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Esperienza massa–molla

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Academic year: 2021

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(1)

Esperienza massa–molla

M. Fanti

Dipartimento di Fisica, Universit`a di Milano

(2)

Il sistema massa–molla

Il sistema `e costituito da una molla appesa ad un vincolo, cui `e agganciata una massa m.

La molla ha la propriet` a di esercitare una forza di richiamo elastica, cio`e

opposta al verso dell’allungamento ∆` della molla di intensit`a proporzionale all’allungamento ∆`

F

el

= −k · ∆`

(legge di Hooke)

Le altre forze in gioco sono:

la forza di gravit` a: F

g

= mg (con g = 9.806 m · s

−2

)

la forza di attrito: questa entra in gioco solo quando il sistema `e in moto, e si oppone al moto stesso

Il sistema `e dotato di un disco che crea un attrito viscoso con l’aria cir-

costante; assumendo che questa sia la principale componente di attrito avremo

F

attr

= −C · v , essendo v la velocit` a del moto.

(3)

La forza elastica e il moto armonico

Soffermiamoci sulla forza elastica: F

el

= −k · ∆x , dove ∆x = x − x

0

`e uno spostamento da un punto di equilibrio x

0

e k `e una costante tipica del sistema.

La forza elastica d` a luogo ad un moto oscillatorio armonico. Infatti, applicando F = ma = m

d2x

dt2

troviamo:

d

2

x

dt

2

= − k

m (x − x

0

) che ha per soluzione:

x(t) = x

0

+ A · cos(ω

0

t + φ) ω

0

= r k

m

!

dove ω

0

dipende dalle caratteristiche del sistema (k e m) e A, φ dalle condizioni iniziali: x (t = 0) = A cos(φ) e v (t = 0) = −ω

0

A sin(φ)

Il moto `e dunque periodico, con periodo T , cio`e per qualunque istante t x (t) = x (t ± T ) = x (t ± nT ), con n intero.

Il periodo `e calcolabile come:

T = 2π ω

0

e la frequenza `e:

ν

0

= 1

T = ω

0

(4)

Importanza della forza elastica

La forza elastica `e associata ad una energia potenziale U(x) =

k2

(x − x

0

)

2

, con x

0

punto di equilibrio del sistema.

Ogni moto di un sistema intorno al suo punto di equilibrio, per piccoli spostamenti pu` o essere approssimato dalla forza elastica.

Esempio: oscillazione di atomi all’interno di una molecola, o di un cristallo.

Un esempio pi` u complesso: le onde sonore. Qui le molecole di un mezzo vibrano intorno alla loro posizione di equilibrio, ed inoltre “trasmettono” il loro stato di vibrazione alle molecole vicine. L’argomento verr` a trattato in seguito, ma qui ricordiamo che si tratta sempre di fenomeni legati alla forza elastica.

Un ulteriore esempio: le onde elettromagnetiche. Qui non si tratta pi` u di un fenomeno meccanico: le quantit` a ch

oscillano sono il campo elettrico e il campo magnetico. Non sono oscillazioni nello spazio, ma sono sempre regolate da

equazioni formalmente analoghe.

(5)

Dinamica del sistema massa–molla

Chiamiamo `

0

la lunghezza della molla a riposo (cio`e non sottoposta ad alcuna forza esterna), ` la sua lunghezza attuale, cosicch´e ∆` = ` − `

0

.

Scegliamo un asse x orientato verso il basso, cosicch´e maggiori allungamenti ∆` corrispondono a maggiori valori di x.

La forza totale agente sulla massa m appesa `e:

F = F

el

+ F

g

+ F

attr

= −k(` − `

0

) + mg − Cv

Punto di equilibrio

Il punto di equilibrio `e quello in cui il sistema fermo non subisce forze. Questa condizione, imponendo F = 0 con v = 0, corrisponde ad una lunghezza `

eq

tale che:

k(`

eq

− `

0

) = mg

Pertanto, d’ora in poi esprimiamo lo stato del sistema con lo spostamento dal suo punto di equilibrio: x

def

= ` − `

eq

Dinamica

Ovviamente la velocit` a `e v

def

=

d `dt

=

dxdt

. L’equazione del moto diventa dunque:

m d

2

x

dt

2

= F = −kx − C dx dt

(ogni effetto gravitazionale `e riassorbito nella definizione del punto di equilibrio)

(6)

Il modello del sistema massa–molla

L’equazione

m d

2

x

dt

2

= F = −kx − C dx dt

costituisce la nostra formulazione del modello del sistema, ovvero uno strumento matematico che collega quantit` a osservabili (in questo caso la posizione x (t)) a grandezze intrinseche del sistema stesso (in questo caso la massa m, la costante elastica k, la costante di attrito C ).

