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LIFE07 ENV / IT /

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Academic year: 2022

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TRUST - Tool for Regional scale assessment of groUndwater STorage improvement in adaptation to climate change

LIFE07 ENV / IT / 000475

Annex to Action 7

DELIVERABLE D.7.3

Report on most effective best practices & MAR techniques

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EXECUTIVE SUMMARY

The main aim of Action 7 of TRUST project is the definition of Managed Aquifer Recharge (MAR) objectives for homogeneous hydro-geological areas and to identify suitable areas for water storage.

Such objectives have been achieved using outcomes from previous actions and specifically through the integration of modeling tools, multi-criteria analysis, risk assessment procedures, cost – benefit analysis of recharge measures in the case study area.

The Regional Risk Assessment (RRA) methodology developed by CMCC was applied to the case study area in order to identify impacts from climate change on groundwater and associated ecosystems (e.g. surface waters, agricultural areas, natural environments) and to rank areas and receptors at risk in the high Veneto and Friuli Plain (Italy). Based on an integrated analysis of impacts, vulnerability and risks linked to climate change at the regional scale, a RRA framework complying with the Sources-Pathway-Receptor-Consequence (SPRC) approach was defined.

Relevant impacts on groundwater and surface waters (i.e. groundwater level variations, changes in nitrates infiltration processes, changes in water availability for irrigation) were selected and analyzed through hazard scenario, exposure, susceptibility and risk assessment.

The RRA methodology used hazard scenarios constructed through global and high resolution models simulations for the 2000-2100 period, according with IPCC A1B emission scenario, and integrates GIS tools and Multi-Criteria Decision Analysis techniques resulting in a spatial identification of exposure, susceptibility and relative risk for each considered impact and scenario.

Spatial analysis on resulting data was finally applied in order to produce useful indications for risk prioritization and to support the addressing of adaptation measures.

Relevant outcomes from the described RRA application highlighted that potential climate change impacts will occur with different extension and magnitude in the case study area. Particularly, impacts on groundwater will likely have little direct effects on related ecosystems (croplands, forests and natural environments) while more severe consequences will indirectly occur on natural and anthropic systems through the reduction in quality and quantity of water availability for agricultural and other uses.

The RRA application provide a preliminary assessment of areas and receptors at risk from climate change and thus is a starting element to be considered in the defining priorities for intervention and addressing adaptation measures.

Different types of measures aiming at hydrogeological balance are taken into account: the feasibility of these relevant actions is studied from the technical point of view, but also considering environmental, social, political and economic issues.

The artificial recharge areas and the reduction of water withdrawal for domestic purpose are

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INDICE

1. ANALISI MULTICRITERIALE PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO

REGIONALE ... 5

1.1. Introduzione... 5

1.2. Framework per l’analisi integrata degli impatti dei cambiamenti climatici sulle falde acquifere ... 5

1.3. Analisi di rischio regionale in supporto alla gestione degli acquiferi: concetti di base e applicazione nel progetto Life+ TRUST ... 7

1.3.1. Introduzione all’Analisi di Rischio Regionale ... 8

1.3.2. Approccio modellistico dell’ARR in TRUST ... 9

1.4. Impatti e rischi dei cambiamenti climatici sulla quantità delle acque: variazione dei livelli di falda e della disponibilità irrigua ... 11

1.4.1. Potenziali variazioni dei livelli di falda ... 11

1.4.2. Potenziali variazioni della disponibilità idrica per uso irriguo ... 17

1.5. Impatti e rischi dei cambiamenti climatici sulla qualità delle acque: variazione dei processi di infiltrazione dei nitrati in falda ... 21

1.5.1. Potenziali variazioni dei processi di infiltrazione in falda dei nitrati di origine agricola 21 1.6. Conclusioni ... 26

2. ANALISI DELLE MISURE PER LA RICARICA DELLA FALDA ... 27

2.1. Tipologie di azioni... 27

2.2. Principi guida ... 27

2.3. Valutazione della fattibilità ... 28

2.4. Considerazioni sulle misure più efficaci ... 33

3. IMPLEMENTAZIONE DI AZIONI NEL MODELLO REGIONALE DI BILANCIO IDROGEOLOGICO ... 34

3.1. Modellazione delle ricariche artificiali ... 34

3.2. Modellazione della razionalizzazione dei consumi ... 40

3.3. Commento dei risultati della modellazione ... 43

3.4. Limiti del modello e futuri affinamenti e miglioramenti ... 45

4. ANALISI COSTI - BENEFICI ... 47

5. BIBLIOGRAFIA ... 49

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1. ANALISI MULTICRITERIALE PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO REGIONALE

1.1. Introduzione

Studi nazionali e internazionali indicano che i cambiamenti climatici sono responsabili di un ampio numero di impatti rilevanti sul patrimonio ambientale oltre che nell’ambito sociale ed economico. I potenziali impatti dei cambiamenti climatici sulle falde acquifere, argomento centrale del progetto Life+ TRUST, derivano principalmente da alterazioni del ciclo idrologico e si possono manifestare attraverso decrementi della quantità e della qualità dell’acqua disponibile, con gravi ripercussioni sui sistemi naturali e antropici quali perdita di ecosistemi e biodiversità e diminuzione della disponibilità di acqua per uso potabile ed irriguo.

Il progetto TRUST ha previsto, tra i suoi obiettivi specifici, l’applicazione di una metodologia di analisi di rischio finalizzata a identificare le componenti del territorio che potrebbero essere maggiormente colpite dagli impatti dei cambiamenti climatici sulle falde acquifere. In particolare è stata applicata una metodologia di Analisi di Rischio Regionale (ARR) in grado di fornire una stima del rischio potenziale per aree e bersagli esposti al pericolo relativo ai cambiamenti climatici e supportare il decisore nella definizione di corrispondenti misure di adattamento degli acquiferi freatici.

Nel paragrafo 1.2 sarà illustrato il framework adottato per l’analisi integrata degli impatti e dei rischi dei cambiamenti climatici sulle risorse idriche sotterranee. Nel paragrafo 1.3 saranno introdotti i concetti di base dell’ARR e l’approccio modellistico adottato nel progetto. Infine, nei due successivi capitoli sarà presentata la metodologia specifica e i principali risultati ottenuti nella valutazione degli impatti sulla quantità delle acque (paragrafo 1.4) e sulla qualità (paragrafo 1.5).

I risultati dell’analisi sviluppata costituiscono un importante strumento conoscitivo in relazione ai potenziali effetti dei cambiamenti climatici sul sistema ambientale e alla necessità di prevenirli e mitigarli mediante opportune strategie di adattamento, che possono essere identificate e guidate con il contributo di specifici sistemi di supporto alle decisioni.

1.2. Framework per l’analisi integrata degli impatti dei cambiamenti climatici sulle falde acquifere

L’analisi degli impatti dei cambiamenti climatici sulle risorse idriche sotterranee costituisce per alcuni versi un obiettivo di non facile conseguimento. La complessità dei fenomeni indagati e la molteplicità degli aspetti coinvolti richiede infatti un approccio multidisciplinare e di carattere

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socioeconomici che ne derivano. Vista la stretta connessione tra acque superficiali ed acque sotterranee, risulta fondamentale per una corretta valutazione degli impatti sulle falde acquifere, valutare anche gli impatti che i cambiamenti climatici generano sulle risorse idriche e sugli ecosistemi superficiali, e inquadrare nell’analisi iniziale il sistema ambientale nella sua totalità per dirigere successivamente l’analisi agli aspetti e ai fenomeni di principale interesse.

