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Bobbiana Opere di Norberto Bobbio per l Università. Collana diretta da TOMMASO GRECO

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Bobbiana

Opere di Norberto Bobbio per l’Università Collana diretta daTOMMASOGRECO

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Norberto Bobbio

Il problema del potere

Introduzione al corso di scienza della politica

a cura e con un saggio introduttivo di Tommaso Greco

G. Giappichelli Editore –Torino

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© Copyright 2020 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO VIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100 http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-921-3340-2

Stampa: Stampatre s.rl. - Torino

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INDICE

pag.

NORBERTO BOBBIO E LA SCIENZA DEL POTERE VII di Tommaso Greco

Nota del curatore LV

IL PROBLEMA DEL POTERE LVII

INTRODUZIONE 1

Capitolo I

LA NATURA DEL POTERE 19

Capitolo II

IL POTERE POLITICO 49

Capitolo III

IL PRINCIPIO DI LEGITTIMITÀ 71

IL PROBLEMA DEL POTERE (1961) 87

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VI Introduzione

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Capitolo

NORBERTO BOBBIO

E LA SCIENZA DEL POTERE

I

a Claudio Palazzolo per il suo settantesimo compleanno

1. Dal diritto al potere

«Il concetto principale che gli studi giuridici e quelli politi- ci hanno in comune è in primo luogo il concetto di potere» 1. Così inizia il saggio di Norberto Bobbio, Dal potere al diritto e viceversa, pubblicato nel 1982 e poi incluso nella silloge di studi kelseniani, significativamente intitolata Diritto e potere.

In un altro saggio della stessa epoca Bobbio scrive:

Potere e diritto sono le due nozioni primarie rispettivamente della filosofia politica e della filosofia giuridica. Avendo cominciato il mio insegnamento universitario con la filosofia del diritto e avendo concluso con la filosofia politica, mi son trovato a riflettere sul nesso fra le due nozioni più di quel che generalmente sia acca- duto agli scrittori politici, che tendono a considerare principale la nozione del potere, o dei giuristi, che tendono a considerare prima- ria la nozione del diritto. E invece l’una richiama continuamente l’altra. Sono per così dire due facce della stessa medaglia. Fra scrit- tori politici e giuristi, il contrasto riguarda quale sia di questa me-

1 N.BOBBIO, Diritto e potere. Saggi su Kelsen, a cura di T. Greco, introdu- zione di A. Carrino, Giappichelli, Torino 2014, p. 171.

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VIII Il problema del potere

daglia il recto e quale il verso: per i primi il recto è il potere, per i secondi è il contrario 2.

Se il rapporto tra diritto e potere può dunque essere indivi- duato come chiave di lettura principale – se non come vero e proprio “filo rosso” – di tutto l’itinerario intellettuale bobbia- no 3, si deve sottolineare come l’accentuazione del problema del potere appartenga a una fase particolare di questo itinerario, una fase che si colloca alla metà degli anni Sessanta, nella quale è l’esito stesso della teoria giuridica a farne emergere l’inelu- dibilità e l’urgenza. In questi anni, infatti, Bobbio giunge a im- portanti revisioni del suo positivismo giuridico che lo portano a rifiutare la teoria kelseniana della norma fondamentale e a get- tare lo sguardo direttamente su quello che il giurista austriaco aveva chiamato “il volto di Gorgone del potere” 4. Va subito det-

2 N.BOBBIO, Il potere e il diritto, in «Nuova Antologia», 1982.

3 Ho cercato di mostrarlo sia nel lavoro monografico Norberto Bobbio. Un itinerario intellettuale tra filosofia e politica, Donzelli, Roma 2000, sia in Scienza del diritto e teoria del potere. Alle origini del Bobbio ‘costituzionalista’, in «De- mocrazia e diritto», 2015, n. 4, pp. 222-251. Si tratta di un tema che non ha avuto molti sviluppi nella pur vasta letteratura su Bobbio. Tra i lavori che vi sono stati espressamente dedicati, si possono segnalare S.COTTA, Bobbio: un positivista inquieto, in U.SCARPELLI (a cura di), La teoria generale del diritto.

Problemi e tendenze attuali. Studi dedicati a Norberto Bobbio, Edizioni di Co- munità, Milano 1983, pp. 41-55; A.RUIZ MIGUEL, Filosofia y Derecho en Norber- to Bobbio, Centro de Estudios Constitucionales, Madrid 1983, p. 274 ss.; L.

PRIETO SANCHIS, La sombra del poder sobre el derecho. Algunas observaciones a proposito de la teoria del derecho de Norberto Bobbio, in Á.LLAMAS (ed.), La fi- gura y el pensamiento de Norberto Bobbio, Instituto de derechos humanos Bar- tolomé de Las Casas-Boletín Oficial del Estado, Madrid 1994, pp. 113-124; A.

RUIZ MIGUEL, Del derecho al poder: el camino central de la obra de Bobbio, in

«Doxa. Cuadernos de filosofía del derecho», 28 (2005), pp. 59-71; R. GUASTINI, Bobbio dalla teoria del diritto alla teoria dello Stato, in M.BOVERO (a cura di), Il futuro di Norberto Bobbio, Laterza, Roma-Bari 2011, pp. 93-105; G. APRILE, Diritto, potere e democrazia nell’opera di Norberto Bobbio, in «Rivista di filosofia del diritto», 2014, n. 1, pp. 171-192.

4 Una ricostruzione del pensiero giuridico bobbiano in relazione con quello kelseniano è innanzi tutto nella Introduzione di Agostino Carrino alla nuova edizione di Bobbio, Diritto e potere. Saggi su Kelsen, cit., significativamente in- titolata “Oltre Kelsen. Norberto Bobbio e la teoria pura del diritto”. Cfr. altresì i seguenti lavori: COTTA, Bobbio: un positivista inquieto, cit.; M.RICCIARDI, El Kelsen de Bobbio, in «Anuario de Filosofía Jurídica y Social», XVI (1998), pp.

155-168; A.CALSAMIGLIA, Una lectura antikelseniana de Bobbio, in Á.LLAMAS

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Norberto Bobbio e la scienza del potere IX to però che, per Bobbio, il superamento del tentativo kelseniano

di tenere il discorso sul diritto all’interno di un cerchio fatto soltanto di norme non significa “consegnare” definitivamente il diritto al potere. Significa piuttosto articolare il ragionamento sul diritto includendo come sua parte necessaria il riferimento al potere, anziché lasciare questo al suo esterno. Una ‘mossa’

che, come vedremo, non può non retroagire sulla considerazio- ne del potere stesso e sul ‘circolo’ che esso viene necessariamen- te a stabilire col diritto.

Stimolato dalla straordinaria ricostruzione critica che Nicola Matteucci aveva effettuato del suo pensiero giuridico 5, ma in qualche modo spinto anche da un movimento interno alla sua stessa riflessione, Bobbio affronta in maniera decisa (e forse decisiva), proprio intorno alla metà dei Sessanta, alcuni nodi problematici, non solo della sua elaborazione teorica ma, si può dire, di tutta la tradizione positivistica. La necessità di sfuggire alla morsa della forza che, con tutto il suo peso, preme sul dirit- to in ogni visione giuspositivistica, lo conduce a realizzare al-

(ed.), La figura y el pensamiento de Norberto Bobbio, cit., pp. 113-124; P.P.POR- TINARO, Realismo politico e dottrina dello Stato, in AA.VV., Norberto Bobbio tra diritto e politica, a cura di P. Rossi, Laterza, Roma-Bari 2005, pp. 137-145; ID., Introduzione a Bobbio, Laterza, Roma-Bari 2008, pp. 74-82; A.CATANIA, Nor- berto Bobbio e Hans Kelsen: due variazioni in tema di diritto, in B.PASTORE-G.