Il modello consente di:

conoscere le grandezze intrinseche del sistema partendo da una o pi` u misure degli osservabili;

effettuare predizioni sugli osservabili, una volta che le grandezze intrinseche del sistema siao note con sufficiente precisione

Inoltre: diverse misure indipendenti (anche effettuate in condizioni dinamiche diverse) degli osservabili possono essere utili a validare il modello, oppure a rivelarne i limiti. In quest’ultimo caso, il modello stesso potrebbe venire

riformulato, aggiungendo dettagli prima trascurati, alla luce delle conclusioni tratte.

(7)

Misure statiche

(8)

Misure degli allungamenti

L’equazione k(`

eq

− `

0

) = mg , valida in condizioni statiche, pu` o essere usata per misurare la costante elastica k .

Il set-up dell’esperimento prevede un sonar collegato ad un computer, che misura la distanza Y del disco del sistema massa–molla, ad intervalli di tempo regolari

(a)

.

In condizioni statiche ci si aspetta che Y (t) sia costante.

In pratica, la sensibilit`a dello strumento `e tale da consentire di osservare piccole oscillazioni residue. . . Ovviamente la misura andr`a “ripulita” da tali oscillazioni.

La strumentazione non consente una misura diretta di `

eq

e `

0

. Per` o Y + `

eq

= costante. Con due masse note m

(1)

, m

(2)

, i punti di equilibrio

`

(1)eq

, `

(2)eq

devono soddisfare:

g h

m

(2)

− m

(1)

i

= k h

`

(2)eq

− `

(1)eq

i

= k h

Y

(1)

− Y

(2)

i

⇒ si pu` o estrarre k :

k = g m

(2)

− m

(1)

Y

(1)

− Y

(2)

a Il numero di misure al secondo `e impostabile: si suggerisce di non eccedere 50 misure/secondo

(9)

Verifica della linearit` a

Quanto detto finora non basta: vogliamo verificare che il modello ipotizzato sia valido, ovvero che descriva correttamente le osservazioni.

Il valore di k `e indipendente dalla scelta delle masse m

(1)

, m

(2)

?

Un possibile approccio: provare tante masse m

(0)

, . . . , m

(n)

e misurare i cor- rispondenti Y

(0)

, . . . , Y

(n)

, quindi calcolare il k fra due masse vicine:

k

(i )

= −g m

(i )

− m

(i −1)

Y

(i )

− Y

(i −1)

( i = 1, . . . , n )

e verificare la compatibilit` a fra i k

(1)

, . . . , k

(n)

ottenuti (attenzione alla propagazione degli errori!)

i m(i ) Y(i ) k(i )

0 · · · ± . . . · · · ± . . . — 1 · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . 2 · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . .

... ... ... ...

n − 1 · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . n · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . .

Un altro approccio: prendere la massa pi` u piccola m

(0)

come “zero”; se la legge `e veramente lineare allora ci aspettiamo che:

h

Y

(0)

− Y

(i )

i

= g k

h

m

(i )

− m

(0)

i

⇒ raccogliere n coppie m

(i )

− m

(0)

; Y

(0)

− Y

(i )



, e verificare se sono compatibili con una retta passante per l’origine

i m(i )− m(0) Y(0)− Y(i ) 1 · · · ± . . . · · · ± . . . 2 · · · ± . . . · · · ± . . .

... ... ...

n − 1 · · · ± . . . · · · ± . . . n · · · ± . . . · · · ± . . .

