L'ECONOMISTA
G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E
SCIENZA ECONOMICA FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI Anno XLIII - Voi. XLVII Firenze-Roma. 8 ottobre 1916 I £ { ? „ ? ? « v u * ^ . ™1 0 1" N. 2214
Anche nell'anno 1916 l'Economista uscirà con otto pagine in più. Avevamo progettato, per rispondere specialmente alle richieste degli abbonati esteri di portare a- 12 l'aumento delle pagine, ma l'essere il Direttore del periodico mobilitato non ha consentito per ora di affrontare un maggior lavoro, cui occorre accudire con speciale diligenza. Rimandiamo perciò a guerra finita questo nuovo vantaggio che intendia-mo offrire ai nostri lettori.
Il prezzo (li abbonamento è di x o annue anticipate, per l'Italia e Colonie. Per l'Estero (unione postale) !.. t.v Pei' gli altri paesi si aggiungono le spese postali. Un fasci-colo separato !.. i .
SOMMARIO: PARTE ECONOMICA.
Nuovi monopoli ?
L'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro agricolo. 1, m. Il problema delValimentazione durante e dopo la guerra.
NOTE ECONOMICHE E FINANZI Alti E.
Per l'incremento della istruzione industriale e professionale — L'industria tessile e la guerra L'industria floreale sulla Ri-viera Ligure — Per l'incremento dell'agricoltura dopo la guerra. EFFETTI ECONOMICI DELLA (i UER ILA.
Il rialzo dei prezzi in Inghilterra — L'aumento dei prezzi in alcune città del Regno - - 1 profitti delle grandi Società indù striali inglesi — L'industria francese nei primi due anni di guerra. FINANZE 1)1 STATO.
I conti mensili del Tesoro — Le grandi banche italiane — La solidità delle banche italiane - La solidità delle finanze fran-cesi — Le borse svizzere durante la guerra — Le entrate dell'e-rario in Inghilterra — La grave situazione finanziaria dell'Austria-Ungheria.
IL PENSIERO DEL LI ALTRI.
I divieti di esportazione interregionali, LUIGI EINAUDI —
De-biti di guerra italiani e stranieri, FEDERICO FLORA — Il dovere
degli industriali: pensando al domani, FILIPPO CARLI — I
divi-dendi delle Società durante la guerra, GINO BOROATI-A — I con-tadini, V I T T O R I O R O L A N D I R I C C I .
I.EU1SLAZ10NE DI UUEKRA.
Facoltà agli Istituti di credito fondiario di concedere proro-ghe per il pagamento di mutui garantiti su fabbricati destinati ad uso di alberghi — 11 nuovo aumento sui prezzi dei tabacchi — Esenzione dalla tassa di successione per la eredità dei caduti in guerra — Il prezzo del coke a 195 lire la tonnellata Per la rac-colta di rottami di metallo : Una circolare del ministro Coman-dmi.
NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.
L'industria manifatturiera serica nord-americana — La pro-duzione di macchine agricole negli Stati Uniti nell'anno 1914 — 11 commercio estero negli Stati Uniti nel 1915-1916 — Per l'incre-mento della esportazione di aranci italiani in Inghilterra — Per ia difesa della proprietà rurale nelle Provincie meridionali — La sospensione degli sfratti delle famiglie dei contadini — Produ-zione e commercio mondiale del rame — Una industria rumena — L'uso della carne frigorifera — Il naviglio inglese — La espor-tazione del cotone dal Sudan — Statistiche dei raccolto di co-tone americano — Lo chèque postale in Francia — La produzio-ne della lana produzio-negli Stati Uniti — Commercio francese — Per l'industria dei colori.
Nitun/.ìone licerli Istituti dì Credito niobi lì are, Situazione (letali Istituii di emissione italiani, Situazione degli Istituti Nazio-nali Esteri, Circolazione di Stato nel Regno Unito, Situazione del Tesoro italiano, Tasso dello sconto ufficiale, Debito Pubblico italiano, Riscossioni doganali, Riscossione dei tributi nell'eser-cizio 11)14-15,. Commercio coi principali Stati nel 1915. Espor-tazioni ed imporEspor-tazioni riunite, Importazione (per categorie e per mesi). Esportazione (per categorie e per mesi). Prodotti delle Ferrerie dello Stato,* Quotazioni di valori di Stato
italiani, Stanze di compensazione, Borsa di N'uova York, Borsa di Parigi, Borsa di Londra, Tasso per i pagamenti dei dazi do-ganali, Tasso d i cambio per le ferrovie Italiane, Prezzi del-l'argento.
Cambi all'Estero, Media ufficiale dei cambi agli effetti dell'art. 39 del Cod. cornili., Corso medio dei*cambi accertato in Roma, Ri-vista dei cambi di Londra, RiRi-vista dei cambi di Parigi. Indici economici italiani.
Valori industriali. Credito dei principali Stati. L f d i l o Bank Limited, Ri vista .bibliografica.
P A R T E E C O N O M I C A
Nuovi monopoli V
L'aumento ogni giorno più grandioso dei debiti di guerra rende urgente e difficile in tutti gli Stati il problema di procurarsi i mezzi necessari per ora non a pagarli, ma a provvedere regolarmente al servizio degli interessi. Finora le imposte hanno atale scopo costituito in parecchi paesi la fonte prin-cipale di entrate ed i bilanci sono saliti a cifre me-ravigliose, che prima della guerra nessuno, pur lontanamente, pensava avrebbero potuto raggiun-gersi nel giro di soli due anni. Ed intanto la guerra si prospetta ancora di lunga durata, e tutti gli Stati già si apprestano a sostenere validamente il peso finanziario mediante nuovi prestiti che alla lor vol-ta richiederanno nuove somme pel pagamento regolare dei frutti.
E' a tal proposito, di fronte ai maggiori oneri che dovranno imporsi al nostro bilancio, ohe in un re-cente articolo sul Giornale d'Italia, il prof. A . Zorli espone le linee di un programma di entrate che dovrebbe sostituirsi a quello finora seguito, di chiedere colle imposte ai cittadini le maggiori ri-sorse necessarie. « E' questa — egli osserva — una politica finanziaria che rende sempre più lo Stato dipendente dai singoli cittadini, ossia dalla loro condizione economica....; lo Stato-spugna finisce per divenire un incubo, una minaccia al cittadino, che si vede paralizzato, nella sua attività procac-ciatrice, da questa mano inesorabile che lo spo-glia, lo minaccia ogni qualvolta la sua prosperità assume forme esterne, mentre non raggiunge chi ha modo di arricchire nel mistero e non veduto ». V e d e dunque la necessità di creare un organismo finanziario indipendente basato sui monopoli, coi quali potranno procurarsi entrate non sgorganti di-rettamente dalla borsa di privati cittadini; e ne ad-dita intanto due importantissimi : il monopolio del-lo zucchero e queldel-lo della macinazione. Nota an-cora l'opportunità di rendere più produttivi i mo-nopoli esistenti.
Anche noi siamo convinti che se per i tabacchi vi fossero a disposizione di quella speciale ammi-nistrazione, somme maggiori per acquisti di ma-terie prime, le condizioni di tali acquisti potreb-bero essere più convenienti, ed i guadagni mag-giori di quelli attuali.
Non_condividiamo però niente affatto le idee del prof. Zorli sulla utilità di nuovi monopoli. Non ci fermeremo a criticare in special modo quelli da lui proposti che urterebbero di fronte a difficoltà tec-niche ed economiche grandissime. 11 monopolio di produzione dello zucchero infatti obbligherebbe lo Stato a rilevare le fabbriche e ad esercitare una industria difficile, in continua evoluzione, e ciò sa-rebbe assai pericoloso. Altro è fare dei sigari, al-tro è fare dello zucchero. La sistemazione del re-gime doganale dello zucchero dopo la guerra sarà necessaria perchè l'industria entri in una fase dii progresso e se ne avvantaggi specialmente il
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alla coltura delle bietole, troppo ristretta quando si si pensi che solo 60.000 ettari sono attualmente colti-vati in Italia, lo Stato può favorire indirettamente lo sviluppo dell'industria zuccheriera che dovreb-be essere quasi esclusivamente nazionale. Oltre di questi limiti noi non crediamo che lo Stato possa utilmente esercitare la sua azione, la quale non solo sarebbe forse un ostacolo ad ulteriori pro-gressi, ma certamente determinerebbe un costo di produzione che non saprebbe tenersi al livello di costo dell'industria libera.
Il monopolio della macinazione sarebbe di ef-fetti ancor più dubbi, ove solo si consideri l'enorme capitale fìsso necessario per esercitarlo, se, e non potrebbe essere altrimenti, lo Stato avesse inten-zione di regolare in grande la sua nuova industria. L'esperienza non solo del nostro paese, ma di qua-si tutti gli Stati europei ci insegna fin dove equa-sista l'utilità del monopolio. Quando si tratti di prodotti con elaborazione relativamente semplice, o di ma-terie prime che possono essere importate dall'e-stero a prezzi notori e nei quali non si può essere danneggiati fortemente, il monopolio può riuscire conveniente non solo, ma apportare ancora van-taggi notevoli all'erario. Quando invece il mono-polio si estende a merci di lavorazione costosa e che hanno in sè rischi industriali e commerciali gravi, lo Stato verrebbe a compromettersi inutil-mente in operazioni per le quali non ha l'elastici-tà di organizzazione necessaria; in special modo poi se l'utile che si ripromette ritrarne potrebbe essere assicurato con i metodi più semplici del da-zio doganale e dell'imposta di fabbricada-zione.