ZACCARIA, Norberto Bobbio. Gli anni padovani, Padova University Press, Pado- va 2010, pp. 145-162; M.G.LOSANO, Norberto Bobbio. Una biografia culturale, Carocci, Roma 2018, p. 265 ss. Anche se non specificamente dedicato a questo tema, il confronto tra le teorie dei due autori è costante in L.FERRAJOLI, La logica del diritto. Dieci aporie nell’opera di Hans Kelsen, Laterza, Roma-Bari 2016.

5 In quel piccolo ‘classico’ della filosofia giuridico-politica italiana del se- condo Novecento che è Positivismo giuridico e costituzionalismo, pubblicato dapprima in «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 1963, n. 3, pp.

985-1100, e successivamente ristampato in volume: Il Mulino, Bologna 1996 (si tratta però di un’edizione anastatica fuori commercio). Di questo saggio, Fran- cesco M. De Sanctis ha scritto che «solo oggi può apparire nel suo pieno valore di anticipazione di una svolta radicale nella concezione del diritto e nella cul- tura giuridica italiana che si sarebbe verificata molti anni dopo la sua appari- zione» (Nicola Matteucci filosofo del diritto: ‘pensiero’ giuridico versus ‘teoria generale’, in «Filosofia politica», 2014, n. 2, ora in ID., Ordinare la vita, Edito- riale Scientifica, Napoli 2020, p. 362). L’importanza storica e teorica del lavoro di Matteucci è stata recentemente sottolineata anche da P.GROSSI, Oltre la le- galità, Laterza, Roma-Bari 2020, p. 17 s.

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X Il problema del potere

cune operazioni convergenti, di cui vale qui la pena di ricordare almeno le due più importanti: quella che, nel saggio su Diritto e forza (1966), lo porta a riformulare il rapporto tra i due concetti in termini non più strumentali ma contenutistici, sulla scia di Olivecrona e di Kelsen (con il diritto che diventa regola della for- za, piuttosto che regola che si applica tramite la forza); nonché quella che, nel saggio Sul principio di legittimità (1964), condu- ce a connettere il ciclo della norma con il ciclo del potere, met- tendo in questione l’idea che l’effettività costituisca la parola de- finitiva sull’esistenza di un ordinamento giuridico, il che avvie- ne facendone emergere i rapporti strutturali e ineliminabili con il piano della legittimità. Altri profili, pur rilevantissimi, come l’ammissione di un ruolo ‘normativo’ della scienza giuridica, possono qui rimanere in secondo piano, anche se dovranno poi essere richiamati.

L’esito di questa operazione di revisione è assolutamente ori- ginale e per certi versi paradossale: proprio nel momento in cui smette di essere autosufficiente, evidenziando il suo rapporto inscindibile con il potere, il diritto sembra in grado di uscire dalla gabbia della forza, dalla quale la precedente adesione agli schemi della teoria pura non sembrava in grado di liberarlo.

Adesso, anche il rinvio alla forza e alla effettività – ultimo rifu- gio di ogni forma di positivismo – appare inserito in un circolo, dentro il quale dai fatti si risale incessantemente ai valori, e da questi si discende a quelli, senza che sia possibile pensare agli uni indipendentemente dagli altri. Connettendo il diritto con il potere, in altre parole, Bobbio cerca di darne una visione ampia che, pur non uscendo dall’approccio positivistico, sia in grado di fornirne una immagine più aderente alla realtà, e perciò più

“scientifica”, sebbene, come vedremo, non meno problematica.

L’incontro con il ‘potere’ (come oggetto di studio), dunque, è per certi versi il destino, e quasi si potrebbe dire l’obiettivo a lun- go perseguito della teoria giuridica di Bobbio 6. Esso dà com-

6 Si può dire pertanto che Bobbio arrivi alla scienza politica anche per la via della filosofia del diritto, in aggiunta alle altre indicate da Giovanni Sartori:

vicinanza al Centro di studi metodologici, studio dei classici, passione civile.

Sartori esclude esplicitamente che Bobbio sia arrivato alla scienza politica at-

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Norberto Bobbio e la scienza del potere XI pimento ad una lontana considerazione fatta nel 1939, quando

il filosofo torinese già lamentava i troppo scarsi studi sul rap- porto tra diritto e potere 7, e allo stesso tempo segna l’apertura di una stagione nuova e feconda, nella quale, sempre a partire dal diritto, si guarda da un lato alle dinamiche del potere, e dal- l’altro lato a quelle della società, nonché ai loro – anche stavolta – ineludibili nessi. Da qui nascono gli studi che porteranno Bob- bio sempre più verso la filosofia politica, fino a fargli realizzare il passaggio di cattedra nel 1972 8, con un’attività peraltro sem- pre più esposta sul piano del dibattito politico e politologico 9; e da qui nascono pure gli studi sui nessi tra diritto e società che troveranno espressione principale nei saggi sulla funzione pro- mozionale, che segneranno significativamente la nuova fase del percorso del filosofo e teorico del diritto 10.

traverso la filosofia e la teoria del diritto: cfr. Norberto Bobbio e la scienza poli- tica in Italia, in «Rivista italiana di scienza politica», 2004, n. 1, p. 8.

7 N. BOBBIO, L’interpretazione delle leggi e la ragion di stato, in Scritti giuridi- ci in onore di Santi Romano, Cedam, Padova 1939, pp. 391-401.

8 Cfr. P.ROSSI, Norberto Bobbio dalla filosofia del diritto alla teoria della poli- tica, in «Rivista di filosofia», 2006, n. 1, pp. 83-116.

9 Si pensi alla collaborazione con “La Stampa” e con “Mondoperaio” e alle numerose discussioni pubbliche suscitate dai suoi interventi; ma si pensi pure alle molte riflessioni sulla democrazia, i cui frutti più corposi saranno poi rac- colti nel volume del 1984, Il futuro della democrazia. Su questo aspetto del pen- siero bobbiano si vedano: G. PASQUINO, «Crisi permanente» e sistema politico:

una ricostruzione del pensiero politologico di Norberto Bobbio, in L.BONANATE- M.BOVERO (a cura di), Per una teoria generale della politica. Scritti dedicati a Norberto Bobbio, Passigli, Firenze 1986, pp.197-226; M.L.SALVADORI, Bobbio e la politica, in AA.VV., Norberto Bobbio tra diritto e politica, a cura di P. Rossi, Laterza, Roma-Bari 2005, pp. 15-50; M. RICCIARDI, I quesiti di Bobbio, in

«Mondoperaio», 2014, n. 3-4, pp. 68-73;LOSANO, Norberto Bobbio, cit., p. 136 ss.; G. PASQUINO, Bobbio e Sartori. Capire e cambiare la politica, Università Bocconi Editore, Milano 2019, in particolare p. 33 ss.; D.RAGAZZONI,The po- pulist leader’s two bodies: Bobbio, Berlusconi, and the factionalization of party democracy, in «Constellation. An International Journal of Critical and Demo- cratic Theory», June 2020, pp. 213-230.