Figura 1 – Schema delle relazioni causa effetto tra forzanti, stressori e impatti ambientali e socioeconomici dei cambiamenti climatici sulle falde acquifere e sugli ecosistemi connessi.

Partendo dalle forzanti di cambiamento climatico sono stati individuati i principali stressori climatici - innalzamento del livello del mare, variazione delle temperature, variazione delle precipitazioni (quantità, intensità e variabilità) - e i principali impatti ambientali connessi alle risorse idriche. Questi ultimi sono stati suddivisi in due ambiti principali: acque superficiali e suolo, acque sotterranee e sottosuolo.

Gli impatti principali individuati nel framework riguardano le variazioni quantitative della risorsa idrica e coinvolgono soprattutto la variazione della ricarica e del livello delle falde.

A livello superficiale, la variazione della ricarica è dovuta principalmente alle variazioni delle portate dei corpi idrici. Queste variazioni nelle portate sono influenzate dai cambiamenti nelle

Dissesti idrogeologici

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che a sua volta dipende dalla variazione delle temperature. I cambiamenti nella ricarica determinano una variazione del livello delle falde, ulteriormente influenzato da altre forzanti di origine antropica (es. consumo di acqua per usi potabili, agricoli e industriali). Le conseguenze di questa variazione nel livello delle falde sono molteplici e possono comportare cambiamenti nella direzione dei deflussi sotterranei, dissesti idrogeologici ed una variazione della qualità delle acque (es. aumento della concentrazione di inquinanti).

Oltre agli impatti sulla quantità delle risorse idriche, sono state individuate altre due tipologie di impatti principali all’interno del framework: gli impatti sulla qualità delle acque e i dissesti idrogeologici. Gli impatti legati alla variazione della qualità delle acque, intesi come diminuzione della diluizione degli inquinanti e aumento della concentrazione di soluti legati – nel caso di acquiferi costieri - all’intrusione di acque saline, interessano sia le acque superficiali che le acque sotterranee.

La qualità delle risorse idriche sotterranee, inoltre, dipende fortemente dalla qualità delle acque superficiali che ne costituiscono la ricarica. Anche per queste tipologie di impatto intervengono, oltre alle forzanti climatiche, forzanti antropiche, soprattutto per quanto riguarda l’uso di acqua in agricoltura e nell’industria. Gli impatti dovuti ai dissesti idrogeologici possono interessare sia la superficie che il sottosuolo, con il cambiamento nelle quantità e nell’intensità delle precipitazioni e dalla variazione dei deflussi superficiali che possono portare, ad esempio, a fenomeni di instabilità dei versanti e crolli, specialmente in aree carsiche.

Come conseguenza degli impatti e dei processi sopraccitati è inoltre necessario considerare due ulteriori categorie di impatti: gli impatti socioeconomici e sulla biodiversità. Gli impatti sulla biodiversità consistono principalmente in una variazione della disponibilità idrica per gli ecosistemi, che può portare ad una variazione o alla perdita sia di habitat che di specie, e dipendono soprattutto dagli impatti sulla quantità e qualità delle risorse idriche sotterranee e superficiali. Gli impatti socioeconomici sono dovuti principalmente ad una variazione della disponibilità idrica, in questo caso per usi potabili, agricoli, industriali e ricreativi, causata dalla variazione qualitativa e quantitativa delle acque superficiali e sotterranee.

Lo schema illustrato in Figura 1 consente di acquisire una visione complessiva delle relazioni principali che legano i possibili impatti dei cambiamenti climatici sulle falde acquifere e sui sistemi naturali ed umani ad esse collegati. La collocazione di ciascun impatto all’interno di una rete di relazioni consente di valutare con accuratezza la scelta dei fenomeni studiati, limitando il rischio di trascurare l’influenza reciproca tra impatti. Tale schema è stato considerato come riferimento nella fase di identificazione degli impatti dei cambiamenti climatici ai quali è stata applicata l’Analisi di Rischio Regionale nel progetto TRUST.

1.3. Analisi di rischio regionale in supporto alla gestione degli acquiferi: concetti di base e applicazione nel progetto Life+ TRUST

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1.3.1. Introduzione all’Analisi di Rischio Regionale

L’ARR è una procedura di valutazione del rischio che considera la presenza di molteplici habitat e molteplici sorgenti che rilasciano una molteplicità di stressori che impattano molteplici bersagli (Landis, 2005). L’ARR integra tecniche di Analisi Multi-Criteriale (AMC) al fine di stimare il rischio relativo in una regione di interesse, confrontando diversi impatti e stressori e prioritizzando i bersagli e le aree a rischio per identificare le situazioni che devono essere investigate più approfonditamente.

Dal punto di vista pratico l’analisi di rischio stima il grado con cui, in uno specifico scenario climatico futuro, i bersagli esposti (es. ecosistemi superficiali, acquiferi o altri recettori) potranno essere colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici. A tale scopo, l’ARR prevede lo svolgimento di quattro fasi fondamentali:

1) analisi di pericolo;

2) analisi di esposizione;

3) analisi di vulnerabilità;

4) caratterizzazione del rischio.

Tali fasi vengono implementate attraverso l’ausilio di strumenti software, GIS, funzioni e tecniche di Analisi Multi-Criteriale (AMC). L’'uso di tecniche di Analisi Multi-Criteriale (AMC), in particolare, consente di stimare i rischi relativi nella regione considerata, tenendo conto della molteplicità di aspetti coinvolti (legati alla caratterizzazione di pericolo, esposizione, vulnerabilità) e considerando il giudizio esperto e il punto di vista degli stakeholders. L’AMC include infatti una varietà di tecniche per la valutazione di differenti alternative, al fine di considerare tutti gli aspetti rilevanti di un dato problema decisionale e il contributo di esperti e decisori (Giove et al., 2009).

Il pericolo è la manifestazione fisica della variabilità e del cambiamento climatico (es. siccità, inondazioni, eventi piovosi estremi). Rappresenta cioè le condizioni ambientali specifiche che possono essere causa futura di effetti negativi (es. variazione della qualità delle acque e diminuzione della disponibilità idrica). L’analisi di pericolo è finalizzata alla sua caratterizzazione mediante la costruzione di scenari di pericolo che integrano dati e metriche di derivazione modellistica a scala globale e regionale.

La fase successiva valuta l’esposizione al pericolo dei recettori presenti nell’area in esame. Tale fase integra le metriche di pericolo fornite dai modelli con i fattori di percorso (che determinano la possibilità di contatto del bersaglio con il pericolo) al fine di identificare e prioritizzare le aree potenzialmente esposte all’impatto.

