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etICa foreStaLe(*) Dottore forestale; carluber@libero.it

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Il compito storico fondamentale che oggi spetta al mondo forestale, risiede nel rilancio dei propri fondamenti culturali in chiave di una sua evoluzione all’interno delle coordina- te dell’epoca attuale. Sulla scia di tale assunto, nella cornice del presente secolo, sempre più diffusamente ed autorevolmente definito seco- lo dell’ambiente, il terzo congresso nazionale di selvicoltura ha sancito la compiuta affermazio- ne, nell’ambito delle discipline forestali, della dimensione etica, attraverso la determinazione dei diritti del bosco, e di un nuovo orizzonte metodologico, attraverso la selvicoltura siste- mica (CianCio e noCentini, 1996).

Ciò, ormai, rappresenta uno stadio evolutivo culturale sostanzialmente irreversibile, su cui concentrarsi per traghettare le scienze forestali nel futuro. D’altra parte ci sarebbe da chiedersi il perché le scienze forestali, in quanto scien- ze, pretendano un fondamento culturale e non invece questo, al pari delle altre scienze, risulti autodeterminato in rapporto al proprio intrin- seco statuto criteriologico e metodologico.

La risposta discende dalla semplice constata- zione che le scienze forestali, più propriamente tecno-scienze forestali, implicano fondamen- talmente il rapporto tra uomo e natura, tema- tica puramente culturale ed essenza specifica dell’intero percorso del pensiero filosofico, dai presocratici a noi. In relazione a ciò, percorren- do il corso di studi delle scienze forestali, attra- verso un iter «positivistico» si procede dal com- pleto panorama delle discipline scientifiche di base, alla scienza ecologica come dimensione sistemica del quadro naturale analiticamente rappresentato, per giungere all’orizzonte tec- nico-gestionale simboleggiato dalla selvicoltu- ra. Quest’ultima è l’autentica specificità della materia forestale, ineludibilmente afferente al più grande e fondativo capitolo del rapporto tra uomo e natura.

La selvicoltura, sul piano del metodo, in rap- porto alla quantità e complessità delle variabili in gioco (Cotta, 1950), alla sostanziale irripro- ducibilità dei fenomeni in oggetto e conseguen- te scarsa predittività degli stessi e, come tecni-

– L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments 66 (1): 7-13, 2011 © 2011 Accademia Italiana di Scienze Forestali doi: 10.4129/ifm.2011.1.01

etICa foreStaLe

(*) Dottore forestale; carluber@libero.it

L’etica forestale è la cornice culturale e l’espressione più profonda delle scienze forestali, discipline che necessariamente risalgono al fondativo capitolo del rapporto tra uomo e natura, tematica culturale prima ancora che tecnico-scientifica. Proprio in rapporto a ciò tali discipline hanno rappresentato l’origine della cultura della compatibilità, approdo dell’epoca attuale ed incarnazione dell’etica ambientale. In questi termini, l’etica forestale, fondata sulla cultura della ragione e della scienza, evoluzionistica ed ecologica, si pone come «terza via» intermedia tra le due classiche espressioni dell’etica ambientale, quella biocentrica o fisiocentrica e quella antropocentrica, opposte nell’approdo ma unite nella comune aderenza alle simmetriche assolutizzazioni metafisiche. In tal senso, la specificità dell’etica forestale consiste nella capacità di raggiungere una piena compatibilità tra l’uomo e la natura, tra il diritto all’ambiente e dell’ambiente e tra l’economia e l’ecologia. Alla luce di ciò, in relazione alla storicizzazione ambientalistica dell’epoca attuale, la compiuta elaborazione dell’etica forestale giunge a fondare i recenti traguardi della riflessione forestale, sanciti nel terzo congresso nazionale di selvicoltura, relativi alla determinazione dei diritti del bosco e della selvicoltura sistemica. In ultima analisi, per ciò, si approda ad una legittimazione culturale e sociale delle scienze forestali nella contemporaneità.

Parole chiave: etica forestale; diritti del bosco; selvicoltura sistemica.

Key words: forest ethics; forest rights; systemic silviculture.

