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Comunico che il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 22 febbraio 2012, ha adottato la seguente delibera

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(ex par. 14 ora art. 38 Nuova Circolare)

Oggetto: Pratica num. 233/VV/2011 - Ottemperanza alla sentenza T.A.R. Gamma n. 9066/11 che ha accolto il ricorso per l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento del Presidente del Tribunale di Alpha n. 30 del 19 aprile 2011 con il quale è stato disposto il trasferimento del ricorrente presso la sede distaccata di Beta al posto del dott. Primo e resistenza al ricorso proposto dal dott. Secondo avverso la delibera CSM del 16.11.2011.

Comunico che il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 22 febbraio 2012, ha adottato la seguente delibera:

“ - visto il ricorso presentato dal dott. Secondo per l’ottemperanza alla sentenza del T.A.R. Gamma n. 9066/11 che ha accolto il ricorso per l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento del Presidente del Tribunale di Alpha n. 30 del 19 aprile 2011 con il quale è stato disposto il trasferimento del ricorrente presso la sede distaccata di Beta al posto del dott. Primo,

OSSERVA

Con ricorso del 27 dicembre 2011 il dott. Secondo ha chiesto l’ottemperanza alla sentenza del T.A.R. Gamma n. 9066/11 che ha accolto il ricorso per l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento del Presidente del Tribunale di Alpha n. 30 del 19 aprile 2011 con il quale è stato disposto in via d’urgenza il trasferimento del ricorrente presso la sede distaccata di Beta al posto del dott. Primo.

Con il medesimo ricorso il dott. Secondo ha anche chiesto l’annullamento della delibera di approvazione del provvedimento presidenziale, nelle more intervenuto ad opera del C.S.M. in data 16 novembre 2011.

Con ricorso del 20 maggio 2011 il dott. Secondo aveva infatti chiesto l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento del Presidente del Tribunale di Alpha n. 30 del 19 aprile 2011 con il quale era stato disposto il trasferimento del ricorrente presso la sede distaccata di Beta al posto del dott. Primo, nonché l’ottemperanza alla precedente sentenza del T.A.R. Gamma n. 37603/10 di accoglimento parziale del precedente ricorso.

Con un precedente ricorso, infatti, il dott. Secondo aveva lamentato che, in occasione di una riorganizzazione tabellare con la quale il Presidente del Tribunale aveva avanzato la sua proposta, sarebbero state azzerate tutte le precedenti posizioni tabellari presso l’ufficio allo scopo di riassegnare i ruoli attraverso appositi concorsi interni.

Tuttavia operando in tale modo sarebbero state create le condizioni per provvedere ad un trasferimento d’ufficio non consentito dello stesso ricorrente il quale svolgeva le funzioni presso la sede centrale del Tribunale e si era visto trasferire alla sezione distaccata di Beta. Ciò era stato possibile in seguito ad una catena di provvedimenti, asseritamente viziati per illegittimità propria e derivata, resi in assenza dei presupposti previsti dalla legge, peraltro utilizzando la procedura della modifica tabellare.

Il T.A.R. Gamma, con decreto emesso inaudita altera parte il 23 dicembre 2009, aveva disposto la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati sino al 13 gennaio 2010, data in cui era stata fissata l’udienza per la delibazione collegiale dell’istanza cautelare.

Successivamente il T.A.R. Gamma, con la sentenza n. 37603/10, aveva accolto parzialmente il ricorso censurando i provvedimenti presidenziali, i quali si erano discostati dalla clausola del C.S.M. che era una regola concreta individuata per disciplinare un caso (la totale riorganizzazione di una sezione); tale regola, pur legittima, non era stata compiutamente disciplinata in circolare, che regolamenta le ipotesi più limitate di “potenziamento di un settore” o di “spostamento di magistrati da una sezione all’altra”.

Il ricorso era stato dunque in parte accolto con l’annullamento dei provvedimenti di indizione dei concorsi interni relativi e di successiva assegnazione dei posti di Giudice “C” ed “F”, del trasferimento di ufficio del dott. Secondo e, per quanto di interesse, della delibera del C.S.M.

che aveva approvato, tra gli altri, questi provvedimenti.

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Il Presidente del Tribunale di Alpha aveva prestato spontaneo ossequio alla sentenza e destinato il dott. Secondo alla sede centrale, in seguito a nuova indizione di concorsi interni sulle posizioni tabellari “C” e “F”.

Con un successivo ricorso il dott. Secondo ha contestato che, nonostante egli fosse stato destinato alla sede centrale di Alpha in seguito al contenzioso di cui si è detto, è stato nuovamente trasferito d’ufficio alla sede distaccata di Beta con provvedimento presidenziale del 19 aprile 2011, immediatamente esecutivo, attraverso una procedura che egli ha ritenuto illegittima.

Il T.A.R. Gamma con la sentenza n. 9066/11 in data 21 novembre 2011, di cui il dott.

Secondo ha chiesto l’ottemperanza, ha accolto il ricorso, annullando tale provvedimento presidenziale.

Sta di fatto che, nelle more del giudizio, era già intervenuta la delibera del 16 novembre 2011 con la quale il Consiglio ha approvato il provvedimento presidenziale, e ciò assume un rilievo di per sé dirimente.

Il provvedimento organizzativo, infatti, è stato definitivamente vagliato dal C.S.M. con la delibera plenaria del 16 novembre 2011, unico atto a rilevanza esterna nell'ambito del definito procedimento di variazione tabellare originato dal decreto urgente del Presidente del Tribunale di Alpha del 19 aprile 2011, che, secondo l’espressa previsione del comma 2 dell’art. 7bis O.G., svolge la sola funzione di anticipare gli effetti che la legge riserva esclusivamente alla deliberazione del CSM.

Invero, l'art. 7 bis R.D. 12/1941, dopo aver indicato al primo comma l'oggetto delle tabelle degli uffici giudicanti, dispone al secondo comma che "Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate dal Consiglio superiore della magistratura, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e possono essere variate nel corso del triennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le tabelle, adottati dal dirigenti degli uffici sull’assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio superiore della magistratura per la relativa variazione tabellare”.

