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Amministratore di società e rapporto di lavoro

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Academic year: 2022

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Francesco Geria - LaborTre Studio Associato

Amministratore di società e

rapporto di lavoro

GUIDE PRATICHE

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Sommario

Sommario

La figura dell’amministratore di società ... 1

Competenze e composizione dell’organo amministrativo ... 1

Il sistema ordinario di amministrazione ... 1

Competenze ... 1

Composizione ... 2

Nomina e revoca degli amministratori ... 2

Nomina ... 2

Revoca ... 3

Rinuncia ... 3

Fonte dei poteri e doveri degli amministratori ... 3

Il consiglio di amministrazione ... 4

Il Presidente ... 4

Comitato esecutivo e consiglieri delegati ... 5

I direttori generali ... 5

La rappresentanza della società ... 6

Carica sociale e rapporto giuridico ... 8

Le premesse ... 8

L’orientamento del 1994 ... 8

L’attuale orientamento ... 10

Conclusioni ... 12

Rapporto di lavoro subordinato... 13

La figura dell’amministratore – sintesi ... 13

Il rapporto di lavoro subordinato ... 14

Amministratore unico ... 15

Amministratore delegato ... 15

La Giurisprudenza ... 15

Consigliere di amministrazione ... 16

La Giurisprudenza ... 16

Il parere dell’INPS ... 16

Tabella di sintesi ... 17

Determinazione del compenso ... 20

La figura dell’amministratore ... 20

La determinazione del compenso agli amministratori ... 21

Omessa indicazione nell’atto costitutivo ... 22

Mancate delibere assembleari ... 22

Adeguamento compenso agli amministratori ... 23

Amministratore e compenso gratuito ... 23

Revoca degli amministratori e compenso ... 24

Bozze verbali Assemblea dei soci (per la gestione del compenso agli amministratori) ... 25

Bozza verbale attribuzione compenso e autovettura ... 25

Bozza verbale aumento compenso amministratori ... 26

Bozza verbale riduzione compenso amministratori ... 27

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Sommario

Compenso degli amministratori: entità e periodicità di erogazione, proporzionalità e

coerenza ... 29

Entità e periodicità del compenso ... 29

La tracciabilità dei compensi agli amministratori ... 30

Inerenza, congruità e proporzionalità ... 31

Compenso agli amministratori: regime fiscale, deducibilità e rinuncia ... 34

Il regime fiscale ... 34

Amministratori residenti all’estero – Circolare n. 67/E/2001 ... 35

Amministratore lavoratore autonomo ... 36

Deducibilità dei compensi agli amministratori ... 36

Compenso in misura fissa ... 36

Principio di cassa ... 37

Compenso come partecipazione agli utili ... 37

Rinuncia dei compensi ... 38

La busta paga degli amministratori di società con esempi ... 40

La disciplina previdenziale ... 40

Disciplina assistenziale INAIL ... 41

L’iscrizione all’INAIL degli amministratori non soci ... 41

Amministratori-soci e iscrizione INAIL ... 43

Soci artigiani ... 45

Disciplina fiscale... 45

Esempio di cedolino paga ... 46

Amministratore non socio ... 46

Amministratore e socio ... 47

Amministratori di società: benefit, premi di risultato e welfare ... 49

I fringe benefit ... 49

Trasferte e rimborsi spese ... 50

Premio di risultato ... 51

Welfare ... 52

Società e amministratori residenti all’estero: imposizione fiscale e previdenziale dei compensi corrisposti ... 54

La residenza fiscale ... 54

L’imposizione fiscale dei compensi ... 55

Il parere dell’Agenzia delle Entrate ... 55

La contribuzione previdenziale ... 57

Adempimenti del lavoro ... 58

Inquadramento INAIL degli amministratori e il caso del socio unico ... 60

La natura giuridica dell’amministratore: cenni ... 60

L’iscrizione all’INAIL degli amministratori non soci ... 61

Amministratori-soci ed iscrizione INAIL ... 64

La particolarità dell’amministratore unico ... 66

In sintesi ... 68

Il trattamento previdenziale e contributivo degli amministratori ... 70

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Sommario

L’iscrizione alla gestione separata ... 71

La contribuzione dovuta e l’accreditamento ... 72

I collaboratori e le figure assimilate ... 72

Soggetti già pensionati o assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie ... 72

Ripartizione dell’onere contributivo ... 73

Il problema della doppia contribuzione ... 74

Le prestazioni riconosciute ... 75

L’Assegno al Nucleo Familiare ... 76

Indennità malattia per degenza ospedaliera ... 76

Indennità di maternità ... 77

Indennità per congedo parentale ... 78

Pensione... 78

Gli amministratori residenti all’estero ... 79

Il principio dell’unicità ... 79

Il principio della territorialità ... 79

Legislazione applicabile ai soggetti iscritti alla Gestione separata ... 80

Denunce e versamenti ... 81

Flusso mensile Uniemens ... 81

Amministratori e trattamento di fine mandato: definizione, deducibilità e rinuncia ... 83

La figura dell’amministratore e il suo compenso: sintesi ... 83

Trattamento di fine mandato: determinazione e deducibilità ... 84

La rinuncia al Tfm e il suo incasso giuridico ... 86

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La figura dell’amministratore di società

La figura dell’amministratore di società

Si vuole delineare – in via del tutto sintetica e schematica – la figura dell’amministratore di società e del- le sue peculiarità, in special modo quelle che possono connaturare, poi, riflessi nell’ambito del rapporto giuridico con la società stessa.

Competenze e composizione dell’organo amministrativo

Il sistema ordinario di amministrazione

Il codice civile prevede un sistema ordinario di amministrazione e di controllo della società, in buona parte corrispondente al sistema tradizionale, e che è basato su un organo amministrativo – il consiglio di amministrazione o amministratore unico – e su un organo di controllo, il collegio sin- dacale (artt. 230-bis – 2409, c.c.)

Inoltre la disciplina codicistica ammette anche due sistemi alternativi di amministrazione e con- trollo della società, detti l’uno dualistico (artt. 2409 octies – 2409 quinquiesdecies, c.c.) e l’altro siste- ma monistico (artt. 2409 sexiesdecies – 2409 noviesdecies, c.c.), che valgono solo se esplicitamente adottati in statuto, o alla costituzione della società o con successiva modificazione statutaria, e con decorrenza dall’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio successivo.

(art. 2380, c.c.)

Competenze

L’amministratore di Società, in via generale, è colui che svolge il compito tipico di gestire la Socie- tà nell’attività di ordinaria e straordinaria amministrazione e che ha il potere di rappresentanza esterna nei confronti dei terzi.

Infatti, gli amministratori costituiscono il c.d. “potere esecutivo” della società. Potere questo partico- larmente forte poiché dotato di importanti riflessi decisionali (salvo quelli riservati all’assemblea dei soci), estesi a tutto ciò che attiene alla gestione dell’impresa come precisato dall’art. 2380-bis, comma 1, c.c.

La competenza decisionale degli amministratori è sicuramente da definire come un potere esclu- sivo e la loro funzione può essere assimilata a stessa funzione imprenditoriale e di coordinamento dei fattori della produzione.

Oltre che autonomi poteri decisionali, gli amministratori hanno poteri di iniziativa dell’attività dell’assemblea. Difatti tra i vari compiti, spetta ad essi:

convocare l’assemblea e fissarne l’ordine del giorno (art. 2366, c.c.);

redigere il progetto di bilancio annuale da presentare per l’approvazione all’assemblea (art.