Citazione - ubertini C., 2011 – Etica forestale. L’Italia forestale e Montana, 66 (1): 7-13. doi: 10.4129/

ifm.2011.1.01

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ca, alla non neutrale, particolare, quantomeno bivalente posizione dell’uomo nell’ecosistema, pretende l’assunzione di un’ampia riflessione scientifico-culturale, complessivamente gravi- tante sul terreno della epistemologia.

Quanto al merito, sulla scia dell’ultimo aspetto citato circa il rapporto tra l’uomo ed il bosco, la selvicoltura si inscrive nell’orizzon- te strategico definito dalla triplice natura delle funzioni della foresta, ecologica, economica ed estetica, nel quadro del supremo obiettivo del- la perpetuità della foresta stessa. Ciò descrive una dimensione «metascientifica», in quanto implicante, come suaccennato, il rapporto tra l’uomo e la natura, la cui trattazione investe necessariamente la sfera delle riflessioni etico- culturali.

alla luce di quanto rappresentato, il corpus disciplinare delle scienze forestali poggia fatal- mente su un impianto culturale di fondo, che si esprime attraverso uno specifico modello etico.

Quest’ultimo, implicitamente, è sempre stato presente nell’espressione delle tecno-scienze forestali, le quali, in rapporto a ciò, hanno rappresentato l’autentica matrice della cultura della compatibilità, quale orizzonte di approdo dell’epoca attuale e diretta emanazione dell’eti- ca ambientale.

Storicamente, le scienze forestali non nasco- no per utilizzare le foreste, sorgono per con- servarle nella necessità delle loro utilizzazioni.

naturalmente, nel recinto dell’etica forestale della compatibilità tra l’economia e l’ecologia, il passaggio delle varie epoche ha rappresentato un’oscillazione dall’ambito storico del primato dell’efficienza economica su quella ecologica, al contesto attuale del primato dell’efficienza eco- logica su quella economica.

In ordine a ciò si impone una rimodulazio- ne evolutiva dei metodi e dei fini delle scienze forestali nella contemporaneità. Ciò, tuttavia, all’interno della cornice logica che vede i me- todi, ancorché autonomi nella dimensione epi- stemologica, pur sempre funzionali e quindi subordinati ai fini. Quest’ultimi, a loro volta, determinati dal complessivo impianto etico- culturale che storicamente nelle scienze foresta- li si sostanzia prevalentemente nel rapporto tra l’ecologia e l’economia.

In sintesi, è esclusivamente l’emersione di un modello etico-culturale specifico in grado, oggi, di rilegittimare la dottrina forestale, sollevando- la dall’ingiusta condizione di marginalità cui è stata consegnata nell’attuale epoca. Solo apren- do le scienze forestali alla cultura è possibile determinare l’apertura della cultura alle scienze forestali, le quali, in tal senso, possono espri- mere il proprio paradigma etico, in qualità di autosupporto culturale, disciplinare e storico- sociale nella contemporaneità.

nell’ambito dei metafisici percorsi dell’eti- ca ambientale, classicamente distinti tra l’ap- proccio antropocentrico e quello biocentrico o fisiocentrico, è determinabile una «terza via»

fondata sulla ragione e sulla cultura scientifica (Colletti, 1996). tale via, espressione diretta della cultura forestale, è in grado di superare le simmetriche criticità teoriche ed operative dei classici percorsi suddetti, proponendosi come il più equilibrato paradigma culturale ambienta- le per poter al meglio rispondere alle sfide del nuovo secolo.

I caratteri specifici dell’etica forestale risie- dono nell’orizzonte di una piena compatibilità tra l’uomo e la natura, tra il diritto all’ambien- te e dell’ambiente, tra l’economia e l’ecologia.

Questi tre centrali ambiti sono ben lungi dal trovare un punto di soddisfacente equilibrio con le due classiche linee dell’etica ambienta- le, rispettivamente alternative nell’approdo ma unite nel comune ancoraggio al terreno della metafisica.

Quanto all’approccio antropocentrico, que- sto, figlio della modernità, individua la sua ori- gine metafisica nel dualismo cartesiano (Car-

tesio, 1944, 1997), configurante la realtà come costituita da due regni tra loro incommensura- bili. L’uomo, come sostiene Colletti (1996), in quanto res cogitans è sostanza pensante ed anima immortale, omogenea alla sostanza stes- sa di Dio. La natura, in quanto res extensa, è interamente svuotata, disanimata, mero spazio, materia, estensione.