II C.S.M., in attuazione delle disposizioni di normazione primaria, ha compiutamente delineato al Capo II della circolare sulla formazione delle tabelle per gli uffici giudiziari (attualmente per il triennio 2012/2014) — in perfetta linea di continuità con le precedenti circolari in materia — il procedimento di formazione delle tabelle.

Il paragrafo 11 della citata circolare precisa, quindi, che "La tabella è formata e diviene efficace con l'adozione della delibera del Consiglio superiore della magistratura e del decreto ministeriale che la recepisce", con ciò dimostrando che l’unico provvedimento che regola l’assetto organizzativo è la deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura.

In base al sistema normativo vigente, dunque, si deve ritenere che il provvedimento d’urgenza del presidente del tribunale è atto distinto dalla proposta che lo stesso presidente formula e sulla quale il CSM deve provvedere, considerando anche le eventuali osservazioni formulate dagli interessati. E ciò comporta due conseguenze:

1) che il provvedimento d’urgenza può essere impugnato solo per le ragioni esibite per giustificare, in via d’urgenza appunto, l’anticipazione degli effetti del provvedimento proposto al CSM;

2) che l’annullamento del provvedimento presidenziale d’urgenza non determina la caducazione né della proposta presidenziale né del successivo provvedimento del CSM.

In via principale si eccepisce pertanto l’inammissibilità del ricorso in ottemperanza proposto dal dott. Secondo, che non ha interesse a richiedere l’esecuzione di una decisione inidonea a incidere sul provvedimento definitivo adottato dal CSM.

Va rilevato d’altro canto che inammissibile e comunque infondato è anche il ricorso avverso la delibera plenaria del 16 novembre 2011, in quanto il Presidente del Tribunale prima (con il provvedimento urgente originariamente impugnato dal dott. Secondo) e il CSM poi, con la delibera

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plenaria impugnata in questa sede, hanno correttamente e congruamente motivato sulle ragioni organizzative poste a base della deroga al criterio della minore anzianità di servizio per la scelta del magistrato da tramutare di ufficio.

Il dott. Secondo parte in realtà dall’ovvia premessa secondo cui, in materia di trasferimento d’ufficio, l’individuazione del magistrato avente minore anzianità di servizio sia la regola generale (in quanto stabilisce un criterio oggettivo, automatico e predeterminato) e la deroga ad esso debba fondarsi su specifici, inequivocabili e stringenti presupposti di fatto. Ma deduce poi censure attinenti esclusivamente al merito delle valutazioni espresse dal presidente del tribunale per giustificare la legittima deroga alla regola generale. Egli ripercorre infatti l’erronea motivazione esibita dal T.A.R. Gamma, che ha operato un evidente sconfinamento dai limiti imposti al giudizio di legittimità sull’atto amministrativo, fondando il proprio convincimento sulla dichiarata non condivisione:

a) da un lato del giudizio espresso dal Presidente del Tribunale di Alpha sulla

“drammaticità” della situazione organizzativa e sul conseguente carattere necessitato della deroga;

b) dall’altro della concreta valutazione delle posizioni dei magistrati aventi un’anzianità di servizio minore rispetto al dott. Secondo.

Nel proprio ricorso il dott. Secondo ha contestato l’esito della valutazione presidenziale, condivisa dal CSM, vale a dire la sostanza del giudizio in forza del quale egli è stato destinato d’ufficio alla sezione distaccata di Beta.

Deve, conseguentemente, rilevarsi che tale critica investe il merito di una decisione, la quale si caratterizza per l’ampia discrezionalità nella valutazione delle ragioni organizzative sottese alla scelta.

Come pacificamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa (ad esempio a proposito delle delibere con le quali il Consiglio Superiore della Magistratura propone il conferimento degli uffici direttivi o semidirettivi ai magistrati), le decisioni del Consiglio sono sindacabili solo "sotto il profilo della congruenza dei presupposti e congruità della motivazione, nonché dell'accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni", al fine di accertare "se il potere discrezionale del C.S.M. nella subiecta materia si sia svolto nel rispetto dei criteri generali predisposti dallo stesso Consiglio ed in conformità ai canoni di ragionevolezza che connotano qualsivoglia potere amministrativo" (cfr., ex multis, C.d.S., sez. IV, 7 aprile 1998, n. 555; sez. IV, 3 febbraio 1996, n. 111; sez. IV, 13 ottobre 1999, n. 1570; sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1872; sez.

IV, 27 maggio 2002 n. 2934).

Il che, se certo non sottrae al sindacato giurisdizionale tale attività ampiamente discrezionale, quanto meno sotto il profilo dell'esistenza dei presupposti e congruità della motivazione, nonché dell’accertamento del nesso logico di consequenzialità fra presupposti e conclusioni, impone però che il riscontro di legittimità operabile dal giudice amministrativo non possa trasmodare oltre il vaglio di quei difetti degli atti stessi suscettibili di concretizzare il vizio di eccesso di potere" (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 7112/2006).

Ne discende che, in sede di sindacato di legittimità, sono preclusi al giudice amministrativo il riesame delle valutazioni effettuate dall’amministrazione, ove l'apprezzamento consegua ad un iter logico ancorato ad elementi di giudizio correttamente assunti nella loro consistenza obiettiva.

Sulla base di tali premesse, che delimitano l'ambito del controllo giurisdizionale, deve convenirsi che le censure specifiche sollevate dal ricorrente sono inammissibili, in quanto coinvolgono il merito della valutazione e quindi della conseguente determinazione dell’amministrazione.

Con tali rilievi il dott. Secondo cerca di dimostrare l’erroneità di tali giudizi e di fornire una diversa dimensione valutativa, ponendosi pertanto al di fuori dei limiti in cui è ammesso il sindacato giurisdizionale di legittimità, in quanto, in realtà, porterebbero il giudice (come in effetti avvenuto) a formulare un giudizio di merito che si sostituisce a quello spettante per legge esclusivamente all’amministrazione.