Quante masse? Il pi` u possibile, compatibilmente con il tempo a disposizione, e le caratteristiche della molla

(10)

Conclusioni

Mediante una serie di misure statiche di allungamenti, ottenuti appendendo alla molla masse note, `e possibile verificare se sussiste la legge lineare di Hooke F

el

= −k∆`

In caso affermativo, si estrae la costante elastica k

Questo `e lo scopo della prima parte dell’esperienza

(11)

Misure dinamiche

(12)

Interludio: l’esponenziale complesso e

Definizione

e

i φ def

= cos(φ) + i sin(φ)

Propriet` a

Conserva tutte le propriet` a dell’esponenziale reale; in particolare

(1)

e

i φ1+i φ2

= e

i φ1

· e

i φ2

Si pu` o estendere all’esponente complesso: se z = x + iy allora e

z def

= e

x

e

iy

= e

x

[cos(y ) + i sin(y )]

Per z

1

, z

2

complessi, e

z1+z2

= e

z1

e

z2

In particolare, per |dz| → 0, e

dz

= e

dx

[cos(dy ) + i sin(dy )] ' (1 + dx)(1 + idy ) ' 1 + dx + idy ' 1 + dz , cosicch´e e

z+dz

= e

z

e

dz

' e

z

(1 + dz), quindi:

d

dz e

z

= e

z

L’esponenziale complesso ` e lo strumento base per risolvere le equazioni differenziali lineari

1 usare le regole di somma delle funzioni trigonometriche

cos(φ1 + φ2) = cos φ1cos φ2 − sin φ1sin φ2 e sin(φ1 + φ2) = sin φ1cos φ2 + sin φ1cos φ2

(13)

Legge oraria del sistema massa–molla (1)

Partiamo dall’equazione del moto:

m d

2

x

dt

2

= F = −kx − C dx dt Definiamo per comodit` a 2γ

def

= C /m e ω

02 def

= k/m, quindi:

d

2

x

dt

2

+ 2γ dx

dt + ω

02

x = 0

E un’equazione differenziale lineare di secondo ordine a coefficienti costanti. `

La teoria delle equazioni differenziali ci dice che esistono due soluzioni linearmente indipendenti e che la soluzione generale `e una combinazione lineare di queste.

Per trovare le due soluzioni, pensiamo ad x come una variabile complessa, x (t) → z(t). Poich´e i coefficienti sono reali, se z(t) `e soluzione di

d

2

z

dt

2

+ 2γ dz

dt + ω

02

z = 0 allora x (t) = R[z(t)] `e soluzione dell’equazione in x .

Dalla teoria, la forma della soluzione `e z(t) = Ae

st

, dove s si pu` o determinare per sostituzione, osservando che

d

dz

e

st

= s · e

st

:

s

2

+ 2γs + ω

02

= 0 ⇒ s

±

= −γ ± q

γ

2

− ω

02

quindi

z(t) = A

+

e

s+t

+ A

e

st

= e

−γt

h

A

+

e

+

γ2−ω20t

+ A

e

γ2−ω02t

i

(14)

Legge oraria del sistema massa–molla (2)

Il caso che ci interessa `e γ < ω

0

, cosicch´e s

±

= −γ ± i pω

02

− γ

2

. In tal caso il moto `e descritto dalla legge x(t) = Ae

−γt

cos(ω

00

t + φ)



ω

00 def

= q

ω

02

− γ

2



E un ` moto oscillatorio smorzato, A, φ dipendono dalle condizioni iniziali, ω

00

dalle caratteristiche del sistema.

Notare che ω

00

`e influenzato dall’attrito: ω

00

= q

k

m

2mC



2

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

-1 -0.5 0 0.5 1

exp(-[0]*x)*(cos([1]*x)+[0]/[1]*sin([1]*x))

moti oscillatori smorzati:

— ω

0

= 1 , γ = 0.01

— ω

0

= 1 , γ = 0.1 moto smorzato:

— ω

0

= 1 , γ = 10 moto critico:

— ω

0

= 1 , γ = 1

Il caso γ > ω0 corrisponde ad un moto smorzato; il caso-limite γ = ω0 d`a il moto critico

(15)

Verifica della legge oraria

Il sonar collegato al computer consente di misurare la distanza Y (t) in una sequenza di istanti t equidistanziati di ∆t

(a)

. Ricordando che x(t) + Y (t) = costante, possiamo visualizzare la legge oraria del moto:

t [s]