Di qui la radice profonda del moderno do- minio dell’uomo sulla natura. Quanto all’attri- buzione dei diritti, sulla base di tale impianto, attraverso Kant (1960), trasformatore del dua- lismo teoretico in dualismo etico e costruttore

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della morale autonoma moderna, la detenzione dei diritti risulta inderogabile prerogativa della sola umanità.

alla luce di tali presupposti, l’etica ambienta- le antropocentrica, pur nelle articolazioni che vanno da John Passmore (1974), ai teorici dell’etica del discorso, da habermas (1991) ad aPel (1992), mantiene questa radicale asim- metria tra l’uomo e la natura. Con ciò esclude qualsiasi forma di detenzione di diritti da parte di forme extraumane e, concretamente, nello schematismo adottato, stabilisce il dominio dell’economia sull’ecologia.

Quanto all’approccio biocentrico o fisiocen- trico, filosoficamente figlio della saldatura tra postmodernità e premodernità, questo risulta radicato nella metafisica heideggeriana (hei-

degger, 1970, 1976, 1987). in ciò, quale rea- zione alla modernità cartesiana ed alla trionfan- te epoca della tecnica, in nome di un ritorno all’essere, imbocca la via del recupero, come sostiene hosle (1992), della teleologia aristo- telica (aristotele, 1973a) e delle sue ulteriori incarnazioni in Schelling ed Hegel.

In tal senso, la natura riacquista quella an- tica dimensione ontologica che la porta ad assumere valori e diritti intrinseci, prevalen- temente protesi a conferirle una condizione di sostanziale sacralità e conseguente intangi- bilità. tale approccio onto-teleologico (ari-

stotele, 1973b,1973a), che vede come pri- mario riferimento il neoaristotelismo di Hans

Jonas (1990), stabilisce il conferimento di valori e diritti ad ogni forma di vita quale

«fine in sé». Ciò determina una conseguente dimensione di tassativa tutela, come nel caso del biocentrismo di Paul taylor (1986), la quale produce assolutizzazioni controintuiti- ve al cospetto delle antagonistiche dinamiche ecologiche.

Per ovviare a ciò, la caratterizzazione teleolo- gica viene estesa all’intero quadro naturale od alla dimensione ecosistemica. nel primo caso, come dimostra l’autorevole hegelismo di Vit-

torio hosle (1992) o di mayer abiCh (1993), si sfocia in un ribaltamento antropocentrico, nella visione dell’uomo come epitome autoco- sciente dell’intero corso filogenetico ed onto- genetico.

nel secondo caso, nel presupposto del fina- lismo ecosistemico, come nella versione eco- centrica, sulla scia di Leibniz e Whitehead

(1966) si giunge al paradosso etico del primato dell’ambiente sulle sue parti, uomo compre- so. tuttavia, complessivamente, il percorso di caratterizzazione onto-teleologica delle varie forme naturali, simmetricamente all’ontolo- gia umana dell’antropocentrismo, produce il primato della «ragione» naturale sulla ragio- ne umana, del diritto dell’ambiente su quello all’ambiente e dell’ecologia, letta come ecologi- smo, sull’economia.

In sintesi, così come nel caso dell’antropo- centrismo ma in termini ribaltati, non raggiun- ge quell’obiettivo di piena compatibilità che caratterizza la dimensione più profonda dell’e- tica forestale. Il modello culturale delle scien- ze forestali, quanto al merito, si inscrive nella cornice della scienza evoluzionistica (darWin, 1989) e della scienza ecologica a quest’ultima interna.

In ordine al metodo, il tutto viene assunto al di fuori di qualsivoglia riduzionismo scien- tifico, in ossequio alle più avanzate frontiere epistemologiche, ed al di fuori di qualsivoglia riduttivismo metafisico, di stampo materialisti- co o spiritualistico, in direzione quindi di una verità cosiddetta «penultima», non perché non possa essere ultima, ma in quanto impossibi- litata per sua natura ad escludere l’ipotesi di inattingibili ordini ulteriori.

alla luce della tracciata cultura scientifica, per un verso non totalizzante, per altro verso letta come la più solida base conoscitiva (Col-

letti, 1996), scaturisce un «naturalismo mini- malistico», una dimensione di «consustanziali- tà» tra uomo e natura, con l’uomo totalmente appartenente alla natura (darWin, 1995) ma, al tempo stesso, ragionevolmente libero all’in- terno della sua naturale dimensione razionale e culturale.