La vulnerabilità rappresenta la sensibilità di un sistema e quindi la sua suscettibilità agli effetti negativi del cambiamento climatico. E’ rappresentata dall’insieme delle caratteristiche sito- specifiche di tipo bio-geo-fisico e socio-economico che determinano la sensibilità agli impatti e dunque il grado con cui ciascun bersaglio può essere colpito dal pericolo. L’analisi di vulnerabilità ai potenziali impatti dei cambiamenti climatici, per il singolo impatto considerato, richiede la selezione di un sub-set di indicatori di vulnerabilità riferiti a specifici recettori, in relazione alla disponibilità e all’affidabilità di dati per lo specifico caso studio. Tali fattori di vulnerabilità vengono combinati in più step successivi aggregando i relativi indici o indicatori mediante tecniche di Analisi Multi-Criteriale per dare caratterizzazioni sintetiche. Tale aggregazione prevede tra l’altro l’assegnazione di pesi e punteggi e quindi l’introduzione del giudizio esperto da parte

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Il rischio relativo si ottiene dall’integrazione delle componenti spaziali di esposizione e vulnerabilità sopra descritte e identifica aree e recettori che maggiormente potrebbero risentire di potenziali alterazioni in seguito agli impatti dei cambiamenti climatici. Il giudizio di rischio ha un significato sempre relativo, cioè è finalizzato a differenziare aree a maggior rischio da aree a minor rischio, mentre non è possibile produrre stime di rischio in senso assoluto. Le mappe di rischio relativo forniscono quindi una visualizzazione delle aree e dei recettori potenzialmente colpiti in un ipotetico scenario di cambiamento climatico e le classifica in funzione della gravità dell’effetto subito. Inoltre, dalle mappe di rischio possono essere estratte informazioni sintetiche relative alla percentuale e all’area superficiale interessata, per ciascun recettore, dalle diverse classi di rischio.

Tali informazioni sono utili indicazioni del grado con cui i potenziali impatti dei cambiamenti climatici andranno potenzialmente ad affliggere una data area o una data categoria di recettori.

Gli output principali della metodologia di ARR sono riassunti in Figura 2 e includono mappe di esposizione, di vulnerabilità e di rischio relative a ciascun impatto considerato.

Figura 2 – Schema della metodologia e degli output principali dell’Analisi di Rischio Regionale.

L’applicazione della metodologia di ARR nel progetto TRUST, in accordo con il framework descritto nel paragrafo 1.3, ha preso in considerazione due categorie principali di impatti considerati significativi: sulla quantità e sulla qualità delle acque.

Gli impatti sulla quantità delle acque sono riconducibili a variazioni dei livelli di falda e, in modo strettamente dipendente, delle portate disponibili nei corpi idrici superficiali. Tali variazioni derivano principalmente dall’alterazione delle precipitazioni e dei processi di ricarica e sono responsabili di effetti indiretti sugli ecosistemi superficiali dipendenti dalle falde acquifere e dai corpi idrici superficiali (es. aree agricole e naturali, zone umide ecc.).

Gli impatti sulla qualità delle acque sono connessi principalmente a variazioni nei fenomeni di trasporto in falda di inquinanti. Una delle problematiche di primario interesse è l’aumento della concentrazione in falda di nitrati di origine agricola, che rappresenta peraltro una questione preminente in ambito comunitario.

Nel paragrafo successivo è illustrato l’approccio modellistico adottato nel progetto, mentre i principali risultati dell’applicazione dell’ARR all’area di studio sono riportati nei paragrafi 1.4 e 1.5.

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bilancio idrogeologico), collegati “a cascata” (Box 1.a) e descritti in dettaglio nei deliverables D.4.1, D.5.3 e D.6.3.

Figura 3 – Approccio modellistico alla base del progetto Life+ TRUST.

La prima parte della catena dei modelli è costituita dai modelli climatici a scala globale e Mediterranea del CMCC, che producono simulazioni future delle variabili climatiche di interesse (temperatura, precipitazione, evapotraspirazione) utilizzate nelle successive fasi di modellazione. Le proiezioni climatiche future sono basate sull’utilizzo di scenari di emissione IPCC (IPCC, 2000), che ipotizzano diversi trend di concentrazione dei principali gas serra, ozono e aerosol in relazione a diverse tipologie di sviluppo socio-economico e di utilizzo delle fonti energetiche. In particolare, lo scenario utilizzato per le simulazioni in TRUST (Scenario A1B) appartiene alla famiglia di scenari A1, che descrivono un mondo caratterizzato da uno sviluppo economico molto rapido, una crescita della popolazione fino al 2050 seguita da un successivo declino ed un utilizzo sempre più efficiente delle tecnologie. In particolare, lo scenario A1B riguarda l’ipotesi di uno sviluppo caratterizzato dall’utilizzo equilibrato delle fonti energetiche rinnovabili e dei combustibili fossili.

La seconda e terza parte della catena modellistica sono rappresentate dal modello idrologico geomorfoclimatico, che simula gli idrogrammi delle portate alle sezioni di chiusura dei bacini a monte dell’area di studio in relazione agli scenari futuri di cambiamento climatico, e dal modello

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idrogeologico, che permette di valutare le variazioni dei livelli e dei volumi di falda che derivano dagli scenari idrologici simulati.

Gli output di questi modelli vengono utilizzati dal modello di rischio regionale per la costruzione di scenari di pericolo relativi agli impatti analizzati. Il modello di ARR è stato pensato come uno strumento flessibile, in grado di valutare il rischio su scale spaziali e temporali differenti. È infatti possibile definire caso per caso l’insieme di recettori da analizzare, l’ambito spaziale di interesse e i periodi di interesse. Inoltre la metodologia proposta offre la possibilità di agire sui parametri di vulnerabilità, integrando le informazioni già disponibili sul territorio e le conoscenze e le valutazioni dell’utente esperto.

In particolare, le valutazioni di rischio relativo sono riferite alla possibile evoluzione della situazione meteo-climatica, idrologica e idrogeologica “attuale” (scenario attuale riferito all’intervallo 2000-2008) verso una situazione “futura” determinata dalle forzanti climatiche (scenario futuro 2070-2100) (Figura 3, Box1a). Il confronto tra attuale e futuro viene fatto considerando come un anno rappresentativo della situazione attuale (es. anno secco, anno medio o piovoso nel periodo attuale) potrebbe risentire dal trend climatico previsto per lo scenario futuro.

Pertanto, si vedrà nei prossimi paragrafi come la metodologia è applicabile considerando diversi scenari, ovvero prendendo in considerazione tre anni di interesse (anno secco, anno medio, anno piovoso) e permettendo di analizzare le singole stagioni climatiche e/o convenzionali comprese, piuttosto che altri periodi di interesse di durata e collocazione discrezionale.

1.4. Impatti e rischi dei cambiamenti climatici sulla quantità delle acque: variazione dei livelli di falda e della disponibilità irrigua

Gli impatti sulla quantità delle acque studiati nell’ambito del progetto TRUST si manifestano essenzialmente sulle condizioni quantitative dei corpi idrici sotterranei, rappresentate dai volumi stoccati e dai livelli di falda, e sulla portata idrica disponibile nei corsi d’acqua superficiali, il cui uso maggiormente critico è legato all’approvvigionamento irriguo. L’analisi di rischio si è concentrata dunque sulla stima del rischio che caratterizza, in diversi scenari di pericolo, i recettori potenzialmente colpiti da queste tipologie di impatti.

Nei paragrafi seguenti sono descritte passo-passo le procedure adottate per lo studio degli impatti sulla quantità delle acque, rappresentati dalle potenziali variazioni dei livelli di falda e della disponibilità idrica ad uso irriguo, unitamente ai principali risultati ottenuti per l’area di studio.

1.4.1. Potenziali variazioni dei livelli di falda

Questo impatto si riferisce al potenziale peggioramento delle condizioni ecologiche degli ecosistemi superficiali connessi agli acquiferi, in relazione all’effetto dei cambiamenti climatici sui livelli di

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Pozzi superficiali/tradizionali, soggetti a potenziale disseccamento a seguito di abbassamento dei livelli di falda oltre una profondità media rappresentativa (8 m).

In Figura 4 è schematizzata la metodologia applicata per l’impatto in questione: vi si identificano l’analisi di pericolo, esposizione, vulnerabilità e la caratterizzazione del rischio descritte nel paragrafo 1.3.1. Ciascuna delle fasi illustrate nel diagramma è descritta in dettaglio nei paragrafi seguenti.