2423, c.c.);

dare esecuzione alle deliberazioni dell’assemblea, la quale è organo deliberativo.

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La figura dell’amministratore di società

Composizione

L’organo amministrativo può essere formato da una sola persona (c.d. amministratore unico) o, come più frequentemente accade, essere formato da una pluralità di persone, che compongono il consiglio di amministrazione (art. 2380-bis, comma 3, c.c.).

Gli amministratori possono essere soci o non soci (art. 2380 bis, comma 2, c.c.), ma debbono ne- cessariamente, essere persone fisiche.

Attenzione

La nomina di una società o, più in generale, di una persona giuridica quale amministratore produrrebbe conseguenze analoghe a quelle che si verificherebbero nell’ipotesi, per altro inammissibile, in cui la nomina dell’amministratore venisse rimessa ad un terzo estraneo alla società.

TIPOLOGIA DI ORGANO DI AMMINISTRAZIONE

Amministratore Unico Singola persona fisica

Consiglio di Amministrazione

Collegio di persone fisiche composte da:

• Presidente

• Consiglieri (delegati)

Nomina e revoca degli amministratori

Nomina

La nomina degli amministratori spetta, inderogabilmente, all’assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori, che sono nominati nell’atto costitutivo (art. 2383, comma 1, c.c.).

L’investitura è, di prassi, una normale deliberazione di assemblea ordinaria (art. 2364, n. 2, c.c.), sottoposta ai normali quorum deliberativi dell’assemblea ordinaria.

Attenzione

Tuttavia, secondo le disposizioni di cui all’art. 2368, comma 1, c.c., è ammesso che “per la no- mina alle cariche sociali l’atto costitutivo può stabilire norme particolari”. Queste particolari norme possono consistere, ad esempio, in una deroga al principio della “maggioranza assolu- ta” già visto per l’art. 2368, comma 1, c.c., istituendo, così, sistemi di votazione che permettono anche alle minoranze di aver propri rappresentanti nel consiglio di amministrazione.

Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi (la regola vale per le s.p.a. mentre nelle altre società possono rimanere in carica più a lungo) e scadono alla da- ta dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro cari- ca (possono anche essere rieletti).

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La figura dell’amministratore di società

Una volta nominati, gli amministratori debbono, entro 30 giorni, chiedere l’iscrizione della loro no- mina nel registro delle imprese, mentre spetterà al collegio sindacale (ove presente) chiedere l’iscrizione della loro cessazione (in alternativa l’adempimento sarà curato dall’assemblea dei soci tramite il legale rappresentante).

Revoca

L’assemblea può sempre revocare un amministratore o l’intero consiglio di amministrazione e questo anche prima della scadenza del termine, senza alcuna necessità di motivare le ragioni della revoca.

Se, però, la revoca avviene senza giusta causa, l’amministratore revocato ha diritto ad invocare il ri- sarcimento del danno (art. 2383, comma 3, c.c.).

Un esempio di revoca per giusta causa è regolamentata dall’art. 2390 del c.c., che impone agli ammi- nistratori il divieto di concorrenza con la società da loro amministrata. Difatti viene stabilito che gli amministratori, salvo diversa autorizzazione dell’assemblea dei soci:

• non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti;

• né esercitare un’attività concorrente per conto proprio o di terzi;

• né essere amministratori o direttori generali in società concorrenti.

Attenzione

In caso di inosservanza del divieto di concorrenza l’incarico di amministratore può essere revocato d’ufficio e nei confronti dello stesso può essere avviata azione di risarcimento del danno.

Rinuncia

Infine l’amministratore può in qualsiasi momento rinunciare al proprio ufficio, dandone comuni- cazione scritta al consiglio di amministrazione e al presidente del collegio sindacale (ove presente).

La rinuncia, però, ha effetto immediato solo nel caso in cui rimarrà in carica la maggioranza degli amministratori; diversamente essa produce effetto dal momento in cui la maggioranza si è ricostitui- ta.

Attenzione

La cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui l’organo è stato ricostituito nella sua interezza (art. 2385, comma 2, c.c.)

Fonte dei poteri e doveri degli amministratori

Come sopra evidenziato, e in particolare nelle società di capitali, si sono riassunte le prerogative che intercorrono fra amministratori e assemblea: i primi sono investiti di una esclusiva competenza ad amministrare mentre l’assemblea dei soci non può attrarre a sé l’amministrazione, né può imparti- re agli amministratori direttive o revocare i loro atti.

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La figura dell’amministratore di società

Da ciò ne scaturisce che gli amministratori in via generale, proprio per la loro precipua funzione, non vengono vincolati alla società da un contratto di mandato o tanto meno di lavoro subordinato o di al- tra natura (es: collaborazione coordinata e continuativa).

Pertanto è da ritenere che la “fonte” dei poteri e doveri attribuiti agli amministratori è da rinve- nirsi in quel “contratto di amministrazione” che sorge tra l’ente e gli amministratori dall’atto costitu- tivo e dallo statuto societario.

Gli amministratori, pertanto, sono parti del contratto di società e in esso trovano la fonte dei propri poteri.

Approfondimenti

Su tale argomentazione è intervenuta la Cassazione a Sezione Unite (cfr. sentenza n. 1545 del 20 gennaio 2017) secondo la quale il rapporto tra società ed amministratore è un rapporto societario contraddistinto da una relazione d’immedesimazione organica, che escluderebbe quella contrapposizione di posizioni giuridiche tipica di qualsiasi contratto a prestazioni corri- spettive.

Nella sentenza i Giudici di legittimità, non hanno escluso in assoluto qualsiasi possibile rela- zione contrattuale tra società ed amministratore, ma hanno ben chiarito che tali rapporti con- trattuali esulano dalla primaria natura insita nella funzione di amministratore (Es: un ammini- stratore può anche essere dipendente della società ma non per la sua carica sociale).

Concludendo possiamo affermare come alla nomina degli amministratori da parte dell’assemblea e all’accettazione della nomina da parte di essi non si deve guardare come ad un accordo fra la società e gli amministratori per la costituzione di uno specifico e distinto rapporto contrattuale.

Ci si trova, invece, in presenza di un contratto, il contratto di società, nell’esecuzione del quale deb- bono necessariamente concorrere altri soggetti oltre alle parti del contratto: i soci non possono aste- nersi dal nominare gli amministratori a cui sono attribuiti appositi poteri (senza necessità di apposito e ulteriore contratto). Per contro gli amministratori accettano la carica senza alcun altro atto attributi- vo dei poteri, ma più semplicemente è la nomina stessa l’atto che designa le persone preposte all’organo cui è dato il compito di dare esecuzione al contratto di società.

Il consiglio di amministrazione

Analizziamo ora le principali figure che compongono l’organo amministrativo delle società.

Il Presidente

Il presidente del consiglio di amministrazione ha, in quanto tale, un minimo di compiti:

convoca il consiglio, fissandone l’ordine del giorno ed eventualmente assistito da un segretario;

regola i lavori consiliari;

dichiara l’esito delle votazioni;

sottoscrive, di concerto con il segretario, i verbali delle sedute consiliari.

Spetta poi al presidente del consiglio di amministrazione, quale sua principale prerogativa, la funzio- ne di “informazione”. Secondo le previsioni di cui all’art. 2381, comma 6, c.c., è compito del presiden-

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La figura dell’amministratore di società

te provvedere, nell’imminenza delle sedute consiliari, affinché tutti i consiglieri (e sindaci qualora pre- visti) ricevano adeguate informazioni sulle materie all’ordine del giorno.