In quest’ottica, l’intermedia «terza via»

dell’implicito modello etico forestale non esclude l’attribuzione di valori e diritti alle va- rie forme naturali extraumane, ma ci giunge at- traverso una logica estensiva che parta dall’io, e quindi dall’uomo, come ambito fattuale e fattualmente esclusivo di dimensione e produ-

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zione valoriale. Ciononostante, tale estensione assiologica alla natura fa riferimento a valori e diritti non derivati ed indiretti ma sostanzial- mente originari, fondandosi sulla evoluzionisti- ca «consustanzialità» espressa.

L’etica nasce con l’ingresso nella scena dell’altro rispetto all’autoaffermazione dell’io (eCo, 1997). ora la formula rimodulata risul- ta essere: L’io riconosce l’altro come se stesso e, mutatis mutandis, la natura come se stesso, secondo un ragionevole criterio di prossimità naturale. Il paradigma prodotto descrive un’i- dentificazione assoluta dell’uomo con l’altro uomo ed un’identificazione relativa dell’uomo con le altre forme della natura, passando per i diritti degli animali a non soffrire, nella logica patocentrica, fino al diritto della natura a con- servarsi attraverso i suoi equilibri dinamici.

Di qui il legittimo, lineare e non contraddit- torio diritto del bosco. La rappresentata impo- stazione di naturale e razionale «gerarchizza- zione» dei valori e dei diritti risulta alternativa all’approccio biocentrico, il quale, come detto, attribuendo ontologicamente valori ad ogni forma di vita quale «fine in sé», con la conse- guente tassativa tutela, produce assolutizzazio- ni controintuitive al cospetto delle antagonisti- che dinamiche ecologiche, simboleggiate dalle ineludibili catene alimentari.

D’altra parte, per ovviare a ciò, tale modello non si identifica nè con la variante ontologica del fisiocentrismo, che approda ad un sostan- ziale antropocentrismo, né con la variante on- tologica ecocentrica, tendente ad affermare il primato dell’ambiente sulle sue parti, tra cui l’uomo. al tempo stesso, il modello etico fo- restale manifesta simmetrica alternatività nei confronti dell’approccio antropocentrico, che sulla base della cartesiana differenza ontologica tra l’uomo e la natura, nega a quest’ultima ogni forma di valori e diritti propri.

attraverso questa «terza via», dunque, si giunge ad un equilibrato rapporto tra dirit- to all’ambiente e dell’ambiente, tra diritto al bosco e del bosco, il quale, come ecosistema, nella sua complessità sistemica, ancorata al principio-valore della biodiversità, in ordine al suesposto ha il diritto a conservarsi nel suo equilibrio dinamico.

In riferimento al diritto del bosco, la suddet- ta triplice funzione selvicolturale da sempre si inscrive nel supremo obiettivo della perpetuità della foresta. È vero che tale perpetuità può essere modernamente letta come pur sempre funzionale all’uomo, ma è altrettanto vero che originariamente discende da quella attribuzio- ne di intrinseca sacralità che risiede anche nella etimologia stessa del termine foresta, come lo stare al di fuori del dominio umano.

Quanto al diritto al bosco, l’elaborazione prodotta della compiuta cultura forestale, sulla base dei presupposti e degli schemi indicati, ci conduce alla fisiologica intersezione tra l’eco- nomia e l’ecologia. ernst Haeckel, formalizza- tore dell’ecologia, definì tale disciplina come

«economia della natura» (susmel, 1981).

D’altra parte la scienza evoluzionistica, come cornice teorica della scienza ecologica e come strumento destrutturante la metafisica classica (Colletti, 1996; PoPPer, 1996), ci induce a definire l’economia come «ecologia umana».

tale fattuale, scientifica equazione tra l’eco- nomia naturale e l’ecologia umana, si inquadra all’interno del suddetto concetto di equilibrio dinamico, e si caratterizza come la cifra cul- turale maggiormente distintiva del paradigma forestale, per ciò stesso primario fondamento della universalmente enunciata cultura della compatibilità. naturalmente, al di fuori di ogni determinismo e sul piano concreto, ciò com- porta un ulteriore sviluppo dei traguardi scien- tifici nel settore specifico, in cui le nuove fron- tiere della bioeconomia (georgesCu-roegen, 2003) si stanno cimentando, pur sulla base di quei presupposti in nuce presenti nella cultura forestale.