10 Cfr. N.BOBBIO, Dalla struttura alla funzione. Nuovi studi di teoria del dirit- to, Edizioni di Comunità, Milano 1977. Come dirà in una relazione del dicem- bre 1970, «mai come oggi la scienza giuridica ha sentito il bisogno di stabilire nuovi e più stretti contatti con le scienze sociali […]; quando ciò accade è se- gno che la società attraversa un periodo di profonda trasformazione» (N. BOB- BIO, Il diritto, in AA.VV., Le scienze umane in Italia, oggi, a cura di A. Babolin,

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XII Il problema del potere

Prova ulteriore di questo nuovo corso è l’insieme dei classici con i quali Bobbio si confronta. Se una costante del suo itinera- rio è lo studio degli autori maggiormente legati agli interessi di volta in volta coltivati 11, in questa stagione egli si volge a coloro che maggiormente hanno insistito sui temi del potere e dei suoi nessi con le dinamiche della società e del diritto, e che dunque possono fornire spunti interessanti per la verifica delle nuove ipotesi di ricerca: Mosca e Pareto, teorici delle élites e indagato- ri profondi dei meccanismi del potere sociale e politico 12; Hegel e Gramsci, capaci di tenere insieme i molti fili che si intreccia- no sul piano della società civile 13; Weber e (ancora) Kelsen, per le molte indagini dedicate ai rapporti tra forme del diritto e forme del potere 14. In un periodo di grande disincanto, e anche

Il Mulino, Bologna 1971, p. 259). Del volume del 1977 esiste una nuova edizio- ne, a cura di Mario Losano, Laterza, Roma-Bari, 2007.

11 Ho argomentato meglio questa tesi nel saggio Norberto Bobbio e la sto- ria della filosofia del diritto, in «Diacronìa. Rivista di storia della filosofia del diritto», 2019, n. 2, pp. 77-104, in part. pp. 82-87. Sul rapporto di Bobbio con gli autori classici sono disponibili ottimi studi, a partire da M.BOVERO, Anti- chi e moderni: Norberto Bobbio e la «lezione dei classici», in BONANATE-BO- VERO (a cura di), Per una teoria generale della politica, cit., pp. 227-253; A.

RUIZ MIGUEL, Política, Historia y Derecho en Norberto Bobbio, Fontamara, Colonia del Carmen (Mexico) 2000, p. 107 ss.; PORTINARO, Introduzione a Bobbio, cit., p. 163 ss.; M. CUONO, Norberto Bobbio e la lezione dei classici an- tichi. Un percorso di metodo, in Piemonte antico. L’antichità classica, le élites, la società fra Ottocento e Novecento, a cura di A. Balbo e S. Romani, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2014, pp. 227-244; D. RAGAZZONI, Norberto Bobbio, cartografo della modernità filosofica, politica e giuridica. Per il cinquantenario di «Da Hobbes a Marx», in «Materiali per una storia della cultura giuridica», XLIV (2014), n. 2, pp. 377-403. Considerazioni interessanti, e in parte criti- che, sull’approccio bobbiano alla storia della filosofia del diritto sono in E.

RIPEPE, La storia della filosofia del diritto, in La filosofia del diritto tra storia delle idee e nuove tecnologie, «Rivista di Filosofia del diritto», 2015, numero speciale, pp. 43-53.

12 Cfr. N.BOBBIO, Saggi sulla scienza politica in Italia, Laterza, Bari 1969 (nuova ed. 1996).

13 Cfr. N. BOBBIO, Studi hegeliani. Diritto, società civile, stato, Einaudi, Torino 1981 (si tratta di una raccolta di saggi pubblicati tra il 1966 e il 1979); N. BOB- BIO, Saggi su Gramsci, Feltrinelli, Milano 1990 (saggi pubblicati tra il 1967 e il 1988, ad eccezione di quello su ‘Gramsci e la dialettica’ che risale al 1958).

14 Oltre ai saggi raccolti in Diritto e potere, cit., nel quale è contenuto anche un lavoro su Weber e Kelsen, cfr., a proposito di Weber, La teoria del diritto e

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Norberto Bobbio e la scienza del potere XIII di grandi delusioni – appartiene a questa stagione l’amara pagi-

na con cui viene dichiarata definitivamente chiusa l’epoca delle illusioni sul raggiungimento di una matura cultura democratica nel nostro Paese 15 – sono questi gli autori nei quali Bobbio rin- traccia quello sguardo ‘realistico’ sugli uomini e sulla società che permette di ritornare a pensare in maniera costruttiva i pro- blemi che la politica (italiana, ma non solo) sembra incapace di affrontare e risolvere 16.

dello Stato, in P.ROSSI (a cura di), Max Weber e l’analisi del mondo moderno, Einaudi, Torino, 1981, pp. 215-246, poi ripubblicato in N. Bobbio, Teoria gene- rale della politica, a cura di M. BOVERO, Einaudi, Torino 1999, pp. 70-97. Si tratta della relazione che Bobbio aveva tenuto al convegno per i 60 anni della morte di Weber, il cui testo originario, parzialmente differente, era stato pub- blicato con il titolo Max Weber e i classici, in «Mondoperaio», 1980, n. 7-8, pp.

79-88. Questo testo, che peraltro non compare nell’accuratissima Bibliografia degli scritti di Norberto Bobbio 1934-1993, curata da Carlo Violi (Laterza, Ro- ma-Bari 1995: cfr. p. 253), è stato ora ripubblicato, a cura di T.GRECO, in «Dia- cronìa. Rivista di storia della filosofia del diritto», 2020, n. 1, pp. 197-225, all’interno di una sezione monografica curata da Massimo Palma e dedicata ai cento anni della morte di Weber.

15 Si ricordi la conclusione della Prefazione alla raccolta di studi cattaneani:

«Non mi nascondo che il bilancio della nostra generazione è stato disastroso.

Inseguimmo le “alcinesche seduzioni” della Giustizia e della Libertà: abbiamo realizzato ben poca giustizia e forse stiamo perdendo la libertà. Sarebbe da stolti truccare le cifre del conto finale per farle apparire in pareggio. Ma altret- tanto stolto, oltre che vano, imbellettarsi per fare scomparire le rughe e fingere una gioventù che abbiamo lasciato alle nostre spalle. Non c’è nulla di più com- passionevole di colui che non si sia accorto di andare combattendo ed esser morto. Per chi è stato condannato dal tribunale della storia, il quale ha l’ufficio non già di far vincere il giusto ma di dare l’aureola del giusto a chi vince, non resta altro tribunale cui appellarsi che quello della coscienza. Di fronte al quale non basta, per farsi assolvere, l’essere rimasti fedeli a certi ideali. Occorre an- che aver bene appreso quanto sia difficile e ingannevole, talora inutile, il me- stiere di uomini liberi» (Una filosofia militante. Studi su Carlo Cattaneo, Ei- naudi, Torino 1971, p. XI).

16 È del tutto condivisibile l’osservazione di Portinaro, secondo cui in Bob- bio è possibile rintracciare «qualcosa di più che una generica versione metodo- logica del realismo politico come dottrina che cerca di guardare ai fatti pre- scindendo dai giudizi di valore. Non è difficile infatti rinvenire in molte sue analisi la condivisione dei presupposti degli autori realisti, a cui così spesso fa riferimento, tanto sul piano antropologico quanto su quello della concezione della storia» (Introduzione a Bobbio, cit., pp. 91-92). Più propenso a riconosce- re in Bobbio solo un realismo metodologico è invece Michelangelo Bovero: cfr.

El realismo de Bobbio, in «Isonomía» n. 20, abril 2004, pp. 239-253 (in partico- lare p. 245 s).

