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I PRIMI DIECI ANNI DEL CASPUR: DAGLI ALBORI ALLA MATURITÀ

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Academic year: 2021

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Il Professor Filippo Sabetta è stato il primo Presidente del CASPUR. L’articolo propone quindi la sua lettura di un de-cennio, ripercorrendo gli avvenimenti principali e i fatti sa-lienti che hanno caratterizzato i primi dieci anni di vita del CASPUR, dal 1992, anno della sua costituzione, al 2003, anno in cui l’incarico di Presidente è passato al Professor Franco A. Gianturco.

Quando, nel 1992, il Rettore Giorgio Tecce dell’Università di Roma La Sapienza mi delegò a presiedere il neonato Consorzio CASPUR, io ero un semplice utente del Centro di Calcolo, del tutto inesperto di sistemi infor-matici e di problemi gestionali.

Il CASPUR era l’erede del Progetto NIC (Numeric Intensive Computing), che aveva consentito a un pool di Università e Centri di Ricerca di ottenere dal Ministero un finanziamento per l’acquisizione di un sistema di cal-colo (IBM 3090) che le singole Università non si sarebbero potute permettere. Oggi sembra impossibile, ma, vent’anni fa un calcolatore, con una potenza inferiore a quella degli attuali PC, aveva costi miliardari, occupava una superficie di centinaia di metri quadri e richiedeva il supporto di numerosi operatori che dovevano occuparsi della gestione del sistema, dai nastri di memoria alle stampanti, oltre ad aiutare noi, poveri utenti, che impaz-zivamo a caricare pacchi di migliaia di schede.

Il Ministero (allora MURST) aveva pertanto deciso di puntare su quattro Centri di Calcolo, geograficamente distribuiti, il CILEA a Milano, il CINECA a Bologna, il CASPUR a Roma e il CUC a Palermo. Quando si costituì il Con-sorzio, però, dei tanti membri del progetto NIC, oltre alla Sapienza restarono solo l’Università di Bari, il Politecnico di Bari e l’Università di Lecce, cui si aggiunse, un paio di anni dopo, l’Università degli Studi Roma Tre. Ci ritro-vammo così a gestire il Consorzio con Mauro Biliotti, Andrea Dadone, Sergio Natali e poi Alfonso Miola, che, a buon diritto, possono essere considerati “i padri fondatori del CASPUR”. Per fortuna era con noi Romano Bizzarri, un Direttore dalle eccezionali capacità e competenze, che è stato la vera anima e l’artefice del CASPUR.

Il Consorzio nasceva quindi con l’unica finalità di gestire un sistema di super-calcolo al servizio dell’utenza universitaria e di ricerca, basandosi sul finanziamento dei contributi MURST, delle quote delle Università con-sorziate e degli introiti da parte dell’utenza, ma privo di personale, che era interamente dipendente della Sa-pienza. La prima esigenza, pertanto, fu di dotarsi di un adeguato organico di personale. Romano era un eccezionale “talent scout”, che, pressato dalle esigenze di funzionamento, periodicamente veniva a proporre al Consiglio Direttivo l’assunzione dei più brillanti tecnici fra quelli che operavano alla Sapienza e nei Centri di Ricerca. Il Consiglio Direttivo, preoccupato dalle implicazioni sul bilancio, faceva la faccia feroce e su cinque richieste ne autorizzava due: ma, poiché Romano aveva pensato di ottenerne una, alla fine aveva sempre vinto lui. Questa graduale e mirata politica di assunzioni è stata, a mio avviso, la base per il successo del CA-SPUR, che si è affermato principalmente per la qualità e l’elevata professionalità del proprio personale. Fra i dipendenti della Sapienza c’era un giovane particolarmente brillante e da noi a lungo corteggiato. Dopo lunghe esitazioni, si decise a “lasciare la via vecchia per la nuova” e non credo che se ne sia pentito: quel giovane era Francesco Proietti.

Mentre la struttura del CASPUR cresceva, il mondo informatico stava rapidamente cambiando: l’avvento del-le workstations stava sempre più riducendo l’interesse degli utenti ad avvadel-lersi di una macchina come l’IBM 3090. Fu allora necessario aprirsi al calcolo parallelo che si sviluppò via via con l’acquisizione di cluster di mac-chine Quadrics, cluster Alpha, SP2, che però richiedevano notevoli investimenti.