Lo statuto, poi, può attribuire particolari poteri al presidente:

la legale rappresentanza della società, anche in giudizio;

poteri esecutivi e decisionali attribuendo tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministra- zione (che di solito vengono attribuiti ai singoli consiglieri).

Comitato esecutivo e consiglieri delegati

Spesso nelle società più strutturate il consiglio di amministrazione non attende, di regola, in modo continuativo alla gestione sociale: viene creato in seno allo stesso consiglio un più ristretto comitato esecutivo, oppure conferisce ad uno o più amministratori la qualità di consiglieri delegati, attri- buendo all’uno o agli altri le proprie attribuzioni ma conservando a sé la funzione di generale sovrain- tendenza sull’amministrazione.

L’art. 2381 c.c. recita: “il consiglio di amministrazione, se lo statuto o l’assemblea lo consentono, può dele- gare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti”.

Attenzione

La delega può essere globale salvo per quelle attribuzioni che, a norma del c.c., sono indele- gabili: emissione di obbligazioni convertibili in azioni, redazione del bilancio, aumenti di capi- tale, attribuzioni spettanti agli amministratori in relazione alla riduzione del capitale per perdi- te o al di sotto al limite legale, progetti di fusione, progetti di scissione.

La differenza, pertanto, tra comitato esecutivo e pluralità di consiglieri sta in ciò:

l’uno è un organo collegiale, che prende le proprie decisioni in riunioni appositamente convoca- te e adotta vere e proprie deliberazioni, da ritenersi valide tanto quanto quelle del consiglio di amministrazione;

gli altri, invece, sono svincolati dal metodo collegiale e agiscono, in base a quanto stabilito nell’atto di nomina, disgiuntamente o congiuntamente, analogamente agli amministratori di so- cietà di persone.

I direttori generali

La disciplina del codice civile menziona, poi, all’art. 2396 la figura dei direttori generali. Questi sono, il più delle volte, dipendenti o soggetti esterni della società (es: professionisti), investiti di mansioni di alta gestione.

Li si identifica, per lo più, in ragione della loro collocazione entro la gerarchia dell’impresa e infatti:

non sono soggetti ad altra autorità decisionale al di sopra di loro se non l’organo amministra- tivo;

godono di supremazia gerarchica nei confronti di tutti gli altri dipendenti della società;

sono, giuridicamente, figura analoga a quella degli institori, assoggettabili in linea di principio

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La figura dell’amministratore di società

ti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto, salve le limitazioni contenute nella procura. Tuttavia non può alienare o ipotecare i beni immobili del preponente, se non è stato a ciò espressamente autorizza- to).

Attenzione

I direttori generali – e le altre figure simili come i manager e i dirigenti preposti – non fanno parte dell’organo amministrativo della società e spesso si è in dubbio se possa cumularsi la funzione di direttore generale con quella di amministratore di società.

FIGURE COMPONENTI IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

Presidente Consiglieri

Consiglieri delegati Comitato esecutivo

N.B.: direttori generali, manager e dirigenti preposti non siedono in consiglio di amministra- zione.

La rappresentanza della società

La rappresentanza della società spetta, istituzionalmente, agli amministratori e, in particolare, a quelli fra essi cui lo statuto conferisce o a cui conferisce la deliberazione relativa alla loro nomina. Di prassi essa spetta al presidente del consiglio di amministrazione e, quando ne sia prevista la no- mina, al consigliere delegato o ai consiglieri delegati.

Oltre che agli amministratori, poi, la rappresentanza della società può essere conferita a direttori generali oppure, in base a procura rilasciata dagli amministratori stessi, anche a dipendenti della so- cietà o a mandatari per singoli affari. In tali casi si è in presenza di una comune rappresentanza, re- golata dai principi generali della rappresentanza.

Quando, poi, la rappresentanza spetta, a norma dello statuto a più amministratori (es: al presidente del consiglio di amministrazione e al consigliere delegato), deve essere stabilito se essi hanno il pote- re di agire disgiuntamente, ossia l’uno indipendentemente dall’altro, o se debbono, invece, agire congiuntamente.

È opportuno, infine, precisare che il potere di rappresentanza è dissociato dal potere di ammini- strazione: quest’ultimo spetta al consiglio di amministrazione, quale organo collegiale, mentre il pri- mo è di pertinenza del presidente del consiglio di amministrazione ed, eventualmente, di uno o più consiglieri delegati.

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La figura dell’amministratore di società

SOGGETTI PREPOSTI ALLA

RAPPRESENTANZA DELLA SOCIETÀ

Presidente del consiglio di amministrazione Consigliere delegato

Singoli amministratori

Direttori generali, dipendenti, altri soggetti (rappresentanza comune)

Riferimenti normativi Art. 2380 c.c. e seguenti

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Carica sociale e rapporto giuridico

Carica sociale e rapporto giuridico

Analizziamo il rapporto giuridico che insiste tra la figura degli amministratori e le società da essi gestite e governate.

In merito al rapporto qui trattato la giurisprudenza, in particolare quella di legittimità, si è spesso espressa e in questa sede vogliamo richiamare quanto dettato dalla Corte di Cassazione nella propria sentenza a Sezioni Unite del 14 dicembre 1994, n. 10680 e nella più recente sentenza, sempre a Sezioni Unite, del 20 gennaio 2017, n. 1545.

Le premesse

Come accennato in epigrafe, risulta spesso importante determinare il rapporto giuridico persistente tra i soggetti delegati alla “governance” e l’azienda delegante.

In particolare la natura del rapporto giuridico sopra richiamato può comportare riflessi nell’ambito della qualificazione di un possibile rapporto di lavoro subordinato, parasubordinato o autono- mo (le cui specifiche casistiche saranno oggetto di successivi contributi).

Tale problematicità, alla luce del nuovo assetto normativo sviluppatosi nell’ambito della disciplina del- le società di capitali conseguente alle riforme legislative degli ultimi anni, ha sostanzialmente rimodi- ficato l’approccio che, come vedremo, era stato assunto dalla giurisprudenza di legittimità già nel 1994 ed ha quindi ora – con la sentenza della 2017 – condotto ad un nuovo rilevante ripensamento della qualificazione del rapporto giuridico.

L’orientamento del 1994

Il primo orientamento, risalente per l’appunto alla sentenza della Cassazione S.U. n. 10680/1994, ten- deva ad interpretare l’annoso contrasto tra i due principali orientamenti formatisi in dottrina ed in giurisprudenza sul tema dell’identificazione del corretto negozio giuridico tra amministratori e socie- tà.

In via del tutto sintetica i due pensieri potevano suddividersi nelle seguenti teorie:

a. la cosiddetta teoria contrattualistica, secondo la quale vi sarebbe un vero e proprio negozio giuridico che disciplina i rapporti tra due soggetti distinti, l’amministratore da un lato e la società dall’altro, ciascuno autonomo centro di interessi anche contrapposti;

b. la cosiddetta teorica organica, a fronte della quale si configura solitamente una immedesima- zione dell’organo dell’amministratore nella persona giuridica che rappresenta, senza possibilità di un regolamento negoziale interno.