Quanto esposto, con l’uomo strutturalmen- te appartenente alla natura, ci inserisce nella

«emergente» dimensione sistemica. In termini antiriduzionistici la moderna scienza ecolo- gica, nella complessità delle interconnessioni sistemiche, è costituita sul piano «quantitati- vo» dalla termodinamica dei flussi energetici, declinati in catene alimentari e cicli della ma- teria, sul piano «qualitativo» dalla cibernetica degli equilibri dinamici, espressi dalla categoria dell’omeostasi fondata su quella della retroa- zione (odum, 1973; susmel, 1981).

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tale raggiunto quadro sistemico si incarica di suggerire all’uomo, nella rappresentata cornice culturale, le direttrici di un adeguato, raziona- le, approccio comportamentale, tendente a fa- vorire processi di armonizzazione del contesto e nel contesto naturale, in ossequio al principio del giusto rapporto tra diritto all’ambiente e dell’ambiente. In ultima analisi, l’uomo diviene soggetto-oggetto responsabile di un equilibrio dinamico che caratterizza la realtà naturale. In tal senso, in termini forestali, l’approdo alla co- siddetta selvicoltura sistemica appare sviluppo fisiologico.

Questo nuovo paradigma, infatti, in linea con la complessità sistemica del bosco (CianCio, 1981), abbraccia presupposti antiriduzionisti- ci, non lineari, declinando una razionalità «a- posteriori», tanto in chiave metodologico-fun- zionale di stampo prevalentemente popperia- no (PoPPer, 1970, 1996), quanto in termini di approdo strutturale. tuttavia necessariamente si inquadra nel contesto teorico-culturale espo- sto ed, al tempo stesso, all’interno del profilo storico contemporaneo, in cui, come detto in premessa, dal primato dell’efficienza economi- ca su quella ecologica, oggi, si è giunti al suo opposto.

In fondo è sempre il rapporto tra l’economia e l’ecologia, generalmente intese, ad avere l’ul- tima parola, tanto che le classiche tecniche di trattamento selvicolturale, figlie di un’epoca diversa, sono state forgiate comunque dalla ne- cessità di piegare il più possibile la natura alle esigenze umane, prevalentemente dominate da un approccio economico «finanziarizzante». In forza di ciò, solo un impianto etico-culturale, contestualizzato nello spirito dell’epoca, può affrontare tali questioni e proporre soluzioni adeguate.

nell’orizzonte finalistico della selvicoltura, relativo alla triplice funzione della foresta, oltre ai classici aspetti ecologici ed economici, radi- calmente interconnessi nella rappresentazione data, esiste, oggi più che mai, ciò che susmel

(1968) formalizzò come la terza dimensione della foresta, quella estetica. anche tale dimen- sione discende necessariamente dall’impianto descritto. La dimensione estetica della natu- ra, quindi del bosco, è figlia della concezione

«originaria» (ZeCChi, 2006), in quanto origi- ne, «archetipo», propria di «madre» natura, e, per ciò, del sentimento di armonia che l’uomo avverte al cospetto dello scenario naturale ed all’interno della sua cornice.

Dal descritto «naturalismo minimalistico», quindi «aperto», deriva, complementarmen- te, un’estetica ecologica fondata su un’armo- nica visione della natura attraverso la realisti- ca interconnessione delle sue parti compreso l’uomo, che si apre al tutto indeterminato, al Mistero, all’uno, quali ipotesi di armonie su- periori. Ciò si rivela antitetico alla concezione postmoderna che assolutizza la dimensione estetica come antitesi alla modernità tecnocra- tica e scientificizzante, in cui, nella saldatura con il premoderno, si da vita ad un estetismo ambientalistico di stampo metafisico (hei-

degger, 1968, 1987).