Se infine la ricostruzione economica e lo svilup-po industriale ed agricolo del nostro paese, neces-sari dopo la guerra, porranno lo Stato di fronte ai più difficili e complicati problemi che abbiano mai preoccupato l'economia di una nazione, noi non sa-premmo veramente immaginarci uno Stato che in luogo di esercitare una provvida e grandiosa politi-ca di risveglio di energie, di tutela degl'interessi ge-nerali, fosse preoccupato del peso che gli venisse dall' esercizio diretto di industrie per il problema-tico incasso di pochi milioni.
Alle più urgenti necessità dell'ora presente otti-mamente ha corrisposto il nostro organismo tribu-tario qua e là opportunamente riveduto nelle sue fonti capaci di immediato maggior reddito; nè vi è dubbio che i contribuenti, nell'interesse della sa-lute nazionale, si sottoporranno volentieri a nuovi sacrifizi ove questi saranno necessari. Le nuove impogte del resto sono state così produttive che vi è ancora una buona scorta per sostenere gli one-ri di una parte dei futuone-ri debiti di guerra.
Ai bisogni poi del domani, quando si tratterà di sistemare il nostro bilancio, provvederà quella complessa riforma finanziaria che è già allo studio e che la competenza delle persone che vi sono preposte assicura sarà fondata su saldi principi di e -guaglianza e di giustizia.
L'assicurazione obbligatoria degli Mortimi
sul lavoro agricoloI precedenti stonici redativi all'assicurazione obbli-gatoria degli infortuni sul lavoro agricolo sono ab-bastanza recenti. Nel 1902, quando si discusse alla Camera la riforma della legge del 1898 sull'assicu-razione degli infortuni nelle industrie, l'on, Ferra-ris domandò che 1 benefici della nuova leggo fosse-ro estesi ai contadini stabilmente occupati sopra un fondo. Ma l'autorevole appello non potè allora esse-re ascoltato perchè gii studi in proposito non era-no ancora maturi. Due disegni di legge nel 1907 e ned 1909 furono presentati dal senatore Emilio Conti, tenace e strenuo difensore della causa dei lavorato-ri die! campi; ma essi non giunsero in porto. E
nean-che un progetto di legge governativo dei ministri Luiazatti e Raineri ebbe fortuna, essendosi l'ufficio centrale del Senato, rivelato decisamente contrario all'assicurazione obbligatoria con una serie di ra-gioni culminanti nella considerazione del non esse-re urgente una legge in materia bastando al ri-guardo le disposizioni del codice civile! Dopo di al-lora, oltre che nelle riviste e nei giornali, la disci-plina legislativa degli infortuni dei contadini fu an-cora domandata alla Camera dei deputati special-mente diall'on. Gabrini, uno dei più competenti e be-nemeriti agitatori dell'importante problema, e da altri; fu oggetto di un disegno di legge preparato, ma non pubblicato dal Ministro on. Nitti, e infine rappresentò una delle più ripetute promesse da par-te di molti deputati nei rispettivi programmi per le elezioni generali del 1913.
Or non è molto gli on. Reietti, Borromeo e Venino rispresero in esame i disegni antichi e traendone autorevole ammaestramento concretarono un nuo-vo disegno di legge presentato alla Camera del de-putati, e dli cui la « Nuova Antologia » nel suo ulti-mo fascicolo fa conoscere le linee essenziali (1).
Queste linee essenziali riguardano le persone cre-ditrici dell'assicurazione, ossia le persone assicu-rate, le persone debitrici dell'assicurazione stessa, gli infortuni per i quali si rende obbligatoria l'assi-curazione, l'ammontar© delle indennità e> l'accerta-mento dei premi, l'istituto assicuratone, e infine la liquidazione delle indennità ed i congegni di difesa degli assicurati nelle eventuali contestazioni.
/ creditori dell' assicurazione. — Il nuovo progetto si applica alle aziende agrarie e forestali, e cioè al-le aziende aventi per oggetto la cultura delal-le terre e le lavorazioni ad esse commesse o accessorie, co-me la custodia e l'allevaco-mento degli animali, la pre-parazione, la conservazione, la trasformazione ed il trasporto dei prodotti delle aziende stesse, e inoltre alle aziende aventi per oggetto l'esercizio diella sil-vicoltura. Tutti gli addetti a queste aziende, qualun-que sia iil loro numero, devono essere assicurati, e cioè sono creditori dell'assicurazione.
Sono poi considerati addetti, sempre che abbiano compiuto gli anni dodici, e cioè semprechè abbiano l'età che generalmente è considerata compatibile con un lavoro apprezzabile e consentito, i dipendenti oc-cupati tanto in modo pel-manente quanto in modo avventizio, i proprietari, ii mezzadri, i coloni che la-vorano manualmente e continuamente a tali azien-de, e la moglie, i figli e i parenti tutti che lavorino e infine i sovrastanti ai lavori quando abbiano una rimunerazione complessiva annuale, comprese le prestazioni in natura, di non oltre 2000 lire.
Anche gli ©sposti affidati dagli ospizi ai contadini sono, agli effetti della legge sull'assicurazione ob-bligatoria, equiparati ai figli. Contrariamente al pro-getto Conti, quello Luzzatti-Raineri esonerava dal-l'oibbligo dell'assicurazione il proprietario che col-tiva egli stesso il proprio fondo, ordinariamente da solo o con l'aiuto esclusivo di persone della sua fa-miglia. E l'eccezione giustificava col proposito di e-vitare l'aggravio alla piccola proprietà e colta con-siderazione che anche nell'industria non si impone al proprietarilo o all'esercente dell'azienda di assi-curare se stesso. Ma il progetto in esame ha prefe-rito estendere l'obbligo dell'assicurazione ancne al proprietario per la considerazione che iil piccolo pro-prietario non può essere nettamente distinto dal co-lono e dia! piccolo affittuarip, avendo comuni con essi il lavoro ed il guadagno. Il fatto di essere pro-prietario non ©lèva il contadino ad una categoria che rispetto agli altri lavoratori della terra corri-spondia -alla categoria degli industriali rispetto ai loro operai. Inoltre la proprietà fondiaria del pic-colo coltivatore frutto di veramente sudati risparmi, rappresenta per lui più che altro un mezzo, uno stru-mento di lavoro.
Il progetto del sen. Conti partiva dal concetto che « l'assicurazione diella terra a favore dei lavoratori di fondi rustici è un obbligo inerente alla proprietà dei medesimi, indipendentemente dalla quantità e dalle mercedi dei lavoratori addetti alla
coltivazi»-(1) Per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro
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ne, come dia-1 genere della coltura e dalla qualità dei lavori ciie questa richiede ». Insomma le proposte del Conti assicuravano la terra più che i suoi lavora-tori; erano ad rem anziché ad personam.
Con maggiore esattezza il successivo disegno Luz-zattii-Raineri ricondusse la progettata assicurazione ai principi. Si considerò che non è la terra per sè stessa ohe richiama l'assicurazione, ma è la terra ii.n quanto sii trova in funzione di azienda ed in quan-to come azienda è lavorata. L'assicurazione quindi non può e non deve essere .rivolta che al lavoratore, il quale è il solo e vero creditore del contenuto eco-nomico e giuridico dell'istituto.
1 debitori dell'assicurazione. — Ned regolamento dei debitori dell'assicurazione il nuovo progetto non segue quello Luzzatti-Raineri, per cui l'obbligo
dlel-! assi cur azione era a carico degli esercenti diede aziende agrarie e forestali. I debitori diell'assicura-zione sono li proprietari del fondo; e cioè rassicu-razione deve essere fatta a cu.ra e spese del proprie-tario d'el terreno il quale ne è sempre responsabile. Se è vero che agli effetti dell'aa sictur azione degli in-fortuni la terra deve essere -considerata -in funzione dli ai/iieuda, e cioè in urna funzione economica ohe può far capo anche a persona che non sia il pro-prietario, tuttavia al proprietario essa dà l'utile fon-damentale. E' quindi giusto che il proprietario sia
il primo debitore dell'assicurazione.
Sono state, però concesse le rivalse,, considerando che se da un iato il proprietario è colui che trae il profitto fondamentale diel terreno e la persona più alla mano per essere caricata dell'onere dell'assicu-razione, dall'altro lato, quando la coltura assuma la forma e il carattere di un'azienda indipendente della proprietà, avvantaggiando i titolari dell'a-zienda stessa, è giusto che il proprietario possa ri-valersi in ragione di questo vantaggio. Il proprieta-rio ha quindi diritto d'i rivalersi : a) sul fittatele per-la totalità dell'imposta, se il terreno è dialo in affit-tanza; b) sul mezzadro, per una metà dell'imposta, se è dato a mezzadria; c) sul colono per i due quinti dell'importo, se è dato a colonia -pai-viaria.