Figura 4 – Schema della metodologia sviluppata per l’elaborazione di mappe di rischio in relazione alla variazione dei livelli di falda nell’area di studio.

Pericolo ed esposizione

Il pericolo è rappresentato dalla variazione del livello di falda futuro rispetto al livello attuale, considerati come valori medi sul periodo di interesse. Gli input utilizzati nel modello di ARR sono le variazioni della superficie freatica stimate nell’area di studio tra lo scenario attuale e lo scenario futuro attraverso le elaborazioni modellistiche citate nel paragrafo 1.3.2.

La metodologia è stata applicata considerando i tre anni di interesse (secco, medio, piovoso) e le diverse stagioni comprese. Il valore di falda utilizzato è ottenuto mediando i valori di falda giornalieri nell’area di studio sul periodo di interesse (stagione) considerato. Nel selezionare, per il livello di falda, il valore medio relativo al periodo di interesse, è stato considerato che - in generale - non sono picchi giornalieri di minima a rappresentare la maggior criticità per la falda (grazie alla capacità di ritenzione idrica del terreno) quanto valori che persistono oltre i 10-15 giorni.

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Per la stima dell’esposizione è stato considerato il fattore di percorso livello di falda (attuale):

questo consente di considerare come esposte solo le aree attualmente interessate dalla falda superficiale, nelle quali si ipotizza una dipendenza dei recettori dalla risorsa sotterranea.

Analogamente, consente di escludere dall’analisi le aree con falda profonda, che verosimilmente non presentano legami apprezzabili con i recettori in superficie. In questo modo, l’analisi dell’impatto nello scenario futuro sarà mirata ai bersagli attualmente esposti e che potrebbero essere potenzialmente a rischio in seguito dell’abbassamento del livello di falda.

La condizione di falda “superficiale” può essere decisa definendo un opportuno valore soglia di soggiacenza, da verificarsi nello stato attuale. Tale valore non è unico ma varia in relazione al recettore considerato, poiché a seconda della natura del recettore cambiano anche i meccanismi di

“connessione” con la falda. Sulla base di dati di letteratura e di giudizi esperti, nella presente applicazione sono stati scelti i seguenti valori soglia:

Da 1,5 a 4 metri da piano campagna per le aree agricole (con valori differenti in relazione alla tipologia di copertura vegetale presente), a rappresentare la profondità entro la quale l’apporto idrico da falda per le colture e la vegetazione in genere può essere considerato significativo;

3 metri da piano campagna per gli ambienti naturali, che si riducono a 2 metri in zone riparie e di greto, in considerazione della diversa tipologia di vegetazione, adattata a condizioni di idromorfia e dotata in genere di apparati radicali relativamente poco profondi.

8 metri da piano campagna per i pozzi, in considerazione della potenzialità massima di aspirazione della tipologia di pompe per aspirazione comunemente utilizzata nei pozzi superficiali.

L’analisi di esposizione, quindi, ha preso in considerazione e integrato il livello di falda nello scenario attuale, i valori soglia sopra individuati e le mappe di pericolo. In accordo con Figura 4, i valori di esposizione che ne derivano sono classificati e normalizzati nell’intervallo 0-1 come riportato nel seguito:

Nullo (valore 0) dove non si rileva abbassamento di falda;

Massimo (valore 1) dove il livello di falda futuro raggiunge o oltrepassa la soglia di soggiacenza di cui sopra;

Intermedio (valori continui nell’intervallo 0-1) e a crescita lineare per livelli di falda futuri tra le due condizioni precedenti.

In Figura 5 si riporta la mappa di esposizione prodotta per lo scenario relativo al periodo estivo dell’anno secco (trimestre giugno – luglio - agosto). Tale periodo è stato scelto in quanto periodo di criticità per le colture estive, dovuta a carenza idrica da scarsi apporti da precipitazione e a livelli minimi di falda per l’area in questione nell’arco dell’anno e dell’intero set di scenari a disposizione.

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Figura 5 – Mappa di esposizione alla variazione dei livelli di falda nel periodo estivo (trimestre giugno-agosto) dell’anno secco.

Si può osservare come le aree esposte siano dislocate nel margine meridionale dell’area di studio, in corrispondenza dell’area nota come “fascia di risorgiva”, caratterizzata dall’emersione in superficie dell’acquifero dell’alta pianura e quindi da soggiacenze molto ridotte. Su di esse si osserva un effetto variabile dell’abbassamento di falda, distribuito su tutte le classi di esposizione.

Vulnerabilità dei recettori

Per la caratterizzazione della vulnerabilità dei diversi bersagli rispetto alla variazione del livello di falda sono stati individuati i seguenti fattori di vulnerabilità:

Fabbisogno idrico delle coltivazioni (per le aree agricole) Estensione aree naturali (per gli ambienti naturali).

I dati per la rappresentazione spaziale di questi indicatori derivano dalle carte di uso del suolo del Corine Land Cover 2006.

Come riportato in Figura 4, per applicare la metodologia di ARR i dati utilizzati sono stati classificati e normalizzati nell’intervallo (0,1) attraverso l’assegnazione di punteggi di vulnerabilità.

Tali punteggi sono riportati, per ciascuno degli indicatori selezionati, in Tabella 1, unitamente alle classi qualitative/quantitative di vulnerabilità associate.

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Tabella 1 – Classi e punteggi di vulnerabilità associati ai fattori “fabbisogno idrico delle coltivazioni” ed

“estensione aree naturali”.

CLASSE PUNTEGGIO

NORMALIZZATO (0,1)

CLASSE DI VULNERABILITA’

AREE AGRICOLE: FABBISOGNO IDRICO DELLE COLTIVAZIONI

Vigneti/uliveti 0,3 Bassa

Colture permanenti e

arboree/Risaie 0,7 Media

Seminativo/Colture annuali e

sistemi complessi/Foraggere 1 Alta

AMBIENTI NATURALI: ESTENSIONE AREE NATURALI

5984 – 7480 ha 0,2 Molto bassa

4488 – 5984 ha 0,4 Bassa

2992 – 4488 ha 0,6 Media

1496 – 2992 ha 0,8 Alta

0 – 1496 ha 1 Molto alta

Per le aree agricole si assume che il grado di vulnerabilità sia proporzionale al fabbisogno idrico delle colture, cosicché colture più idroesigenti risultano più vulnerabili alla riduzione dei livelli di falda, in ragione della maggiore richiesta idrica che può non essere soddisfatta.

Per gli ambienti naturali si assume invece che il grado di vulnerabilità sia inversamente proporzionale alla dimensione delle aree stesse, in considerazione del fatto che aree naturali più ridotte sono maggiormente esposte al disturbo e hanno in generale una complessità e uno stato di conservazione che conferisce loro minore e capacità di recupero rispetto ad aree più estese.

Per i pozzi non sono state reperite informazioni utili a individuare appropriati fattori di vulnerabilità, pertanto a tale componente è stato cautelativamente assegnato il valore massimo (1).

Rischio relativo

Come descritto in Figura 4, la fase di caratterizzazione del rischio prevede l’integrazione di informazioni su esposizione e vulnerabilità per ciascun impatto e recettore considerato al fine di ottenere mappe di rischio relativo. In Figura 6 e Figura 7sono rappresentate rispettivamente le mappe di rischio relative ai recettori aree agricole e pozzi, per il periodo estivo (trimestre giugno- agosto) dello scenario relativo all’anno secco. In Figura 8 sono rappresentate le statistiche di interesse per l’impatto e i recettori in questione.