I PRIMI DIECI ANNI DEL CASPUR:

DAGLI ALBORI ALLA MATURITÀ

Filippo Sabetta

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Parallelamente stava nascendo la necessità di informatizzazione degli enti pubblici, che, non disponendo di adeguate competenze, si rivolgevano al CASPUR per la realizzazione di infrastrutture e servizi. Anche se ciò non rientrava fra gli scopi istituzionali del Consorzio, apparve opportuno che un ente a finanziamento pubblico non si sottraesse a questi nuovi compiti, che, oltretutto, potevano garantire una nuova fonte di finanziamento. Fu così che nel 1994 firmammo il primo contratto di servizi con il Comune di Roma, cui seguirono quello con la Ca-mera dei Deputati e tanti altri tra i quali particolarmente significativo si rivelò quello per l’assistenza al Centro Elaborazione Dati del MURST.

Ma se le attività del Consorzio crescevano, aumentavano anche le spese, mentre gli introiti andavano gra-dualmente riducendosi. Le Università consorziate avevano sempre più difficoltà a erogare le quote di adesione, gli utenti erano sempre meno disposti a investire sui grandi calcolatori e il Ministero si orientava a una diversa politica sui Centri di Calcolo, che prevedeva nel CINECA l’unico Centro nazionale, cosicché i finanziamenti mini-steriali divennero sempre più ridotti e aleatori. Alla vigilia del Natale del 1995 arrivammo così a una “dramma-tica” riunione del Consiglio Direttivo in cui, preso atto che restavano i fondi per il pagamento degli stipendi del solo mese di Gennaio, si dovette prospettare la chiusura del Consorzio, qualora non fosse intervenuta qualche novità. Fu per me uno dei momenti più difficili: sentivo la responsabilità nei confronti dei dipendenti e mi in-terrogavo se avessimo fatto il passo più lungo della gamba. Per fortuna, attraverso lo sblocco di un credito pre-gresso, arrivò la boccata di ossigeno che ci consentì di superare la crisi.

Da quel momento i semi gettati mediante l’assistenza al MURST cominciarono a dare frutti anche grazie alla lungimiranza del Direttore Generale di allora Giovanni D’Addona che, avendo apprezzato la qualità del lavoro svolto dai tecnici del Consorzio, intuì tutti i vantaggi che il Ministero avrebbe avuto da un’assistenza in loco e senza doversi rivolgere a operatori privati. I finanziamenti ministeriali ripresero a fluire con regolarità e il CASPUR si riavviò sulla strada della stabilità economica.

La crescita in termini di organico rese però ben presto evidente l’inadeguatezza della sistemazione logistica. Il CASPUR era ancora ospitato nello scantinato dell’edificio di Fisica Nuova dell’Università Sapienza, dove convi-veva con il Centro di Calcolo Interdipartimentale (CICS) e dove i dipendenti erano ammassati in poche e precarie stanze. Dopo qualche ricerca, si presentò l’occasione di affittare una palazzina nei pressi del Policlinico, che però richiedeva di essere ristrutturata. Stipulammo il compromesso e avviammo i lavori di progettazione, con grande entusiasmo di tutti i dipendenti, ognuno dei quali già prenotava la propria stanza nuova. Quando improvvisa-mente il proprietario decise di recedere dall’accordo, fu per tutti una cocente delusione, che si acuì quando fallì anche la trattativa per un’altra possibile sede. Ma, forse fu invece una fortuna perché poco dopo apparve al-l’orizzonte quella che poi è l’attuale sede del Consorzio. Aveva tutti i requisiti necessari: la vicinanza alla Sapienza, una bella palazzina in una via tranquilla e la possibilità di essere adattata alle nostre esigenze, poiché in fase di totale ristrutturazione. Ma aveva anche il serio problema di essere in vendita e non in affitto, cosa che richiedeva un investimento superiore al bilancio annuale del Consorzio. Non rischiavamo di nuovo di fare il passo più lungo della gamba? Dopo qualche esitazione prevalse l’ottimismo e ci lanciammo nella nuova avventura, dando il via alla progettazione e ristrutturazione. Alla fine del 2002, dopo un anno e mezzo di lavori, la nuova sede era pronta e quindi “uscimmo a riveder le stelle”.

In quel momento capii che il mio compito al CASPUR si era esaurito ed era tempo di lasciare spazio ad altri che, con nuove idee e rinnovate energie, avrebbero lanciato il Consorzio verso nuovi ambiziosi traguardi. E, se mi si perdona l’immodestia, almeno in questa previsione non mi sono sbagliato.

Mentre buttavo giù questa breve retrospettiva, mi sono tornati alla mente i nomi dei tanti collaboratori che ho avuto la fortuna di conoscere e apprezzare durante i dieci anni trascorsi insieme e che avrebbero meritato di essere citati per l’apporto decisivo che hanno dato allo sviluppo del Consorzio. Non l’ho fatto per il timore di dimenticarne qualcuno e perché, forse, avrei scritto l’elenco dell’organico del CASPUR. A tutti loro va il mio rin-graziamento per aver realizzato con la loro competenza, passione ed entusiasmo una bella e importante realtà, di cui devono essere giustamente orgogliosi.

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