Infortuni assicurali. — Molti propendevano a ri-tenere che dovesse considerarsi agli effetti della legge solamente l'infortunio consistente nella morte o nell'inabilità permanente, assoluta o parziale. Il disegno Conti- comprendeva anche l'inabilità tempo-ranea; ma già L£L disegno dell'Ufficio Centrale del Se-nato, 30 aprile 1910, all'art. 10 dichiarava che « agli effetti della presente legge sono considerati infor-tuni sul lavoro agricolo soltanto i casi di morte, inabilità permanente parziale, quando queste ulti-me derivino da causa traumatica prodotta dal la-voro ».
Anche il disegno Luzzatti-Raiineri contemplava agli effetti 'dedl'assicurazione solamente gli infortu-ni costituiti dalla morte o da una inabilità perma-nente al lavoro. Per 11 progetto in esame, trattando-si di una questione di giustizia e dii eguaglianza tra lavoratori, non è parso dubbio che ai lavoratori dèi campi non si dovesse negare ciò che agli altri era stato concesso, e cioè il riconoscimento anche della inabilità temporanea agli effetti della tutela legi-slativa.
E' stato giustamente osservato che vi sono malat-tie, oomsegunza di infortunio, le quali possono ave-re una durata di paave-recchi mesi, e che il danno, sia pure temporaneo, derivante da tali malattie al con-tadino ed alla sua famiglia può essere grave, per-modbchè non è possibile non preoccuparsene.
Misura dell'indennità. — La misura dell'indennità è stata equamente regolata come segue :
' 1° nel caso di morte a L. 2000 per gli uomini dai 18 ai 60 anni; a L. 1600 oltre i 60 anni; a L. 1000 per le donne dai 18 ai 60 anni, L. 800 oltre -i 60 anni; a L. 500 per i m'inori d'i ambo i sessi fino ai 18 anni di età.
2° nel caso di invalidità permanente assoluta, a una rendita di L. 30 al mese per gli uomini, L. 15 per le donne e per i minori d'egli anni 19 di ambo i sessi, finché dura l'invalidità.
3° nel caso di inabilità permanente parziale, ad una percentuale della rendita di cui al n. 2, corri-spondente alla diminuzione della capacità lavorati-va sopravvenuta.
nel caso di inabilità temporanea., a partire datl'undioeisimo giorno, -a L. 1 ai giorno -per glli uo-mini ed a L. 0.50 per le donne e per i minori degli anni 18.
Determinazione del premio. — L'art. 8 del disegno dli legge dispone che « il premio di -assicurazione sa-rà determinato in ragione dell'estensione dèi terre-no e dei rischi delle diverse colture; e sarà riscosso in conformità delle disposizioni dei testo unico delle leggi siali a riscossione delle imposte- dirette ». Que-sto criterio corrisponde sosta nzialmon-te a quello già adiottato nei disegno d'i legge Luzzatti-Raineri, e ri-as-sume quello esposto d'a-1 Senatore' Contij secondo -cui i terreni si -ripartivano senz'altro in -categorie e si stabiliva senz'altro il premio dii assicurazione per ogni categoria, da L. 1.10 per ettaro dli terra irri-gua, a !.. 0.20 per ettaro -dli pascoli alpini.
Nel progetto in questione, anche in rapporto allo speciale istituto assicuratore- proposto, non è sem-brato il caso nè di distinguere i terreni nè di fissare i premi rispettivi. Po-ic-nè la gestione d'olle assicura-zioni è affidata a Società mutue regionali, ciascuna delle quali- è -centro autonomo dell'assicurazione per la rispettiva regione, si sono considerati gli enti più opportuni a governare- l'assicurazione e condurla coi criteri che alla regione si adattano, e di conformità e colla nomila «industriale del caso stabilire i premi e applicare la tariffa, tenendo pelrò oal-colo dei-Te-ste azione dei fondi e della loro varia coltura e con diritto degli interessati dii reclamare a una commis-sione arbitrale. Insomma e parso -inutile e anzi inop-portuno che il legislatore indicasse esso a priori ci-fre, mentre queste devono es-sere il risultato sponta-neo -delle necessità e delle condizioni locali.
Evidentemente la proposta Conti indicava i premi di assicurazione aflo -scopo di accertare l'onere -com-plessivo d'ell'assicurazione sulla proprietà terriera; onere che era ritenuto di circa 12 milioni e che, cal-colandosi in 6 miliardi e 816 milioni il valore delia produzione agraria e forestale -in Italia, si riteneva raggiungere il 2.5 per mille della produzione. L'ag-gravio di detta proprietà per effetto dell'assicura-zione obbligatoria dei contadini fu agitato conti-nuamente come un pauroso fantasma; e la più volte ricordata relazione senatoria aggiunse uno scorag-giante quadro delle condizioni in cui versa la pro-prietà fondiaria in talune regioni, a causa delle lotte di classe oltre che per la pressione del fisco. Anche gli industriali, quando si preparò e si fece la legge sugl'i infortuni del 1898, sollevarono sulle braccia aiiatleate ed offersero in vista pietosa la condizione delle loro industrie, colpite e angariate dal fi-sco, battute e avvili-te dalla concorrenza e dia mille diffi-coltà di esercizio. Ma le obbiezioni antiche come le recenti contro l'assicurazione obbligatoria del la-voro dei campi si infrangono di fronte al principio dii diritto che anima l'istituto dell'assicurazione dlei lavoratori in genere; principio consistente nell'ob--bli-go di colui che dà lavoro di garantire in -massima ili incolumità personale di chi tale lavoro deve pre-stare. Qualunque carico ne possa derivare pe-r chi dà il lavoro, la garanzia dell'incolumità personale dei lavoratore può ben rappresentare una condizio-ne primordiale, che si concondizio-nette al rispetto-della per-sona e della libertà umana, le qua-l-i non -possono es-sere oggetto di contratto o di soggezione.
Istituto assicuratore. — L'assicurazione diegli in-fortuni agricoli è esercitata esclusivamente da mu-tue regionali di assicurazione agricola, una per -cia-scuna delie circoscrizioni del nostro paese, fornite d'i personalità giuridica e regolate secondo statuti da approvarsi con regio decreto e contenenti tutte le norme relative al funzionamento dell'ente. E'
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in numero fissato por ciascuna provincia d'alio sta-tuto idli ogni mutua e eoetti dial Consiglio provinciale fra coloro che concorrono" al pagamento del premio di ' assiicuiraziione, e precisamente metà fra
p-roprie-tari e affittuari e metà fra mezzadri e codoni. Pagamento delle indennità. — Speciale attenzione consacra il progetto di legge alla liquidazione diedte indennità e ai congegni amministrativi e giurisdli-ai-onali che ne devono rendere più facile e più giu-sto .il pagamento. La liquidazione delle indennità è fatta dal Consiglio di amministrazione della Mutua. In caso di contestazione è deferita ad Un Comitato •che abbia speciale competenza tecnica e che per la sua composizione presenti garanzie dli fiducia tanto per i dte-bitori quanto per i creditóri dell'assicurazio-ne. Ned caso dì decisione non unanime e dli ulterio-re contestazione di una delle parti inteulterio-ressate, il giudizio definitivo è deferito ad una Commissione arbitrale composta dia un giudice del Tribunale, dai direttore dtella Cattedra ambulante di agricoltura residente nel Comune sede della Mutua e da un me-dico scelto dagli altri due commissari.
Si deve evitare che gl'infortuni diventino materia di speculazione da parte d'i quei pretesi consulenti tecnici o legali, che spesso esplicano la più sprege-vole delle attività, lucrando sulla ignoranza e sul dolore altrui, E quindi sono nulle di diritto le obbli-gazioni contratte per rimunerare coloro che assi-stessero gli assicurati o loro aventi diritto nella li-quidazione o sul pagamento dielle indennità. Infine tutti i provvedimenti e gli atti relativi alla liquida-zione della indennità godono esenliquida-zione da ogni tas-sa di registro e bollo.
Principi relativi all'infortunio. — Altre disposizio-ni completano quelle esposte. Così è parso necessa-rio conferire al socio, all'indennizzato, alla Mutua, la facoltà di chiedere la revisione della rendita li-quidata entro il termine di due anni dall'infortunio, quando risulti variato il grado di incapacità al la-voro determinato dallo stesso. Vi è sanzionato pure un principio ormai penetrato nella coscienza di tut-ti, coinè principio di conservazione della personalità e della libertà umana : quello per cui l'infortunato non. può senza giustificato motivo rifiutarsi, dietro richiesta e a spese dell'Istituto assicuratore, di sot-tostare alle cure che la Mutua regionale ritenesse necessarie.
L'A. termina coll'augurio ohe queste idee riesca-no ad affermarsi e tradursi in atto in modo d a es-sere finalmente apprestato il sospirato presidio ad una forma di lavoro che riguarda milioni di italiani e che è tanto benemerita della economia nazionale.