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XIV Il problema del potere

2. ‘Il problema del potere’

Il testo su Il problema del potere, che qui si pubblica per la prima volta in veste editoriale, è una dispensa relativa al corso di Scienza della politica tenuto da Bobbio presso l’Università di To- rino nel 1966. È un documento particolare ed eccezionale al tempo stesso, che testimonia l’opera compiuta da Bobbio, tra le mille altre, come fondatore di quella che Alfio Mastropaolo ha chiamato la «scuola torinese di Scienza politica», negli anni in cui egli tiene per incarico l’insegnamento della nuova disciplina nel corso di laurea in Scienze politiche dell’allora Facoltà di Giu- risprudenza 17. Un Bobbio «collaterale» 18, come lo ha definito Sartori, ma anche stavolta decisivo per l’affermazione di un nuo- vo indirizzo di ricerca e di una nuova disciplina scientifica 19, che

17 A. MASTROPAOLO, Paolo Farneti, in G.M.BRAVO-L.SCIOLLA (a cura di), Una eredità intellettuale. Maestri e allievi della Facoltà di Scienze Politiche di To- rino, Passigli Editori, Firenze 1997, pp. 4-5. Anche Luigi Bonanate ricorda che,

«a partire dal 1962, Bobbio assume l’incarico (che terrà quasi ininterrottamen- te fino al 1971) di insegnare la Scienza politica, tra i primissimi in Italia» (L.

BONANATE, Norberto Bobbio professore, in A Norberto Bobbio la Facoltà di Scienze Politiche, Dipartimento di Studi Politici dell’Università di Torino, Tori- no, 1986, p. 15 s.). Gianfranco Pasquino, dal canto suo, scrive di aver seguito la sua prima lezione di Scienza politica «a Torino un giorno di novembre del 1962, presso l’Istituto di Scienze politiche di via San Francesco da Paola. Il corso, tenuto, come si diceva allora, “per incarico”, da Norberto Bobbio, che era il titolare della cattedra di Filosofia del diritto, aveva come argomento cen- trale l’analisi dei partiti politici […] In seguito, nel 1965 mi laureai proprio in Scienza politica con il privilegio di avere come relatore Bobbio.» (G.PASQUINO, Prima lezione di scienza politica, Laterza, Roma-Bari, 2008, p. 5). Cfr. altresì ID., Bobbio e Sartori, cit., p. 15 s.

18 SARTORI, Norberto Bobbio e la scienza politica in Italia, cit., p. 7.

19 Ancora Sartori racconta come sia stato fondamentale, ai fini dell’appro- vazione del nuovo insegnamento di Scienza politica da parte del Consiglio su- periore dell’istruzione, il fatto che Bobbio la insegnasse già da qualche anno, in tal modo legittimandone la presenza all’interno dei corsi di Scienze Politi- che (cfr. ivi, p. 10). Anche Pier Paolo Portinaro parla del «contributo non mar- ginale» dato da Bobbio in questo campo, sia attraverso gli studi metodologici, sia «attraverso la riproposta dei classici della scienza politica» (Realismo poli- tico e dottrina dello Stato, in AA.VV., Norberto Bobbio tra diritto e politica, cit., p. 111). Medesimo giudizio è in L. MORLINO, Scienza politica, Fondazione Gio- vanni Agnelli, Torino, 1989, p. 14, oltre che in G.GANGEMI, La rifondazione del- la scienza politica e la democrazia, in A.PUNZI (a cura di), Metodo Linguaggio Scienza del diritto. Omaggio a Norberto Bobbio (1909-2004), Quaderni della

«Rivista Internazionale di Filosofia del diritto», 6, Giuffrè, Milano 2007, p. 182 s.

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Norberto Bobbio e la scienza del potere XV in quegli anni sta muovendo «i primi ma non timidi passi» 20. Un

altro terreno, dunque, sul quale una fervida curiosità si unisce all’estremo rigore nel perseguire nuove ipotesi di studio 21.

Rispetto ad altri notissimi testi di lezioni curati da Bobbio e poi pubblicati dall’editore Giappichelli, il dattiloscritto di que- sto corso appare evidentemente in una forma non del tutto compiuta: in alcune parti si tratta quasi di schemi argomentati, più che di vere e proprie pagine frutto di un lavoro concluso. La presente edizione non configura tuttavia un “testamento tradi- to” nel senso kunderiano del termine 22: non solo il testo è pre- sente in alcune biblioteche italiane ed è dunque reperibile dagli studiosi interessati 23; ma soprattutto non vi può essere alcun dubbio sul fatto che queste pagine, redatte dalla studentessa I- liana Secchieri, siano state riviste ed approvate da Bobbio stes- so, come dimostra tra l’altro la circostanza che l’ultimo capito- lo, dedicato al principio di legittimità, riproponga in sostanza quasi integralmente (ma con lievi tagli e una aggiunta finale) il saggio dedicato a questo tema pubblicato nel 1964.

Quali che siano state le vicende del testo, esso non solo te- stimonia l’impegno in una disciplina nuova, che proprio in que- gli anni si va affermando nel panorama accademico italiano;

ma dà conto di come Bobbio affronti un tema sempre richia- mato e più volte indagato in connessione con vari aspetti e pro- blemi, quello del potere, mai però preso in esame in maniera diretta, facendone l’oggetto esclusivo di studio. È interessante notare fra l’altro come Bobbio, affrontando un tema nuovo, ri-

20 N. MATTEUCCI, La scienza politica, in AA.VV., Le scienze umane in Italia, oggi, cit., p. 219.

21 Filippo Barbano ha ricordato come, verso la fine degli anni Cinquanta, quando Bobbio dirigeva l’Istituto di Scienze politiche intitolato a Gioele Solari, mentre uno studioso come Luigi Firpo «con lepidezza erodiana asseriva che, secondo lui, i sociologi avrebbero dovuto essere soffocati quando ancora erano nella culla», Bobbio “ammiccasse” «all’attivismo sociologico, considerandone la vitalità per l’Istituto. I suoi interessi stavano muovendo dalla filosofia alla scienza della politica» (Testimonianza per Paolo Farneti, in BRAVO-SCIOLLA, Una eredità intellettuale, cit., p. 216).

22 M. Kundera, I testamenti traditi, Adelphi, Milano 1994.

23 Da segnalare che alcune parti erano state incluse da Gaetano Pecora nel- l’antologia, da lui curata, su Potere politico e legittimità, SugarCo, Milano 1987.

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XVI Il problema del potere

proponga alcune caratteristiche tipiche del suo approccio scien- tifico, sulle quali vale certamente la pena di soffermarsi, anche per comprendere le tesi che vengono difese nel testo.

Per tutte queste ragioni è parso utile riproporre Il problema del potere in una collana che ha come obiettivo la raccolta dei testi universitari bobbiani. La dispensa è accompagnata in que- sto volume dal testo di una conversazione radiofonica tenuta alla Rai nel 1961, avente significativamente il medesimo titolo.

Rispetto alle lezioni del ’66, esso rappresenta allo stesso tempo un’anticipazione e un’integrazione, dando ulteriori ragguagli su quello che possiamo chiamare il “laboratorio” di Bobbio.

3. Teoria della scienza politica

Analogamente a quanto fatto nel quindicennio precedente in riferimento alla filosofia e alla teoria del diritto, nell’avvici- narsi alla nuova scienza Bobbio affronta innanzi tutto il tema della sua natura e dei confini che la separano da altri approc- ci che con essa potrebbero essere confusi. Diversamente però da quanto andavano facendo altri studiosi, attenti a segnare le differenze contenutistiche e metodologiche della scienza politica rispetto alle materie sociologiche 24, egli si impegna soprattutto a cogliere le diversità con la filosofia politica, la disciplina che coltiva (e che poi finirà per insegnare) insieme alla filosofia del diritto.

