante e basso costo è difficilmente riscontrabile in altri materiali.
Un potenziale materiale alternativo all'amianto deve prevedere la compatibilità con le tecnologie di produzione in uso (es. metodo Hatschek) e possibilmente resistere al trattamento di autoclavatura, qualora fosse necessario. E' fondamentale, poi, una buona compatibilità con il cemento e una giusta ritenzione delle particelle fini. Infine la possibilità di sostituzione deve essere verificata non solo dall'esame tecnico, ma anche in base alle caratteristiche di compatibilità ambientale sanitaria che ne accertino l 'innocuità del sostituto o quantomeno una sensibile riduzione della pericolosità, soprattutto nei riguardi del potere cancerogeno: la medicina infatti stabilisce che qualsiasi fibra con lunghezza superiore ai 5 f..Lm ed un diametro inferiore ai 3 f..Lm potrebbe essere in grado di
generare formazioni tumorali se dotato di lunga durabilità e, di conseguenza, di un tempo di permanenza nel polmone sufficientemente lungo.
FIBRE
NATURALI ARTIFICIALI
INORGANICHE ORGANICHE INORGANICHE ORGANICHE
amianto cotone vetro nylon
sepiolite lana roccta rayon
wollastonite juta sco n a poliacrilonitrile
lino basalto p o li vini l al co o l
canapa ceramiche aramidiche
si sal carbonio polietilene
silicato di calcio polipropilene carburo di silicio
Fig. 2 - Differenti tipi di fibre industriali
D'altra parte le fibre alternative presentano un notevole vantaggio rispetto all'amianto, in quanto sono disponibili in lunghezze e diametri definiti. Esse possono essere lineari o variamente piegate, con eventuali fibrillature e sezioni circolari costanti o variabili, oppure si presentano come filamenti continui e, di conseguenza, possiedono teoricamente le caratteristiche fisiche di base essenziali per fornire un'adeguata azione di rinforzo alla matrice cementizia.
Attualmente, i gruppi di ricerca che stanno lavorando in questo settore, si sono impegnati nella sperimentazione di diversi tipi di fibre, da impiegare in applicazioni specifiche a seconda delle caratteristiche dei materiali utilizzati.
Infatti, non è pensabile che un'unica fibra posso sostituire ogni tipologia di prodotto che poteva essere ottenuto con l'impiego dell'amianto. Quindi, in futuro, si tenderà a differenziare la sostituzione in funzione del singolo prodotto.
Chiaramente, la scelta del tipo di fibra adatta alla specifica applicazione presenta aspetti ancora aperti a soluzioni innovative.
Proprio in questo contesto di sempre crescente interesse verso i rinforzi fibrosi di materiali compositi, deve essere inquadrata la prima parte di questa tesi, che, in particolare, è stata dedicata allo studio e alla sperimentazione di materiali costituiti da leganti idraulici a base cementizia rinforzati con fibre di poli(vinil alcool) PV A.
Capitolo 2
Fibre di Poli(Vinil Alcool)- PVA
Da quando l'asbesto è stato bandito dal mercato ( 1992 ), la necessità di trovare una tecnologia alternativa ad un prodotto così ampiamente utilizzato, ha fortemente incentivato la ricerca verso un materiale fibroso alternativo, atossico e non nocivo per la salute dell'uomo con buone caratteristiche meccaniche.
Fra le possibili alternative al cemento-amianto per la produzione di lastre ondulate, di copertura e compositi cementizi sottili, i materiali cementizi rinforzati con fibre di PVA (fig. l) hanno riscontrato un ampio consenso in Europa.[3]
Le caratteristiche peculiari di questo tipo di fibra che ne stanno garantendo un sempre maggior successo sono strettamente collegate alle proprietà chimico- fisiche del polimero da cui deriva.
Fig. l - Fibre di PV A
2.1 Poli(Vinil Alcool)
Scoperto nel 1924 da due scienziati tedeschi, W. O. Herrmann e W. Haehnel, il poli(vinil alcool) PVA venne introdotto a livello commerciale negli Stati Uniti solo nell939.
Il poli(vinil alcool) è un polimero poliidrossile e, conseguentemente, è idrosolubile, proprietà che difficilmente si riscontra nei polimeri ad alto peso molecolare commercialmente in distribuzione (in granuli o in polvere).