TEORIA CONTRATTUALISTICA E ORGANICA A CONFRONTO TEORIA CONTRATTUALISTICA:

amministratore e società, cia- scuno autonomo centro di inte- ressi, spesso anche contrapposti, sono legati da un rapporto di ti- po contrattuale

• mandato

• lavoro subordinato

• parasubordinato

• contratto d’opera professionale

rapporto sui generis

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Carica sociale e rapporto giuridico

TEORIA CONTRATTUALISTICA E ORGANICA A CONFRONTO TEORIA ORGANICA:

• immedesimazione dell’organo nella persona giuri- dica che rappresenta

• assenza di contrapposti ed autonomi centri di in- teressi tra i quali instaurare non solo un rapporto contrattuale ma un qualsiasi rapporto intersogget- tivo

• la nomina da parte dell’assemblea dell’amministratore e la sua accettazione non danno luogo ad un rapporto contrattuale specifi- co, ma costituiscono un mero atto di designazione del titolare di prerogative gestorie già determinate per legge

La Suprema Corte, in tale contesto – nel tentativo di dirimere la diatriba della possibile costituzione di un rapporto di lavoro parasubordinato tra amministratore e società – affermava che all’interno dell’organizzazione societaria sono individuabili rapporti di credito nascenti da un’attività (come quella resa dall’amministratore) che ben può presentare i requisiti di continuità, coordinazione ed il carattere prevalentemente personale; cosicché la natura imprenditoriale del ruolo di ammi- nistratore non impedisce la configurazione di un rapporto di parasubordinazione, come del resto ammesso nella figura dell’institore (che peraltro opera in regime di subordinazione).

Da queste indicazioni di legittimità, negli anni successivi ne sono conseguentemente scaturiti molte- plici contrasti giurisprudenziali, tanto che altre sentenze hanno affermato la tesi del rapporto di la- voro autonomo, pur con generico riferimento all’immedesimazione organica; in tale panorama si è altresì asserito il principio di non applicabilità del principio di cui all’art. 36 Cost., con conseguente ammissione della disponibilità e rinunciabilità del compenso (cfr. anche Cass. Sentenza n.

19714/2012).

Ad amplificarne l’eco poi è intervenuta la novità della riforma del diritto societario (D.Lgs. 168 del 2003), con la quale l’Organo Amministrativo è qualificato come figura egemone nell’organizzazione societaria, con un potere di gestione esclusiva ex art. 2380-bis c.c., nonché un potere di rappre- sentanza generale ex art. 2384 c.c.; mentre all’Assemblea dei Soci è riservato un potere di autorizza- zione degli atti amministrativi ex artt. 2364 n. 5 c.c., in presenza di previsioni statutarie, ma senza po- ter limitare l’autonomia decisionale degli amministratori (cfr anche Circolare Monografica del 20 apri- le 2018).

Attenzione

Inoltre con sentenza del 9 luglio 2015, n. 14369 sempre la Cassazione sanciva la competenza al Tribunale dell’Imprese in merito alle controversie relative ai rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, costituzione, modificazione o estinzione del rapporto socie- tario, compresi quelli tra società e amministratori, sull’assunto che questi ultimi svolgano un ruolo essenziale per la società.

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Carica sociale e rapporto giuridico

L’attuale orientamento

Con la già citata recente sentenza a Sezioni Unite del 20 gennaio 2017, n. 1545 la Corte di Cassazione torna sulla questione del rapporto giuridico intercorrente tra amministratori e società fissando il principio secondo cui è negata la possibilità, per l’attività di amministratore, di stipulare un con- tratto di collaborazione, in quanto ”l’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione di una so- cietà per azioni sono legati da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dal n. 3 dell’art. 409 cpc”.

Sembra pertanto sussistere l’impossibilità per l’amministratore di intrattenere un rapporto di natura lavorativa con la società.

In realtà – e come vedremo con i nostri prossimi approfondimenti così non è – proprio la Cassazione ha chiarito inequivocabilmente la diatriba con la sentenza qui in esame, dedicando un apposito capi- tolo della medesima alla opportuna precisazione.

Attenzione

La sentenza sorge dall’esigenza di dirimere un contrasto interpretativo di natura creditoria, teso ad individuare il “quantum” pignorabile del compenso riconosciuto ad un amministratore di una società per azioni. Si è riproposta la questione della natura del rapporto tra l’amministratore e la società, al fine di verificarne l’applicabilità dei limiti di cui all’art. 545 cpc (se cioè il creditore potesse soddisfarsi per intero o soltanto entro il quinto). La Corte è stata perciò chiamata a stabilire se il rapporto tra la società per azioni ed il suo amministratore fos- se qualificabile come lavoro subordinato o autonomo, ovvero del tutto estraneo a tale ambi- to. Nell’affrontare la questione la sentenza compie un ampio excursus, dando atto anche dei propri precedenti, e della conflittualità delle decisioni, dichiarata “endemica alla giurispruden- za di legittimità”, tanto da richiedere l’intervento nonostante una pronuncia precedente, sem- pre a sezioni unite (sentenza n. 10680/1994).

La sentenza n. 1545/2017 impone però un radicale ripensamento rispetto agli orientamenti del 1994.

L’attuale allontanamento da tali interpretazioni si fonda sulla considerazione della crisi del concetto di coordinamento, così come inteso ai sensi dell’art. 409, n. 3, cpc, (e in particolare secondo la novellata versione) rispetto a quello individuabile in capo all’amministratore della società.

Art. 409 codice procedura civile

Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:

1) rapporti di lavoro [c.p.c. 646,659] subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di una impresa;

2) rapporti di mezzadria [c.c. 2141], di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di af- fitto a coltivatore diretto [c.c. 1647], nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie;

3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente perso- nale, anche se non a carattere subordinato. la collaborazione si intende coordinata quanto, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il colla- boratore organizza autonomamente l’attività lavorativa

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Carica sociale e rapporto giuridico

4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalen- temente attività economica;

5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sem- preché non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.

In commento è intervenuta anche la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro (cfr. Approfondimen- to Fondazione del 13 marzo 2017) con cui si chiariva che “il coordinamento del collaboratore implica in- fatti una verticalità dello stesso, dovendo, secondo la sentenza qui analizzata, rappresentarsi come una si- tuazione per cui il prestatore d’opera parasubordinata è soggetto ad un coordinamento che fa capo ad al- tri, in un rapporto che deve rappresentare connotati simili a quelli del rapporto gerarchico propriamente subordinato”.

Al contrario, sempre secondo la sentenza in discorso, la riforma del diritto societario rende l’amministratore “il vero egemone dell’ente sociale”, al quale spetta in via esclusiva la gestione dell’impresa, con il solo limite di quegli atti che non rientrano nell’oggetto sociale. Ancorando tali con- vinzioni alle norme del codice civile che regolano gli assetti societari, espressamente citati nella moti- vazione, la sentenza giunge quindi alla formulazione della massima premessa, perché, ”se per coordi- namento (quale presupposto indispensabile perché ai sensi dell’art. 409n. 3 cpc possa individuarsi un’attività parasubordinata) deve intendersi l’eterodirezione dell’attività stessa, si può categoricamente escludere che la funzione dell’amministratore societario ne sia soggetto”.

Quindi immedesimazione organica ed esclusione di qualsiasi altra diversa qualificazione del rapporto tra amministratore e società, che giusto l’art. 3, comma 2, lett. a) del D.Lgs. n. 168/2003, de- ve essere ricondotto nell’ambito dei rapporti societari, ”data l’essenzialità del rapporto di rappresentan- za in capo a quest’ultimo come rapporto che, essendo funzionale, secondo la figura della c.d. immedesima- zione organica, alla vita della società, consente alla stessa di agire”.

Queste Sezioni Unite abbandonano così il solco del precedente del ‘94, valorizzando la natura pecu- liare del rapporto amministratore-società, perché il primo “serve ad assicurare l’agire della società, non assimilabile, in quest’ordine di idee, né ad un contratto d’opera, né tantomeno ad un rapporto di tipo su- bordinato o parasubordinato” (Cass. civ. S.U., n. 1545/2017, che nello specifico richiama il precedente, conforme, della sentenza n. 22046/2014).

