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Risarcimento danni iure hereditatis: Cassazione

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Risarcimento danni iure hereditatis: Cassazione

29 Marzo 2021Redazione

I presupposti per la risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita causata da illecito. Il danno morale terminale, danno tanatologico.

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Responsabilità per i danni da trasfusione di sangue infetto e termine di prescrizione per l’azione di risarcimento

La responsabilità per i danni da trasfusione di sangue infetto ha natura extracontrattuale, sicché il diritto al risarcimento è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2947, comma 1, c.c., non essendo ipotizzabili figure di reato (epidemia colposa o lesioni colpose plurime) tali da innalzare il termine ai sensi dell’art. 2947, comma 3, c.c.; ne consegue che in caso di decesso del danneggiato a causa del contagio, la prescrizione rimane quinquennale per il danno subito da quel soggetto in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento iure hereditatis, trattandosi pur sempre di un danno da lesione colposa, reato a prescrizione quinquennale (alla data del fatto), mentre la prescrizione è decennale per il danno subito dai congiunti della vittima iure proprio, in quanto, da tale punto di vista, il decesso del congiunto emotrasfuso integra omicidio colposo, reato a prescrizione decennale alla data del fatto.

Cassazione civile sez. III, 17/11/2020, n.26189

La responsabilità del Ministero della Salute per i danni da trasfusione di sangue infetto ha natura extracontrattuale, sicché il diritto al risarcimento è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2947, comma 1, c.c., non essendo ipotizzabili figure di reato (epidemia colposa o lesioni colpose plurime) tali da innalzare il termine ai sensi dell’art. 2947, comma 3, c.c.. ne consegue che in caso di decesso del danneggiato a causa del contagio, la prescrizione rimane quinquennale per il danno subito da quel soggetto in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento “iure hereditatis”, trattandosi pur sempre di un danno da lesione colposa, reato a prescrizione quinquennale (alla data del fatto), mentre la prescrizione è decennale per il danno subito dai congiunti della vittima “iure proprio”, in quanto, da tale punto di vista, il decesso del congiunto emotrasfuso integra omicidio colposo, reato a prescrizione decennale (alla data del fatto).

Cassazione civile sez. III, 22/08/2018, n.20882

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Morte da illecito: agli eredi spetta un risarcimento solo se tra la lesione e la morte si interponga un apprezzabile lasso di tempo

In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità iure hereditatis di tale pregiudizio, in ragione – nel primo caso – dell’assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero – nel secondo – della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo.

Viceversa, nel caso in cui tra la lesione e la morte si interponga un apprezzabile lasso di tempo, tale periodo giustifica il riconoscimento, in favore del danneggiato, del cosiddetto “danno biologico terminale”, cioè il danno biologico stricto sensu (ovvero danno al bene salute), al quale, nell’unitarietà del genus del danno non patrimoniale, può aggiungersi un danno morale peculiare improntato alla fattispecie (danno morale terminale), ovvero il danno da percezione, concretizzabile sia nella sofferenza fisica derivante dalle lesioni, sia nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall’avvertita imminenza dell’exitus, se nel tempo che si dispiega tra la lesione e il decesso la persona si trovi in una condizione di lucidità agonica, in quanto in grado di percepire la sua situazione e in particolare l’imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale e il decesso nel caso in cui la persona sia rimasta manifestamente lucida.

Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28989

Morte cagionata da un illecito e danni non

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patrimoniali

In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, nel periodo di tempo interposto tra la lesione e la morte ricorre il danno biologico terminale, cioè il danno biologico “stricto sensu” (ovvero danno al bene “salute”), al quale, nell’unitarietà del “genus” del danno non patrimoniale, può aggiungersi un danno morale peculiare improntato alla fattispecie (“danno morale terminale”), ovvero il danno da percezione, concretizzabile sia nella sofferenza fisica derivante dalle lesioni, sia nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall’avvertita imminenza dell'”exitus”, se nel tempo che si dispiega tra la lesione ed il decesso la persona si trovi in una condizione di “lucidità agonica”, in quanto in grado di percepire la sua situazione ed in particolare l’imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, in tale ipotesi, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale ed il decesso.

(Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva escluso il diritto al risarcimento del danno morale terminale, e, quindi, la sua conseguente trasmissibilità “iure hereditatis”, senza accertare se la vittima si trovasse in una condizione di “lucidità agonica”, nonostante fosse emerso che il lasso temporale tra lesione e morte, tutt’altro che “brevissimo”, ammontasse ad alcune ore).

Cassazione civile sez. VI, 17/09/2019, n.23153

Sul riconoscimento del danno in una persona ferita che non muore immediatamente

La persona che, ferita, non muoia immediatamente, può acquistare e trasmettere agli eredi il diritto al risarcimento di due pregiudizi: il danno biologico temporaneo, che di norma sussisterà solo per sopravvivenze superiori alle 24 ore (tale essendo la durata minima, per convenzione medico-legale, di apprezzabilità dell’invalidità temporanea), che andrà accertato senza riguardo alla circostanza se la vittima sia rimasta cosciente; ed il danno non patrimoniale consistito nella formido mortis, che andrà accertato caso per caso, e potrà sussistere solo nel caso in cui la vittima abbia avuto la consapevolezza della propria sorte e della morte

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imminente.

Cassazione civile sez. III, 05/07/2019, n.18056

I presupposti per la risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita causata da illecito

La possibilità di chiedere iure hereditatis il risarcimento del danno patito dalla vittima di lesioni mortali è ammessa, quanto al “danno biologico temporaneo”, laddove la lesione della salute si sia protratta per un periodo di tempo

“apprezzabile” che ne consenta l’accertamento medico-legale e, quanto al “danno morale”, laddove sussista uno stato di coscienza della vittima che le consenta di prefigurarsi la morte imminente e di addolorarsi per essa.