L’operazione volta ad offrire «puntigliose definizioni dei confini tra filosofia e scienza politica» 25 è, come sempre, dupli- ce: per prima cosa si tratta di distinguere, là dove si generalizza

24 Cfr. ad es. G. SARTORI, Per una definizione della scienza politica, saggio in- troduttivo a ID. (a cura di), Antologia di scienza politica, Il Mulino, Bologna 1970, p. 11 ss. Lo stesso Sartori tuttavia insiste spesso sulle differenze tra sci- enza politica e filosofia politica, non solo nel contributo appena citato, ma an- che in altri lavori, come ad es., fin dalla Prefazione, ne La politica. Logica e me- todo nelle scienze sociali, SugarCo, Milano 1979.

25 Così, a proposito del generale contributo bobbiano sulla scienza politica, scrive Pier Paolo Portinaro recensendo il volume di Losano già ricordato (Un libro su Bobbio, in «Syzetesis», 2019, n. 2, p. 543).

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Norberto Bobbio e la scienza del potere XVII indebitamente; solo in seguito si potranno riconnettere gli ele-

menti così inizialmente scomposti. Così, a chi contrappone troppo semplicisticamente la scienza politica alla filosofia po- litica, Bobbio risponde distinguendo le diverse ricerche che sono riconducibili a quest’ultima e facendone vedere i rapporti con la prima. Tali ricerche sono individuate in parziale analogia con quelle già stabilite per la filosofia del diritto, per la quale Bobbio aveva distinto quattro diversi campi di indagine: assio- logico, ontologico, fenomenologico e metodologico 26. Anche le ri- cerche della filosofia politica sono sostanzialmente quattro 27, e si pongono sul piano del valore, del concetto e del metodo, con la prima che per così dire si duplica nella direzione della ricerca sullo stato ideale, da un lato, e della legittimazione del potere, dall’altro lato. Manca la ricerca fenomenologica, e non è un ca- so: è questo lo spazio principale che Bobbio riserva allo studio specifico della scienza politica, coerentemente con l’assegnazio- ne a quest’ultima dello studio di «ciò che è», e alla filosofia di

«ciò che deve essere» 28. Ma prima di arrivare a questo ambito riservato, c’è spazio per una interessante comparazione tra filo- sofia e scienza politica che si svolge sui diversi piani delle ricer- che prima delineate 29. Per Bobbio c’è certamente piena incom- patibilità, là dove si intenda la filosofia politica come ricerca dell’‘optima respublica’. Le cose tuttavia cambiano quando si

26 Si vedano i saggi La filosofia del diritto e i suoi problemi (1957) e Natura e funzione della filosofia del diritto (1962), entrambi ricompresi in N.BOBBIO, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Edizioni di Comunità, Milano 1965 (di cui esiste una nuova edizione, con prefazione di L. Ferrajoli, Laterza, Ro- ma-Bari 2011).

27 Qui Bobbio anticipa quanto sosterrà in alcuni saggi dell’inizio degli anni

’70. Cfr. N. BOBBIO, Dei possibili rapporti tra filosofia politica e scienza politica, in AA.VV., Tradizione e novità della filosofia politica, Laterza, Bari, 1971, pp.

23-29, e ID., Considerazioni sulla filosofia politica, in «Rivista italiana di scienze politiche», 1971, n. 2, pp. 367-379. Entrambi questi contributi sono ora ripub- blicati in Bobbio, Teoria generale della politica, cit., pp. 5-16.

28 Cfr. N. BOBBIO, Scienza politica, in A.NEGRI (a cura di), Scienze Politiche 1 (Stato e politica) (Enciclopedia Feltrinelli-Fischer), Feltrinelli, Milano 1970, p. 422.

29 Sul punto, cfr. A.GREPPI, Teoría e ideología en el pensamiento político de Norberto Bobbio, prólogo de Norberto Bobbio, Marcial Pons, Madrid-Barcelo- na 1998, p. 162 ss.

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XVIII Il problema del potere

vada alla ricerca della natura del potere: qui si manifesta infatti un primo campo di interesse comune, per quanto coltivato in forme e direzioni diverse. Se alla filosofia politica interessano i principi di legittimazione, nel contesto di un discorso che non può non essere normativo, la scienza politica cerca invece di posare sul potere uno sguardo realistico adottando un discorso rigorosamente descrittivo (torneremo più avanti sulla proble- maticità di questo punto).

Ancora più stretto, fin quasi a far sfumare le differenze, di- venta il rapporto tra le due discipline sul piano della definizione del concetto di ‘politica’. Anche per la scienza politica, come per la filosofia, è imprescindibile procedere alla definizione dei con- cetti fondamentali e generali appartenenti al proprio campo d’indagine, prima di passare alle questioni più specifiche. Non si può dare una scienza politica, insomma, se non si muove da una ‘teoria generale della politica’ 30. Tipico della scienza politi- ca dunque è definire il concetto di ‘politica’; dove la differenza dalla filosofia politica sta solo in un approccio più ‘particolare’

e meno ‘generale’: una differenza di grado e non qualitativa, di- ce Bobbio, senza tuttavia specificare ulteriormente di cosa si tratti: forse qui si allude al fatto che la definizione di ‘politica’

data dalla filosofia politica scaturisce da una visione filosofica più generale, all’interno della quale essa si inserisce.

Il piano metodologico permette infine di tornare a distingue- re filosofia e scienza politica, ma allo stesso tempo di congiun- gerle più strettamente: se questa si occupa dello studio del fe- nomeno politico, quella dà un prezioso contributo nell’occupar- si di tutti i problemi metodologici connessi con tale studio.

30 Una vecchia convinzione bobbiana, alla cui realizzazione egli si è appros- simato più volte, senza tuttavia mai giungere alla sua concretizzazione. Si ve- dano i seguenti volumi: N. BOBBIO-N.MATTEUCCI-G.PASQUINO (a cura di), Di- zionario di politica, Utet, la cui prima edizione è del 1976, e per il quale Bobbio ha redatto, tra le altre, le voci ‘Politica’ e ‘Scienza politica’; N. BOBBIO, Stato, governo, società. Per una teoria generale della politica, Einaudi, Torino 1985;

Teoria generale della politica, cit. Si ricordi inoltre che la prima raccolta di sag- gi interamente dedicata alla figura e al pensiero di Bobbio (in occasione dei suoi 75 anni, pubblicata a cura dei suoi allievi Bovero e Bonanate) si intitolava Per una teoria generale della politica, cit.

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Norberto Bobbio e la scienza del potere XIX Lo spazio della scienza politica sembra così ben delimitato:

si tratta di uno studio della politica, che muove imprescindi- bilmente dalla definizione del concetto e che però si realizza mediante l’osservazione realistica del fenomeno: osservazione della ‘politica’ in generale, e del suo oggetto specifico, il potere, in particolare.