Viene prodotto per idrolisi del poli(vinil acetato) e sul mercato esistono diversi tipi di PVA che possono derivare da una completa idrolizzazione del polimero di partenza o possono contenere prodotti residui costituiti da gruppi acetati non
idrolizzati. Le proprietà della resina dipendono dal peso molecolare del poli(vinil acetato) di partenza e dal grado di idrolisi.
L'ampia gamma delle proprietà chimiche e fisiche offerte dalle resine di PVA ha portato ad un loro estensivo utilizzo a livello industriale. Infatti, queste presentano ottime caratteristiche adesive ed elevata resistenza a solventi, olio e grasso;
possono essere utilizzate per la realizzazione di film con elevata resistenza a tensione e all'abrasione; inoltre, il PVA, più di qualsiasi altro polimero, può fungere da barriera all'ossigeno purché adeguatamente protetto dall'umidità, la quale aumenta enormemente le velocità di trasmissione dei gas attraverso il PV A stesso. Il poli(vinil alcool) contribuisce anche all'emulsione e alla stabilizzazione delle dispersioni colloidali.
Negli Stati Uniti, il PVA viene prevalentemente utilizzato nell'apprettatura di materiali tessili e cartacei, per adesivi e come emulsionante nelle polimerizzazioni. Significative quantità vengono anche impiegate nell'edilizia, per la produzione di film idrosolubili per sacchi da lavanderia in uso negli ospedali, come emulsionanti nei cosmetici, come film per la protezione temporanea di superfici lucidate e come legante nel terreno per controllare l'erosione.
Fuori dagli Stati Uniti , il PV A viene anche impiegato come fibra tessile, sebbene questa applicazione implichi un trattamento specifico per limitare la solubilità in acqua. Le fibre di poli(vinil alcool) vengono prodotte in Giappone e nella Repubblica Popolare Cinese.
2.1.1 Proprietà del PV A
Le proprietà fisiche del PV A dipendono sia dal peso molecolare che dal grado di idrolisi e dal momento che, durante il processo produttivo, questi due parametri
In figura l vengono riportate alcune delle proprietà del PV A. Nella parte superiore viene evidenziata la correlazione tra le proprietà fisiche e il peso molecolare a un grado dì idrolisi costante mentre, l'effetto d eli 'idrolisi a peso molecolare invariato viene mostrato nella parte inferiore.
t flessibilità
t sensibilità ali' acqua t facilità di solvatazione
t
resistenza al distacco (block res.) t resistenza adesivatviscosità
tresistenza a trazione
t
resistenza ali' acqua tresistenza ai solventi t potere disperdentePESO MOLECOLARE
t flessibilità
t potere disperdente
t
sensibilità all'acquatadesione a superfici idrofobe
%IDROLISI
t resistenza ali' acqua tresistenza a trazione
t
resistenza al distacco (block res.) tresistenza ai solventit adesione a superfici idrofile
Fig. 2 -Proprietà del poli(vinil alcool)
Alcune proprietà fisiche più importanti vengono elencate nella tabella l.
PROPRIETA' aspetto
stabilità termica
indice di rifrazione (film) a 20°C conduttività termica, [W/m·K]
resistività elettrica, [o hm ·cm]
calore specifico, [J/g-K]
punto di fusione (non p lastificato ), [0C]
Tg, [°C]
stabilità al magazzinaggio infiammabilità
stabilità all'irraggiamento solare
VALORE
polvere granulare bianco-crema graduale scoloramento sopra i l 00°C;
rapido inscurimento sopra i 150°C;
rapida decomposizione sopra i 200°C 1.55
0.2
(3.1-d.8)x 107 1.5
230 completamente idrolizzato;
180-190 parzialmente idrolizzato 75-85
indefinita se protetto dali 'umidità brucia in modo similare alla carta eccellente
Tab. l -Proprietà fisiche del poli(vinil alcool)
Solubilità
Tutti i tipi di PV A in commercio, sono solubili in acqua. La facilità con cui il PV A si dissolve in acqua viene controllata principalmente attraverso il grado di idrolisi. In figura 2 viene mostrata l'influenza del grado di idrolisi sulla solubilità.