Attenzione

È importante comprendere come la precisazione della sentenza S.U. n. 1545/2017 – e quindi l’esclusione della configurabilità di una prestazione ai sensi dell’art. 409 n. 3 cpc (oppure auto- noma o subordinata) nel rapporto amministratore – società, riconosciuta invece dal prece- dente delle S.U. n. 10680/94, – non intende negare a priori l’ammissibilità di un contratto simi- le tra le medesime parti.

La Cassazione infatti puntualizza come ”non è escluso, però, che s’instauri, tra la società e la per- sona fisica che la rappresenta e la gestisce, un autonomo, parallelo e diverso rapporto che assuma, secondo l’accertamento esclusivo del giudice del merito, le caratteristiche di un rapporto subordi- nato, parasubordinato o d’opera”.

Ecco come la Corte, con la propria sentenza n. 1545/2017 in cui afferma la teoria della immedesima- zione organica e della specialità della natura del rapporto societario dell’amministratore in virtù della sua funzione, ribadisce la compatibilità di un suo diverso ruolo all’interno della stessa compa-

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Carica sociale e rapporto giuridico

gine societaria, regolato dal diritto del lavoro, purché effettivamente sussistente ed oggetti- vamente operante in concreto.

Conclusioni

Nel concludere la nostra analisi possiamo affermare come la recente pronuncia delle Sezioni Unite non rivoluziona l’approccio alla problematica e alla questione.

Viene invece ribadita la distinzione netta tra l’inquadramento della figura e del ruolo istituziona- le dell’amministratore nel contesto societario, che non richiede ulteriori qualificazioni o rego- lamentazioni contrattuali e l’eventualità che lo stesso possa intrattenere rapporti di diversa natura sempre con la società da lui amministrata.

Solo così si può – in subordine – ammettere la stipula di un diverso contratto anche di lavoro; e questo solo ed esclusivamente nel caso in cui al ruolo istituzionale si accompagnino funzioni e com- piti assegnati aventi natura diversa, che ben possono essere regolamentati secondo i canoni pro- pri del diritto del lavoro e dunque eventualmente anche ascrivibili alla fattispecie della subordinazio- ne, parasubordinazione o del lavoro autonomo.

Riferimenti normativi Art. 2380, c.c. e seguenti

(18)

Rapporto di lavoro subordinato

Rapporto di lavoro subordinato

Nel presente capitolo si intendono analizzare le possibili correlazioni e implicazioni tra la carica di am- ministratore e un possibile rapporto di lavoro subordinato.

Difatti la figura dell’amministratore di società, di norma, insiste in un rapporto giuridico “originariamen- te” insito nel contratto di società che lega il soggetto governante (l’amministratore, appunto) all’organismo da governare (la società).

È, quindi, da ritenere che la “fonte” dei poteri e doveri attribuiti agli amministratori è da rinvenirsi in quel “contratto di amministrazione” che sorge tra l’ente e gli amministratori dall’atto costitutivo e dallo statuto societario.

Può accadere, però, che al fine di soddisfare determinate esigenze i componenti dell’organo di ammini- strazione stipulino con la società separati contratti, e in particolare di lavoro subordinato: ecco scaturire tutta una serie di problematicità insorgenti dalla possibile cumulabilità – o meno –, dei due rapporti giu- ridici.

La figura dell’amministratore – sintesi

Gli amministratori di società, in via generale, sono coloro che svolgono il compito tipico di gestire la società nell’attività di ordinaria e straordinaria amministrazione e che hanno il potere di rappre- sentanza esterna nei confronti dei terzi.

La legge riconosce loro alcune competenze esclusive, ma «fonte» primaria delle funzioni attribuite ri- mane, in definitiva, l’atto costitutivo, il quale potrebbe attribuire ai soci alcune funzioni prerogative degli amministratori stessi.

Attenzione

Spetta invece in via esclusiva agli amministratori il potere di rappresentare la Società nei con- fronti dei terzi: così, per esempio, concludere contratti, firmare atti processuali (citazioni, ri- corsi), ecc.

Riguardo questa attività dell’amministratore inerente la carica sociale, la disciplina che regolamenta il rapporto giuridico è «genericamente» riferibile alla tipologia della collaborazione coordinata e conti- nuativa – art. 409 c.p.c. e art. 50 D.P.R. n. 917/1986 – (attività di servizio a favore della società, di carat- tere individuale, continuativo e autonomo, nell’ambito delle indicazioni fornite dalla società stessa e dalle norme di legge), dal momento che l’amministratore si immedesima con la società stessa crean- do, in questo modo, un’identità di posizione, in quanto viene a mancare una concreta dualità tra le due posizioni.

Approfondimenti

Al riguardo è significativa la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione S.U. n. 1545 del 20 gennaio 2017.

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Rapporto di lavoro subordinato

Secondo la Suprema Corte, il rapporto che lega la Società e l’amministratore non è riconduci- bile né ad un contratto d’opera, né ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato (Co.Co.Co.), pertanto esso non deve essere regolato da alcun contratto.

Quello tra amministratore o consigliere d’amministrazione e Società è un rapporto di tipo so- cietario dal momento che, con la sua attività, egli si immedesima con la Società creando, in questo modo, un’identità di posizione; mancando, pertanto, una concreta dualità tra le due posizioni, tale rapporto non può in alcun modo essere regolato da un contratto.

Gli effetti saranno che, dal momento che il rapporto tra Società e amministratore (o consiglie- re di amministrazione) non potrà più essere regolato da un contratto, per disciplinare le con- dizioni da applicare a questi soggetti sarà possibile il ricorso agli strumenti offerti dal diritto societario o dal Codice Civile (potranno essere utilizzati, a titolo esemplificativo, gli atti di no- mina dell’assemblea generale oppure le delibere del consiglio di amministrazione).

La stipula di un contratto sarà possibile limitatamente a quei casi (da individuarsi e da analiz- zarsi con molta cautela) in cui in una stessa persona si somma sia la figura dell’amministratore della Società, sia quella diversa avente ad oggetto un’attività di lavoro su- bordinato, parasubordinato o autonomo.

Il rapporto di lavoro subordinato

La problematica si evidenzia qualora l’amministratore svolga, oltre ai compiti connessi con la funzione (partecipazione al CDA, alle delibere, alle decisioni strategiche), anche attività operativa in azienda, venendosi così contemporaneamente a costituire in capo al medesimo soggetto anche ulteriori rap- porti di lavoro.

Difatti, in tali situazioni tali rapporti di lavoro si potranno individuare nelle seguenti forme:

rapporto di lavoro dipendente;

rapporto di lavoro autonomo;

rapporto di lavoro parasubordinato.

In tema di cumulabilità in capo allo stesso soggetto di incarico di amministratore di società e di lavo- ratore subordinato, sono stati definiti taluni profili specifici di ammissibilità, distinti in funzione del ruolo amministrativo e dell’attività svolta: svolgimento di attività lavorativa diversa dalla carica sociale;

esercizio di potere direttivo sull’amministratore, con distinzione quindi tra organo gestorio del rap- porto di lavoro ed esecutore della prestazione; formazione di una volontà imprenditoriale autonoma da quella dell’amministratore delegato e concreto assoggettamento al potere disciplinare degli altri amministratori.

Schematicamente:

Condizioni per la cumulabilità

Amministratore: • svolgimento di attività lavorativa diversa dalla carica sociale.