Ma la delimitazione dello spazio (rispetto alla filosofia poli- tica) non è ancora sufficiente a darci una fisionomia corretta della nuova scienza. Sebbene siano in qualche modo già emer- si, Bobbio enuclea gli elementi specifici che possano aiutare a delineare ancora meglio l’identità di cui siamo in cerca. La scienza politica, perciò, viene presentata mediante i caratteri della ‘empiricità’, della ‘non prescrittività’ e della ‘avalutativi- tà’. L’empiricità, che è lo “stare ai fatti”, implica soprattutto una cosa: la rivedibilità delle conclusioni. La scienza politica si basa su una relazione che dai fatti risale alle teorizzazioni, laddove altri approcci, come quello filosofico-politico, costrui- scono relazioni che vanno in senso contrario, dalla teoria alla realtà. Ne discendono gli altri due caratteri prima ricordati: la scienza politica, da un lato è descrittiva, e non prescrive alcun- ché; dall’altro lato, e di conseguenza, è avalutativa, in quanto adopera solo giudizi di fatto e mai giudizi di valore. Essa «non prende posizione» di fronte ai fatti che descrive: «non li ap- prova, né li condanna; si astiene dal giudizio» 31. Si tratta di uno ‘stile’ al quale Bobbio si attiene rigorosamente nelle sue lezioni, oltre che nei suoi scritti. Gianfranco Pasquino ha ri- cordato che, «con gli appunti scritti abitualmente sul retro di fogli di bozze, Bobbio sviluppava il suo discorso definendo, precisando, problematizzando senza digressioni e senza valu- tazioni. Non utilizzava e non utilizzò mai, come avrebbe sicu- ramente apprezzato Max Weber, la sua cattedra né come un profeta né come un demagogo» 32. Se dunque, come dice Sar- tori, «finché una scienza non è “normalizzata” non c’è tecnica che basti; occorre saper pensare, e per saper pensare occorro-

31 Infra, p. 14.

32 PASQUINO, Bobbio e Sartori, cit., p. 33.

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XX Il problema del potere

no logica e metodo» 33, non c’è dubbio che “logica e metodo”

siano l’oggetto della ricerca di Bobbio, e, si può dire, anche il suo contributo alla nascita della scienza politica.

Possiamo, a questo punto, fare una prima considerazione:

ancora una volta Bobbio è attratto da quei filoni di ricerca nei quali può (anzi, deve) essere quanto meno ricercata quella sci- entificità che si concretizza nell’approccio avalutativo all’og- getto studiato 34. Sappiamo quanta importanza ha avuto questo aspetto sul piano della teoria del diritto, dove l’approccio avalu- tativo è stato decisivo per l’adesione al positivismo giuridico 35. Ma è soprattutto interessante notare, a questo proposito, che Bobbio considera carattere imprescindibile della scienza politi- ca quella stessa avalutatività che si avvia a non considerare più interamente perseguibile dentro la scienza giuridica 36. La rela- zione su Essere e dover essere della scienza giuridica – anzi, oc- correrebbe dire, i diversi scritti aventi quasi lo stesso titolo, ma dai contenuti non sempre coincidenti, che Bobbio pubblica tra il 1967 e il 1972 37 – rappresenta(no) un punto di svolta anche e

33 SARTORI, La politica, cit., p. I.

34 Cfr. M.L. GHEZZI,Giudizi di fatto e giudizi di valore e tolleranza liberale nel pensiero di Norberto Bobbio, in «Sociologia del diritto», 1978, n. 1, p. 41 ss.

35 Non si può che rinviare, a questo proposito, ai saggi contenuti in Giusna- turalismo e positivismo giuridico, cit., a partire dalla ‘Introduzione’. Da segna- lare l’interessante contributo di E. GLIOZZI, L’approccio avalutativo al diritto e l’insegnamento di Bobbio, in PUNZI (a cura di), Metodo Linguaggio Scienza del diritto, cit., secondo il quale Bobbio «ha mostrato come si possa essere avaluta- tivi senza scadere nell’irrazionalismo e nel conseguente nichilismo» (p. 212).

36 Sull’idea bobbiana di scienza giuridica si è soffermato in numerosi scritti Riccardo Guastini, di cui si legga almeno Bobbio sulla scienza giuridica. Intro- duzione alla lettura, in N.BOBBIO, Saggi sulla scienza giuridica, a cura di R.

Guastini, Giappichelli, Torino 2011, pp. IX-XXII. Ma si tratta di un tema ov- viamente molto battuto della critica bobbiana: cfr. quanto meno, RUIZ MI- GUEL, Filosofia y Derecho en Norberto Bobbio, cit., p. 131 ss.; P.BRUNET, Bob- bio et le positivisme, in «Analisi e diritto», 2005, pp. 159-170; M. LA TORRE, Fi- losofia e scienza giuridica in Norberto Bobbio, in F.J. ANSUÁTEGUI ROIG-A.

IGLESIAS GARZON (eds), Norberto Bobbio. Aportaciones al análisis de su vida y de su obra, Instituto de Derechos humanos “Bartolomé de Las Casas”, Dykin- son, Madrid 2011, pp. 39-60; V. VILLA, Sulla concezione della scienza giuridica di Norberto Bobbio, in PUNZI (a cura di), Metodo Linguaggio Scienza del diritto, cit., pp. 383-396.

37 Cfr. oltre a quello contenuto nei Saggi per una teoria generale del diritto, i

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Norberto Bobbio e la scienza del potere XXI soprattutto per tale ragione: Bobbio si rende conto, e scrive

convintamente, che il diritto contemporaneo non può più esse- re trattato dai giuristi allo stesso modo in cui lo si faceva in passato. Esso non consente più di fare operazioni meramente descrittive e avalutative. Dopo aver precisato che «quando oggi si parla di norme» ci si riferisce a un materiale ben diverso dal- le norme “generali ed astratte” delle teorie imperativistiche, da- to che il giurista ha a che fare sempre più spesso sia con deci- sioni giudiziarie, sia con principi, egli si sofferma su questi ul- timi rilevando che la scienza giuridica avrebbe presto comincia- to a ravvisarne la «funzione non solo interpretativa ma [anche]

integrativa e creativa» 38. Si tratta di considerazioni coerenti con la lettura storicamente condizionata del positivismo giuridico, che Bobbio fornisce nella celebre “Tavola rotonda” tenutasi a Pavia nel 1966 39, ma qui sono da sottolineare le conclusioni che ne discendono. Conclusioni assai rilevanti, come quelle contenute nel brano seguente, la cui importanza è difficile sot- tovalutare, se si pensa che appartengono allo stesso anno in cui Dworkin pubblica il suo celeberrimo saggio sul “modello delle regole”:

Nonostante il netto distacco che la giurisprudenza positivistica, per ragioni teoriche ed ideologiche abbastanza chiare (divisione del lavoro tra i diversi operatori del diritto, separazione dei poteri, dog- ma della certezza ecc.), segna tra la ricerca de iure condito (ciò che

seguenti saggi: Scienza giuridica tra essere e dover essere, in «Rivista interna- zionale di filosofia del diritto», 1968, n. 3-4, pp. 475-486; Scienza giuridica tra essere e dover essere, in Studi in onore di Francesco Santoro Passarelli, Jovene Editore, Napoli 1972, pp. 89-103. L’unico di questi saggi ad essere stato ricor- rentemente ripubblicato è il primo.

38 BOBBIO, Essere e dover essere della scienza giuridica (1967), in Saggi per una teoria generale del diritto, cit., pp. 131-132.

39 «Sono il primo a riconoscere che il positivismo giuridico possa entrare in crisi modificandosi le condizioni storiche: sono venuto convincendomi della storicità e provvisorietà del positivismo giuridico e dei valori (soprattutto quel- lo della certezza) che ne sono il presupposto» (Intervento di N. Bobbio nell’ambito della Tavola rotonda sul positivismo giuridico [Pavia, 2 maggio 1966], in «Il Politico», 1966, n. 2, p. 364). Sulla posizione di Bobbio in quel di- battito, cfr. J.J.MORESO, Bobbio en la tavola rotonda de Pavía, in ANSUÁTEGUI ROIG-IGLESIAS GARZON (eds), Norberto Bobbio, cit., pp. 103-112.