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I principi giurisprudenziali citati si attagliano perfettamente alla fattispecie oggetto del ricorso.

Pur volendo accogliere il criterio interpretativo del disposto di circolare in ordine alle

“specifiche ragioni ostative”, sotto il profilo attitudinale od organizzativo, che consentono di derogare al criterio della minore anzianità di servizio, secondo cui deve “trattarsi di evenienze sottratte ad ogni apprezzamento di tipo soggettivo, tali da imporsi naturalmente quale ragione ostativa, essendo le stesse sintomatiche non già di una mera situazione di “difficoltà” bensì di una vera e propria “disfunzione” organizzativa”, il successivo percorso motivazionale della sentenza del Tar Gamma, richiamato nel ricorso avverso la deliberazione plenaria del 16 novembre 2011, si pone totalmente al di fuori dei confini attribuiti al sindacato di legittimità sull’atto amministrativo.

Il Tar Gamma, infatti, non ha sostanzialmente condiviso l’analisi compiuta dal Presidente del Tribunale in relazione alla situazione organizzativa dell’ufficio da lui diretto, ritenuta né drammatica né critica, bensì comune alla maggior parte degli Uffici giudiziari italiani, svalutando la portata delle considerazioni operate dal Capo dell’ufficio in ordine alle prospettive di maggiore produttività che il dott. Secondo avrebbe assicurato presso la sezione distaccata di Beta. Ha ritenuto così di sostituire la propria valutazione a quella compiuta dal Dirigente, invocando addirittura il principio costituzionale di inamovibilità dei magistrati, secondo una linea interpretativa che, portata alle estreme conseguenze, di fatto paralizzerebbe ogni scelta organizzativa compiuta dai dirigenti negli ambiti prefissati dalla normativa primaria e secondaria (che riconoscono, invece, la possibilità di derogare al criterio della minore anzianità di servizio in presenza di ragioni organizzative esplicitate, come puntualmente avvenuto nella specie, nella motivazione del provvedimento).

Un esempio di questa indebita sovrapposizione di valutazioni in fatto lo si ricava dal passaggio motivazionale con il quale il Tar Gamma ha considerato del tutto opinabile la ragione ostativa costituita dai numerosi procedimenti nei quali il dott. Terzo sarebbe incompatibile nella sezione distaccata di Beta, avendo il Tar convenuto con il dr. Secondo che la pretesa disfunzione organizzativa, derivante dal trasferimento del dr. Terzo, possa essere in realtà facilmente risolta utilizzando il meccanismo dell’astensione nei casi in cui ciò si riveli concretamente necessario.

Palese appare lo sconfinamento del TAR, e quindi del ricorrente, in valutazioni di merito che al giudice amministrativo non competono, laddove non ha condiviso la scelta del Presidente del Tribunale di non distogliere i dottori Quarto e Quinto dalle funzioni dibattimentali penali, non avendo il Presidente del Tribunale utilizzato tutti gli strumenti previsti dalla circolare sulla tabelle per l’evenienza in esame (con riferimento alla possibilità di ricorrere all’istituto dell’applicazione, così come stabilito dal par. 40. 5 della circolare sulle tabelle).

Tale strumento, infatti, non è affatto obbligatorio ma è rimesso all’esclusiva e responsabile decisione del Capo dell’ufficio.

Del pari evidente è lo sconfinamento in valutazioni di merito, sottratte al sindacato del giudice amministrativo, nella parte in cui il Tar ha censurato la scelta, ritenuta congrua dal CSM, di non destinare la dott.ssa Sesta alla sezione distaccata di Beta in quanto beneficiaria delle provvidenze ex lege 104/1992. Il Tar Gamma, ripreso dal dott. Secondo nella proposizione dell’odierno ricorso, ha infatti operato una indebita sovrapposizione di piani, postulando una violazione di legge (la pretesa mancata istruttoria in ordine all’esistenza di altri familiari in grado di sostituire la dott.ssa Sesta nella cura dei familiari riconosciuti invalidi) che, se anche sussistente, avrebbe rilevanza solo nell’ambito delle procedure per i trasferimenti orizzontali da un ufficio all’altro, non certo nell’ambito dei tramutamenti interni, per i quali il Dirigente ben poteva, come ha fatto, valutare il rischio di destinare - ad una sezione distaccata giudicata meritevole della presenza a tempo pieno – un magistrato che avrebbe prevedibilmente usufruito, in futuro, delle agevolazioni di cui alla legge 104, quali permessi, assenze, ecc.

Con un giudizio, lo si ripete, che involge il merito della valutazione comparativa tra i magistrati potenzialmente interessati al tramutamento di ufficio, che il giudice amministrativo non poteva affatto censurare.

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Del resto, le Sezioni Unite della Cassazione, in una importante e recente sentenza (n. 2312 del 17 febbraio 2012) pronunciata ai sensi dell’art. 362, co. 1, c.p.c., hanno affermato un principio valevole in tutti i casi in cui venga in considerazione, come nella specie, un’attività amministrativa caratterizzata da ampia (seppur vincolata) discrezionalità.

Le Sezioni Unite, sulla scia del consolidato principio secondo cui la sostituzione da parte del giudice amministrativo della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità della amministrazione costituisce ipotesi di "sconfinamento" vietato della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla P.A., quand’anche l'eccesso in questione sia compiuto da una pronunzia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell'area dell'annullamento dell'atto (S.U. 137 del 1999, 19604 del 2003, 28263 del 2005, 9443 del 2011 e 23302 del 2011), hanno chiarito che il sindacato del giudice amministrativo deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto operata dalla P.A. e non può avvalersi, onde ritenere avverato i1 vizio di eccesso di potere, di criteri che portano a evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa.