Organo sociale:

• esercizio di potere direttivo sull’amministratore, quindi distinzione tra organo gestorio del rapporto di lavoro ed esecutore della prestazione;

• formazione di una volontà imprenditoriale autonoma da quella dell’amministratore delegato;

• concreto assoggettamento al potere disciplinare degli altri amministra- tori.

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Rapporto di lavoro subordinato

Alla luce di quanto sopra veniamo ora a valutare se la carica di amministratore possa cumularsi – o meno – con l’esistenza e l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato; cioè se l’amministratore di società possa anche essere destinatario di un rapporto tipico dei lavoratori dipendenti.

Per poter rispondere al meglio si dovranno puntualizzare le diverse tipologie di carica amministrativa.

Amministratore unico

In merito ad una possibile convivenza della carica di Amministratore Unico di società con un rapporto di lavoro subordinato con la medesima società, la giurisprudenza – ormai consolidata – si è pronun- ciata in senso negativo.

Difatti, l’impossibilità all’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato tra la società datrice di lavoro e il proprio Amministratore Unico è insita nella difficoltà di delineare separatamente i prin- cipali poteri datoriali – gerarchico, direttivo e disciplinare – che verrebbero così a confondersi nella medesima persona.

Attenzione

L’Inail, in contrapposizione con il pensiero della giurisprudenza – in particolare quella di legit- timità – con specifiche disposizione amministrative, ha disposto che dal gennaio 2016 l’obbligo dell’assoggettamento all’assicurazione antinfortunistica sia esteso anche agli am- ministratori unici della società.

Analoghe considerazioni – e quindi medesime conclusioni negative – devono ritenersi valide relati- vamente alla figura del Presidente del Consiglio di amministrazione in quanto soggetto dotato di ampi poteri inconciliabili con gli obblighi insiti nel rapporto di lavoro subordinato.

Amministratore delegato

Nel caso dell’Amministratore Delegato, infine, possiamo affermare la possibilità di una contitolarità di un rapporto di lavoro subordinato.

Questo solo e qualora l’Amministratore Delegato risulti soggetto al potere direttivo del Consiglio di Amministrazione (o di altri eventuali a.d.), e purché lo stesso A.D. non sia unico soggetto dotato e tito- lare di poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione e sempreché la delega conferita non sia ta- le da far esercitare all’amministratore le funzioni di amministratore unico.

La Giurisprudenza

Il costante orientamento giurisprudenziale (di particolare interesse quello in Cassazione Civile sen- tenza n. 1424 del 1 febbraio 2012 e Cassazione Civile sentenza n. 24188 del 13 novembre 2006) af- ferma che il requisito della subordinazione viene meno quando:

• l’amministratore della società sia in possesso di tutti i poteri di controllo, gestione, comando e disciplina;

• la società sia amministrata da un Amministratore unico.

L’equipollenza tra l’attività gestionale esercitata dall’amministratore unico di società e quella svol-

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Rapporto di lavoro subordinato

• Presidente del C.d.A.;

• Amministratore unico;

• Consigliere delegato (se non soggetto al controllo di terzi).

Approfondimenti

Da citare anche quanto deciso dai giudici di legittimità nella Sentenza Corte di Cassazione n.

13009 del 5 settembre 2003.Secondo il parere degli Ermellini, l’Amministratore Unico che esegue ed osserva direttive imposte da un procuratore “terzo”, deve essere considerato di fatto lavoratore dipendente, in virtù di un prestazione di lavoro svolta in regimi di precise mansioni e in prestabiliti orari di lavoro.

In tal caso potrà essere contestata la mancata instaurazione di un effettivo rapporto di lavoro dipen- dente (e quindi applicando il conseguente apparto sanzionatorio) definendo la carica di amministra- tore insussistente fittizia.

Consigliere di amministrazione

La carica di consigliere di amministrazione, per contro, risulta cumulabile con il rapporto di lavoro subordinato.

In tal caso, le interpretazioni dei giudici, infatti, hanno costantemente confermato, affinché un com- ponente del consiglio di amministrazione possa anche svolgere prestazioni di lavoro subordinato a favore della stessa governata, la necessità che non tutti i soggetti consiglieri siano dipendenti e che sia configurabile un effettivo vincolo di subordinazione.

Inoltre, quale ulteriore elemento caratterizzante l’indispensabile vincolo di subordinazione, è stata sottolineata la necessità di una gestione del rapporto di lavoro riconducibile alla volontà della società distinta da quella del singolo amministratore.

La Giurisprudenza

Secondo la Corte di Cassazione (Sez. lav., 13 giugno 1996, n. 5418), ”per la configurabilità di un rappor- to di lavoro subordinato fra un membro del consiglio d’amministrazione di una società di capitali e la so- cietà stessa è necessario che colui che intende far valere tale tipo di rapporto fornisca la prova della sussi- stenza del vincolo di subordinazione e cioè l’assoggettamento al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società nel suo complesso, nonostante la suddetta qualità di membro del consiglio d’amministrazione”.

Sempre la Corte di Cassazione (25 maggio 1991, n. 5944) precisa che ”la qualità di amministratore di una società di capitali è compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato della medesima, ove sia ac- certato in concreto lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, con l’assoggettamento a effettivo potere di supremazia gerarchica e disciplinare”.

Il parere dell’INPS

In merito alla sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente in capo agli amministratori, di rilievo anche i chiarimenti offerti dall’INPS.

(22)

Rapporto di lavoro subordinato

Infatti, qualora siano appurate le condizioni descritte nella Circolare Inps dell’8 agosto 1989 n. 179 è possibile la coesistenza nella stessa persona delle figure di amministratore e dipendente, in particolare quando:

• sia verificabile la sottoposizione dell’amministratore al potere direzionale dell’imprenditore;

• il lavoratore dipendente abbia carica all’interno del Cda senza deleghe o con deleghe che esulano dalle sue mansioni come dipendente;

• nel caso di Consigliere delegato occorre ponderare la natura e l’ampiezza dei poteri.

Tali rapporti contrattuali fanno sorgere in capo al soggetto:

• il diritto alla contribuzione Inps come lavoratore dipendente;

• il diritto alla contribuzione alla gestione separata come amministratore.

Tabella di sintesi

CARICA DIRITTO SOCIETARIO FISCO PREVIDENZA

Amministratore unico

La nomina assembleare è va- lida, persistendo potenziali si- tuazioni in conflitto di interes- si. Tale nomina, di fatto, fa ve- nire meno il rapporto di lavo- ro dipendente poiché viene a mancare il necessario vincolo di subordinazione.

La retribuzione del dipendente è indeducibile, poi- ché è considerato insussistente il rapporto di lavo- ro dipendente.

L’emolumento di amministratore è deducibile.

Viene disconosciu- to il vincolo di su- bordinazione, vi sono perciò conse- guenze per i con- tributi versati in re- lazione al rapporto di lavoro dipenden- te

Amministratore delegato

L’attribuzione di deleghe all’amministratore membro di consiglio d’amministrazione è ammissibile e le deleghe sono valide, persistendo potenziali situazioni in conflitto di inte- resse; devono essere limitate al fine di non fare venire me- no il vincolo di subordinazione

Nel caso in cui le deleghe siano li- mitate in modo che non venga meno il vincolo di subordinazione, dovrebbero rite- nersi deducibili (condizionale d’obbligo: da va- lutare caso per caso) tanto l’emolumento di amministratore, quanto il reddito di lavoro dipen- dente.