0 1 2 3 4 5 6

Y(t) [mm]

120 130 140 150 160 170 180 190

0)

0;A (t

1)

1;A (t

2)

2;A (t

3)

3;A

(t ;A4)

(t4 )

;A5

(t5 )

;A6

(t6

misurando la distanza fra n creste si ottiene il periodo: T = (t

n

− t

0

)/n misurando le altezze delle creste A

0

, A

1

, . . . , A

n

, . . . si misura lo

smorzamento: ci si aspetta infatti che A

n

= A

0

e

−γtn

a l’intervallo ∆t `e impostabile attraverso la frequenza di campionamento νsampling = 1/∆t: non eccedere

νsampling = 50 Hz, corruspondente a ∆t = 0.02 s, altrimenti il sonar non funziona correttamente.

(16)

Effetti del campionamento

Poich´e l’acquisizione dati non `e continua, ma avviene ogni ∆t, la posizione delle creste non `e perfettamente accurata:

t [s]

0 1 2 3 4 5 6

Y(t) [mm]

120 130 140 150 160 170 180 190

0)

0;A (t

1)

1;A (t

2)

2;A (t

3)

3;A

(t )

;A4

(t4 )

;A5

(t5 )

;A6

(t6

individuato l’istante t

i

in cui rileviamo un massimo locale, il massimo “vero” sar` a localizzato a t

i

± ∆t

il valore dello spostamento massimo A

i

`e sempre sottostimato.

(17)

Misura dinamica della costante elastica k

Da quanto visto (e assumendo ω

02

 γ

2

— da verificare successivamente!) ci aspettiamo ω

00

' ω

0

=

r k

m ⇒ T

2

= 4π

2

k · m Questa legge deve valere pe qualunque valore della massa appesa.

Primo approccio: per ogni massa m

(i )

misuriamo il peri- odo T

(i )

e calcoliamo

k

(i )

= 4π

2

m

(i )

[T

(i )

]

2

I valori ottenuti di k(i ) sono fra loro compatibili?

Si osserva un andamento dei k(i ) in funzione delle masse m(i )? Confrontate con la misura statica di k fatta in precedenza:

per quali masse le misure dinamiche di k(i ) si avvicinano di pi`u a quella statica?

i m(i ) T(i ) [T(i )]2 k(i ) 1 · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . 2 · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . .

... ... ... ...

n · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . .

Come possiamo spiegare l’effetto? La massa della molla pu` o giocare un ruolo?

[suggerimento: anche la molla “scarica” pu` o oscillare sotto il suo stesso peso. . . ]

Secondo approccio: verifichiamo se i punti (m; T

2

) prelevati rispettano una legge lineare: facciamo un fit lineare e guardiamo il χ

2

.

Se la legge lineare ` e soddisfatta, T

2

= a · m + b e possiamo estrarre k = 4π

2

/a. Qual `e il significato di b?

(18)

Misura dello smorzamento

t [s]

0 1 2 3 4 5 6

Y(t) [mm]

120 130 140 150 160 170 180 190

0)

0;A (t

1)

1;A (t

2)

2;A (t

3)

3;A

(t )

;A4

(t4 )

;A5

(t5 )

;A6

(t6

Misurare le ampiezze massime A

i

raggiunte dalle creste, e i tempi t

i

a cui avvengono.

Poich´e ai massimi cos(ω

0

t + φ) = 1, la legge oraria ci d` a A

i

= A

0

e

−γ(ti−t0)

Provare a mettere i punti t

(i )

− t

(0)

; ln[A

(0)

/A

(i )

] 

su un grafico: stanno su una retta?

Inoltre, provare a calcolare γ

(i )

= 1

t

(i )

− t

(0)

ln  A

(0)

A

(i )



I γ

(i )

ottenuti sono compatibili, o mostrano un anda- mento in funzione del tempo trascorso?

i t(i ) A(i ) t(i )− t(0) ln[A(0)/A(i )] γ(i )

0 · · · ± . . . · · · ± . . . — — —

1 · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . 2 · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . .

... ... ... ...

n − 1 · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . n · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . . · · · ± . . .

Che cosa ne deduciamo?