10
1~--L---~---L--~--~----~~
20 30 40 50 60 70 BO 90
Temperature, • C
Fig. 3 - Solubilità di un film di PV A di 0,4 mm di spessore
I prodotti completamente idrolizzati devono essere riscaldati fino ad una temperatura prossima al punto di ebollizione a pressione atmosferica dell'acqua prima di dissolversi completamente. Diminuendo il grado di idrolisi, sono sufficienti temperature più basse; per un'idrolisi pari al 75-80%, il prodotto è completamente solubile in acqua fredda e precipita se riscaldato.
Il grado di idrolisi variabile in un intervallo compreso tra 87 e 89% vtene considerato ottimale poiché il PV A risulta solubile sia in acqua calda che in acqua
fredda (PVA parzialmente idrolizzato).
La solubilità VIene anche influenzata dalla dimensione particellare ovvero dali' area superficiale, dal peso molecolare e dalla cristallinità.
Al diminuire della dimensione particellare e del peso molecolare la velocità di solubilità aumenta. La cristallinità viene indotta attraverso trattamento termico e rallenta la velocità di solubilità. Dal momento che la presenza dei gruppi acetati residuali riduce il grado di cristallinità, bassi livelli di idrolisi sono molto meno sensibili ai trattamenti termici.
Il poli(vinil alcool) non viene disciolto da molti dei più comuni solventi organici, quali benzina, kerosene, benzene, xylene, tricloroetilene, tetracloruro di carbonio, metanolo, glicole etilenico, acetone e acetato di metile: escludendo l'acqua, non ci sono dei buoni solventi per il PV A.
Resistenza a trazione
La resistenza a trazione di del PV A non plastificato, completamente idrolizzato è di 55-69 MPa alla U.R. del 50%. All'aumentare dell'umidità, la resistenza diminuisce linearmente fino ad arrivare ad un valore di 30-35 MPa alla U.R.
dell'SO%. A parità di condizioni, la resistenza a trazione varia con il grado di idrolisi e di polimerizzazione secondo quanto rappresentato in figura 4.
"'
a.. ~
t
c 45~ eu
·;;;
~ 40
f-
35 . -
~ ~-
·r l - _____ ...__ __ ! _____ _j ___ --L-_ _ ...___--J
as 90 92 94 96 98 100
% PVA hydrolysis leve!
Fig. 4 - Resistenza a trazione di un film di PV A di 0,4 mm di spessore.
Condizioni di idrolisi: 22°C e 50% U.R.
Aumentando la percentuale di plastificanti introdotti, in modo proporzionale si riduce la resistenza del PV A.
La percentuale di allungamento a trazione del PV A varia fortemente con l'umidità relativa: dal l O % in un ambiente completamente asciutto al 300-400% con un'umidità relativa dell'SO%. L'aggiunta di plastificanti può raddoppiare il livello di allungamento.
Aderenza
Il poli(vinil alcool) è ben noto per la sua eccezionale aderenza alle superfici cellulosiche ed il suo potere legante in miscele a base cementizia.
Tutti i tipi di PV A aderiscono molto bene ai materiali idrofili, anche se sono i prodotti completamente idrolizzati ad avere le prestazioni migliori.
Solo il PV A parzialmente idrolizzato dimostra buone caratteristiche di adesione ai substrati idrofobi quali vetro, metallo e molti materiali plastici.
Il peso molecolare non influisce significativamente sull'adesione del polimero ad un substrato, sebbene sia determinante per la profondità di penetrazione in presenza di materiali porosi.
Estrudibilità
Il PV A non plastificato non è considerabile termoplastico, dal momento che, in tal caso, la temperatura di deterioramento è inferiore al punto di fusione (230°C per gradi completamente idrolizzati). Sebbene il punto di fusione decresca con il grado di idrolisi, tutti i tipi di PVA richiedono comunque l'aggiunta di plastificante al fine di sviluppare un adeguato flusso fuso senza che si verifichi un eccessivo degrado.
I migliori plastificanti sono composti organici contenenti gruppi ossidrili, idrosolubili e ad alto punto di ebollizione. La glicerina e composti a base di poli( etilene glico li) sono fra i plastificanti più utilizzati anche perché quelli comunemente impiegati nell'industria plastica non risultano altrettanto efficaci con il PV A.
L'acqua rimane il miglior plastificante per il PVA sebbene dia luogo a un prodotto schiumoso al momento dell'uscita dall'estrusore.