L'adozione di siffatti criteri di non condivisione, infatti, nella parte in cui comporta una sostituzione nel momento valutativo riservato alla P.A., determina non già un mero errore di giudizio, ma uno sconfinamento nell'area ex lege riservata alla P.A. e quindi vizia, per sé solo, la decisione, tale sconfinamento essendo ravvisabile secondo la più qualificata dottrina e la giurisprudenza delle Sezioni Unite, pure assai lontana nel tempo, anche quando il giudice formuli direttamente e con efficacia immediata e vincolante gli apprezzamenti e gli accertamenti demandati all'amministrazione (S.U. n. 2525 del 1964).

Quanto al preteso vulnus procedimentale, per non avere il Presidente del Tribunale ascoltato le ragioni del dott. Secondo prima di adottare il provvedimento, esso risulta in concreto insussistente, non avendo giammai il dott. Secondo, neppure in sede di ricorso giurisdizionale, prospettato ragioni personali ostative, differenti cioè dalla necessità di rigoroso rispetto del criterio della minore anzianità di servizio.

Alla stregua delle considerazioni espresse, sussistono valide ragioni non solo per impugnare la sentenza del T.A.R. Gamma n. 9066/11 (come si provvede a fare con separata e coeva delibera), ma anche, nel giudizio per l’ottemperanza a detta sentenza, per resistere al ricorso, chiedendone in via principale la declaratoria di inammissibilità (per carenza di interesse, essendo l’unico atto a rilevanza esterna della procedura la delibera plenaria del 16 novembre 2011) e la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dei motivi di ricorso avverso la delibera plenaria del 16 novembre 2011, con la quale è stata definita la procedura di variazione tabellare originata dal decreto del Presidente del Tribunale di Alpha del 19 aprile 2011.

Il Consiglio, pertanto, alla luce delle motivazioni suesposte delibera

di invitare l’Avvocatura dello Stato a resistere al ricorso per l’ottemperanza alla sentenza del T.A.R. Gamma n. 9066/11 - che ha accolto il ricorso proposto dal dott. Secondo per l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento del Presidente del Tribunale di Alpha n. 30 del 19 aprile 2011 con il quale è stato disposto il trasferimento del ricorrente presso la sede distaccata di Beta al posto del dott. Primo -, chiedendone la declaratoria di inammissibilità e la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dei motivi di ricorso avverso la delibera plenaria del 16 novembre 2011, con la quale è stata definita la procedura di variazione tabellare originata dal decreto del Presidente del Tribunale di Alpha del 19 aprile 2011, dandone comunicazione al Ministero della Giustizia”.

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N. 127 (par. 14)

Oggetto: Pratica num. 245/VV/2009 - Problematiche connesse all'impugnazione innanzi al giudice amministrativo dei decreti di variazione tabellare provvisoriamente esecutivi.

Comunico che il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 23 settembre 2009, ha adottato la seguente delibera:

“- letto il parere espresso collegialmente dall'Ufficio Studi, su richiesta della Settima Commissione, sulle problematiche connesse all'impugnazione innanzi al giudice amministrativo dei decreti di variazione tabellare provvisoriamente esecutivi, che di seguito si riporta per intero:

“ I.- La richiesta.

La Settima Commissione referente, nella seduta del 2 luglio 2009, ha deliberato di richiedere all'Ufficio studi di volere esprimere un parere collegiale in merito alle problematiche connesse all'impugnazione innanzi al giudice amministrativo dei decreti di variazione tabellare provvisoriamente esecutivi.

II.- Osservazioni dell'Ufficio studi.

Al fine di evadere la richiesta formulata dalla Settima Commissione, si ritiene utile articolare la trattazione nei paragrafi tematici che seguono.

1. I decreti di variazione tabellare provvisoriamente esecutivi: natura giuridica e regime di impugnabilità.

Giova sinteticamente richiamare le disposizioni di fonte primarie e secondaria che regolano il procedimento di formazione delle tabelle degli uffici giudicanti: muovendo dalla ricognizione della cornice normativa di riferimento, infatti, è dato procedere all'inquadramento sistematico dei provvedimenti di variazione tabellare immediatamente esecutivi, che costituiscono l'oggetto della presente indagine.

L'art. 7 bis R.D. 12/1941, rubricato Tabelle degli uffici giudicanti, dopo aver indicato al primo comma l'oggetto delle tabelle degli uffici giudicanti, dispone al secondo comma che “Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate dal Consiglio superiore della magistratura, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e possono essere variate nel corso del triennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio superiore della magistratura per la relativa variazione tabellare”.

L'art. 7 ter R.D. 12/1941 prescrive che la medesima procedura sia seguita anche per la determinazione dei criteri obiettivi di “assegnazione degli affari alle singole sezioni ed ai singoli collegi e giudici”.

Il C.S.M., in attuazione delle disposizioni di normazione primaria, ha compiutamente delineato al Capo II della Circolare sulla formazione delle tabelle per gli uffici giudiziari per il triennio 2009/2011 - in perfetta linea di continuità con le precedenti circolari in materia - il procedimento di formazione delle tabelle, che prende avvio con la redazione della proposta di tabella a cura del Presidente della Corte di appello, sulla base delle segnalazioni dei dirigenti degli uffici giudiziari.

La proposta, che deve essere pubblicizzata nelle forme previste al fine di consentire agli interessati di formulare eventuali osservazioni, è poi inoltrata al Consiglio giudiziario ai fini dell'espressione di un motivato parere (reso anche all'esito di un'autonoma istruttoria svolta con l'ausilio della Commissione per i flussi e le pendenze) e, infine, inviata al Consiglio superiore della magistratura per la relativa adozione.

Il paragrafo 12 della citata circolare precisa, quindi, che “La tabella dell'ufficio è formata e diviene efficace con l'adozione della delibera del Consiglio superiore della magistratura e del decreto ministeriale che la recepisce”.

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Il successivo paragrafo 14 estende l'applicazione della descritta procedura all'adozione delle variazioni tabellari mentre il paragrafo 15 detta un diverso procedimento per i provvedimenti urgenti di modifica della tabella, di cui all'art. 7 bis, II comma, O.G.