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Figura 6 – Mappa di rischio relativo per le aree agricole in relazione alla variazione dei livelli di falda nel periodo estivo (trimestre giugno-agosto) dell’anno secco.

Figura 7 – Mappa di rischio relativo per potenziali pozzi in aree agricole, urbane e industriali, in relazione alla variazione dei livelli di falda, nel periodo estivo (trimestre giugno-agosto) dell’anno secco.

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Figura 8 – Statistiche relative al rischio per i vari recettori considerati rispetto alla variazione dei livelli di falda, nel periodo estivo (trimestre giugno-agosto) dell‘anno secco.

Il rischio relativo per il trimestre estivo dell’anno secco mostra una distribuzione variabile in relazione al recettore considerato. Per quanto riguarda le aree agricole, si nota una percentuale compresa tra il 50 e il 60% di aree a rischio Alto o Molto alto, mentre, all’opposto, per gli ambienti naturali, il rischio è prevalentemente Basso o Molto basso e si evidenzia solo una percentuale inferiore al 15% in classe di rischio da Alto a Molto alto. Per quanto riguarda i pozzi, si ha una distribuzione simile per le due tipologie considerate, con una classe Molto alto che si mostra tuttavia prevalente, in percentuale, nel caso dei pozzi potenziali in aree urbane e industriali (circa il 25%, contro il 15% per i pozzi in aree agricole).

1.4.2. Potenziali variazioni della disponibilità idrica per uso irriguo

Questo impatto si riferisce alla potenziale diminuzione della portata disponibile nei corpi idrici superficiali per il prelievo a scopo irriguo. Tale variazione è determinata dalle alterazioni provocate dal clima che si riflettono sulle portate di deflusso e nell’intero sistema idrologico e idrogeologico descritto dalla catena modellistica. Le elaborazioni tengono conto delle pressioni antropiche attuali e simulano lo scenario futuro ipotizzando che la loro azione rimanga invariata.

I recettori considerati sono rappresentati dalle aree agricole potenzialmente interessate dalla pratica irrigua. In Figura 9 è schematizzata la metodologia applicata per l’impatto in questione: vi si identificano l’analisi di pericolo, di esposizione, di vulnerabilità e la caratterizzazione del rischio.

Ciascuna delle fasi illustrate nel diagramma è descritta in dettaglio nei paragrafi seguenti.

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Figura 9 – Schema della metodologia sviluppata per l’elaborazione di mappe di rischio in relazione alla diminuzione della disponibilità idrica per uso irriguo nell’area di studio.

Pericolo ed esposizione

La variazione della disponibilità idrica per l’uso irriguo in relazione ai cambiamenti climatici sarà determinata, in un ipotetico scenario futuro, da una diminuzione delle portate attualmente derivabili da acque superficiali. Si stima infatti che le riduzioni di portata attese nella rete idrografica comporteranno ripercussioni sulle portate idriche concesse - e quindi derivate - ad uso irriguo. Le aree di destinazione degli apporti irrigui, nei periodi di carenza, potranno essere dunque penalizzate dalla riduzione dell’apporto artificiale.

L’analisi viene svolta a scala di corpo idrico sotterraneo, attribuendo all’area relativa a ciascun corpo idrico sotterraneo un valore di pericolo che corrisponde alla riduzione della portata delle acque superficiali che vengono distribuite in tale area. Gli input utilizzati sono derivati da elaborazioni modellistiche pertinenti alla modellazione integrata. Tali elaborazioni tengono conto della configurazione delle reti irrigue attualmente presenti e stimano la riduzione delle portate medie giornaliere derivabili in proporzione alla riduzione dei deflussi da cui sono prelevate. Per l’analisi di pericolo i valori medi giornalieri sono stati mediati sul trimestre estivo.

Nella stima dell’esposizione dei diversi bersagli non sono stati considerati fattori di percorso, in quanto si assume che il pericolo (la diminuzione dell’apporto irriguo) sia a diretto contatto con i bersagli colpiti. Nelle aree esposte, dunque, il grado di esposizione coincide con il grado di pericolo. In accordo con Figura 9, i valori di esposizione sono classificati e normalizzati

(19)

Nullo (valore 0) dove non si rileva diminuzione della portata derivabile a scopo irriguo;

Massimo (valore 1) dove la diminuzione della portata derivabile, rispetto ai valori per l’intera area di studio, è massima;

Intermedio (valori continui nell’intervallo 0-1) e a crescita lineare per valori compresi tra le due condizioni precedenti.

In Figura 10 si riporta la mappa di esposizione prodotta per lo scenario relativo al periodo estivo (trimestre giugno-agosto) dell’anno secco.

Figura 10 – Mappe di esposizione alla variazione della disponibilità idrica per uso irriguo nel periodo estivo (trimestre giugno-agosto) dell’anno secco.

L’esposizione osservata varia in relazione al corpo idrico e si notano livelli di esposizione maggiori (classi di rischio Medio e Molto alto) per i corpi idrici della media e alta pianura del Brenta e dell’area udinese.

Vulnerabilità dei recettori

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Rischio relativo

La fase di caratterizzazione del rischio integra le componenti di esposizione e vulnerabilità per produrre mappe di rischio, in accordo con la Figura 9. In Figura 11 è riportata la mappa di rischio per le aree agricole, in relazione alla variazione della disponibilità irrigua, per il periodo estivo (trimestre giugno – luglio - agosto) dell’anno secco. In Figura 12 è riportata la distribuzione percentuale delle aree agricole a rischio nelle cinque classi di rischio individuate.

Figura 11 – Mappa di rischio relativo per le aree agricole in relazione alla variazione della disponibilità irrigua, nel periodo estivo (trimestre giugno-agosto) dell’anno secco.

Figura 12 – Statistiche relative al rischio per le aree agricole rispetto alla variazione della disponibilità irrigua, nel periodo estivo (trimestre giugno-agosto) dell’anno secco.

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di rischio mostrano una certa disomogeneità all’interno dei corpi idrici esposti e si nota in particolare il diminuire del grado di rischio in corrispondenza delle zone interessate da coperture vegetali meno idroesigenti (es. vite). Circa il 50% delle aree a rischio è nelle classi maggiori di rischio (da Alto a Molto alto) e si concentra prevalentemente nell’area friulana.

1.5. Impatti e rischi dei cambiamenti climatici sulla qualità delle acque: variazione dei processi di infiltrazione dei nitrati in falda

Gli impatti sulla qualità delle acque studiati nell’ambito del progetto TRUST riguardano il possibile peggioramento delle condizioni qualitative dei corpi idrici sotterranei legate alla contaminazione da nitrati di origine diffusa. Tale tipo di inquinamento costituisce una problematica prioritaria nell’area di studio, che ricade quasi interamente in aree designate come zone vulnerabili ai nitrati ai sensi dei Piani di Tutela delle Acque delle Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

1.5.1. Potenziali variazioni dei processi di infiltrazione in falda dei nitrati di origine agricola

Questo impatto è riferito al potenziale peggioramento dello stato qualitativo dei corpi idrici sotterranei in relazione all’effetto dei cambiamenti climatici sui processi di dilavamento in falda di nitrati di origine agricola. L’analisi mira a valutare in particolare le possibilità di peggioramento dello stato di contaminazione da nitrati degli acquiferi, a scala di corpo idrico.

I recettori considerati nell’applicazione test sono i corpi idrici sotterranei costituenti l’acquifero freatico della media e alta pianura, come delineati in cartografia ufficiale.