2.1.2 Produzione
Il poli(vinil alcool)- PVA- viene prodotto a partire dal poli(vinil acetato); infatti il monomero teorico vini! alcool (CH2=CHOH) non è noto, eccetto come componente instabile formato quando l'acetilene e l'acqua vengono riscaldati
Sebbene potrebbero venire utilizzati altri poliesteri come polimeri di partenza, l'uso del poli(vinil acetato) risulta essere economicamente più conveniente. Il vini l acetato polimerizzato è convertito in PV A per mezzo di alcoolisi, per esempio da metano lo (alcool metilico ), m presenza di un catalizzatore che generalmente è l'idrossido di sodio.
La reazione di alcoolisi può essere anche catalizzata da un acido forte, ad esempio solforico o cloridrico. In ogni caso, questo processo non trova applicazioni a livello industriale a causa della relativa lentezza della reazione e dei gravi problemi di corrosione.
La polimerizzazione del vini! acetato e la conversione del polimero in PV A sono illustrate di seguito.
Il
vinyl acetate poly(vinyl acetate)
OH O
NaOH
-f
jt
Ilpoly(vinyl acetate) + n CH;10H ---+- CHCH2
+
n CH30CCH32.1.3 Aspetti economici
n
poly( vinyl alcohol)
(PVA) methyl
aceta te
La produzione di PV A richiede investimenti ad alta intensità di capitale, dal momento che sono necessarie risorse separate per la produzione di poli(vinil acetato), per la sua conversione in PV A e per il recupero dei sottoprodotti che si fonnano durante l'alcoolisi. Per tali ragioni, l'investimento è decisamente
superiore a quello necessario che è necessario per la produzione di quelle resine viniliche, il cui monomero esiste in natura.
I maggiori produttori mondiali di PV A sono elencati nella seguente tabella.
PRODUTTORI NOME COMMERCIALE
USA
Air Products and Chemicals, Inc. Vino!
DuPont Elvanol
ALTRI
Kuraray, Japan P o val
Nippon Gohsei, Japan Gohsenol
T ab. 2 - Maggiori produttori mondiali di PV A
Secondo dati risalenti ali 'inizio del 1998, la Air Products and Chemicals, Inc. ha una capacità produttiva annua di PV A pari a 86.000 ton mentre la DuPont arriva a 61.000 ton tanto che quest'ultima ha intrapreso una serie di investimenti che porteranno ad un aumento di produzione di PV A del 20% entro il 2000.
Il 70% del PV A venduto è del tipo completamento idrolizzato.
La domanda americana di PVA nel 1997 è stata di 141.000 ton, nel 1998 di 143.000 ton e per il 2002 è prevista una richiesta pari a 157.000 ton.
Essendo il poli( vini l acetato) un prodotto derivato dal petrolio, il suo prezzo segue quello del barile e di conseguenza anche il costo del PVA segue la stessa sorte.
Così, la crisi energetica della fine degli anni '70 ha portato il costo di l kg di PV A da O, 77 US$ del 1970 a 2,20 US$ del 1980.
Tra il 1982 e il 1997 il suo prezzo è variato tra i 2,02 e 3,12 US$ attestandosi nel 1998 tra i 3,02 e 3,12 US$. Vista la situazione attuale e il caro petrolio, il costo del PV A è destinato a salire ulteriormente.
La capacità produttiva americana rimane comunque due volte inferiore a quella giapponese, che prevalentemente è destinata alla produzione di fibre.
2.2 Fibre di poli(vinil alcool)
Nel 1931 W.O. Hermann e W. Haenel ottennero il primo brevetto relativo alla produzione di fibre di poli(vinil alcool) idrosolubili; il processo tecnologico prevedeva l'applicazione dei ben noti metodi di trafilatura ad umido o a secco applicati alla resina di PV A. Per un breve periodo, in Germania venne prodotto un monofilamento di PV A idrosolubile, attraverso la trafilatura a secco e chiamato
"Synthofil".
Negli anni successivi, in Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Germania, vennero intraprese nuove ricerche al fine di migliorare la resistenza all'acqua di questo filamento ma solo nel 1939, venne introdotto un nuovo tipo di fibre, su brevetto giapponese, che rispondeva perfettamente alle richieste di mercato; nel 1940, I.
Sakurada ed i suoi collaboratori migliorarono la resistenza all'acqua calda delle fibre di PV A, filate ad umido, attraverso un processo che prevedeva un riscaldamento in aria calda ed acetalizzazione con la formaldeide; da questa procedura, SI sviluppò la tecnologia per produrre le fibre tessili resistenti all'acqua.