La norma da ultimo richiamata circoscrive l'ambito degli atti ai quali è possibile conferire immediata esecutività, ferma restando l'intestazione al C.S.M. della potestà organizzatoria. La scelta legislativa può essere agevolmente compresa ove si ponga mente alle peculiarità degli uffici contemplati e alle garanzie che circondano la funzione giurisdizionale, pure sotto il profilo delle tutele spettanti al singolo magistrato: solo impellenti (ed adeguatamente ostese) esigenze di servizio valgono a giustificare l'adozione da parte del dirigente di un atto di assegnazione “esecutivo”; anche in questo caso, tuttavia, il vaglio sulla modifica è rimesso alla potestà decisoria dell'Organo di autogoverno, come riconosciuto dalla stessa giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Lazio n.

7444/2008).

Il richiamato paragrafo 15 della Circolare sulla formazione delle tabelle per gli uffici giudiziari per il triennio 2009/2011 prevede che i dirigenti degli uffici giudiziari, in casi eccezionali ed in via di urgenza, possono adottare provvedimenti di modifica tabellare <con riguardo alla assegnazione dei magistrati ai settori o alle sezioni, indicando specificamente le ragioni e le esigenze di servizio che li giustificano>. Detti provvedimenti, adottati in via di urgenza, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura per la relativa variazione tabellare.

Il medesimo paragrafo stabilisce poi che il provvedimento di variazione tabellare, le eventuali osservazioni formulate dai magistrati interessati ed il parere del Consiglio Giudiziario, siano trasmessi entro il termine di 15 giorni dall'adozione al Consiglio Superiore della Magistratura, il quale <eventualmente sentiti i magistrati interessati, decide al riguardo nel termine più sollecito possibile>.

Il paragrafo 15 della Circolare sulle tabelle prevede, altresì, che i dirigenti degli uffici giudiziari, in casi eccezionali ed in via di urgenza, <possono adottare provvedimenti di modifica tabellare con riguardo all'assegnazione degli affari alle singole sezioni, ai singoli collegi e ai giudici che li compongono, indicando specificamente le ragioni e le esigenze di servizio che li giustificano>, provvedimenti esecutivi dal momento in cui il Consiglio Giudiziario esprime parere favorevole all'unanimità e sempre che non siano state presentate osservazioni nel termine ordinario di dieci giorni, salva la deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura per la relativa variazione tabellare.

Ai fini di interesse nella presente indagine, si osserva che tutti i richiamati provvedimenti di variazione tabellare adottati dai Capi degli uffici giudiziari, in conseguenza della clausola di urgenza apposta dai dirigenti ai sensi dell'art. 7 bis, comma 2, O.G., possono acquistare efficacia prima della conclusione del relativo procedimento, che interviene con l'adozione della delibera con cui l'assemblea plenaria del C.S.M. si esprime sulla variazione tabellare.

La disciplina del procedimento stabilisce, cioè, un vincolo di metodo e configura una sfera di attribuzioni propria ed esclusiva dei capi degli uffici, la cui attività costituisce l'imprescindibile presupposto della formazione dell'atto conclusivo del medesimo. Il Consiglio resta, ovviamente, libero di determinarsi in senso difforme dalla proposta e, ancor prima, di dettare direttive ed indirizzi, espressione del più ampio potere di direzione e sorveglianza attribuito al C.S.M.

Sulla scorta dei cenni che precedono è dato ritenere che i decreti di variazione tabellare adottati dai Capi degli uffici giudicanti debbano qualificarsi come atti endoprocedimentali, nell'ambito dell'articolato procedimento di variazione tabellare al quale pone capo la delibera di competenza dell'Organo di governo autonomo.

Da un lato, potrebbe allora considerarsi, procedendo alla disamina del regime di impugnabilità dei decreti di variazione tabellare, che gli stessi non siano immediatamente impugnabili, per carenza attuale di interesse, trattandosi di atti non definitivi. Secondo l'opinione pure emersa nella predisposizione del presente parere collegale, si è inoltre osservato che l'immediata impugnazione dell'atto endoprocedimentale potrebbe risolversi in un vulnus per le prerogative che la Costituzione assegna all'Organo di governo autonomo della magistratura; ciò in quanto la pronuncia del giudice

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amministrativo relativa all'atto non definitivo, intervenendo prima della conclusione del procedimento di approvazione della variazione tabellare, potrebbe sortire indebite ricadute sul processo di formazione della volontà del C.S.M.

Si osserva, al riguardo, che la giurisprudenza amministrativa ha di converso affermato, proprio con specifico riferimento ad atti endoprocedimentali rientranti nell'ambito delle procedure di competenza del C.S.M., l'immediata impugnabilità dei pareri attitudinali espressi dai Consigli Giudiziari.

Oltre a ciò, poiché l'indagine concerne decreti di variazione tabellare immediatamente esecutivi, deve pure rilevarsi che detti atti producono di per sé effetti esterni e, quindi, risultano potenzialmente idonei a ledere situazioni giuridiche soggettive. Il fenomeno è spiegabile ricorrendo all'idea di pluriqualificazione degli atti e delle fattispecie giuridiche. Lo stesso atto, cioè, può rilevare sia come atto del procedimento sia come atto avente effetti esterni, lesivo di posizioni giuridiche di determinati terzi. In tale ipotesi, dunque, pur in mancanza del provvedimento deliberativo finale, l'immediata esecutività dell'atto endoprocedimentale e la sua potenziale lesività consentono l'immediato ricorso al giudice amministrativo. E la giurisprudenza amministrativa risulta consolidata nel ritenere l'autonoma impugnabilità degli atti endoporcedimentali che contengono disposizioni immediatamente lesive delle posizioni soggettive degli amministrati.