I. m.
Il problema dell' alimentazione durante e dopo la guerra
T.a guerra, oltre a porre innanzi nuovi e impensati problemi, ne ha messi i h maggior luce altri su cui già su era fermata l'attenzione degli studiosi, e che dalla guerra hanno avuto una più efficace riprova. Interessante fra essi è quello della alimentazione nel nostro paese E il Prof. Luigi Devoto, ben noto per pubblicazioni e ricerche sulla materia, ne ha riferito nella sua relazione al recente Congresso per il Pro-gresso delle Scienze. Egli ha rilevato più special-mente due lati di codesta questione. L'uno è la ri-confermata constatazione del deficiente nutrimento in varie classi di popolazione specialmente operaie e agricole. L'altro è la difficoltà e il costo di una suf-ficiente nutrizione, sia durante la guerra, sia nel periodo che la susseguirà, per la rarefazione del be-stiame da macello in conseguenza delle requisizioni e dei diminuiti allevamenti, a causa della deficiente mano d'opera, e per il costo elevato e proibitivo di altri fattori di sostentamento al d'i fuori della carne. Quanto alla sottonutrizìione e conseguente sotto produzione di lavoro, si è fatta manifesto per le con-dizioni di deperimento dii non pochi richiamati delle classi operaie e agricole, ciré col passare a un nu-trimento più sostanzioso e sopratutto carneo quale è loro somministrato sotto le armi, hanno da un giorno all'altro dato segni di maggior floridezza. Era un fenomeno già verificatosi nell'accoglienza in o-spedialì di malati per leggiere affezioni morbose, e cresciuti dli peso per il cibo più nutriente; e special-mente nell'ammissione di donne die! popolo gestantincille Maternità, eoG. Ma ora la riprova è stata anche più ampia, ed assunta su larghissima scala. Ciò ha confermato, osserva il Devoto, come la nutrizione ria molto scarsa in certi ceti che per le loro fatiche 'dovrebbero invece avere um. cibo che bastasse a e- i
quifibrare le perdite.
E' notorio che di fronte ai 118 grammi di albu-mina e 56 grammi di grasso giornaliero, oltre gli J idrati, ritenuti scientificamente necessari alla nu-I tri/ione umana, molte categorie di persone non ar-• rivano ai 60 o 70 grammi di albumina, e a 30 gram-| ini di grassi. Ciò a lungo -andare provoca un inde-' holirnento- geme i-ale della fibra, e una diminuzione
dli attività produttiva. 11 Devoto è di parere che si possa rimanere alquanto al di sotto delle cifre indi-cate da molti scienziati, e si possa contentarsi d'i 80 0 90 grammi di albumina che si otterrebbero, con ra-1 atonale alternativa dli cibi, per .30 o 35 grammi da
un ettogrammo di carne Cruda (surrogabile anche ! peir- assoluta necessità da prosciutto, salumi e pesce | essiccato), per 20 grammi d a latte, uova o formaggio, ! c per i rimanenti da un 350 o 450 grammi di pane.
La oolazione latte-a alla mattina, per la quale il Devoto fa attivai propaganda, e che vorrebbe adotta-l a anche dai adotta-lavoratori dei campi, per adotta-l'aggiunta
delle colonie date dallo zucchero, fornisce di già ! una non indifferente prima base di albumina e di gl'assi per la giornata. Dna successiva immissione medl'organismo dli cibi variati in almeno altri due pasti, (pane, polenta, carne, salumi, verdure, frutta) completa i grammi sufficienti di albuminoddii, di grassi e d'idrati. Per agevolare il raggiungimento d'i questa nutrizione in tutte le -classi, dato il cresce- * re del costo di vari generi e specialmente della car-me,, dello zucchero, diei salumi, ecc., ri 1 Devoto apre una campagna contro la illogica supernutrizione dei ricchi, specialmente in cibi carnei. Questo consumo eccessivo di carni macellate oltre ad aumentare in-giustamente il costo per tutti, è nocivo alla salute, col provocare acidi urici ed altri disturbi organici così frequenti nelle classi agiate. Egli insiste nel raccomandare agli abbienti un consumo di non oltre 1 150 grammi di carne cruda al giorno, vale a dire il volume di una portata o di due mezze portate nella giornata. Muovendo da queste proporzioni e facendo la detrazione di coloro che non si cibano, per età o per malattia, dli carne, egli calcola che nella sola Mi-lano in un anno si consumino circa quintali 11 mila d.i carne dli troppo; e poiché è evidente che alcune categorie elfi persone che ne dovrebbero usufruire non ne possono per l'alto prezzo approfittare, così vi debbono essere altre categorie che usano un cibo carneo tre o quattro volte superiore al necessario. Estendendo questi rilievi a1 tutte le città e centri popolosi die! Regno, .si giunge alla conclusione che moderandosi dalie classi abbienti l'uso della carne, specie pei fanciulli, e alternandolo con quello del pesce e di cibi dii carattere vegetariano, anche colla produzione attuale di bestiame da macello, o con produzione pur minore, -si avrebbe una scorta piiù che esuberante pe-r fornir cibo carrneo a tutti, e ad mi costo, per la sovrabbondanza del genere, a tutti accessibile.
La saggia propaganda -del prof. Devoto merita di venir presa a cuore da quanti "si preoccupano del benessere delle classi più misere, non solo in questo più difficile periodo di alimentazione, ma anche e sopratutto quando il mercato tornerà, al cesisar del-la .guerra, in condizioni normali.
NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE
Per l'incremento della Istruzione industriale e professionale
inno-8 ottobre 1916 - N. 2214 965
va/ioni, sarebbe stato più opportuno per ora atte-nersi al sistema d'i precedere mediante il comple-tamento, lo sviluppo e l'Integrazione degli ordina-menti vigenti.
I^a Commissione ha già esaurita la prima parte dei suoi lavori ed ha presentato al Ministrò le pro-poste più urgenti riservandosi di riprendere in esa-me gli altri aspetti del problema dopo brevissimo termine. Ecco intanto le proposte approvate alia unanimità :
La Commissione ritiene che per la preparazione intellettuale tecnica delie maestranze in relazione alle esigenze delle industrie e alle finalità di pro-gressivo elevamento delie classi operaio :
1° unga estendere la Scuola popolare operaia triennale (Scuola professionale di pruno grado) m modo che sostituisca, quando non sia sorto, il cor-so popolare, o che ne integri, con accordi col mini-stero dell'Istruzione l'attuazione, rendendo obbliga-toria agli allievi la frequenza anche per gii inse-gnamenti apmpienumtàffi a quelli -già obbligatari per la legge del 19Ui, ferino restando che la Scuola popolare operaia, specie nei primo biennio debba ri-manere istituto precipuamente di coltura generale, intesa alla preparazione generica alla vita del la-voro ed al sondaggio delle attitudini degli allievi e delle allieve;
2° occorra istituire, anclie in applicazione del-l'art. 2 della legge e 25 del regolamento organico per l'insegnamenio professionale, per i giovani ope-rai tino ai 18 anni corsi complementari diretti a completare la preparazione tecnica per la forma-zione intellettuale e stabilire che tali corsi, ordinati con quelle modalità ed in quei limiti che siano con-sentiti dalle esigenze delle diverse industrie e delle diverse località, abbiano luogo, durante la giornata di lavoro, in ore settimanali retribuite dagli indu-striali e che siano di obbligatoria frequenza per gii alLievi;
3° occorra pure dare il dovuto appoggio ed in-cremento ai corsi e dalie scuole serali, festive, di morta staglione specializzate alle quali, con sforzo mirabile, i giovani lavoratori chieggono complemen-to d'istruzione per comprendere e superare le diffi-coltà che la .vita quotidiana di lavoro loro presenta e per assurgere ad un più elev-ato perfezionamento intellettuale e tecnioo;
4° occorra dare, con borse di studio, la possibi-lità ai lavoratori di valore e di volere di frequenta-re, abbandonando temporaneamente l'officina per determinati periodi trimestrali, semestrali, annuali, Scuole speciali di perfezionamento tecnico ed arti-stico esistenti solo in determinate località e die, per la natura degli insegnamenti che impartiscono ri-chieggono neh allievo continuità di studio o di occu-pazioni presso stabilimenti atti a procurare loro par-ticolare perfezionamento tecnico.
La Commissione f a voti :
1° che l'applicazione della legge l i luglio 1912 sia immediata per quanto riguarda la classificaizio-ne delle 23 scuole di primo grado indicate dalla Com-missione reale;
2° che le Scuole popolari di primo grado deb-bano essere accettate a sgravio totale o parziale del-l'obbligo dei Comuni di istituire corsi elementari superiori e ohe ore esistono classi quinta e sesta già funzionanti dèbha curarsi fin d'ora il graduale coor-dinamento dei loro programmi e dei modi di funzio-namento con quelli delle predette Scuole popolari;
3° che le Scuole popolari dii primo grado siano sedi di esami per la licenza elementare pei- gli al-lievi che hanno compiuto il secondo corso;
4° che il Ministero degli Interni provveda per-chè le scuole dipendenti da Orfanotrofi, Riformatori, ecc., si ordinino e funzionino come Scuole di primo grado e perchè le Opere pie che, per le tavole di fon-dazione. hanno scopi di istruzione destinino la par-te prevalenpar-te delle loro rendipar-te a fondare o a con-correre all'impianto ed al funzionamento di Scuole popolari operaie;
5° che alle Scuole popolari libere mantenute da enti locali e non ordinate interamente come la Re-gia Scuola dii primo grado sia accordata con oppor-tuna modificazione dell'ultimo comma dell'art. 281 del regolamento un maggiore sussidio del Ministero senza pregiudizio dei, sussidi straordinari che il
Ministero stesso ritenesse dli concedere per l'impian-to, per le officine, ecc.;
6° che sia data sollecita attuazione alle disposi-zioni di cui all'ultimo comma dell'art. 3 della legge;
7° clic in attesa della istituzione di corsi magi-strali presso le Scuole professionali maggiori, si tacititi il reclutamento idei personale direttivo od in-segnante delle Scuole popolari di primo grado, mi-gliorandone possibilmente gli stipendi e che raffor-zando l'istituto dell'assistentato presso le Scuole di terzo grado e per tecnici, per i capi-tecnici e capi d'arte si faciliti la loro formazione con borse di stu-dio assegnate perchè compiano il loro tirocinio, sia presso Semole speciali, sia presso stabilimenti na-zionali od esteri.