Fibre filate ad umido prodotte con questa tecnologia furono per la prima volta disponibili sul mercato nel 1950, in Giappone; vennero chiamate "Vinylon".
Inizialmente il Vinylon si distinse dalle altre fibre sintetiche per le sue proprietà
idrofile e venne commercializzato come un sostituto del cotone sia per le fibre industriali che per quelle utilizzate nel settore dell'abbigliamento. Il miglioramento della tecnologia di produzione portò ad un notevole incremento delle proprietà meccaniche della fibra tale che nel 1959 attraverso la trafilatura a secco, e successivamente attraverso quella a umido, fu possibile la realizzazione di un filamento ad alta tenacità.
Il maggior fornitore delle fibre di PV A ("Vinylon") è la giapponese Kuraray Co, che produce fibre - sotto il nome di "Newlon e "Kuralon" - con diametri molto fini e con rapporti d'aspetto fino a 700, per specifici utilizzi in compositi FRC.
Fibre corte sono state prodotte industrialmente anche nella Repubblica Democratica Popolare di Corea (a partire dal 1961) e nella Repubblica Popolare Cinese (fin dal 1965).
2.2.1 Proprietà delle fibre di PV A
Alcune delle proprietà meccaniche delle fibre di PV A prodotte in Giappone (Vinylon) sono elencate nella tabella 3. E' possibile osservare che la tenacità ed il modulo sono i più alti se comparati con quelli delle fibre sintetiche attualmente in commercio.
I rinforzi con fibre di PV A possono formare una "maglia" molto stretta in grado di trattenere le particelle di cemento, proprietà questa fondamentale se si vuole utilizzare un convenzionale processo Hatschek per la produzione di lastre. In questo caso, le proprietà reologiche in entrata della malta liquida risultano notevolmente migliorate addizionando sepiolite; questo minerale agisce come addensante e tixotropico in sistemi acquosi e determina proprietà reologiche simili a quelle dell'amianto crisolito [44].
PROPRIE
T A.' l'FIBIWYCOR.TJS FllbAMENTlJ ' '
,_lj... ·.: ' ' > · .•. ,,;!'·.,,, ,, .,.,,.
Tenacità Alta tenacità Tenacità Alta tenacità
standard standard
Tenacità [cN/dtex] 3,5-5,7 6,0-9,3 2,6-3,5 5,3-10,6
Allungamento [%] 12-26 9-17 17-22 6-22
Modulo di Y oung 22-62 62-221 53-79 62-221
[cN/dtex]
Resilienza al 3% di 70-85 72-85 70-90 70-90
allungamento[%]
Assorb. d'acqua[%]
20°C. 20% U .R. 1,2-1,8 1,0-1,5 l ,2-1 ,8 1,0-1,5
20°C. 65% U.R. 4,5-5,0 3,5-4,5 3,5-4,5 2,5-4,5
20°C. 95% U.R. 10,0-12,0 8,0-10,0 10,0-12,0 8,0-10,0 Tab.3 -Alcune proprietà meccaniche delle fibre di Vinylon
Il film di PV A scolorisce e indebolisce ai riscaldamenti in aria a circa l 00°C, ma presenta un'eccellente stabilità alla luce solare. Il filato e le fibre formano fasci aderenti che richiedono flocculanti anionici per assicurarne la dispersione nella miscela.
Le fibre vengono trattate superficialmente per migliorarne la compatibilità con la matrice e per raggiungere un'efficiente dispersione; il trattamento superficiale, combinato con l'intrinseca affinità di questi polimeri con l'acqua, dovuta alla presenza di gruppi OH-, comporta non solo un'efficace dispersione ma anche un forte legame nel composito indurito.
Il PV A è idrofilo e quindi idoneo a legarsi con la matrice cementizia, in quanto resiste bene in ambienti fortemente alcalini fino a 80°C; prove accelerate sulle singole fibre (della durata di 2 mesi) non hanno segnalato significativi
cambiamenti delle loro proprietà meccaniche, né della loro struttura cristallina.