Questa impostazione, oggi dominante, su base idealistica converte l’ambiente in paesag- gio e quest’ultimo in estetismo paesaggistico, con l’acquisizione di una centralità professio- nale in questi campi della figura dell’architetto rispetto alle altre figure, forestale in testa. ne discende un formalismo idealistico assolu- tamente inaccettabile, che di volta in volta si traduce tanto in una concezione della natura come «museo», quanto in una visione dell’am- biente come «giardino».

tuttavia il tema dell’estetica ecologica resta fondamentale, ed oggi, nel passaggio storico- culturale avvenuto, assume una centralità ine- ludibile. anche sotto il profilo pratico-econo- mico, nelle istanze attuali, l’aspetto turistico del paesaggio, nella gestione forestale, assume una consistenza assai più rilevante rispetto alla portata della tradizionale voce dell’economia montana.

nei termini esposti, l’estetica forestale si in- treccia con le nuove acquisizioni dei diritti del bosco e della selvicoltura sistemica in modo as- soluto ed incomprimibile. In conclusione, l’im- pianto etico-culturale prospettato è quello che ridisegna, sul binario di una continuità evoluti- va, l’identità forestale nell’età contemporanea.

nella logica tracciata, la radice più profonda ed antica, al tempo stesso, l’identità più radi- cale ed avanzata dell’ambito forestale, sta nella

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covalorizzazione della ragione umana e della natura, in alternativa sia al dominio culturale della prima sulla seconda nel caso dell’antro- pocentrismo, sia al suo inverso nella versione complessivamente fisiocentrica.

L’etica forestale attualizza l’antica concezio- ne dell’animale razionale, nel quale si sostan- zia il fondamento naturale dell’umano eserci- zio pianificatorio e gestionale. La ragione fore- stale si trova a rappresentare il luogo di sintesi degli orizzonti strategici selvicolturali. oggi, sotto il profilo conoscitivo ed operativo, si im- pone una ragione forestale «allargata», che si rivolga alla più ampia ed approfondita valuta- zione dei mezzi, funzionali all’armonizzazione dei fini. Quest’ultimi riflettono esigenze che vanno dalle economiche, espressione dell’e- cologia umana, a quelle ecologiche, passando per le estetiche, fino al diritto alla conservazio- ne dell’ecosistema forestale, il cui equilibrio dinamico necessita dell’azione di tutela da parte della razionale gestione dell’uomo.

a tal proposito, solo avendo una concezione realistica della natura, caratterizzata dalle sue armonie dinamiche e dai suoi autoassestamenti traumatici, si può dimostrare l’utilità dell’inter- vento razionale, regolatore, dell’uomo in essa, pur oltre le esigenze economiche. Gli esempi di intervento manutentivo, salvifico, dell’uomo su boschi altrimenti distrutti sono molteplici ed inequivocabili. In tal senso, la concezione della selvicoltura sistemica ingloba in sé anche quella manutentiva (alessandrini, 1990).

Il compito del forestale moderno risiede nel gestire la foresta, il bosco, il verde con rinno- vata, ampliata, compiuta saggezza. una mo- derna saggezza figlia di quell’etica naturale razionale della misura e del limite, dell’equi- librio e dell’armonia (aristotele, 2009), che si candida a proporre direttrici nuove per una nuova etica ambientale. Materia, questa, ap- parsa nel secolo scorso con le riflessioni del forestale americano aldo leoPold (1949) ed ora strumento imprescindibile per la nuova formazione forestale. oggi chi sceglie il campo di studi forestali lo fa, più che mai, per afflato etico-estetico, non più per dominante spinta economico-produttivistica.

SuMMarY Forest ethics

forest ethics represents the cultural frame and the deepest expression of forestry, a discipline originated from the basic chapter of the relationship between man and nature, a cultural theme rather than a technical-scientific one. therefore this discipline has represented the origin of the culture of compatibility, that is the aim of the present age and the embodiment of environmental ethics. So forest ethics, which is based on the culture of reason and science, both evolutionary and ecological, is a «third way»

between the two classical expressions of environmental ethics: the «biocentric» (or «physiocentric») one and the «anthropocentric» one, opposed as concerns their aim, but similar in their metaphysical absolute sense. In this sense the peculiarity of forest ethics consists in the possibility of reaching a complete compatibility between man and nature, between environmental law and a right to the environment, between economy and ecology. So the complete elaboration of forest ethics becomes the foundation of the recent achievements of forestry, as ratified in the third conference of silviculture, concerning the forest rights and the systemic sylviculture. finally and for this reason, forestry is culturally and socially legitimated in our contemporary age.

bIbLIoGrafIa

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