Furono pure approvate proposte relative al mi-glioramento degli stipendi e alla istituzione di pen-sioni per tutto il personale insegnante; per l'incre-mento delle Scuole d'arte applicata all'industria e per la preparazione di biblioteche presso ogni Scuo-la e di musei nelle maggiori città per l'istruzione complementare degli insegnanti e degli allievi; per la diffusione popolare di libri, stampe, modelli e tipi che rispondano degnamente alla tradizione ita-liana; per la prevalenza deli insegnamento del dise-gno e per la accentuazione del carattere pratico nel-la Scuonel-la del nel-lavoro con speciali applicazioni nel tirocinio delle officine.
La Commissione ha anche affermato la necessità di sussidiare le scuole private e di incoraggiare quelle esistenti o che -,sorgano presso le officine industriali.
I>a Commissiona ha l'atto pure voto per la solle-cita istituzione in Bornia, ed in sede centrale ed a-datta dell'Istituto nazionale professionale statuito dalle leggi del 1907 e dtel 1912.
Quanto alle modalità più efficaci per assicurare alle Scuole professionali un personale idoneo, la Commissione espresse l'avviso « che nei corpo inse-gnante sia riunita armonicamente la cultura tecni-ca con quella pratitecni-ca, epperò giovi che i laureati ingegneri, i dottori in chimica, gli ex-allievi delie maggiori Scuole professionali compiano almeno un anno di tirocinio in qualche officina nazionale od estera prima dli essere assunti come assistenti nella Scuola professionale (futuri professori e direttori); che anche il personale dirigente delle officine e dei laboratori debba venire assunto solo quando abbia compiuto un periodo d'i tirocinio in qualcuna delle officine nazionali o straniere; che pel conseguimen-to più efficace dei risultati di cui sopra sia opportu-no che il goveropportu-no istituisca borse di studio ».
La Commissione chiuse poi i suoi lavori coll'ap-! provazione dei seguenti ordini del giorno :
« La Commissione chiudendo la prima sessione ! dei suoi lavori plaude alla tendenza espressa nelle questioni sottoposte dall'on. Ministro d'i dare pro-gressivo incremento al carattere ed al contenuto pra-i tpra-ipra-ico daglpra-i pra-insegnamentpra-i della Scuola del lavoro». 1 « La Commissione prende atto son soddisfazione
e con fiducia delle dichiarazioni del Gqverno di vo-ler dedicare a.1 riordinamento integrale della Scuola del lavoro tutte le somme che risultino necessarie per tradurre in realtà rapidamente e con immedia-to inizio della riforma il programma d'el Governo e ' la speranza della Nazione ».
L'industria tessile e la guerra
In un interessante articolo. sull'Industria, il prof. Berli at esamina l'industria tessile in rapporto alla guerra.
; Basterà dare un'occhiata — egli dice — al movi-mento commerciale dell'Italia per comprendere tutta l'importanza ch'esso ha nella sintesi delle nazioni in rapporto' alle nostre industrie. Prendiamo in esa-me una delle più grandi ed avviate industrie, che dà lavoro ad uni gran numero di operai.
966 L'ECONOMISTA 8 ottobre 1916 - N. 2214
Se esaminiamo lo scambio fatto nelle materie pri-me canapa, lino, cotone e seta, sia in fiocco che in filati, si rileva che la Germania importò dall'Italia nel 1913 per L. 111.165.166 di filati sopra accennati, i quali se fossero stati trasformati in tessuto avreb-bero più elio raddoppiato di valore.
Nell'Austria il nostro commercio generale è molto meno importante, ma rappresenta sempre un bel movimento di danaro. Nel 1913 si ebbe dall'Austria una importazione totale di L. 264.660.141 sulla qual somma i tessuti sono rappresentati per L. 6.066.455 meno del 2 1/3 per cento dell'importazione totale.
In quanto alla nostra esportazione in Austria essa è rappresentata in L. 221.147.043, nella quale cifra ab-biamo esportato in tessuti per L. 9.144.092, vale a di-re circa ii 4 per cento.
Nell'importazione totale sono pure compresi per L. 9.807.159 di filati, ma in confronto ne abbiamo esportati nell'Austria per L. 19.837.693.
Ora è da rilevare ctie il nostro paese ha chiesto | alla Germania ed all'Austria complessivamente per' 22 milioni di materie prime destinate alle industrie tessili, mentre me ha fornito a queste nazioni per 132 milioni, con una differenza in più da- parte del-l'Italia di 100 milioni e sono appunto questi che si dovrebbero cercare di trasformare in casa perchè queste due nazioni ci forniscono in tessuti per più di 75 milioni di lire; dei quali una buona parte sarà stata fabbricata coi filati forniti da noi stessi.
E poiché dopo la guerra gli alleati imporranno le loro condizioni, il commercio cogli Imperi centrali diventerà difficile, se non impossibile. Dobbiamo quindi fin d'ora imparare a fare senza della loro produzione, ma in pari tempo verrà a mancarci la nostra esportazione molto più grande in filati che in tessuti.
Di conseguenza lo sviluppo delle industrie tessili s'impone all'Italia, essa dovrà cercare di trasforma-re in casa tutta la produzione di materia prima, seta, canepa, lino, non parlo del cotone, che questa produzione è di poca importanza, tanto più che la nostra importazione in tessuti è di gran lunga su-periore alla, nostra esportazione. Infatti:
La Francia ci manda in tessuti per . L.
La Germania per » L'Inghilterra per » L'Austria per . »
Il Belgio pei* ti
La Germania aveva prima del 1914 un movimento commerciale mondiale di circa 12 miliardi d'impor-tazione contro 10 miliardi di espord'impor-tazione.
Malgrado tutto questo scambio commerciale il suo governo non ha indietreggiato pei' scatenare la più spaventevole delle guerre. Ma lasciamo alla stori*, di giudicare quale ne sarà il risultato: possiamo già però presentire quale avvenire le sarà riservato; es-sa si troverà isolata dal resto del inondo ed in ciò non avrà che il frutto di quanto ha seminato.
Il più grande cliente della Germania è l'Inghilter-ra, la quale sopra un'importazione globale di 17 a 18 miliardi all'anno, dalla sola Germania comperò nel 1913 per L. 2.010.176.425 di prodotti, sulla quaicj cifra le industrie tessili erano rappresentate dalie cifre seguenti:
Cotoni manufatti L. 177.413.500 Cotoni tinti e stampati » 43.270.525
Seterie 60.511.050 Tessuti di lana " . . . » 51.164.175
ossia per un totale di
ut: L. 332.359.250 31.854.683 >» 69.619.825 » 40.950.831 » 6.066.455 » 1.268.828 L. 149.759822 sia in totale
Quindi la nostra importazione è di circa 150 mi-lioni di lire in tessuti.
Confrontiamola con la nostra esportazione: Esportiamo in Francia per . . . L. 8.017.888 In Germania per » 5.775.288
In Inghilterra per 58.391.010 In Austria per j> 9.144.092
In Belgio per „ 2.575.585 Totale . . L. 83.903.863 da cui risulta che la nostra esportazione di tessuti è solo d'i 84 milioni, mentre ne importiamo per 150 milioni, con una d'ifterenzia dii 66 milioni, ohe dobbia-mo pagare in più all'estero.
Ora per fabbricare tutti questi tessuti l'estero ci domanda una buona parte della materia prima, tan-toché
In Francia esportiamo in filati per . L. 61.916.153 In Germania per » 111.165.166 In Inghilterra, per » 29.547.396
In Austria per 19.837.623 In Belgio per » 3.041.313
Totale . . . L. 225.507.651 Sono dunque 225 milioni di lire di filati che man-diamo all'estero e che ritornano in casa nostra in forma di tessuto, almeno per 150 milioni di lire.
Ora la guerra ci ha dimostrato che è assolutamen-te necessario che ciascuna nazione s'industri per ba-stare a sè stessa; poiché molte industrie hanno do-vuto cessare di produrre in causa della guerra, mancando in modlo assoluto della materia prima, sia essa importata dai paesi nemici o dai paesi alleati, i quali cercano di conservare per loro tutta la loro produzione vietandone l'esportazione, qualunque sia il paese che ne faccia richiesta.
per tessuti di ogni qualità. Quindi le industrie tes-sile germaniche erano rappresentate nella sola espor-tazione in Inghilterra per più del 16 per cento della esportazione complessiva nel medesimo paese, cifra che ai termine della guerra le sarà assai difficile di riconquistare dato l'odio che va seminandosi tra i due belligeranti.