Generalmente la resistenza delle fibre di PV A alle varie specie chimiche è superiore a quella delle fibre di poliammide e poliestere. L'utilizzo di fibre di PV A anche in basse proporzioni (2%) può determinare rinforzi anche superiori al l 0% rispetto alle fibre di asbesto specialmente nel caso in cui venga aggiunto il supporto di altre fibre secondarie - o della polpa di cellulosa - per dare uniforme distribuzione nella matrice cementizia (figura 5) [12].
DE-FLESSIONE (mrn)
Fig. 5 - Effetto del contenuto di fibre di PV A sulla resistenza a flessione di un composito prodotto con il processo Hatschek con l'aggiunta del 3% di polpa di legno.
2.2.2 Produzione
Il poli(vinil alcool) per fibra deve avere un grado di polimerizzazione di 1200- 2500 ed una distribuzione della massa molecolare piuttosto ristretta. Queste proprietà vengono ottenute agendo sulle condizioni di polimerizzazione ed in particolare facendo procedere la polimerizzazione a temperature più basse e mantenendo la conversione del vini! acetato nel metanolo al di sotto del 70%.
Nella produzione industriale di questo tipo di fibre, si raggiunge generalmente un grado di polimerizzazione di circa 1700. La quantità di gruppi residuali di acetile presenti nel PV A dovrebbe essere <0.1 mol % nei trattamenti di riscaldamento al fine di produrre fibre con una resistenza all'acqua sufficiente.
Generalmente, questo tipo di fibre vengono prodotte tramite trafilatura a secco o a umido.
Trafilatura ad umido
Metodo del bagno coagulo a solfato di sodio
Nei processi di trafilatura ad umido più comuni, il PV A viene disciolto in acqua ad una concentrazione di 14-16% attraverso riscaldamento. Dopo la filtrazione e la deaerazione, la soluzione viene portata ad una temperatura superiore ai 70°C così da evitare la gelificazione. Viene quindi estrusa attraverso una filiera in un bagno di coagulo contenente una soluzione satura di solfato di sodio ad una temperatura di 40-50°C. La velocità di coagulo è molto più lenta di quella della viscosa ed è quindi necessario un tempo di permanenza nel bagno più lungo.
Affinché l'operazione di coagulazione proceda gradualmente, e per minimizzare lo spazio necessario, viene preferita una macchina a trafilatura verticale. I filamenti delle fibre filate vengono generalmente tirati durante il passaggio attraverso un secondo bagno caldo di coagulazione e quindi asciugati.
La fibra trafilata ad umido e asciugata è solubile nell'acqua calda. Per orientare e cristallizzare le catene polimeriche presenti nelle fibre, riducendo la solubilità delle stesse nell'acqua calda, si procede ad ulteriore tiraggio e riscaldamento con aria calda o attraverso rulli caldi a 21 0-240°C. La temperatura del processo di riscaldamento deve essere più elevata di quella del processo di tiraggio a caldo.
Durante il trattamento di riscaldamento si verifica un leggero ritiro che viene ammesso in quanto permette di stabilizzare la struttura della fibra. La fibra trattata a caldo viene poi acetalizzata in una soluzione acquosa contenente l' 1-5% di formaldeide, il 10-20% di acido solforico, ed il 5-20% di solfato di sodio, alla temperatura di 50-80°C per l 0-60 minuti fino ad ottenere un grado di formalizzazione di 25-35mol%. L'acetalizzazione viene influenzata non solo dalle condizioni di reazione ma anche da quelle in cui avviene il processo di tiraggio ed il trattamento a caldo. Questo processo migliora notevolmente la resistenza della fibra ali' acqua bollente e può portare a delle variazioni nelle proprietà meccaniche e chimiche.
Nella produzione delle fibre più comuni, il filamento trattato a caldo viene normalmente piegato meccanicamente e quindi tagliato.
Metodo del bagno di coagulazione alcalino
Le fibre filate in un bagno di coagulazione di solfato di sodio, hanno una sezione trasversale a forma di bozzolo con una struttura disomogenea poiché la coagulazione procede con una rapida disidratazione a partire dalla superficie esterna. Ciò non facilita la produzione di fibre trasparenti e con alta resistenza a trazione.
L'utilizzo di un bagno di coagulazione alcalino permette la produzione di fibre con sezione trasversale circolare e struttura omogenea e compatta. Le fibre sono trasparenti e possono essere ulteriormente tirate per migliorame la resistenza a trazione, il modulo e resistenza all'acqua. In questo caso, il PVA estruso nel