(19)

Conclusioni

Appendendo alla molla diverse masse note, e misurando lo spostamento (oscillazione) della molla al passare del tempo,

`e possibile verificare la legge oraria del moto

x(t) = Ae

−γt

cos(ω

00

t + φ) dove le quantit` a γ e ω

00

sono legate a granzezze intrinseche del sistema:

γ = C

2m ; ω

00

= s

k

m −  C 2m



Cambiando la massa appesa, si osserva che il valore calcolato k = (2π/T )

2

· m cambia con m ed `e incompatibile con la misura statica di k. La causa di ci` o `e che nel modello abbiamo omesso l’inerzia della molla. Il modello va dunque migliorato, considerando una massa efficace del sistema m

eff

= m + δm, tale che k = (2π/T )

2

· (m + δm).

δm si pu` o dedurre da un fit lineare. ` E legato alla massa della molla, ma numericamente diverso da essa, poich´ e la molla non si muove come un corpo rigido.

Trascurare δm nella prima formulazione del modello dava luogo a misure sbagliate di k: questo `e un esempio di errore sistematico, dovuto in questo caso ad una formulazione imprecisa del modello che dovrebbe descrivere il sistema in esame. Una presa dati accurata e ridondante permette di identificare l’inaccuratezza della formulazione e di

correggerla.

(20)

Moto forzato

(21)

Applicazione di una forza esterna

Ora al nostro sistema massa–molla viene applicata un’azione esterna, sotto forma di forza sinusoidale.

Il sistema massa–molla viene appeso ad un attuatore (o vibratore) comandato da un generatore di tensione sinusoidale, a frequenza impostabile.

Il pistone del vibratore si muove con frequenza data dal generatore, agendo dunque come forzante esterna sulla molla, che si mette in moto.

Il segnale del generatore viene anche immesso in un oscilloscopio, in modo da misurarne la tensione di picco V e la frequenza ν = ω/(2π): dunque le caratteristiche della forzante sono note.

Grazie al sonar, si pu` o studiare il moto del sistema

(credits: prof. I. Boscolo)

. . . Anche qui, prima di effettuare misure, dobbiamo formulare un modello.

(22)

Modello dell’oscillatore forzato

Il sistema viene modificato, aggiungendo una forza esterna sinusoidale F

est

= F

0

cos(ωt), con ω regolabile a piacimento. L’equazione del moto diventa dunque:

m d

2

x

dt

2

= F

el

+ F

attr

+ F

est

= −kx − C dx

dt + F

0

cos(ωt)

Come gi` a fatto in precedenza, passiamo alla coordinata complessa z(t), ricordando che poi porremo x (t) = R[z(t)] . Come in precedenza, anche qui poniamo 2γ

def

= C /m, ω

02 def

= k/m, e ω

00 def

= pω

02

− γ

2

. L’equazione del moto diventa:

d

2

z

dt

2

+ 2γ dz

dt + ω

02

z = F

0

m · e

i ωt

Si tratta di un’equazione differenziale lineare, di secondo ordine, a coefficienti costanti, non omogenea, a causa della presenza del termine f

0

· e

i ωt

.

La soluzione generale `e data dalla somma di una soluzione particolare, e della soluzione generale dell’equazione omogenea corrispondente: x

0

(t) = A

0

e

−γt

cos(ω

00

t + φ

0

).

La soluzione particolare `e della forma z

part

(t) = A

part

e

i ωt

, con A

part

da determinare per sostituzione diretta:

−ω

2

+ 2i γω + ω

02

 A

part

e

i ωt

= F

0

m · e

i ωt

⇒ A

part

= F

0

/m

ω

02

− ω

2

+ 2i γω ≡ Ae

i ϕ

dove ovviamente:

A ≡ |A

part

| = F

0

/m

p(ω

02

− ω

2

)

2

+ 4γ

2

ω

2

; tan(ϕ) = − 2γω

ω

02

− ω

2

(23)

Soluzione del moto dell’oscillatore forzato

La soluzione del moto ` e dunque:

x (t) = x

0

(t) + x

part

(t) = A

0

e

−γt

cos(ω

00

t + φ

0

)

| {z }

transiente

+ F

0

/m

p(ω

02

− ω

2

)

2

+ 4γ

2

ω

2

cos(ωt + ϕ)

| {z }

stazionario

Il termine transiente `e caratterizzato dalla frequenza angolare ω

00

dell’oscillazione libera, ma si attenua nel tempo fino a scomparire. Le costanti A

0

, φ

0

dipendono dalle condizioni iniziali, x e dx/dt all’istante t = 0.