Di conseguenza l'Italia che possiede tanta mate-ria prima da fornire a tutto il mondo industmate-riale per L. 225.000.000, non avrà che a sviluppare mag-giormente le sue industrie tessili perfezionandole sempre più, e per questo esistono le scuole profes-sionali industriali.
E' infatti nella scuola che si impartiscono i primi elementi della fabbricazione; è nella scuola che l'al-lievo, l'apprendista si forma in tale materia un esat-to concetesat-to; è alla scuola ch'egli impara a discutere. A ciò avevano già pensato gli industriali lombardi (prendendo esempio dalia Germania che era obbli-gata ad esportare o ad utilizzare i prodotti del suo suolo, e che in pochi anni ha saputo, mediante ia scuola, portare il suo commercio sul campo special-mente industriale) che fino dal 1844 fondarono a Mi-lano, nella sede della Società d'Incoraggiamento di Arti e Mestieri, la prima scuola di tessitura in Ita-lia, la quale segna un continuo e costante progres-so, tantoché nel 1892 si pensò di allargare l'insegna-mento coll'istituire la scuola diurna niella quale ven-gono impartiti gl'insegnamenti per formare buoni fabbi ricanti e buoni capi tecnici, più tardi) assecon-dando il loro desiderio espresso dagli industriali si istituirono delle borse di studio a favore di giovani di ristretta fortuna, mettendoli così in condizioni di poter frequentare i corsi fino allora riservati agli abbienti.
Allorché .si parla d'industria, non manca chi as-serisce che solo la Germania ha potuto siviiuppare le sue industrie, avendo saputo organizzare l'inse-gnamento professionale; eppure coi l'esempio della Società d'Incoraggiamento di Milano, possiamo con-statare che anche da noi l'industriale non è in ri-tardo, che non ha indietreggiato davanti a nessuna difficoltà, a nessun sacrifìcio per fornire l'industria del personale che gli abbisognava e che per tanto tempo era obbligato di importare da oltr'Aipi.
Oggi ini Italia chi vuole può farsi un'educazione professionale non seconda a quella di qualsiasi al-tra nazione, poiché entro le nostre mura, gli indu-striali stessi hanno già da più di 70 anni istituito a proprie spese un insegnamento che poteva e doveva affrancarli dalla mano d'opera forestiera, e fu con nostra soddisfazione che vedemmo gl'industriali e>-steiri residenti in Italia approfittarne.
8 ottobre 1916 - N. 2214 L'ECONOMISTA 967 L'industria floreale nella Riviera Ligure
L'on. deputato Orazio Raimondo in una lettera pubblicata dal giornale « il Caffaro » di Genova, e-spome interessanti notizie sull'industria floreale nella Riviera Ligure e sulle sorti della esportazione dei suoi prodotti compromessa dalla guerra. Riferiamo ta parte sostanziate idi queisto documento, nel quale si rispecchia II problema anche di altre produzioni del suolo che la guerra ha posto in condizioni diffi-colti.
Nel circondario di Sanremo prosperava la colti-vazione invernale dei hori estesa ad 860 ettari di terreno. Piccola superficie, senza dubbio; ma pochi sanno che sopra questi 860 elitari, lavorano da 3500 a 4000 persone, ette la coltura di un eltaro di ter-reno costa L. 2Ó.OUO all'anno se piantato a rose, che il eosto dei terreno, fra il prezzo originario e gli adattamenti che sono spesso vere creazioni dei n/uLia,
varia da L. 15.000 a 2o.000 ogni ettaro, che l'acqua d'irrigazione si vende ai prezzi di L. 32, 36, 55 al me., e si e venduta un tempo anche a L. 100 il me., e, Laddove non esistono acquedotti, si estraeva dai pozzi con quegli strumenti arcaici che si chiaman « le norie », azionate dai lento giro dli un somaro bendato.
Oggi le unità colturali (quasi tutte al disotto di un ettaro, spessissimo anche al disotto di 1/2 ettaro; e talvolta di minima superficie) hanno raggiunto il numero di 3000 e impiegano da 3500 a 4000 lavoraz-ioni, compresi i proprietarii, e richiedono una spesa colturale annua di dieci milioni. A questa bisogna aggiungere i servizii dei trasporti ai mercato, dei trasporti ferroviari, la fabbrica del casti, l'acquisto deiia carta, i negozianti, gli spedizioneri, le tasse, i posteggi, gii affitti di locali, ecc., per un importo di altri cinque milioni.
Secondo le statistiche ufficiali i fiori esportati sa-rebbero per l'anno Q,H Valore 1910 . . 20.578 6.173.000 1911 . . 28.176 9.861.600 1912 . 10.427.900 1913 . 15.091.300 1914 . . 37.838 12.108.100
Queste cifre non si possono accettare se non come un dato molto approssimativo, sia per quanto ri-guarda il valore. Trattandosi di esportazioni non soggette a dazio di uscita, non esiste un attento controllo e si adottano i quantitativi che risultano consegnati alle ferrovie: mancano così tutti i fiori che si trasportano per mezzo di carri o automobili o come bagaglio da Ventimlglia oltre la frontiera francese per mezzo della P. L. M., tutte le spedi-zioni eseguite per pacco postale, le provviste che si portano seco i forestieri, ia piante verdi e le foglie classificate come medicinali, oltre beninteso il con-sumo interno nazionale. I prezzi sono calcolati in base a L. 3 il Kg., valore applicato dalle Ferrovie in materia di rimborsi per avarie e disguidi «dei colli agricoli, pesci morti, polli vivi, botti vuote e generi alimentari deperibili». La P. L. M. ha adot-tato un prezzo unitario per chilogramma molto più elevato (o lire); ma qui siamo nel campo dell'arbitrio e della fantasia, perchè le specie di fiord sono sva-riatissime, anche per un medesimo genere, e con di-vari enormi di prezzo, e perchè i iprezzd della «stessa varieta presentano degli sbalzi così inverosimili da un mese ali altro che non si può assolutamente de-durre una media.
Indagini dirette e accurate consentono tuttavia di attenuare «che il valore delia produzione annua non è intenore a 30 milioni di Lire», e che 4 quintali del totale sono forniti dal circondario di Sanremo: intatti, menttre le statistiche danno un'esportazione «per tanno 1910 di kg. 2.057.800, dal 1. ottobre 1908 al 31 maggio 1909» risultano imbarcati nelle stazioni del circondario «per mercati esteri e nazionali» ben 2.400.000 kg.: e sebbene le osservazioni si liferiscano a periodi di tempo diversi, il dato dli raffronto non cessai dà essere istruttiva
L'esportazione del 1913 che, come vedemmo, fu di
quintali 47.173 per un valore di L. 15.095.360, venne così distribuita:
Deatinaz. pel 1913 Q.ll Valore
Austria-Ungheria. . . . 19.753 6.329.900
Germania . 14.617 4.677.441
• 8.530 2.729.600 796.800 Altri paesi • . . . 1.783 570.560
Ossia la Germania e l'Austria-Ungheria assorbi-rono quintali 34.370 per un valore di 10.998.400 mi-lioni, circa il 70 per cento dell'intera esportazione.
11 lettore sorvolerà su queste ci'fre, pensando che, esprimano grette preoccupazioni campanilistiche. De-ve disingannarsi subito: se anche non fossero in giuoco che gl'interessi dei nostri laboriosi coltivatori —• che costano così poco per lavori pubblici e nulla per pubblica sicurezza — in un paese afflitto da un deficit imponente della bilancia commerciale, una esportazione di 15 a 20 milioni all'anno non sarebbe poi da guardarsi con disdegno, ma, adducendo lo esempio della coltivazione deli fiori, si intende po-sare la formidabile questione «della produzione or-ticola», che forse rappresenta «il quarto» della no-stra esportazione totale.
Ecco una «voce» che tocca da vicino il circondario di Albenga: sempre nel 1913: Frutta fresca, compresi l'uva e i pomidori.
Destinaz. pel 1913 Q.ll Valore
Germania . . 1 1.451.396 44.091.037 Austria-Ungheria. 298.563 9.113.261 S v i z z e r a . . . . 291.934 9.026.085 Francia . . . . 91.432 2.546.488 Stati Uniti . 53.632 1.960.216 Altri paesi . 43.424 1.382.043 Totale. 2.20381 68.149.100
Ossia la Germania e l'Austria-Ungheria assorbi-rono quintali 1.649.959 per un valore di milioni 53 e 234.La8, circa il 75 per cento dell'intera esporta-zione.
Gii esempi potrebbero continuare colle frutta sec-che, ie palate, i legumi e gli ortaggi, ecc.
Tornando ai nostri fiori, è eviuente che, qualun-que soluzione attenda il problema dei rapporti in-ueu-nazionaii, il commeircijo cogli imperi saia gran-demente diminuito per ragioni economiche e paliti-cne paliti-cne non hanno d'uopo d'illustrazione; donde il bisogno di una tutela eiucace «mei nostro commer-cilo nomate ».