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XXII Il problema del potere

abbiamo chiamato rilevazione) e le proposte de jure condendo (ciò che abbiamo chiamato revisione), il passaggio dall’una all’altra fase è graduale e qualche volta insensibile. Un sistema giuridico non è un sistema statico: l’opera della giurisprudenza serve a mantenerlo in istato di equilibrio dinamico attraverso il reperimento di nuove norme, che tende a trasformare il sistema ora con l’introduzione di norme nuove ora con l’accantonamento di norme vecchie. Anche il criterio distintivo più utilizzato per differenziare i due momenti della rilevazione e della revisione, il criterio fondato sulla distin- zione tra giudizi di fatto e giudizi di valore, sembra ormai sempre più sfocato: giudizi di valore occorrono, come vedremo tra poco, in tutte le fasi della ricerca del giurista, e non solo in quella in cui, ponendosi fuori del sistema dato, propone nuove regole per un si- stema nuovo 40.

È una conclusione inesorabile più che sorprendente: «ce n’è abbastanza – scrive ancora Bobbio – per affermare che il giuri- sta si trova spesso nella necessità di fare scelte valutative». Per- tanto:

se per scienza descrittiva s’intende una ricerca che procede per, e conclude con, asserzioni, cioè con proposizioni verificabili, questo breve inventario delle varie occasioni in cui il giurista è costretto a intervenire con giudizi di valore dovrebbe bastare a far accogliere con diffidenza la definizione della scienza giuridica come scienza descrittiva, e per lo meno a farla considerare come una definizione persuasiva 41.

Non sembri una divagazione rispetto al nostro percorso nella teoria bobbiana della scienza politica. Una tale “conversione”, infatti, non è da leggere come un abbandono dell’avalutatività, nemmeno nella scienza giuridica, nell’ambito della quale essa trova un nuovo spazio, collocandosi per così dire su un piano più alto, che è quello della metagiurisprudenza 42. Preso atto dei

40 BOBBIO, Essere e dover essere della scienza giuridica (1967), cit., pp. 133-134.

41 Ivi, pp. 142-143.

42 Su questo aspetto del pensiero bobbiano esiste un lavoro specifico di P. BORSELLINO, Norberto Bobbio metateorico del diritto, Giuffrè, Milano 1991.

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Norberto Bobbio e la scienza del potere XXIII nuovi orizzonti della scienza giuridica – e svelata peraltro la ve-

ra natura della teoria pura del diritto, che ora per Bobbio perde i caratteri di una teoria descrittiva del lavoro dei giuristi e as- sume le vesti di una indicazione prescrittiva su come essi do- vrebbero lavorare – rimane per l’avalutatività un ultimo rifugio, che consiste nella possibilità di descrivere ciò che i giuristi ef- fettivamente fanno. Se bisogna accettare il fatto che i giuristi svolgano ormai un lavoro che non è più contenibile nello sche- ma della descrizione, si può ben accertare e attestare ciò che essi fanno rimanendo sul piano di una metagiurisprudenza pu- ramente descrittiva. In altre parole: a un modello (quello positi- vistico e kelseniano) che prescriveva di descrivere, si sostituisce ora un modello nel quale una metagiurisprudenza descrittiva accerterà di volta in volta quale sia il lavoro svolto dai giuristi, per constatare che in gran parte si tratta di un lavoro che è (an- che) prescrittivo 43.

Abbiamo a che fare, come si vede, col singolare inseguimen- to di un valore, al quale Bobbio non vuole evidentemente rinun- ciare e che connota tutta la sua ricerca scientifica. Ciò è piena- mente confermato dal fatto che egli costruisca interamente l’identità della nuova disciplina sul nesso tra indagine sui fatti e loro descrizione.

Occorre quindi richiamare l’attenzione sul significato pro- fondo di questa rinnovata convinzione che una scienza come quella politica non debba valutare né prescrivere. Essa è infatti espressione di una visione che ha un suo forte valore politico;

valore di cui Bobbio è ben cosciente, come ammette alla fine del primo capitolo de Il problema del potere 44, e come ripeterà

43 Con le parole di Bobbio: «Mentre la metagiurisprudenza prescrittiva, pro- pria della concezione positivistica, propone l’ideale di una giurisprudenza me- ramente descrittiva, la metagiurisprudenza descrittiva dell’età post-positivisti- ca riscopre la funzione prescrittiva del giurista nella società. In tal modo è av- venuto un completo scambio di parti. Mentre la metagiurisprudenza positivi- stica aveva trovato la sua vocazione, come si è detto, nel prescrivere di descri- vere, la metagiurisprudenza attuale, attuando la propria vocazione di descrive- re, scopre che la giurisprudenza non descrive ma prescrive» (Essere e dover es- sere nella scienza giuridica, cit., p. 130).

44 Cfr. infra, pp. 16-17.

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XXIV Il problema del potere

nei Saggi sulla scienza politica in Italia: «nonostante la concla- mata neutralità della scienza politica, ad onta della sua pretesa di essere oggettiva e del suo vanto di non servire nessun padro- ne, la riapparizione della scienza politica tra il ’50 e il ’60 fu un fatto eminentemente politico» 45.

Il “fatto politico” consiste nel cercare ancora una volta – e forse bisognerebbe dire: sempre, quasi ci fosse un destino ine- luttabile da fronteggiare –, una via di fuga dall’irrazionalismo che sembra dominare la vita politica italiana. È una convinzio- ne che rimanda, e si collega, ad altri fronti della battaglia cultu- rale condotta da Bobbio tra gli anni Cinquanta e Sessanta: ri- manda alle polemiche di Politica e cultura, quando il filosofo torinese aveva propugnato, contro la “politica culturale” dei partiti, una “politica della cultura” che suonasse come «una de- nuncia, tanto della politica chiusa dei “politicizzati”, quanto della cultura chiusa degli “apolitici”» 46; e rimanda alla difesa di una “filosofia come metodologia”, nella quale Bobbio richiama- va «tutti coloro che si dedicano alla ricerca scientifica» al dove- re «di fare l’analisi prima della sintesi, di raccogliere dati prima di trarre conclusioni, di studiare i problemi prima di darli per risolti, di procedere, insomma, con rigore, con serietà, con cau- tela, soprattutto con un po’ di pazienza» 47.

In tutti questi casi si tratta di fare un esercizio di ragione, e di svolgere al meglio il compito che gli intellettuali (com- presi studiosi e ricercatori) sono chiamati a svolgere nella so- cietà, in dialogo critico con la politica 48. È quanto Bobbio ri-

45 BOBBIO, Saggi sulla scienza politica in Italia (ed. 1996), cit., p. XIII.

46 N.BOBBIO, Politica e cultura (1955), Einaudi, Torino 1977, p. 36.

47 N. BOBBIO, Postilla all’articolo di Guido Calogero, in «Rivista di filosofia», 1959, n. 2, p. 220. Si tratta di una risposta a Calogero e al suo articolo Di certe persistenti illusioni dei logici e dei metodologi, ivi, pp. 194-218. Farà seguito a que- sto scambio tra i due filosofi la Polemica sulla logica e sulla metodologia, in «Rivi- sta di filosofia», 1959, n. 3, pp. 336-350 (l’intervento di Calogero), e 350-354 (la replica di Bobbio), nonché il dibattito tra Bobbio, Dario Faucci, Gennaro Sasso e di nuovo Calogero pubblicato con il titolo Filosofia come metodologia o filosofia come visione del mondo?, in «La cultura», 1963, n. 5, pp. 502-523.