Valgono le consi- derazioni fatte ai fini fiscali: le dele- ghe devono essere tali da consentire la permanenza del vincolo di subordi- nazione.

Presidente del consiglio

d’amministrazione

La nomina a presidente del consiglio d’amministrazione è valida e ammissibile. La carica di presidente non deve com-

L’emolumento di amministratore e la retribuzione del lavoratore di-

L’Inps ha ritenuto incompatibile la presidenza del consiglio

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Rapporto di lavoro subordinato

CARICA DIRITTO SOCIETARIO FISCO PREVIDENZA

portare automaticamente po- teri che siano in contrasto con la permanenza del vincolo di subordinazione. Persistono potenziali situazioni in conflit- to di interesse.

pendente do- vrebbero ritener- si entrambi de- ducibili (condi- zionale d’obbligo:

da valutare caso per caso), se la presidenza del consiglio non comporti di per sé poteri incom- patibili con la permanenza del vincolo di subor- dinazione.

d’amministrazione con la permanenza del vincolo di su- bordinazione.

Amministrazione disgiunta

La nomina di più amministra- tori con poteri disgiunti è pos- sibile nelle s.r.l. Occorre pre-

stare attenzione

all’amministratore/dipendente affinché questi abbia poteri compatibili con il vincolo di subordinazione.

Nel caso in cui l’amministratore dipendente rice- va poteri incom- patibili con il permanere del vincolo di subor- dinazione, la re- tribuzione come dipendente è in- deducibile. Nel silenzio dello sta- tuto,

l’amministrazione disgiuntiva attri- buisce ampi po- teri ai nominati amministratori tendenzialmente incompatibili con la posizione del dipendente

L’analisi va effet- tuata caso per ca- so; occorre verifi- care se i poteri dell’amministratore non travalichino il limite e siano tali da fare venire me- no il vincolo di su- bordinazione.

Amministrazione congiunta

La nomina di più amministra- tori con poteri congiunti è possibile nelle s.r.l. Tale tipo- logia di organo amministrati- vo è maggiormente compati- bile con la permanenza del vincolo di subordinazione, an- che se la possibilità di veto da parte dell’amministratore di- pendente potrebbe ledere

Problemi di de- ducibilità an- dranno analizzati caso per caso per verificare se le modalità di fun- zionamento dell’organo siano compatibili con il contratto di lavo-

Anche in questo caso l’analisi dovrà essere condotta caso per caso, veri- ficando la compa- tibilità dei poteri dell’amministratore con la sua funzione anche di lavoratore dipendente.

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Rapporto di lavoro subordinato

CARICA DIRITTO SOCIETARIO FISCO PREVIDENZA

l’esistenza del vincolo di su- bordinazione.

ro dipendente o i poteri non siano tali da fare venire meno il vincolo di subordinazione.

Riferimenti normativi Codice civile, art. 2094

Codice di procedura civile, art. 409

Corte di Cassazione, sentenza 20 gennaio 2017, n. 1545 Corte di Cassazione, sentenza 19 maggio 2008 n. 12630 Corte di Cassazione, sentenza 26 settembre 2005 n. 18759 Corte di Cassazione, sentenza 24 maggio 2000, n. 6819 Corte di Cassazione, sentenza 13 novembre 2006, n. 24188 INPS, Circolare 8 agosto 1989, n. 179

INPS, Messaggio 7 giugno 2007, n. 15031

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Determinazione del compenso

Determinazione del compenso

La determinazione del compenso agli amministratori di società è stabilita in primo luogo dalle disposi- zioni codicistiche (artt. 2364e 2389, c.c.) e parallelamente nello statuto societario.

Spesso però, al verificarsi di particolari eventualità, sorgono difficoltà nella corretta determinazione e quantificazione del compenso ai soggetti preposti alla “governance” aziendale, come in caso di riduzione o rinuncia dell’emolumento precedentemente riconosciuto o nelle fattispecie della gratuità della carica.

Nel presente capitolo vogliamo focalizzare le modalità e le procedure con le quali stabilire la remunera- zione per la prestazione svolta dagli amministratori.

La figura dell’amministratore

Il vigente codice civile regolamenta un sistema ordinario di amministrazione e di controllo della società, in buona parte corrispondente al sistema tradizionale, e che è basato su un organo ammini- strativo – il consiglio di amministrazione o amministratore unico – e su un organo di controllo, il collegio sindacale (artt. 2380-bis – 2409 c.c.)

Inoltre la disciplina codicistica ammette anche due sistemi alternativi di amministrazione e con- trollo della società, detti l’uno dualistico (artt. 2409-octies – 2409-quinquiesdecies c.c.) e l’altro siste- ma monistico (artt. 2409-sexiesdecies – art. 2409-noviesdeciesc.c.), che valgono solo se esplicitamen- te adottati in statuto, o alla costituzione della società o con successiva modificazione statutaria, e con decorrenza dall’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio successivo (art. 2380, c.c.).

I soggetti nominati e detentori alla carica di amministratore svolgono all’interno della Società fun- zioni:

• gestionali;

• di rappresentanza esterna;

• di tipo operativo.

Attenzione

È opportuno specificare che il soggetto individuabile come amministratore all’interno delle Società varia in funzione della forma giuridica della società (di persone o di capitali).

Alla luce delle premesse poste, in via generale è possibile affermare che compito tipico degli ammi- nistratori è quello di gestire la Società nell’attività di ordinaria e straordinaria amministrazione. Inol- tre la legge riconosce loro alcune competenze esclusive, ma «fonte» primaria delle funzioni dell’amministratore rimane in definitiva l’atto costitutivo, il quale potrebbe attribuire ai soci alcune funzioni prerogative degli amministratori stessi.

Spetta, invece, in via esclusiva agli amministratori il potere di rappresentare la Società nei confron- ti di terzi: così, per esempio, concludere contratti, firmare atti processuali (citazioni, ricorsi), ecc.

La disciplina regolante il rapporto giuridico che investe il soggetto amministratore è «genericamen- te» riferibile alla tipologia della collaborazione coordinata e continuativa – art. 409 c.p.c. e art.

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Determinazione del compenso

50 D.P.R. n. 917/1986 – (attività di servizio a favore della Società, di carattere individuale, continuativo e autonomo, nell’ambito delle indicazioni fornite dalla Società stessa e dalle norme di legge).

Attenzione

Al riguardo è significativa la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione SS.UU. n.

1545 del 20 gennaio 2017 (cfr. anche il capitolo “Carica sociale e rapporto giuridico“).

La determinazione del compenso agli amministratori

Fonte primaria alla determinazione del compenso agli amministratori è da rinvenire nelle clausole poste nello Statuto societario sottoscritto dai soci della società secondo le previsioni del codice civile rispetto alla tipologia societaria considerata (Es: per le società a responsabilità limitata art. 2463 c.c.) L’ulteriore fonte preposta a stabilire quali siano i soggetti legittimati alla determinazione del compen- so agli amministratori è da individuare nell’art. 2364 c.c. dove, al punto 3, viene puntualmente sancito che tale funzione è riservata all’Assemblea dei soci.

Approfondimenti Art. 2364 c.c.

Nelle società prive di consiglio di sorveglianza, l’assemblea ordinaria:

1)…..

2)….

3) determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto.

Pertanto, se lo statuto nulla prevede in merito, l’assemblea – convocata in via ordinaria (ma è da ri- tenersi valida anche la formula dell’assemblea straordinaria qualora sia necessario modificare lo sta- tuto) – può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione sono stabiliti, alternativamente:

L’art. 2389 del codice civile prevede che la “quantificazione” dei compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione sia stabilita all’atto della nomina o dall’assemblea.