In Figura 13 è schematizzata la metodologia applicata per l’impatto in questione. Sono evidenziate anche qui le fasi di analisi di pericolo, esposizione, vulnerabilità e la caratterizzazione del rischio, trattate nei successivi paragrafi.

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Figura 13 – Schema della metodologia sviluppata per l’elaborazione di mappe di rischio in relazione alla variazione dei processi di infiltrazione in falda dei nitrati di origine agricola. IVIN = Indice di Variazione dell’

Infiltrazione di Nitrati.

Pericolo ed esposizione

Il pericolo è rappresentato dalla possibilità di intensificazione dei processi di infiltrazione nel sottosuolo di nitrati, tra scenario attuale e futuro, a seguito dell’alterazione del regime di precipitazione.

Viene valutata, in particolare, la variazione del contributo alla ricarica della falda proveniente da infiltrazione (precipitazioni) rispetto alla ricarica totale (data da infiltrazione e dispersione). Si assume infatti che la componente meteorica infiltrata sia la principale responsabile dell’apporto di nitrati in falda, mentre la componente dispersa attraverso la rete idrografica costituisca un contributo di acqua a contaminazione trascurabile.

Tali componenti, stimate per via modellistica sul periodo di interesse, vengono combinate in un Indice di Variazione dell’Infiltrazione di Nitrati (IVIN), che esprime il pericolo associato ad una potenziale maggiore percolazione dell’azoto nitrico dal suolo agricolo.

L’ Indice di Variazione dell’Infiltrazione di Nitrati (IVIN) è così definito:

0 , max

, , ,

, , , ,

, ,

, , , ,

, a

s k j a

s k j

a s k j f

s k j f

s k j

f s k j s

k

j

D I

I I

D

IVIN I

(23)

Dfj,k,s = volume infiltrato nel singolo corpo idrico per dispersione fluviale, nello scenario futuro;

Ifj,k,s = volume infiltrato nel singolo corpo idrico da precipitazione, nello scenario futuro;

Daj,k,s = volume infiltrato nel singolo corpo idrico per dispersione fluviale, nello scenario attuale;

Iaj,k,s = volume infiltrato nel singolo corpo idrico da precipitazione, nello scenario attuale.

Nella stima dell’esposizione non sono stati considerati fattori di percorso, considerando il pericolo a diretto contatto con i bersagli colpiti (nelle aree esposte, dunque, il grado di esposizione coincide con il grado di pericolo).

In generale, un aumento – nello scenario futuro e per il periodo di interesse analizzato - dell’incidenza dell’infiltrazione da precipitazione sulla ricarica totale dell’acquifero, corrisponderà ad una esposizione maggiore di zero. Essa risulterà inoltre tanto maggiore quanto maggiore sarà lo scostamento positivo atteso tra attuale e futuro. Come illustrato in Figura 14, anche per questo impatto, la rappresentazione dell’esposizione avviene attraverso valori normalizzati nell’intervallo (0,1), assegnati come segue:

- Nullo (valore 0) dove IVIN = 0 (non si rileva aumento dell’incidenza dell’infiltrazione efficace rispetto alla ricarica totale in falda);

- Massimo (valore 1) dove IVIN è massimo (il contributo da infiltrazione aumenta la sua incidenza al livello massimo possibile per l’area di studio e per tutti gli scenari considerati);

- Intermedio (valori continui nell’intervallo 0-1) e a crescita lineare per IVIN compreso tra le due condizioni precedenti.

La metodologia è stata applicata ai tre anni di interesse (secco, medio, piovoso). Sono stati considerati come metrica di pericolo i valori cumulati annui di infiltrazione e di dispersione fluviale in falda, stimati in ambito, in quanto le modalità temporali di rilascio degli inquinanti dipendono dal regime pluviometrico ed irriguo, oltre che dal terreno, dalle colture presenti e dalle modalità di fertilizzazione adottate ed in mancanza di informazioni di dettaglio si è scelto di lavorare sull’intero arco dell’anno.

In Figura 14 sono riportate le mappe di esposizione prodotte per lo scenario relativo all’anno piovoso.

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Figura 14 – Mappe di esposizione alla variazione dei processi di infiltrazione dei nitrati in falda, valutata per l’anno piovoso.

La Figura 14 mette in evidenza che l’esposizione all’impatto è limitata ad un numero ridotto di corpi idrici nell’area friulana e con un grado da Molto basso a Medio. Nelle condizioni future più svantaggiose (anno piovoso) si attende quindi un modesto incremento di esposizione per i corpi idrici dell’area friulana, mentre per il veneto tale incremento sembra non verificarsi.

Vulnerabilità dei recettori

L’analisi di vulnerabilità per questo impatto considera la vulnerabilità degli acquiferi allo stato attuale, rappresentata nelle carte di vulnerabilità intrinseca della falda freatica per la pianura veneta e friulana, elaborate dalle Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia secondo il metodo parametrico S.I.N.T.A.C.S. (ANPA, 2001) e ufficializzate nei rispettivi Piani di Tutela delle Acque.

Vi sono delineate, secondo il metodo ufficiale, 6 classi di vulnerabilità per gli acquiferi freatici (Elevatissima, Elevata, Alta, Media, Bassa, Molto bassa). Tali carte sono state utilizzate poiché caratterizzano secondo uno standard ufficiale e condiviso l’attitudine alla contaminazione, alla trasmissione e alla persistenza negli acquiferi degli inquinanti.

In accordo alla Tabella 2 sono previste sei classi di vulnerabilità, cui sono stati assegnati punteggi normalizzati.

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Tabella 2 – Classi di vulnerabilità secondo la classificazione S.I.N.T.A.C.S. e punteggi di vulnerabilità associati.

CLASSE PUNTEGGIO

NORMALIZZATO (0,1)

CLASSE DI VULNERABILITA’

VULNERABILITA’ INTRINSECA (S.I.N.T.A.C.S.)

0 - 80 0,17 Molto bassa

80 - 105 0,34 Bassa

105 - 140 0,50 Media

140 - 186 0,66 Alta

186 - 210 0,83 Elevata

210 - 260 1,00 Elevatissima

Rischio relativo

In Figura 15è rappresentata la mappa di rischio relativo di aumento dell’infiltrazione di nitrati in falda a scala di corpo idrico sotterraneo, per lo scenario relativo all’anno piovoso.

Figura 15 – Mappe di rischio relativo per i corpi idrici sotterranei in relazione alla variazione dei processi di infiltrazione dei nitrati in falda, valutata per l’anno piovoso.

(26)

1.6. Conclusioni

La metodologia di analisi di rischio regionale messa a punto e applicata nell’ambito del progetto Life+ TRUST dà la possibilità di valutare in maniera integrata molteplici impatti dei cambiamenti climatici su molteplici recettori, applicando un’analisi multidisciplinare che tiene conto delle complesse interrelazioni esistenti entro il sistema ambientale.

Il rischio è espresso sempre in senso relativo: le mappe di rischio relativo permettono di differenziare aree a maggior rischio da aree a minor rischio, mentre non è possibile effettuare stime di rischio in senso assoluto.

La metodologia di analisi di rischio sviluppata nel progetto TRUST rappresenta uno strumento flessibile, in grado di fornire valutazioni focalizzate su scenari temporali di estensione diversa, in modo da dare all’utente la possibilità di associare la finestra temporale d’indagine più opportuna in relazione alle caratteristiche dei recettori e dei fenomeni indagati.