I mercati a cui dobbiamo mirare sono principal-mente la Russia e l'Inghilterra; la Russia che ha un importazione poco rilevante, l'inghiiterra che non imporra nulla. Le prime cose da assicurarsi sono il transito e l'introduzione. L Inghilterra tino ad ora non colpisce con alcun dazio i importazione dei fiori ann esterò; ma la Francia è, rispetto a noi, in con-aizione privilegiata « per la disianza, per le tariffe ierroviarie, per le più strette relazioni politiche». La Russia è più vicina a noi, ma i fiori sono sotto-posti ad un dazio di due rubli ogni pudo, cioè L. 33 ogni 100 kg.; una imposizione enorme se si tien con-io della lunghezza del trasporto e delle difficoltà cli-matiche che causano spese e avarie gravissime.
L'Amministrazione sarebbe vivamente grata a quegli abbonati che, non avendo speciali ragioni : per conservare i fascicoli deZZ'Economista qui sotto
968 L'ECONOMISTA 8 ottobre 1916 - N. 2214
Per l'incremento dell'agricoltura dopo la guerra
A proposito dell'appello rivolto molto opportuna-mente alle Camere di Commercio ed alle più impor-tuniti Associazioni industriali dal Sottosegretario di Stato del Dicastero dell'Industria, e Lavoro, on. Mor-purgo, nel duplice intento di preparare l'emancipa-zione del paese, a guerra finita, da una buona par-te dei prodotti manufatti esipar-teri finora forniti dall'e-stero, alimentando, in pari tempo, una buona parte almeno dei nuovi opifìci, sorti per le necessità della guerra, ci sembra utile osservare, serive il « Popolo HOmano », che l'agricoltura, troppo finora trascura-ta, merita tutta Jattenzione dei Governo.Vi fu un momento — in seguito alla rimarchevole inchiesta di Stefano Jacini — in cui si credette di veder rifiorire l'agricoltura italiana, e infatti un certo impulso non mancò; ma, come avviene in molti rami deila nostra politica economica — mancò la necessaria tenacia di propositi.
. Uno sguardo alla produzione agricola, 'fondamen-tale specialmente per la nostra penisola, fa scorge-re ben pscorge-resto certe, lacune, che ci costringono ad im-portare materie, per le quali, senza grande difficoltà, potremmo sostituirci alle altre nazioni.
Senza vagare in largo e in lungo, basterebbe chie-dere, ad esempio, perchè l'Italia non coltivi la cico-ria, della quale introdiuctiamo 10 mila quintali all'an-no per convertirla in surrogato del caffè.
Perchè, ad esempio, non si coltivò il luppolo, do-po le prove ben riuscite nell'Umbria? L'olio di tre-mentina, del quale importiamo beni 25 mila quintali, sarebbe possibile averlo in casa con foreste adatte, come ha la Francia, la quale spedisce circa 17 mila quintali. Si pensi che l'industria dei cappelli di pa-glia — italiana per eccellenza — trae molte treccie dall'estero e fa venire dal Giappone 3000 quintali di treccia d'orzo celeste per confezionare i cappelli ma-schili. Lo stesso dicasi per i cappelli di feltro, di cui l'Italia vanta il primato con le due fabbriche mon-diali di Alessandria e di Monza, per la cui fabbrica-zione s'impiega il pelo di coniglio, la cui miporta-zioae ascende ad un valore di non pouhi milioni di lire.
Non m e n o , sconfortante è il fatto che la pollicul-tura sia così debole da costringere l'industria ita-liana ad importare 5000 quintali di piume dà letto — in gran parte dalla Francia e dagli Stati Uniti.
Assai lungo è l'elenco di altre materie prime agri-cole, di cui l'Italia produce così poca quantità da es-sere costretta a procacciarsi il necessario sui mer-cati esteri con danno evidente della economia nazio-nale; una non è il raso dà ìtasisteie su questo punto, bastando ricordare che nel 1913 importammo per 55 milioni di lire di bozzoli, malgrado una provvida legge che 'incoraggia largamente questo ramo della agricoltura.
Ragguardevole altresì la serie di prodotti agricoli, che escono dall'Italia, ove dovrebbero trovare con-veniente lavorazione. Ricordiamo le essenze di agru-mi, che por 25 milioni vengono esportate per essere utilizzate all'estero; così dicasi del citrato di calcio, di cui esportiamo in medila 60.000 quintali' all'anno, invece di trasformare la maggior parie di acido ci-trico; ed una quantità pressoché uguale di feccia di vino che, unita a 100 mila quintali di gruma di botte, all'estero viene ridotta in acido tartarico: in-dustria tecnicamente facile e già bene iniziata nel nostro paese. Non è poca la bellissima canapa del-l'Emilia che si esporta grezza mentre potrebbe con-vertirsi, su ben larga base, in filato e tessuto.
Bastino questi pochi esempi per dimosti'a.re come prima di rivolgersi ad industrie ancora nuove per noi, non convenga meglio sviluppare quelle natu-rali, per le quali il suolo e il sottosuolo possono for-nirci la materia prima.'L'Italia spende all'estero 600 milioni all'anno per prodotti setndriavoratà.
Ora è certo che saremmo in grado di risparmiare, se non tutti, una buona parte certamente dei 600 mi-lioni. E tanto per dare un esempio molto elementa-re, non converrà importare legname del tutto grez-zo, bensì grossolanamente squadrato, perchè la dif-ferenza di spesa per la lavorazione non pagherebbe quella del trasporto.
Ad ogni modo è soltanto l'attenzione degli specia-listi competenti, ifphie fanno capri alle a ssoci azioni industriali, che potrà dare un serio suggerimento
sulla convenienza economica di stabilire in Italia questa o quella specie di opilicio per prodotti semi-lavorati.
Un altro punto non meno importante del vasto problema che stiamo esaminando, è quello della pro-duzione di altri articoli, o di merci più complesse.
Ed invero non sarà possibile far vivere una fila-tura di cotone, senza avere alla portata macchine dli ricambio, cinghie, olio lubrificante, e così via di-cendo; così pure non sarà possibile gestire una cal-zoleria meccanica senza avere, oltre il cuoio, tessuti elastici, chiodi, refe, pece, ecc.
Da ciò nasce la convenienza economica di creare una compagine industriale, ben organizzata, di sva-riate produzioni, crdlegantesi tra loro e coesisterai!. Durante questa immane guerra non poche volte j alcuni nostri opifìci si trovarono arenati per man-• canza di qualche cosa loro necessaria: è troppo no-l to a.tutti a quano-le guaio ci abbia condotti no-la
deficien-za di colori da tinta per dimostrare l'asserto. A provvedere quindi all'assestamento industriale italiano sarà necessaria grand» cura per istituire le officine delle produzioni mancanti, perchè quelle esistenti non debbono arrestare il loro funzionamen-to per esaurimenfunzionamen-to di mezzi strumentali o di materie ausiliarie.
insistiamo nel ripetere che .un-tale assestamento dovrà farsi a ragione veduta per non creare indu-strie non redditizie, per esigenza di quantitativo di prodotto annuale, o per altre ragioni di convenien-za: quale, ad esempio, l'assoluta deficienza, con re-lativa difficoltà di avere materia prima: eccessivo di-spendio di combustibile o di forza motrice: inetti-tudine tecnica dei lavoratori e via dicendo.
EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA
Il rialzo dei prezzi in Inghilterra. — L ' I n g h i l t e r r a
possiede, co-me è noto, la più potente flotta mercan-tile e domina il mare; in Europa non c'è altro Stato che possa procurarsi con. tanta facilità tutti ì pro-dotti che occorrono ai suoi abitanti, come lo può fare la Gran Bretagna, la quale non ha inoltre da subire perdite per l'aggio sulla sua valuta, Eppure, nonstante queste condizioni tanto favorevoli all'e-conomia nazionale — nota il Colombi nella «Perse-veranza » — vi si constata un notevolissimo rinca-ro della viltà. La tendenza al rincarinca-ro si era manife-stata già negli anni precedenti la guerra. Come lo annuncia 1' « Economist », l'organo più autorevole in Inghilterra in materia economica, dal periodo 1900-1905 al luglio 1914 c'è stato un rincaro del 17 per cento; nel luglio 1915 era salito al 49 per cento e nel luglio 1916 al 91.7 per cento.
Riassumiamo, in pochi dati, questa marcia verso il ricaro: V 2,-e* o 2-n " u o M J> ce o ce " .2 13 o «„ = = £ 2 3 o Altr e d i teali m zucch . « » C/3 k. O < ** V c •5 Cautc h Leg n Olio , i • o s ò
-Base media, punto di partenza,
per il quinquennio 1901-905 100 100 100 ino 100 100 1 gennaio 1914 113 US !28 12? 114 1 1 119 1 luglio 1914 116 117 133 lifi 114 1 1 117 I gennaio 1915 157 138 107 130 15G 136 1 luglio 1915 168 147 121 156 155 149 1 gennaio 1916 169 155 156 190 177 173 1 luglio 1916 19! 175 159 ?20 208 191 31 agosto 1916 200 177 176 - 218 217 198
Il mese di luglio 1916 segna, dunque., uno dei pe-riodi nei quali il rincaro tocca uno dea punti massi-mi; il record, però, è dato dal mese di agosto p. p., con un aumento medio del 98 per cento. Nei mesi di giugno e luglio p. p. c'era stato un leggero accen-no ad una diminuzione del rincaro, ma poi nell'ago-sto il rialzo continuò la sua corsa ascendente. Tutte le categorie di articoli contribuiscono a questo rin-caro. Al rialzo della prima categoria ha contribuito particolarmente il rincaro del grano, reso ancor più sensibile dalla scarsità del Raccolto in America.