E possono essere costituiti:

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Determinazione del compenso

Attenzione

Focalizzato quanto sopra, sembra corretto affermare che in assenza di previsioni statutarie sancite “ab origine”, la delibera assembleare che determina e fissa il compenso agli ammini- stratori è sempre necessaria.

Nel tempo dottrina e giurisprudenza si sono spesso confrontate sui casi in cui il compenso agli am- ministratori sia stato (o non sia stato) determinato secondo le regole dell’ordinamento che qui vo- gliamo riassumere per alcune particolari fattispecie.

Omessa indicazione nell’atto costitutivo

Il diritto al compenso degli amministratori delle società di capitali è implicitamente riconosciuto negli artt. 2364 e 2389 c.c., nei quali si prevede la sua determinazione nell’atto costitutivo, nonché dall’art.

2392 che, in ordine all’adempimento dei loro doveri, richiama le norme del mandato e che come ne- gozio si presume oneroso (Cass., sentenza 19 marzo 1991, n. 2895).

Mancate delibere assembleari

La circostanza che non abbiano fatto seguito delibere formali dell’assemblea sociale non è di ostacolo alla determinazione giudiziale del compenso, poiché l’art. 2389 c.c. non preclude che, in mancanza di determinazione da parte dell’organo societario, sia il giudice a determinare la misura degli emo- lumenti dovuti all’amministratore, in virtù dell’espletamento del mandato, da presumersi oneroso (Tribunale di Milano, sentenza 18 maggio 1995).

Inoltre, in tale contesto la Corte di Cassazione, sez. I, sentenza 29 agosto 2008, n. 21993 ha dichia- rato che:

• i compensi devono essere determinati mediante una specifica delibera assembleare quando non sono previsti dallo statuto;

• pertanto, l’approvazione dei compensi corrisposti agli amministratori che sia contestuale all’approvazione del bilancio è legittima solo se l’assemblea vi abbia provveduto in modo espres- so, con apposita discussione;

• la richiesta di determinazione del compenso rivolta dall’amministratore all’assemblea dei soci ri- sulterebbe legittima quando non è espressamente stabilita la gratuità dell’incarico.

(28)

Determinazione del compenso

Infine sempre la Cassazione con Ordinanza n. 11779/2016 ha ulteriormente ribadito e puntualizzato come i compensi agli amministratori vanno approvati in assemblea: la sola delibera di approvazione del bilancio, anche se include la posta relativa ai compensi degli amministratori, non è idonea a fissa- re la misura del compenso quando non sia stabilito nell’atto costitutivo.

Gli Ermellini, in uno dei passaggi sostanziali dell’ordinanza, hanno affermato che «..questa Corte è fer- ma nel ritenere che qualora la determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell’art. 2389, primo comma cod. civ., non sia stabilita nell’atto costitutivo, è necessaria un’esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilan- cio…».

Attenzione

Mancata delibera assemblea – riflessi penali?

Qualora l’Amministratore riceva un compenso non deliberato oppure gli venga erogato un compenso in misura superiore rispetto a quello stabilito, anche nella forma di benefici non tassati, può essere oggetto di sanzioni penali se la rilevanza dell’importo giustifica il caso di danno patrimoniale secondo l’art. 2634 c.c.

Adeguamento compenso agli amministratori

Non esistono, inoltre, motivi ostativi ad un possibile adeguamento-aumento del compenso agli am- ministratori (es: per il particolare svolto, attuazione di piani industriali, raggiungimento di obiettivi etc.) purché oggetto di delibera assembleare ai sensi dell’art. 2364 c.c. Infatti:

• nell’ipotesi in cui l’Assemblea ometta o rifiuti di determinare i compensi degli amministratori, op- pure li fissi in misura inadeguata, gli interessati hanno invece il diritto di ottenere la liquidazione dell’autorità giudiziaria;

• la prevalente giurisprudenza ha riconosciuto che ove l’Assemblea di una società, in mancanza di una disposizione nell’atto costitutivo, si rifiuti od ometta di stabilire il compenso spettante all’amministratore ai sensi dell’art. 2364 e 2389 c.c., o lo determini in misura manifestatamente inadeguata, l’amministratore può chiedere al giudice la determinazione di esso, così come è espressamente previsto per il mandatario;

tuttavia la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 1554/1981 ha stabilito che il giudice non può operare l’adeguamento di detto compenso, qualora la determinazione di esso da parte dell’Assemblea della società sia stata accettata senza riserva dall’amministratore.

Amministratore e compenso gratuito

L’attività svolta dall’amministratore per la società si presume svolta a titolo oneroso, tuttavia la pre- stazione dell’amministratore può anche essere svolta a titolo gratuito.

La gratuità della prestazione dell’amministratore, però, deve essere prevista nello Statuto o co- munque deve risultare da un’apposita delibera dell’Assemblea confermata a sua volta dall’Amministratore.

Pertanto, se l’amministratore svolge la sua attività a titolo gratuito è consigliabile che l’assemblea dei soci o il C.d.A. deliberi su tale gratuità con accettazione dell’amministratore o che ciò sia prevista dallo statuto della società. L’accettazione da parte dell’amministratore dell’assenza di remunerazione serve

(29)

Determinazione del compenso

ad evitare future contestazioni, e cioè che il beneficiario (quindi l’amministratore) stesso possa prima o poi reclamare un compenso per l’opera svolta (Cass. n. 19697/07 e Cass. n. 15382/2017).

Inoltre, al fine di ammettere la gratuità dell’incarico di amministratore:

Gratuità

• La rinuncia deve essere espressa e quindi non ta- cita ed inoltre tale rinun- cia al compenso ha rile- vanza ai fini contributivi e previdenziali, infatti in caso di prestazioni rese dall’amministratore a ti- tolo gratuito non opera nessun obbligo contribu- tivo.

• La Cassazione con senten- za n. 1915/2008, ha chiarito che l’amministratore di so- cietà che dichiara di non percepire alcun compenso per lo svolgimento del pro- prio incarico presso la so- cietà può essere soggetto ad accertamento induttivo da parte dell’Agenzia delle Entrate, in quanto si pre- suppone che il mandato sia sempre a titolo oneroso.

Qualora la gratuità della prestazione non sia previ- sta dallo statuto né emerga da delibera assembleare, l’amministratore potrà ri- volgersi al giudice per otte- nere un equo compenso (Cass. n. 1647/1997, n.

2895/1991; Tribunale di Mi- lano n. 14848/2010).

• Come riportare in Bi- lancio la gratuità della prestazione: se effetti-

vamente per

l’amministratore non è previsto un compenso, nella nota integrativa dovrà essere riportata la dicitura “non è rico- nosciuto il compenso agli amministratori”.

Revoca degli amministratori e compenso

Qualora, invece, accada che l’amministratore sia revocato prima della scadenza dell’incarico è neces- sario distinguere tra amministratori nominati:

a tempo determinato, in questo caso gli amministratori hanno diritto al risarcimento del danno se revocati prima della scadenza senza giusta causa (art. 2383, c.c.);

a tempo indeterminato, in questo caso la revoca obbliga al risarcimento solo quando non è sta- to dato un congruo preavviso, salvo ricorra una giusta causa (art. 1725, Cass. sez. I, 7 settembre 1999, n. 9482).

Attenzione

Lo statuto della società può in ogni caso escludere il diritto al risarcimento del danno anche nel caso di revoca per giusta causa.

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