Nella presente applicazione è stato messa in evidenza ad esempio l’importanza di concentrare l’analisi sul periodo irriguo per la produttività delle colture. Finestre temporali appropriate possono essere selezionate per visualizzare esposizione e rischio relativo riferiti a situazioni e criticità diverse. Funzione fondamentale dell’analisi di rischio consiste inoltre nell’integrazione dei giudizi esperti in relazione a valori soglia e punteggi prestabiliti (es., nell’analisi di vulnerabilità, giudizi in merito ai punteggi di vulnerabilità assegnati agli indicatori individuati; nell’analisi di pericolo, valori soglia utilizzati nella determinazione dell’esposizione).

Tale possibilità ha lo scopo fondamentale di rendere lo strumento ottimizzabile a fronte del giudizio di utenti esperti. Va sottolineata infine l’utilità della metodologia di analisi di rischio sviluppata nell’ambito del progetto TRUST in relazione agli obiettivi generali di identificazione e pianificazione di misure di adattamento.

Attraverso l’analisi dei risultati, infatti, è possibile ottenere indicazioni sulle aree e i bersagli a maggior rischio derivante dai cambiamenti climatici nell’area di studio in esame, e indirizzare la progettazione di interventi di adattamento quali la ricarica artificiale della falda.

(27)

2. ANALISI DELLE MISURE PER LA RICARICA DELLA FALDA

2.1. Tipologie di azioni

Le diverse tipologie di azioni finalizzate all’incremento della risorsa idrica nel sottosuolo devono essere analizzate in modo da poterne sfruttare al massimo le potenzialità in funzione anche delle caratteristiche specifiche del territorio nel quale ricadono.

Una prima attività, essenziale anche se non contribuisce direttamente sul bilancio idrico, è la promozione di politiche per l’analisi del rischio di esaurimento/depauperamento delle risorse idriche sotterranee che favoriscano l’ampliamento della base conoscitiva di tutti gli aspetti legati agli acquiferi.

Andando a considerare, invece, le attività che apportano un concreto beneficio alla risorsa idrica sotterranea, si può considerare di ridurre l’impermeabilizzazione delle superfici scolanti; nel caso di una indispensabile trasformazione d'uso del suolo in tal senso, sarà opportuno prevedere azioni in grado di compensare i deficit idrici negli acquiferi.

Generalmente tali azioni compensative comportano la realizzazione di invasi di acque superficiali e comunque di misure che favoriscono l’infiltrazione in falda. Per quanto riguarda l’aumento della capacità di invaso, si tratta di creare riserve d'acqua da utilizzare nei momenti di maggior richiesta e/o minor disponibilità dei deflussi naturali, ad esempio tramite la costruzione di bacini di accumulo, accordi per uso plurimo degli invasi esistenti o più semplicemente zone disperdenti in aree di nuova urbanizzazione o aree consolidate.

Altre azioni tipicamente prese in considerazione per migliorare le condizioni della falda riguardano la realizzazione di aree di ricarica artificiale ad hoc ossia la costruzione di specifiche opere o la predisposizione di aree già potenzialmente utilizzabili che aumentino la quantità di acqua nel sottosuolo tramite, ad esempio, l’irrigazione nel periodo extra-irriguo, l’invaso di cave dismesse, ecc ...

Un’ultima tipologia di intervento strutturale riguarda, invece, la salvaguardia del volume disponibile in falda grazie a una razionalizzare dei consumi idrici nei vari settori idroesigenti ovvero la riduzione delle portate estratte dai pozzi a quanto strettamente necessario.

2.2. Principi guida

A prescindere da quale sia la scelta sulle azioni da intraprendere, si possono individuare alcuni principi guida che sono spesso comuni alle diverse tipologie di intervento.

(28)

aggiornare i parametri di controllo maggiormente significativi per l’analisi da svolgere, da una parte, e pianificare i possibili interventi per garantire la costante funzionalità delle opere, dall’altra.

Per quanto riguarda, invece, la valutazione delle azioni da intraprendere, è essenziale discernere gli elementi che ne determinano concretamente l’applicazione e, in particolar modo, identificare le eventuali interazioni con altri sistemi idrici naturali o non e valutare la possibilità di approvvigionamenti del volume d’acqua da usare.

Inoltre, è necessario il controllo di qualità delle acque, fissando degli standards di riferimento per l’impiego in azioni di ricarica.

Deve essere previsto, infine, un piano di gestione del rischio sia in termini quantitativi che qualitativi in modo da vengano preventivamente predisposti i comportamenti da adottare in caso di eventi estremi.

Un principio guida che sta alla base di tutto quanto sopra e che è fondamentale per la buona riuscita di una qualsiasi azione volta al riassetto del bilancio idrogeologico, è l’individuazione e il coinvolgimento di tutti i soggetti ed enti implicati, oltre che le comunità, soprattutto in relazione al fatto che si tratta di interventi a scala regionale.

2.3. Valutazione della fattibilità

Le azioni di ricarica devono quindi essere valutate attraverso un’analisi multicriteriale che, oltre a definirne i singoli elementi caratterizzanti in funzione dei suddetti principi guida, permetta di realizzarne una valutazione della fattibilità: alla descrizione tecnica dell’intervento, quindi, si devono affiancare specifici approfondimenti relativi ai benefici per la falda e agli aspetti ambientali, economico – finanziari, socio – politici, di gestione e manutenzione e di rischio.

Tenendo quindi in considerazione i suddetti principi guida, è possibile ripercorrere l’elenco delle possibili azioni da intraprendere, già indicate in precedenza, dettagliandone ulteriormente gli aspetti peculiari.

Le azioni di promozione dell’analisi del rischio di esaurimento/depauperamento delle risorse idriche sotterranee consistono sostanzialmente nell’incrementare le attuali conoscenze su ogni componente che influisce sul bilancio idrogeologico in quanto la precisione e l’attendibilità di tale valutazione è direttamente proporzionale al numero e all’accuratezza dei dati di input.

In questo ambito risultano più utili gli approfondimenti sulla stima dei consumi e sui sistemi di acquiferi, in particolare su pluviometrie, portate, freatimetrie, piezometrie, caratteristiche litostratigrafiche ed idrogeologiche del sottosuolo.

I prelievi da pozzo costituiscono, soprattutto per gli acquiferi in pressione, la forzante più rilevante eppure, anche se la loro mappatura è abbastanza estesa, la completezza e l’affidabilità della caratterizzazione degli emungimenti da falda non è sufficiente. Si fa riferimento innanzitutto ai pozzi adibiti ad uso domestico che solitamente prelevano da falda in maniera continuativa, senza che ve ne sia necessità, e che sono spesso non denunciati, poiché la segnalazione della loro esistenza è a carico dei privati.

(29)

sistemi acquiferi. Le reti di monitoraggio delle portate fluviali e delle piezometrie dovrebbero essere più omogeneamente distribuite nel territorio e dovrebbero garantire una maggiore continuità di misurazione: tale considerazione vale soprattutto per le portate di risorgiva e la risalienza dei pozzi domestici della Bassa Pianura.

Per la caratterizzazione del sottosuolo, ulteriori indagini dovrebbero dettagliare le litostratigrafie attualmente disponibili, ma specialmente migliorare i dati riguardanti parametri idrogeologici (trasmissività, conducibilità idraulica e coefficiente di immagazzinamento) grazie ai quali è possibile valutare correttamente i meccanismi di flusso sotterraneo e le potenzialità delle risorse e delle riserve idriche.

