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Mobbing aspetti medico-legali Rovereto (CZ) 16-17 novembre 2001

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Mobbing aspetti medico-legali

Rovereto (CZ) 16-17 novembre 2001

Dr. Giovanni Cannavò* - Dr.ssa Adriana Favati – Dr. Diego Mulè**

Il mobbing è un fenomeno emergente che consiste nel malessere di cui soffre un individuo a causa di un ambiente di lavoro ostile.

Il termine “mobbing”, è un termine inglese che deriva dal verbo “to mob” che significa aggredire, circondare.

Questo termine è stato utilizzato dallo psicologo Heinz Leymann, agli inizi degli anni ’90 per descrivere un particolare fenomeno riscontrato in ambito lavorativo consistente in una forma di violenza psicologica messa in atto deliberatamente nei di una “vittima designata”: la persona scelta viene considerata dai “mobber” come un individuo di serie B, un lavoratore dannoso per l’intero comparto, un peso di cui liberarsi.

Gli strumenti di danno sono. La maldicenza, le prepotenze, i dispetti, i trabocchetti per ostacolare la carriera. Un criterio, sia pure esso arbitrario, per definire il fenomeno è: l’aggressione che deve essere frequente, quasi giornaliera, e durare per un periodo di almeno sei mesi.

Gli effetti della “mobizzazione” comportano nella “vittima” uno stato di stress più o meno intenso da persecuzione psicologica che può avere conseguenze gravi per la vittima, ma anche per l’azienda che può avere un calo della produttività in quei reparti dove qualcuno è mobbizzato.

In Italia la consapevolezza del fenomeno è recente.

Lo psicologo Harald Ege ha cominciato ad occuparsi delle caratteristiche della violenza psicologica lavorativa nella realtà italiana, adattando alla situazione italiana il modello in 4 fasi elaborato da Leymann, pervenendo così ad un modello di 6 fasi:

0) condizione zero

1) conflitto mirato: viene individuata la vittima su cui orientare la conflittualità generale;

2) inizio del mobbing: cominciano ad inasprirsi i rapporti tra vittima e colleghi;

3) primi sintomi psico-somatici: eruzioni cutanee, abbassamento delle difese immunitarie (tosse, raffreddore), tachicardia,

* Medico Legale - Pisa

**

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ipertensione, gastralgie, perdita di concentrazione, irrequietezza, sindromi ansiose, alterazioni della personalità ecc.

4) errori ed abusi dell’amministrazione del personale

5) serio aggravamento della salute psico-fisica della vittima. Il soggetto cade in depressione, fino ad ammalarsi, coinvolgendo anche gli equilibri familiari;

6) esclusione dal mondo del lavoro: si arriva alle dimissioni o al licenziamento, nella migliore delle ipotesi viene concordato un prepensionamento.

Il 14.2.99 si è svolto a Milano presso l’Istituto di Medicina del Lavoro il 1° Seminario nazionale su: “Mobbing: una nuova causa di malattia legata al lavoro”.

Secondo l’European Foundation for the Improvement of iving and working Conditions in Italia (1996-97) il fenomeno coinvolgerebbe il 4,2 dei lavoratori, cioè circa un milione di persone.

Una ricerca più recente condotta da istituzioni bancarie avrebbe rilevato un’incidenza di circa il 18% nell’anno 2000.

GLI ASPETTI CLINICI DEL MOBBING

Il danno subito dal lavoratore è un danno di tipo neuro-psichico:

- reazioni psico-somatiche: cefalea, tachicardia, extrasistoli, gastralgia, fibromialgie, eruzioni cutanee, disturbi intestinali, problemi sessuali, astenia.

- Modificazioni comportamentali anoressia, bulimia, abuso di sigarette, caffè analgesici, alcolici.

- Alterazioni della sfera emotiva: ansia, cambiamenti di umore, insonnia.

- Sintomi psichici: depressione con fissazione del pensiero sul proprio problema, attacchi di panico, alterazioni della personalità fino al suicidio.

L’inquadramento nosologico di tali disturbi può essere il seguente:

a) DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS b) DISTURBO ACUTO DA STRESS

c) DISTURBO DELL’ADATTAMENTO

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Nella casistica della Clinica del Lavoro di Milano circa i 2/3 dei casi sono disturbi dell’adattamento, che possono portare a gravi cambiamenti di vita del soggetto.

La perdita dell’autostima e del ruolo sociale provoca uno stato di insicurezza e di difficoltà della vita di relazione che investe i rapporti con il mondo esterno e con la famiglia. Non è rara la crisi matrimoniale come pure le ripercussioni sulla crescita dei figli.

Ciò è tanto più grave quanto maggiore è l’età dell’individuo che vede ridotte le possibilità di scelta lavorativa e quanto più alto era il suo livello lavorativo: una persona appartenente ad un quadro dirigenziale di livello più alto avrà più difficoltà a trovare un’alternativa semplicemente perché i “posti” sono in numero minore rispetto ad una fascia lavorativa bassa. A questo si deve aggiungere il fatto che in Italia il procedimento legale per il riconoscimento ed il recupero della propria condizione ha tempi talmente lunghi che, da una parte aumenta l’ansia e la frustrazione dell’individuo, dall’altra ne consegue una diminuzione della professionalità legata all’inazione ed alla non produttività.