Occorre poi considerare che non appare revocabile in dubbio la natura organizzatoria- amministrativa dei provvedimenti inerenti all'organizzazione della giurisdizione, secondo l'autorevole qualificazione degli atti adottati ai sensi dell'art. 7 bis, O.G., fornita dal Giudice delle leggi.

Sulla scorta dei cenni che precedono è dato pervenire al seguente approdo: i soggetti la cui posizione giuridica risulti incisa dall'atto endoprocedimetale immediatamente esecutivo sono portatori del <bisogno di tutela giurisdizionale>, inteso come rapporto di utilità, corrente tra la lesione della posizione giuridica soggettiva che si assume violata e l'invocato provvedimento giurisdizionale. In tali termini, in capo ai destinatari dei provvedimenti in esame sussiste l'<interesse al ricorso>, cioè a dire sia la sussistenza di una lesione, effettiva e concreta, che il provvedimento di cui si chiede la caducazione arreca alla sfera giuridica del ricorrente, sia il vantaggio, anche solo potenziale, derivante dall'annullamento del provvedimento impugnato.

Deve pertanto ritenersi l'autonoma impugnabilità, avanti al giudice amministrativo in sede di sindacato generale di legittimità, dei decreti presidenziali di variazione tabellare immediatamente esecutivi, non ostando a tanto la mancata conclusione del relativo procedimento amministrativo.

1.1 La competenza funzionale del T.A.R. Lazio.

Come sopra rilevato, in considerazione della natura e degli effetti dei decreti presidenziali di variazione tabellare immediatamente esecutivi, deve ritenersi che i predetti decreti possano essere impugnati avanti al giudice amministrativo, dai magistrati specificamente interessati dalla variazione organizzativa.

Si tratta, a questo punto della trattazione, di verificare quale sia il Tribunale competente a provvedere.

Già si è rilevato che i provvedimenti presidenziali di cui si tratta si inseriscono, quali atti endoprocedimentali, nell'ambito della articolata procedura di variazione tabellare, alla quale pone capo una delibera adottata dal Consiglio superiore della magistratura.

Come noto, il disposto di cui all'art. 17, comma 2, della L. n. 195/1958, individua una speciale competenza del T.A.R. Lazio con sede in Roma, in relazione all'impugnazione di tutti provvedimenti riguardanti lo status giuridico dei magistrati ordinari.

Il Consiglio di Stato, nell'interpretare la disposizione ora richiamata ha al riguardo considerato: - che la ratio della norma di cui all'art. 17 della legge n. 195 del 24 marzo 1958, come modificato dall'art. 4 della legge n. 74 del 12 aprile 1990, deve individuarsi nell'esigenza di evitare indirizzi giurisprudenziali difformi in materia di particolare delicatezza in cui si innestano le competenze amministrative di un organo di rilevanza costituzionale; - che la norma trova applicazione non solo

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nei casi di impugnazione di decreti del Presidente della Repubblica o del Ministro della Giustizia, ma anche nell'ipotesi in cui sia direttamente impugnata una delibera del Consiglio superiore.

Le considerazioni poste a fondamento dell'orientamento espresso dal Consiglio di Stato inducono a ritenere che, anche nel caso in cui l'impugnazione abbia ad oggetto un decreto di variazione tabellare, la competenza debba radicarsi presso il T.A.R. Lazio, con sede in Roma. Anche in tal caso, infatti, la controversia involge una delicata materia rientrante nelle attribuzioni dell'Organo di governo autonomo della magistratura ordinaria: l'organizzazione degli uffici giudiziari.

Conseguentemente, l'individuazione del Giudice competente deve avvenire secondo la regola dettata dall'art. 17 della legge n. 195 del 24 marzo 1958, venendo in rilievo le medesime esigenze funzionali e sistematiche, che giustificano la predetta disposizione, come individuate dal supremo Giudice amministrativo.

Deve pertanto ritenersi che l'impugnazione dei decreti presidenziali di variazione tabellare immediatamente esecutivi, indipendentemente dall'ufficio giudiziario di riferimento, debba essere proposta avanti al T.A.R. Lazio, con sede in Roma.

2. Individuazione dell'organo legittimato a contraddire nel caso di impugnazione di un decreto presidenziale di variazione tabellare immediatamente esecutivo.

L'impugnazione in sede giurisdizionale dei decreti di variazione tabellare immediatamente esecutivi induce ad una specifica riflessione in ordine alla individuazione dell'organo legittimato a contraddire nel relativo giudizio avanti al giudice amministrativo.

Il ricorso, infatti, riguarda un atto endoprocedimentale e precede l'adozione della delibera con cui il Consiglio superiore - all'esito del relativo procedimento - decide se approvare o meno la disposta variazione tabellare.

Orbene, la pendenza del procedimento di variazione tabellare impedisce in termini l'articolazione di ogni difesa tecnica da parte del C.S.M.: invero, il fatto che l'instaurazione del giudizio avanti al giudice amministrativo intervenga quando l'Organo di autogoverno non si è ancora pronunciato, in sede di amministrazione attiva, sul merito del provvedimento organizzativo adottato dal dirigente dell'ufficio giudiziario oggetto dell'impugnativa porta ad escludere che lo stesso C.S.M. possa in alcun modo confutare il contenuto del ricorso. Diversamente opinando, del resto, la difesa giurisdizionale si risolverebbe in una anticipazione del vaglio che l'Organo di governo autonomo deve esercitare sui decreti de quibus in sede di amministrazione attiva.

La mancata definizione del procedimento di variazione tabellare, nel momento in cui il decreto presidenziale viene impugnato in sede giurisdizionale, determina pertanto la totale estraneità del C.S.M. al giudizio così instaurato: nel caso in cui l'impugnazione di un decreto di variazione tabellare immediatamente esecutivo intervenga mentre il procedimento amministrativo di approvazione del medesimo decreto è tuttora pendente, si registra cioè la carenza di legittimazione passiva del Consiglio superiore della magistratura, nell'ambito del relativo giudizio.