Il termine stazionario `e caratterizzato dalla frequenza angolare ω della forzante esterna, e permane nel tempo.

Evoluzione dalla fase transiente a quella stazionaria

50 100 150 200 250 300 350 400

-40 -20 0 20 40

[1]*(cos([0]*x+[2])-exp(-0.01*x)*cos(x+[2]))

50 100 150 200 250 300 350 400

-8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8

[1]*(cos([0]*x+[2])-exp(-0.01*x)*cos(x+[2]))

In alto: caso ω = ω0, la forzante ha la stessa frequenza angolare del moto libero in assenza di attriti.

Partendo da fermo, l’ampiezza di oscillazione cresce fino a stabilizzarsi.

In basso: caso ω 6= ω0.

L’ampiezza di oscillazione mostra i battimenti, dovuti alla coesistenza di due frequenze nel moto. I ventri corrispondono a quando le componenti transiente e stazionaria sono in fase (interferenza costruttiva). I nodi si hanno quando le

componenti transiente e stazionaria sono in opposizione di fase (interferenza distruttiva). Con lo smorzarsi del transiente la modulazione si fa via via pi`u debole.

(24)

La risonanza

Una volta terminato il transiente, resta la componente stazionaria, con ampiezza A(ω) = √

F0/m

02−ω2)2+4γ2ω2

e uno sfasamento ϕ(ω) = − tan

−1



2γω ω20−ω2



rispetto alla forzante

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2 10-1

1 10

1/sqrt((x^2-1)^2+4*([0]*x)^2)

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2 -3.5

-3 -2.5 -2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5

-acos((1-x^2)/sqrt((x^2-1)^2+4*([0]*x)^2))

Curva di ampiezza (sx) e fase (dx) in fun- zione di ω, per ω0 = 1 e:

— γ = 0.01

— γ = 0.1

— γ = 1

— γ = 10

La curva di ampiezza si chiama anche curva di risonanza o lorenziana

L’ampiezza dell’oscillazione stazionaria cresce quando la frequenza forzante si avvicina a quella propria: questo fenomeno si chiama risonanza .

La massima ampiezza si raggiunge per ω = pω

02

− 2γ

2

' ω

0

(nel caso ω

02

 γ

2

) e vale A

ris

'

F2γω0/m

0

.

La larghezza della curva di risonanza si caratterizza con le frequenze alle quali A(ω) = A

ris

/2: ci` o avviene per ω − ω

0

' ± √

3γ. La FWHM (full width at half of maximum) `e pertanto FWHM = 2 √ 3γ . La fase alla risonanza vale ϕ

ris

= −π/2

Nota: x (t) ∝ cos(ωt + ϕ) ⇒ v (t) ∝ − sin(ωt + ϕ) = cos(ωt + ϕ + π/2)

⇒ alla risonanza v (t) `e sempre in fase con Fest(t) ⇒ massima cessione di energia

(25)

Misure con il sistema forzato

Lo scopo `e verificare la validit` a del modello dell’oscillatore forzato.

Si sceglie un sistema massa–molla–disco le cui caratteristiche (m, ω

0

, γ) siano note

Si sottopone il sistema a una forzante esterna di frequenza angolare ω e si misura l’ampiezza di oscillazione nel regime stazionario, al variare di ω

Ovviamente occorre assicurarsi che il transiente sia terminato!

Occorre inoltre controllare che, al variare della frequenza della forzante, la tensione del generatore resti costante: se cos`ı non fosse bisogna tenerne conto!

Alla fine dovreste avere una serie di coppie (ω; A) che dovrebbero descrivere una lorenziana, con massimo a ω

ris

= ω

0

e larghezza FWHM = 2 √

3γ.

. . . Da confrontare con la lorenziana attesa dalle proriet` a del sistema (m, ω

0

, γ).