VALUTAZIONI MEDICO-LEGALI

Il mobbing può determinare tre diverse fattispecie di danno:

1) danno alla salute: si tratta del danno che deriva dalla compromissione dell’integrità psico-fisica della persona, integrità da cui deriva lo stato di benessere personale e la possibilità di godere della salute è un danno psichico conseguente alle molestie morali e come tale si può inquadrare in un danno biologico da lesione dell’integrità psico-fisica del soggetto.

2) Riduzione della capacità lavorativa specifica: fa riferimento alle caratteristiche professionali del lavoratore, sia quelle acquisite con apposita formazione che quelle formate attraverso l’esperienza cumulata con l’esercizio delle attività lavorative.

3) Inabilità permanente o assoluta: si tratta del danno permanente alla capacità lavorativa generica(gravi disturbi psichici)

Mentre in Germania i danni da mobbing rientrano nelle malattie professionali, in Italia la situazione al momento è diversa.

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I casi di mobbing possono essere denunciati all’INAIL come da Sentenza della Corte Costituzionale n. 179/89, ossia come malattia professionale non tabellata (art. 10 DL 38/2000).

Al lavoratore spetta l’onere della prova, come ribadito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 5491/2000.

Prova non sempre facile in quanto ogni forma di provocazione o di aggressione deve essere dimostrata e la difficoltà consiste spesso nel disporre di prove flagranti, anche perché talora non sono presenti manifestazioni di solidarietà da parte dei compagni di lavoro.

Altresì il datore di lavoro, al fine di essere esentato dalla responsabilità civile, deve dimostrare (ex art. 1218 cc.) che la mancata adozione delle misure ex art. 2087 cc. (inadempimento) è stata da

“impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

La ovvia premessa alla valutazione medico-legale è che sia dimostrabile un nesso di causalità tra ambiente di lavoro ed insorgenza e persistenza dei disturbi psichici. Le tappe possono essere le seguenti:

1) Anamnesi personale: in genere il punto di partenza è la raccolta dell’anamnesi direttamente dal soggetto che si ritiene danneggiato. E’ utile ascoltare anche i familiari e gli amici (valutazione soggettiva dell’autostima del lavoratore riferito all’epoca precedente e successiva le azioni di mobbing)

2) Valutazione delle condizioni lavorative: contesto nel quale si inseriscono le azioni potenzialmente mobbizzanti; durata della violenza in numero di mesi;

frequenza degli “attacchi”, situazione interna all’azienda (periodi di riduzione del personale, ristrutturazioni ecc…). Questa è una tappa indispensabile e difficile perché spesso non vi è collaborazione da parte dell’ambiente di lavoro.

3) Consulenze specialistiche: il medico del lavoro può verificare la effettiva esistenza di un’organizzazione del lavoro inadeguata.

4) Lo psichiatra formulerà una sua diagnosi secondo i criteri più sopra citati.

In pratica l’azione legale dovrà essere supportata da:

- Prove documentali (foto, testimonianze di colleghi e di familiari).

- Perizia psichiatrica che accerti la malattia psichica e la colleghi all’ambiente di lavoro.

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- Eventuale ispezione come previsto dall’art. 421 comma 3 del c.p.c.

- Al termine di questo procedimento, il vero nodo del problema resta la dimostrazione del danno psichico come malattia professionale. E’ esperienza comune nell’ambito medico-legale e nelle cause di lavoro essersi trovati di fronte a sospetti di simulazione, per cui la malattia mentale veniva riconosciuta sostanzialmente solo in presenza di lesioni organiche.

In futuro ci troveremo sempre più di fronte a richieste di risarcimento per danno psichico. Andrà tuttavia dimostrato che i comportamenti vessatori denunciati dal lavoratore si sono effettivamente verificati, che il datore di lavoro o il dirigente responsabile non ha provveduto affinché quelle situazioni non si verificassero o che comunque non si ripetessero; per l’obiettività del danno biologico subito, si dovrà identificare il nesso di causalità tra lesioni psichiche e condotte persecutorie.

ASPETTI RISARCITORI DEL DANNO PSICHICO DA MOBBING

Si tratta di un danno biologico e come tale la sua valutazione è espressa in termine di percentuale della menomazione all’integrità psico-fisica della persona comprensiva dell’incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti.

Le sentenze pubblicate dal Tribunale di Torino favorevoli ai lavoratori hanno inquadrato il danno come biologico.

Rimane ancora di difficile conclusione la monetizzazione del danno.

Secondo la guida (Bargagna et al.) il disturbo post-traumatico da stress è “una variante dei disturbi d’ansia, caratterizzato dalla sperimentazione di uno stato d’animo di particolare risonanza affettiva evocato da eventi estremamente traumatizzanti, di cui il soggetto sia vittima o testimone o risulti comunque coinvolto…”

L’art. 13 del DL 38/2000 ci fornisce delle indicazioni: in linea di massima la giurisprudenza ammette il risarcimento in via equitativa ex art. 1226 cc. Del danno da mobbing data la impossibilità di determinarlo nel suo preciso ammontare.

Le sentenze pubblicate finora rappresentano un punto di riferimento importante, compresa quella del tribunale di Forlì che fa riferimento

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al danno esistenziale. Occorre comunque un orientamento chiaro di natura legislativa che allineando l’Italia agli altri paesi europei, metta in grado gli operatori del settore di seguire percorsi certi nell’interesse dei lavoratori e dei datori di lavoro.

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