Preme rilevare che il T.A.R. Lazio ha da ultimo espressamente chiarito che l'impugnazione di un decreto di variazione tabellare immediatamente esecutivo non preclude al C.S.M. la possibilità di portare a conclusione - nelle more del giudizio - il procedimento amministrativo di propria competenza, finalizzato all'approvazione delle variazioni organizzative oggetto dell'impugnativa; e ciò anche nel caso in cui il Giudice amministrativo abbia sospeso, in via interinale, l'efficacia dei medesimi decreti di variazione tabellare (nel caso ora richiamato, infatti, il C.S.M., successivamente all'adozione delle misure cautelari invocate dal ricorrente, aveva proceduto alla approvazione dei provvedimenti di variazione tabellare impugnati).

Tanto considerato, deve rilevarsi che si registrano plurime indicazioni, di ordine logico oltre che giuridico, che inducono a ritenere che la legittimazione passiva, nell'ambito dei procedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto decreti di variazione tabellare immediatamente esecutivi spetti al medesimo dirigente che ha adottato il decreto gravato.

Si osserva, in primo luogo, che il Presidente dell'ufficio giudiziario interessato dal provvedimento di variazione tabellare deve qualificarsi come l'<amministrazione resistente>, cioè a dire il plesso amministrativo che ha adottato l'atto impugnato autonomamente lesivo, poiché immediatamente

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esecutivo: in caso di impugnazione di un atto endoprocedimentale, infatti, tra le <parti necessarie>

del giudizio deve individuarsi l'organo che, pur avendo partecipato ad un fase prodromica rispetto alla approvazione dell'atto definitivo, abbia determinato l'immediata produzione di effetti esterni dell'atto gravato.

Il rilievo di ordine sistematico ora esaminato induce a ritenere che il Presidente che ha adottato il provvedimento urgente di modifica della tabella, munito di clausola di immediata esecutività ex art.

7 bis, comma 2, O.G., sia legittimato passivamente, nell'ambito del processo volto ad accertare la legittimità del provvedimento organizzativo di cui si tratta. È poi appena il caso di osservare che il Presidente che ha adottato il decreto di variazione tabellare, nella sua qualità di responsabile dell'assetto organizzativo dell'Ufficio giudiziario interessato, dispone del bagaglio di conoscenze tecniche necessarie ad articolare la difesa sul merito del gravame.

Le considerazioni ora svolte, conducenti ad individuare nel dirigente dell'ufficio giudiziario interessato l'organo legittimato a contraddire nel caso di impugnazione di un decreto di variazione tabellare immediatamente esecutivo, appaiono pienamente conferenti rispetto alla posizione funzionale assunta dai magistrati capi dell'ufficio giudiziario, alla luce della vigente cornice ordinamentale.

Ci si riferisce, segnatamente, al Decreto legislativo 25 luglio 2006 n. 240, recante Individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli Uffici giudiziari. L'art. 1, del decreto legislativo n. 240/2006, rubricato Titolarità dell'ufficio giudiziario, stabilisce infatti:

<Sono attribuite al magistrato capo dell'ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell'ufficio, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico>.

Mette conto rilevare che il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, con Circolare in data 31.10.2006, nel procedere all'interpretazione delle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 240/2006, con riguardo alla questione che oggi occupa, ha in particolare rilevato che: <Il magistrato capo dell'ufficio giudiziario è il titolare dell'ufficio medesimo, ossia il soggetto ad esso preposto in posizione di primarietà, a garanzia della unitarietà dell'ufficio giudiziario. In tale veste, il capo dell'ufficio giudiziario ha anche la rappresentanza dell'ufficio, da intendersi però quale termine di riferimento soggettivo nei rapporti istituzionali e con i capi degli altri uffici giudiziari>; e che <La competenza relativa all'organizzazione dell'attività giudiziaria va letta alla luce dei principi costituzionali sulla giurisdizione, esprimendo un rapporto funzionale tra capo dell'ufficio e CSM. Ne discende che l'attività di organizzazione dell'attività giudiziaria dovrà proseguire sulla strada indicata dal CSM, in tutte le materie già dettagliate dall'organo di autogoverno, prima tra tutte quella tabellare>.

Si osserva, altresì, che la ritenuta legittimazione passiva dei Presidenti che hanno adottato i provvedimenti di modifica della tabella in via di urgenza risulta pienamente compatibile, sul piano sistematico, rispetto alle scelte operate dal legislatore, il quale ha attribuito expressis verbis al magistrato capo dell'ufficio giudiziario la <titolarità e la rappresentanza dell'ufficio> (art. 1 d.lgs. n.

240/2006), come sopra considerato. E rafforza il convincimento rilevare che il Ministero della Giustizia, con la richiamata Circolare esplicativa del 31.10.2006, ha evidenziato che detta posizione di primarietà implica che il dirigente assurga a <termine di riferimento soggettivo nei rapporti istituzionali>.

Deve pertanto ritenersi che i presidenti che adottano decreti di variazione tabellare immediatamente esecutivi abbiano piena legittimazione a contraddire in giudizio, nella loro qualità di <parti necessarie> del rapporto processuale che si instaura in caso di autonoma impugnazione della modifica tabellare, per le spiegate ragioni.

Per completezza argomentativa, si osserva infine che costoro potranno stare in giudizio con l'assistenza della Avvocatura dello Stato. Quest'ultima, infatti, rappresenta e difende in giudizio, tra gli altri, <gli organi costituzionali (Presidenza della Repubblica, Camera e Senato, Governo, Corte

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Costituzionale, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, C.N.E.L., ecc.), gli organi giudiziari (Cassazione, Corti di Appello, ecc.) e tutte le amministrazioni dello Stato, in modo esclusivo ed obbligatorio (c.d. patrocinio obbligatorio), e le Regioni a statuto speciale ex art. 1 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 >.