Cassazione civile sez. VI, 13/12/2018, n.32372

Risarcimento del danno morale terminale

In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, nel periodo di tempo interposto tra la lesione e la morte ricorre il danno biologico terminale, cioè il danno biologico “stricto sensu” (ovvero danno al bene “salute”), al quale, nell’unitarietà del “genus” del danno non patrimoniale, può aggiungersi un danno morale peculiare improntato alla fattispecie (“danno morale terminale”), ovvero il danno da percezione, concretizzabile sia nella sofferenza fisica derivante dalle lesioni, sia nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall’avvertita imminenza dell'”exitus”, se nel tempo che si dispiega tra la lesione ed il decesso la persona si trovi in una condizione di “lucidità agonica”, in quanto in grado di percepire la sua situazione ed in particolare l’imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale ed il decesso nel caso in cui la persona sia rimasta “manifestamente lucida”.

(Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva escluso il diritto al risarcimento del danno, e, quindi, la conseguente trasmissibilità

“iure hereditatis”, rappresentato dall’agonia, sia sotto il profilo strettamente

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biologico che sotto quello psicologico-morale, nonostante la lucidità del soggetto, peraltro medico, manifestata dalla descrizione da parte sua della dinamica del sinistro ai sanitari del pronto soccorso).

Cassazione civile sez. III, 23/10/2018, n.26727

Diritto al risarcimento del pregiudizio subito iure hereditatis e iure proprio dai superstiti in caso di morte di un familiare

In caso di fatto illecito plurioffensivo, ciascuno è titolare di un autonomo diritto all’integrale risarcimento del pregiudizio subìto, comprensivo, pertanto, sia del danno morale che di quello “dinamico-relazionale”; ne consegue che, in caso di perdita definitiva del rapporto matrimoniale e parentale, ognuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione inclusivo di tutto il danno non patrimoniale subìto, in proporzione alla durata ed intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima ed a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e dimostrare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l’unità, la continuità e l’intensità del rapporto familiare.

(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva respinto le domande risarcitorie proposte nei confronti della datrice di lavoro, “iure hereditatis” e “iure proprio”, dalle figlie e dal coniuge di un prestatore di lavoro deceduto a seguito di mesotelioma pleurico contratto per causa di lavoro, ritenendo inammissibile la proposizione da parte di costoro di un’azione di responsabilità contrattuale ex art. 2087 c.c.).

Cassazione civile sez. lav., 13/06/2017, n.14655

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Il diritto al risarcimento del cd. danno biologico terminale è trasmissibile “iure hereditatis”

Il diritto al risarcimento del cd. danno biologico terminale è configurabile, e conseguentemente trasmissibile “iure hereditatis”, ove intercorra un apprezzabile lasso di tempo (nella specie, dieci giorni) tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse, essendo irrilevante, al riguardo, la circostanza che, durante tale periodo di permanenza in vita, la vittima abbia mantenuto uno stato di lucidità, il quale costituisce, invece, il presupposto del diverso danno morale terminale.

Cassazione civile sez. III, 19/10/2016, n.21060

Liquidazione del danno biologico terminale: lo stato d’invalidità che precede il decesso è sufficiente

Non può escludersi la liquidazione del danno biologico terminale in ragione della mera mancanza di elementi utili ad accertare lo stato soggettivo della vittima, in quanto lo stato d’invalidità che precede il decesso è sufficiente – ove perduri “quodam tempore” – a far sorgere il diritto al risarcimento del danno (biologico da inabilità temporanea), a prescindere dal fatto che il soggetto leso abbia avuto coscienza della gravità delle lesioni e della ineluttabilità del loro esito (danno catastrofico).

È noto, infatti, che, nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte da esse determinata, è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’integrità fisica patita dal danneggiato sino al decesso, che è trasmissibile iure hereditatis e che va commisurato soltanto alla inabilità temporanea, adeguando, tuttavia, la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero, ed è sempre presente, a prescindere dallo stato di coscienza del leso.

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Cassazione civile sez. VI, 26/07/2016, n.15395

Risarcimento iure hereditatis del danno tanatologico

In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità iure hereditatis di tale pregiudizio.

Cassazione civile sez. III, 22/06/2016, n.12870

In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità

“iure hereditatis” di tale pregiudizio, in ragione – nel primo caso – dell’assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero – nel secondo – della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo.

Cassazione civile sez. III, 23/03/2016, n.5684

Se la persona offesa è deceduta per causa non ricollegabile all’illecito, il danno iure successionis va calcolato sulla base dell’effettiva vita residua

In tema di risarcimento del danno biologico, ove la persona offesa sia deceduta per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell’illecito, l’ammontare del danno spettante agli eredi del defunto “iure successionis” va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato, e non a quella

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probabile, in quanto la durata della vita futura, in tal caso, non costituisce più un valore ancorato alla mera probabilità statistica, ma è un dato noto.

(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale, dopo avere escluso che la morte del danneggiato fosse riconducibile con certezza, o anche con congrua probabilità, al trattamento sanitario ricevuto dallo stesso danneggiato due anni prima del decesso, dal quale era conseguita una menomazione permanente, aveva ritenuto che il danno biologico trasmissibile “iure hereditatis”

dovesse calcolarsi non sulla base della aspettativa di vita media, bensì dell’effettiva vita residua goduta dal danneggiato.).

Cassazione civile sez. III, 18/01/2016, n.679

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