La scelta del sistema massa–molla–disco va fatta tenendo

conto della strumentazione in nostro possesso: il gener-

atore non riesce a generare frequenze inferiori a 1 Hz, e

con l’oscilloscopio si riesce a misurare frequenze con preci-

sioni ≈ 10

−2

Hz. Vogliamo prendere diversi punti intorno

a ν

ris

all’interno della FWHM, e anche fuori da essa per

esplorare le code della lorenziana.

(26)

Percorso dell’esperimento

(1 a parte : sistema libero)

(27)

Traccia

Ci sono a disposizione diverse molle, con caratteristiche meccaniche diverse. Per ciascuna di queste si svolgono le seguenti misure

Misure statiche

Misure degli allungamenti, con diverse masse appese

⇒ dovreste avere per ciascuna molla diverse coppie m

(k)

; Y

(k)



Verifica della legge di Hooke e determinazione della costante elastica k Misure dinamiche

Misura del periodo di oscillazione T per diverse masse appese.

⇒ per ciascuna molla dovreste avere la massa della molla m

(molla)

e diverse coppie m

(k)

; T

(k)



Verifica della relazione lineare fra m e T

2

, estrazione della costante elastica k e dell’effetto inerziale della molla δm.

Controllo della compatibilit` a con il valore di k ottenuto dalle misure statiche.

Misura di γ in funzione di m: `e come atteso?

⇒ per ciascuna molla dovreste avere diverse coppie m

(k)

; γ

(k)



Provare a cambiare il disco frenante: come varia γ rispetto alla superficie del disco?

Alcuni accorgimenti pratici. . .

L’esperimento probabilmente si svolger`a in due giornate. Pertanto, attenti a non confondere le molle con quelle degli altri gruppi, altrimenti confonderete anche i k e i δm.

I pesetti da applicare alla molla “sembrano” tutti uguali, ma non lo sono. Quando li pesate sulla bilancia, non confondete la sequenza con cui li caricate sul porta-pesi.

Portatevi sempre a casa i dati prelevati: a casa potrete fare con comodo l’analisi (calcoli, fit lineari, etc), ma se perdete i dati dovrete riprenderli in lab. Non fidatevi a lasciarli sul PC del lab . . . si potrebbe rompere!

(28)

Percorso dell’esperimento

(2 a parte : sistema forzato)

(29)

Traccia

Scopo: studio del moto forzato e osservazione della risonanza

Dovete scegliere il sistema massa–molla pi` u adatto, cio` e quello con ω

0

e γ tali da poter produrre una risonanza osservabile con i mezzi a disposizione.

Ricordiamo che il generatore pu` o produrre frequenze & 1 Hz e che l’oscilloscopio fornisce misure con precisione

≈ 0.01 Hz.

La scelta di ω

0

e γ viene ottimizzata con la scelta di una delle molle a disposizione (⇒ k), una massa appesa (⇒ m) e un disco frenante (⇒ C ).

Nell’esperimento dovrete applicare diverse frequenze forzanti ω e misurare le apiezze di oscillazione A del moto stazionario.

⇒ Avrete diverse coppie (ω; A) — oppure (ν; A) se volete lavorare in frequenza Quindi dovrete confrontare i punti speimentali con la lorenziana attesa

A(ω) = costante × 1

p(ω

2

− ω

20

)

2

+ 4γ

2

ω

2

. . . la costante pu` o essere determinata cercando il miglior accordo fra i valori aspettati (A(ω)) e quelli osservati.

(30)

Tips ’n’ tricks

(31)

Uso di DataStudio (1)

Accedere al computer con l’account Stu- dente (no password), lanciare DataStudio dall’icona sul Desktop, scegliere Crea es- perimento.

Otterrete la schermata raffigurata.

cliccando Imposta (in alto) selezionate la Frequenza di

campionamento — frequenze pi`u alte d`anno misure pi`u precise della posizione, attenzione per`o a non eccedere 50 Hz (cio`e un

campionameto ogni 0.02 s)

altrimenti il sonar non funziona pi`u correttamente

potete iniziare l’acquisizione

cliccando su Avvia (vicino a Imposta)

— il pulsante si trasforma in Arresta e pu`o essere usato per fermare

l’acquisizione.