3. Prospettive.

Si è sopra rilevato (§ 1) che la vigente Circolare sulla formazione delle tabelle per gli uffici giudiziari per il triennio 2009/2011 detta specifiche disposizioni sul procedimento originato dalle modifiche della tabella adottate, in casi eccezionali ed in via di urgenza, dai dirigenti degli uffici giudiziari. Il Par. 15.2, in particolare, stabilisce:

<Il provvedimento di variazione tabellare urgente è immediatamente comunicato ai magistrati interessati, che possono proporre osservazioni entro 7 giorni, ed al Presidente della Corte di Appello. Il provvedimento, le eventuali osservazioni formulate ed il parere del Consiglio Giudiziario devono essere trasmessi entro il termine di 15 giorni dall'adozione al Consiglio Superiore della Magistratura. Decorso tale termine il Presidente della Corte di Appello provvede, comunque, alla trasmissione dei provvedimenti urgenti e delle eventuali osservazioni, con riserva di inviare immediatamente il parere del Consiglio Giudiziario non ancora espresso. Il Consiglio Superiore, eventualmente sentiti i magistrati interessati, decide al riguardo nel termine più sollecito possibile>.

Come si vede, la normativa secondaria adottata dal Consiglio superiore già detta precise disposizioni sulla scansione temporale del procedimento di variazione tabellare, ad evidenti fini acceleratori. Si osserva, peraltro, che nei casi sopra richiamati (vedi nota 1) nei quali i magistrati interessati hanno adito autonomamente il giudice amministrativo, l'instaurazione del procedimento giurisdizionale ha di fatto preceduto la conclusione di quello amministrativo di competenza del Consiglio, sul merito della variazione tabellare.

Si profila, allora, l'opportunità di disciplinare specificamente il caso in cui il decreto adottato in via di urgenza, ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 bis, comma 2, O.G., venga immediatamente impugnato in sede di sindacato generale di legittimità. In tale prospettiva potrebbero, invero, prevedersi specifici termini acceleratori della procedura di approvazione della variazione, calibrati in relazione ai ristretti tempi di trattazione della domanda, per il caso in cui la parte invochi tutela ante causam. Detto intervento consentirebbe pure di sensibilizzare i dirigenti giudiziari in ordine all'impiego della clausola di immediata esecutività di cui all'art. 7 bis, comma II, O.G., in considerazione delle possibili ricadute di ordine processuale per il caso di autonoma impugnazione del decreto di variazione tabellare immediatamente esecutivo.

Si osserva, infine, che la tempestiva conclusione del procedimento di approvazione della variazione tabellare risolve ogni questione, di ordine processuale e sostanziale, legata alla autonoma impugnazione dell'atto endoprocedimentale, di cui sopra si è detto. La decisione assunta dall'assemblea plenaria, a conclusione della procedura di variazione tabellare, si qualifica, infatti, come l'unico atto a rilevanza esterna riferibile all'amministrazione. E deve pure considerarsi che la definizione del relativo procedimento, oltre a porre l'Organo di autogoverno nella condizione di interloquire sul merito della variazione tabellare, sulla scorta delle concrete determinazioni assunte in sede di amministrazione attiva, può sortire ricadute deflative sul contenzioso amministrativo, in ipotesi di non approvazione della variazione.

III.- Conclusioni.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono, si osserva in via di sintesi quanto segue:

- i decreti di variazione tabellare immediatamente esecutivi adottati dai Capi degli uffici giudicanti si qualificano come atti endoprocedimentali, nell'ambito del procedimento di variazione tabellare che viene definito con l'approvazione della delibera plenaria del C.S.M.;

- i decreti de quibus, in ragione della clausola di immediata esecutività, producono effetti esterni;

conseguentemente, risultano autonomamente impugnabili avanti al giudice amministrativo, in sede di sindacato generale di legittimità, perché potenzialmente idonei a ledere situazioni giuridiche soggettive;

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- l'individuazione del giudice competente segue la regola dettata dall'art. 17 della legge n. 195 del 24 marzo 1958: l'impugnazione dei decreti presidenziali di variazione tabellare immediatamente esecutivi, indipendentemente dall'ufficio giudiziario di riferimento, deve essere proposta avanti al T.A.R. Lazio, con sede in Roma;

- nell'ambito del giudizio avente ad oggetto un decreto di variazione tabellare immediatamente esecutivo si registra la carenza di legittimazione passiva del Consiglio superiore della magistratura, poiché l'impugnazione non concerne atti consiliari; il giudizio si instaura, infatti, mentre il procedimento amministrativo di approvazione della variazione è tuttora pendente;

- l'organo titolare della legittimazione passiva, nei procedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto decreti di variazione tabellare immediatamente esecutivi, si individua nel dirigente giudiziario dell'ufficio interessato, il quale può stare in giudizio con l'assistenza della Avvocatura dello Stato; la legittimazione a contraddire in giudizio spetta cioè al medesimo Presidente che ha adottato la variazione tabellare, nella sua qualità di <parte necessaria> del rapporto processuale così instauratosi;

- l'immediata impugnazione dell'atto endoprocedimentale, benché giustificata sul piano sistematico dai rilievi sopra svolti, può risolversi in un vulnus per le prerogative che la Costituzione assegna all'Organo di governo autonomo della magistratura, in considerazione delle possibili ricadute sul merito del provvedimento di approvazione della variazione tabellare, sortite dall'esito del sindacato giurisdizionale; in tale prospettiva appare utile valutare l'opportunità di prevedere specifici termini acceleratori della procedura di approvazione della variazione, allorquando il decreto adottato in via di urgenza, ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 bis, comma 2, O.G., venga immediatamente impugnato in sede giurisdizionale”;

- ritenuto che le conclusioni cui è pervenuto l'Ufficio Studi in composizione collegiale appaiono condivisibili e valutata l'opportunità che esse siano portate a conoscenza dei dirigenti degli uffici giudiziari giudicanti,

all’unanimità delibera

di trasmettere la presente delibera al Presidente della Corte di Cassazione, ai Presidenti delle Corti d'Appello, ai Presidenti dei Tribunali, dei Tribunali per i Minorenni e dei Tribunali di Sorveglianza”.

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