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Academic year: 2021

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Introduzione

Attualmente, le malattie croniche sono la causa principale di morte nel mondo: circa 17 milioni di persone muoiono prematuramente ogni anno proprio a causa di un’ “epidemia” globale di malattie croniche. Un numero che continua a crescere.

Prendendo in considerazione la nostra Nazione, secondo alcuni dati Istat, nel 2012 circa 9 milioni di persone (14,8% della popolazione) hanno dichiarato di soffrire di una malattia cronica grave e circa 8 milioni e mezzo (13,9% della popolazione) hanno riferito problemi di multicronicità, indicando la presenza di tre o più malattie croniche indipendentemente dalla gravità.

D’altra parte, in Italia abbiamo da sempre un sistema di cure che funziona come un radar: il paziente appare per essere curato e scompare una volta guarito. Sistema efficace per le malattie acute, ma non per le patologie croniche, per le quali serve invece un modello di assistenza diverso: occorre evitare non solo che le persone si ammalino, ma anche che chi è già malato vada incontro a ricadute, aggravamenti e disabilità. Un sistema, insomma, adatto a malattie che non “demordono” e che devono essere seguite in un territorio, adeguatamente “attrezzato”. I prossimi anni vedranno scenari sempre più caratterizzati da un divario tra risorse disponibili e domanda di salute, che il Sistema Sanitario dovrà fronteggiare investendo nell’assistenza a favore dei soggetti affetti da patologie croniche, orientando le proprie risorse verso il rafforzamento delle cure primarie e verso la promozione dell’integrazione e del coordinamento tra Medici di Medicina Generale, altri Professionisti sanitari e Specialisti ospedalieri.

Il coordinamento degli operatori rappresenta, infatti, una componente fondamentale della qualità dell’assistenza, come si rileva anche da un’indagine condotta dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che evidenzia come l’insufficiente coordinamento nell’erogazione delle cure sia una delle principali cause

dell’ inadeguata risposta ai bisogni della popolazione.

E’ proprio in questo scenario che nasce la Casa della Salute, sede territoriale della presa in carico del paziente. Al suo interno è svolto un efficiente ed efficace servizio di continuità diurna dell’assistenza e si realizza al meglio l’integrazione dei professionisti quali: Medici di Medicina Generale, Medici di Continuità Assistenziale, Pediatri di Libera Scelta, Specialisti Ambulatoriali, Infermieri, Ostetriche, Assistenti Sociali, etc…

Tale struttura sanitaria e sociosanitaria, che può avere diversa complessità in relazione alle caratteristiche orogeografiche del territorio e alla densità della popolazione, viene dunque identificata come punto di riferimento e di accoglienza certo per i cittadini, al quale ci si può rivolgere in ogni momento per trovare una risposta ai propri problemi di salute.

Ma nell’ambito di una così radicale riorganizzazione del sistema delle cure territoriali, quale ruolo assume il tradizionale “sistema farmacia”?

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La Farmacia rappresenta da sempre il punto di primo contatto del cittadino con il Sistema Sanitario Nazionale e, spesso, nelle piccole comunità, l’unico presente.

Le farmacie, profondamente inserite nel tessuto della comunità e a disposizione dei cittadini 24 ore su 24, ogni giorno dell'anno, sono la sede di dispensazione del farmaco, ma sono soprattutto un luogo di counseling e quindi di riferimento per gli utenti, che qui possono ricevere consigli e indicazioni su come affrontare le patologie di tutti i giorni.

Per questi motivi le farmacie dovranno trovare la giusta e necessaria valorizzazione come presidio insostituibile del SSN nel processo di riordino complessivo del sistema di cure primarie: sarà necessario dunque un pieno rilancio della Farmacia attraverso l’ampliamento delle sue funzioni di assistenza al cittadino, processo che dovrà avvenire parallelamente ed in maniera quanto più integrata con l’attuazione dei progetti previsti per le nuove Case della Salute.