Relativamente l’intervento di riduzione dell’impermeabilizzazione delle superfici scolanti, o comunque la realizzazione di invasi di acque superficiali, l’informazione base è la caratterizzazione dell’uso del suolo che deve essere sufficientemente dettagliata, sia dal punto di vista della risoluzione spaziale, sia per quanto riguarda la classificazione delle tipologie pedologiche.

L’indagine conoscitiva deve poi acquisire quanto già redatto per l’area in oggetto in studi pregressi che abbiano approfondito gli aspetti riguardanti l’infiltrazione efficace e quindi la generazione dei deflussi superficiali al fine di associare alle classi dell’uso del suolo dei coefficienti di deflusso caratteristici.

Nell’ambito della progettazione di opere che riducano la capacità di infiltrazione del terreno bisognerà attentamente valutare il regime idrologico dell’area di studio in modo da stimare i volumi di compensazione ovvero dimensionare le opere per l’invaso e per la seguente dispersione in falda.

Le nuove impermeabilizzazioni e l’eventuale realizzazione dei suddetti bacini di accumulo comportano, quindi, delle interferenze con gli acquiferi, ma anche con la rete di drenaggio superficiale naturale e non: conseguentemente è necessario predisporre una specifica valutazione delle variate condizioni idrodinamiche lungo le canalizzazioni esistenti.

In particolare si tratterà di calcolare i maggiori afflussi in caso di ridotta filtrazione nel sottosuolo, oltre che gli sfasamenti temporali dovuti da una parte a tempi di corrivazione inferiori e dall’altra all’effetto di laminazione della piena.

A tali progetti, quindi, sono necessariamente connessi piani di monitoraggio del sistema che confermino il corretto funzionamento del nuovo assetto idraulico sia dal punto di vista quantitativo, mediante il telecontrollo di livelli idrometrici e flussi idrici nei nodi maggiormente significativi, ma soprattutto dal punto di vista qualitativo.

E’ noto, infatti, che la raccolta dei deflussi superficiali afferenti superfici impermeabilizzate possano contenere un carico inquinante, specialmente se drenano delle aree carrabili quali strade, parcheggi, aree di servizio, ecc … Conseguentemente dovranno essere individuati dei punti di

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Tale sistema di monitoraggio idraulico e del trasporto solido è quindi parte integrante di un piano di manutenzione dell’opera, ma anche di un piano di gestione del rischio. Si dovranno, infatti, analizzare le successive fasi di pre-allarme, allarme ed emergenza: tipicamente si tratta della gestione di eventi idrologici associati a un tempo di ritorno superiore a quello di progetto delle opere oppure l’eventualità di uno sversamento accidentali di idrocarburi, oli, ecc …

Tipologie di intervento concernenti l’impermeabilizzazione delle superfici scolanti e la realizzazione di invasi di acque superficiali coinvolgono innanzitutto i Consorzi di Bonifica e Irrigazione, in quanto sono gli enti preposti alla gestione della rete drenante che solitamente interferisce ed è modificata da tali progetti. A tal proposito anche l’Autorità di Bacino deve essere interessata periodicamente per un aggiornamento degli afflussi verso i corsi d’acqua di sua competenza.

Un ulteriore soggetto fondamentale nella pianificazione di tali azioni è il Comune che, in sede di redazione del piano urbanistico, deve contemplare anche un approccio volto a garantire l’invarianza idraulica delle trasformazioni subite dal territorio, fissando degli standards quali, ad esempio, la realizzazione di un certo invaso minimo per la trasformazione o l’urbanizzazione di nuove aree.

Dal punto di vista economico – finanziario, tali azioni non comportano un beneficio diretto ma esclusivamente ulteriori spese di progettazione e costruzione: tali spese dirette dovranno gravare sui soggetti che commissionano la nuova opera.

La fattibilità di una ricarica artificiale dipende sostanzialmente dall'esistenza di una serie di condizioni geologiche, idrogeologiche e idrologiche: l’approfondimento di tali questioni costituisce la base conoscitiva di questa tipologia d’azione.

A proposito della geologia, si deve verificare che l'acquifero sia costituito da materiali a permeabilità sufficientemente elevata da consentire l'infiltrazione di ragionevoli portate d'acqua;

inoltre, nel sottosuolo ci deve essere una sufficiente disponibilità volumetrica. Si tratta quindi di verificare la soggiacenza della falda e il grado di permeabilità dei terreni.

Dal punto di vista idrogeologico, si devono conoscere direzioni, velocità di deflusso e regime della falda in modo da calibrare opportunamente la quantità d’acqua da impiegare e l’ubicazione delle aree di infiltrazione. Per lo stesso motivo, inoltre, devono esser note le qualità chimiche e microbiologiche delle acque nel sottosuolo.

Analogamente bisogna caratterizzare i deflussi superficiali ovvero è necessario verificare di disporre in superficie di adeguati volumi idrici, con un regime idrologico adatto e con qualità fisiche e chimiche adeguate all'infiltrazione in falda.

Conseguentemente, è inevitabile che vi sia un’interazione con l’idrografia naturale e non: la ricarica artificiale, infatti, costituisce un elemento di modifica del sistema idrico superficiale al fine di riequilibrare quello sotterraneo.

Se il prelievo d’acqua avviene lungo la rete consorziale è quindi essenziale prospettare che le derivazioni avvengano esclusivamente nei periodi extra irrigui. Analogamente, nel caso in cui si faccia direttamente riferimento a un corso d’acqua, l’attivazione della ricarica dovrà avvenire nel rispetto del deflusso minimo vitale e senza riduzione delle dispersioni in falda. Anche la presenza di centraline idroelettriche lungo la rete consorziale, motivo per cui anche nel periodo non irriguo sono in azione le derivazioni, favorisce la disponibilità di risorse idriche superficiali per l’attività di

(31)

La motivazione del fatto di non attivare la ricarica artificiale nel periodo irriguo è riconducibile alla maggiore richiesta d’adacquamento durante l’estate a fronte di risorse idriche inferiori, come del resto è importante la salvaguardia dello stato ambientale fluviale.

Per quanto riguarda, invece, la naturale dispersione fluviale, si rileva come sia essenziale approfondire la conoscenza del fenomeno e, in particolare, individuare la portata massima oltre la quale la quantità d’acqua che si infiltra in falda tende a mantenersi costante, anche se il deflusso in alveo si incrementa. E’ noto, infatti, che generalmente la relazione tra i suddetti parametri è di tipo asintotico, come rappresentato nell’immagine seguente. Tale comportamento è stato riscontrato anche durante le campagne di indagine svolte nell’ambito del progetto TRUST per i principali fiumi veneti e friulani.

Figura 16 – Andamento tipologico delle dispersioni fluviali in falda in relazione alle portate fluenti del Fiume Piave (valori assoluti rapportati alle portate media annua).

Le dispersioni a opera dei corsi d’acqua sono ovviamente da favorire innanzitutto in quanto naturali, ma anche economicamente vantaggiose: le attività di ricarica, quindi, dovranno evitare di ridurne le potenzialità ovvero l’approvvigionamento deve avvenire con prelievi d’acqua che non riducano la portata fluente in alveo al di sotto della soglia corrispondente alla dispersione massima.

Quanto sopra porta conseguentemente all’opportunità di prevedere un piano di monitoraggio dei prelievi e delle portate fluenti: a monte dell’opera di derivazione tale controllo, se realizzato in continuo, consentirebbe di verificare costantemente la fattibilità e anche di ottimizzar il funzionamento del sistema di ricarica; a valle permetterebbe di valutarne gli impatti sulle

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