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lande del Lancashire acquistano i'83.7 per cento del cotone che lavorano negli ^tati d'America.
Ora, in seno all'Associazione dei direttori di que-sta industria, si agita vivamente il problema di li-berare l'industria cotoniera britannica da questa di-pendenza dall'America, favorendo, col concorso fi-nanziario dello Stato, la coltura del coione nelle colonie britanniche. Grazie all'azione sviluppata dalla « British Cotton Growing Associatioh », li rac-colto massimo, fin qui raggiunto dalle colonie bri-tanniche, fu di 82.000 baile.
La produzione nord-americana fu, nel 1890-1895, in media di 8.345.000 balle, e sali nel 1911-1915 a 14.394.000 baile. Gli Stati Uniti videro aumentare il loro consumo da 2.600.000 a 5.300.000 balle; l'aumen-to degli acquisti delle nazioni continentali d'Europa fu di 2.630.000 balle. Nell'ultimo ventennio gli ac-quisti di cotone da parte dell'Inghilterra sui mer-cati americani sono diminuiti del 9.9 per cento.
L'aumento dei preul In alcune città del Regno.
Il seguente quadro servirà a dare ai nostri lettori una sufficiente prova dell'aumento dei prezzi negli anni di guerra per alcune principali città italiane. Il confronto è fatto coi prezzi del luglio 1914:Rafronto dell'aumento dei prezzi in alcune città del Regno.
C I T T A ' Firenze Udine Bergamo Milano T o r i n o Qenova Livorno Reggio Emilia Bologna Ancona Roma Napoli Venezia 1914 bfi c -1 o <u 1915 100.29 111. 93.54 110 95 80 106 94 86 101 98.49; 104. 101.02 107 99. 74 109 100.62 110 100.38 111. 106 12,113. 102.74 108 93.03: -98 67 111. 1916 120. 125. 121 112. 122. 120. 122. 123. 111. 111. 124. 25;121. 62 139. 41:124. 53'118. . 124. 28 127. 32 130. 19 124. 59 147. — 127 81 120. 95 133. 17 134. 93 127. 147. 124. 118. 93 123. 14 132. 134 138. 154. 126. 118. 125 134 132. 144, 122 132 138, 133 138. 156, 135. 119 138. 137. 134. 149 127. 125 186. 142. 132. 189 161 132. 123. 137. 146. 129.12 142.71 123.56 123.44 136.23 132 -87 133.60 140. 63 142. 47 185 78 122.61 134.75 146. 71 I profitti delle grandi Società industriali inglesi.
— La guerra ha determinato, anche presso i paesi belligeranti, dei grandi spostamenti di ricchezza. Com'è noto i maggiori guadagni sono stati fatti dal-le industrie che hanno uni rapporto più o meno di-retto coi rifornimenti bellici. Recentemente sono sta-ti pùbblióasta-ti i seguensta-ti interessansta-ti dasta-ti sui profìtsta-ti di parecchie grandi società industriali inglesi du-rante gli anni di guerra.
In una lista di 22 grandi società, mentre i bilanci presentati nel 1914 presentavano un profitto di qua-si 4.6 milioni di sterline, cioè 115 milioni di lire, e quelli presentati nel 1915 un profitto di 4.3 milioni di sterline (107.5 milioni di lire), i bilanci presentati nel 1916 presentano un profitto di quasi 7.8 milioni di sterline (195 milioni di lire). I profitti di queste 22 società sono aumentati del 68 per cento in con-fronto del 1914 e del 78 per cento in concon-fronto del 1915. Queste cifre eccezionali sono tanto più notevoli in quanto la tendenza generale dei profitti da due anni va in senso discendente, tendenza naturalmente accentuata dallo scoppio della guerra.
Altre 15 grandi società segnano invece una sen-sibile diminuzione di profitti: da 1.5 milioni di ster-line (37.5 milioni di lire), nei bilanci presentati nel 1914, a 1.3 milioni (34 milioni di lire) in quelli del 1915, a 685.151 sterline (17 milioni di lire) in quelli del 1916 1 profitti di dette grandi società sono dimi-nuiti del 10.5 per cento nel 1915, e del 54.7 per cento nel 1916, in confronto del 1914.
Naturalmente tra le società che hanno avuto un notevole aumento dei profitti figurano sopratutto quelle del gruppo del ferro, dell'acciaio e del carbo-ne; le maggiori diminuzioni nei profitti si sono veri-ficate nei magazzini di Londra e nel gruppo degli alberghi e « restaurants ».
I dati pubblicati duiran te l'anno sul conto pro-fitti netti di dette società nel periodo giugno 1915-giugno 1916, dedotti gli interessi, segnano un au-mento del 20 per cento in confronto del
corrispon-dente periodo prececorrispon-dente (2055 milioni di lire contro 1712.5 milioni di idre, con un aumento dli 342.5 mi-lioni di lire). Net 1914-915 i profìtti netti di 923 di queste società erano diminuiti di 107.5 milioni di li-re, cioè del 6 per cento in confronto dell'anno prece-dente prima della guerra. L'aumento nell'ultimo pe-riodo è andato costantemente crescendo nei succes-sivi trimestri, dal 3" trimestre 1915 al 2° trimestre 1916: in confronto dell'anno precedente i profitti netti aumentarono solo del 0.5 per cento nel 3° e del 0.1 per cento nel 4° trimestre 1915; ma nel 1° trimestre 1916 l'aumento è salito al 17.4 per cento in confronto del corrispondente trimestre dell'anno precedente e nel 2° trimestre 1916 del 40.8 per cento! I più lauti aumenti di profitto nel periodo segnano le compa-gni» di navigazione (104.1 per cento di aumento), Le piantagioni d'i the (60 per cento), le .indùstrie dèi motori e dello biciclette (45.6 per cento), le compa-gnie dei canali e docks (45.1 per cento); le società del ferro, dell'accaio, del carbone (33.8 per cento), i telegrafi e telefoni che includono le compagnie dei cavi sottomarini (24 per cento), cioè le industrie che hanno rapporto colla guerra.
Degno di nota è il fatto che i due miliardi di pro-fitti sono stati distribuiti in ragione del 49.5 per cen-to in dividendi ordinari e del 16.3 per cencen-to in divi-dendi preferenziali, mentre il 34.2 per cento sono stati passati al fondo di riserva, « per evitare ecces-sive tassazioni sui profitti di guerra! ».
Dai bilanci di 11 compagnie, si rileva che i pro-fitti fatti dalle medesime sono aumentati in due anni di più di 110 milioni di lire (da oltre 50 milioni nel 1914 a più di 160 milioni nel 1916). I dati di queste poche compagnie bastano a dare un'idea degli enor-mi profitti degli armatori inglesi, in conseguenza della guerra.
L'industria francese nei primi due anni di guerra.
— Dall'ultimo nùmero del «Bollettino dell'Emigra-zione» rileviamo i risultati di un'inchiesta eseguita intorno alle condizioni economiche della Francia. Oggetto di particolare indagine furono 49.500 Ditte, le quali, in tempi normali, davano1 occupazione a 1.600.000 persone (operai e impiegati).
La prima conseguenza della mobilitazione genera-le dell'agosto 1914 fu la chiusura immediata di oltre la metà di queste industriali e commerciali intrapre-se, una parte delle quali però ritornava in esercizio già nell'ottobre 1914. A poco a poco il numero di esse andò aumentando, così che nel gennaio 1916, oltre l'81 per cento aveva ripreso l'attività che la di-chiarazione di guerra aveva interrotta.
Quanto al personale degli stabilimenti, oggetto del-l'indagine in parola, i progressi sono stati più sen-sibili ancora. Negli ultimi d'agosto lavorava appena il 33 % dell'effettivo normale cosi che, dedotto il to-tale degli operai chiamati a seryizio militare, il 48 % della massa operaia normalmente occupata trovavasi senza lavoro.
Il numero delle persone che trovavano, prima della guerra, occupazione nel commercio e nell'industria, ascendeva a 6 mdlkxnii; di questi 2 milioni e mezzo nell'agosto 1914 rimasero improvvisamente sènza la-voro. Il numero dei disoccupati andò però tosto di-minuendo con considerevole rapidità. Nel gennaio 1915 1*80 % soltanto del totale indicato era senza oc-cupazione; nel luglio 1915 si contava appena l'8 %, e nel gennaio 1916 il numero degli operai occupati è anzi salito di oltre l'uno per cento, il che vuoi dire che oltre 60.000 persone si erano aggiunti all'esercito normale di sei milioni di lavoratori.
Nell'industria metallurgica il personale è presen-temente di molto aumentato: un considerevole nu-mero di donne e di operai, appartenenti ad altre categorie di mestieri, hanno sostituito coloro che sono stati chiamati a servizio militare.