(32)

Uso di DataStudio (2)

Sul grafico ottenuto potete:

adattare gli assi alle dimensioni del grafico, agendo sul 1o pulsante in alto a sx (puntando col mouse compare

Ridimensiona per adattare ) visualizzare alcune propriet`a collettive dei dati (min, max,

media,. . . ) attivando il pulsante Σ ( Mostra statistica )

effettuare misure locali attivando il cursore (6o pulsante in alto da sx,

Puntatore di misura ): compare una croce tratteggiata sullo schermo, che pu`o essere trascinata a piacere col mouse (diventa una manina con due frecce verticale e orizzontale);

spostando il cursore, indica sempre le coordinate; quando si avvicina ad un punto misurato “si attacca” ad esso;

si possono fare anche misure di differenze (manina con una ∆) esempio in figura: ∆t = 25.4999 s

(33)

Uso di DataStudio (3)

Si pu`o selezionare, inquadrandola col mouse, una porzione di grafico (eviden- ziata in giallo)

Le propriet`a collettive saranno ora riferite solo alla porzine selezionata (es. utile per misurare l’ampiezza di oscillazione lo- cale. . . )

Cliccando su Ridimensiona per adattare si ottiene uno zoom sulla regione selezion- ata.

NOTA: lo schermo pu`o ospitare tutte le acquisizioni svolte: per “spegnerne” al- cune (senza perderle) usa il pulsante Dati in alto.

(34)

Uso di DataStudio (4)

Aprendo il me`u tendina di fianco al pul- sante Σ s pu`o scegliere quali propriet`a mostrare, es. si u`o attivare la devi- azione standard (rms [], “Root of Mean Square”).

In caso di oscillazioni stabili, per la misura dell’ampiezza di oscillazione si pu`o ot- tenere una maggiore precisione con la de- viazione standard, piuttosto che usando un singolo massimo locale.

Ricorda che se

Ak ≡ A(tk) = A cos(ω0tk + φ), allora rms [Ak] = A/√

2

(35)

Oscilloscopio (1)

L’oscilloscopio misura tensioni elettriche ∆V in funzione del tempo t e le rappresenta come un grafico.

Viene solitamente usato per visualizzare segnali periodici, che devono pertanto ripetersi sullo schermo, uguali per successive scansioni.

Le scale orizzontale (tempo) e verticale (tensione) vengono scelte operando sui pomelli del pannello frontale,

VOLT/DIV e SEC/DIV I valori scelti vengono mostrati sullo schermo (che `e diviso orizzontalmente in 10 divisioni e

verticalmente in 8 divisioni)

(36)

Oscilloscopio (2)

Le successive scansioni vengono sincronizzate fra loro da un trigger, che sovrappone i diversi grafici. Il trigger rileva gli istanti in cui il segnale supera una certa soglia in salita (o in discesa, a scelta) e fa in modo che questi istanti vengano tutti allineati sullo stesso punto dello schermo.

Normalmente, collegando un segnale alla porta (es. CH1) e schiacciando AUTO SET l’oscilloscopio si configura nel modo migliore per visualizzalo.

Per segnali “lenti”, (pochi Hz) occorre procedere a mano:

premere AUTO SET

agire sulla manopola SEC/DIV fino a che poche oscillazioni sono rappresentate sullo schermo (es. arrivare a 250 µs/div per avere una scansione di 2.5 s)

a questo punto vedrete un segnale che non si ripete uguale a s`e stesso: ogni scansione sar`a sfasata rispetto a quella precedente

premere TRIG MENU, e dai pulsanti di fianco allo schermo impostare TRIG MODE NORMAL (normalmente sarebbe AUTO)

Per effettuare misure sul segnale, si pu` o selezionare il tasto MEASURE: il margine dx dello schermo riporter` a le misure impostate (quantit` a e canale, es. freq. e CH1) e con il corrispondente pulsante a fianco dello schermo `e possibile

impostarne ciascuna.

Per esempio, nel nostro caso sar` a utile impostare la misura di frequenza sul canale CH1 e anche la tensione “peak to

peak”: quest’ultima `e utile per vedere se al variare della frequenza impostata la tensione massima `e stabile o subisce

variazioni

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