L’obiettivo di tale tesi è proprio quello di riuscire ad inquadrare il ruolo che fino ad ora la Farmacia ha assunto nell’ambito della riorganizzazione delle cure primarie, di individuare le sue prospettive e le sfide che dovrà affrontare.

Per far questo, ho iniziato il presente lavoro descrivendo quali sono stati i cambiamenti demografici ed epidemiologici che hanno portato alla necessità di “riprogrammare” il sistema delle cure primarie territoriali. Nel primo capitolo ho dunque descritto la transizione epidemiologica che si è manifestata a metà degli anni ’90, in seguito alla quale si è assistito ad una riduzione delle patologie acute e ad un aumento delle malattie croniche che colpivano la popolazione italiana, oramai diventata una delle più longeve al mondo.

E’ proprio in questo contesto che è nata la Sanità di Iniziativa, ovvero un nuovo schema assistenziale sviluppato sul modello americano del Chronic Care Model, basato sull’interazione proficua tra il paziente (reso più informato con opportuni interventi di formazione e addestramento) ed i medici, infermieri e operatori sociosanitari; per sanità d’iniziativa si intende dunque un modello assistenziale di gestione delle malattie croniche che non aspetta il cittadino in ospedale (sanità di attesa), ma che gli “va incontro” prima che le patologie insorgano o si aggravino, garantendo quindi al paziente interventi adeguati e differenziati in rapporto al livello di rischio, puntando anche sulla prevenzione e sull’ “educazione”.

La Casa della Salute nasce quindi come struttura ottimale in cui promuovere la sanità di iniziativa, come luogo dove i cittadini trovano servizi socio-sanitari di base offerti dal Sistema Sanitario Regionale e dove l'accesso ai servizi è unico e i servizi presenti sono organizzati in maniera concentrata e integrata.

Nel secondo capitolo, chiarendo come prima cosa la centralità e l’importanza della cure primarie, ho classificato le forme di associazionismo dei Medici di Medicina Generale, a partire dalla quasi oramai scomparsa figura del medico singolo, fino ad arrivare alle più recenti Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP), che sono le forme associative che si ritrovano appunto all’interno delle Case della Salute.

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Leggendo poi i Piani Socio Sanitari delle varie Regioni, ho deciso, nel terzo capitolo, di prendere in considerazione quelli Emiliano e Toscano (che ad oggi è in via di approvazione), essendo le rispettive Regioni quelle maggiormente impegnate nel promuovere l’attività delle Case della Salute.

Per ognuna delle due Regioni ho poi analizzato i documenti principali con i quali sono state definite le caratteristiche strutturali e funzionali delle Case della Salute sul territorio, terminando poi con la descrizione delle Botteghe della Salute, realizzazione peculiare della Regione Toscana, in collaborazione con ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani)Toscana e UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) Toscana.

Nel quarto capitolo ho descritto tre Case della Salute presenti sul territorio emiliano e toscano, tra le prime ad essere realizzate in Italia e quindi interessanti da analizzare in tutti i loro vari aspetti.

Il punto di forza della Casa della Salute emiliana di Forlimpopoli è quello di comprendere al suo interno sia l’hospice che l’ ospedale di continuità.

La Casa della salute aretina di Castiglion Fiorentino è stata la prima ad essere aperta in Toscana e quindi ha svolto il ruolo di “apripista”.

Infine, ma non perché meno importante, quella versiliese di Querceta, una delle più efficienti e complete in Toscana, tanto che la Regione l’ha definita “progetto pilota per la realizzazione delle altre Case della Salute in Toscana”.

Nel quinto ed ultimo capitolo ho riportato le interviste di tre farmacisti toscani Presidenti di Associazione (Lucca, Pistoia, Arezzo), in modo da conoscere il loro pensiero in merito a questa nuova organizzazione sanitaria territoriale, cercando di capire, al tempo stesso, attraverso le loro considerazioni e le loro riflessioni, quale sarà il futuro della farmacia.























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