48 È da condividere l’opinione di Gianfranco Pasquino, secondo cui la vita e l’attività intellettuale di Bobbio «sono segnate dal contatto deliberato, pur nella

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Norberto Bobbio e la scienza del potere XXV vendica esplicitamente in una lettera inviata a Nicola Mat-

teucci dopo la pubblicazione di Positivismo giuridico e costi- tuzionalismo:

Per noi della nostra generazione, che ci siamo trovati faccia a faccia con gli opposti fanatismi – prima il fascismo, poi, appena li- berati dal fascismo, l’ombra minacciosa del padre Stalin – la neu- tralità scientifica è diventata essa stessa un abito di vita, è diventa- ta il nostro modo di partecipare alla lotta politica, è diventata, in sede pratica, imparzialità. Non sarebbe da esaminare il passaggio (inconsapevole, lo riconosco) dalla neutralità scientifica alla impar- zialità etica? O, se si vuole, con una formula: rigore contro furore. Il significato dei miei saggi raccolti in Politica e cultura è tutto qui:

l’ideale dello scienziato che diventa ideale politico 49.

Alle spalle c’è chiaramente un autore come Carlo Cattaneo, il

«filosofo militante» che rappresenta l’ideale riferimento dell’im- pegno di Bobbio, ma ci sono anche Luigi Einaudi e Gaetano Salvemini, ai quali il filosofo torinese dedica, sempre in questi anni, il capitolo più sentito del Profilo ideologico del Novecento italiano, intitolandolo non a caso “La lezione dei fatti”: a loro due, che «si tennero per tutta la vita ben fermi sul solido terre- no dei problemi concreti […] si deve se, in una storia delle idee del primo decennio del secolo si possa far qualche posto, tra tante aberrazioni e infatuazioni e distrazioni, alle idee liberali e democratiche». Essi «rappresentarono col loro empirismo, con la loro passione per i ragionamenti ben fatti, e appoggiati su da- ti, con la loro mania di parlar per cifre e tariffe, di prender le

netta delimitazione dei ruoli e dei compiti, con la politica» (Bobbio e Sartori, cit., p. 35). Quello del ruolo degli intellettuali è stato un filone assai fecondo della riflessione bobbiana, specchio fedele di un’epoca nella quale il rapporto tra politica e cultura riservava dialoghi, talora tesi, ma comunque spesso profi- cui. Si vedano, oltre a Politica e cultura, cit., i saggi raccolti nel volume Il dub- bio e la scelta. Intellettuali e potere nella società contemporanea, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1993.

49 “Lettera di Norberto Bobbio a Nicola Matteucci”, in appendice al sag- gio di C. MARGIOTTA, Bobbio e Matteucci su costituzionalismo e positivismo giuridico, in «Materiali per una storia della cultura giuridica», 2000, n. 2, pp.

387-425. La citazione è a p. 418.

(27)

XXVI Il problema del potere

mosse da un fatterello piuttosto che da una citazione, una cor- rente di pensiero che non ha mai messo radici nel nostro paese e che appena tenta di uscire allo scoperto viene subito azzanna- ta dalle tigri e dai loro amici» 50.

Se queste sono parole (pessimistiche) del 1969, di un periodo cioè in cui Bobbio sente che l’irrazionalità si sta di nuovo im- possessando della vita politica e culturale italiana – una perce- zione che lo porterà a scrivere le pagine sconsolate con cui in- troduce prima i saggi sulla scienza politica, poi (come già ri- cordato) i saggi dedicati a Cattaneo –, si può meglio intendere il punto di vista (che non senza titubanze può essere definito ot- timistico) col quale Bobbio si accosta alla scienza politica nella prima metà degli anni Sessanta e che trova più di qualche ri- scontro nelle dispense qui ripubblicate.

Proprio perché in generale «lo sviluppo delle scienze sociali è sempre andato di pari passo con lo sviluppo della tendenza a riconoscere il “posto della ragione” nella storia» 51, lo studio del- la scienza politica può esser visto come un esercizio di ragione.

Si può qui solo sottolineare la piena convergenza con quanto scriverà più avanti il (l’altro) padre della scienza politica italia- na, Giovanni Sartori: «oggi tutto è ideologia, cultura di destra o cultura di sinistra. Io mi ostino a credere, invece, che prima di tutto ci debba essere “cultura”; che l’essere di sinistra o di de- stra non aggiunge nulla al valore di verità di un conoscere; e che un falso conoscere resta falso anche se opportunamente ri- verniciato di nero, rosso o bianco». Ciò che «alla cultura italia- na manca, da sempre – conclude lo studioso fiorentino – è l’apporto di un serio e pacato sapere empirico» 52.

Come risulterà esplicitamente dai Saggi raccolti nel ‘69, fare

“esercizio di ragione” attraverso la nuova scienza significa per

50 N.BOBBIO, Profilo ideologico del Novecento italiano (1969), Einaudi, Tori- no 1986, p. 86 e 87. Cfr. P.P.PORTINARO, Norberto Bobbio e Gaetano Salvemini, in «Iride», 2009, n. 1, pp. 135-153.

51 BOBBIO, Saggi sulla scienza politica in Italia, cit., p. 7.

52 SARTORI, La politica, cit., p. III. Piena consonanza tra i due autori emerge anche da N. BOBBIO, La democrazia realistica di Giovanni Sartori, in «Teoria Politica», 1988, n. 1, pp. 149-158.

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Norberto Bobbio e la scienza del potere XXVII Bobbio fare un bagno di realismo. Un realismo che non si limiti

però né alla critica delle utopie in funzione conservatrice, né al- lo svelamento degli arcani del potere in funzione rivoluzionaria.

Egli richiama ad un compito più impegnativo, critico e allo stesso tempo costruttivo, all’insegna del più classico riformismo illuministico. Occorre rileggere integralmente, anche per le con- siderazioni che ne deriveranno, il noto passo nel quale Bobbio esprime in maniera limpida i più profondi ideali di quella che si potrebbe chiamare la sua “politica della scienza”.

Qui il pensiero scientifico viene assunto come antitesi di qual- cosa che comprende tanto il pensiero utopistico quanto il pensie- ro ideologico ed è comune ad entrambi, ovvero il trascendimento dell’esperienza e l’uso ambiguo o distorto della ragione come ra- zionalizzazione qua dell’ultrarazionale e là dell’irrazionale. Chi volge il pensiero scientifico a progetti di riforma della società è disposto ad accettare dai conservatori la critica dell’utopismo, ma cerca nello stesso tempo di non cadere nella dogmatizzazione ideo- logica dei propri risultati; accetta dai rivoluzionari la critica della coscienza illusoria che si manifesta attraverso le ideologie domi- nanti ma non cede alla tentazione della progettazione utopica. Sa che la sua posizione è difficile ed è anche la più controversa: deve muoversi continuamente tra due insidie, tra la lezione dei cinici e il catechismo degli illuminati. Eppure anche questa posizione in quanto fatto politico ha di volta in volta o la sua espressione ideo- logica o la sua proiezione in utopia. In questa versione più radica- le della funzione pratica della scienza della società, lo stesso valo- re sociale della scienza viene posto in primo piano e quasi assolu- tizzato: la scienza finisce per diventare il primo motore e il fine ultimo della società, onde all’ideologia della politica scientifica, della politica come scienza, si accompagna l’ideale utopico di una società perfettamente razionale, della società come sistema scien- tifico 53.

Che si tratti di un progetto difficilissimo da realizzare, e stando ai segni del tempo per giunta destinato a fallire, Bobbio non lo nasconde. La politica come attività razionale e scientifi-

53 BOBBIO, Saggi sulla scienza politica in Italia, cit., p. XVI.

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